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Manuale per una lettura critica dei mediaINDICE
INTRODUZIONE A) STRUTTURAZIONE DELL’INFORMAZIONE NEL PERIODICO 1.
Localizzazione ed estensione della notizia 2. Contorno/cornice nella quale è inserita la notizia 3. Fotografie ed altro materiale grafico 4.
Strutturazione di una notizia: la “Piramide rovesciata” B) IL LINGUAGGIO 1. Il
linguaggio scritto 2. Il
linguaggio delle immagini 3. Il linguaggio dei numeri C) CONTENUTO DELL’INFORMAZIONE 1. Selezione ed uso delle fonti di informazione 2.
Informazione falsa 3.
Selezione degli argomenti di informazione
INTRODUZIONE
Oggi giorno l’opinione pubblica costituisce un elemento fondamentale per la stabilità o l’instabilità del sistema. E in una società mediatica “l’opinione pubblica si forma giorno dopo giorno mediante il continuo bombardamento dei mezzi di comunicazione. La verità è ciò che loro ci propongono come verità. Ciò che non è riportato dalla stampa non esiste, e quello che esiste è solo nella forma in cui appare in essa”. L’importanza dei media da luogo, da un lato ad un forte controllo su questi da parte di chi ha potere, ma, contemporaneamente, alla necessità che questo controllo passi inosservato per mantenere l’apparenza di libertà di informazione, imprescindibile perché si possa considerare una società come democratica. Un terzo aspetto è che la maggior parte dei media siano aziende, da cui derivano obbiettivi commerciali che vanno ad influire anch’essi sulla loro linea informativa. Il risultato dell’unione di questi tre obbiettivi è la configurazione di un sistema di manipolazione ampio e sottile, a volte contraddittorio, ma che generalmente più che informare pretende imporre una realtà mediante opinioni e valorazioni presentate come verità indiscutibili. La raccolta di queste tecniche di disinformazione è frutto di tre anni di lavoro del Gruppo di Apprendistato Collettivo (GAC) di Comunicazione Popolare, nell’ambito del progetto educativo e sociale della Scuola Popolare di “Prosperidad”. Tre anni analizzando in maniera critica numerose notizie di stampa estratte dai principali periodici nazionali spagnoli, di modo che, giorno dopo giorno, abbiamo definito ed elaborato criteri e conclusioni che adesso vi presentiamo sotto la forma di queste tecniche. Tutte queste sono apparse in maniera chiara e ripetitiva, isolate o combinate fra loro. Molte di loro possono essere applicate ad altri mezzi, TV o radio, anche se non alla lettera, perché ogni mezzo di comunicazione possiede i suoi strumenti di disinformazione dovuti alle proprie caratteristiche differenti dagli altri. La soggettività è inevitabile in ogni prodotto culturale per cui, anche pretendendo dare una visione neutra ed imparziale della realtà, questa non potrà mai essere totalmente oggettiva. La maniera migliore di avvicinarsi all’oggettività è mostrando la realtà da differenti punti di vista, raccogliendo informazione su uno stesso tema a traverso fonti distinte e con differenti posizioni su di esso. Dunque è precisamente in questo punto dove risiede un primo e fondamentale elemento di manipolazione da parte dei media: la sua pretesa di oggettività, l’inganno di offrirci la loro visione della realtà come se si trattasse della realtà stessa, e nascondendo sempre gli interessi che difendono. Per fare una lettura critica dell’informazione, presumibilmente oggettiva, è fondamentale conoscere gli interessi ai quali rispondono coloro che ti offrono questa informazione. La “realtà virtuale” costruita dai media è quindi parziale e obliqua. Generalmente questi danno copertura e priorità ai punti di vista di coloro che ostentano i poteri politico ed economico (aziende, grandi partiti politici, governo, grandi sindacati, ecc.) in cambio la visione, valutazione opinioni e interessi dei giovani, anziani, lavoratori, malati, studenti, detenuti, donne, immigrati, impiegati, organizzazioni popolari, …. sono quasi sempre passati sotto silenzio o emarginati o deformati. La disinformazione non sempre è sistematica, preparata e disegnata in maniera cosciente e controllata. La complessità del processo di elaborazione dell’informazione, ed il vasto campo da dove si può raccogliere fa che molte volte la disinformazione sia frutto dell’incompetenza del/della giornalista per non conoscere un argomento, per mancanza di tempo e spazio, per i suoi pregiudizi o quelli del redattore/trice, per applicare schemi di lavoro troppo semplicisti o sensazionalisti, ecc. Però non c’è dubbio che in molti altri casi esistono campagne di disinformazione che rispondono ad interessi economici o politici chiari, del mezzo di comunicazione o dei gruppi impresariali che lo finanziano e sostengono. La maggior parte delle notizie sono distribuite da Agenzie di Stampa internazionali. Queste al principio selezionano una piccola parte delle informazioni perché il 90 per cento di esse vengono rifiutate. Vale a dire, che ciò che viene a nostra conoscenza è solo una piccola frazione di ciò che succede nel mondo. È necessario per tanto conoscere che criteri di selezione sono usati per la scelta delle informazioni ed a che interessi possono rispondere. Non dimentichiamoci che la maggior parte di queste agenzie sono grandi aziende nordamericane, europee e giapponesi, che sono di solito strettamente vincolate ad importanti gruppi finanziari in contatto diretto con i governi dei paesi ai quali appartengono. Logicamente non hanno interesse a ché si verifichino cambi sociali, né certamente nel far conoscere notizie e situazioni che manifestino i pericoli e gli aspetti negativi del sistema o mettano in questione la sua validità. Però non solo queste agenzie influiscono nell’informazione (sono solo il primo filtro) ma lo fanno pure le banche che finanziano i mezzi di comunicazione, le corporazioni che possiedono questi mezzi, le aziende che hanno azioni o che sostengono il giornale (radio; TV; ecc.) mediante la pubblicità. E non si tratta solo di aziende: per esempio lo stesso Stato spagnolo (italiano; ecc.) è colui che apporta più soldi ai media nazionali, sotto forma di pubblicità (pagata con denaro pubblico); in questo modo indiretto può “castigare” o “premiare” le voci avverse o quelle a lui favorevoli. E alla fine, la stessa linea ideologica dei giornalisti e dei redattori, vale a dire: anche i loro pregiudizi, il loro corporativismo, eccessiva specializzazione, fedeltà alla impresa e la loro tendenza alla autocensura influiscono nell’orientamento dell’informazione. La disinformazione viene quindi da numerosi filtri e obliquità, senza che nessuno di questi in particolare, se non tutto il processo sia la causa per cui l’informazione ci arriva manipolata e deformata, e incluso spesso coscientemente alterata. Quindi non solo in ciò che si pubblica, ma anche in come si pubblica sta la disinformazione. Di quando in quando appaiono notizie critiche e discordanti nei media. Però in generale non sono che “fessure controllate” che danno credibilità al mezzo dotandolo di un’apparenza plurale ed indipendente, e che sono abbondantemente contrastate da un’alluvione di informazioni di segno contrario (che rispondono ai diversi interessi di potere) o da una presentazione che gli imprime un carattere lontano ed aneddotico. Inoltre, la maggioranza di queste informazioni discordanti, realmente critiche, appaiono sotto forma di opinione (colonnisti, “lettere al direttore, ecc.”), la qual cosa relativizza la sua importanza. Questo dossier non si incentra sulle cause o origini della disinformazione (struttura impresariale del processo mediatico, interessi politico-economici, ecc.) ma sulle forme con cui si attua questa disinformazione sulla stampa, sotto la apparente oggettività ed esaustività del periodico. Per questo lo abbiamo sottotitolato “Manuale per una lettura critica della stampa”. Perché più che inquietudini teoriche, ci guida in questo lavoro un desiderio pratico di proporre strumenti per l’analisi critica. Le tecniche di manipolazione che sono qui raccolte sono solo alcune gocce d’acqua di tutta una corrente che tergiversa la realtà. Però anche così, consideriamo importante imparare a difenderci dai media, a vedere quello che c’è dietro la facciata (leggere le notizie “ dal rovescio “) per, alla fine, pianificarci adesso l’esigenza e la necessità di avere una informazione al servizio dei nostri interessi, e non contro di essi. Il presente dossier è strutturato in tre parti.
Nella prima ci soffermiamo su come si organizza e gerarchizza
l’informazione in un giornale (sezioni, estensione, …), il contesto in
cui si presenta la notizia e come si ordina quest’ultima.
Nella seconda parte analizziamo il linguaggio scritto, fotografico
e statistico, vale a dire la forma in cui ci presentano la notizia, lo
stile narrativo, l’uso di virgolette, aggettivi, ecc.
E nella terza ed ultima parte del lavoro studiamo il contenuto
delle notizie: la loro precedenza, la loro falsificazione, gli
argomenti che trattano, quelli che vengono esclusi e quelli che
vengono esagerati. Segue un annesso con notizie concrete che
illustrano ed esemplificano i punti e le idee esposte.
A) STRUTTURAZIONE DELL’INFORMAZIONE NEI GIORNALI 1. LOCALIZZAZIONE ED ESTENSIONE DELLA NOTIZIA Il luogo e lo spazio che occupa una notizia influisce in maniera fondamentale nella sua percezione da parte del lettore, relativizza la sua importanza e favorisce il fatto che una determinata informazione possa passare più o meno inosservata in funzione degli interessi del periodico. Sotto l’apparenza di stare informando in maniera dettagliata sopra una gran quantità di fatti di attualità, i media stabiliscono in realtà una gerarchizzazione interessata degli stessi, secondo la loro localizzazione ed estensione, che privilegia quindi certe notizie ed emargina e quasi occulta altre. Si possono considerare varie forme di risaltare o nascondere una notizia che dipendono dal luogo e dallo spazio che occupa: 1.1 Secondo le pagine dove appare Le notizie in copertina e nelle prime pagine sono quelle che si leggono per prime dato che risaltano fra le altre come le più importanti. Influiscono dunque sopra i lettori dandogli come già selezionati alcuni centri di interesse a scapito di altri. Nella stessa maniera si può risaltare di più una notizia se si presenta in una pagina dispari poiché si presta più attenzione a quella (è più “in vista”). Di fatto, inserire un annuncio in una pagina dispari è sempre più caro che in una pagina pari, perché risulta più visibile. 1.2 Secondo la sua ubicazione nella pagina Se è situata, per esempio, negli angoli superiori, sopra tutto quelli a destra, una notizia salta più agli occhi che in altre posizioni. La composizione finale della pagina può quindi servire per emarginare certe notizie e risaltare altre. 1.3 Secondo la sua estensione L’ampiezza di una notizia, vale a dire: il numero di pagine che un periodico le dedica e quello dei giorni che lo mantiene “di attualità” sono un buon metro dell’interesse che il periodico vuole dare (e che i lettori diamo) ad un determinato argomento. Un esempio che illustra i punti anteriori lo troviamo in El Mundo 27-5-99 (vedi pag. 38) che dedica la copertina e le due prime pagine interne al processo di Milosevic da parte del Tribunale de L’Aia (il giorno successivo appare una nota in prima pagina ed una pagina interna –vedi pag. 39 – così come successivi commenti al riguardo durante le settimane posteriori). La denuncia, in cambio, che la Yugoslavia presenta nello stesso tribunale contro la NATO solo si merita in quello stesso giornale del giorno 3 di Giugno mezza colonna in una pagina (pari) interna (vedi pag. 40). 1.4 Secondo la sezione in cui appare Tutto il giornale è suddiviso in sezioni, in base generalmente a due criteri distinti: Sezioni di estensione o portata: Opinione, Internazionale, Nazionale, Regionale, e incluso Locale. Determinano la rilevanza o la portata che ha una notizia. Sezioni specializzate: Società, Cultura, Economia, Sport, ecc. Determinano il carattere o l’interpretazione della notizia. Questa suddivisione della realtà non è implicita nei fatti, ma dipende dal criterio soggettivo di ogni periodico. In teoria suddivisione in queste sezioni si realizza per ordinare l’informazione e facilitare la sua comprensione. Però, oltre il proposito di organizzare le informazioni, l’assegnazione di una notizia ad una o un’altra sezione di solito ha un’influenza importante sopra la sua rilevanza e diffusione, e sopra l’interpretazione che gli si da. a) Effetti sulla rilevanza e la diffusione Tutte le sezioni non hanno la stessa importanza né diffusione, ma hanno una gerarchizzazione. Quanto prima si ponga una sezione, normalmente le sue notizie saranno più risaltate. L’ordine delle sezioni varia a seconda dei periodici, ma di solito è: Opinioni, Nazionale, Internazionale, Società, Cultura, Regionale (diffusione che non oltrepassa la regione corrispondente), Economia. La collocazione di una notizia in una o un’altra sezione, anche se spesso può risultare abbastanza ragionevole, altre volte risulta senza dubbio arbitraria e discutibile. Così la scelta della sezione può avere l’effetto di risaltare molto o emarginare totalmente un avvenimento. Per esempio, la sezione delle Opinioni (contiene gli Editoriali ed i colonnisti ed umoristi più prestigiosi) è, per la sua collocazione, una delle più lette di qualsiasi testata. Ed il criterio per decidere se un fatto si merita o no di essere commentato in Opinioni, o come “argomento del giorno” negli Editoriali, è totalmente arbitrario. Si tratta semplicemente di ciò che il giornale considera più rilevante. Nel caso delle altre sezioni, anche se i criteri di collocazione sono di solito più chiari, ci si può trovare ugualmente un certo grado di arbitrarietà. Risulta spesso abbastanza arbitrario e interessato il fatto che, per esempio, a molte dichiarazioni dei politici, estratte dai loro continui “deliri”, bisticci e strategie, gli si attribuisca importanza nazionale, mentre si relegano quasi tutte le mobilitazioni sociali