div. gab. n. 35538-2^ Palermo, 8 maggio 1947
Oggetto: Gravi delitti commessi a Piana degli
Albanesi in occasione della festa del lavoro, il 1 maggio 1947.
Al Sign. Procuratore della Repubblica
Palermo
Il primo corrente, poco prima di mezzogiorno,
pervenne alla compagnia esterna dei Carabinieri una grave notizia:
in contrada Portella della Ginestra, territorio di Piana degli
Albanesi, era stato sparato sulla folla che celebrava la festa del
lavoro in concorso con le popolazioni di S.Giuseppe Jato e
Sancipirello, e vi erano diversi morti e feriti.
La questura, di accordo col Comando del Gruppo
Esterno dei Carabinieri, provvide, immediatamente, a inviare nei
detti Comuni, nuclei di Carabinieri e di guardie di PS, alla
dipendenza di funzionari di PS e di Ufficiali dell’Arma per l’accertamento
dei responsabili, per i soccorsi ai feriti e per il mantenimento
dell’ordine pubblico.
Perciò a Piana degli Albanesi si recarono il
Comandante la Squadra Mobile, Commissario aggiunto di PS, dott.
Guarino Salvatore, il Comandante del Gruppo Esterno dei Carabinieri,
Maggiore Angrisani cav. Alfredo e il Capitano Del Giudice Achille;
mentre a San Giuseppe Jato e a San Cipirrello, dove, frattanto, si
erano recati ufficiali e funzionari di PS dell’Ispettorato
generale di PS per la Sicilia, si recarono il vicequestore Cosenza
Filippo, il commissario aggiunto di PS sign. Manlio Lombardo, il
Maggiore dei Carabinieri Cassarà cav. Leonardo, il capitano dei
Carabinieri sign. Maneri Domenico e altri ufficiali.
Dai primi accertamenti si potè stabilire che la
mattina, come era stato praticato l’anno avanti e come si era
praticato anche gli anni anteriori al periodo fascista, molti
elementi delle popolazioni dei Comuni di Piana degli Albanesi, di
San Giuseppe Jato e di Sancipirello, appartenenti, per lo più alle
rispettive Camere del Lavoro e accompagnati anche dai familiari, si
erano recati, come d’intesa, a piedi, a cavallo e anche su carri,
in località Portella di Ginestra, un pianoro sito in territorio di
Piana degli Albanesi, tra i monti Pizzuta e Cometa, distante circa
km. 5 da Piana, allo scopo di celebrare la festa del lavoro e, nel
contempo, fare una scampagnata. Secondo dichiarò sin da principio,
il sindaco di Sancipirello, sign. Sciortino Pasquale fu Vito e di
Cimino Giovanna, nato a Sancipirello il 4 luglio 1913, e che poi ha
confermato l’annesso verbale n. 1, le comitive dei comuni di San
Giuseppe e Sancipirello, guidate da lui e dai dirigenti delle
rispettive Camere del Lavoro, giunsero sul posto verso le ore 9,
quando ancora non era giunta la comitiva del Comune di Piana degli
Albanesi. Nell’attesa, i gitanti si sparsero, a gruppi, per i
prati sia per riposarsi e sia per consumare il cibo che si erano
portato. I cavalli e i muli furono liberati dai basti e lasciati
liberi a pascolare o sdraiarsi per terra.
Quando giunse un primo scaglione della comitiva
di Piana, tutti si radunarono attorno a una specie di podio, formato
da un grosso masso di Pietra e da altri sassi sovrapposti, podio da
dove, gli anni anteriori al fascismo, aveva parlato alle folle
radunate per l’identico scopo, il propagandista Barbato. Da esso,
in attesa che giungesse l’oratore ufficiale sign.Pedalino della
Federterra si mise a parlare Schirò Giacomo di Paolo e Damiani
Calogero, nato a San Giuseppe Jato il 15 agosto 1907, calzolaio,
segretario della sezione del PSI. di San Giuseppe Jato; ma non aveva
dette che poche frasi, riscuotendo gli applausi della folla, che si
sentì una sparatoria. Non si comprese, da principio, di che si
trattasse e molti credettero che fossero detonazioni di fuochi
artificiali, in segno di giubilo.
La sparatoria continuò, con brevi intervalli tra
una scarica e l’altra. Dopo pochi minuti, accanto al sindaco di
Sancipirello cadde, grondante sangue, un giovane di Piana degli
Albanesi; cadevano, feriti, altri giovani ragazzi, cadevano anche
animali che pascolavano lì vicino. Allora si capì che si sparava
sulla folla e tutti, presi dallo spavento, si sparpagliarono in
diverse direzioni, oppure cercavano riparo dietro ai grossi sassi.
