Profilo Cognitivo di Storia della Biologia
Laboratorio Ambiente Salute- 1999 -BMS-Latina

di Paolo Manzelli

Laboratorio di Ricerca Educativa Università di Firenze
LRE@blu.chim1.unifi.it - http://www.chim1.unifi.it/group/education

Origini delle scienze della vita

Ai tempi della Magna Grecia la scienza antica era chiamata "Physica", parola che significa Natura. L’uomo veniva considerato parte integrante della natura e pertanto quanto oggi definiamo come studio della Biologia (da Bios vita), era connaturato e del tutto inserito nella scienza fisica.

L’idea sostanziale era quella che tutto il cosmo fosse animato e quindi partecipasse alla vita; la vita vissuta cioè, rappresentava un ordine di complessità maggiore del sistema universo che la conteneva.

Superando la precedente logica animistica, di antica tradizione concettuale, la scienza dei tempi della Magna Grecia, dette il significato fondamentale al concetto di scoperta scientifica, correlandolo ad una metodologia di ricerca; infatti in precedenza la scoperta, era correlata a un concetti di "rivelazione" di indole divinatoria o magica, e quindi non era posta in relazione a quel sistema di indagine cognitiva razionale che oggi chiamiamo scienza.

Come già descrive Ippocrate di Cos (460-370 a.C.) in relazione al metodo Ippocratico della scienza medica, l’atteggiamento scientifico viene indotto dalla riflessione sulla esperienza umana, da cui si traggono ipotesi, che permettono al medico di fare previsioni e pronostici per aiutare la natura a debellare al malattia.

In tale quadro cognitivo originario le scienze della vita, iniziarono con lo studio di Ippocrate sul "Cervello". Per Ippocrate infatti quanto conosciamo dipende dalla corretta utilizzazione della creatività del cervello dell’uomo. Ippocrate, fu infatti interprete primo di un approccio sistemico della scienza, ed egli si rese conto che tutte le nostre funzioni vitali, pensiero incluso, sono controllate dal cervello sia in modo involontario che volontario; egli descrisse anche come le sensazioni ed e i processi di memorizzazione ed apprendimento delle esperienze siano una funzione delle attività cerebrali. In pratica Ippocrate, pur criticando la credenza della rivelazione di origine divinatoria o magica della scoperta scientifica ritenne, ritenne che l’uomo era capace, sulla base di un metodo razionale, di accedere alla rivelazione dei segreti propri della intelligenza di una natura di cui eravamo parte integrante; questa impostazione della scienza non più animistica, dette inizio ad una concezione "vitalistica" della scienza, fondata più che su una concezione oggettiva della realtà esterna all’uomo, su una centralità vitale dell’uomo nell’effettuare la conoscenza dell’universo (parola quest’ultima che infatti significa -VERSUM-UNUM).

Ma in seguito, la importazione vitalistica di Ippocrate della "Phisica", venne meno nella storia della scienza, sia pure con molta gradualità.

La scienza ha infatti assunto un atteggiamento riduzionista correlato a modelli di pensiero di ampio riferimento meccanico, limitati alla osservazione degli esperimenti, con atteggiamento di indagine di carattere analitico e sistematico, il cui oggetto di studio è il mondo esterno all’uomo e non più attenta al reale soggetto della conoscenza.

Il principale esponente dello studio oggettivo della scienza, fu Aristotele (384-321 a.C.), discepolo di Platone, il quale non ritenne neppure che le idee fossero proprietà del funzionamento cerebrale dell’uomo. Aristotele infatti tenne di poco conto la influenza cerebrale sulla stessa elaborazione delle nostre conoscenze, ed infatti giudicò che, il cervello, composto principalmente di acqua, avesse la semplice funzione meccanica principale di raffreddare il sangue.

Solo la scuola biologica di Alessandrina prosegui la impostazione dello studio scientifico dell’ uomo, quale artefice di conoscenza; in particolare Erofilo (300 a.C.) e il suo discepolo Erasistrato (250 a.C.) studiarono gli organi del corpo umano ed in particolare il cervello, distinguendo ad es. le funzioni del cervello, da quelle motorie del "cerebellum" (cervelletto); distinsero anche i nervi sensori ( che ricevono sensazioni) da quelli motori (che inducono movimenti dei muscoli), distinsero inoltre le arterie dalle vene, riconoscendo che le prime pulsavano mentre le seconde no, ed infine attribuirono la superiorità della creatività umana rispetto agli animali correlando le numerose circonvoluzioni del cervello dell’uomo alla sua maggiore intelligenza.

