|
|
Recensione del libro di Danilo Dolci «Chissà se i pesci piangono» di Gianni Rodari « Chissà se i pesci piangono » raccoglie una serie di incontri testimonianze per la creazione di un nuovo centro educativo «TUTTI SAPPIAMO- dice Danilo Dolci alle mamme di Partinico, nella prima pagina del suo nuovo libro - come è necessaria una scuola nuova. Si potrebbe far crescere con le idee della gente, o senza le le idee della gente. Siamo qui per domandarci quali sarebbero i consigli per questa scuola, come sognate una scuola per i bambini vostri, come la vorreste...». Le mamme, dapprima timide e
disorientate, prendono via via coraggio a parlare, raramente
interrotte da una domanda, dall'invito a precisare un concetto, da una
sottolineatura. Il
Socrate che coordina il dialogo, lo pungola, lo alimenta
discretamente di stimoli , non è il furbo stratega che guida i suoi
Fedoni e Fedri e Critoni per una strada nota a lui solo, perché
arrivino dove vuole lui: ha in mente una meta, la creazione di un
nuovo centro educativo, ma non vuole
precisarla senza il contributo « della gente »; ha esperienza
e cultura, ma sa ripartire alla pari con l'interlocutore più
semplice, primo perché rispetta la sua esperienza e la cultura
(magari analfabeta) di cui lo sa portatore, secondo perché pensa che
la nuova istituzione avrà fondamenta più profonde se crescerà «
con la gente » e farà crescere tutti coloro che ci lavoreranno. Quello che gli interessa
fondamentalmente è sempre un « discorso sul metodo ». Così è
stato per la diga sullo Jato.Così dev'essere per la scuola nuova.
Perciò comincia col far parlare le mamme, i padri, i bambini, i
ragazzi, ai quali domanda - «Se dovessimo costruire una casa tutta
per voi, come la vorreste? » - e
dice « casa » non « scuola », rompendo col vocabolario
della tradizione, perché non vuol che i ragazzi parlino da « scolari
», ma da ragazzi: che prescindano totalmente dai modelli che
conoscono, che partano da zero, anche loro. O piuttosto non da zero,
ma da sé stessi: dalle
loro esigenze e dalle loro fantasie, dalla loro capacità
di reinventare il mondo. Le bambine di otto anni vorrebbero una casa " grande ....larga...in campagna per prendere aria ....con gli alberi, i fiori.....che ci mettiamo d'accordo, chi fa una cosa, chi quell'altra cosa....ci mettiamo intorno a un tavolo, in cinque o in sei....a tavolo rotondo....che studiamo un poco e poi andiamo in giardino....". I ragazzi dagli undici ai
quattordici anni la vorrebbero " vicino alla montagna e all'acqua
di un ruscello, tra molti alberi, anche con animaletti....a un unico
piano, che non si sentano i passi sulla testa; diversi gruppi, ma non
troppo vicini." Ci vorrebbero il telescopio, il laboratorio
musicale, il campo di calcio, la biblioteca, il giornale, la radio, la
televisione a circuito chiuso. E
lavoraci a gruppi, con un coordinatore a turno. Ma il ragazzo dovrà
avere anche " il suo tempo personale" Il viaggio in America Danilo interroga gli studenti di liceo, gli insegnanti delle scuole locali, i contadini impegnati nelle nuove cooperative. Interroga architetti, pittori musicisti, sindacalisti. Farà poi anche un viaggio in America per visitare, da Est a Ovest, decine di centri educativi nati con una idea nuova, fuori del quadro ufficiale. Abbiamo letto gli appunti di questo viaggio: per ogni visita una rapida informazione a uso della memoria, rilievi positivi e negativi che si incollanano in un catalogo di pericoli da evitare e di sentieri da tentare. Ma la cosa più preziosa, ad ogni pagina sono i nomi e gli indirizzi delle « persone interessanti » : quelle che hanno una cosa da insegnare. Forse quelle che varrà la pena di invitare al Borgo Trappeto, per continuare a discuterci. E del viaggio nel libro non si fa ancora parola. In primo piano vi rimangono costantemente le voci dei diretti interessati. Soprattutto dei ragazzi. E' con loro che va sperimentato il metodo della ricerca. Ed ecco l'affascinante resoconto di un "seminario", al quale hanno partecipato venti ragazzi tra i nove e i quattordici anni, dedicato alla "ricerca espressa attraverso la parola". I ragazzi scelgono di approfondire
questi argomenti: " Cosa è la noia? E la rabbia?- Incontro con
dei padri - Incontro con delle mamme - I perché a cui vorremmo una
risposta - cosa è il dolore? E la gioia? - Quali diversi silenzi
possono esistere? Essi convengono che ciascuno inizierà con lo