I parenti dei caduti e dei feriti, si
trascinarono costoro e si allontanarono, la maggior parte verso
Piana, perchè da quella parte si trovava subito il riparo. Quando i
funzionari e gli ufficiali giunsero a S.Giuseppe Jato visitarono
subito il sindaco sign. Ferrara Biagio di Benedetto e di Lupo Vita,
nato a S.Giuseppe Jato il 27 febbraio 1902, il quale dichiarò che
il primo maggio stava ammalato a Palermo, ma che, saputo del grave
fatto, era tornato in paese per compiere il suo dovere verso la
popolazione e specialmente verso le famiglie dei morti e dei feriti.
Egli, l’indomani, ci segnalò un ragazzo che aveva fatto
importanti dichiarazioni, ragazzo che fu subito identificato per
Cusimano Rosario di Angelo e Anna Guzzetta, di anni 12, compiuti, da
San Giuseppe Jato, abitante in via Porta Palermo, il quale, come
rilevasi dall’annesso verbale n. 2, dichiarò che la mattina del 1
maggio, si era recato alla festa insieme con la madre, alle sorelle
e altri ragazzi suoi vicini di casa. Ascoltava il discorso e batteva
le mani, quando sentì sparare. Credette che si trattasse di fuochi
artificiali, ma quando vide che cascavano ferite le bestie e la
gente scappava, egli si nascose dietro un masso. Quando il fuoco
cessò e la gente si era allontanata egli andò in cerca dei propri
congiunti e non avendoli trovati si avviò verso le case della
Ginestra per prendere lo stradale che conduce a San Giuseppe Jato.
Ad un certo punto vide tre individui armati, che passarono a poca
distanza da lui, inosservato, alla stessa distanza, cioè, che
intercorre tra il Municipio e la Caserma dei Carabinieri di S.
Giuseppe Jato (circa cinquanta metri). Perciò li riconobbe tutti e
tre. Essi erano: Pippino Troia, Totò Romano e Marinotto Elia.
Indossavano, tutti, vestiti vecchi ed erano armati: i primi due con
fucili mitragliatori, dalle canne con buchi; e il terzo con fucile a
due canne, da caccia. Quest’ultimo, inoltre, calzava scarpe
gialle, all’americana. Li seguì con lo sguardo sino al ponte
grande, finchè tracuddarono - sparirono. Il Cusimano
soggiunse che quando fu a casa, disse alla madre quello che aveva
visto ed essa gli raccomandò: ‘Non si parla, eh! Si sente ma
non si parla". E’ stato accertato che, alla festa, si
eran pure recati un gruppo di cinque giovanotti che si erano fatti
accompagnare da una donna di facili costumi.
Essi sono: Bellucci o Bellocci Ugo di Ignoti, di
anni 33, da San Giuseppe Jato; Caiola Calogero di Salvatore e fu
Anna Di Martino, di anni 29 da San Giuseppe Jato; Randazzo Angelo di
Benedetto e di Martorana Maria, di anni 26 da San Giuseppe Jato;
Rumore Angelo fu Antonino e di Bono Provvidenza, di anni 25, da San
Giuseppe Jato; Baio Antonino non meglio indicato. La donna è stata
identificata per Roccia Maria fu Francesco e fu Parrinello
Francesca, di anni 29, da Favignana, domiciliata a Trapani,
prostituta. Costoro, quasi concordemente, hanno dichiarato (veggansi
allegati nn.3-4-5-6-7) che invece di recarsi col grosso della folla,
si avviarono verso una località recondita, ad oltre un chilometro
dal pianoro della Ginestra, denominata Caramoli. Sul posto c’erano
altri due compagni di Piana degli Albanesi, non bene indicati, i
quali, però, si trattennero poco con i cinque e con la donna. Il
gruppo si era da poco messo a mangiare quando sentì le sparatorie a
brevi intervalli l’una dall’altra. Dopo vide la gente fuggire.
Allora, impressionati, si guardarono attorno e notarono che, a mezza
costa della montagna Pizzuta, scendevano due individui armati; poi,
ad una certa distanza, un gruppo di tre armati, poi un altro gruppo
di tre e, in ultimo, pure a distanza, un altro gruppo di quattro
persone divise in due. Essi, asserirono di non avere riconosciuto
alcuno, ma che una delle ultime persone portava un impermeabile
chiaro. Questa, camminando, pronunziò la seguente frase: "Disgraziati,
chi facistivu?".
Uno dei cinque giovani che stavano con la donna,
e precisamente Caiola Calogero corse a cavallo del suo mulo a
Portella della Ginestra, per chiamare la forza pubblica. Di fatti,
tornò col maresciallo e un carabiniere, i quali, visto che i
malfattori si erano allontanati, se ne tornarono a Portella. Oltre
tale dichiarazione assunta a verbale, il Caiola, al vicequestore,
nel confermare quanto aveva dichiarato, soggiunse di essersi accorto
che sulla montagna, in alto, c’erano pure due pastori che
pascolavano pecore e c’erano anche tre individui come se stessero
di vedetta.
