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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

/Io non mi sento italiano

 "   nemmeno...io "...... a cura di  

 Nadia Scardeoni

 




Non insegnate ai bambini

Non insegnate ai bambini
non insegnate la vostra morale
è così stanca e malata
potrebbe far male
forse una grave imprudenza
è lasciarli in balia di una falsa coscienza.
 
Non elogiate il pensiero
che è sempre più raro
non indicate per loro
una via conosciuta
ma se proprio volete
insegnate soltanto la magia della vita.
 
Giro giro tondo cambia il mondo.
 
Non insegnate ai bambini
non divulgate illusioni sociali
non gli riempite il futuro
di vecchi ideali
l'unica cosa sicura è tenerli lontano
dalla nostra cultura.

 
Non esaltate il talento
che è sempre più spento
non li avviate al bel canto,
al teatro, alla danza
ma se proprio volete
raccontategli il sogno
di un'antica speranza
.
 
Non insegnate ai bambini
ma coltivate voi stessi il cuore e la mente
stategli sempre vicini
date fiducia all'amore il resto è niente.
 
Giro giro tondo cambia il mondo.
Giro giro tondo cambia il mondo. ................................................................................................
 da




 1 - Il tutto è falso
2 - Non insegnate ai bambini
3 - Io non mi sento italiano
4 - L'illogica allegria
5 - I mostri che abbiamo dentro
6 - Il dilemma
7 - Il corrotto
8 - La parola io
9 - C'è un'aria
10 - Se ci fosse un uomo

L'ultimo disco di Giorgio Gaber 

Far finta di essere Gaber



Il discorso di Massimo Bernardini letto alla fine della cerimonia nella Abbazia di Chiaravalle.
 
 
Cosa vuol dire laico?
Un uomo che non va in chiesa la domenica, non parla sempre bene del Papa e non è attratto da dogmi, cerimonie e giubilei? Se laico vuol dire questo, tu, Giorgio, eri un laico.
E allora che ci fai qui, oggi, in questa casa di monaci fondata da San Bernardo?
lo credo che tu ci stia benissimo, meglio che in mille altri posti. Perché questa è una casa di Dio costruita dal genio degli uomini, e tu Giorgio eri un uomo di genio.

Di te un sacerdote milanese, don Luigi Giussani, ha scritto:

 "In un popolo sempre il genio illumina aspetti dell'esistenza, assicurando a tutti e a ciascuno una più matura coscienza delle evidenze e delle esigenze elementari del cuore".

Si preoccupava, don Giussani, che tu fossi più o meno laico? No. Si stupiva della tua capacità di intuire i desideri del cuore degli uomini: desiderio di verità, di tenerezza, di appartenenza.
Tu, uomo discreto, appartato, desideravi appartenere. Col Sessantotto ti sembrò di poter appartenere a una "razza", così la chiamavi, che aveva scommesso sul futuro, sicura che non avrebbe mai fatto gli errori dei padri. Ne fece invece di peggiori, e tu, implacabile, col tuo amico Sandro Luporini la incalzasti canzone dopo canzone, monologo dopo monologo, spettacolo dopo spettacolo. Le stesti alle costole con un furioso amore-odio finché ti accorgesti, ma sempre in anticipo sugli altri, che non esisteva più, che si, era consumata tutta. Fu un dolore grande, una ferita non rimarginabile, ma se ne accorsero in pochi.
Quel dolore fu scambiato a torto per irredimibile pessimismo, eppure era lui a rendere amaro il tuo sguardo sul mondo.

 Ma è stato sempre accompagnato dalla speranza che da qualche parte si potesse ricominciare.
Da un uomo e una donna per esempio. Noi oggi dobbiamo ricordare, in questa casa di Dio, che tu, il laico Gaber, hai capito forse come nessun altro che lì, in quel punto, in quel dilemma che è ogni incontro fra un uomo e una donna, si gioca qualcosa di sacro.