importanti a sezioni “più discrete” come Società, Regionale (che non vengono diffuse al di fuori della regione) o incluso Economia. Per esempio, alle dichiarazioni del politico nazionalista basco Arzallus, estratte da un discorso fatto in una festa regionale, El Paìs del 25/4/00 gli da una portata Nazionale (ed internazionale, per coloro che leggano questi periodici fuori da questo stato, vedi pag. 41). Mentre una protesta effettuata da agricoltori di tutto il paese che si riunirono a Madrid per manifestare il loro malcontento per il rialzo del prezzo del petrolio, il Diario 16 del 4/5/99 (vedi pag. 42) non la riporta nella sezione Nazionale ma in quella di Madrid, per cui la diffusione e risonanza di una protesta di carattere nazionale non supera in questo caso il ristretto ambito regionale. Da un’altro aspetto, a parte gli effetti sulla diffusione della notizia, l’aggiudicare un fatto a Nazionale o a Regionale influenza logicamente l’idea che il lettore si fa sulla sua rilevanza, come qualcosa di aneddotico o qualcosa che arriva ad interessare tutto il paese. Però a volte si può verificare un effetto inverso nella relazione fra le sezioni Internazionale e Nazionale. Nonostante entrambe abbiano la stessa diffusione, l’inclusione di una notizia in Internazionale può cercare un effetto di lontananza conveniente (in questioni scomode o delicate). Di modo che un fatto che ci interessa in maniera importante è presentato come qualcosa di distante, estraneo alla nostra realtà più immediata e per tanto poco rilevante. Di solito questo succede in ciò che riguarda le riunioni ed accordi di organismi internazionali su temi militari (NATO, OCDE), economici (FMI, WTO) o incluso alimentari (Per esempio, la discussione sugli alimenti transgenici ci suona come qualcosa che sta succedendo “lì fuori”, quando in realtà è molto tempo che li stiamo consumando). b) Effetti sull’interpretazione Però è soprattutto con la collocazione in “sezioni specializzate” dove il periodico sta offrendo una chiara interpretazione previa del fatto, quindi ognuna di queste sezioni apporta un punto di vista proprio. Queste sono a diffusione nazionale, però in generale risultano più marginali delle “sezioni di estensione o portata” Nazionale e Internazionale, quindi all’interno della gerarchizzazione si situano sempre dopo di esse. Sono inoltre sezioni dirette a un pubblico “più specializzato”, e ciò le rende ancora più marginali (come la sezione Società, autentico “ripostiglio” in cui si mescolano notizie di interesse sociale con fatti, scoperte scientifiche, ed altre curiosità ed aneddoti morbosi) o più ristrette (come la sezione Economia/Affari, che utilizza persino un gergo proprio pieno di tecnicismi). Così succede che a certi fatti di interesse generale gli si da meno importanza collocandoli in sezioni specializzate come Società, o si restringe la sua lettura ad un “pubblico selezionato” situandoli in Economia. Per esempio, in “El Paìs” del 30/5/99 (pag. 43) figura nella sezione di Affari-Economia una pagina intera dedicata alla Turchia sotto il titolo “Nonostante tutto Expotecnia viaggia a Istambul”. Leggendo l’articolo scopriamo che non tratta solo dati economici o commerciali, ma che apporta informazioni molto dettagliate sopra questo paese: situazione politica, relazioni con la Spagna, problema kurdo, conflitto con il governo basco per l’intenzione di questo di ospitare il governo kurdo in esilio, ecc. Vale a dire, fatti di chiaro interesse generale e non esclusivamente commerciale, come suggerisce la sezione in cui è situata la notizia. Però la sua lettura è rimasta ristretta ad impresari ed economisti. Un altro buon esempio è quello di una notizia sulla scoperta che lo Stato Svedese ha applicato politiche di massiccio “miglioramento razziale” (mediante la sterilizzazione di persone considerate inferiori, per evitare la loro riproduzione), durante più di 40 anni e fino a quattro anni fa. Un fatto tremendamente scandaloso, che il giornale ABC del 29/3/00 (pag. 44) relega alla fine della sezione Società, insieme ad una notizia sopra un incidente di sciatori in Austria e morbose informazioni sui riti criminali di una setta apocalittica africana. La notizia passa così abbastanza inosservata, ed è interpretata in chiave aneddotica e morbosa. In generale, l’inclusione di un fatto in una sezione specializzata si suppone che gli dia un determinato punto di vista, ugualmente specialistico, scartando altre interpretazioni che potrebbero essere altrettanto o più valide. Per esempio, l’ABC del 1/6/99 (pag. 45) include nella sezione Economia una notizia intitolata “Convocato uno sciopero dei minatori per oggi e domani”, dando a questa un trattamento esclusivamente economico, come corrisponde alla sezione. Così non vengono trattati gli aspetti umani, sociali e del lavoro della protesta e della situazione dei minatori. Riassumendo, uno stesso fatto si può dirigere a gente molto differente, ed interpretare in maniera molto differente a seconda della sezione specializzata in cui si includa. Per terminare, un buon modo per sopradimensionare un fatto e generare molta attenzione su di esso è includerlo contemporaneamente in più sezioni del periodico, di modo che arriva a tutti i lettori. Per esempio, ripetendo i successi economici di un governo simultaneamente in Opinioni, Internazionale, Nazionale, Economia, Società, ed incluso negli articoli dei supplementi domenicali. Molti fatti possono essere affrontati ed interpretati da molti aspetti e punti di vista contemporaneamente, però il periodico lo fa solo quando gli risultano specialmente interessanti. 2. CONTORNO/CORNICE NELLA QUALE È INSERITA LA NOTIZIA La cornice in cui si inserisce la notizia, vale a dire le altre notizie, coi loro titoli e foto, che la circondano, può influire in maniera importante sulla sua interpretazione. La maggior parte delle volte la cornice di una notizia è abbastanza casuale, o risponde alla logica delle sezioni tematiche, dello spazio disponibile, ecc. Però più spesso di quanto si possa pensare, si “disegnano” le pagine (selezione e collocamento strategico di notizie, foto, redazione di titoli, ecc.) perché anche il contorno influisca su una notizia, rafforzando così il “messaggio” negativo o positivo della stessa, smentendola, coprendola o, al contrario, risaltandola. Il “disegno” della pagina, nel suo insieme, può convertirsi in un meccanismo molto sottile di interpretazione della realtà, provocando l’associazione più o meno cosciente di idee e notizie che formalmente sono indipendenti e che non sono relazionate esplicitamente. Un esempio chiaro si vede in El Paìs del 24/12/98 (pag. 46). La copertina riporta “Barrionuevo e Vera escono oggi dal carcere dopo l’indulto del Governo”, vale a dire, sono liberati nonostante la loro provata implicazione nel terrorismo di stato dei GAL (organizzazione illegale, ma tacitamente consentita, di poliziotti e “guardia civil” spagnoli che si dedicavano a perseguitare ed uccidere sospetti appartenenti all’ ETA). Questa notizia viene messa giusto sopra la foto di copertina relativa ad un’altra questione, con la seguente didascalia: “Ormai non ci sono più detenuti dell’ETA nelle isole Canarie”, e mostra un’auto della “Guardia Civil” (corpo di polizia simile ai Carabinieri) vicino ad un aereo militare. Due notizie in colonna, alla destra della pagina, completano la cornice: la prima, la dimissione di due ministri britannici per aver nascosto un prestito; la seconda, la condanna per corruzione dell’ex-vicepresidente Belga. Questa composizione non è casuale: l’indulto e scarcerazione di due ex-membri del governo spagnolo per un crimine di terrorismo di stato, ha senza dubbio una componente scandalosa che si pretende neutralizzare in due maniere. Da una parte, si vuole affermare che anche col terrorismo dell’ETA si agisce in maniera benevolente, con l’avvicinamento di alcuni detenuti. Da un altro lato, si mostra la “normalità” che è la corruzione dei politici incluso in paesi “democratici da sempre” come Gran Bretagna e Belgio. Un altro caso di uso manipolativo del contorno è l’abituale collocazione di notizie sopra occupazioni (sgomberi violenti, processi o manifestazioni conflittuali) nella sezione Nazionale vicino a notizie sopra Jarrai e la “kale borroka” (violenze e vandalismi urbani perpetrati dall’ETA) nei Paesi Baschi, seguendo la tattica del Governo di relazionare entrambi i fenomeni, presentando al movimento dei centri sociali come infiltrato e contagiato dai protagonisti della guerriglia urbana basca. Data la mancanza di prove in proposito, si fa uso di tecniche manipolative come questa. 3. FOTOGRAFIE ED ALTRO MATERIALE GRAFICO Insieme ai titoli, le foto ed altro materiale grafico (disegni, schemi, cartine, ecc.) sono gli elementi di una notizia che attraggono maggiormente l’attenzione su di essa. Senza dubbio, il fatto di aggiungere o meno una foto ad una notizia, così come la sua grandezza, influisce poderosamente nel risaltare o sminuire il fatto riportato. Questa è un’altra tecnica che possiede il periodico per imporre ciò che considera fatti interessanti ed emarginare quelli che non gli interessano. Un esempio molto comune di questa attitudine sono le notizie che si riferiscono all’ultima novità di qualche scandalo politico o qualche dichiarazione ufficiale, che di solito includono la fotografia del/la ministro/a o politico/a di turno, spesso fin troppo conosciuto dai cittadini medi, per cui questa foto non sta adempiendo nessuna funzione informativa né di verifica, ma semplicemente serve per richiamare l’attenzione e risaltare la notizia in questione. Un buon esempio di quest’ultima cosa lo troviamo nel periodico ABC del 17/5/99 (pag. 47), in una tipica notizia di accuse e corruzioni politiche che vede come protagonista il primo ministro Spagnolo Aznar, che è accompagnata da una foto dello stesso Aznar. La foto non aggiunge assolutamente nessuna informazione ulteriore, dato che il volto di Aznar è sufficientemente conosciuto; e oltretutto non è nemmeno stata scattata nel momento in cui realizzò queste accuse, ma si tratta di una foto di archivio. Evidentemente in questo caso l’unica funzione di questa foto è risaltare la notizia attraendo l’attenzione dei lettori. 4. STRUTTURAZIONE DI UNA NOTIZIA: LA “PIRAMIDE ROVESCIATA” Perché l’informazione data da una notizia sia pienamente comprensibile deve rispondere per quanto è possibile alle 6 domande basiche: cosa/chi/come/quando/dove/perché? Le risposte (normalmente nel solito ordine) dovrebbero apparire nello svolgimento della notizia, ma i media non prestano la stessa attenzione a tutte. Questa gerarchizzazione delle domande, per privilegiare quell’informazione che il media considera più importante, viene determinata per ciò che nel vocabolario giornalistico si conosce come la tecnica della “piramide rovesciata”, che è la forma classica di scrivere una notizia (quella che si insegna nelle facoltà e scuole di giornalismo). La piramide rovesciata struttura l’informazione nella seguente maniera: 1. Titolo e trafiletto (riassunto in grassetto). 2. Il fatto centrale della notizia. 3. Antecedenti e conseguenze (contestualizzazione). 4. Altri dati complementari (ampliazione del tema e relazione con altri fatti) Secondo questo schema, la cosa meno rilevante è il contesto (il perché?) nel quale si produce un fatto e le sue relazioni con altri avvenimenti, dunque ciò che, seguendo la piramide rovesciata, si suole lasciare in fondo. A causa della gran quantità di notizie che contiene un giornale, la maggior parte dei lettori leggono solo titoli e trafiletti, dove ciò che risalta è il che? ed il chi? Vale a dire, si tende a descrivere il fatto isolato, fuori del contesto e svincolato da altre realtà relazionate, dato che poca gente è solita arrivare fino alla fine del testo della notizia (a meno che le interessi in particolar modo), per cui il contesto ed altri dati complementari sono di solito condannati a passare abbastanza inosservati. D’altra parte, quando il/la redattore/trice capo ha problemi di spazio per inquadrare tutte le notizie nelle pagine, taglia sempre i testi iniziando dalla fine, per cui, la prima cosa che sparisce da una notizia è la connessione con altri fatti e la sua contestualizzazione. Questa forma di strutturare e trattare la notizia rende difficile la piena comprensione di ciò che è accaduto, quindi possiamo vedere come la stessa logica di redazione di un giornale tende ad emarginare e sacrificare gli elementi che normalmente permettono di capire più profondamente la realtà dei fatti: cause e contesto dei fatti, relazione con altri avvenimenti, ecc. E per gli stessi motivi tende a risaltare esageratamente le cose più aneddotiche: il che? immediato (avvenimento isolato), il chi? (personificando eccessivamente molti fatti, creando personaggi pubblici o di attualità) ed il come? (i dettagli più spettacolari di come è successo il fatto, ecc.). Questo si nota molto nelle notizie relative a conflitti sociali, movimenti sociali, ecc. 4.1 Titoli e trafiletti I titoli risaltano gli aspetti della notizia che interessa mettere in evidenza. Insieme alla fotografia, è di solito l’elemento più appariscente di una notizia, poiché funge da sintesi e richiamo dell’attenzione. Come sintesi (una frase) non lascia spazio a sfumature, è sempre abbastanza semplicista. Come richiamo tende a cercare lo scandaloso. La curiosità è che a volte i titoli e i trafiletti iniziali non corrispondono al contenuto reale della notizia (il corpo del testo) o con le cose più importanti di questa, o incluso possono arrivare a falsare la notizia riportata. Dato che, come già abbiamo commentato, è provato che la maggior parte dei lettori leggono principalmente i titoli, qualche trafiletto iniziale (se ci sono), e leggono solo poche notizie complete, l’immagine che si formano su determinati argomenti dei quali normalmente facciano questa lettura tanto superficiale può risultare molto deformata. Il fatto che i titoli siano più manipolativi dei testi ha quindi un’importante effetto di disinformazione. Quest’ultimo caso è chiaro in El Paìs 17/4/99 (pag. 48). Il titolo della colonna dice: “Il Pentagono sospetta che Belgrado tenga un arsenale chimico”. Sorprendentemente, il contenuto della notizia denuncia l’utilizzazione costante da parte del Pentagono di propaganda e soffiate alla stampa di “sospetti” di questo tipo (certamente, impossibili da confermare), come un’arma in più per demonizzare determinate persone o paesi (Milosevic adesso e prima Saddam Hussein) e giustificare davanti all’opinione pubblica le sue guerre. La stessa notizia che rende conto della manipolazione informativa sta, essa stessa, effettuando la stessa manipolazione alla quale si riferisce, per la maggior parte dei lettori che leggono solo il titolo di una notizia secondaria. Un altro buon esempio è il titolo della notizia di El Paìs del 13/2/99 (pag. 49), il quale valuta in modo tagliente come fallimento il tentativo di IU (Izquierda Unida, partito di sinistra Spagnolo) di raccogliere 500.000 firme per la legge delle 35 ore (“IU fallisce nel suo tentativo di raccogliere 500.000 firme per le 35 ore”). Però leggendo il testo si scopre che il termine per raccogliere le firme non è ancora scaduto, per cui ancora non si può affermare in nessun modo che l’iniziativa sia un fallimento. Di fatto, tre mesi dopo (il 23 Maggio) IU era riuscita a raccogliere fino a 700.000 firme. 