Fra le persone che si erano recate pure alla
festa del lavoro, c’era Borruso Alberto di Leonardo e di Bona
Giuseppa, nato a San Giuseppe Jato il 3 gennaio 1928, abitante in
via Acqua Nuova, 22, contadino, il quale ha dichiarato (veggasi
allegato n. 8) che aveva preso l’incarico di trasportare sul suo
carro circa 200 razioni di pane, vino e carciofi da distribuire ai
compagni poveri. Giunto sul posto e avendo saputo che la
distribuzione doveva avvenire dopo del comizio, egli fece spingere
il carro un poco più in sù del podio dove si dovevano tenere i
discorsi, staccò il mulo dal carro e lasciando questo in custodia
del compagno Tresca Pietro, si recò verso il costone della montagna
Pizzuta per raccogliere l’erba per il mulo.
Giunto ad un punto dove c’era un bel cespuglio
di erba sulla, si accinse a estirpare detta erba dal suolo, quando
sentì degli spari. Dapprima non si seppe rendere conto; ma dopo,
essendo stato colpito da una scheggia alla punta di una scarpa,
comprese il pericolo e si riparò dietro un mucchio di pietre.
Guardando, dice lui, "con maggiore sicurezza" vide che un
individuo sparava sulla folla; e come questi si spostò da un masso
all’altro, lo riconobbe per Benedetto Gricoli, inteso Troia
perchè parente della famiglia Troia, da San Giuseppe Jato.
Il Borruso precisa di averlo riconosciuto
nettamente, in modo inequivocabile, armato di un fucile mitra col
quale sparava continue raffiche.
Gli individui indicati dal Borruso e dal Cusimano
che già erano stati fermati in un primo rastrellamento il giorno
1° maggio sono stati dichiarati in arresto e associati alle locali
carceri a disposizione di V/S Ill./ma.
Data la importanza delle dichiarazioni rese dai
testi Cusimano e Borruso, questi sono stati subito presentati a
V.S.Ill/ma per essere esaminati.
Le loro generalità sono le seguenti:
1°) Troia Giuseppe di Benedetto e fu Costanzo
Rosalia, nato a S. Giuseppe Jato il 19/1/1884, ivi residente in via
Nuova, 52;
2°) Romano Salvatore fu Vito e fu Di Marco
Francesca, nato a San Giuseppe Jato il 5/12/1908, ivi domicialiato
in via Normanni n.45, agricoltore;
3°) Marino Elia, inteso Marinotto, fu Paolo e fu
Napoli Filippa, nato a S.Giuseppe Jato il 17/10/1890, abitante in
via Normanni, n.49;
4°) Gricoli Pietro Benedetto fu Giacomo e fu
Costanza Carmela, nato il 14/8/1916 a San Giuseppe Jato.
Il sindaco di Sancipirello, nella sua
dichiarazione, assunta a verbale, il giorno 6 andante, oltre ad
avere accennato al riconoscimento del Borruso, ha segnalato pure due
giovani, uno dei quali si chiama Ferruggia Emanuele, i quali giunti
con la comitiva di Sancipirello, in attesa che giungessero quelli di
Piana degli Albanesi, si misero a gironzare per i dintorni. Appena
giunsero alle falde della montagna Pizzuta, notarono che, a mezza
costa, vi erano delle persone appostate.
Essi ne contarono sei.
Insospettiti se ne tornarono indietro per
raggiungere il grosso della folla; ma non erano neppure giunti che
sentirono sparare: si buttarono per terra e notarono che la folla si
sparpagliava spaventata.
Il sindaco di Sancipirello, sign. Sciortino
Pasquale, richiesto sui motivi di tale grave fatto, ha detto che
riflettendo, questo non può spiegarsi che come effetto della
reazione degli avversari politici. Ha ricordato, in proposito alcuni
episodi ai quali, prima, non aveva dato importanza. Il giorno 21
aprile u.s., appena si seppe che nelle elezioni il Blocco del popolo
aveva ottenuta la maggioranza, l’ex tenente dei Carabinieri sign.
Di Leonardo Pasquale di Carlo, da Sancipirello, incontratolo, lo
chiamò e, in presenza del Maresciallo Comandante la Stazione dei
Carabinieri del luogo, gli disse: "Se avete da fare
manifestazioni di giubilo, bisogna evitarle se no succede danno. Ci
sono persone che hanno la testa guasta, avvisa pure gli esponenti di
San Giuseppe, affinchè non scendano a Sancipirello". Il
sindaco, per evitare disordini non permise alcuna manifestazione.