scrivere un breve autoritratto e cercherà poi di esprimere quanto
vede " In un passo di terra , o in una persona, o in un
albero, o in un animale, o in una situazione" Gli autoritratti
sono ancora scolastici, schematici, poco vivi, sono scritti nella
lingua dei "temi". Tutt'altra cosa sono i testi scritti
dopo che le conversazioni e le attività comuni hanno liberato nel
gruppo le possibilità della parola, e lo stesso modo di stare insieme
e lavorare insieme ha fatto nascere un linguaggio ricco di motivazioni
interiori. Le discussioni sono coordinate, a
turno, da un ragazzo, Danilo è presente e interviene,
ma alla pari, compiendo lo stesso sforzo che agli altri
è richiesto, di cercare onestamente ciò che sa, o sente, o
pensa di un argomento.Non è il Socrate che aspetta i discepoli sul
traguardo del concetto, ma il ricercatore che avanza con i compagni,
crescendo con loro, educandosi con loro.Non è da stupire, dunque, se
la parola chiave del libro finisce per essere la bella, antica parola
eternamente legata a Socrate: la "maieutica". Essa entra a più riprese nel
capitolo conclusivo del libro riservato alle "indicazioni
essenziali" di ciò che dovrà essere la nuova scuola; che di
scuola, però, rifiuta anche il nome, per chiamarsi "centro
educativo", non in omaggio al concetto-moda di
"descolarizzazione", ma per proporsi chiaramente come
alternativa alla tradizione. Il "processo maieutico di gruppo" viene al secondo posto dopo la "scoperta individuale", nell'elenco dei metodi di apprendimento e sviluppo previsti, perché il fine è di "formare una società essenzialmente maieutica". L'educatore - che nella rinnovata nomenclatura sostituirà il maestro, il professore, l'insegnante - sarà tale " in senso maieutico, cioè soprattutto educatore a un metodo". Egli è "essenzialmente un esperto di maieutica: intesa come processo di chiarificazione teorica e pratica di gruppo, che avviene sulla base dell'esperienza e della intuizione di ciascuno" .Fin dai primi anni
( il centro è concepito per ragazzi dai quattro ai quattordici
anni) avvierà i ragazzi
del gruppo a sperimentare come si può ricercare insieme, come
ci si può comprendere, come si può decidere insieme, come si può
agire insieme: come ci si può coordinare e come ciascuno può
diventare maieuta". Il metodo dei metodi. E ancora: "l'impostazione
maieutica" è vista come l'unica via di scampo dal falso dilemma
tra il "rapporto autoritario" (della scuola tradizionale) e il "quasi-caos
dello spontaneismo per reazione" ( della contestazione
anarchica). Ma bisognerà stare attenti che " l'avvio maieutico
" non sia furbescamente utilizzato come " tecnica di
sensibilizzazione e attivazione degli interessi affinchè l'adulto
possa poi appioppare la sua lezione con più successo". Danilo Dolci prevede e anticipa
l'obiezione più facile: " la maieutica era giustificata da
Socrate in quanto il conoscere era per lui reminiscenza di quanto
aveva già saputo". E risponde: " occorre individuare oltre
la favola socratica - il modello socratico stesso - il nodo
essenziale: come approfondire e allargare l'osservazione, come
esercitarla ed esprimerla in forme diverse; come approfondire e
valorizzare l'esperienza personale per cercare di risolvere i
problemi che la vita ci chiede di risolvere".All'obiezione
risponde del resto, come s'è visto, l'intero libro. e vi rispondono
le " indicazioni essenziali" dalle quali il progetto del
centro educativo e dei suoi programmi risulta già sufficientemente
chiarito. ma su questo punto non mancheranno le occasioni di
tornare con attenzione, via via che il centro prenderà vita. Ci è
sembrato più importante riferire sulla esperienza educativa della
"ricerca" che
Danilo Dolci ha condotto, con i suoi collaboratori, per fare
nascere quel progetto, perchè il metodo seguito in quella
"ricerca" si prefigura come
"il metodo dei metodi", l'autentico nocciolo intorno
a cui nascerà il centro. Il frutto è diverso dal fiore ma la
legge che li forma è unica. La "legge" per Dolci
è stata nella ricerca e non potrà non essere nel centro: "
cercare insieme", " agire insieme ". Bisogna leggere
anche nel suo giusto significato anche questa parola;
"insieme" . In una scuola, quando si dice
"insieme", si può pensare a insegnanti e ragazzi, nel
migliore dei casi: già i bidelli restano fuori,,,,( ma non,
per esempio, nelle scuole per l'infanzia emiliane).
