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Associazione
Nazionale Magistrati
LIBRO BIANCO SUL
DISSERVIZIO GIUSTIZIA
GIUSTIZIA PIÙ EFFICIENTE E INDIPENDENZA DELLA MAGISTRATURA A GARANZIA DEI CITTADINI
17 GENNAIO 2004
INAUGURAZIONE ANNO GIUDIZIARIO 17 GENNAIO 2004 INAUGURAZIONE ANNO GIUDIZIARIO La giustizia deve efficacemente tutelare i diritti dei cittadini. Oggi è lenta ed inadeguata. Migliorarla vuol dire riorganizzarla e darle risorse per funzionare: è ciò che il Ministro della Giustizia dovrebbe fare e non fa. Così iniziava il manifesto dell’Anm per l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2003. Ad un anno di distanza la situazione è ulteriormente peggiorata. 1. Con la finanziaria 2004 non vi saranno le risorse minime indispensabili per il servizio, dalle fotocopie alla verbalizzazione. Mancheranno oltre 90 milioni di euro per la gestione e l’innovazione nel settore informatico; la sperimentazione del processo telematico non potrà decollare. 2. Le carenze nel personale amministrativo hanno raggiunto l’11%. Mancano 1058 magistrati. Per due anni e mezzo il Ministro non ha bandito i concorsi; ora ha annunziato che provvederà, ma senza indicazioni sui tempi. 3. E’ stata abbandonata ogni prospettiva di revisione delle circoscrizioni giudiziarie. L’impegno essenziale del Ministro della Giustizia nel 2003 è stato per una riforma dell’ordinamento giudiziario che condiziona l’indipendenza dei magistrati, non è idonea ad assicurare una migliore funzionalità del servizio, né una magistratura professionalmente qualificata. L’Anm ha avanzato precise proposte che non sono state prese in alcuna considerazione. Solo se l’indipendenza dei giudici e dei pubblici ministeri è garantita, come vuole la Costituzione, la legge è uguale per tutti. L’Anm esprime il più vivo allarme per la proposta in discussione: l’attacco è portato non ai magistrati, ma alla giurisdizione e dunque alla tutela dei diritti dei cittadini. Associazione Nazionale Magistrati
GIUSTIZIA PIÙ
EFFICIENTE E INDIPENDENZA DELLA MAGISTRATURA A GARANZIA DEI CITTADINI
Le cerimonie di inaugurazione dell’anno giudiziario intervengono quest’anno mentre il Senato è alle prese con la riforma dell’ordinamento. Molteplici sono le manifestazione della crisi, ma “il problema centrale della nostra giustizia è e rimane quello della durata eccessiva dei processi”, come ha sottolineato più volte il Presidente Ciampi. Nella stessa linea si è posta la relazione del P.G. della Cassazione Favara: “La giustizia … è in crisi soprattutto a causa della sua scarsa efficienza e della durata eccessiva dei processi”. Ma non si tratta un fenomeno naturale ineluttabile ed imperscrutabile, non è un problema irresolubile. Se i tempi della giustizia civile rimangono troppo lunghi, i dati dimostrano che opportune riforme legislative accompagnate dall’impegno dei magistrati e di tutti gli operatori di giustizia hanno consentito di invertire la tendenza ed ormai da qualche anno si sta recuperando l’arretrato e non se ne crea di nuovo poiché i procedimenti esauriti superano le sopravvenienze. Rimane più grave la situazione del penale, anche se vi è “almeno un aspetto positivo: la accentuata riduzione del numero dei detenuti in custodia cautelare rispetto ai definitivi”;opportunamente il PG Favara ha indicato la esigenza di riforme che, senza incidere in alcun modo sulle garanzie, intervengano su alcuni punti cruciali. Si tratta di introdurre “meccanismi di selezione, di natura normativa o organizzativa” e di esercitare “un più rigoroso controllo sulla ammissibilità dei ricorsi”; senza meccanismi di selezione, che esistono per tutte le altre Corti supreme, è impossibile restituire alla Corte di Cassazione il suo ruolo di nomofilachia. Si tratta di intervenire sulla prescrizione, poiché l’attuale regime “crea un circolo vizioso: la prospettiva della prescrizione invoglia a tattiche dilatorie”. La prescrizione in corso di procedimento deve tornare ad essere evento del tutto eccezionale. L’avvocatura non può eludere questo punto essenziale. E’ indubbio che il difensore ha il dovere professionale di indicare al suo cliente la prospettiva della prescrizione, ma il legislatore deve intervenire per rompere il “circolo vizioso”, affinché vi sia non difesa dal processo, ma difesa nel processo. Se dunque è necessario intervenire sul processo, tuttavia il PG Favara giustamente richiama la magistratura ad assumere una “ cultura della responsabilità, per quanto riguarda l’andamento e i risultati del servizio giudiziario”. E’ un appello che la l’ANM fa proprio. Siamo coscienti che non tutti i magistrati sono pienamente all’altezza del loro difficile compito, invitiamo tutti i colleghi ad impegnarsi sempre di più in qualità e quantità di decisioni di giustizia. Ma abbiamo il dovere di dire senza attenuazioni, abbiamo il dovere di “gridare dai tetti” che, nonostante l’impegno e l’abnegazione quotidiani della stragrande maggioranza dei magistrati italiani, nella attuale situazione non è possibile rendere un servizio giustizia di qualità. Non poteva mancare nella relazione del P.G. un riferimento, che è stato posto in termini molto netti, alle “polemiche, spesso aspre, che hanno preso a spunto anche determinate vicende giudiziarie per muovere accuse all’intera magistratura e al sistema nel suo insieme. Tali polemiche si sono poi fortunatamente stemperate, grazie anche all’atteggiamento pacato e responsabile dei magistrati e alla giusta valutazione che ne ha fatto l’opinione pubblica.” E’ un autorevole riconoscimento che il problema non è quello, come spesso si dice, di abbassare i toni da entrambe le parti, perché gli attacchi sono stati a senso unico.
Il P.G. ha dato atto
della “forte apprensione suscitata tra i magistrati” dalla proposta
governativa di riforma dell’ordinamento giudiziario e ha posto alcune
questioni di
fondo. “Precludere al giudice, o limitare, come da qualche parte si è proposto, la facoltà di interpretare la legge è antistorico” Il ripristino della carriera attraverso il meccanismo dei concorsi incontra non solo la critica , secondo taluno “corporativa dell’Anm, ma anche quella del secondo magistrato d’Italia (oltre che, lo rammentiamo del Csm, della sezione Anm Cassazione e del gruppo consultivo della Cassazione). “Eventuali strutture gerarchiche di stampo burocratico non sarebbero coerenti con i principi costituzionali ed è assai dubbio che risultino adeguate allo scopo perseguito.” Sulla questione della posizione ordinamentale del Pm , il PG Favara si esprime “per una più chiara separazione delle funzioni, nel rispetto tuttavia dell’indipendenza dell’ordine giudiziario” aggiungendo che “Il passaggio dall’una all’altra funzione necessita tuttavia di una disciplina più rigorosa e puntuale, volta ad evitare (e il C.S.M. si è già mostrato sensibile sul punto) che il mutamento di ruolo processuale nella stessa sede possa incidere negativamente – anche nella percezione esterna – sulla credibilità della funzione e sull’immagine d’imparzialità. Va evitato, peraltro, che l’eccessiva estensione delle preclusioni mini l’effettiva comunanza culturale di tutti gli appartenenti alla magistratura.” Si tratta di posizioni sulle quali vi è piena consonanza da parte dell’Anm, che da un anno e mezzo, accanto alle valutazioni critiche sulla proposta governativa di riforma dell’ordinamento giudiziario, ha avanzato proposte in positivo in particolare sulla questione fondamentale per la qualità della giustizia, della valutazione della professionalità dei magistrati, portandole alla attenzione del Ministro, degli operatori della giustizia, degli studiosi di diritto e della opinione pubblica. In questi ultimi mesi l’Anm, proseguendo nella linea di confronto e di dialogo costantemente tenuta, ha rappresentato in pubbliche assemblee ed in incontri con tutte le forze politiche e i gruppi parlamentari le proprie osservazioni e proposte sul testo approvato dalla Commissione giustizia del Senato. Il Senato, all’esito di una trattazione rapidissima e con tempi contingentati, ha approvato, con modificazioni del tutto marginali, aspetti fondamentali della proposta di legge ed in particolare il sistema dei concorsi e la separazione dell’accesso per giudici e pm; alla ripresa dei lavori parlamentari il Senato dovrà affrontare il nodo fondamentale dell’assetto del Pm e del sistema disciplinare. All’esito dell’incontro del 14 gennaio con il Ministro Castelli, l’Anm deve prendere atto, con estremo rammarico e con accentuato allarme, di un atteggiamento di totale chiusura da parte del Ministro della Giustizia, che non ha preso e non intende prendere in considerazione alcuna le nostre proposte e le nostre osservazioni. Il Senato si appresta a varare un sistema che non è idoneo ad assicurare né una migliore funzionalità ed efficienza del servizio-giustizia né una magistratura professionalmente più qualificata. Al contrario si darebbe vita ad una organizzazione giudiziaria assurda ed ingestibile, incapace di rispondere in tempi ragionevoli alle domande di giustizia della collettività. Riforma dell’ordinamento giudiziario e problemi della efficienza del servizio sono oggi al centro dell’attenzione generale in questa giornata inaugurale dell’anno giudiziario 2004. L’Associazione Nazionale Magistrati avrà un importante ulteriore momento di valutazione ed approfondimento nel XXVII Congresso Nazionale che si terrà a Venezia dal 5 all’8 febbraio 2004 sul tema: “Giustizia più efficiente e Indipendenza della magistratura a garanzia dei cittadini”. Il comitato direttivo centrale , convocato al termine del congresso, adotterà le decisioni necessarie. Sin d’ora nelle pagine che seguono proponiamo un “libro bianco” sulle disfunzioni nel servizio giustizia. Non si tratta di un documento completo e esaustivo, ma della tappa iniziale di una rilevazione che vogliamo condurre in modo approfondito nel corso di questo anno 2004. La situazione che già emerge desta la massima preoccupazione. Il testo costituisce una sintesi redatta sulla base delle relazioni che ci sono pervenute dalle sezioni e sottosezioni dell’Anm; siamo grati ai colleghi per i loro preziosi contributi. LIBRO BIANCO SUL DISSERVIZIO GIUSTIZIA SEZIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE. PRIMA PRESIDENZA
Prot. n. 1357/03/SG
Roma 5 dicembre 2003 Oggetto: Riduzione dei fondi per la Biblioteca
della Corte Al Signor Primo Presidente Aggiunto
Ai Signori Presidenti titolari delle sezioni civili e penali Al Signor Direttore dell’ufficio del massimario e del ruolo e p.c. Al Signor Procuratore Generale presso la Corte Suprema di Cassazione SEDE
Ricordo che nelle
sedute del Gruppo Consultivo presso la Prima Presidenza, tenutesi nei
giorni 16 e 20 ottobre 2003, fu fatto presente che i fondi destinati
alla Biblioteca
dei magistrati della Corte non erano sufficienti neppure a garantire il rinnovo degli abbonamenti alle principali riviste giuridiche. Il gruppo rilevò che appariva opportuna e necessaria la prosecuzione degli abbonamenti, richiedendo – se del caso e quale estrema ratio – un contributo volontario ai Magistrati della Corte. Chiunque volesse aderire a tale iniziativa potrà farlo dando un contributo individuale del tutto volontario presso il Segretariato Generale della Presidenza. Prego voler comunicare la presente a tutti i magistrati delle rispettive sezioni od uffici. Il Primo Presidente (Nicola Marvulli)
Nemmeno la più fervida
fantasia avrebbe potuto immaginare la circolare sopra trascritta, che
organizza una colletta nella Corte Suprema Cassazione per l’acquisto
delle riviste giuridiche. Nel discorso tenuto in occasione dell’inaugurazione dello scorso anno giudiziario, il Ministro della giustizia ha espresso l’impegno di restituire ai servizi della Giustizia efficacia ed efficienza, precisando che quest’ultimo termine significa non acritico e mero stanziamento di sempre maggiori risorse, ma loro utilizzo ottimale, eliminazione di sprechi, economicità di gestione. Nella linea secondo cui “ogni Ministro deve essere imprenditore del proprio ministero”, il Ministro ha annunciato l’adozione di migliori strumenti di programmazione e controllo di gestione economica e finanziaria, volti anche a conferire una maggiore elasticità nella contabilità del Ministero. E’ stato poi riferito che le recenti leggi di bilancio hanno ulteriormente aumentato gli stanziamenti per l’amministrazione della giustizia - sicché le risorse dedicate a tale settore dovrebbero ormai essere allineate alle medie degli altri paesi europei - prevedendo anche l’assunzione di nuovo personale amministrativo.