 Che non si tratta di moralità, di psicologia, di consuetudini, ma del destino dell 'io, di questo nostro povero io.
 
E qui forzo ogni pudore per parlare di Giorgio e di Ombretta. Il segreto del vostro matrimonio, che si è celebrato proprio qui 37 anni fa, io non lo so. So però che in questi decenni in cui ho avuto il privilegio di vedervi da vicino ho capito cos'è un matrimonio, questa misteriosa alleanza che fra luci ed ombre sostiene, fa nascere, crea. La possibilità che il mondo vada avanti poggia su questo fragile punto, e chi l 'ha creato ha scommesso davvero tutto sulla nostra libertà. Dalia, ora lo sai anche tu.
 
Ma adesso con chi parleremo ancora di tutto questo?

Chi ci chiederà con passione del mondo, della vita, chi ci ruberà i nostri dubbi e le nostre certezze trasfigurandoli in spettacolo e arte?

Di questo vorremmo arrabbiarci con Dio, Dio che ci toglie un altro dei pochi (come Pierpaolo Pasolini, come Giovanni Testori)

che avevano la libertà e la spietatezza di dirci dove stiamo andando.


E in più ci toglie un maestro, una voce emozionante, ci toglie la tua capacità di farci ridere e piangere, ci toglie la bellezza di tante serate in teatro.

Ma litighiamo con Dio per noi per quello che da oggi ci ha tolto.
Non per te Giorgio, che adesso sei dentro il più umano degli abbracci, anzi di più, quello senza misura, senza condizioni.
Restiamo qui e da oggi è come se ci mancasse un braccio, una gamba, un pezzo della nostra testa e della nostra vita. Ed è un mistero che non riusciamo a capire. Però possiamo ricorrere alle tue parole, Giorgio:

"lo non so niente, ma mi sembra che ogni cosa, nell'aria e nella luce, debba essere felice".

Ciao Giorgio.


Massimo Bernardini

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"Dov'è la destra, dov'è la sinistra": dove volevi colpire?

La polemica è su questo apparente fortissimo antagonismo delle due parti.
Io sono convinto che in questo momento la politica ha poche possibilità di risolvere i nostri problemi e che esasperare questi contrasti fa bene solo alla politica e non al Paese. Quindi la canzone nasce per smontare questo dualismo così violento e riportare tutto alle cose che riguardano la gente e che interessano al Paese.

http://www.vincenzomollica.rai.it/solotesto/vinile/gaber/
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Avvenire - 03/01/2003



Intervista a Gaber 1998 - riedita il 3/1/2003

di Massimo Bernardini

L'INTERVISTA A Sat 2000 il suo

«no» alla massificazione e al caos delle opinioni proposte come merce:

«Ci vorrebbe un po' più di silenzio» 

Giorgio Gaber, arrivati a fine secolo, lei ridiventa un difensore della cultura elitaria, mandando al macero tutte le idee della sinistra del '68?

«In questa specie di corsa alla divulgazione a qualsiasi prezzo, alla definizione di cultura che non sappiamo bene che cosa sia, alle speculazioni di qualsiasi tipo, qualsiasi idea che esca in questo momento, grazie alla fortissima influenza di un mercato anche delle idee, rischia di essere rovinata dall'origine da cui è partita. Per cui grande prudenza mi sembra necessaria, nel senso proprio di precisione della comunicazione ed essenzialità, senza il chiacchiericcio portato a livello di massa, che diventa in genere dequalificante».
Ma questo non contraddice l'inizio del mitico 68?

«Io devo dire la mia affezione a quel periodo, soprattutto alle intenzioni di quel periodo. Perché, poi, il periodo subito dopo ha avuto da parte mia delle piccole correzioni. Io scrissi proprio nel 72 "Chiedo scusa se parlo di Maria", e già in quel pezzo cercavo di sostenere l'importanza dell'individuo rispetto a questo delirio ideologico. Quindi in qualche modo mi sentivo parte perché sentivo che la vita era di lì, l'energia era di lì, in contrapposizione a un vecchio conservatorismo che andava comunque superato. Il vecchio conservatorismo si è trasformato in neoliberismo, è cambiata assolutamente la storia, e quindi sono cambiati anche il modo di rapportarsi fra la gente, che secondo il mio punto di vista è anche degradato nella qualità, fino a raggiungere appunto l'idiozia».