"Insieme", per
il nuovo centro educativo, vorrà
dire anche"insieme con la gente". Anche gli educatori Danilo Dolci non li cerca soltanto tra i diplomati e i laureati. Ci sono professori che non sono educatori, e ci sono contadini che meritano invece quel titolo. Un settore del libro è intitolato
" educatori " e vi si trovano brevi, affettuosi profili, di
Franco La Gennusa, che lavora tra i contadini del consorzio irriguo
dello Jato, dei musicisti Eliodoro Sollima, Salvatore Cicero, Giovanni
Perreira, Edwin Alton ( un ex farmacista inglese che da anni
vive in Sicilia, con Dolci, per insegnare il flauto dolce ai bambini);
del pittore Ernesto Treccani, che a Borgo Trappeto è di casa,
del fotografo Mario Molino e ancora di artigiani, avvocati, architetti
, accanto a quelli di "professionisti dell'educazione"
come Lucio Lombardo Radice o Johann Galtung. " Educatori", per Danilo
Dolci sono tutte le
persone che sanno aiutare gli
altri a costruirsi.Non basta ( ma è indispensabile, naturalmente) che
essi dispongano di una tecnica corretta per insegnare quello che
sanno: occorre che siano interessati agli altri, che sappiano stare
tra gli altri come una persona che insegna e impara in ogni
momento, da se stesso e da tutti. La cattedra non fa il maestro. E nel
nuovo centro educativo non vi saranno cattedre. da " L'ORA" del 6 luglio 1973 Commento La recensione del libro di Danilo Dolci « Chissà se i pesci piangono » è un articolo di trenta anni fa.....uscito dalla penna e dal nitore mentale di un altro grande educatore e poeta : Gianni Rodari. Ma non si tratta solo ...di una recensione . Gianni Rodari registra con i preziosi riverberi della sua anima di educatore vero , i passaggi, i nodi fondamentali , le espressioni più fertili del "percorso in salita" di Danilo Dolci, nel suo sogno di scuola nuova. Il risultato è sotto i nostri occhi : un breve ma intenso trattato di vera scienza pedagogica Nadia Scardeoni
«TUTTI SAPPIAMO- dice Danilo Dolci alle mamme di Partinico, nella prima pagina del suo nuovo libro - come è necessaria una scuola nuova. Si potrebbe far crescere con le idee della gente, o senza le le idee della gente. Siamo qui per
domandarci quali sarebbero i consigli per questa scuola, come
sognate una scuola per i bambini vostri, come la vorreste...
». Le mamme, dapprima timide e
disorientate, prendono via via coraggio a parlare, raramente
interrotte da una domanda, dall'invito a precisare un concetto, da una
sottolineatura. Il
Socrate che coordina il dialogo, lo pungola, lo alimenta
discretamente di stimoli , non è il furbo stratega che
guida i suoi Fedoni e Fedri e Critoni per una strada nota a lui solo,
perché arrivino dove vuole lui: ha in mente una
meta, la creazione di un nuovo centro educativo, ma
non vuole precisarla
senza il contributo « della gente »; ha esperienza e cultura,
ma sa ripartire alla pari con l'interlocutore
più semplice, primo perché rispetta
la sua esperienza e la cultura (magari analfabeta) di cui lo sa
portatore, secondo perché pensa che la nuova istituzione avrà
fondamenta più profonde se crescerà « con la gente » e farà
crescere tutti coloro che ci lavoreranno. Quello che gli interessa
fondamentalmente è sempre un « discorso sul
metodo ». Così è stato per la diga sullo Jato. Così
dev'essere per la scuola nuova. Perciò comincia col far parlare le
mamme, i padri, i bambini, i ragazzi, ai quali domanda - «Se
dovessimo costruire una casa tutta per voi, come la vorreste?