Egli ha ricordato che, precedentemente, in un
pubblico comizio tenuto a Sancipirello, il capo della mafia locale,
Celeste Salvatore fu Pietro, volle parlare al pubblico. Fra l’altro
disse: "Una vittoria del Blocco sarà tanti fossi che si
scaveranno per i comunisti e tanto sangue sarà sparso. I figli non
troveranno il padre e la madre perchè conoscete chi sono io". Il
Celeste ricercato si è reso irreperibile.
Il possidente sign. Arcuri Michele, dopocchè
subì il sequestro di persona, prese come amministratore,
evidentemente perchè impostogli, il mafioso Battaglia Leonardo, il
quale in questi giorni, si è reso irreperibile. A proposito di lui,
certo Cardarera Filippo avrebbe dichiarato che il 30 aprile u.s.,
nella casa del Battaglia vi sarebbe stata una riunione di mafiosi.
La sera del 20 aprile, al dire del sindaco di
Sancipirello, si era sparsa la voce che in casa di Gioacchino Capra
era sta preparata una mitragliatrice per il popolo se questo fosse
sceso in piazza; e che i mafiosi erano pronti ad attaccare il
popolo. Però non successe nulla.
Infine, il sindaco suddetto ha esibito una
lettera anonima, da lui ricevuta per posta, nella quale vengono
indicati come assassini (del fatto) del primo maggio Scioano
Calogero, Mustacchia Salvatore, Lo Greco Damiano e Cangelosi
Antonino; però, Scioano e Mustacchia si sarebbero sottratti con una
calunia, una scusa, mentre Cangelosi e Lo Greco avrebbero
partecipato all’attacco.
Nell’anonimo si dice infine: "...satti
guardare perchè il Maresciallo del vostro paese era pure complice.
Salute di un tuo amico".
Detto anonimo viene annesso al verbale d’interrogatorio
del sindaco sign. Sciortino, dopo di averne presa copia.
Degli individui indicati nell’anonimo, due si
trovano già fermati, cioè Lo Greco Damiano di Domenico e Di
Gregorio Antonina, nato a Sancipirello il 30/10/1902; e Scioano
Calogero di Simone e di Anna Di Liberto, nato a Sancipirello il
2/1/1920.
A conferma di quanto ha asserito il sindaco di
Sancipirello e cioè che il giubilo del popolo destasse la
suscettibilità dei mafiosi di quei paesi, si citano alcune frasi
molto significative, pronunciate la mattina del primo maggio da
qualcuno di essi. La signora Maiolo Rosalia maritata Norcia, da S.
Giuseppe Jato, ha dichiarato- veggasi allegato n.9- che la mattina,
recandosi presso la cognata per prendere parte alla festa del
lavoro, passò davanti alla casa dei fratelli Giuseppe e Salvatore
Romano e vide costoro seduti sullo scalino antistante la casa.
Vicino ad essi, ma in piedi, c’era Peppino Troia. Uno dei tre
disse, in modo da farlo sentire ad essa: "Sarebbe cosa
stamattina di piazzare una mitragliatrice e lasciarli tutti
lì".
La signora Baio Maria, maritata Cuccia, nata a
Piana dei Greci ma domiciliata a S. Giuseppe Jato, dichiara- veggasi
allegato n. 10- che la mattina del primo maggio, la vicina di casa,
Partelli Antonia, vedova, ma che non disdegna i rapporti con gli
uomini, diceva: "Vanno a Portella, ma non sanno che lì ci
stanno gli americani che devono buttare le caramelle!".
La Baio di rimando: "Botta di sangue in
bocca, che andate dicendo?".Allora quella riprese: "Io
lo dico per ischerzo, ma sapete che a Palermo ci stanno i soldati
americani?".
Maniscalco Giovanna maritata Randazzo, da
Sancipirello, e la figlia Randazzo Vincenza di Domenico, di anni 25,
da Sancipirello, dichiarano -veggasi allegato n. 11- che pure la
mattina del primo maggio levatasi da letto prima del sorgere del
sole, perchè i congiunti di sesso maschile si preparavano a
partecipare alla festa del lavoro, notarono che la gente era
contenta; solo una vicina di casa, certa Trupiano Maria maritata con
La Milia Francesco, commerciante di generi vari, criticava la festa
e diceva: "I preparativi sono buoni, ma ancora nun sacciu".
Con tali parole sembrava che volesse dire: "Ancora non so
come andrà a finire". Per il momento non fecero caso a
tali parole; ma, alle prime voci del delitto consumato, la Randazzo
Vincenza, sapendo che sul posto c’erano pure andati il padre e i
fratelli, si mise a gridare contro la Milia: "Se avrà
qualcosa mio padre e i miei fratelli, verrò ad ammazzarti sino in
casa". La Milia, allora, cercò di negare le riferite
frasi; ma un’altra vicina, certa Trupiano Francesca, nata
Maniscalco, le disse di avere sentito dire dalla stessa La Milia le
seguenti significative frasi: "Vanno cantando e vengono
cacando".