L’ultimo medico-anatomista fu Galeno (130-200 d.C), chirurgo dei gladiatori a Roma, proveniente dalla scuola Alessandrina, a cui per moltissimi anni si fece riferimento per la conoscenza degli organi interni dell’uomo e delle loro funzioni.

Infatti dopo Galeno la impostazione anatomica della scienza medica fu abbandonata, e la medicina divenne principalmente studio di indole farmacologica, finalizzato alla cura delle malattie tramite l’utilizzazione di decotti di erbe e di purghe di sali, in quanto, con la diffusione delle religioni monoteistiche (ebraismo, cristianesimo ed islamismo), fu proibita, in quanto sacrilega, la dissezione del corpo umano. Ciò in seguito alla distinzione tra la natura inanimata e la natura dell’uomo dotato di anima di origine divina e di vita ultraterrena; pertanto il corpo umano doveva presentarsi integro al giudizio divino, dopo la morte ed in particolare, in epoca medievale, venne perseguitata ogni forma di studio dell’uomo che ricorresse alla dissezione della integrità biologica del corpo umano.

L’epoca del Rinascimento Italiano

Lo studio anatomico del corpo umano venne riabilitato della Università di Bologna (attorno al 1200 d.C.) nella facoltà di Legge, in quanto l’autopsia era di frequente il mezzo migliore per dirimere questioni legali relative alla causa della morte e quindi, si trovo il modo di giustificare legalmente la dissezione del corpo umano. Per questa via di accettazione legale, la scuola di medicina di Bologna e poi di Salerno, iniziarono a sviluppare la moderna anatomia, che fu l’inizio della rinascita del sapere biologico. La anatomia del corpo umano fu importante anche per l’arte rinascimentale. Il più celebre degli artisti-anatomici è stato Leonardo Da Vinci (1452-1519) il quale comparando le strutture biologiche dell’uomo e degli animali, contribuì a gettare le basi cognitive ad osservazioni che condurranno in seguito alle concezioni della evoluzione naturale.

La nascita moderne concezioni delle scienze della vita

La fase della biologia-anatomica portò a varie scoperte tra cui molto importante fu quella di William Harvey (1578-1657), un medico inglese di Canterbury, che si laureò in Medicina alla Università di Padova.

Harvey studiò la circolazione del sangue e con i suoi studi favorì un profondo cambiamento nel modo di pensare. Il fatto che si fosse verificato (anche in seguito agli studi di Marcello Malpighi (1628-1694 /Professore di Medicina alla Università di Bologna e di Pisa), che i polmoni purificano il sangue venoso in arterioso, parzialmente riproponeva quella unificazione tra uomo e natura, che si era concettualmente perduta e che quindi iniziava a ricomporsi nella scienza.

Bisogna a questo proposito ricordare come a volte siano proprio le significazioni semplicistiche delle osservazioni scientifiche a determinare concezioni parzialmente valide, che accettate senza alcun dubbio, divengono prigioni cognitive del pensiero creativo dell’uomo.

Il fatto che il sangue potesse essere rivitalizzato dall’aria nei polmoni, si scontrava con la concezione che distingueva la vita animata dalla materia inanimata; nella concezione "vitatalisica-medioevale", si ritenne infatti che nulla potesse essere appreso sulla natura della vita, sulla base dello studio di oggetti inanimati, e cioè viceversa, che lo studio della vita venisse a dipendere da leggi naturali distinte da quelle descritte per la materia. Cosi, dato che le arterie di un morto si osservano vuote, mentre gli unici vasi sanguigni risultano essere le vene, prima di Harwey, si ritenne che le arterie fossero percorse da un fluido vitale.

Pertanto in seguito alle scoperte di Harvey il cuore diviene una pompa meccanica per la circolazione del sangue, e quindi perse tutti quegli attributi vitalistici, che ne facevano centro di attività animate, quali gli affetti e le sensazioni d’amore o di odio caratteristiche fondamentali del comportamento degli esseri viventi.