» - e dice
« casa » non « scuola », rompendo col vocabolario della
tradizione, perché non vuol che i ragazzi parlino da « scolari »,
ma da ragazzi: che prescindano totalmente dai modelli che conoscono,
che partano da zero, anche loro. O piuttosto non
da zero, ma da sé
stessi: dalle loro esigenze e dalle loro fantasie, dalla loro
capacità di
reinventare il mondo. Le bambine di otto anni vorrebbero
una casa " grande ....larga...in campagna
per prendere aria ....con gli alberi, i fiori.....che ci
mettiamo d'accordo, chi fa una cosa, chi quell'altra cosa....ci
mettiamo intorno a un tavolo, in cinque o in sei....a tavolo
rotondo.....che studiamo un poco e poi andiamo
in giardino....". I ragazzi dagli undici ai quattordici
anni la vorrebbero " vicino alla montagna e
all'acqua di un ruscello, tra molti alberi, anche con animaletti....a
un unico piano, che non si sentano i passi sulla testa; diversi
gruppi, ma non troppo vicini." Ci vorrebbero il telescopio, il
laboratorio musicale, il campo di calcio, la biblioteca, il giornale,
la radio, la televisione a circuito chiuso.
E lavoraci a gruppi, con un coordinatore a turno. Ma il ragazzo
dovrà avere anche " il suo tempo personale" Il viaggio in America Danilo interroga gli studenti di liceo, gli insegnanti delle scuole locali, i contadini impegnati nelle nuove cooperative. Interroga architetti, pittori musicisti, sindacalisti. Farà poi anche un viaggio in America per visitare, da Est a Ovest, decine di centri educativi nati con una idea nuova, fuori del quadro ufficiale. Abbiamo letto gli appunti di questo viaggio: per ogni visita una rapida informazione a uso della memoria, rilievi positivi e negativi che si incollanano in un catalogo di pericoli da evitare e di sentieri da tentare. Ma la cosa più preziosa, ad ogni pagina sono i nomi e gli indirizzi delle « persone interessanti » : quelle che hanno una cosa da insegnare. Forse quelle che varrà la pena di invitare al Borgo Trappeto, per continuare a discuterci. E del viaggio nel libro non si fa ancora parola. In primo piano vi rimangono costantemente le voci dei diretti interessati. Soprattutto dei ragazzi. E' con loro che va sperimentato il metodo della ricerca. Ed ecco l'affascinante resoconto di un "seminario", al quale hanno partecipato venti ragazzi tra i nove e i quattordici anni, dedicato alla "ricerca espressa attraverso la parola". I ragazzi scelgono di approfondire
questi argomenti: " Cosa è la noia? E la
rabbia?- Incontro con dei padri - Incontro con delle mamme - I perché
a cui vorremmo una risposta - cosa è il dolore? E la gioia? - Quali
diversi silenzi possono esistere? Essi convengono che
ciascuno inizierà con lo scrivere un breve autoritratto e cercherà
poi di esprimere quanto vede " In un passo di terra
, o in una persona, o in un albero, o in un animale, o in una
situazione" Gli autoritratti sono ancora scolastici, schematici,
poco vivi, sono scritti nella lingua dei
"temi". Tutt'altra
cosa sono i testi scritti dopo che le conversazioni e le attività
comuni hanno liberato nel gruppo le possibilità della parola,
e lo stesso modo di stare insieme e lavorare insieme ha
fatto nasc Le discussioni sono coordinate, a
turno, da un ragazzo, Danilo è presente e
interviene, ma alla pari,
compiendo lo stesso sforzo che agli altri
è richiesto, di cercare onestamente ciò
che sa, o sente, o pensa di un argomento.Non
è il Socrate che aspetta i discepoli sul traguardo del concetto,
ma il ricercatore che avanza con i compagni, crescendo con loro,
educandosi con loro. Non è da stupire, dunque, se la parola chiave
del libro finisce per essere la bella, antica parola eternamente
legata a Socrate: la "maieutica". Essa entra a più riprese nel
capitolo conclusivo del libro riservato alle "indicazioni
essenziali" di ciò che dovrà essere la nuova scuola; che
di scuola, però, rifiuta anche il nome, per chiamarsi "centro
educativo", non in omaggio al concetto-moda di
"descolarizzazione", ma per proporsi chiaramente come