Ad un anno di distanza
ed in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2004, si deve
prendere atto che nulla è cambiato.
Basta, al riguardo, evidenziare come la insufficienza degli accreditamenti per le spese d’ufficio e simili – già decurtate nel 2003 in alcuni casi del 50 per cento rispetto all’anno precedente ed ulteriormente decurtate con la Finanziaria 2004 - stia determinando il blocco della manutenzione e dell’aggiornamento del sistema informatico su cui si basa in gran parte la funzionalità operativa della Corte, sia per quanto riguarda le registrazioni che per quanto riguarda l’organizzazione delle udienze: si è già progressivamente determinato un consistente arretrato nelle registrazioni dei procedimenti presso la cancelleria centrale penale ed è prevedibile un conseguente rapido deperimento dei livelli di funzionalità del servizio, da cui non potranno che derivare ritardi nella trattazione dei ricorsi ed anche prescrizioni di reati e scarcerazioni per decorrenza dei termini di soggetti potenzialmente pericolosi. Ai magistrati della Corte mancano circa 150 Personal computer e 150 stampanti, più volte richiesti dal Primo Presidente in sostituzione delle macchine ormai obsolete e non più in grado di supportare efficacemente il loro lavoro. Gravemente insufficienti ed ormai già esaurite risultano anche essere le somme accreditate per l’uso e la manutenzione di fotocopiatrici, fax e stampanti, e non dovrebbe essere necessario sottolineare quali paralizzanti effetti può determinare in un ufficio giudiziario il venir meno di tali strumenti. Anche la rilegatura delle sentenze dovrà tra poco essere bloccata per mancanza di fondi, il che ci pare rappresentare un suggello simbolicamente assai significativo, se solo ci si soffermi a riflettere sul valore e il significato delle sentenze della Corte Suprema di una grande democrazia occidentale. Sono state ridimensionate anche le somme a disposizione per la ristrutturazione del palazzo di Piazza Cavour: lavori diretti al recupero di locali, particolarmente necessari in un edificio in cui vi è, tra l’altro, una grave carenza di ambienti da destinare a studio per i magistrati. I Consiglieri della Corte di cassazione, come è noto, non hanno in dotazione, di regola, neppure una propria scrivania, mentre in questo pur faraonico palazzo mancano sale di studio, di consultazione e di colloquio riservate ai magistrati. In alcuni ambienti sono comparsi i topi, mentre nei bagni è scomparsa la carta igienica. Gli ascensori sono spesso bloccati, mentre il degrado delle scalinate rappresenta un serio pericolo per l’incolumità fisica degli utenti. La situazione complessiva sopra descritta rappresenta una ulteriore – ennesima ed esasperante – difficoltà a celebrare i processi, a scrivere le sentenze, a studiare i precedenti ed a svolgere ricerche. Il blocco dell'assunzione del personale amministrativo infine impone ai magistrati di sobbarcarsi incombenze non proprie e li condanna ad un modo di lavorare privo di razionalità e di decoro.
SEZIONE DI BARI
Il 9 aprile 2003 è stato improvvisamente sospeso con effetto immediato il servizio di stenotipia e trascrizione atti previsto dall’art.51 disp. Att. C.P.P. per mancanza di fondi. Lo stanziamento sul capitolo di spesa 1461 pari a € 214.037,44 per il Tribunale di Bari – di gran lunga inferiore al richiesto- si è rivelato insufficiente ed esaurito dopo 3 mesi. A fronte delle documentate richieste inoltrate dalla Corte di Appello di Bari, il Ministero della Giustizia, con nota del 31 marzo 2003 “considerata la notoria e cronica carenza di fondi sul capitolo1461 ha raccomandato a tutti gli Uffici di contenere al massimo la spesa relativa al servizio di verbalizzazione delle udienze penali”; ha quindi allo stato assegnato all’intero distretto della Corte di Appello - che comprende oltre agli uffici della corte anche i Tribunali di Bari, Foggia, Lucera, Trani e Minorenni – un quarto della somma richiesta per l’anno 2003. Con ulteriore nota del 1° aprile 2003 il Ministero, ribadendo ancora una volta la cronica carenza di fondi, ha peraltro fatto sapere che a quella somma stanziata, già di per sé insufficiente, doveva attingersi “anche per il pagamento delle fatture relative all’anno 2002, aventi ad oggetto lo stesso servizio, rimaste insoddisfatte per carenza di fondi”. Questa improvvisa decisione del Ministero ha fatto sì che a fine marzo fossero già esaurite le disponibilità finanziarie per poter fruire della stenotipia e conseguentemente il Presidente del Tribunale di Bari ha sospeso immediatamente il servizio. Il servizio è rimasto sospeso sino alla fine di giugno. Per il secondo semestre del 2003 analoga interruzione del servizio si è avuta a metà ottobre del 2003 sino a quando – a seguito dell’incontro avuto da questa Giunta ANM con l’onorevole Vietti e del suo interessamento – il Ministero non ha provveduto all’assegnazione della ulteriore somma di 200.000 € che ha consentito di riprendere il servizio fino alla fine dell’anno. I magistrati del Distretto hanno continuare a tenere le udienze nel rispetto delle procedure previste dal codice: con verbale manuale redatto dal cancelliere di udienza e fonoregistrazione. I verbali delle udienze penali sono stati scritti a mano dal cancelliere di udienza, sotto dettatura del presidente che ovviamente interrompeva continuamente l’escussione del teste o l’esame dell’imputato o quant’altro avviene in udienza. Le conseguenze sono disastrose! La verbalizzazione riassuntiva limita le garanzie difensive in quanto non è ontologicamente idonea a registrare ogni passaggio anche nelle sue sfumature pur talvolta essenziali delle dichiarazioni rese in udienza. La durata delle udienze e conseguentemente dei processi sarà sempre più irragionevole, in contrasto con il principio sancito dal novellato art.111 Costituzione per ovviare alle ormai innumerevoli condanne dello Stato italiano in sede internazionale proprio per la lunghezza dei processi. Inoltre l’amministrazione giudiziaria non è dotata di personale tecnico idoneo a mettere in funzione le apparecchiature per la riproduzione fonografica che pur la legge impone di effettuare quando manchi la stenotipia. Tutto ciò sta ovviamente creando problemi soprattutto nei processi più delicati - al collegiale ed in Corte di Assise- dove non si riesce oggettivamente a rispettare le programmazioni effettuate: ad es. invece dei 13 programmati si è riusciti a sentire soltanto 4 testimoni e gli altri sono stati rimandati a casa. Si sono create situazioni paradossali: una udienza è stata interrotta alle ore 13 – nel corso della deposizione di un teste venuto da Milano, costretto a ritornare in una udienza successiva - perché al cancelliere di udienza è venuto un crampo al braccio perché era il quarto giorno di fila che era costretto a scrivere i verbali riassuntivi. Lo stesso cancelliere di udienza deve chiamare i testimoni e curare che stiano appartati perché molti uffici non hanno l'ufficiale giudiziario (quello della Corte di Assise è morto un anno fa e non è stato più sostituito). Addetto alla fonoregistrazione è - in ossequio alle indicazioni del ministero - personale giudiziario che lascia vuote le cancellerie. I presidenti dei tribunali non hanno ovviamente i soldi per procedere alla trascrizione della fonoregistrazione, né vi è personale giudiziario in grado di procedervi - contrariamente a quanto indicato dal Ministero. Questa situazione ha determinato un notevole rallentamento nella celebrazione dei dibattimenti penali, con conseguenze gravissime nei numerosi maxiprocessi per criminalità mafiosa in corso nel distretto. In molti procedimenti si è pervenuti alla scarcerazione per decorrenza dei termini massimi di custodia cautelare di imputati poi condannati – con sentenza di primo grado – anche all’ergastolo per omicidi di mafia. Anche gli avvocati nei vari circondari del Distretto hanno proclamato l’astensione dalle udienze per protesta per la sospensione del servizio. Mancano gli ufficiali giudiziari e molte udienze si svolgono senza la sua presenza: per la chiamata degli imputati e dei testimoni ci si avvale della collaborazione dell’assistente di udienza o di agenti della polizia penitenziaria presenti in aula. Notevoli sono le difficoltà per la citazione dei testimoni, anche perché a dibattimento non ci si può più avvalere della polizia giudiziaria per le notifiche. I davvero esigui fondi assegnati per le “spese di ufficio” – pari per il Tribunale di Bari a soli 35.000 € per il primo semestre 2003 a fronte di una richiesta di 170.000 – non ha consentito l’acquisto di beni di primaria importanza per la vita dell’ufficio come i codici per le camere di consiglio dei magistrati; le microcassette necessarie per la registrazione degli interrogatori effettuati dai Pubblici Ministeri, imposta dalla legge per la validità dell’atto; la carta per le cancellerie, con il paradosso registrato nella cancelleria della Sezione lavoro per cui le etichette adesive necessarie per la registrazione dei ricorsi sono state messe a disposizione dai difensori dei ricorrenti. Da ultimo è esplosa la situazione della Sezione lavoro del Tribunale di Bari, presso la quale alla fine del 2003 erano pendenti circa 80.000 procedimenti, equamente ripartiti tra gli 11 giudici più il Presidente attualmente assegnati sulla carta alla Sezione (nella realtà lavorano in 9). Innumerevoli sono stati i ricorsi per la “legge Pinto” instaurati da parti che hanno visto la loro causa durare anche oltre i dieci anni; sono stati così sottoposti a procedimento disciplinare per “negligenza”!!!! magistrati che oltre a tenere un numero elevato di udienze - 3 settimanali – hanno scritto circa 2000 (duemila) sentenze pro capite ogni anno. Anzi, le sentenze depositate dai giudici della sezione sono tante che la cancelleria non riesce a reggere il passo e, nonostante il rafforzamento operato nella cancelleria pubblicazione sentenze con ulteriori 3 unità, la pubblicazione delle sentenze è ferma al 21 luglio 2003: vi sono cioè centinaia di sentenze materialmente accatastate sul pavimento della cancelleria che non sono pubblicate. Tra quelle sentenze vi sono anche reintegre nei posti di lavoro! A fronte numero delle cause di lavoro – che era ovvio prevedere in crescita a seguito dell’attribuzione di competenza nelle controversie del Pubblico Impiego – l’organico della Sezione è fermo al 1969. In una tale situazione si è tuttavia dovuto attingere anche alla Sezione lavoro per far fronte alle emergenze di altri uffici quali il G.I.P. - a seguito delle polemiche sorte per la giacenza per lungo tempo di richieste di applicazione di misure cautelari - e il Tribunale del riesame, costantemente sotto pressione per l’esiguità dei magistrati ed il notevole carico di lavoro. Né era possibile attingere dalle due sezioni penali per il contestuale impiego di giudici delle dette sezioni in Corte di Assise per far fronte alle incompatibilità dell’unico collegio di cui è composta la Corte. Sin dal 1998 il Presidente della Corte di Appello di Bari aveva evidenziato la situazione di emergenza del Tribunale chiedendo la revisione della pianta organica risalente ad oltre un ventennio fa, ma l’unica risposta concreta che si è vista sin ora è stata una ispezione ministeriale successiva alla guerra di mala che nel giro di circa due mesi ha visto per le strade della città oltre dieci morti, tra cui un ignaro ragazzino di 15 anni che, dopo la scuola, lavorava la sera presso una pizzeria.