Lo strumento che dette un grandi possibilità di sviluppo alle scienze della vita fu la invenzione del "microscopio" da parte di Anton Van Leuwenhoek (1632-1723), un mercante olandese, che per hobby costruì il primo strumento e per primo riuscì a vedere i microscopici "batteri" in una goccia di acqua. Il microscopio nel micro-cosmo, come il cannocchiale di Galieo per la astronomia nel macro-cosmo, dette in seguito la possibilità di sviluppare la scienza della micro-biologia.

In breve furono scoperti e semi della vita, gli spermatozoi e gli ovuli, sia della specie umana che degli animali e delle piante sessuate e la loro struttura cellulare.

Prima di queste scoperte la generazione di una nuova vita si riteneva "spontanea", in quanto nell’aria e negli elementi terreni si ritenevano esistenti influssi vitali, di non ben specificata origine, ma che comunque risentivano della influenza delle stelle e dei pianeti quali generatori della vita. Ad esempio si pensava che le mosche nascessero per generazione spontanea dalla carne in putrefazione. A tal proposito Francesco Redi (Arezzo 1626 - Pisa 1698), medico che fu ricercatore presso l’Accademia della Crusca ed in seguito fu tra i promotori dell’accademia del Cimento a Firenze, riuscì, con un suo famoso esperimento ("Esperienze intorno alla generazione degli insetti"-1668), a confutare la concezione vitalistica della generazione spontanea, confrontando la putrefazione di un pezzo di carne esposto all’aria con un altro pezzo della stessa carne, protetto dal contatto con l’aria e dalle possibili contaminazioni di depositi di uova di mosca e quindi immune dalla loro fecondazione. Inoltre anche il medico Lazzaro Spallanzani (1729-1799), bollendo e poi chiudendo ermeticamente un brodo di carne, dimostrò che, con tale trattamento, anche i microrganismi venivano sterilizzati e pertanto non si verificava alcuna generazione di tipo spontaneo.

La antica credenza della "generazione spontanea" non fu superata con immediatezza, perché si pensò che tali trattamenti di assenza di aria o di innalzamento della temperatura, ponessero le condizioni di distruzione del misterioso "fluido vitale"; molti intellettuali inoltre ritennero che fosse possibile concepire una teoria "pre-formazionista".

La osservazione di ovuli e spermatozoi, con la potenza risolutiva dei microscopi di allora, era grossolana, così che immaginarono che le cellule germinali, rappresentassero forme di organismi adulti in miniatura a cui il concetto di generazione vitale spontanea poteva ancora essere applicato. Alcuni pre-formazionisti fecero notare ad es. che un Elefante Africano accoppiato con una femmina di Elefante Indiano (o viceversa) non genera figli per quanto le specie sembrino simili e gli ovuli e spermatozoi fossero perfettamente uguali alla osservazione del microscopio. Pensarono quindi che non era sufficiente la percezione al microscopio per osservare le forme differenti dei semi delle due specie, e quindi la idea della generazione spontanea, che si associava perfettamente alla concezione Biblica, là dove si dice che Dio creò tutte le specie, rimase concepibilmente accettata in termini di pre-formazione.

La idea che le specie fossero fissate in natura una volta per tutte (creazionismo), si scontrò quanti studiando l’anatomia comparata di piante ed animali iniziarono a ritenere la possibilità di trasformazioni delle specie in natura. Il medico-naturalista svedese Karl von Linee (latinizzato in Carlo Linneo 1707-1778) pubblicò una articolata e vasta classificazione di animali e piante intitolata "Systema Naturae", che fu considerata dai ricercatori un ampio riferimento tassonomico per analizzare comparativamente le nuove specie che man mano si andavano scoprendo nel mondo; si notò allora che il sistema della natura, sembrava crescere ad albero e cioè si sviluppava come se alcuni generi più giovani provenissero da un antenato comune.

Però Linneo, educato cristianamente, considerava sacrilego persino il dubbio che le specie potessero evolversi.

Le teorie della Evoluzione

Il medico embriologo K.F. Wolf (1734-94) scrisse un libro dal titolo "Theoria Generationis", in cui riportava le sue osservazioni sulla trasformazioni di un embrione di pollo; iniziò così a dare sviluppo ad una concezione "epigenetica" per la quale si ritiene che l’embrione di ciascuna specie si sviluppi mediante una evoluzione di forme, che inizia da tracce di quelle primordiali a quelle specifiche del soggetto adulto. L’ontogenesi come traccia della filogenesi fu affermata da successivi studi dell’embriologo tedesco, Ernst H. Haeckel (1834-1919).

