Circolare INPS 17 luglio 2000, n. 133
Oggetto: Benefici a favore delle persone handicappate. Legge 8 marzo 2000, n. 53. Art. 33, commi 1, 2, 3 e 6 della legge n. 104/92
SOMMARIO:
La persona handicappata che lavora può fruire di permessi" a giorni" o di permessi" ad ore".
Il genitore di persona
handicappata minorenne può fruire dei permessi dell’art. 33, commi 1, 2 e 3,
anche quando l’altro genitore non ne ha diritto.
I genitori di persone handicappate maggiorenni e i parenti ed
affini entro il 3° grado possono utilizzare i giorni di permesso anche se non
convivono con il soggetto handicappato, purché gli prestino assistenza in via
continuativa ed esclusiva.
Data di accertamento dell’handicap e data di decorrenza dei
permessi.
Giorni di permesso in caso di part time verticale.
Giorni di permesso per i lavoratori agricoli stagionali con contratto di almeno un mese.
Si premette che, se pure nel corso delle presenti istruzioni, si indicano genericamente persone "handicappate", senza altra precisazione, ci si riferisce comunque sempre alle persone con handicap in situazioni di gravità, di cui al 3° comma dell'art. 3 della legge n. 104/1992, non ricoverate a tempo pieno (art. 33, commi 1, 2 e 3 della legge n. 104/1992).
Gli artt. 19 e 20 della legge 8 marzo 2000, n. 53 hanno apportato modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 104, art. 33.
1 - PERSONE HANDICAPPATE CHE LAVORANO
Il comma 6 dell'art. 33 della legge n. 104/92 prevede, tra l'altro, che la persona handicappata che lavora può "usufruire dei permessi di cui ai commi 2 e 3 (rispettivamente, permessi "ad ore" e permessi "a giorni").
L'art. 19, lett. c), della legge 8.3.2000, n. 53 stabilisce che al comma 6 dell'art. 33 della legge 104/92, dopo le parole "può usufruire", è inserita la seguente: "alternativamente".
La presente norma conferma quindi il criterio in vigore
(v. par. 1, lett. B, della circ.
37 del 18.2.99), secondo cui la persona handicappata che lavora può
beneficiare, alternativamente, o dei permessi "ad ore" o dei
permessi "a giorni".
Peraltro, mentre si ribadisce, in linea generale, che
il tipo di permesso richiesto (a giorni od ad ore), può essere senz'altro
cambiato da un mese all'altro previa semplice modifica della domanda a suo tempo
avanzata, e non, in linea di massima, nell'ambito del singolo mese di
calendario, si precisa che la variazione può essere eccezionalmente consentita,
anche nell'ambito di ciascun mese, nel caso in cui sopraggiungano esigenze
improvvise, non prevedibili all'atto della richiesta di permessi, esigenze che,
peraltro, devono essere opportunamente documentate dal lavoratore.
In tal caso, la modifica dei permessi va effettuata
adottando i criteri rilevabili dagli esempi seguenti.
Si supponga che un lavoratore, con orario giornaliero
lavorativo di 8 ore per 5 giorni alla settimana, abbia già beneficiato, in un
determinato mese, di riposi orari per 20 ore, e che successivamente documenti la
necessità di utilizzare i giorni in luogo dei restanti permessi orari. Le 20
ore fruite dovranno essere convertite in giorni, con eventuale arrotondamento
all'unità inferiore se la frazione di giorno è pari o inferiore allo 0,50,
ovvero all'unità superiore se la frazione supera lo 0,50. Nell'esempio, quindi,
si ha: 20 ore: 8 = 2,50 gg. (e cioè 2 gg. arrotondati). Il lavoratore ha
fruito di ore corrispondenti a 2 gg. e quindi può chiedere 1 giorno di permesso
senza diritto ad ulteriori permessi orari nel mese. Se, invece, avesse già
fruito di 21 ore (equivalenti a 2,62 gg. = 3 gg. arrotondati) non potrebbe più
fruire neppure di 1 giorno di permesso, sempre relativamente a quel mese.
Analogo calcolo va effettuato nel caso inverso, se si tratta, cioè, di
convertire i giorni in ore. Se, ad esempio, lo stesso lavoratore ha utilizzato 2
giorni di permesso, potrà fruire, in quel determinato mese, di 8 ore di riposo,
in luogo del giorno di permesso che non intende più utilizzare.
2 - GENITORI E PARENTI O AFFINI ENTRO IL 3° GRADO
DELLA PERSONA HANDICAPPATA
2.1 - Generalità
L'art.
20 della legge 53/2000 stabilisce: "Le disposizioni dell'articolo
33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, come modificato dall'art.
19 della presente legge, si applicano anche qualora l'altro genitore non
ne abbia diritto nonché ai genitori ed ai familiari lavoratori, con rapporto di
lavoro pubblico o privato, che assistono con continuità e in via esclusiva un
parente o un affine entro il terzo grado portatore di handicap, ancorché non
convivente".
2.2 - Genitori di figli minorenni
Va preliminarmente chiarito che l'art.
20, secondo cui le disposizioni dell'art.
33 si applicano anche quando l'altro genitore non ha diritto, è
da intendere riferito ai (soli) figli handicappati minorenni.
E' da ritenere esclusa la applicabilità dello stesso
art. 20 nella parte in cui prevede la continuità e la esclusività
dell'assistenza alla persona handicappata da parte del lavoratore; ciò, anche
nel presupposto che per i figli minorenni non va richiesta la convivenza, come
anche precisato con circ.
n. 80/95.