SEZIONE BRESCIA
La situazione dell’amministrazione della giustizia nel distretto della Corte di Appello di Brescia risente in modo particolarmente pesante dell’ormai cronica e da sempre irrisolta sproporzione tra la popolazione delle province che fanno capo al distretto medesimo (Brescia, Bergamo, Mantova, Cremona) e l’alta densità industriale che caratterizza almeno due di esse (Brescia e Bergamo, che rappresentano uno dei più importanti poli industriali del Paese) e le dotazioni di organici degli uffici. Questa situazione si riflette, negativamente in termini di efficienza e di celerità nella celebrazione dei processi, sia nel campo civile traducendosi in un’evidente fattore di diseconomia nel tessuto produttivo della zona, sia nel campo penale tenendo conto che l’area bresciana – bergamasca rappresenta uno dei distretti del nord Italia dove, tradizionalmente, è più avvertito il peso della criminalità. Eloquente è il caso del Tribunale di Brescia che tra i 165 tribunali italiani si colloca al quinto posto per popolazione e scende oltre il decimo quanto al numero di dipendenti amministrativi; questi sono in numero di 164 che sono nulla rispetto ai 296 dipendenti di Catania o ai 414 dipendenti di Palermo, provincia che per numero di abitanti viene immediatamente dopo Brescia. Analoga carenza di organico si evidenzia nella magistratura, dato che sempre a Brescia esiste un giudice ogni 18 mila abitanti (per un totale di 59 giudici), quando a Catania (che per numero di abitanti è il decimo tribunale italiano) un ufficio con 110 magistrati garantisce una toga ogni 8 mila abitanti. Il risultato è che presso il Tribunale di Brescia, nel settore penale, proprio per queste deficienze, non si riescono ancora ad avvertire i benefici che, in termini di riduzione della durata dei processi, avrebbe dovuto portare l’introduzione del giudice monocratico; nel settore civile, dove ogni istruttore è gravato di circa 900 – 1000 cause, difficilmente una causa dura meno di tre anni e un vero e proprio problema è costituito da circa 8.000 cause che sono pendenti davanti al Tribunale da oltre il triennio che, come noto, rappresenta il limite fisiologico di durata secondo i criteri che si vanno affermando in relazione al diritto alla ragionevole durata del processo. E’ significativo peraltro che, sempre presso il Tribunale di Brescia, vi siano 726 cause ogni 100 mila abitanti che esprimono una domanda di giustizia inferiore dell’11% rispetto alla media nazionale; questo dato appare quantomeno strano in una zona economicamente forte e molto attiva in campo imprenditoriale. Fondato è il sospetto che su queste percentuali abbia inciso e tuttora incida la tradizionale insufficienza delle strutture giudiziarie bresciane e la conseguente disaffezione dell’utenza. Si segnala nel distretto il caso grave della perdurante e forte carenza di organico degli ufficiali giudiziari di Bergamo (su un organico di 32 persone di registra una presenza effettiva di 14), che ha comportato notevoli problemi nella notifica di atti di numerosi processi penali. L’Ufficio Unico Notificazioni assolve ad un carico di lavoro che al 31.1.2003 si attestava su circa 200.000 notifiche e 42.000 esecuzioni. Più in generale, nel distretto merita di essere adeguatamente segnalata la vicenda che ha interessato la Procura della Repubblica di Bergamo. Il posto vacante di Procuratore della Repubblica è in pratica scoperto dal giugno 2001 a causa della strenua opposizione manifestata dal Ministro alla nomina, deliberata dal CSM, di Adriano Galizzi. Risale al 25 ottobre 2002 la nota con la quale l’On. Castelli si rifiutò – dopo avere negato il concerto – di controfirmare il decreto di nomina conseguente alla deliberazione consiliare risalente all’estate precedente. E’ stato necessario che il CSM sollevasse conflitto di attribuzione contro il Ministro davanti alla Corte Costituzionale perché il caso avesse un positivo sbocco. E la Corte con la recente sentenza del 18 dicembre scorso ha finalmente negato la legittimità del comportamento del Ministro escludendo che questi abbia in generale un potere di sindacato intrinseco o, tantomeno, di riesame sul contenuto degli apprezzamenti e delle scelte discrezionali del Consiglio “nella specie, deve escludersi che da parte del CSM sia mancata una attività di concertazione, o che nel comportamento dello stesso possa ravvisarsi una mancanza di leale collaborazione …essendo stati svolti approfondimenti e verifiche, con completa attività istruttoria, essendo state compiute valutazioni motivate in ordine alle ragioni addotte dal Ministro, ed essendo trascorso un periodo di tempo di gran lunga superiore ad ogni ragionevole aspettativa, tenuto conto della durata della vacanza del posto diterrivo da coprire, senza che sia stata raggiunta una soluzione comune…..non spetta al Ministro della Giustizia non dare corso alla controfirma del decreto del Presidente della Repubblica di conferimento di ufficio direttivo sulla base di deliberazione del CSM, quando, nonostante sia stata svolta una adeguata attività di concertazione ispirata al principio di leale collaborazione, non si sia convenuto tra CSM e Ministro, in tempi ragionevoli, sulla relativa proposta”. Nel mentre si saluta la positiva conclusione della vicenda, non si può fare a meno di evidenziare come il “braccio di ferro” che avrebbe potuto benissimo essere evitato solo che si fossero, con un minimo di attenzione, studiati gli stessi precedenti della Corte Costituzionale (sentenza n. 379/1992 e n. 142/1973 e 168/1968) ha avuto il deleterio risultato di lasciare scoperto per quasi tre anni un posto di assoluto rilievo quale è quello del Procuratore della Repubblica
SEZIONE DI CAGLIARI
Il 12.11.2003 è stata inviata dalla Delta Communications s.r.l. – incaricata della fornitura del servizio di stenotipia in questa sede – con una nota nella quale si sottolinea la mancanza di fondi per il pagamento delle fatture relative al periodo settembre-dicembre del 2003 (euro 131.447,93 fino al 13 novembre, euro 115.000,00 per la previsione fino a dicembre). Ciò comporta un notevole disagio per la ditta, acuito dal fatto che i fondi relativi al corrente anno, qualora non venissero tempestivamente assegnati, non potrebbero essere utilizzati prima del giugno 2004. Del resto le fatture relative al nuovo anno saranno onorate, nel rispetto dei tempi tecnici, non prima del mese di aprile 2004. In sostanza, il periodo di scopertura sarebbe davvero molto lungo, con innegabili ripercussioni negative per la società che, non potendo contare sulla remunerazione prevista contrattualmente, non potrebbe proseguire il servizio. La società cura la verbalizzazione delle udienze penali in forma stenotipica computerizzata presso il Tribunale di Cagliari e le sezioni distaccate di Carbonia, Iglesias e Sanluri, il Tribunale di Lanusei e il Tribunale per i Minorenni; all’occorrenza, anche presso la Corte d’appello. Svolge una media di 10 udienze giornaliere con 14 dipendenti stenotipiste, 2 tecnici audio, 2 collaboratori. Verbalizza dai 30 ai 54 processi al giorno per il Tribunale di Cagliari, da 25 a 35 al giorno per il Tribunale di Lanusei e dai 5 ai 7 al giorno per il Tribunale per i Minorenni. Mantiene costantemente allestite tutte le aule d’udienza con proprie attrezzature di registrazione digitale e informatiche, per consentire lo svolgimento di udienze convocate anche all’ultimo minuto. Fornisce il verbale in bozza simultanea consultabile in udienza immediatamente e consegna il verbale definitivo entro le 24 dal termine dell’udienza. E’ dotata anche di un sistema di videoconferenza installato al Tribunale di Lanusei per svolgere il servizio in caso di udienze non previste, data la difficoltà di raggiungere la sede, notoriamente collegata malissimo al capoluogo. Analoghe ad altri distretti le ulteriori disfunsioni aggravate dalla persistente esistenza di Tribunali troppo piccoli per poter funzionare, con le incompatibilità incrociate che richiedono continue applicazioni da altre sedi. Rimane priva di giustificazione la mancata istituzione in Corte d'appello di una sezione lavoro, unitamente alla riduzione disposta per i giudici del lavoro in primo grado, nonostante l'aumento delle competenze e dei carichi. La situazione fatiscente dell’edilizia costringe a lavorare nel palazzo di giustizia per metà senza riscaldamento per "inconvenienti tecnici" che si protrarranno per tutto l'inverno e senza poter usare mezzi alternativi di riscaldamento (stufette) perché la potenza complessiva dell’impianto elettrico non lo consente.