Siamo ormai nel 1800 ed il termine BIOLOGIA inizia ad essere utilizzato in relazione alle possibilità di evoluzione del sistema vivente. Ormai la rivoluzione francese aveva inciso fortemente sulla cultura dell’epoca e la paura di essere considerati sacrileghi era ormai limitata ed il pericolo di condanna per eresia era divenuto solo un retaggio del passato. In tale contesto storico lo zoologo francese Jean Baptiste de Monet, cavaliere di Lamark (1744-1829) introdusse per primo il concetto di "evoluzione" visto in termini di "ereditarietà dei caratteri acquisiti dall’ambiente".

Lamark (nome con cui si firmava), citò il caso delle giraffe, ritenendo che il collo lungo potesse essere attribuito ad un adattamento ambientale, là dove le giraffe erano costrette a brucare foglie di alberi mediamente alti della savana. Il criterio di semplice dell’adattamento all’ambiente proposto da Lamark, che non considerava di alcun conto predisposizioni interiori della definizione di una specie, ebbe molte critiche che ne inficiarono la validità.

Allo stesso tempo altri due ricercatori naturalisti inglesi Charles Robert Darwin (1808-1882), Alfred Russel Wallace (1823-1813), esplorando il primo l’America Latina con la celebre missione scientifica effettuata con la nave inglese Beagle, e il secondo con una spedizione in estremo oriente ed in Australia, si resero entrambi conto che l’evoluzione delle specie era ragionevolmente concepibile ed infatti ritennero che la evoluzione fosse il risultato di una successione di mutazioni interne a ciascuna specie, le migliori delle quali venivano selezionate dal cambiamento delle condizioni ambientali. Già l’uomo di fatto aveva selezionato specie animali valorizzando le caratteristiche peculiari di alcune combinazioni fortuite incrociando maschi e femmine per selezionare una nuova razza. Così ad es. era stato per il cane bassotto, che aveva il vantaggio di non essere capace di saltare il recinto del cortile di casa e quindi poteva fare buona guardia senza scappare dalla staccionata.

L’esempio classico riportato a favore della teoria evolutiva di Darwin fu quello del muro bianco su cui si poggiano le farfalle bianche per sfuggire alla vista degli uccelli. La mutazione casuale in farfalla nera, non avrebbe avuto alcun successo evolutivo, fino a quando il muro, a causa di una ciminiera fumosa di una fabbrica, non avesse assunto il colore nero; quest’ultimo fattore ambientale causava una forte localizzazione per gli uccelli predatori delle farfalle bianche, favorendo lo sviluppo e la crescita della specie con le ali nere. Con queste convinzioni Darwin pubblicò nel 1859 il suo primo libro su "L’origine della Specie". Il libro fu ampiamente criticato e preso in giro; si ricordano delle vignette sui giornali che facevano risalire l’origine della amata regina di Inghilterra alla sua parentela scimmiesca.

Wallace a causa delle forti critiche ritirò le sue convinzioni ritornando ad uno spiritualismo vetusto, mentre Darwin, pur ammettendo l’incompletezza della sua ipotesi evoluzionista, migliorò la sua teorizzazione pubblicando altri libri tra cui il famoso "The descent of man" (L’origine dell’uomo-1871).

In vero alcune critiche alla concezione evolutiva di Darwin non furono di poco conto, dato che ancora oggi non sarebbe facile rispondere ad esse.

Una critica semplice ma efficace, emerge in seguito alla difficoltà di dare una risposta alla domanda: se il meccanismo naturale è selettivo delle specie migliori, allora perché il numero delle specie non si riduce invece di crescere ad albero differenziandosi, dimostrando cioè una ampia gamma di flessibilità creativa della organizzazione della vita in natura?

La seconda critica alla teoria della evoluzione era relativa alla necessità di capire quale fosse il meccanismo evolutivo che dà luogo alla mutazione, e se esso risponde a criteri casuali o programmati da leggi ancora incognite?