4.2 Decontestualizzazione Anche nel caso in cui una notizia proponga informazione che risponda alle 6 domande, il “perché?” può essere spiegato solo in base alle sue ragioni più immediate e accessorie, senza permettere al lettore di arrivare a capire la situazione di partenza che originò il fatto. Anche se la realtà è molto complessa ed i fatti non si producono in forma isolata, sulla stampa di solito sono presentati come fatti indipendenti, senza nessun vincolo con altre questioni ed aspetti della stessa realtà che sono spesso la loro causa ed origine. Il contesto passato e presente di una notizia è fondamentale per poter comprendere ed analizzare una realtà e, a partire da questa analisi, valutare e formarsi una opinione propria su quello che succede. Nella misura in cui il al lettore manchino elementi coi quali valutare l’origine e l’ampiezza di un fatto per formarsi una propria opinione in merito, risulterà più facile al giornale imporre la sua. La decontestualizzazione può essere di due tipi: a) Decontestualizzazione storica: Omissione di antecedenti politici, economici, sociali, internazionali, ecc. che permettano analizzare e comprendere fatti e situazioni attuali. b) Notizie-puzzle: Dispersione e frammentazione dei differenti aspetti e cause/conseguenze di un fatto, di modo che si complica o impedisce la visione d’insieme e gli effetti che derivano da questo. La frammentazione si può fare nel tempo (pubblicazione in date distinte) e/o nello spazio (distribuendo nelle varie sezioni del periodico gli aspetti economici, sociali, internazionali ecc. di uno stesso fatto), svincolando quindi il fatto dal suo contesto attuale. Un esempio di come questa struttura piramidale complica la comprensione globale dei fatti lo troviamo nel Diario del 16/7/99 (pag. 50). La notizia ha come titolo: “Il presidente dell’Ecuador cede alle proteste ed abbassa il prezzo della benzina”. I primi quattro paragrafi e parte del quinto (ed ultimo) si limitano a rispondere alle sei domande di base: in Ecuador (dove?) il Presidente Jamil Mahuad (chi?), alla fine (quando?) cede alle proteste riducendo e congelando il prezzo del combustibile (che? come?), col fine (perché?) di abbassare la tensione sociale e di far finire lo sciopero dei trasportatori, e le proteste degli indigeni, sindacati ed altri settori sociali. Fin qui non fa altro che completare il titolo con dati illustrativi però non chiarificativi, come la percentuale dell’ultimo aumento del prezzo del combustibile, il giorno concreto in cui i trasportatori iniziarono lo sciopero, il tempo che si prevede che duri la congelazione dei prezzi, ecc. però ciò che si spiega appena è perché gli indigeni stanno assediando la città. Solo alla fine, nelle quattro ultime linee, per i pazienti e scarsi lettori che leggono le notizie fino alla fine, introduce la frase “rinuncia a certe manovre (ajustes) ”, da cui si può dedurre che le proteste non sono solo per il rialzo del petrolio, ma per tutto un piano di manovre dello stato. Questo probabilmente era stato imposto da organismi finanziari internazionali (Fondo Monetario Internazionale, Banca Mondiale, …), ed è probabile che contemplasse tagli alle spese sociali ed imposizioni agricole ed industriali che, possibilmente, stessero peggiorando la situazione della popolazione di un paese molto impoverito. Però tutto questo, che ci darebbe la chiave per comprendere realmente l’origine di ciò che sta succedendo in Ecuador, solo possiamo supporlo, poiché in questo caso il periodico non ha spazio per parlare di quello, almeno mentre stanno informando sulla “realtà” di un paese in una sezione tanto letta quanto quella Internazionale. Senza dubbio, alcuni dati che permettono comprendere molto meglio questi fatti si trovano in El Paìs del 25/7/99 (pag. 54) anche se nel supplemento Affari, diretto ad impresari e “specialisti” economici. Così il contrasto politico e popolare viene preso come “un ostacolo alla stabilità economica del paese” (da tenere in conto per gli oppositori), ed appaiono dati del contesto che lasciano capire la causa di questa sollevazione popolare, come gli accordi del paese con il FMI ed il risanamento bancario previsto che avrà un costo di 2500 milioni di dollari. Un buon esempio di decontestualizzazione a puzzle lo troviamo in El Paìs 11/11/98 (pag. 52): nella copertina della sezione Economia-lavoro appare la notizia intitolata “Il governo Brasiliano taglia il 40% dei preventivi per le spese sociali”. La notizia, piena di numeri e percentuali, scarseggia senza dubbio della minima contestualizzazione che permetta di capirla. Principalmente, perché non si menziona in nessun momento la causa di un taglio così tremendo, vale a dire, gli antecedenti del fatto: Che cosa spinge il governo Brasiliano a ridurre in maniera così brutale le spese sociali? Si tratta di una notizia redatta fuori dal suo contesto preciso e per la maggior parte dei lettori rimane una informazione aneddotica e poco comprensibile. Quattro mesi dopo, nel medesimo periodico e sezione, El Paìs 09/03/99 (vedi pag. 53), appare una notizia intitolata “il FMI indurisce le condizioni per aiutare il Brasile”. Di nuovo si tratta di una notizia molto tecnica, piena di dati macroeconomici riferiti alla situazione brasiliana ed alle imposizioni del FMI. In questa occasione la decontestualizzazione si produce al non menzionare in nessun momento le conseguenze sociali delle dure misure economiche imposte dal FMI. Per questo il lettore non può apprezzare la trascendenza della notizia, che rimane una notizia di difficile comprensione. Adesso, se uniamo le due notizie che si riferiscono ad uno stesso fatto però separate artificialmente, riusciamo a ricomporre parte del puzzle, e comprendere meglio ciò che sta succedendo in Brasile. Però sembra che El Paìs abbia voluto evitare tutto questo, non facendo da un lato nessuna allusione alla responsabilità del Fondo Monetario Internazionale nei duri tagli sociali in Brasile, e dall’altro ignorando le conseguenze sociali delle misure imposte da questo organismo internazionale. B) IL LINGUAGGIO 1. IL LINGUAGGIO SCRITTO La redazione della notizia occulta spesso, sotto la facciata della neutralità ed oggettività, la valutazione del/la giornalista e del media per il quale lavora. Possiamo distinguere diverse tecniche per far scivolare, mediante il solo uso dell’espressione scritta, l’opinione dei redattori sopra l’informazione che ci offrono: 1.1 Tono/linguaggio orientato L’uso, a seconda dei casi, di un tono trionfalista, peggiorativo o di condanna tagliente, presentando come indiscutibile la valutazione positiva o negativa di un fatto a traverso il linguaggio, per togliere ogni dubbio e dibattito in merito. Un esempio lo troviamo in El Paìs 3/6/99 (pag. 54) nella notizia “Anguita chiama i sette milioni che dissero no alla NATO”, nella quale il giornalista introduce una gran quantità di espressioni peggiorative ed ironiche per ridicolizzare il protagonista della notizia, e per tanto delegittimare i suoi progetti (vedi sottolineato). Un’altra maniera più sottile per screditare una cosa mediante il linguaggio è l’uso delle virgolette. Non per trascrivere una dichiarazione, come vedremo nel punto Fonti di Informazione, ma per mettere in dubbio un termine od un fatto. Per esempio, nelle notizie che si riferiscono alle occupazioni di solito mettono fra virgolette l’espressione Centro Sociale, mentre non accade lo stesso se si tratta di un centro sociale o culturale del comune. La stessa cosa avviene con l’espressione Scuola Popolare, che nelle notizie viene messa fra virgolette mentre non viene fatto lo stesso con le scuole statali o private. Evidentemente, in questi casi ed in molti altri le virgolette hanno la funzione di screditare e mettere in dubbio il loro contenuto. 1.2 “Parole magiche” La creazione ed imposizione di una opinione mediante ciò che abbiamo chiamato “parole magiche”, vale a dire: termini con una connotazione positiva (sviluppo, crescita, tecnologia, Europa, moderato, competitività, impiego, flessibilità) o negativa (primitivo, radicale, illegale, fondamentalista, protezionismo). Questi sono utilizzati così ripetutamente in certi discorsi o contesti che finiscono assumendo per conto loro un valore aggiunto, una connotazione che va oltre il loro semplice significato. Il risultato pratico è che, una volta generata la “parola magica”, basta associarla a qualsiasi tema o argomento per impregnarlo dei suoi valori. Così per presentare la liquidazione del settore pubblico come qualcosa di positivo basta risaltare (se possibile nei titoli) che questo va a generare più competitività, più crescita, o che ci avvicinerà di più all’Europa. E per giustificare e legittimare l’investimento multimilionario dello Stato in armamenti, basta riferirsi alla quantità di impiego che questo genera. In cambio, per demonizzare e criminalizzare qualsiasi iniziativa o azione dei movimenti sociali o popolari che metta in dubbio seriamente il sistema dominante, si usa ed abusa del termine “radicale”, previamente negativizzato ed associato a concetti come “fanatico”, “ultrà” o incluso “terrorista”. (vedi gli esempi nel “Collage” di pagina 55). 1.3 Associazioni di parole e fatti Alcune parole inoltre sono di solito associate a determinati collettivi o persone (“giovani radicali” o “giovani violenti”, “radicalismo basco”, “esercito umanitario”, “integralismo/radicalismo arabo/islamico”…) di modo che una delle due parole finisce per evocare automaticamente l’altra. In altri casi la manipolazione si produce nell’associare ripetutamente certi collettivi con determinati fatti. Il miglior esempio è il caso di fatti delittuosi che hanno come protagonisti immigrati, nei quali solitamente viene risaltata (e normalmente nei titoli) la nazionalità o condizione di immigrato/a degli stessi. Anche se normalmente le notizie non stabiliscono una relazione diretta ed esplicita fra il fatto di essere immigrato e la delinquenza, si genera per ripetizione una stretta associazione fra l’immigrazione e fatti delittuosi o di conflitto, fomentando con ciò allarme sociale, xenofobia e razzismo. (vedi gli esempi nel “Collage” di pagina 55). 1.4 Eufemismi e tecnicismi Hanno l’effetto di banalizzare, ammorbidire o togliere valore alla portata di un argomento, presentandolo sprovvisto del suo proprio contenuto e significato. Per esempio, presentando un certo armamento come un prodotto di alta tecnologia, utilizzando espressioni eufemistiche come “danni collaterali” invece di civili morti quando si parla di una guerra, “forze dell’ordine” invece di forze di polizia o forze repressive, “intervento aereo o terrestre” invece di attacco, bombardamento o invasione, “maltrattamenti o violenza domestica” invece di aggressione o violenza maschilista o maschile, ecc. Abbiamo un buon esempio in un articolo di El Mundo del 23/12/97 (vedi pag. 56) intitolato “Santa Barbara termina la creazione dell’obice più avanzato del mondo”, che presenta una nuova arma come se si trattasse della pubblicità dell’ultimo modello di una macchina. La notizia, piena di tecnicismi, sottolinea le sue qualità e prestazioni tecniche, la sua tecnologia all’avanguardia, però non dice niente sulla sua capacità distruttiva, il prezzo che costerà ai paesi che pretendano acquistarlo, in che tipo di guerre e per quali fini si può utilizzare, ecc. (vedi esempi nel “Collage” di pagina 55). In altri casi l’uso di un certo linguaggio tecnico, come il gergo giuridico, amministrativo o di determinate professioni complica, quando non impedisce, alla maggior parte dei lettori di comprendere il significato di certe notizie (come abbiamo visto nelle notizie di El Paìs del 11/11/98 e del 9/3/99, pagine e ).allo stesso tempo, con l’utilizzo di questi termini tecnici-specializzati si pretende di rivestire l’informazione (con le valutazioni ed opinioni che incorpora) di autorità e oggettività, appoggiandosi sul carattere di indiscutibilità che viene attribuito di solito a tutte le cose scientifiche. 