SEZIONE DI CALTANISSETTA
La Corte di Appello è afflitta dalla cronica vacanza dei posti in organico; problema che, inevitabilmente, si ripercuote negativamente sul funzionamento degli altri uffici. Attualmente, infatti, sono scoperti un posto di presidente di sezione (su quattro) e sei posti di consigliere (su dieci), per una complessiva scopertura del 44,44 % dell’organico con il quale “dovrebbe” farsi fronte all’efficiente funzionamento di una sezione civile (che si occupa anche delle controversie di lavoro), di due sezioni penali e di una sezione di Corte di Assise di Appello. Peraltro, tale problema - oltre a determinare la riduzione delle udienze settimanali, l’aumento della durata dei processi, delle pendenze (con il rischio di incorrere della prescrizione) e dei casi di incompatibilità – ha comportato la necessaria e sistematica applicazione dei giudici del Tribunale (già frequentemente applicati al Tribunale di Sorveglianza, a quello per i minorenni, oltre che gravati da un eccessivo carico di lavoro), con i conseguenti negativi effetti sul primo grado. Non può, inoltre, essere sottovalutata la assoluta inidoneità delle strutture a disposizione: si pensi alla mancanza di aule di udienza, a causa della quale i giudici del settore civile sono costretti a tenere le udienze nelle proprie stanze, molto spesso sfornite di impianti di condizionamento o, ancora, alla mancanza di aule di udienza dotate di camera di consiglio. La carenza del personale amministrativo è certamente da individuare come un’altra delle principali cause delle disfunzioni che si verificano nella vita giudiziaria nissena; anche in tale contesto sono, peraltro, frequenti le applicazioni, che determinano, a loro volta, vacanze e disagi negli uffici di provenienza. Sono ricorrenti i casi di udienze che non possono avere regolare inizio e svolgimento per mancanza del personale addetto, o di rilevanti servizi di cancelleria inevitabilmente trascurati per le medesime ragioni. Il noto taglio dei fondi, inoltre, ha determinato ulteriori effetti negativi: non è, ad esempio, possibile utilizzare l’istituto dello straordinario, al punto che è quasi impensabile sperare di avvalersi del lavoro degli impiegati negli orari pomeridiani. A tutto ciò si aggiunga che le autovetture a disposizione degli uffici sono poche ed assolutamente obsolete e che quelle blindate sono insufficienti per fare fronte alle necessità dei magistrati sottoposti a protezione, i quali devono spesso recarsi fuori sede per le proprie attività di indagine e per raggiungere i vari Tribunali del distretto ove vengono celebrati i processi di competenza della D.D.A.. Ancora, nel 2003, i contratti con il personale che si occupava della gestione del servizio CED – attraverso il quale era possibile l’accesso al sistema SIDDA – SIDNA, nel quale sono immagazzinati i dati più importanti relativi agli esiti delle attività investigative in materia di criminalità organizzata - non sono stati rinnovati per carenza di fondi, così sottraendo un insostituibile patrimonio di conoscenze a coloro che, tra mille difficoltà, sono quotidianamente impegnati nella attività di contrasto alle organizzazioni di tipo mafioso. Infine, per le già esposte ragioni, non è agevole l’acquisto di materiale di aggiornamento (libri, riviste, codici); anche tale circostanza va certamente a discapito di un migliore rendimento del servizio giustizia offerto ai cittadini.
SEZIONE DI FIRENZE
Gravissime carenze di personale amministrativo; secondo dati aggiornati all’1.10.03 (ma non sostanzialmente mutati), mancano 50 unità di personale amministrativo su una pianta organica di 281 unità (17,7 %), in quanto vi sono 37 carenze di organico, 12 applicazioni “passive” (dipendenti del Tribunale applicati in altri uffici) e 1 distacco sindacale (situazione solo in parte mitigata da 2 applicazioni attive e 8 unità di ex lavoratori socialmente utili). Le mancanze di personale amministrativo sono ancora più devastanti in considerazione della logistica dell’ufficio, che opera su quattro sedi (San Firenze, San Martino, Riesame, Aula bunker). In particolare, il movimento di fascicoli tra San Firenze e San Martino è estremamente complicato per l’esiguo numero di commessi, con conseguenti disservizi e ritardi. Non si è ancora in condizione di utilizzare completamente i sistemi di gestione informatica dei procedimenti, sia civili che penali, in parte per le difficoltà tecniche connesse alla dislocazione dell’ufficio in più edifici separati, e in parte perché le deficienze di personale amministrativo non hanno consentito di completare l’archiviazione informatica dei procedimenti pendenti. Molti giudici delle sezioni penali non hanno una loro stanza e, quando non sono in udienza, lavorano necessariamente a casa o dividendosi lo spazio nelle stanze destinate alle camere di consiglio. Per quanto riguarda la Procura della Repubblica di Firenze un grave motivo di disservizio è dato dalle diverse sedi: quella della ex Procura presso il Tribunale e quella della ex Procura presso la Pretura Circondariale, distanti tra loro e non facilmente raggiungibili stante il traffico cittadino (il Palazzo di Giustizia, che avrebbe dovuto essere pronto quest’anno, è a poco più delle fondamenta). Anche qui si lamentano: - gravissime carenze di personale amministrativo su una pianta organica di 173, la copertura è ad oggi di 145 (in particolare, mancano 3 Direttori di cancelleria, 13 Cancellieri C2, 11 Operatori Giudiziari B3; 10 Operatori giudiziari “part time”; 5 Ausiliari ecc.); - la mancanza di personale ausiliario aumenta le difficoltà sia per il trasferimento dei fascicoli alle varie sedi del Tribunale, sia al Giudice di Pace, e rende problematica la tenuta dell’archivio (che si trova in parte in Viale Lavagnini e in parte a Prato); - sempre per carenza di personale, la registrazione delle iscrizioni a Registro Generale subisce ritardi che, in certi periodi dell’anno, divengono intollerabili (l’iscrizione a mod.21 ha conosciuto recentemente ritardi di circa 20 giorni, e quella a mod.44 ritardi di oltre due mesi). Si cerca di migliorare, in qualche modo, la situazione; -la riduzione degli stanziamenti ministeriali per le spese ordinarie di giustizia (carta, cancelleria, computer, stampanti, gestione automezzi, servizio postale, ecc.) provoca disservizi e lentezze, e pone l’ufficio “sul limite della sopravvivenza”. Ultimo segnale, in proposito, è la circolare n.11401 del 27.11.03, ove gli uffici vengono invitati a limitare l’uso del fax e quello della posta raccomandata, assicurata o prioritaria, utilizzando, per il resto, soltanto la posta elettronica.
SEZIONE DI GENOVA
Tre i principali fattori di maggiore disfunzione e disorganizzazione. Mancata copertura di posti vacanti di magistrati e riduzioni del personale amministrativo e/o delle ore lavorative. - La mancata copertura di un posto vacante all’ufficio GIP-GUP comporta seri problemi anche per l’insostenibile e irrazionale sistema delle incompatibilità, per la celebrazione di udienze preliminari e riti alternativi, per i quali si sta cominciando a ricorrere a supplenze con giudici del dibattimento; tali problemi potrebbero diventare deflagranti con la prevedibile prossima richiesta di rinvio a giudizio di grossi procedimenti legati ai fatti del G8 e che potrebbero anche determinare l’impossibilità di formare un collegio giudicante predeterminato per legge. - In diversi uffici sono previste riduzioni del personale amministrativo in relazione al passaggio di diversi lavoratori dal part-time al tempo pieno; stante l’impossibilità, in molti casi, di mantenere i predetti lavoratori nello stesso ufficio in cui prestavano la loro attività, essendo già coperti i posti destinati ai dipendenti a tempo pieno, si verifica spesso la perdita secca di personale da parte dell’ufficio interessato senza alcuna possibilità di rimpiazzo (per es., all’ufficio GIP/GUP saranno prossimamente trasferiti tre soggetti con gravi problemi per il funzionamento di quell’ufficio). Nel tribunale del lavoro la prossima riduzione di quattro unità del personale amministrativo, per la quale è già stata preannunciata la mancata copertura comporterà la necessaria riduzione delle udienze da quattro a due per settimana, oltre all’impossibilità di celebrare udienze pomeridiane. In diversi uffici è stato già ampiamente superato il monte ore previsto per il lavoro straordinario, per cui è stato disposto con ordine di servizio emanato presso la Procura della Repubblica il divieto di prestare ulteriore attività lavorativa straordinaria, salvo ricorrano ridottissime e motivate esigenze eccezionali. Ciò comporterà spesso l’impossibilità di prosecuzione delle udienze nelle ore pomeridiane. La cronica carenza di ufficiali giudiziari durante lo svolgimento delle udienze pubbliche, soprattutto monocratiche, rende addirittura non dignitosa la chiamata dei testi, cui deve provvedere ora il segretario di udienza, ora il difensore, ora il teste già sentito. In proposito è stato proposto di attivare quantomeno un sistema di chiamata dei testi analogo a quello in uso presso uffici pubblici abitualmente frequentati dal pubblico. Nel capitolo della carenza di personale può anche farsi cenno alla assenza di forza pubblica nei pressi delle aule di udienza durante lo svolgimento delle udienze pubbliche; sono già stati segnalati numerosi episodi di persone che danno in escandescenze, se non di veri e propri atti minatori perpetrati anche nei confronti dei giudici. Riduzione delle disponibilità finanziarie degli uffici giudiziari La riduzione delle risorse finanziarie messe a disposizione degli uffici giudiziari per le spese correnti e per le trascrizioni delle registrazioni sta comportando vari problemi: il più grave è quello costituito dall’impossibilità o dalla grave difficoltà di continuare a disporre le trascrizioni dei dibattimenti penali; da cui consegue anche l’impossibilità di procedere alla mera registrazione fonografica delle istruttorie dibattimentali, per il rifiuto della ditta incaricata delle trascrizioni di fornire il proprio personale al fine di procedere alla sola registrazione, senza trascrizione delle udienze, stante l’impossibilità contrattuale di essere retribuita per questa attività. La riduzione delle disponibilità finanziarie per le spese correnti, poi, ha determinato carenze nell’acquisto di materiale di cancelleria (carta, penne, fotocopie, post-it, evidenziatori, ricariche per stampanti ecc.), comprese le agende per l’anno 2004 e di materiale di studio (codici, libri, riviste, cd-rom ecc.), nella riparazione o sostituzione di macchinari guasti o vecchi (fotocopiatrici, computer, stampanti, apparecchi di registrazione, auto di servizio ecc.), nel rinnovo di arredamenti ormai usurati e talvolta pericolosi. Carenze igienico-ambientali e di sicurezza del lavoro. Le condizioni ambientali di lavoro sono spesso disagevoli, ora per il caldo (mancanza di impianti di condizionamento dell’aria nel periodo estivo), ora per il freddo (proprio in questi giorni l’impianto di riscaldamento è rimasto spento non si sa per quale ragione, determinando una obiettiva impossibilità di lavorare in ufficio per il freddo intenso). Il disagio è stato ulteriormente aggravato dai lavori in corso nel palazzo di giustizia genovese, dapprima eseguiti senza alcun avviso al personale amministrativo e giudiziario interessato dagli stessi, poi, comunque, senza alcun rispetto delle esigenze lavorative dello stesso (rumori insostenibili nel corso delle udienze, polvere dappertutto ecc.). L’ illuminazione delle aule di udienza è scarsissima e pone difficoltà per la lettura degli atti a magistrati ed avvocati. Ci sono anche carenze addebitabili al Comune quale ente cui compete la fornitura dei servizi accessori, quali la mancanza di carta igienica, asciugamani e sapone nei bagni. Sono stati segnalati, infine, grossi problemi per l’adeguamento del palazzo di giustizia alla normativa di sicurezza di cui alla L. n. 626/94.
SEZIONE DE L’AQUILA
Perdura la forte carenza di organico degli ufficiali giudiziari di Pescara, che ha comportato notevoli problemi nella notifica di atti di numerosi processi penali (molti saltano per tale motivo; per diversi mesi migliaia di decreti penali sono rimasti fermi senza essere notificati con inevitabili ripercussioni sulla prescrizione dei reati).