La concezione Darwiniana ottenne anche vari sostenitori sia nel campo della scienza che nel campo della nascente sociologia della società industriale capitalistica. Cosi ad es. il sociologo inglese Albert Spencer (1820-1903), sostenne come fatto evolutivo la concorrenza libera, come unica legge naturale evoluzionistica, a suo avviso la legge del più forte, dava adito alla evoluzione sociale, mentre vide nel concetto di solidarietà, qualcosa di innaturale ed estremamente nocivo al progresso umano e giunse quindi a giustificare le guerre dell’imperialismo britannico come salutari per l’evoluzione della specie umana. Altri come Francis Galton (1822-1811), cugino di Darwin, studiando l’influenza dell’ambiente su gemelli identici (monozigoti), volle favorire concetti razzisti, poi malauguratamente ripresi da Adolf Hitler sulle origini e sul miglioramento della razza umana.

Le precedenti osservazioni rappresentano una digressione importante per comprendere come la scienza moderna non possa più essere considerata legata solo ad ideali scientifici neutrali, come forse lo era stata nei tempi antichi; ormai in una società industriale, dove la scienza e la tecnologia hanno un impatto profondo sulla società ed il suo sviluppo, le concezioni scientifiche divengono strettamente correlate alle ragioni e le ideologie politiche del tempo.

Le origini della Genetica

Comunque la scienza prosegue anche con una certa indipendenza. Infatti ben lontano dal chiasso delle interpretazioni sociologiche e filosofiche, l’abate austriaco Gregor Johann Mendel (1822-1884), botanico dilettante, sulla base di incroci e di studi statistici, si pose il problema di indagare come la natura agisca nella evoluzione generando specie differenti. Per vari anni alla insaputa di tutti, il frate Mendel si mise ad impollinare piselli di due specie differenti: la prima a pianta alta (A) e l’altra, nana (n), e studiò la composizione statistica degli ibridi. I suoi lavori vennero scoperti e divulgati vari anni dopo la loro pubblicazione datata nel 1866, e sono di importanza tale da far considerare Mendel il fondatore della genetica.

Mendel si accorse che se ibridava piselli di tipo (A) con quelli di tipo (n) otteneva in una prima generazione piselli ibridi di tipo (A/n) a pianta Alta (carattere dominante); se poi incrociava piselli ibridi otteneva figli di tipo (A) e di tipo (n), e di ibrido (A/n), nella proporzione statistica di (1A): (1n) : (2A/n ).

Mendel si rese conto dai suoi rilievi statistici che i caratteri genetici, quando perdono flessibilità di adattamento ambientale scompaiono, dando quindi ulteriore credito scientifico alla teoria della evoluzione Darwiniana. Inoltre il botanico scozzese Robert Brown (1773-1858), noto per gli studi sul moto casuale detto Browniano del polline in un liquido, analizzando le cellule di varie piante ed animali scoprì in ognuna di esse esisteva un "nucleo" più denso.

Molti biologi successivamente si misero a studiare il nucleo delle cellule e in particolare il citologo tedesco Whalter Flemming (1843-1905) riuscì a trovare che alcuni coloranti mettevano in evidenza una sostanza (che oggi sappiamo essere il DNA), che egli chiamo "cromatina"; dentro il nucleo delle cellule e W. Flemming riuscì ad individuare le trasformazioni di sezioni filiformi della cromatina (che in seguito furono chiamati cromosomi - ovvero corpi colorati), che si accompagnavano alla suddivisione cellulare di un ovulo fecondato. W. Flemming chiamò tale processo di suddivisione Mitosi (dalla parola greca che significa Filo).

Infine il citologo americano Walter S. Sutton (1876-1916), osservò che i cromosomi sono in numero caratteristico di ciascuna specie (ogni cellula umana ad es contiene 46 cromosomi, 23 provenienti dal padre e 23 dalla madre durante la fecondazione) e che i cromosomi si comportavano come i responsabili dei fattori ereditari che causano dell’andamento statistico della genetica studiata da Mendel.

Siamo ormai al sorgere del XX Secolo, epoca contemporanea, in cui gli studi di biologia animale e vegetale hanno avuto grandi successi ed oggi sono in rapido e veramente problematico sviluppo.

Gli studi biologici e la lotta contro la malattia

Come intuì Ippocrate di Cos, gli studi scientifici sono necessari al medico per debellare la malattia.

Nella pratica medica notevoli sono stati e progressi nel coadiuvare la salute nella vita dell’uomo.