Dopo del fatto La Milia starebbe zitta e
rincantucciata a casa.
Com’è noto, immediatamente dopo la
comunicazione del grave delitto, gli organi di polizia recatisi sul
posto hanno proceduto ad un vasto rastrellamento di elementi
ritenuti capaci, per i loro precedenti, per la loro tendenza a
delinquere e per altre circostanze, di avere organizzato od eseguito
il grave delitto, fermando complessivamente circa
centosettantacinque persone fra le zone di Piana dei Greci, di San
Giuseppe Jato, Sancipirello estendendo l’azione anche nei comuni
di Partinico, Monreale, Altofonte, Pioppo, Altarello di Baida,
Boccadifalco e campagne circostanti. Sono in corso attivissime
indagini per accertare la posizione dei singoli e procedere senz’altro
al rilascio di coloro sui quali non gravano elementi di
responsabilità.
Si fa riserva di indicare le generalità delle
persone indicate nell’anonimo e di riferire man mano l’esito
delle ulteriori indagini che vengono proseguite col massimo
interessamento.
Si allega l’elenco dei morti e dei feriti.
IL QUESTORE
F. Cosenza
allegato 2
(cartella n. 1. vol. B)
Legione Carabinieri Di Palermo-Gruppo Interno
Palermo 26.6.1947
-All’Ispettorato generale di PS
per la Sicilia- Palermo
-Alla Procura della Repubblica del
Tribunale di Palermo
Oggetto: Azione terroristica contro le sedi dei
partiti di sinistra di Partinico, Carini, Borgetto, S.Giuseppe Jato,
Monreale e Cinisi.
Alle ore 1,10’ del 23 corrente, dall’ufficiale
di picchetto della caserma ‘Bonsignore’, capoluogo della Legione
Carabinieri, mi veniva comunicato che alle ore 23,35 del 22 detto, a
San Giuseppe Jato, sconosciuti in numero imprecisato, avevano
provocato vivo panico sparando contro la sede comunista del luogo
numerose raffiche di mitra, seguite da lancio di bombe a mano. Una
donna era rimasta colpita non gravemente dai proiettili di mitra.
Recatomi subito in ufficio apprendevo che alcuni feriti erano stati
trasportati d’urgenza da Partinico all’ospedale della Feliciuzza
ed in cliniche di questa sede, ed avute le prime sommarie notizie,
chieste per telefono, mentre si approntavano i mezzi perché io
potessi recarmi subito sul posto (una sezione autoblinde- 4
motociclisti e 50 militari del locale battaglione mobile
carabinieri), redigevo e facevo trasmettere subito -per telefono- al
Ministero dell’interno, ai comandi gerarchici dell’Arma ed alle
Autorità locali, il seguente preavviso telefonico:
"Ventidue corrente, poco dopo ore 22 in
Partinico et San Giuseppe Jato (Palermo), ignoti numero imprecisato,
provocavano vivo panico predetti centri esplodendo direzione sedi
comuniste raffiche mitra seguite lancio bombe a mano punto
At Partinico tentavano provocare incendio sede
comunista mezzo carburante punto
Partinico segnalati finora un morto et cinque
feriti punto virgola San Giuseppe Jato un ferito punto Recomi luogo
con adeguati rinforzi fine"
Giungevano nel frattempo il signor tenente
colonnello Sellitto, comandante interinale della Sezione Carabinieri
di Palermo, il signor questore Giammorcaro ed il Capo di gabinetto
dell’Ispettorato generale di PS, recatisi subito a conferire con l’Ispettore
comm. Messana.
Alle ore 2,40 -con i rinforzi di cui avanti è
cenno- in unione ad un funzionario di PS ed agenti, partivo per
Partinico, ove giungevo alle ore 4,20.