SEZIONE DI LECCE
Pressanti sono le esigenze di adeguamento degli organici dei magistrati e del personale di cancelleria e di potenziamento delle strutture e delle dotazioni. In particolare: a) In Brindisi la necessità di aumento degli organici del personale di cancelleria è stata dalla presidenza di quel Tribunale definita “assoluta”. La situazione è talmente precaria, specie quanto ai cancellieri B/3, da determinare in taluni periodi inevitabili disservizi nel settore penale ed in quello civile. La costante riduzione dello stanziamento per il lavoro straordinario ha determinato l’accumulo di un elevato numero di ore di lavoro oltre quelle obbligatorie, difficilmente recuperabili con i riposi compensativi a causa del ritmo serrato delle udienze e dell’esiguità numerica degli addetti. Occorre un cancelliere informatico C/1 che possa ottimizzare i risultati fin qui raggiunti nel processo di informatizzazione ed un esperto interno per la manutenzione degli apparecchi informatici. Occorrono un cancelliere C/1 contabile ed un cancelliere C/1 statistico, tenuto conto dei cresciuti adempimenti introdotti dal T.U. in materia di spese di giustizia. Sono carenti autisti ed ausiliari. b) In Taranto la situazione è di “grave allarme”. Non è possibile assicurare la necessaria assistenza a tutti i giudici del lavoro se non prelevando il personale da altri settori già gravati ed essenziali. I cancellieri B/3 sono del tutto insufficienti e da tempi i giudici del settore civile tengono udienza con assistenza saltuaria, se non fittizia. Il carico di lavoro nel settore penale, nonostante l’altissima produttività di quei giudici, è aumentato a dismisura, non fronteggiabile con le attuali dotazioni. Mensilmente si tengono ben 480 udienze civili e penali. Forte è il disagio del personale e le proteste sindacali rischiano anche di minare i rapporti interpersonali tra dirigenti e personale subalterno oltre che di incidere negativamente sull’efficienza del servizio. c) In Lecce l’esistenza di ben sette sezioni distaccate oltre alla sede centrale rende assai problematica la gestione delle risorse, traducendosi siffatto reticolo giudiziario –la cui corrispondenza alle effettive esigenze del territorio andrebbe al più presto rivista- in un’inevitabile dispersione di energie e dotazioni, umane e materiali, che potrebbero certo essere utilizzate più proficuamente ove distribuite in maniera più concentrata. L’organico dei magistrati del Tribunale è formalmente completo. Di fatto non svolgono le funzioni quattro dei cinquantanove giudici a quell’ufficio assegnati ed il numero complessivo è comunque sottodimensionato rispetto ai carichi di lavoro e, si ribadisce, alla necessità di gestire sette sezioni distaccate. Manca il dirigente capo ed il personale di cancelleria raggiunge l’organico pieno solo considerando il personale dell’Ente Tabacchi Italiano qui comandato per un anno, salvo proroga. I fondi per l’acquisto di testi, codici e personale di cancelleria sono cronicamente insufficienti. Il taglio delle spese per l’informatica ha inciso negativamente sulla dotazione strumentale degli uffici e perfino sull’acquisto del materiale c.d. di facile consumo. Mancano auto di servizio (due sono state avviate alla rottamazione perché non catalitiche; quelle blindate – vetuste Fiat Croma- presentano gli strati di cristallo dei parabrezza scollati tra loro compromettendone la visibilità e creando pericolo per chi le guida e per chi vi è trasportato, oltre che per la circolazione tutta), fotocopiatrici, aule di udienza in numero adeguato agli impegni quotidiani dei vari uffici giudiziari e quelle esistenti sono gelide d’inverno (per l’assoluta insufficienza dell’impianto di riscaldamento) e soffocanti l’estate (per la mancanza di climatizzazione).
SEZIONE MILANO
La commissione manutenzione del palazzo di giustizia il 13 gennaio 2004 ha deliberato di non tenere la cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario nell'aula magna del palazzo di giustizia, ritenendo che le condizioni complessive dello stesso palazzo non garantissero l'incolumità delle persone che vi accedono. Era accaduto solo negli anni '80 che non fosse tenuta la cerimonia di inaugurazione, ma quella volta la scelta era della magistratura, che intendeva protestare per le condizioni di assoluta insicurezza dei magistrati impegnati nelle indagini e nei processi di terrorismo. Oggi accade solo a Milano a causa delle condizioni del palazzo di giustizia che non garantiscono la sicurezza di lavoratori e utenti. La decisione segue alla serie degli accadimenti di seguito descritti: Il 27 luglio 2003, nella tarda serata, a seguito di eccezionali eventi atmosferici, è caduto un infisso della sala posta al X piano della torre di deposito dell’Archivio notarile, provocando danni a due autovetture parcheggiate nel primo cortile di via Freguglia. Quegli eventi hanno determinato anche la rottura dei vetri di 14 finestre. Il dirigente di quell’ufficio ha attivato gli interventi diretti a ridurre le condizioni di rischio per le persone. Nella prima decade di settembre 2003, un utente del palazzo di giustizia ha segnalato al reparto Carabinieri del tribunale il distacco di alcune lastre di marmo del rivestimento di una colonna posta in prossimità delle aule della I e II sezione della Corte d’assise e i carabinieri intervenuti hanno constatato la caduta di frammenti di malta cementizia. L’area è stata transennata. Il 9 ottobre 2003, alle ore 21:00, il carabiniere in servizio presso la sezione del tribunale è stato avvisato da un cronista giudiziario della rottura di alcune lastre di vetro di copertura che costituiscono il lucernaio del III piano del palazzo di giustizia lato di via Freguglia. I Vigili del fuoco intervenuti hanno constatato il distacco di parte dell’intonaco della sovrastante struttura in muratura, ricaduta sul sottostante lucernaio rovinando sul pianerottolo posto a termine delle gradinate di vi Freguglia. Sono state rimosse le parti danneggiate ed è stata transennata la zona interessata al crollo. Il 10 ottobre quell’area (tre rampe di scale e sei mezzanini di accesso costituenti il corpo principale ed accessorio dello scalone prospiciente l’ingresso di via Fregagli 1) è stata sequestrata dal P.M. di Milano nell’ambito di un procedimento contro ignoti per il reato di crollo. Il 14, 21 e 22 novembre l’ufficio tecnico del Comune ha eseguito i lavori di rifacimento della pericolante controsoffittatura del corridoio centrale lato via Manara Il 17 novembre 2003, alle ore 11:00, al VI piano del palazzo, nell’atrio antistante l’ufficio di volontaria giurisdizione si è distaccato dai supporti il battente di una finestra, cadendo all’interno dell’edificio e colpendo al capo un utente che era appoggiato ad un leggio situato nella zona. Il medico dell’ASL ha visitato la persona, accertando un trauma cranico non commotivo in sede parietale occipitale destra. Il 17 dicembre 2003, a seguito della segnalazione del grave degrado della struttura metallica esterna prospiciente i locali della Presidenza della Corte d’appello, lato Corso di Vittoria, da parte dello stesso Presidente, il P.M. di Milano, nell’ambito del procedimento sopra citato, ha disposto il sequestro di quell’area. Il 28 dicembre 2003, alle ore 20:20 si è verificato il distacco, da un’altezza di circa 6 metri, di una lastra di marmo del rivestimento parietale prospiciente l’aula d’udienza della VII sezione penale del tribunale. I Vigili del fuoco intervenuti, oltre a transennare l’area, hanno provveduto a rimuovere una seconda lastra pericolante. A seguito dell’accertamento tecnico è stato accertato che la lastra, ancorché fissata con ganci metallici alla muratura, è precipitata con molta probabilità in conseguenza della vetustà e per l’ossidazione dei ferri di ancoraggio. L’ufficio manutenzione del Comune e il Provveditorato alle OOPP della Lombardia hanno disposto il fissaggio di tutte le lastre di marmo sconnesse poste a cornice dell’ingresso dell’aula della VII sezione penale e alla sostituzione dei vetri posti a margine del cortile della statua con materiali vinilici e al risanamento dei ferramenti in ferro. Il 29 dicembre, il P.M. di Milano, nell’ambito del procedimento sopra citato, ha disposto il sequestro dell’area posta interessata ai lavori. La soluzione adottata dalla commissione manutenzione segnala la gravità di una situazione ormai intollerabile. Questa soluzione segue alle innumerevoli denunce che la giunta milanese dell'associazione ha presentato all'opinione pubblica negli ultimi due anni, nelle quali sono state indicate: le condizioni di degrado della struttura del palazzo i ripetuti crolli che in questi mesi hanno interessato marmi, soffitti, lastroni di vetro in diverse aree del palazzo (fortunatamente verificatisi in orari notturni); la situazione di concreto pericolo derivante dalla vetustà della stessa; le intollerabili temperature alle quali personale amministrativo, avvocati e magistrati sono costretti ad operare nella stagione estiva. Tali eventi hanno reso evidente che da tempo era necessario un intervento di verifica complessiva delle condizioni di sicurezza del palazzo mentre la manutenzione è stata limitata al ripristino degli innumerevoli eventi di crollo o distacco. Ma le responsabilità non sono certo degli organi addetti alla manutenzione. Solo per una verifica affidabile delle condizioni di sicurezza del palazzo sono necessari stanziamenti nell'ordine dei milioni di euro che non sono stati assicurati dal Ministro della Giustizia, né dal dirigente del dipartimento affari generali del Ministero, neanche durante la visitaispezione del Ministro Castelli dello scorso 10 gennaio tale disponibilità di risorse è stata concretamente fornita, perché il dirigente del dipartimento dell’organizzazione giudiziaria, anch’egli presente alla visita, non ha assicurato lo stanziamento dei fondi, ribadendo quanto scritto nella sua nota del 9 gennaio, che confermava “l’abituale disponibilità di questo Ministero a fronteggiare con le risorse disponibili le future urgenze”. La decisione di non tenere presso l’aula magna l’inaugurazione dell’anno giudiziario, potrebbe essere seguita da altre delibere ancora più gravi, esistendo il rischio concreto che a Milano l’attività giudiziaria ordinaria sia sospesa perché le condizioni di degrado del palazzo di giustizia non garantiscono l’incolumità di lavoratori ed utenti del servizio. Alla denuncia dello stato dell’edilizia nel palazzo milanese, segue quella, comune a molti altri distretti, connessa ai tagli della Finanziaria che ha reso ancora più allarmanti e gravi le carenze del personale amministrativo e l'indisponibilità di risorse materiale. La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano ha denunciato che il rapporto tra magistrati e amministrativi effettivamente in servizio è all’incirca la metà di quello di altri grandi uffici requirenti (secondo i dati indicati nel documento sono presenti a Milano 2,15 amministrativi per 1 sostituto, mentre a Roma, Napoli, Palermo e Torino il rapporto varia tra 4:1 e 6,5:1). Infatti l’organico del suddetto personale amministrativo consta, a prescindere dalle qualifiche, di 435 unità, ma, come si ricava dall’allegato prospetto, le vacanze sono allo stato 94 e ben 123 sono coloro che, per distacco, applicazione ad altri uffici, maternità, aspettative etc. non prestano servizio presso l’ufficio o lo prestano in modo molto ridotto. Di fatto, dunque, manca l’apporto alla Procura del 50 % del personale amministrativo. La situazione è analoga per gli uffici giudicanti, in cui ugualmente il numero di impiegati amministrativi in servizio è del tutto insufficiente a garantire ai giudici di svolgere con efficacia le funzioni giudiziarie Non basta: manca perfino il materiale di cancelleria, la carta per la stampa degli atti, e addirittura il carburante delle autovetture di servizio, che i magistrati devono anticipare, sperando nel successivo rimborso.