1.5 Espressioni orientate Senza che siano precisamente degli eufemismi, sono “frasi fatte” che tendono a ripetersi nel linguaggio giornalistico, e che servono per orientare in un certo senso la descrizione apparentemente oggettiva di certi fatti. Gli esempi sono innumerevoli, anche se vale la pena di riportarne alcuni: Per esempio, per giustificare cariche poliziani nel caso di manifestazioni, si suole utilizzare le seguenti espressioni: “La polizia si vide obbligata a caricare”, o “Provocarono la carica della polizia”. Così in molti casi si scarica la responsabilità della violenza su coloro che prendono le botte. Quando non si verificano cariche, numerose relazioni di manifestazioni finiscono con espressioni tipo: “Non ci sono stati incidenti”. La formula non è innocente, perché sembra indicare la cosa come un fatto eccezionale. Vale a dire che sottolineando che non ci sono stati incidenti si vuol fare capire che la cosa normale sarebbe stato il contrario, e con ciò si insiste sottilmente nel conferire un’immagine violenta a certi gruppi o collettivi. L’espressione: “Fonti ben informate” si suole utilizzare per dare affidabilità ad informazioni estratte da fonti inconfessabili, sospettose o direttamente per legittimare rumori o informazione inventata. Il conflitto basco, tanto contaminato dalla disinformazione, ha “lanciato la moda” fra i media ufficiali dell’uso di sue espressioni orientate contrapposte: “violenti” e “democratici”, la prima per inglobare tutte le espressioni del nazionalismo basco, da ETA a coloro che votano o simpatizzano per il MLNV (Movimento di Liberazione Nazionale Basco), e la seconda per tutti gli altri, con il PNV (Partito Nazionalista Basco) gravitando fra le due etichette, a seconda del momento politico. Un concetto così ampio ed ambiguo come quello di “violenza”* è attribuito in maniera così ripetitiva, semplicista ed assoluta ad un movimento (del resto molto variegato e contraddittorio) che la tremenda campagna mediatica sta riuscendo nel fatto che basti citare l’aggettivo “i violenti” per identificare tutto il movimento nazionalista basco, convertendolo in sinonimo di violenza. E tutti i suoi oppositori in sinonimo di “democratici” o “pacifisti”. · Non ci dimentichiamo che è lo stato che ha il monopolio della violenza, contando con migliaia di persone allenate e pagate per esercitarla sotto eufemismi come “Difesa” o “sicurezza”. I celerini sono pagati tanto per controllare violentemente come per provocare la violenza; i soldati per risolvere violentemente i conflitti internazionali a favore di interessi economici o di potere delle elìtes. La legittimità istituzionale e mediatica per attribuire o esonerare dall’aggettivo “violento” un collettivo è quindi più che dubbia e criticabile. In questo caso, sia alcuni settori del MLNV sia alcuni settori dello Stato utilizzano metodi violenti, fra le altre strategie, per riuscire nei propri obbiettivi. (vedi esempi nel “Collage” a pag. 55) 1.6 Stili narrativi Per scrivere certe notizie spesso si utilizzano diversi stili narrativi (epico, lirico, satirico, pubblicitario), cercando così di generare un sentimento di consenso o rifiuto verso alcuni fatti che se non fossero narrati in questa maniera potrebbero suscitare nel lettore impressioni non convenienti. Un chiaro esempio si trova in “Piccola storia di un aviatore notturno”; notizia di El Paìs del 30/5/99 (vedi pag. 57), nella quale si utilizza uno stile fra il poetico e l’epico per descrivere un bombardamento. Il giornalista dà briglia sciolta alla sua lirica fino a convertire uno scenario di guerra in un’avventura romantica, cercando di suscitare certe emozioni. Per far ciò non esita ad utilizzare figure letterarie come metafore o simili adornate con numerosi aggettivi. Riesce così a sdrammatizzare le dure conseguenze che si associano a ciò che in realtà è un polemico intervento militare di castigo, esaltando contemporaneamente fino a livelli “da film” l’operato degli aggressori aerei. 2. IL LINGUAGGIO DELLE IMMAGINI Le fotografie di un periodico compiono in teoria basicamente due funzioni: verificare visivamente l’informazione riportata nel testo, rendendola più realistica, ed eventualmente aggiungere nuova informazione che completi il testo. Però in realtà la foto è utilizzata per altre “funzioni nascoste”. Abbiamo già visto per esempio nel punto 3 del capitolo A che grazie alla loro visibilità le foto potevano essere utilizzate per risaltare alcune notizie. A parte questo effetto, possono anche servire per influenzare sottilmente sul contenuto dell’informazione. 2.1 Immagini manipolative Un’altra “funzione occulta” della fotografia consiste dunque in cambiare il senso di una notizia (alleggerendola, rinforzandola, distogliendo l’attenzione, ecc.), e può arrivare anche a contraddirla. Dato che alla fotografia viene data un’immagine di oggettività (si riceve come un “frammento della realtà stessa”), ottiene di solito una credibilità abbastanza acritica da parte del lettore e impone il suo “messaggio” al contenuto nello stesso testo. Noi lettori non siamo molto coscienti del fatto che anche la foto si costruisce e disegna come un’espressione in più col suo proprio linguaggio, secondo piani, illuminazione, uso di simboli ed altri trattamenti. Un buon esempio di come alleggerire la durezza di una notizia tramite la foto lo abbiamo nell’articolo intitolato “Solo la metà dei detenuti tossicodipendenti riceve il trattamento con il metadone” pubblicato su El Paìs il 18/03/99 (vedi pag. 58). Per illustrare la notizia di un informe di Izquierda Unida, che denuncia le terribili condizioni di vita che soffrono i detenuti in Spagna (isolamento, torture, condizioni sanitarie insufficienti, ecc.), il periodico ha la sfacciataggine di mostrare un primo piano della piscina olimpica del carcere di Soto del Real (Madrid). Con ciò tenta evidentemente di controbattere e smentire la denuncie dell’informe, cercando di far capire che le condizioni di vita in prigione sono “di lusso” (quando in realtà la suddetta piscina la può utilizzare solo il personale ed una minoranza dei detenuti…). In altri casi la manipolazione proviene direttamente da effetti fotografici (il già commentato linguaggio fotografico) usati per deformare o aggiustare in maniera espressiva un’immagine secondo gli interessi del media. Come esempio di questo tipo di manipolazione abbiamo le foto della notizia apparsa in La Razòn del 20/5/99 (pag. 59) intitolata “Militanti del PSOE credono che i cartelli danneggiano i loro candidati”, nella quale si utilizza chiaramente un obbiettivo fotografico speciale, conosciuto come “grandangolare”, o l’inquadratura delle foto, per deformare le immagini ed esagerare così l’effetto visivo dei cartelli del PSOE (Partito Socialista Spagnolo), appoggiando così l’ipotesi del periodico sopra la campagna di immagine di questo partito. Il linguaggio simbolico visivo è anche utilizzato per trasmettere certi messaggi o significati spesso in maniera abbastanza subliminale. La foto che accompagna l’articolo di El Mundo del 25/4/00 (pag. 60) intitolato: “PP e PSOE giudicano razziste le parole di Arzallus” approfitta di un piano fotografico preso per caso durante un discorso di Arzallus (Presidente del Partito Nazionalista Basco; PNV) per attribuirgli un’immagine che si avvicina alla simbologia fascista. Infatti, nella foto il leader nazionalista basco appare alzando il braccio in un momento del suo discorso, gesto che ricorda il classico saluto fascista, che evidentemente Arzallus non ha mai avuto intenzione di fare. Senza dubbio, El Mundo decise di scegliere, e nostro parere non a caso, questa foto piena di fortuito simbolismo, fra le tante foto che aveva dello stesso discorso. In alcuni casi, quando al giornale scarseggiano fotografie, pubblica disegni per sostituirle (abitudine comune in ABC e El Mundo), con totale libertà per ricreare ed inventare la realtà a piacere. 2.2 Campagne fotografiche Un altro fenomeno che ha come principale elemento il linguaggio fotografico è quello che abbiamo denominato “campagne fotografiche”, che consiste nel trattamento fotografico che danno i media alle notizie relazionate con determinate tematiche specialmente sensibili. Si può osservare, per esempio, una gran uniformità nell’illustrazione fotografica che si dà alle notizie sui paesi arabi (con sufficiente indipendenza dell’argomento trattato); si tratta in maggioranza di foto che esprimono violenza e fanatismo che hanno come principali protagonisti masse di persone o donne col velo. In questo caso si mette in relazione, per ripetizione ( per questo lo chiamiamo “campagna”, perché si va tessendo giorno per giorno) la cultura araba e la religione musulmana (che tendono ulteriormente a confondere e mescolare, quando ci sono molti musulmani che non sono arabi, ed arabi che non sono musulmani), con la violenze e l’irrazionalità. Qualcosa di simile, anche se più complicato e sottile, succede con molte immagini che si riferiscono al conflitto nei Paesi Baschi (quante volte si mostra la polizia che carica contro i manifestanti, e quante volte “giovani radicali” incappucciati ed in azione?). Se ci si attiene alle fotografie si ha l’impressione che nel Paese Basco non ci siano mai cariche di polizia né repressione. Una campagna più puntuale ma che ebbe un’impressionante copertura fotografica fu il trattamento visuale dato alle diverse vittime dell’ultimo conflitto in Jugoslavia, così come agli eserciti implicati: i soldati della NATO apparivano di frequente in emotivi addii alle loro famiglie o circondati da bambini kosovari, i guerriglieri albanesi dell’UCK apparivano feriti o morti, ed i soldati serbi erano sempre ritratti con un aspetto specialmente feroce e crudele. 3. IL LINGUAGGIO DEI NUMERI Sono molte le notizie che includono diagrammi o grafici statistici, e ciò le dota dell’oggettività che si suole attribuire alla scienza della statistica. Anche se a volte questi grafici risultano confusi o poco comprensibili per la loro complessità, non importa molto dato che l’effetto di sicurezza e credibilità non dipende tanto dalla comprensione ma dal suo essere Statistica, Scienza. Altre volte la notizia stessa sono i dati, le cifre, che la fanno acquisire un aspetto incontestabile, categorico, occultando o mascherando la rigorosità dello studio e la sua credibilità. La Statistica è una scienza i cui risultati finali dipendono dal processo di raccolta dei dati e dal modello che viene scelto. In qualsiasi analisi statistica, il fatto di selezionare una popolazione o un’altra, un modello od un altro, cambia in modo significativo i risultati. Per tanto succede abitualmente che venga invertito il processo di studio, vale a dire: partire da alcune conclusioni o risultati finali previamente decisi in funzione degli interessi del periodico o di altre istituzioni, e costruire un modello che li giustifichi. Non è un caso che, ad esempio, il Gruppo Prisa, proprietario di El Paìs oltre che di altri mezzi di comunicazione (anche di As, di Cinco Dìas, la Cadena Ser, Antena 3 Radio, Canal +, ecc.), sia pure il proprietario della famosa azienda di statistica Demoscopia. Un esempio che mette in dubbio la “credibilità” di certi studi è la disparità di risultati che mostrano la Inchiesta della Popolazione Attiva (EPA) da un lato e la Contabilità Nazionale da un altro rispetto allo stesso dato: il lavoro. Sotto ogni inchiesta esistono alcuni interessi, per esempio la pubblicazione di alcuni dati o altri sopra la intenzione di voto nei processi preelettorali mobilita o meno i votanti di uno o un altro partito. Un’altra forma di manipolazione statistica è ritardare la pubblicazione degli indicatori economici. (Se si vuole ampliare l’informazione sopra la manipolazione delle statistiche vedere El Paìs del 9/4/00 (pag. 61), reportage che non a caso fu pubblicato nella specializzata sezione dell’Economia, che non a caso poca gente legge. Però oltre la occultazione o trattamento interessato dei dati, la manipolazione si può dare anche mediante l’interpretazione degli stessi, risaltando gli aspetti positivi di alcuni risultati senza contare i negativi. Per esempio, risaltare la diminuzione della crescita dei morti in incidenti di lavoro è una manovra per dare un aspetto ottimista ad una tremenda realtà, vale a dire, che gli incidenti di lavoro continuano ad aumentare, anche se a minor ritmo. O le trionfaliste campagne del governo sulla riduzione della disoccupazione, che nasconde che si sta ottenendo grazie all’aumento della precarietà del lavoro, al peggioramento delle condizioni di lavoro, ed al togliere progressivamente ai lavoratori i loro diritti. Un buon esempio concreto di un uso disinformativo e manipolante delle statistiche lo troviamo nella seguente notizia di El Paìs del 26/5/00 (vedi pag. 62). In piena campagna allarmista iniziata con l’approvazione della Legge sull’immigrazione per giustificare una politica restrittiva e repressiva verso l’immigrazione, El Paìs presenta con il titolo “La cifra degli immigrati inclusi nella legge sull’immigrazione supera tutte le previsioni” alcuni dati statistici con tre tipi di cifre: numero di persone prese in considerazione (che hanno chiesto semplicemente informazioni), numero di coloro che hanno sollecitato la regolarizzazione e numero di casi risolti (non indica se positivamente, cioè che hanno ottenuto la regolarizzazione, o negativamente, che gli è stata negata). Un’analisi non tendenziosa delle cifre, non afferma assolutamente che queste sono superiori alle aspettative, ma tutto il contrario: le previsioni di 80.000 o 100.000 si riferiscono al numero di stranieri regolarizzati, ed alla metà del periodo il numero di casi risolti non arriva a 43.000 e, come dice il testo della notizia, la maggior parte positivamente ma non tutti, vale a dire che al momento il numero di stranieri regolarizzati non arriva a 40.000 persone, meno della metà delle previsioni più pessimiste. Senza dubbio, invece di comparare le cifre adeguate (previsione di regolarizzazioni con la quantità di coloro che la hanno realmente ottenuta), ricorre alle cifre logicamente molto maggiori: numero di coloro che hanno sollecitato la regolarizzazione, o incluso di chi semplicemente ha chiesto informazioni. Questo errore è troppo elementare per essere involontario, per cui sembra che voglia creare allarme sociale con la sensazione di che per colpa della legge gli immigrati ci stanno invadendo, giustificando così la riforma della legge, che era prevista anche prima di che entrasse in vigore. C) CONTENUTO DELL’INFORMAZIONE 1. SELEZIONE ED USO DELLE FONTI DI INFORMAZIONE Nel linguaggio giornalistico si intendono per fonti di informazione gli elementi che forniscono al