Ma allora ci vuole ancora l'élite?

«No, il problema dell'élite è un problema che non condivido».
Ma lei è ancora per la cultura di massa?

«No, mi parli della "cultura degli individui". Io non ho simpatia per la parola "massa". Sarà perché ha qualcosa a che vedere non solo con una vecchia sinistra, abbastanza ideologica, ma anche col concetto di massificazione, che è tutt'altro dalla sinistra, ed è un concetto della scuola di Francoforte a cui io sono affezionato. Cioè la massificazione è la reificazione, l'oggetto delle persone, in qualche modo il togliere l'anima alle persone.

E quindi ecco che di colpo, quando lei mi parla di cultura di massa, mi parla di cultura senz'anima, di una diffusione di cultura che evidentemente non ha in sé né il piacere né il bisogno di essere incontrata, e neanche la funzione di crescita dell'individuo

Che cos'è la cultura?

Io credo sia una chiave per capire meglio quello che siamo. Credo che questa sia una definizione molto semplice, per carità, assolutamente insufficiente, ma che in qualche modo corrisponde a quello che più o meno voglia dire questa parola».
Perché lei dice che la cultura «dev'essere però circondata di silenzio»?

«Dev'essere circondata di silenzio per eliminare proprio questo chiacchiericcio. È impossibile che su problemi di qualsiasi tipo, di qualsiasi ordine, ognuno dica la sua impunemente, e valgano le opinioni di tutti. Questa è una specie di grande partecipazione della gente, chiamata ancora dalle radio libere, quando partirono, "a microfono aperto". Ecco una di quelle cose che io non sopportavo. Il microfono dev'essere chiuso, nel senso che a un certo punto ci sono delle persone che hanno titoli e qualità per parlare. Non è che dobbiamo parlare tutti: perché se no si fa una gran confusione. Ecco, questo falso senso democratico mi infastidisce moltissimo».


 http://www.giorgiogaber.org/index_2.htm


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Corriere della Sera - 02/01/2003



«E' un periodo di egoismo e cattiveria. E noi siamo complici di tutto questo»

di Mario Luzzatto Fegiz

Ottobre 2001, a casa del cantautore a Milano «La mia generazione ha perso? E' una constatazione doverosa, non politica».

«Che cosa resta da picconare? Prevedere il futuro non è una difficoltà soltanto mia».



Ottobre 2001, nella sua casa vicino a piazzale Loreto, Giorgio Gaber concede una delle sue rare interviste davanti a un registratore (non gli era mai piaciuto). Ha appena pubblicato «La mia generazione ha perso».

Perché un titolo così amaro?

«E' una constatazione doverosa. Non tanto legata a un fatto politico quanto a un dato, oserei dire, antropologico. Io ho interpretato in qualche modo, forse presuntuosamente, i sentimenti di una generazione che ha visto in questi anni succedere tante cose. E il bilancio non è confortante. Il mondo che ci circonda mi piace sempre di meno, la gente anche, e quello che noi abbiamo cercato di raggiungere non esiste e non ha più riscontro».

Concetto presente anche in un'altra canzone inedita, «La razza in estinzione»... «Sì, ricorda "Io se fossi Dio" vent'anni dopo. Vorrei insistere su questo mondo che non mi piace. In qualche modo le generazioni che ci hanno preceduto, o che mi hanno preceduto, che sarebbe più corretto, ci hanno lasciato un futuro aperto.

Ecco, noi, ai nostri figli, che cosa lasciamo? Mi pare che lasciamo un'incertezza del futuro molto preoccupante e individui assolutamente più disgregati di quanto fossero quelli delle generazioni precedenti. In qualche modo è proprio sui figli che abbiamo fallito».