SEZIONE DI NAPOLI
A fronte di un originario disegno volto alla riunione di tutti gli uffici giudiziari napoletani all’interno della cittadella giudiziaria del Centro Direzionale di Napoli, continua a persistere una separatezza logistica tra settore civile e settore penale del Tribunale di Napoli: contribuendo ad ingenerare confusione in chiunque – privato cittadino o rappresentante del ceto forense – debba accostarsi all’ufficio giudiziario napoletano, facendo accrescere quella sensazione di incomprensibilità del pianeta giustizia che si registra in molte componenti della società civile. A ciò va, purtroppo, aggiunto che la situazione di degrado delle diverse sedi giudiziarie che ospitano il Tribunale di Napoli ha raggiunto livelli inimmaginabili. E’ ormai notoria, quanto al settore civile, la situazione di invivibilità che caratterizza da tempo gli edifici di Castel Capuano e Piazza San Francesco. Detta situazione è stata documentata dalla Giunta distrettuale nel dossier fotografico consegnato al rappresentante del Ministro della Giustizia in occasione della passata cerimonia d’inaugurazione dell’anno giudiziario. A Napoli non solo risultano assenti quelle minime condizioni di decoro e di sicurezza che dovrebbero comunque accompagnare l’esercizio dell’attività giurisdizionale, ma vige una situazione di evidente precarietà di tutta una serie di servizi che dovrebbero essere garantiti in ogni luogo di lavoro (tra i quali, a mero titolo esemplificativo, un adeguato ed efficiente impianto di riscaldamento e dei decenti servizi igienici). Frequentissimi sono, inoltre, i black out dell’energia elettrica a causa di impianti fatiscenti, cui si è aggiunto, poi, per svariati mesi, anche la inutilizzabilità, in Castel Capuano, dei servizi telefonici a seguito di un incendio della centralina verificatasi mesi or sono (in proposito, vale la pena di sottolineare che il ripristino del servizio è avvenuto non con il pur doveroso acquisto di una nuova centralina telefonica in luogo di quella irreversibilmente danneggiata, ma soltanto grazie all’espediente di trasferire presso la sede di Castel Capuano la centralina dell’edificio di Piazza S. Francesco, privata di parte di quelle linee telefoniche di cui poteva fruire in passato). Non si può tralasciare, infine, di evidenziare la diffusa precarietà strutturale degli altri immobili testimoniata dallo sgombero, disposto ad horas dai Vigili del Fuoco (a seguito dei noti eventi sismici dell’ottobre del 2002), dei locali siti al V piano dell’edificio di piazza S. Francesco e dalla dichiarata inagibilità del fabbricato di piazza E. De Nicola, già sede degli Ufficiali Giudiziari addetti alla Corte di Appello di Napoli. Merita, in ogni caso, particolare attenzione la situazione di estrema gravità in cui versano gli uffici di Piazza San Francesco: il quadro fessurativo relativo alle lesioni subite dall’edificio, unitamente al pericoloso “carico d’incendio” nei locali dell’archivio (segnalato dai Vigili del Fuoco in occasione dell’evento sismico dell’ottobre 2002) ed alla pessima situazione igienico-sanitaria e di sistemazione degli uffici – aule di udienza, cancellerie, stanze per il personale amministrativo – fanno dell’edificio di Piazza S. Francesco una vera e propria pecora nera dell’edilizia giudiziaria napoletana. Sembra assurdo assistere al quotidiano utilizzo di uno stabile che presenta lesioni strutturali così imponenti, e che avrebbero indotto qualsiasi datore di lavoro di buon senso a sgombrare l’immobile, per evitare inutili situazioni di pericolo. Solo apparentemente la situazione del Nuovo Palazzo di Giustizia al Centro Direzionale di Napoli si presenta migliore, in quanto una crescente inerzia nella gestione della manutenzione di tale complesso immobiliare sta determinando uno stato di decadimento difficilmente sanabile se non arrestato per tempo. Rientrano, ormai, nella casistica giornalistica episodi singolari che non dovrebbero verificarsi in edifici di così recente costruzione, quali, tra gli altri, frequenti “blocchi” di alcune ascensori indispensabili per il raggiungimento degli uffici ubicati nelle famose Torri, gocciolamento di acqua piovana nella cd. piazza coperta e finanche nelle stanze destinate alle camere di consiglio. A ciò devono aggiungersi i disagi arrecati, in un recente passato, dallo stato di agitazione proclamato di recente dal personale addetto alla manutenzione degli edifici giudiziari, che ha provocato, per alcuni giorni, il mancato funzionamento di quasi tutti gli impianti a servizio tanto del Nuovo Palazzo di Giustizia che di Castel Capuano. Assenza di riscaldamento, limitatissima erogazione dell’energia elettrica, impraticabilità degli ambienti privi di luce esterna come i diffusissimi corridoi ed i servizi igienici, hanno costretto il Procuratore Generale presso la Corte di Appello a vietare, opportunamente, l’ingresso del pubblico negli uffici allocati nelle Torri del NPG per evidenti motivi di sicurezza (dagli ascensori si usciva nei vari piani nel buio più assoluto); tutto ciò ha determinato ritardi nelle udienze e persino, in alcuni casi, la sospensione della normale attività giudiziaria. Tali disagi, gravissimi perché incidenti sul regolare svolgimento delle udienze sì da provocare rinvii di processi, anche in materie particolarmente delicate come quelle di criminalità organizzata, avrebbero certamente potuto essere evitati se solo il Ministero della Giustizia, nonché l’Ufficio Speciale per la Manutenzione degli Uffici Giudiziari, posto ormai alle dirette dipendenze del Dipartimento dell’Organizzazione Giudiziaria del Ministero, avessero seguito più accuratamente ed assiduamente tutte le fasi connesse alla definitiva stipula del contratto d’appalto per la manutenzione degli edifici giudiziari napoletani, come doverosamente si sarebbe dovuto fare attesa la rilevante importanza dell’oggetto del medesimo. Ma ciò che desta maggiore sconcerto, a fronte della grave realtà di complessivo degrado e di evidenti carenze igienico-sanitarie dell’edilizia giudiziaria napoletana, è il tenore delle dichiarazioni rese in prima persona dal Ministro della Giustizia che, sollecitato a rendere chiarimenti in proposito in occasione di una importante seduta del plenum del Consiglio Superiore della Magistratura, ha voluto sostenere che il capoluogo campano gode di una efficiente cittadella giudiziaria, da considerare un modello per l’Europa. Preoccupanti difficoltà di carattere logistico sono avvertite anche in altri uffici giudiziari del distretto. Presso il Tribunale di S. Maria Capua Vetere, la giurisdizione civile viene esercitata a livello “domestico”, nel senso che la sede è allocata in un vero e proprio fabbricato per civili abitazioni anziché in un edificio destinato ad un pubblico ufficio. Problematica è, poi, la situazione del Tribunale di Nola, dove gli insufficienti spazi assegnati agli uffici giudiziari sono irrazionalmente divisi tra edifici a distanza notevole tra di loro e particolarmente precaria si presenta la vivibilità della sede di Via Cimitile (sede dell’ufficio GIP e della Sezione Lavoro) dove d’estate il calore rende insopportabile la presenza nel fabbricato e di inverno si è costretti a lavori con il soprabito indosso. Carenze sono state, inoltre, segnalate negli uffici del Tribunale di Torre Annunziata, dove di recente le udienze preliminari sono state tenute negli studi dei singoli magistrati, con tutte le consequenziali aberrazioni in termini di sicurezza. La Giunta distrettuale, poi, in una recente visita agli uffici giudiziari di S. Angelo dei Lombardi, ha potuto direttamente verificare come i locali uffici del Tribunale e della Procura della Repubblica non siano serviti da alcun sistema di sicurezza: all’ingresso manca un metal detector, e non è previsto neanche un controllo documentale del pubblico, sicché chiunque può entrare negli uffici senza alcuna verifica; non è previsto inoltre un servizio di vigilanza negli orari notturni.
SOTTOSEZIONE DI ORISTANO
La Sez. distaccata di Sorgono accusa una forte carenza di personale amministrativo, costituito attualmente da due cancellieri e un commesso. Occorrono (quantomeno) un ufficiale giudiziario per le notifiche degli atti e un funzionario con il compito e la responsabilità di dirigere l'ufficio. Vi sono gravi carenze del più elementare materiale di cancelleria, telefoni ed i computer in dotazione agli uffici non sono collegati a Internet ed alla rete ministeriale intranet. Non é stato realizzato l'inventario dei beni mobili, né sono state svolte le altre procedure necessarie per lo smaltimento di mobili inutilizzabili e scarti d'archivio che ingombrano i locali da tempo immemorabile, rendendo inutilizzabili un'aula d'udienza e diversi uffici.