Resomi conto di quanto dolorosamente erasi
verificato, avendo avuto comunicazione che azioni terroristiche del
genere si erano avute pure in altri centri della giurisdizione del
gruppo, a seguito del preavviso telefonico, facevo trasmettere agli
stessi enti e comandi le seguenti segnalazioni:
" Fa seguito preavviso telefonico n. 616/1
ventitrè corrente punto
Carini ore 23 ieri 22 andante numero
imprecisato sconosciuti lanciavano bottiglia benzina et bombe mano
contro porte sede partito comunista et si allontanavano spargendo
vie adiacenti manifestini at firma Giuliano Salvatore annunzianti
inizio crociata antibolscevica di cui bandito proclamasi promotore
punto Incendio subito domato militari Arma punto
Borgetto ore 23,30 detto sede comunista fatta
segno completa scarica mitra quarantina colpi che danneggiavano
insegna Camera del Lavoro cui predetta sede est abbinata punto
Accertamenti comandante stazione risultava che
due sconosciuti vestiti carabinieri avevano fatto fuoco dileguandosi
subito punto
Cinisi ore 3 oggi sconosciuti numero
imprecisato provocavano esplosione ordigno sede unica
socialcomunista et incendio bidone benzina punto Lievi danni porta
ingresso punto
Prime indagini episodio Partinico valse stabilire
che sconosciuti numero imprecisato da via laterale corso principale
cui habet sede sezione comunista sparate scariche mitra lanciavano
fiasco benzina et cinque bombe di cui tre esplose provocando
incendio esterno locale ove trovavansi sei iscritti partito di cui
uno ucciso et quattro feriti punto Rimasto pure ferito altro
elemento luogo che trovavasi casualmente pressi sezione comunista
punto
Perdite causate essenzialmente colpi mitra
perchè esplosione bomba scopo incendio et distruzione locale
verificatasi quando colpiti avevano cercato riparo interno sezione
et immediate adiacenze punto Bossoli mitra rinvenuti strada 46 punto
Anche qui rinvenuti manifestini stampa crociata antibolscevica punto
Stampati macchia recano solo dattiloscritti firma
"Giuliano" et località suo quartiere generale "Sagana"
punto
Spirito popolare scosso et allarmato punto
virgola Ordine pubblico normale punto
Proseguo per San Giuseppe Jato fine".
Le azioni terroristiche di cui avanti è cenno,
sono state caratterizzate dalla rapidità e la sorpresa è stata
tale che neanche i colpiti hanno potuto rendersi conto; i presenti,
in preda a vivo panico, hanno avuto la sola preoccupazione di
fuggire e mettersi al sicuro.
Salvo il travisamento con divise da carabinieri
dei due fuorilegge che hanno agito a Borgetto, negli altri centri i
malfattori hanno operato a viso scoperto, ma nessuno di essi è
stato riconosciuto.
A Partinico è corsa la voce che un autocarro di
tinta rossa abbia attraversato il corso dei Mille e che la prima
scarica di mitra sia avvenuta subito dopo che l’automezzo è
transitato all’altezza della sede comunista; A Carini ed a Cinisi
che i delinquenti siano andati in macchina (jeep a Cinisi).
Nessun particolare attendibile si è potuto
avere: il terrore che si è diffuso nei paesi è tale da indurre
anche chi sa qualcosa a tacere. Tutti gli accorgimenti sono stati
escogitati per indurre qualcuno a parlare, ma la risposta è stata
sempre una: "ho udito gli spari, le esplosioni delle bombe e
sono scappato", oppure "ho chiuso il balcone e non ho
visto più nulla".
Espongo qui di seguito, i particolari delle
azioni terroristiche:
Partinico
Alle ore 22 del 22 andante, mentre la musica
suonava in piazza Garibaldi, alcuni sconosciuti, ritiensi in numero
di quattro, appostatisi all’angolo di via Pozzo del Grillo,
altezza Corso dei Mille, quasi dirimpetto alla sede comunista,
esplodevano alcune raffiche di mitra e lanciavano un fiasco di
liquido infiammabile e alcune bombe a mano contro la sede del
partito predetto, sita al n. 313 del Corso.
I numerosi colpi di arma da fuoco, tre distinti
scoppi di bombe ed il liquido andato in fiamme sul marciapiedi,
impressionavano vivamente quanti stavano in quei pressi, i musicanti
smettevano di suonare ed il pubblico, ancora numeroso in piazza, e
nel corso, si allontanava di corsa. Due carabinieri che stavano in
piazza, accorrevano prontamente, mentre altri giungevano poco dopo,
unitamente ad agenti, al commissario capo di PS Agnello Pietro, e al
sottotenente dei Carabinieri Tomaselli Domenico, comandante della
locale tenenza.
Penetrati nella sede della sezione comunista
rinvenivano bocconi sul pavimento, in una pozza di sangue, il
cadavere di un uomo identificato per Casarrubea Giuseppe, di anni
47, da Partinico, ebanista, iscritto al Partito Comunista.
Presentava ferite di mitra e di schegge di bombe all’emitorace
posteriore sinistro, alla regione sottomascellare destra ed alla
fronte.
Altre cinque persone erano rimaste colpite,
riportando ferite varie:
Lo Iacono Vincenzo, di anni 38, dichiarato in
pericolo di vita e riconosciuto abbisognevole di intervento che non
ha avuto luogo; le sue condizioni vanno migliorando;
Addamo Leonardo, di anni 42, mediatore;
Patti Salvatore di anni 39, calzolaio;
Salvia Giuseppe, di anni 42, agricoltore;
tutti da Partinico, comunisti;
Ofria Gaspare, di anni 53, impiegato privato pure
da Partinico, ma non iscritto al partito. Egli, alle prime
detonazioni, aveva affrettato il passo per ripararsi, venendo nel
frattempo colpito.