Di fatto possiamo constatare che, la probabilità media di vita di un essere umano era ai tempi della antica Grecia inferiore ai 40 anni, alla fine del secolo scorso era salita attorno ai 50 anni, ed oggi si aggira oltre i 70 anni di età.

La scoperta del microscopio aiutò molto ad identificare i batteri come causa di molteplici malattie. Louis Pasteur ( 1822-1895) un bio-chimico francese, occupandosi del problema della fermentazione alcolica, al fine di non fare andare in aceto il vino, ed inacidire la birra con l’invecchiamento, scoprì che i fermenti nel mosto, erano micro-organismi (aceto-batteri), che producono sostanze oggi dette enzimi le quali catalizzano le trasformazioni chimiche. Pertanto riscaldando il vino Pasteur riuscì a bloccare il processo di acidificazione. In seguito agli studi di Pasteur, che si interessò anche del problema di scoprire i germi delle malattie infettive, il medico chirurgo inglese Joseph Lister (1827-1912), riuscì a debellare la grande mortalità post-operatoria che falcidiava numerose vittime anche in occasione del parto, con tecniche antiseptiche per la sterilizzazione dei microbi negli ambienti operatori.

Lo studio della batteriologia iniziato da Pasteur, portò molti altri benefici per la cura delle malattie. Il medico inglese Edward Jenner (1749-1823), comprese che quanti si ammalavano di "vaiolo vaccino" (una malattia blanda comune tra i bovini che assomigliava per certi aspetti al vaiolo mortale dell’uomo), diventavano non solo immuni a successive ricadute della malattia contagiata dalle mucche, ma erano anche attivamente immuni al virus (parola che deriva da Veleno) del vaiolo mortale per l’uomo. Egli fu il primo ad utilizzare la vaccinazione (così lui chiamo dal nome della Vacca, il sistema di somministrazione di virus morti o indeboliti da opportuni trattamenti con il calore od altri metodologie) a prevenzione di immunità.

Con l’utilizzazione delle vaccinazioni l’uomo ha debellato molte epidemie che decimavano periodicamente intere popolazioni, quali il vaiolo, la peste, il colera, la febbre gialla ecc.. ecc).

In breve ci si rese conto che nella lotta contro batteri, microbi e virus non meglio identificati, che la natura si autodifende creando "anticorpi" la cui produzione può essere attivata da opportuni vaccini, ma si comprese come al medesimo tempo che anche i sistemi batterici microbici o virali si difendono seguendo la legge della evoluzione darwiniana, e cioè generando mutazioni che sopravvivono al cambiamento delle condizioni ambientali.

Esponente principale degli studi batteriologici moderni fu il medico scozzese Alexander Flemming (1881-1955) scopritore dell’agente antibatterico la Penicillina. Studiando culture batteriche di staffilococchi, A. Flemming si accorse che una muffa li uccideva. La produzione su larga scala della penicillina fu ottenuta negli USA dal collega australiano H Walter Flory, (1998-1968) e dal chimico tedesco, Ernst B. Chain (1906-1979), che assieme a Flemming, vinsero il premio Nobel per la Medicina nel 1945.

Da allora la lotta della scienza biologica contro i micro-organismi si è fatta sempre più attiva e sofisticata ed ancora molto è da comprendere nel campo delle biologia e della genetica e della sperimentazione medica, per debellare le malattie micro-batteriche e virali, proprio in quanto ancora oggi le nostre conoscenze sulla dinamica evolutiva della vita sono ancora incomplete.

Sempre nuovi anti-biotici (termine che riferito ai batteri significa "contro la vita") sono studiati da equipes interdisciplinari, e questo è il campo di ricerca sviluppo delle industrie farmaceutiche quali la Bristol-Myers Squibb, che con noi collabora qui a Latina, per coadiuvare la crescita delle nostre conoscenze scientifiche nei giovani, e quindi della creatività cerebrale dell’uomo, che come abbiamo appreso, è, come ritenne Ippocrate, il vero medicamento per la salute dell’umanità nel futuro.

 

Bibliografia:

- Isaac Asimov - Breve Storia della Biologia, Zanichelli, Bologna, 1979

- "History of Biology List", Bibliografia dei personaggi storici della Biologia
http://www.ucmp.berkeley.edu/help/topic/history.html