 Però lasciamo anche un progresso tecnologico, servizi sociali di base..., lasciamo comunque un'idea della protezione e dell'attenzione verso i deboli... «Questo è molto vero. Io sto dicendo che certi ideali, certe resistenze a un mercato e a uno sviluppo insensato non sono state fatte. In fondo, i nostri ideali sono stati travolti dal mercato. Assodato tutto ciò, quando si arriva a una certa età non si può far finta di niente, dire che non c'entriamo.

 In fondo , siamo stati tutti complici di questa situazione»......................


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da

Interlinea : BABILONIA

STRALCIO

"Forse, al di là di tutto, il problema più grande è essenzialmente quello di trovare parole e concetti che possano dar forma leggibile ed esaustiva a quello che magari sentiamo già dentro di noi: vuoi in modo oscuro, o embrionale, ma di cui ne abbiamo sufficiente o larvata coscienza, o ancora che, per lunga e approfondita esperienza, ne crediamo di possedere lucidamente tutti i segreti e addirittura l'essenza.

E, nel nostro specifico, come questa definizione ci possa portare nell'itinerario archeologico alla chiave semantica dell'"arte quale linguaggio primo"."

"Il linguaggio dell'arte puo' essere pensato come una metafora complessa di vocazioni che si addensano storicamente , nello spazio e nel tempo, per confluire in un "unicuum" che e' il "corpo singolare e irripetibile" della lingua di ciascun artista. E gli artisti - coloro che sanno " dare forma" alle proprie vocazioni- sono medium di aspetti piu' o meno complessi della realtà che essi hanno la necessita', a volte l'urgenza, di comunicare.

Da che cosa e' data questa "urgenza"?

L'urgenza del comunicare e' sempre una risposta a qualcuno a qualcosa."

" DIALOGO:

a) Secondo me quella sedia lì va spostata.

b) Anche secondo me quella sedia lì va spostata.

a) Facile dirlo quando l'han detto gli altri.

b)Se è per questo sono anni che lo dico e nessuno mi ascolta.

a) Da una approfondita analisi storica e sociologica viene fuori che quella sedia pesa dai nove ai dieci chili.

b) Non sono d'accordo. Dai sondaggi il 2% degli intervistati dice che pesa dai cinque ai sei chili, il 3% dai sei ai sette chili, il 95% non lo so e non me ne frega niente. Basta che la spostiate.

a) Secondo me per spostarla ci vorrebbe qualcuno che la prendesse delicatamente per la spalliera e la mettesse da un'altra parte.

b) Eccesso di garantismo. Al punto in cui siamo è assolutamente necessario prenderla in qualsiasi modo. Anche a calci.

a) A calci? Ma questo è profondamente antidemocratico e anticostituzionale.

b) Se è così cambiamo la Costituzione

a) Non è una cosa che si può fare da un giorno all'altro. Nel frattempo propongo di indire un referendum.

b) Non si troveranno mai 500.000 firme per spostare una sedia.

a) E allora non c'è scelta: elezioni anticipate.

b) No, le elezioni oggi no. Sarebbe troppo grave per il Paese. Forse domani.

a) Rimane il problema urgente della sedia da spostare.

b) Su questo sono d'accordo. Può essere un punto di incontro.

a) Parliamone.

b) Parliamone. "

"Quando guardiamo i volti dei Moai dell'isola di Pasqua percepiamo chiaramente l'anelito sublime di chi vuole raggiungere e superare l'orizzonte; l'ostacolo infinitamente limitante dell'Infinito perché, e qui apriamo una doverosa parentesi, c'è abissale differenza tra l'Eterno e l'Infinito.

L'Infinito?

Sarà bene parlarne un attimo."

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"Solo sulle salde fondamenta di un'inflessibile disperazione si può d'ora innanzi costruire l'edificio dell'anima"

 


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