Un testimone oculare, tale Mazzurco Andrea, di
anni 28, contadino, non aderente al partito stesso, ma che al
momento degli spari stava davanti alla sede, insieme al ferito Lo
Iacono, ha dichiarato di avere riportato l’impressione che le
prime raffiche di mitra siano state esplose in aria per intimidire e
fare allontanare la gente, ciò che non appare attendibile dal
momento che delle sei persone che stavano davanti alla sezione, solo
Mancuso Salvatore di anni 28, da Palermo, insegnante elementare, è
rimasto miracolosamente illeso, per essersi, ai primi spari, buttato
a terra, mettendosi, subito dopo al riparo nell’interno del
locale. Il ferito Addamo Leonardo è stato trovato con la rivoltella
in pugno per avere cercato difendersi, senza riuscire, però, ad
esplodere alcun colpo perchè l’arma era ancora carica all’atto
in cui gli è stata sequestrata. [n.d.a.: in realtà dall’arma
mancava un colpo che era stato esploso contro gli aggressori e aveva
provocato il ferimento del mafioso locale Gaspare Ofria. La polizia
includerà quest’ultimo tra i feriti dell’agguato].
Sul posto sono evidenti le tracce dell’esplosione
di tre bombe a mano; altre due non sono esplose. Rinvenuti: 41
bossoli di cartucce per fucile mitra cal. 9; n. 8 pallottole di
piombo schiacciate, n. 3 cappe di bombe a mano ed altrettante
linguette di sicurezza; pezzi di vetro e paglia di rivestimento del
fiasco che conteneva il liquido infiammabile.
Rinvenuti due manifestini in via Pozzo del
Grillo, diretti ai "Siciliani", e annuncianti che l’ora
decisiva è già scoccata per la lotta antibolscevica, e che coloro
che vogliono parteciparvi, per evitare che la Sicilia possa cadere
preda dei rossi, accorrano al feudo "Sagana", quartiere
generale di Giuliano, annunciatosi promotore della crociata.
Stampati alla macchia recano solo dattiloscritti la firma
"Giuliano" e la località "Sagana".
Allegato 1- originale per l’autorità
giudiziaria; copia per gli altri enti e comandi in indirizzo.
Carini
Verso le ore 23 del giorno 22 venivano lanciate
due bottiglie di benzina ed una bomba a mano, che determinavano un
principio di incendio contro la porta della sede del Partito
Comunista, provocando molto panico fra le persone degli stabili
vicini e tra il pubblico che, a quell’ora, gremiva ancora la
vicina piazza Duomo.
I malfattori, compiuto l’attentato, si
dileguavano per la campagna, non senza prima avere esploso alcuni
colpi di mitra contro la stessa sede. Attratti dalla detonazione e
dalle grida accorrevano immediatamente sul posto i carabinieri della
locale stazione, alcuni dei quali -con l’aiuto di volenterosi- si
prodigavano per spegnere il fuoco, che aveva invaso la porta della
sede comunista, mentre altri militari tentavano inutilmente l’inseguimento
dei responsabili, prontamente dileguatisi.
Iniziate le indagini si poteva accertare che una
decina di individui, forniti di armi militari e di tascapani,
entrati in paese provenienti dalle campagne adiacenti allo stradale
Carini-Montelepre, si erano diretti in via Roma, e, mentre due di
essi distaccatisi avevano raggiunto via Rosalino Pilo, a poca
distanza dalla sede del Partito Comunista, gli altri erano rimasti
fermi. Quindi ad un cenno fatto da uno degli appartenenti al gruppo
più numeroso, i primi lanciavano le due bottiglie di benzina e una
bomba a mano.
Nessun danno alle persone.
Raccolte all’alba notizie più attendibili
sulla direzione presa dagli autori dell’azione terroristica,
venivano disposti servizi perlustrativi sullo stradale di Montelepre,
senza migliore esito.
Anche qui sono stati lanciati manifestini di
inizio della crociata antibolscevica, come quelli di Partinico.
Borgetto
Verso le ore 23,30 del 22 detto, una raffica di
mitra, sparata a circa 20 metri dalla caserma dell’Arma richiamava
l’attenzione di quei militari, i quali riportavano l’impressione
che si trattasse di attacco alla caserma stessa.
Ne seguiva per le vie un fuggi fuggi di persone
terrorizzate che imprecavano contro i carabinieri ai quali
attribuivano gli spari. Immediatamente quel comandante di stazione
usciva con altri militari, accertando che due individui, indossanti
la divisa grigio-verde da carabiniere, ed armati di mitra, avevano
esploso una raffica in direzione della sede unica del Partito
Comunista e della Camera del Lavoro, in via Roma, n.1, e si erano
dileguati imboccando una strada laterale. Sottufficiale, comandante
e militari disponibili, messisi all’inseguimento, non riuscivano,
per l’oscurità della notte, ad avvistarli.