giornalista l’informazione con cui costruisce la notizia. Questi possono essere: -persone (implicati, testimoni, esperti) -istituzioni (politiche, giuridiche, poliziesche, impresariali, agenzie di stampa, ecc.) -documenti (inchieste, informi, studi, altri mezzi di comunicazione, ecc.) A volte una notizia scarseggia di fonti di informazione quindi è, nella sua totalità, il prodotto dell’osservazione diretta dei fatti da parte del giornalista. Però ciò non è molto comune, per questo il ruolo delle fonti di informazione risulta fondamentale. In teoria si suppone che il giornalista debba cercare quelle fonti che gli possono fornire un’informazione più abbondante, disinteressata e contrastata, per cui normalmente dovrebbe ricorrere ad una grande varietà di fonti. Però la realtà è che la scelta di queste risponde spesso ad una strategia di manipolazione informativa, nel senso che dando eco a certe fonti ed ignorando altre, il media riesce a trasmettere il suo proprio punto di vista ed opinione senza perdere l’apparenza di oggettività. Il mezzo si presenta così come un mero ed asettico trasmettitore di informazioni, quando in realtà tende a scegliere come fonti quelle persone, istituzioni o documenti che sa che possono favorire i suoi interessi o con le quali vuole mantenere buone relazioni. Da questo l’importanza dei Dipartimenti di Pubbliche Relazioni o Gabinetti Stampa, non solo di istituzioni ed organismi ufficiali, ma anche di grandi imprese e “personaggi pubblici”, il cui principale obbiettivo consiste in convertirsi in fonti di informazione assidua dei media. Altre volte vengono contrattate Agenzie di Pubbliche Relazioni, perché gestiscano l’informazione su un certo fatto. Per esempio, nel 1991 il governo del Kuwait contrattò per 10,8 milioni di dollari una delle agenzie di pubbliche relazioni più prestigiose, la nordamericana Hill & Knowlton, con l’obbiettivo di convincere l’opinione pubblica nordamericana ed europea di intervenire nel golfo Persico. I dipartimenti o gabinetti sono composti da esperti in comunicazione (giornalisti, pubblicitari, psicologi, sociologi, ecc.) che si incaricano di elaborare strategie e prodotti informativi molto completi e di alta qualità (notizie già redatte, reportage, foto, registrazioni, dichiarazioni, ecc.), disegnati per favorire gli interessi dell’istituzione o impresa in un determinato fatto che la riguarda. Offrendo questi “prodotti” ai giornalisti dei distinti mezzi di comunicazione diventano fonti privilegiate di informazione. Questo fu il lavoro, per esempio, del gabinetto stampa della NATO durante l’ultimo conflitto in Yugoslavia, dato che monopolizzava buona parte dell’informazione sulla guerra. Così che la maggior parte dell’informazione diffusa dai mezzi sui bombardamenti fu previamente filtrata dalla NATO. Le altre fonti di informazione durante questo conflitto furono principalmente i Governi Alleati ed i partiti politici favorevoli all’attacco; e raramente si dava voce a chi si opponeva ad esso. Esistono molti altri esempi di quest’uso manipolativo delle fonti di informazione: l’informazione che riguarda l’ETA la fornisce quasi sempre il Ministero degli Interni, l’informazione sulle carceri le stesse Istituzioni Penitenziarie, molto raramente gli stessi detenuti o i loro familiari (eccetto quando il detenuto è un personaggio famoso), le notizie sulle occupazioni (specialmente quando c’è uno sgombero) si nutrono dell’informazione della polizia o di rappresentanti municipali, lasciando alle dichiarazioni degli stessi occupanti uno spazio aneddotico (sempre che glielo concedano). A volte le informazioni procedenti dalle “fonti di informazione privilegiate” (cioè, in pratica, quelle che convengono al media), riportano citazioni dirette fra virgolette di dichiarazioni pubbliche o documenti, per cui gli viene data una voce e una diffusione massiccia, propagando alla lettera i loro progetti ed il loro linguaggio. Un buon esempio dell’uso interessato delle fonti di informazione, così come dell’abuso delle virgolette lo abbiamo nella notizia “Almunia felicita Aznar per l’esito del Governo nel negoziato con la NATO” di El Paìs del 23/12/97 (vedi pag. 63). Le due principali fonti di informazione scelte per questa notizia sono i due leader delle forze politiche più favorevoli alla NATO. Di fatto, tutto il testo è una continua e compiacente trasmissione dei loro discorsi, in gran parte letteralmente grazie all’abbondanza di frasi fra virgolette. Nonostante la appariscente protesta organizzata dagli oppositori alla piena integrazione nella Organizzazione Atlantica, questi sono appena presi in considerazione come fonte di informazione. In questo modo, diffondendo letteralmente le dichiarazioni e progetti di coloro che sono a favore della piena integrazione, ed emarginando quelli che sono contro, il periodico si schiera senza perdere l’apparenza di oggettività. Un altro buon esempio di selezione parziale, e pertanto manipolativa, delle fonti di informazione è la notizia intitolata: “I grandi magazzini hanno venduto nel 1998 il 9 % in più ed hanno creato 15.000 posti di lavoro” pubblicata in El Paìs del 10/06/99 (vedi pag. 64). L’articolo è una esaustiva sequenza di dati economici ed impresariali procedenti nella loro totalità da un informe della ANGED (Associazione Nazionale di Grandi Imprese di Distribuzione), sicuramente confezionato e distribuito dalla sua agenzia di Pubbliche Relazioni, che presenta la sua grande crescita aziendale con un tono assolutamente trionfalista, ricorrendo, come no, all’“argomento magico” della creazione di nuovi impieghi. Al non ricorrere a nessun’altra fonte di informazione (piccoli commerci, lavoratori del ramo, sindacati, associazioni di consumatori) il periodico realizza pubblicità gratuita a queste multinazionali. Non si dice niente, per esempio, dei posti di lavoro che distruggono i grandi magazzini, che è sempre molto superiore a quello che creano (chiusura di innumerevoli piccoli commerci, che sono i maggiori creatori di posti di lavoro), delle condizioni di contrattazione e di lavoro degli impiegati, dell’impatto urbanistico che causano, delle condizioni di acquisto che impongono ai loro fornitori, ecc. Anche se il periodico non mente (non c’è dubbio che tutti questi dati e molti di più vengono raccolti nell’informe dell’ANGED), al ricorrere ad una sola fonte di informazione e dandogli diffusione di massa in forma acritica e compiacente, sta manipolando e distorcendo la visione della realtà dei grandi magazzini e del loro impatto socioeconomico. 2. INFORMAZIONE FALSA Si intende per “informazione falsa” quella che è stata deliberatamente inventata per costruire e trasmettere una realtà differente da quella che conoscono i giornalisti o le loro fonti di informazione. Falsare o inventare l’informazione è una tecnica manipolativa meno abituale delle altre che abbiamo visto fino ad ora per una semplice regione: è molto rischioso, poiché nel caso in cui si scoprissero le manipolazioni il prestigio e la credibilità del mezzo di comunicazione ne uscirebbero molto compromessi. Inventare informazione è troppo grossolano e rischioso quando esistono molti altri mezzi, come quelli visti fino ad ora, più sottili e sicuri per manipolare senza mentire letteralmente. Però questo non significa che non si faccia, soprattutto quando si vuole influire in forma immediata ed irreversibile nell’opinione pubblica (perché, per esempio, appoggi con urgenza lo scoppio o il mantenimento di una guerra, o qualche manovra politica). Le smentite, se vengono fatte, possono arrivare in seguito, quando ormai è troppo tardi. A parte i loro effetti immediati, le bugie medianiche hanno un altro grande vantaggio: sono molto difficili da verificare per noi lettori, poiché non abbiamo i mezzi per farlo la maggior parte delle volte. Per questo è molto complicato dare esempi concreti e dettagliati di informazione falsificata. Solo una piccola parte dei casi di falsificazione di notizie vengono resi pubblici (abbiamo raccolto per questo dossier alcuni degli scarsi esempi che sono stati diffusi negli ultimi anni). Un’altra caratteristica dell’informazione falsa è che risulta difficile sapere la sua provenienza, che può essere dalla fonte di informazione (governo, esercito, aziende, agenzie di stampa, polizia, ecc.) o direttamente dal mezzo di comunicazione. In ogni modo, anche nel caso di un’informazione inventata dalla fonte, il media è di solito complice attivamente o passivamente, poiché suo compito sarebbe quello di verificare e contrastare ogni informazione prima di diffonderla. 2.1 Informazione falsa scritta È la più facile da realizzare, poiché ad un giornalista bastano alcuni minuti per inventarsi qualsiasi cosa. L’informazione scritta risulta senza dubbio meno credibile ed impattante di altri tipi di informazione. L’informazione falsa può consistere nell’invenzione di un’intera notizia. Per esempio, nell’ultimo conflitto nei Balcani l’agenzia stampa della NATO diffuse verso la fine di marzo del 1999 la falsa notizia che erano spariti numerosi intellettuali albano-kosovari, facendo credere che erano stati giustiziati dai serbi. La stampa dette un ampio eco alla notizia, senza verificarla, proponendola come una prova in più della perversità dei Serbi. Mesi dopo (una volta terminato il conflitto, come succede sempre) si seppe che questi intellettuali non erano mai spariti, che era una notizia falsa (vedi El Mundo 19/6/99, pag. 65). Un altro esempio più vicino, nel quale le notizia falsa procede ugualmente dalla fonte di informazione (in questo caso si tratta della polizia di Barcellona) ed i media la diffondono senza nessun tipo di verifica o riprova, fu la notizia intitolata: “Una giovane resta paralizzata dopo essere picchiata da delle teste rasate” (vedi El Paìs del 29/3/00, pag.66). Poco dopo si scoprì che si trattava di un’invenzione della polizia (vedi El Paìs 31/3/00, pag. 67), sicuramente per alimentare il clima di allarme sociale ed insicurezza cittadina, e giustificare così la sua attività. Un’altra falsatura dell’informazione consiste nell’inventare dati e fatti dentro una notizia, per orientarla secondo determinati interessi. Questa falsificazione è molto più comune, poiché non risulta così rischiosa né scandalosa come inventarsi una notizia intera (come abbiamo visto negli esempi anteriori), così quando gli interessa molti media adottano il detto “diffama, che qualcosa resta”. Per ciò spesso ricorrono a certe tecniche, come inventarsi fonti di informazione inesistenti (con la tipica formula di “secondo fonti ben informate”) per mettere in bocche anonime accuse false o tendenziose. Un buon esempio di questo è la campagna di diffamazione che nel 1991 scatenò il giornale ABC contro la Scuola Popolare di Prosperidad (Madrid). La scuola svolgeva le sue attività in un locale di proprietà dell’Arcivescovato di Madrid, che nel 1943 affittò al Comune di Madrid, che a sua volta lo cedette nel 1982 alla scuola perché vi svolgesse le sue attività educative. Però nel 1990 il Comune ruppe unilateralmente il contratto d’affitto con l’Arcivescovato dando via libera a questo perché recuperasse il locale, espellendo la Scuola. Il caso fu sottomesso a processo nel 1991, e l’Arcivescovato ricevette tutto l’appoggio da parte dell’ABC, che iniziò una tremenda campagna di diffamazione contro la Scuola. Un articolo di quell’epoca ci può servire come esempio di falsa informazione, poiché è pieno di invenzioni, esagerazioni ed inesattezze. Il titolo è: -Manifestazioni organizzate da comunisti per evitare lo sfratto de “La Prospe”-, datato 28/6/91 (pag. 68). Per prima cosa, attribuiscono l’organizzazione della manifestazione a “comunisti”, e più concretamente alla presidente dell’Associazione Popolare Gisela Meyer, membro di Izquierda Unida. In realtà la manifestazione fu organizzata dalla stessa Scuola “La Prospe”, senza che in ciò avesse niente a che fare Gisela Meyer ed IU. Nella scuola hanno sempre confluito una gran quantità di correnti ideologiche, da comunisti ad anarchici, ecologisti, femministe, però soprattutto numerose persone che preferiscono non essere etichettate. La Scuola è indipendente da qualsiasi partito o sindacato, per cui il semplicista e cospiratorio titolo dell’ABC è falso. Fra i molto spropositi che contiene l’articolo (uso di virgolette, vocabolario peggiorativo e criminalizzante, ecc.) risaltano parecchie altre falsità. Come quella che “i partecipanti de La Prospe abbiano lanciato minacce” (terzo paragrafo); il riferirsi a questi come “ persone che si identificano come educatori, maestri ed assistenti sociali” mettendolo in dubbio quando molti effettivamente lo sono, e in ogni caso la Scuola Popolare è riconosciuta come tale dal Ministero dell’Educazione. La rotonda affermazione (sempre nel terzo paragrafo) che “la maggioranza dei vicini applaude la decisione municipale (di chiedere lo sfratto) e dubitano della bontà delle attività impartite ne La Prospe” è igualmente falsa, poiché il sentimento comune nel quartiere di Prosperidad è l’appoggio di numerosi vicini (nelle manifestazioni ed attività) e l’indifferenza di molti altri. L’affermazione che la maggioranza del vicinato applaude la chiusura della Scuola è dunque falsa, tanto quanto la testimonianza che segue del supposto vicino. Questa è piena di menzogne: mette in dubbio che si realizzi educazione di adulti, qualifica la partecipazione delle gente come scarsa (in quell’epoca frequentavano il locale circa 250 persone), afferma che i partecipanti nelle proteste non sono gente del quartiere ma gente “reclutata” dai “capetti” della Scuola (un collettivo come La Prospe non ha capi né recluta nessuno; non è un’organizzazione paramilitare né un partito). Anche supponendo che quell’anonimo testimone fosse reale, e non inventato come sembra (poiché riassume, dalla bocca di un “vicino”, le tipiche accuse propinate da ABC nella sua particolare campagna), il semplice fatto di diffonderle letteralmente e senza verificarle contribuisce a falsificare l’informazione. Nell’ultimo paragrafo, sotto il titoletto “Replica”, ABC risponde ad una lettera di protesta inviata giustamente da membri de La Prospe per protestare per le falsità scritte in un articolo anteriore. In sua difesa il periodico afferma di possedere prove di tutto ciò che ha scritto, nuova bugia da aggiungere al cumulo di falsità dell’articolo. Questa è solo una piccola parte di tutta una campagna “informativa” piena di menzogne e di dati falsi, inventati o tergiversati, che scatenò il quotidiano ABC per danneggiare La Prospe e difendere gli interessi dell’Arcivescovato di Madrid. In generale, le notizie scritte totalmente inventate procedono dalla stessa fonte di informazione. Ed il media si trasforma in complice delle stesse quando (sia per interessi di potere, per clientelismo, per sensazionalismo, ecc.) le pubblica senza verificarle. Nel caso in cui si scopra la falsità, la responsabilità si divide fra ciò che crea la notizia e ciò che la diffonde. In cambio la falsatura parziale dell’informazione, molto più comune e difficile da verificare, è spesso prodotto dello stesso periodico, il quale, partendo da un fatto reale, lo deforma ed adultera in funzione dei suoi interessi. 