SEZIONE PALERMO
Urgente è la necessità di provvedere alla copertura degli organici e soprattutto al loro adeguamento ai carichi di lavoro indotti dalla accresciuta complessità della realtà sociale che determina un esponenziale ricorso alla giurisdizione e dalla presenza, in tutto il territorio del distretto, di un’agguerrita criminalità organizzata di tipo mafioso. In un distretto, quale quello di Palermo, fortemente caratterizzato dalla pervasiva presenza della mafia, la difettosa amministrazione della Giustizia, venendo percepita dal cittadino come una sorta d'incapacità dello Stato di assicurare una rapida, efficiente e dunque effettiva e sicura tutela giurisdizionale, si traduce di fatto in una causa accrescimento del potere e del consenso di Cosa Nostra. Si rende, dunque, indilazionabile non solo la copertura dei posti vacanti ma il nuovo dimensionamento degli organici considerando che il Distretto per fronteggiare la “questione mafia” deve istruire e celebrare processi aventi dimensioni ponderose sia sotto il profilo della qualità che del numero degli imputati detenuti, con conseguenze sull’intera struttura facili da immaginare. La situazione è, peraltro, aggravata dai frequenti trasferimenti di magistrati disposti senza contemporaneo rimpiazzo, che, specie negli uffici di modeste dimensioni, provocano evidenti disfunzioni cui si aggiunge sovente nel penale l’ulteriore devastante conseguenza dell’annullamento dell’attività dibattimentale compiuta ove le parti non consentano alla sua utilizzazione innanzi all’organo giudicante diversamente composto. L’attuale generale disciplina delle incompatibilità rende, inoltre, sempre più difficile costituire i collegi, specialmente per i reati più gravi, ed impone spesso la necessità di trarre i componenti del collegi da più sezioni diverse di uno stesso ufficio giudiziario, comportando così gravi inconvenienti per la funzionalità delle sezioni di provenienza e forti ritardi nella definizione del processo. Per effetto delle recenti modifiche in tema di giudizio abbreviato, si è assistito ad un aumento del carico di lavoro del G.U.P. su cui sono venuti a gravare una serie di processi spesso concernenti reati di competenza della Corte di Assise senza che, parallelamente, si sia posto mano ad un potenziamento degli organici, che sono sottoposti ad uno sforzo insostenibile. In particolare, stridono palesemente con la crescente importanza e l’aggravio di compiti che le recenti riforme processuali assegnano alla funzione giurisdizionale preliminare, le attuali condizioni della sezione G.I.P./G.U.P. del Tribunale di Palermo sia per la sproporzione tra il numero dei magistrati in forza alla sezione e quelli (giustamente) assegnati alla locale Procura della Repubblica sia per l’assoluta inadeguatezza numerica del personale di cancelleria rispetto all’enorme mole di adempimenti che la trattazione degli affari assegnati all’ufficio impone. Pur trattando quotidianamente processi in cui è necessario il video-collegamento a distanza l’ufficio, non disponendo di una propria aula dotata delle relative strutture tecniche, è costretto a confrontarsi con difficoltà organizzative enormi per conciliare la necessaria celerità con cui trattare delicati processi con imputati detenuti, con la disponibilità dell’apposita aula, gli impegni degli imputati in altri processi e gli impegni dell’ufficio medesimo. Per converso, la situazione del personale amministrativo non appare diversa, essendo altrettanto evidente l’inadeguatezza dell’attuale organico rispetto all’elevato numero di delicati adempimenti da assolvere quotidianamente. Analoghe considerazioni valgono per gli altri uffici giudiziari del distretto per il costante, negativo rapporto tra la enorme mole di lavoro ed i mezzi offerti per celebrare i processi in tempi rapidi: alla carenza e sottodimensionamento dell’organico della magistratura si aggiunge anche quello del personale di cancelleria che, sia per l’esiguo numero di persone, che, specialmente, per la mancanza di mezzi finanziari (fondi per lo straordinario) non è più in grado di assicurare il numero di udienze che sarebbe necessario per concludere celermente i processi di maggiore rilievo. La stessa carenza di adeguate dotazioni finanziarie ha del tutto cancellato la possibilità di ricorrere ai contratti di diritto privato per le trascrizioni dei verbali di udienza, esponendo i singoli magistrati, necessitati a nominare i periti trascrittori per i singoli processi, a responsabilità contabile donde la necessità di dovere spesso optare per la verbalizzazione sintetica, con conseguente rallentamento dei tempi della udienza. E’ triste evidenziare che molti magistrati si sono visti negare anche la carta per la stampante o altri generi di cancelleria di prima necessità (carta, penne, spillatrici, cartucce per le stampanti e quant'altro), senza dire che non ci sono soldi per l’acquisto di nuovi codici né disponibilità finanziarie per abbonamenti a riviste specializzate o per l'acquisto di libri. Le autovetture assegnate ai vari Uffici rischiano di fermarsi per mancanza di fondi per il pagamento della benzina, delle riparazioni di cui continuamente necessitano, stante l’assoluta vetustà del parco macchine, degli straordinari dei pochi autisti giudiziari in servizio. La progressiva riduzione del personale nelle segreterie delle Procure, unitamente alla mancanza di fondi per lo straordinario, è una delle causa dell'arretrato, se si considera le funzioni alle quali dovrebbe assolvere: iscrivere i dati nel registro generale, aggiornare direttamente i registri, fascicolare, indicizzare, inoltrare le deleghe, oltre a redigere una pluralità di atti nella vita ordinaria del procedimento, e naturalmente fare migliaia di fotocopie. Non sono presenti, da tempo, i dattilografi, incaricati anche del servizio fotocopie, mentre in alcune Procure del Distretto si tenta di sopperire alla carenza dei commessi con LSU (lavoratori socialmente utili) che sono impiegati per poche ore al giorno e dei quali non è possibile verificare i precedenti penali. Le fotocopiatrici sono un bene in via di estinzione; quelle che rimangono spesso necessitano di costose riparazione alle quali non si può fare fronte per mancanza di fondi: si opera quindi in condizioni di enorme disagio senza fascicolatore, senza la possibilità di copie fronte - retro, fotocopiando solo a singole pagine anche quando, di regola, necessitano migliaia e migliaia di copie. E’, purtroppo, un dato e una costante che anche la giurisdizione civile rappresenti attualmente una risorsa insufficiente al bisogno: profondamente modificata da incisive riforme, continua purtroppo ad essere caratterizzata da inefficienze e ritardi per l'enorme sproporzione esistente tra il carico di lavoro e l'esiguo numero dei giudici e dei loro ausiliari, gravati da un numero sempre crescente di incombenze. Si assiste ancora allo spettacolo mortificante di un giudice senza cancelliere, in attesa di ascoltare testimoni spaesati, sfiniti da lunghe attese, sommerso dalle carte ed attorniato da avvocati impegnati nella faticosa ed umiliante ricerca di fascicoli e controparti, tutti alle prese con verbali scritti a mano, con documenti che non si trovano; di un giudice costretto, infine, a rinviare i processi di mesi o addirittura di anni nonostante tratti centinaia di cause a settimana e scriva finanche cinquecento sentenze all’anno. Il dato organizzativo - legato alla incongruenza delle risorse umane e materiale destinate al settore - ha in pratica vanificato i benefici ipoteticamente ricollegabili alle innovazioni ordinamentali e procedurali che hanno ridisegnato il sistema processuale civile.
SEZIONE PIEMONTE E VALLE D’AOSTA
Le maggiori disfunzioni sono addebitabili alla scopertura dell’organico del personale amministrativo pari al 12 % circa, a cui occorre aggiungere l’ulteriore dato derivante dalla sottrazione ai 744 presenti di quelli in assenza temporanea per malattia, aspettative varie, maternità e i, non pochi, che fanno orario part-time, orizzontale e verticale). Tale situazione ha comportato che dopo anni di estreme difficoltà logistiche – per aule insufficienti e magistrati in numero non adeguato, reso operativo il nuovo Palazzo di Giustizia, da circa un anno si è dovuto limitare il numero delle udienze dibattimentali, non più di 12 per settimana per sezione (le 4 sezioni dibattimentali penali sono attualmente composte di 8 giudici ed un presidente) perché il personale amministrativo non è in grado di reggerne, per tutti gli incombenti pre e post udienza, un numero superiore, pena l’incremento a dismisura di un arretrato che determina una strozzatura tra I e II grado solo foriera di fissazioni tardive e prescrizioni. Il risultato davvero paradossale è che nel distretto di Torino ci sono aule e giudici penali parzialmente inutilizzati a fronte di un arretrato di fascicoli che arriva dalla Procura –soprattutto per i processi monocratici a citazione diretta, che sta letteralmente sommergendo le cancellerie delle diverse sezioni, facendo attendere i cittadini (imputati, parte lese e testi) ed avvocati con buone prospettive, se il trend continua, di finire prima o poi davanti a Strasburgo o in legge Pinto per “irragionevole durata del processo”. Analoga situazione di sofferenza viene evidenziata dalla sezione GIP-GUP, dove i tagli apportati negli ultimi anni alla spesa destinata alla amministrazione della giustizia hanno comportato due importanti conseguenze: il personale trasferito o cessato dal servizio da tempo non viene sostituito e gli interventi di riparazione e/o sostituzione di materiale usurato oppure inadeguato (armadi – fax - impianti di audioregistrazione - sistemi di registrazione portatili - fotocopiatrici insufficienti, assenza di locali da attrezzare per le audizioni protette che vengono svolte all’esterno con costi notevoli per l’Erario) non sempre avviene con la necessaria tempestività. La produttività dei giudici rimane attestata su livelli elevati, come dimostrano i dati statistici, e l’ineffettività delle decisioni giudiziarie trova origine in queste disfunzioni, incolpevoli in quanto determinate dalla carenza di risorse. Grave anche la situazione dei pagamenti dei servizi di registrazione e trascrizione udienze dibattimentali (appaltati per gli uffici di Torino a ditte private), che per i soli uffici di Torino, é la seguente: gli ultimi pagamenti eseguiti risalgono all’aprile del 2003; le ditte interessate vantano un credito, ad oggi, di circa € 215.000,00. Sono da tempo esauriti anche i fondi per comprare le cassette su cui registrare le udienze e sino ad ora si é fatto fronte riciclando le cassette già usate, ma la cosa non può durare all’infinito. In molte aule gli apparecchi di registrazione sono “obsoleti”, subiscono spesso inceppamenti e manca ogni seria e adeguata manutenzione. Gli stessi operatori delle ditte provvedono come possono, col personale di assistenza alle udienze, ad interventi di ripristino e piccola manutenzione, ovviamente senza essere per ciò retribuiti. La prospettiva a breve, se non vi saranno novità, é quella di sospendere il servizio o limitarlo ulteriormente ai casi assolutamente imprescindibili.