Nelle prime ore del mattino si poteva meglio
accertare che i colpi avevano raggiunto le insegne del Partito
stesso e della Camera del Lavoro, nonchè un’attigua abitazione
privata.-
Nessun danno alle persone.
San Giuseppe Jato
Alle ore 23,35 del 22 detto quattro individui in
abito civile, muniti di armi militari e di tascapani si portavano in
via Trapani -angolo della via principale Umberto I°- Immediatamente
due di essi si distaccavano, dirigendosi verso la sede unica Partito
Comunista-Camera del Lavoro e cooperativa agricola "Arciprete
Natale Migliore", ove appena giunti e dopo aver fatto cenno
alle persone che sostavano di allontanarsi- iniziavano fuoco
ininterrotto di mitra con lancio di bombe a mano contro l’edificio
stesso posto al primo piano.
Compiuto l’atto terroristico i quattro si
dileguavano, continuando di tanto in tanto a sparare fino in
prossimità della campagna-.
In via Vittorio Emanuele un proiettile colpiva
certa Rizzo Benedetta, di anni 37, che riportava ferita giudicata
guaribile in giorni quindici.
Carabinieri della stazione e del nucleo mobile,
attratti dalle detonazioni e avvertiti dal sindaco, accorso in
caserma, intervenivano prontamente e sulla base delle indicazioni
raccolte battevano infruttuosamente la strada presumibilmente
seguiti dai malfattori.-
L’edificio ha riportato danni alle persiane ed
al balcone con la rottura di tutti i vetri.-
Sul posto dal quale i malfattori avevano aperto
il fuoco si rinvenivano sette cartucce di mitra non esplose e 83
bossoli della stessa arma.-
Tre bombe a mano venivano rinvenute inesplose nel
corso Umberto sotto la sede comunista.-
Monreale
Verso le ore 2,15 del 23 andante la stazione dei
Carabinieri di Monreale veniva informata che si era sviluppato un
incendio nella locale sede del partito socialista e che mercè l’opera
di volenterosi era stato prontamente domato.-
Intervenuti immediatamente sul posto il
Comandante della Compagnia dei Carabinieri in unione a sottufficiali
e militari dipendenti, iniziava pronte indagini sulle causali dell’incendio,
venendo così a sapere che il fuoco era stato appiccato da ignoti,
che avevano cosparso di petrolio la porta esterna del locale.-
Si procedeva subito dopo al fermo di due
individui, il cui comportamento era apparso equivoco, ma esclusa nel
fatto la loro responsabilità, venivano subito dopo rilasciati.-
Proseguendo, tuttavia, alacremente nelle
indagini, l’Arma veniva a sapere che verso le ore 1,50’ della
notte, proveniente dallo stradale di Pioppo, era giunto a Monreale
un camioncino con una quindicina di persone a bordo e che giunto a
circa 20 metri dalla sede socialista aveva girato per ritornare
verso Pioppo, sostando poi a un centinaio di metri di distanza, nei
pressi dell’ufficio postale, dove pare fossero discesi alcuni
della comitiva.-
Questa circostanza, messa in relazione all’attentato
commesso poco dopo, ha fatto ritenere che i responsabili siano
giunti effettivamente con l’automezzo.-
Cinisi
Alle ore 3,45 circa del 23 corrente alla locale
stazione carabinieri veniva comunicato che poco prima era scoppiato
un ordigno esplosivo davanti la porta della sede del partito
social-comunista, rimasta danneggiata.
I militari dell’Arma, prontamente intervenuti,
rinvenivano sul posto un ordigno esplosivo costruito rudimentalmente
con un barattolo di lamiera, chiuso da una parte con una copia del
settimanale politico "L’Uomo Qualunque" e collegato con
una miccia, già consumata.-
L’ordigno scoppiando aveva provocato l’accensione
del carburante contenuto in un bidone, così che il liquido si era
sparso sul terreno senza provocare danni.- La porta d’ingresso
della sede socialcomunista era stata aperta dallo scoppio dell’ordigno
e dentro si notava del disordine.-
Esperite pronte indagini si poteva conoscere,
stando alle dichiarazioni più attendibili, che l’attentato era
avvenuto verso le ore 3 ad opera di numero imprecisato di malfattori
allontanatisi a bordo di automezzo col quale erano giunti.-
Nella notte dal 23 al 24 corrente, durante la
giornata che ne seguiva ed il successivo 25, a richiesta dell’Ispettorato
generale di PS, ufficiali e sottufficiali di questo gruppo,
espressamente comandati, hanno fermato i sottonotati elementi, tutti
appartenenti alla mafia e ritenuti sostenitori del capo-banda
Giuliano Salvatore.-