2.2 Informazione falsa visiva Disegnare informazione visiva falsa è tecnicamente più complicato e suppone un rischio maggiore che realizzare falsa informazione scritta. Però risulta più credibile, poiché l’informazione visiva viene presa di solito come immagine della realtà stessa. Si può generare falsa informazione visiva in varie forme: A) Immagini inventate. Foto che sono state direttamente messe in scena. Per esempio, verso la metà del 1999 la stampa spagnola diffuse una foto di un gruppo di zapatisti che consegnavano le armi a rappresentanti del governo messicano affermando che: “14 ribelli zapatisti disertano l’EZLN” (vedi El Paìs 31/3/99, pag. 69). Posteriormente si scoprì che era tutto una messa in scena, e che gli incappucciati che apparivano nella foto non erano zapatisti, ma gente mascherata che fingeva una falsa consegna di armi, come riporta la notizia di El Paìs del 2/4/99 (pag.70) (molto più piccola della prima e senza foto). Si può dire che la manipolazione partì dal governo messicano (manipolazione esercitata dalla fonte) e non dalla stampa, però risulta molto difficile credere che la sua diffusione sia stata realizzata senza la connivenza di quest’ultima. In ogni modo, è sorprendente che non si siano scomodati a verificare quest’informazione con l’EZLN. B) Immagini manipolate. Foto che anche se hanno a che fare con il fatto sono state manipolate per cambiare il loro significato ed implicazione. A volte viene fatto semplicemente tagliando la foto in maniera che cambi il suo significato. Vale a dire, manipolando l’inquadratura. Come varie foto apparse durante la guerra dei Balcani, la cui inquadratura fu convenientemente manipolato per associare ripetutamente i gesti di Milosevic con saluti fascisti. Per esempio, nella foto apparsa in El Paìs del 28/5/99 (vedi pag. 71) si vede Milosevic con un braccio in alto e la mano stesa, e l’altro braccio non si vede (lo hanno tagliato dall’inquadratura). Si tratta di una foto di archivio (per cui scelta arbitrariamente dal periodico) e che appare in copertina. Posteriormente, dopo la denuncia di vari lettori, lo stesso quotidiano ammise che quella foto era stata tagliata e che nell’originale si vedeva coi due bracci stesi salutando l’atterraggio di un aereo, cosa che gli dà un senso completamente differente. Però è sempre più frequente la manipolazione si realizzata mediante nuove tecniche digitali. Così nella copertina dell’ABC del 7/7/88 (pag. 72) si vede una foto delle feste di San Fermìn dove numerose bandiere del Paìs Vasco portate dal pubblico furono manipolate con il computer per convertirle in bandiere in identificabili, ed appoggiare così il senso del titolo. C) Immagini fuori contesto. In alcune occasioni si trovano foto che non sono inventate né manipolate, però sono totalmente e deliberatamente fuori contesto. Un esempio celebre che apparve in tutta la stampa mondiale durante la Guerra del Golfo è la foto del cormorano moribondo macchiato di petrolio presentata dai giornali come prova dei supposti versamenti di greggio che stava realizzando il malvagio ed “eco-terrorista” Saddam Hussein per ostacolare l’invasione “alleata”. In seguito si seppe non solo che quasi tutti i versamenti in mare furono frutto dei bombardamenti nordamericani di petroliere irachene, ma che inoltre la famosa foto del cormorano era stata fatta anni addietro in un disastro ecologico dopo l’affondamento di una petroliera nel Mar del Nord. In questo caso, l’immagine era tanto deliberatamente fuori contesto che si può considerare quasi come un esempio di immagine inventata per l’occasione. 3 SELEZIONE DEGLI ARGOMENTI DI INFORMAZIONE 3.1 La non-informazione a) Non-informazione assoluta In tutti i paesi c’è una lista di “argomenti riservati”, e come tali censurati e chiusi all’informazione in generale. In Spagna fino a poco tempo fa la Guinea Equatoriale era inclusa in questa lista. Sull’utilizzo di fondi riservati, non solo non si può informare, ma nemmeno possono essere controllati dal Parlamento. Questioni classificate come di Difesa Nazionale, attività e documenti dei servizi segreti, ecc. Logicamente, la serie di argomenti soggetti ad una censura quasi totale non sono molti, poiché lo Stato potrebbe essere facilmente accusato di mancanza di democrazia. Come commentavamo nel caso della falsa informazione, ci sono maniere più sottili per disinformare. Però i pochi argomenti vietati all’informazione generale sono totalmente fuori da qualsiasi controllo pubblico, poiché non viene mai ammessa l’esistenza di una censura, e non risulta facile accorgersi di quali sono gli argomenti la cui conoscenza ci è proibita per decisione politica. b) Non-informazione relativa Oltre a questi argomenti riservati, ci sono molti altri che, pur non essendo soggetti a censura possono essere sicuramente inclusi in questo capitolo sulla non informazione. Ci riferiamo a fatti o realtà sulle quali, anche se a volte viene pubblicato qualcosa in merito (poiché, come già detto, la loro censura totale risulterebbe grossolana e facilmente criticabile), le notizie che ci arrivano sono così scarse ed incomplete (il minimo perché non si possa dire che si stanno occultando totalmente) che in nessun modo si può dire che ci stiano informando realmente. Il fenomeno della non informazione relativa ha molte cose in comune a quello della sovrinformazione, che analizzeremo più avanti. Nella stessa forma che l’offerta di qualsiasi prodotto, per quanto sia inutile, se si è capaci di diffonderlo, finisce per generare una richiesta e rimpiazzare quella di altri prodotti più necessari, l’offerta informativa che riceviamo finisce ugualmente per modellare la richiesta del “prodotto informativo”, generando interesse per questioni che realmente sono poco rilevanti o per niente, ed in cambio insensibilizzando ed annullando ogni preoccupazione per altre che incidono in maniera importante in uno o molti aspetti della nostra vita. Per esempio, molto probabilmente la gente ammetterà che i problemi relazionati con l’alimentazione e la salute (qualità degli alimenti, manipolazione genetica degli stessi, prezzo dei prodotti alimentari, organizzazione del lavoro agricolo, i suoi costi e la creazione/soppressione di posti di lavoro) sono molto più importanti e vitali di ciò che riguarda l’industria cinematografica e la sua propaganda. Senza dubbio l’attenzione che genera nei media una consegna dei premi Oscar è infinitamente maggiore di quella creata da una riunione in cui si decidono e si profilano i criteri ed i controlli per la manipolazione genetica degli alimenti, la loro produzione e distribuzione (es. nel vertice dell’Organizzazione Mondiale per il Commercio, o WTO). In questo squilibrio di interessi avrà una motivazione l’ampia attenzione mesi prima della consegna degli oscar di tutti i mezzi informativi e, al contrario, lo scarso o nullo interesse che questi mezzi danno ai vertici delle organizzazioni come il WTO, che sono presentate come riunioni di tipo “tecnico” e per tanto abbastanza estranee ai cittadini “normali”. In ugual maniera, è molto maggiore l’attenzione prestata (dai media, e di conseguenza dal pubblico) a qualsiasi dettaglio, per piccolo che sia, della vita quotidiana di personaggi famosi, che quella diretta alle inumane condizioni di vita che i detenuti devono sopportare quotidianamente nelle carceri spagnole. Dato che si finisce per assumere che “ciò che non si vede sui giornali o in televisione non esiste”, l’assenza sistematica di informazione su un tema, fa sì che non solo non si rivendichi il diritto a conoscerlo, ma che nemmeno sentiamo la necessità di farlo perché non siamo coscienti che esiste. Segue una raccolta (non esaustiva) di argomenti propri della non informazione, vale a dire tradizionalmente “dimenticati” nonostante la loro importanza: A scala nazionale: - Fra gli argomenti importanti, per la loro vicinanza ai nostri interessi ed alla nostra vita, risalta tutto ciò che è relativo ai movimenti sociali. Associazioni e collettivi che nascono precisamente per difendere e rivendicare le questioni più vitali e vicine (associazioni di vicini, movimento dei centri sociali, movimento femminista, collettivi per la difesa dei diritti dei detenuti, contro le torture ed abusi di potere, ecc.) difficilmente trovano uno spazio informativo, mentre riceviamo ripetuta ed ampia informazione sulle questioni interne dei partiti politici (che in teoria devono occuparsi di tutte queste questioni), sui loro bisticci e problemi interni. - Situazione nelle carceri. Caratteristiche della popolazione reclusa, condizioni, tipo di misure disciplinarie. In Spagna perché fosse fatto un breve riferimento a questa questione, nel febbraio del 2000 dovettero fare lo sciopero della fame molti detenuti in celle di isolamento e varie persone del Coordinamento di appoggio. Altri argomenti carcerari sono ugualmente ignorati: condizioni di vita nei riformatori giovanili, nei manicomi, in case di riposo… - Imbrogli economici: in questioni economiche statali e municipali, non si informa sui modi di aggiudicare opere e servizi, sulla distribuzione (le entità beneficiarie) di sovvenzioni ed aiuti pubblici. Quando per interessi politici si ventila qualche imbroglio in qualche quotidiano le notizie e le critiche si centrano usualmente nella politica coinvolta, non prestando quasi attenzione all’altro accusato: generalmente qualche azienda o banca. Nemmeno vengono diffusi troppo certi indulti concessi dal governo (generalmente per reati chiamati “delitti da colletto bianco”, vale a dire: evasioni massicce di imposte, grandi frodi, ecc.). - Commercio di armi, esportazioni di armi (destinatari, benefici, ecc.), seguito delle aziende belliche. - Destino finale degli aiuti per lo sviluppo, aziende che intervengono, forma di assegnazione - E molti altri argomenti che nemmeno sospettiamo….. A scala internazionale: - Situazione del mondo indigeno in America Latina. (Guatemala, Chiapas, Brasile, Cile, ecc.) - L’Africa è un continente totalmente dimenticato dall’informazione, eccetto quando succedono grandi catastrofi naturali o selvagge guerre fratricide (incomprensibili perché non gli viene data la contestualizzazione adeguata). - Situazione dei diritti umani nei “paesi alleati” alle grandi potenze occidentali (Turchia ed il conflitto kurdo, la situazione della donna in Kuwait od in Arabia Saudita, complicità del governo o dell’esercito nella sanguinosa repressione della popolazione civile in Brasile, Colombia, Guatemala, Messico, Algeria, Thailandia, ed un lungo eccetera.) - Le implicazioni di governi, multinazionali e banche in alcuni dei commerci internazionali più torbidi e fruttiferi: commercio di armi, droga, ecc. - Politiche economiche imposte da certi organismi internazionali (FMI, BM, GATT, OMC, G8, ecc.), soprattutto in ciò che riguarda le conseguenze sociali ed umane delle loro decisioni. Chi controlla questi organismi? Chi ed in funzione di quali criteri decide le politiche da applicare? 