SEZIONE DI ROMA
Gli uffici giudiziari di Roma hanno dimensioni mastodontiche ed il Tribunale di Roma è il più grande d’Europa e forse del mondo. Gli uffici sono dislocati in varie località della città, alcune sufficientemente vicine, altre lontanissime tra loro: Corte di Cassazione: a piazza Cavour. Corte d’Appello Civile: a via Rossetti. Di recente è stato consegnato un grosso edificio nelle vicinanze, ma non è utilizzabile perché gli arredi non sono stati acquistati per mancanza di fondi. Corte d’Appello penale: nell’edificio B della città giudiziaria di Piazzale Clodio. Procura Generale della Corte d’Appello: a Piazza Adriana. Ufficio di Sorveglianza: a Piazza Adriana. Tribunale Civile: in vari edifici di via Giulio Cesare e via Lepanto. Tribunale Penale: dislocato in due diversi edifici, A e B della città giudiziaria di Piazzale Clodio. Sezione Lavoro: attualmente, a causa del crollo di alcuni controsoffitti, che hanno procurato la sospensione di alcune udienze, magistrati addetti alla sezione tengono udienza ospitati nelle stanze di altre sezioni con forte disagio di tutti. Corti di Assise: dislocate a Piazzale dei Gladiatori (Foro Italico) ed a Rebibbia. Giudici di Pace Civile: a via Teulada. Giudici di Pace Penale: in via Lepanto. La dislocazione degli uffici in tante zone spesso lontane tra loro, comporta comprensibili disagi per tutti ed uno spreco enorme di energie. I fascicoli vengono spostati di continuo da un edificio ad un altro e sovente da un quartiere all’altro della città. Utenti e avvocati sono costretti a viaggiare da un punto all’altro della città, attraversando le zone dal traffico più congestionato e caratterizzate da una cronica mancanza di parcheggi. Questa dispersione non è compensata da alcun vantaggio: nel tribunale civile di Roma nessun magistrato può usufruire di una struttura tutta sua. A nessun magistrato è assegnata una stanza tutta sua ed ognuno tiene udienza in stanze che utilizza a rotazione con altri colleghi. Nessuno ha una stanza dove poter studiare i fascicoli ed ognuno provvede da sé a trasportare i fascicoli a casa propria per la redazione delle sentenze. Nelle sezioni penali la situazione è analoga: i magistrati sono stipati persino in tre in una stanza per studiare i fascicoli che, dato il numero e la quantità di provvedimenti da adottare, non è assolutamente possibile trasportare ogni volta a casa. Per la redazione delle sentenze, che richiederebbe concentrazione e tranquillità, tutti trasportano da soli i fascicoli a casa. Le aule di udienza sono lontane dalle stanze dei magistrati e vengono utilizzate a turno da più magistrati, il che rende impossibile attrezzarle con codici, testi di diritto, moduli, ecc. Tutti i magistrati del settore penale si sono muniti di valigie a rotelle per trasportare in udienza codici, testi, moduli. Ogni mattina si assiste al curioso viaggio da un edificio all’altro di magistrati che, con la toga al braccio, raggiungono la propria aula trascinando la valigia con il kit di udienza personale. A questo si aggiunga una cronica insufficienza di personale amministrativo. Nel tribunale civile è impensabile che il magistrato, durante la sua udienza, possa essere assistito da un addetto di cancelleria: egli aggiorna personalmente il ruolo, estrae i fascicoli dal mucchio, verbalizza da solo, sovente con l’aiuto degli avvocati. Al penale sarebbe impossibile celebrare l’udienza senza assistente; peraltro la documentazione fonografica delle udienze (assolutamente indispensabile in un processo basato sull’esame diretto delle parti) è affidata a cooperative esterne che vengono pagate con ritardi di mesi e mesi. Di recente il servizio di stenotipia , per protesta contro le inadempienze del ministero, è stato per qualche tempo sospeso. Per il trasporto dei fascicoli, di cui si è segnalata la mole incredibile di movimentazioni, non c’è personale a sufficienza. Capita spessissimo che la consegna dei fascicoli alle aule venga effettuata non dai commessi addetti, ma da funzionari di cancelleria se non dagli stessi magistrati. Per questo servizio mancano le strutture più elementari: basti pensare che per il trasporto dei fascicoli vengono utilizzati carrelli da supermercato che non si sa bene come siano pervenuti nei vari uffici. L’informatica, che potrebbe dare un enorme sollievo a tutte le procedure, non riesce a decollare per cronica mancanza di personale in grado di aggiornare i data-base e di dedicare tempo all’apprendimento di programmi ed applicazioni. Il personale è appena sufficiente ad affrontare l’emergenza quotidiana ed ogni volta che si tenta di introdurre innovazioni o sperimentazioni si pagano prezzi altissimi sul rendimento immediato. Nel penale la carenza di personale si fa particolarmente sentire alla fine del processo. Tempi biblici per notificare la sentenza alle parti, lungaggini clamorose per consegnare i fascicoli ai giudici delle impugnazioni, giacenze incredibili dopo il passaggio in giudicato della sentenza che spesso porta alla prescrizione delle pene inflitte ed alla mancata esazione delle sanzioni pecuniarie. E’ evidente che si tratta di carenze tutte al di fuori della portata degli interventi dei magistrati. I capi degli uffici hanno speso quasi tutte le loro energie per affrontare le tremende carenze di mezzi e di personale, andando ben oltre i compiti loro affidati, affrontando umilianti questue presso gli uffici ministeriali, nel tentativo di dare un minimo di efficienza ad una struttura che soffre da tempo di paurose carenze di risorse. Allarmante a Roma, come si è accennato, è la questione relativa alla sicurezza ed alla stabilità dell’edificio sito in Viale Giulio Cesare n. 54 ove operano i magistrati della III sezione civile e della IV sezione lavoro del Tribunale. Si tratta di edificio originariamente utilizzato come caserma e successivamente mutato nell’uso attuale; tale mutamento di destinazione d’uso, però, è stato di recente oggetto di attenzione del Genio Civile che, nella primavera dell’anno 2003, ha effettuato un sopralluogo verificando l’esistenza di problemi di staticità, evidenziati da “crepe” comparse sui muri delle stanze. Vi è stata, di conseguenza, una “raccomandazione” finalizzata ad evitare che il peso sia dei fascicoli sia del pubblico - che numerosissimo visita l’ufficio (basta pensare alla consultazione dei fascicoli, all’estrazione di copie di atti e documenti, nonché di dispositivi e sentenze, all’affluenza nei giorni di udienza che comporta lo stazionamento di decine e decine di persone in corridoi assai angusti , senza sbocchi di aria) - avvenga con modalità tali da non comprometterne la stabilità. Di qui alcune rivendicazioni delle cancellerie che, in particolare al I ed al II piano, hanno ottenuto spazi ampi per una diversa distribuzione fisica dei fascicoli , sottraendo aule all’uso dei magistrati, costretti invero a tenere udienza in aule di ridottissime dimensioni. Durante il fine settimana del 1° novembre (“fortunatamente” durante i giorni festivi di chiusura dell’ufficio) vi è stato il crollo del controsoffitto sito nel corridoio sinistro del secondo piano, ove sono pure collocate alcune aule di udienza e di lavoro. In sostanza, vi è stata una enorme perdita di acqua dalla mansarda tale da provocare un’infiltrazione attraverso il pavimento e poi lungo le pareti, sicché le piastrelle di “cartongesso” collocate nel controsoffitto si sono “gonfiate” come spugne e poi “disintegrate” cadendo a terra. Il corridoio e le stanze sia di udienza che di cancelleria (alcune anche allagate, con acqua sui fascicoli, sulle sentenze nonché sui computer) sono divenute inagibili, con la conseguenza che le udienze - per i magistrati di tale lato dell’edificio – sono state sospese dal giorno 4 al giorno 8 Novembre. Attualmente la situazione è la medesima, con la prospettiva di una sospensione delle udienze per i lavori per almeno due mesi, con giudici “itineranti”, privi di stanze per lo studio e di strumenti di lavoro, con aule di udienza da reperire non si sa bene dove e quando. Sollecitato dal Presidente del Tribunale, il Genio Civile ha provveduto al transennamento ed alla chiusura “temporanea” di tutta l’ala sinistra dell’edificio, a partire dal piano terreno fino all’ultimo piano. I giudici della III e IV sezione che ivi alloggiavano sono stati “atomizzati”, reperendo faticosamente aule presso altre sezioni del Tribunale Civile Ordinario nell’edificio in Via Lepanto . Sono aule fornite “in prestito” e da restituire quanto prima, stante le doglianze dei colleghi che, a loro volta, si sono dovuti trasferire. Dal 9 dicembre 2003, dopo una sospensione delle udienze disposta dal Presidente del Tribunale e proseguita per circa un mese, i magistrati sono andati a svolgere le loro funzioni “provvisoriamente” in tali sedi, senza alcun supporto di cancelleria e con infiniti problemi di trasporto dei fascicoli da un edificio ad un altro, affidato a facchini coordinati da un commesso della sezione. Le condizioni di lavoro risultano, allo stato, non solo faticose ma quasi impossibili anche per chi è rimasto in V.le Giulio Cesare: non vi è più per alcun magistrato un locale dignitoso ed adeguato dove studiare i fascicoli, essendo tutti privi di un’aula propria. Ulteriore conseguenza è l’impossibilità – anche in termini di spazio – di avere a disposizione i fascicoli nelle dette aule, se non per il tempo strettamente necessario per lo svolgimento dell’udienza: in tali condizioni non è possibile studiare, effettuare ricerche e utilizzare i mezzi informatici (lì ove a disposizione e se funzionanti) per preparare l’udienza. I magistrati, per lo più, si sono organizzati studiando nelle cancellerie al pomeriggio, in assenza del personale amministrativo. Non si conoscono, allo stato, i tempi di realizzazione dei lavori di “adeguamento” dei locali alle condizioni di sicurezza imposte dalla legge: da notizie ufficiose si è appreso lo stanziamento dei fondi per l’esecuzione dei lavori che, attualmente, sono limitati al “puntellamento” dei solai, senza, però, alcuna garanzia in ordine al ripristino della situazione antecedente.
SEZIONE DI SALERNO
Sussistono notevoli problemi concernenti la sicurezza degli uffici giudiziari Il problema concerne soprattutto il settore civile del Tribunale di Salerno che è costretto a operare in strutture, anche esterne alla sede centrale del Palazzo di Giustizia, apparenti del tutto inadeguate a garantire una decorosa amministrazione della giustizia. Le condizioni di lavoro, pertanto, sono sicuramente inaccettabili sia per il personale amministrativo, sia per il personale di Magistratura, e comportano gravi problemi anche per gli avvocati e per gli utenti, in generale, del Servizio Giustizia. La mancanza di adeguati impianti di riscaldamento e/o di condizionamento e la carenza di adeguate aule di udienza, d’altra parte, costituiscono alcune delle tante spie di questa situazione di disagio. Il tema dell’edilizia giudiziaria riveste, quindi, un carattere preminente soprattutto per il settore civile del Tribunale di Salerno che opera in strutture sicuramente non adatte al tipo di servizio che occorre fornire alla comunità. Non si hanno, peraltro, allo stato notizie precise in ordine al corso dei lavori riguardanti la costruzione della cittadella giudiziaria. Altro gravissimo problema è costituito dal sottodimensionamento dell’organico di Magistratura in particolare del Tribunale di Salerno che incontra notevoli problemi nel garantire una adeguata copertura di tutti gli Uffici. Non va taciuto, per il settore penale, che il Distretto di Salerno comprende aree territoriali affette da gravissimi problemi di criminalità organizzata (Agro Nocerino-sarnese, Piana del Sele). La litigiosità nel settore civile, peraltro, è notevolissima e il carico di lavoro è sicuramente eccessivo rispetto al numero di magistrati e alle unità di personale amministrativo disponibili. La ristrettezza dell’organico pone, d’altra parte, gravi problemi anche in relazione alla organizzazione delle Sezioni Distaccate del Tribunale di Salerno che sono ben cinque e talune anche di dimensioni notevoli (si pensi, in particolare, alla Sezione Distaccata di Eboli). I Tribunali siti fuori della sede del Distretto, d’altra parte, sono ugualmente afflitti da gravi problemi organizzativi anche connessi con la ampiezza del territorio coperto.
SEZIONE DI VENEZIA
Nell’articolo apparso sul “Il Sole 24 ore nordest” del 7.11.2003 venivano evidenziate le notevoli carenze d'organico degli uffici giudiziari del Veneto; in particolare, si contano 8 magistrati ogni 100 mila abitanti in una regione tra le più dinamiche d’Italia, che non ha visto evolversi il sistema giudiziario in parallelo con la crescita economica, la quale ha segnato inevitabilmente una più pressante domanda di giustizia. Nel 2002 la sezione veneta dell’ANM ha redatto un libro bianco sulla giustizia nella regione ed il quadro che emerge “mostra poche luci e molte ombre”. I disagi maggiori sono a Treviso ed a Vicenza, due province che hanno visto uno sviluppo economico straordinario ed un’evoluzione parallela del contenzioso, senza che le strutture della giustizia tenessero il passo. Per non parlare di Venezia, dove già la logistica, con la ripartizione tra centro storico e terraferma, è un problema significativo. Una situazione simile si riscontra considerando il personale amministrativo in dotazione agli uffici giudiziari del Veneto, dove le scoperture di organico arrivano al 30-35%, con casi limite nei quali la stessa attività processuale è impedita dalle assenze. E la Finanziaria 2004 ha confermato il blocco totale delle assunzioni. Quanto alle spese materiali, i fondi 2003 si sono ben presto esauriti e da Venezia è stata diramata una circolare che invita a ridurre le spese, dalla rendicontatone stenotipica alla carta per fotocopie fino alla carta igienica. Si segnalano inoltre le disfunzioni che da un anno si verificano in numerosi Tribunali (Venezia, Treviso) ed anche in Corte d'Appello, per la mancata assistenza degli ufficiali giudiziari alle udienze penali. Si tratta di un problema anche di altre sedi giudiziarie, al quale bisognerebbe porre rimedio prima che la soluzione di celebrare udienze dibattimentali con l'assistenza "di chi capita" nelle funzioni non del tutto marginali dell'ufficiale giudiziario diventi prassi consolidata from http://www.anm-palermo.com/principale.htm |
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