alternativa alla tradizione. Il "processo maieutico di gruppo" viene al secondo posto dopo la "scoperta individuale", nell'elenco dei metodi di apprendimento e sviluppo previsti, perché il fine è di "formare una società essenzialmente maieutica". L'educatore - che nella rinnovata nomenclatura sostituirà il maestro, il professore, l'insegnante - sarà tale " in senso maieutico, cioè soprattutto educatore a un metodo". Egli è "essenzialmente un esperto di maieutica: intesa come processo di chiarificazione teorica e pratica di gruppo, che avviene sulla base dell'esperienza e della intuizione di ciascuno" .Fin dai primi anni
( il centro è concepito per ragazzi dai quattro ai quattordici
anni) avvierà i ragazzi
del gruppo a sperimentare come si può
ricercare insieme, come ci si può comprendere,
come si può decidere insieme, come si può agire insieme: come
ci si può coordinare e come ciascuno può diventare maieuta". Il metodo dei metodi. E ancora: "l'impostazione
maieutica" è vista come l'unica via di scampo dal falso dilemma
tra il "rapporto autoritario" (della scuola tradizionale) e il "quasi-caos
dello spontaneismo per reazione" ( della contestazione
anarchica). Ma bisognerà stare attenti che " l'avvio
maieutico " non sia furbescamente utilizzato come " tecnica
di sensibilizzazione e attivazione degli interessi affinchè l'adulto
possa poi appioppare la sua lezione con più successo". Danilo Dolci prevede e anticipa
l'obiezione più facile: " la maieutica era giustificata da
Socrate in quanto il conoscere era per lui reminiscenza di quanto
aveva già saputo". E risponde: " occorre
individuare oltre la favola socratica - il modello socratico stesso - il
nodo essenziale: come approfondire e allargare l'osservazione,
come esercitarla ed esprimerla in forme diverse; come approfondire e
valorizzare l'esperienza personale per cercare di risolvere i
problemi che la vita ci chiede di risolvere".All'obiezione
risponde del resto, come s'è visto, l'intero libro. e vi rispondono
le " indicazioni essenziali" dalle quali il progetto del
centro educativo e dei suoi programmi risulta già sufficientemente
chiarito. ma su questo punto non mancheranno le occasioni di
tornare con attenzione, via via che il centro prenderà vita. Ci è
sembrato più importante riferire sulla esperienza
educativa della "ricerca"
che Danilo Dolci ha condotto, con i suoi
collaboratori, per fare nascere quel progetto, perchè il metodo
seguito in quella "ricerca" si prefigura come
"il metodo dei metodi",
l'autentico nocciolo intorno a cui nascerà il centro. Il frutto è
diverso dal fiore ma la legge che li forma è unica. La "legge" per Dolci
è stata nella ricerca e non potrà non essere nel centro: "
cercare insieme", " agire insieme ". Bisogna leggere
anche nel suo giusto significato anche questa
parola; "insieme" . In una scuola, quando si dice
"insieme", si può pensare a insegnanti e ragazzi, nel
migliore dei casi: già i bidelli restano fuori,,,,( ma non,
per esempio, nelle scuole per l'infanzia emiliane). "Insieme",
per il nuovo centro educativo,
vorrà dire anche"insieme con la gente". Anche gli educatori Danilo Dolci non li cerca soltanto tra i diplomati e i laureati. Ci sono professori che non sono educatori, e ci sono contadini che meritano invece quel titolo. Un settore del libro è intitolato
" educatori " e vi si trovano brevi, affettuosi profili, di
Franco La Gennusa, che lavora tra i contadini del consorzio irriguo
dello Jato, dei musicisti Eliodoro Sollima, Salvatore Cicero, Giovanni
Perreira, Edwin Alton ( un ex farmacista inglese che da anni
vive in Sicilia, con Dolci, per insegnare il flauto dolce ai bambini);
del pittore Ernesto Treccani, che a Borgo Trappeto è di casa,
del fotografo Mario Molino e ancora di artigiani, avvocati, architetti
, accanto a quelli di "professionisti dell'educazione"
come Lucio Lombardo Radice o Johann Galtung. "
Educatori", per Danilo Dolci sono
tutte le persone che sanno aiutare
gli altri a costruirsi. Non basta ( ma è
indispensabile, naturalmente) che essi dispongano di una tecnica
corretta per insegnare quello che sanno: occorre
che siano interessati agli altri, che sappiano stare tra gli altri
come una persona che insegna e impara in ogni momento, da se
stesso e da tutti. La cattedra non fa il maestro. E nel nuovo centro educativo non vi saranno cattedre. |
La pagina
- Educazione&Scuola©