3.2 “Informazione-fulmine”. Notizie che appaiono e scompaiono È un fenomeno comune nel panorama informativo la repentina apparizione di numerose notizie relazionate con uno stesso argomento o con certi fatti (anche se questi esistevano già molto tempo prima, e non erano mai stati riportati come notizia). Durante un certo periodo di tempo il pubblico è bombardato da tutti i media con notizie, reportage, interviste, ecc. sopra un certo argomento, passando in primo piano nell’attualità informativa. Quando all’improvviso inizia a diminuire il flusso di notizie, arrivando a sparire completamente anche se la situazione in causa non è ancora finita o non è ancora stata risolta. Si capisce che in molti casi questo fenomeno non è casuale, ma risponde agli interessi del mezzo informativo o delle fonti informative non rese pubbliche, spesso difficili da verificare. a) Apparizione Come nel caso dell’informazione falsa (vedi capitolo), nelle “informazioni-fulmine” risulta spesso ugualmente complicato distinguere se la causa della loro comparsa è direttamente attribuibile allo stesso mezzo di comunicazione o procede dalle loro fonti di informazione, che utilizzano il mezzo come diffusore. Come sappiamo, le principali fonti di informazione dei media, a parte i giornalisti, sono le agenzie di stampa internazionali (anche aziende multinazionali) e i dipartimenti di stampa o di pubbliche relazioni di istituzioni statali e delle grandi imprese (vedi capitolo Fonti di informazione). Quando una istituzione o un’impresa è molto interessata nel rendere pubblici certi fatti secondo il suo punto di vista, gli basta nutrire i media con informazione di gran qualità ed interesse perché questi abbiano un’eco. b) Propagazione La propagazione di “notizie fulmine” da parte di tutti i media non sempre vuol dire che tutti abbiano gli identici interessi. Spesso viene dato ciò che potremmo denominare “contagio dell’attualità”, vale a dire: se uno o più media concedono molta attenzione ad un fatto, riuscendo ad attrarre l’attenzione del pubblico, il resto dei media dovranno informare ugualmente dello stesso per non restare indietro e perdere la capacità di “offrire attualità”. Per tanto la propagazione spesso si deve a ragioni commerciali, di competitività informativa. c) Scomparsa Una volta che la diffusione massiccia di un fatto abbia soddisfatto gli interessi occulti a cui si doveva la sua comparsa (togliere prestigio o persino far cadere un governo, scatenamento di una guerra, ecc.), l’informazione al rispetto suole sparire con la stessa rapidità con la quale apparve, anche se la situazione o i fatti ancora non si sono risolti. In altri casi la sparizione si deve semplicemente ad un fenomeno di saturazione del pubblico, stufo di ascoltare o leggere sempre la stessa informazione sopra la stessa cosa. Così anche argomenti tremendamente drammatici (come la violenza contro le donne, le mattanze in Algeria, gli incidenti di lavoro), finiscono per banalizzarsi e si convertono in “una parte in più del paesaggio informativo” quotidiano, e smettono di avere rilevanza o interesse per il pubblico. In tal caso il media tende a farle sparire (anche se la realtà sulla quale si informa non sparisce), almeno per un periodo di tempo. Esistono esempi molto chiari di “informazioni fulmine”: Quello del terrorismo di stato dei GAL, ampiamente diffuso in principio dal periodico El Mundo, ed in seguito per “contagio di attualità” dal resto dei media, anni dopo del verificarsi dei fatti. L’origine di questi improvvisi bombardamenti risponde ad interessi politici ed impresariali, più o meno chiari, però per niente manifesti (i media fingono sempre neutralità). El Mundo iniziò una feroce campagna di accuse contro il governo “socialista” scatenando e dando eco alla maggior parte dei casi di corruzione. Curiosamente dalla caduta del governo del PSOE questo quotidiano ha dimenticato notevolmente il caso GAL, che a stento ritorna di attualità nell’insieme dei media (anche se restano molti processi da terminare). Un altro esempio è la dittatura di Suharto in Indonesia; appoggiata dagli Stati Uniti e tremendamente sanguinosa, che continuava da anni ad assassinare migliaia di oppositori politici (comunisti, indipendentisti di Timor, ecc.) davanti al silenzio unanime e complice dei media occidentali. Di improvviso, circa due anni fa, iniziano ad apparire sulla stampa articoli e reportage denunciando il carattere tirannico e mafioso del regime indonesiano. Mesi dopo scoppiarono in Indonesia rivolte studentesche, ampiamente coperte dei media, e seguite dalle “dimissioni” di Suharto. Subito dopo essere stato sostituito da Habibi, uno dei suoi uomini di fiducia, d’improvviso l’Indonesia torna a sparire dalle notizie di attualità. Che è stato di Suharto? E delle proteste studentesche? Qual è la politica del nuovo governo? E c’è stato qualche cambiamento realmente democratico? In questo caso, possibilmente l’origine dell’”informazione fulmine” si deve cercare nei governi occidentali che controllano la situazione politica indonesiana (Stati Uniti o Australia); o magari nelle compagnie petrolifere che controllano la tremenda produzione di greggio di questo paese. Gli uni o gli altri sono probabilmente i responsabili della rapida diffusione e della brusca sparizione dell’informazione sull’Indonesia. Come un esempio significativo di repentina scomparsa interessata di un’informazione risalta l’insieme di notizie sulla sollevazione zapatista in Messico. La spettacolarità e novità della sollevazione assicurò la sua massiccia diffusione all’inizio del 1994, però l’attenzione dei media si ridusse improvvisamente in maniera drastica in coincidenza con la visita del presidente messicano in Spagna. Adesso, quando la repressione dell’esercito messicano è forse maggiore, si parla appena degli zapatisti. 3.3 La sovrinformazione Nell’altro estremo della non-informazione o carenza informativa di determinati temi troviamo il processo di “sovrinformazione” di altri. Entrambi, come facce di una stessa moneta, costituiscono una forma di disinformare. Numerosi esperti di comunicazione, come Ignacio Ramonet, centrano gran parte delle loro critiche ai media su questo fenomeno della sovrinformazione. La sovrinformazione si manifesta in due forme differenti: a) Sovrinformazione di alcuni aspetti di un argomento informare in modo molto abbondante sopra certi aspetti di un argomento è una forma di emarginare altri aspetti, speso più importanti, polemici o chiarificatori. Non è che non si informi sopra questi ultimi aspetti, ma gli viene dedicato così poco spazio comparato a quello che si dedica agli altri aspetti che passano praticamente inosservati agli occhi del pubblico in generale. Allo stesso tempo si diffonde la sensazione di essere esageratamente informati sopra un fatto, col il quale i media stanno compiendo la loro funzione, quando in realtà ci forniscono aneddoti ma scarseggiamo di chiavi per comprenderlo. Questo è il tipo di sovrinformazione più comune. Di solito si materializza con una valanga ripetitiva di certe informazioni, dati ed immagini (spesso seguendo una linea sensazionalista, di notizia-spettacolo) senza entrare realmente nel fondo della questione. Come abbiamo commentato, paradossalmente l’eccesso di informazione su di un tema suole produrre un effetto simile al non informare realmente sullo stesso. Per iniziare, un gran volume di informazione costante obbliga a leggere superficialmente, vale a dire, principalmente i titoli ed alcun trafiletto. E come abbiamo visto nella sezione dedicata a questi elementi, sono spesso i più manipolativi dentro una notizia. Il lettore, non essendo capace di assimilare tanta informazione, in gran parte deliberatamente superflua ed inutile, termina per saturarsi dell’argomento trattato. Questo può portare a che finisca per ignorarlo (se si oltrepassa una certa soglia di sovrinformazione) o, più comunemente, che accetti senza nessuno spirito critico la versione dei fatti con la quale lo bombardano. Abbonda per esempio l’informazione sopra gli attentati dell’ETA ed il loro intorno, e le dichiarazioni in merito di personaggi pubblici, però si informa a mala pena sul contesto politico e sociale nei Paesi Baschi, sulla storia recente del nazionalismo basco o sulla strategia poliziesca repressiva. Centinaia di pagine di giornale, di ore di televisione e di radio, di dibattiti, discorsi ed articoli dedicati ogni giorno al conflitto basco, e senza dubbio la maggior parte della gente ignora quasi tutto sullo stesso. Quale miglior esempio di sovrinformazione disinformativa? Un altro esempio più concreto ed illustrativo è estratto dal contesto della Guerra del Golfo: in una inchiesta realizzata a Denver (Stati Uniti) nel febbraio del 91 (in piena guerra) l’81 per cento degli interrogati era capace di rispondere quanti missili Patriot avevano lanciato “gli alleati” contro gli Scud iracheni il giorno anteriore, però solo il 2 per cento sapeva che una delle principali ragioni per cui l’Iraq aveva invaso il Kuwait alcuni mesi prima erano le manovre delle autorità kuwaitiane per abbassare il prezzo del petrolio (esempio preso dal libro”Occhio ai media!” di Michel Collon). La sovrinformazione si basa spesso sull’informare molto (e superficialmente) sul “come?” (nel caso anteriore, come si sta sviluppando la guerra) ed informare appena sul “perché?” (perché si iniziò realmente questa guerra) e sul contesto del fatto. b) Sovrinformazione su temi banali Alcuni argomenti aneddotici e banali sono oggetto di grande attenzione da parte dei media, presentandoli come di grande importanza. L’effetto è quello di distrarre l’attenzione pubblica da altri fatti e realtà molto più importanti per la vita delle persone e della società. Si distoglie l’attenzione da questi argomenti e si dirige verso altri meno conflittuali, in ogni caso meno compromettenti per i poteri dominanti: matrimoni reali, calcio, scandali amorosi del tipo del caso Lewinsky o sulla vita e morte di Lady D, ecc. con l’auge della telespazzatura (programmi rosa, Reality-show, ecc.) questi argomenti banali ed aneddotici hanno guadagnato un protagonismo insolito, invadendo anche le copertine dei giornali e gli spazi televisivi di informazione generale. Col tema della sovrinformazione ha molto a che vedere la tremenda concentrazione mediatica attuale, vale a dire che sempre più mezzi di comunicazione stanno in mano a sempre meno persone. Così una azienda multimediatica è capace di diffondere uno stesso fatto, o una stessa versione dello stesso, da una grande diversità di mezzi di comunicazione, dando vita per conto suo ad una autentica campagna di sovrinformazione interessata. Come già affermava uno dei primi teorici (e pratici) della comunicazione sociale, Göbbels (responsabile della propaganda nazista nella dittatura di Hitler): “La più grande bugia ripetuta cento volte si trasforma in una grande verità”. La ripetizione asfissiante di una informazione genera credibilità, ed ancor più se si realizza da una grande quantità e varietà di media. Quindi il recettore tende a credere ad una versione dei fatti, o a dar maggiore importanza ad un argomento banale, quanto più numerosi e diversi siano gli informatori che coincidono nel dare la stessa versione, ignorando che in realtà tutti possono appartenere alla stessa azienda. Per esempio, il gruppo mediatico spagnolo Prisa può attualmente diffondere un fatto od una versione dello stesso simultaneamente mediante le notizie dei quotidiani El Paìs e Cinco Dìas, le radio Cadena SER e Antena 3Radio ed il canale TV Canal Plus; mediante studi dell’agenzia di statistica Demoscopia e mediante monografici dei suoi editoriali Alfaguara, Aguilar, Santillana e Taurus. Poi la sovrinformazione può estendersi ad altri gruppi mediatici mediante il “contagio di attualità”. Il fenomeno della sovrinformazione può rispondere a varie cause, a seconda dei casi e delle circostanze. Spesso la sovrinformazione di un tema banale o degli aspetti banali di un argomento risponde ad interessi politici, che hanno la loro origine nei gruppi di potere e di pressione e che contano con la collaborazione attiva dei mezzi di comunicazione. Non ci dimentichiamo che questi sono imprese spesso controllate da entità bancarie od altre multinazionali strettamente relazionate con i circoli del potere. A questi interessi politici di solito si sommano gli interessi commerciali, di modo che spesso risulta complicato distinguere le cause reali di una campagna di sovrinformazione. Per esempio, la diffusione di fatti banali però propizi al sensazionalismo ed alla morbosità (che includano sesso, violenza, gente famosa, ecc.) ottiene sempre un notevole aumento degli ascolti o dell’acquisto della stampa. D’altra parte, la dura competizione commerciale fra aziende medianiche suole portare al “contagio di attualità”, vale a dire che se un’azienda riesce a rendere di attualità un argomento, il resto delle aziende in competizione dovrà ugualmente considerarlo, per non perdere ascolti. In questo modo, il bombardamento informativo che ci propina un gruppo aziendale si moltiplica quando la diretta concorrenza “segue la corrente per non rimanere indietro”. Anche se ogni impresa da una versione propria dei fatti, d’accordo coi suoi interessi (ma a volte possono coincidere anche questi), in ogni caso tutti i media parlano costantemente delle stesse cose. I fatti sono ormai rabbiosa attualità, e la sovrinformazione è servita. Un buon esempio di come dietro una stessa notizia ci possano essere tanto interessi politici come commerciali fu il Caso Lewinsky: le relazioni sessuali adultere di un Presidente di Governo (sesso, personaggio famoso) sono diffuse per ragioni politiche (da parte dell’opposizione Repubblicana, per infangarne l’immagine) con tale intensità che persino i media alleati (pro-Democratici) si vedono obbligati a trattare il tema (contagio di attualità). Nello stato spagnolo, senza dubbio, la tremenda diffusione di un caso che riguarda principalmente la politica interna americana non si spiega tanto con gli interessi politici, quanto con quelli commerciali: dovuto all’alto contenuto morboso del fatto. Un altro caso più vicino fu quello di tre ragazze sequestrate, violentate ed assassinate ad Alcàsser verso la fine del 1992. un fatto senza dubbio terribile, però non molto più di altre migliaia che ogni anno succedono in Spagna e che non raggiungono una grande diffusione. Il triplice crimine di Alcàsser fu senza dubbio così intensamente diffuso e sfruttato dai media, che in solo una settimana il fenomeno raggiunse quote di allarme sociale. Il fatto si produsse proprio quando i Reality Shows iniziavano a guadagnare grande popolarità nella televisione spagnola, per cui l’origine di questa quasi isterica campagna di sovrinformazione fu basicamente commerciale: questo tipo di programmi trovò in un caso così morboso (violenza e sesso) il suo “battesimo del fuoco” col quale raggiunsero una quota di ascolti impressionante. Però subito dopo il fatto fu ripreso dagli spazi di informazione generale (stampa quotidiana e telegiornali), in uno spiegamento di “giallismo” giornalistico senza precedenti. Possibilmente per ragioni commerciali: per sfruttare al massimo l’audience che i Reality-Shows erano riusciti a generare. Però anche per ragioni politiche, poiché l’allarme sociale fu tale che il governo del PSOE, con in testa il Ministro degli Interni Corcuera, ne approfittò per agire contro la magistratura (accusandola di essere troppo permissiva con i criminali) ed introdurre, con l’appoggio di un’opinione pubblica molto sensibilizzata, modificazioni che indurirono la politica di permessi penitenziari del nuovo codice penale in progetto. Anche se secondo molti giudici tali modificazioni (che appoggiavano la linea di Corcuera e della sua criticata Legge di Sicurezza Cittadina: “Legge Corcuera”) violavano lo Stato di Diritto, il PSOE si appoggiò sull’”allarme sociale” per introdurle.
