Massaggi e monitoraggi
di UMBERTO LANDI
Circa due mesi fa, mi è capitato di dover fare dei massaggi alla schiena. Mi sono rivolto ad un Centro di media qualità e gli operatori sono riusciti a farmi provare quei benefici che solitamente ci si attendono da queste terapie fisiche.
Alcuni giorni però, essendo i massaggiatori più capaci impegnanti in un convegno fuori sede, fui affidato ad una ragazzotta - forse ancora in formazione, comunque molto meno capace, la quale si limitava a ungermi lievemente la schiena - con i polpastrelli delle dita - con l’olio per i massaggi; il suo modo di fare era tra l’imbarazzato e l’incapace. Ovviamente in tali serate provai solo un senso di inutilità della seduta, di forte frustrazione e di spreco di tempo.
Quella esperienza mi è tornata in mente, nel vedere qualcuno degli ultimi ‘monitoraggi’ avviati nella scuola
( Penso che difficilmente si potrebbe sapere quanti ne sono in corso e quanti non si sono conclusi o comunque non hanno prodotto effetto alcuno. Fanno monitoraggi il Ministero, gli IRRE, la BDP, il CEDE, i Nuclei di supporto all’autonomia, scuole singole e in rete cui tra poco si aggiungeranno i CIS ecc.)
Leggendo le ‘domande’ dell’immancabile questionario di uno di tali monitoraggi mi è tornata alla mente l’esperienza infelice dei massaggi ridotti a ungitura: domande generiche e superficiali, richiesta di dati che si potrebbero attingere anche per altre vie ecc.: Come nel caso della ‘ungitrice’ un rito inutile e quasi il timore di toccare punti nevralgici. In entrambi i casi, perdita di tempo senza beneficio alcuno e con qualche fastidio.
Come il vero ‘massaggio’ dovrebbe attivare, mobilitare, tonificare, rivitalizzare e valorizzare le potenzialità dell’organismo così un vero monitoraggio dovrebbe fare verso le parti vitali del sistema scuola che sono i suoi operatori prevalenti: docenti e dirigenti.
Per fare questo bisogna ‘toccare e trattare efficacemente’ i ‘nodi’ reali e i punti vitali, farlo in modo efficace e in tempo rapido, restituire i dati rilevati in tempi altrettanto rapidi e comunque utili per ‘attivare, mobilitare e valorizzare le risorse umane e professionali’.
Chi avesse fatto - nel sistema scuola - esperienza di monitoraggi di questo tipo è pregato di farmelo sapere. Non sono pessimista e scettico per partito preso.
Più recentemente mi è capitato di fare esperienza di un altro tipo di monitoraggio: quello che si fa nelle sale di terapia intensiva postoperatoria.
Il luogo di per sé ha aspetti di ‘sofferenza’ e non tutto funzionava alla perfezione ( ogni contesto lavorativo e di servizio ha i suoi problemi e le sue pecche) ma lì la definizione di monitoraggio aveva un senso reale: ‘ controllo dell’andamento di fenomeni fisici, chimici, biologici per mezzo di un monitor’ come dice il Palazzi - Folena che precisa: in medicina: ‘ controllo costante delle condizioni fisiche di un malato grave, in modo da consentire un intervento tempestivo in caso di peggioramento’.
Gli operatori addetti a tale servizio - medici ma soprattutto paramedici - per mia diretta esperienza - con il loro dinamismo e i loro e interventi davano senso reale alla funzione cui erano preposti e al significato di ‘monitoraggio’
Ritornando ai tanti monitoraggi che imperversano nella scuola, che cosa si può pensare e dire ? Qualcuno sembra piuttosto un ‘sondaggio’ utile a chi dal ‘centro’ deve ancora governare il sistema e per poterlo fare ha bisogno di dati, almeno a campione. Altri non si capisce bene a cosa servano. Molti - di quelli per i quali è prevista la ‘restituzione dei risultati’ alle scuole ‘monitorate’ lo fanno con tanto ritardo ( o non lo fanno affatto) da rendere inutile tutto il lavoro dei ‘team di monitoraggio’ che da tre - quattro anni battono il territorio sugli aspetti più diversi del funzionamento delle scuole. riducendosi a spreco di risorse e a processi illusori.
Che questo termine sia uno dei tanti mutuati da altri comparti e introdotto nel lessico della scuola a rischio di banalizzarne funzioni e significato ( pure il collega Alberti recentemente su una rivista scolastica si è occupato di questo problema) penso sia ormai evidente.
Il guaio è che la ‘deriva semantica’ e l’suo sempre più diffuso di questo termine nella scuola (dove pare che siano molto più numerosi i monitoraggi che le ‘ azioni positive’ per fare andare avanti un servizio molto articolato e complesso) anzichè apportare qualche beneficio viene ad aggravare le condizioni di lavoro degli addetti che, oggettivamente, sono innanzitutto i docenti i cui segnali di disagio diffuso sono ormai noti ( non che siano felici i dirigenti o le famiglie-utenti !) e ai quali i ‘monitoraggi’ pure dovrebbero dare un contributo di informazioni e qualche idea regolativa per procedere con qualche certezza in più e qualche sofferenza in meno.