La Scuola Popolare “La
Prospe” è un centro di cultura popolare per persone adulte. Nella “Prospe”
crediamo che l’educazione non deve limitarsi ad accumulare nozioni, ma
che bisogna apprendere in forma partecipativa ed attiva per cambiare la
società. Si realizzano le
seguenti attività:
Mail:
prospe@nodo50.org
LA ESCUELA.- La Escuela Popular de Personas
Adultas de Prosperidad es un proyecto pedagógico y social que
surge por iniciativa popular en 1973 en el barrio madrileño de
Prosperidad. Un proyecto de educación de personas adultas iniciado,
por lo tanto, por gente del barrio, con gente del barrio y para la
gente de ese y cualquier otro barrio.
Esta labor de renovación pedagógica, posible, ya se ha dicho arriba, por el diálogo, frecuente e igual, que se da entre todas/os los que participamos en el proyecto de la Escuela Popular de Prosperidad y también entre las Escuelas Populares de Adultos de Madrid, sirvió, por ejemplo, para que la Consejería de Educación de la Comunidad de Madrid editara materiales didácticos destinados a profesores que trabajan con personas adultas: los Módulos Globalizados, por ejemplo, en 1990. La manera de enseñar en La Prope fomenta el conocimiento de la realidad, la reflexión crítica sobre esa realidad, la solidaridad con aquellos que luchan por cambiar esa realidad por otra mejor, la capacidad de decisión acerca de qué hacer en esa realidad y la capacidad de actuación para transformarla. En resumen, se concibe la educación como un instrumento de transformación social. Organizarse de forma autogestionaria forma parte de lo que hay que aprender en la Escuela. Se trata del aprendizaje de un modo de relación entre personas plenamente democrático y es un paso hacia la transformación de una sociedad que delega en otros su derecho a opinar y decidir a otra sociedad donde la gente participa directamente en las decisiones que tienen que ver con su vida en comunidad. Participar en las Asambleas lleva aparejado aprender a analizar los problemas que se van a discutir , a reflexionar críticamente sobre ellos, a exponer oralmente y de forma comprensible las ideas que una/o tiene, a defenderlas, a escuchar a los demás, a pensar en aquellas decisiones que benefician a todas/os y no sólo a una o uno mismo, a considerarse uno más, igual en derechos y deberes que el resto, a participar y corresponsabilizarse de las decisiones asumidas por todas/os, etc.
Todos/as enseñamos y todas/os aprendemos. Los que hoy son monitoras/es en un curso son también alumnos/as en otro. Los propios Grupos de Aprendizaje Colectivo, experiencia puesta en marcha en el curso 97 / 98, tienen entre sus objetivos hacer desapercecer las figuras del monitor/a y del alumno/a. El educador tiene el papel de facilitador de la comunicación no el de único conocedor de la verdad. Por todo esto se puede considerar a la Escuela Popular de Prosperidad como una cooperativa de cultura popular. Los Grupos de Aprendizaje Colectivo (GAC) fueron una propuesta aceptada en las asambleas de junio de 1997. Su objetivo último era contribuir a crear una sociedad sin mecanismos de dominación. Se asignó a estos grupos la tarea pedagógica de fomentar valores opuestos y/ o alternativos a aquellos que defienden y sostienen la sociedad de tipo capitalista en que vivimos. Debían tener en cuenta que el conocimiento debía utilizarse para la acción y la acción para el bien colectivo. También que la relación entre el coordinador/a de un GAC y el resto de los miembros de ese GAC debería ser tal que ocurriese, en un momento dado, que todas/os llegaran a adoptar el rol de coordinadores/as en el grupo, esto es, que todas/os participaran como protagonistas de los aprendizajes que se irían alcanzando en el trabajo de grupo. La relación entre los miembros del GAC debía ser una relación entre iguales basada en el constante diálogo. La metodología está basada en la participación, y en la no competición. Hay participación cuando se logra que la alumna/o sea protagonista y agente activo y creativo del proceso educativo. En la Escuela es corriente que las monitoras/es presenten a las alumnas, al inicio de las clases, la Programación prevista para el curso con el fin de discutirla y modificarla entre todas/os si se cree conveniente. Es corriente también que, durante el año, entre todas/os, se revisen metodología, contenidos y materiales didácticos. La relación educativa se establece con el diálogo, de forma horizontal, superando así la relación distante y jerárquica monitor/a - alumna/o, diálogo que nos enseña que en educación de adultos hay que partir de la propia experiencia de los adultos en la vida, partir de lo que saben para para aprender cosa nuevas y llevarlas de vuelta a la vida. Es no competitiva. No hay mejores, ni peores, ni aprobados ni suspensos. Lo que hay son personas que quieren aprender, que son conscientes de sus dificultades para aprender, que aceptan a las/os demás con sus dificultades y que se ayudan mutuamente para superar esas dificultades. Nadie puede pensar que el curso ha sido todo un éxito cuando finaliza si en el grupo ha quedado alguna persona que no ha avanzado en la adquisición de conocimientos, o en su capacidad para relacionarse con los demás, o en la estima que tiene de sí misma. En la Escuela los contenidos educativos que se trabajan, tienen que ver con el mundo que hay alrededor. Es muy normal que en las clases se introduczcan, desde distintos puntos de vista y con todo el rigor científico posible, aquellos hechos sociales que nos afectan como personas que habitamos un mismo planeta: la discriminación de la mujer, los atentados contra el medioambiente, los gastos militares y las guerras, las desigualdades Norte-Sur, la necesidad de viviendas y espacios autogestionados de cultura popular (okupación), los atentados de grupos fascistas organizados, etc. Ser capaz de tomar decisiones y responsabilizarse de sus consecuencias forma parte de lo que se aprende en la Escuela. Esto se aprende y se aplica en la adopción, por parte de la Escuela, de una postura propia (decidida en Asamblea ) ante aquellos problemas sociales que afecten a los miembros de la Escuela . (Esto no influye en la forma de trabajar esos problemas sociales en las clases - siempre desde dintintos puntos de vista y con datos objetivos - ) . Se toma postura y se asumen las consecuencias: participar junto con otros grupos en la preparación de lo que se vaya a hacer; propagar lo que se va a hacer; ir a los actos propuestos; poner dinero , etc. La evaluación es permanente y se hace sobre todo lo que se realiza en la Escuela. La evaluación es siempre autoevaluación y coevaluación. Se evalúa el trabajo dentro de cada grupo, en el que cada persona ejerce la autocrítica sobre sí misma y los demás contribuyen, con sus aportaciones, a enriquecer esa autocrítica, y se evalúa el trabajo dentro de la Escuela. Esto último ocurre en una serie de asambleas generales que hacemos en junio, en la que todos los que formamos parte de la Escuela tenemos voz. Las personas, al entrar en la Escuela, se comprometen libremente a aceptar una manera de funcionar ( decidida en Asamblea y que puede ser cuestionada y cambiada) con el grupo en el que entran y con la Escuela en general. Las evaluaciones sirven para comprobar si la manera de funcionar sirve para lograr los objetivos pedagógicos y sociales que nos proponemos o no. http://prosperesiste.nodo50.org/planteamientos.htm
ARGUMENTOS POLÍTICOS
CONTRA EL DESAHUCIO
Exposición: 4.1 La escuela de la Prospe tiene un
carácter popular ( público) que es diferente del carácter estatal de
los centros de educación de adultos que dirige la Administración: 4.2 La labor educativa del La Prospe
en el ámbito de la educación de adultos ha sido reconocida por las
propias administraciones: Ministerio de Educación y Cultura y la
Comunidad de Madrid: 4.3 El desahucio de la Escuela es claramente una maniobra especulativa del arzobispado, respaldada por el Ayuntamiento. 4.4 Apesar de que el derecho de asociación es un derecho constitucional, en nuestro barrio, al igual que ocurre en la mayoría de barrios de Madrid, no hay locales donde quienes se asocian ( estén o no reconocidos por el Estado ) puedan ejercer libremente este derecho. 4.5 Existe una política de acoso institucional contra cualquier forma de autoorganización popular que no sea afín a las instituciones oficiales. Las administraciones potencian proyectos no políticos, de asistencialismo social o caridad laica. 4.6 En la Escuela, desde hace varios años hemos prestado especial atención al hecho de la inmigración. Nuestra Escuela es lugar de encuentro y convivencia de personas de distintas razas y culturas. 4.7 No queremos que acaben con una experiencia educativa en la que las mujeres participan mayoritariamente y enseñan a los hombres a superar actitudes y comportaminetos machistas. Desarrollo: 4.1 La iniciativa Popular no es lo mismo que la Estatal: el caso de La Prospe y el Ayuntamiento de Madrid.- El Ayuntamiento dice que ya satisface las necesidades educativas y culturales del distrito de Chamartín en general y del barrio de Prosperidad en particular. Sin embargo en sus aulas no se da
una educación que fomente : Y como esto no se da, es lógico que no haya una metodología basada en la participación de las personas en el proceso educativo y en la gestión del propio centro educativo. En las aulas de educación para
adultos del Ayuntamiento ocurre que: En la Escuela Popular de
Prosperidad, todas/os participan en todas las cuestiones que
tienen que ver con la labor pedagógica y con la gestión: dirección
-colectiva y asamblearia- administración, tesorería, mantenimiento y
limpieza. Ésta forma de funcionar, abierta e integradora, es la que
hace que tanto la labor pedagógica y de gestión (no olvidar que la
autogestión forma parte del curriculum para todos los cursos) se
enriquezca y mejore.
4.2 Intereses económicos y políticos particulares y no sociales están detrás de la decisión del Ayuntamiento de expulsar a la Escuela Popular de Prosperidad de los locales donde lleva más de 18 años con un ingente proyecto educativo y cultural que se inició hace 26 años. No es posible creer que los reconocimientos que el MEC - reconocimiento público, en noviembre de 1990, a la labor educativa realizada desde 1973 por la Escuela Popular de Prosperidad mediante concisión de una Mención de Honor con motivo de la celebración en el estado español del Día Internacional de la Alfabetización; reconocimiento en noviembre de 1991, de nuevo a su labor educativa, otorgándole el 3er premio de entre los premios "MIGUEL HERNÁNDEZ"- y la Comunidad de Madrid - somos Centro colaborador de la Comunidad de Madrid en su programa de Alfabetización y Educación de Personas Adultas - han hecho a la Escuela Popular de Prosperidad por su labor educativa no sean suficientes para que el Ayuntamiento de Madrid no vea el interés social que para el barrio de Prosperidad tiene la Escuela. No queda más remedio que pensar que detrás de lo que hizo el Ayuntamiento estaba favorecer los intereses económicos de la Iglesia (y quizá los de la constructora que realice las obras en el futuro solar de la calle General Zabala 10bis) y los políticos, de aquellos que, como los del PP, ven en la iniciativa popular y la autoorganización social una amenaza para el modelo de sociedad que propugnan. 4. 3 Las intenciones de la Iglesia , inmediatas o a largo plazo, son especulativas.- ¿Sabíais que cuando se elaboraba el
Plan General de Urbanismo de Madrid el arzobispado de Madrid presentó
207 alegaciones para cambiar el uso del suelo? Pues sí, corría el mes
de abril del año 1991. La iglesia (no se merece la mayúscula) en su
deseo de obtener recursos económicos con la venta de parte de su
patrimonio solicitó al Ayuntamiento que para 144 parcelas de su
propiedad cambiase la calificación de "uso religioso" por otra que les
permitiera venderlas como terrenos donde construir viviendas, garages,
industrias u oficinas. 4.4 El Ayuntaminento de Madrid atenta contra el derecho constitucional de asociación (artículo 22 del Titulo I ) al haber iniciado las acciones conducentes al desahucio de La Escuela Popular de Prosperidad.- No hay espacios ni en Madrid ni en el barrio para la iniciativa social. El Ayuntamiento de Madrid, a través de la Junta Municipal del distrito de Chamartín, acordó romper el contrato de arrendamiento que tenía con el Arzobispado para usar los locales de la calle General Zabala 10 bis. Corría el año 1990. En mayo de 1991, al poco de instalarse el PP en los sillones municipales, nos escribieron para decirnos que teníamos que irnos, que el edificio lo entregaban a la Iglesia y que a la calle. Se nos decía que nos fuéramos y nunca se nos ofreció espacio alternativo alguno donde la Escuela pudiera seguir desempeñando su labor educativa. Esa forma de actuar sólo respondía al deseo de acabar con un proyecto cultural que en aquellos entonces llevaba 18 años funcionando. Lo que se aprecia es un deseo por parte de las instituciones de acabar con cualquier iniciativa popular. No sólo contra la Escuela, también se ha intentado acabar con la Asociación de Vecinos del barrio y se ha desalojado el Centro Social Okupado "La Galia". 4.5 Se margina a ciertos movimientos sociales mientras que a otros, afines a las instituciones, (ONGs) se les potencia. Se fomenta con ello el asistencialismo y la caridad laica al objeto de que no cambien las cosas. 4.6 El Ayuntamiento, que debe promover acciones en favor de la convivencia entre razas y culturas y en contra del racismo y la xenofobia, cierra una Escuela que es lugar de encuentro multicultural e interrracial. En la Escuela Popular de La Prospe
desde hace varios años hemos prestado especial atención al fenómeno de
la inmigración. Consideramos que en la actualidad nuestra Escuela es
un lugar de encuentro y convivencia de personas que tenemos distintas
culturas. 4.7 No queremos
que acaben con una experiencia educativa en la que las mujeres
participan mayoritariamente y enseñan a los hombres a superar
actitudes y comportaminetos machistas. |
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