Tanto premesso, in base alla nuova norma è ora
possibile per il genitore lavoratore fruire del prolungamento dell'astensione
facoltativa o dei riposi orari fino ai 3 anni di età del bambino nonché dei
giorni di permesso dopo i 3 anni e fino ai 18, anche qualora l'altro genitore
non abbia diritto a tali benefici (perché, ad esempio, è casalingo/a, non
svolge attività lavorativa, è lavoratore autonomo ecc.).
Nel caso in cui, invece, entrambi i genitori siano
lavoratori dipendenti, i permessi continuano a spettare ad entrambi, ma in
maniera alternativa. Ciò significa che possono spettare indifferentemente
alla madre o al padre, ma non con fruizione contemporanea, fatto salvo
quanto precisato al par. 2.2.3.
2.2.1 - Prolungamento dell'astensione facoltativa fino a tre
anni di età del bambino handicappato.
Il comma 1 dell'art.
33 della legge 104/92 stabilisce che la lavoratrice madre o, in
alternativa, il lavoratore padre, anche adottivi, di minore handicappato grave,
hanno diritto al prolungamento fino a tre anni (di età del bambino) del
periodo di astensione facoltativa.
In proposito si rammenta che, trattandosi di astensione
facoltativa, sia pure prolungata, con diritto alla indennità pari al 30%
della retribuzione per tutto il periodo, il rapporto di lavoro deve
continuare ad essere in atto, con obbligo di prestazione dell'attività
lavorativa, anche durante il prolungamento; si ricorda anche che per i
lavoratori agricoli a tempo determinato il diritto alla astensione facoltativa
ed al suo prolungamento è subordinato all'iscrizione negli elenchi validi per
ciascun anno di riferimento (anno precedente a quello di astensione).
Peraltro, con riferimento alle innovazioni apportate
dalla legge
53/2000, occorre fare alcune precisazioni in merito alle interrelazioni
tra l'astensione facoltativa "normale" ed il suo prolungamento.
E' da ritenere, infatti, che la norma dell'art.
20 della stessa legge 53 non abbia inteso escludere, per i genitori di
persone handicappate, né la possibilità di fruire, come gli altri, della
normale astensione facoltativa entro gli otto anni di età del bambino, né la
possibilità di beneficiare del prolungamento della astensione facoltativa fino
a tre anni di età del bambino; non ha quindi posto come condizione per il
prolungamento stesso il precedente godimento della integrale astensione normale.
Tenendo conto di tali considerazioni, diventa possibile
ammettere il prolungamento da parte di un genitore (alternativamente,
madre o padre) anche quando non sia stato in precedenza esaurito il periodo
della "normale" astensione facoltativa.
Se ciò si verifica, peraltro, il fatto che l'ulteriore
periodo di astensione sia qualificato come "prolungamento" non può
non comportare riflessi: pertanto in linea generale il prolungamento stesso potrà
iniziare solo dopo il periodo della normale astensione facoltativa teoricamente
fruibile dalla madre (6 mesi), periodo che inizia a decorrere dal
giorno successivo alla fine dell'astensione obbligatoria e che ordinariamente è
pari a nove mesi successivi al parto.
Fermo restando che il godimento del "normale"
periodo di astensione può essere spostato fino all'8° anno di età del
bambino, nei casi in cui uno dei genitori non appartenga a categoria avente
diritto all'astensione obbligatoria e/o a quella facoltativa dal lavoro, si
precisa:
- se è solo il padre che lavora, il prolungamento in
questione è riconoscibile dal giorno successivo alla scadenza del proprio
teorico periodo di "normale" astensione facoltativa, e cioè di 7
mesi, a partire dalla data di nascita del bambino;
- se si tratta di "genitore solo" - padre o
madre - (1), il prolungamento è riconoscibile dal giorno successivo alla
scadenza del teorico particolare periodo di astensione (10 mesi);
- se la madre è lavoratrice non avente diritto
all'astensione facoltativa e, quindi, al suo prolungamento, il padre può fruire
del prolungamento dal giorno successivo alla scadenza del proprio teorico
periodo di "normale" astensione facoltativa (7 mesi), decorrente dalla
fine dell'astensione obbligatoria della madre;
- se la madre è lavoratrice autonoma, il padre può
fruire del prolungamento dal giorno successivo alla scadenza del proprio teorico
periodo di "normale" astensione facoltativa (7 mesi), decorrente dalla
fine del periodo (3 mesi) di astensione facoltativa della madre, decorrente, a
sua volta, dal giorno successivo al periodo indennizzabile dopo il parto (3
mesi).
Nel caso in cui, invece, la "normale"
astensione facoltativa sia stata fruita in tutto o in parte, prima del
prolungamento, da uno o da entrambi i genitori, si avranno le seguenti
situazioni di fruibilità dei residui periodi di "normale"astensione
facoltativa:
- se la madre ha beneficiato di 6 mesi prima del
prolungamento, il padre può usufruire di 5 mesi di astensione facoltativa
"normale" sia entro il 3° anno di età del bambino, sia fra il 3° e
l'8° anno (mesi peraltro indennizzabili, in entrambi i casi, solo in presenza
di determinate condizioni reddituali: v. circ. n. 109 del 6.6.2000);
- se il padre ha beneficiato di 7 mesi prima del
prolungamento, la madre può usufruire di 4 mesi di astensione facoltativa
"normale" sia entro il 3° anno di età del bambino, sia fra il 3° e
l'8° anno (mesi soggetti a limiti di indennizzabilità analoghi a quelli di cui
all'alinea precedente);
- se entrambi i genitori si sono ripartiti i periodi di
astensione facoltativa "normale", con conseguente prolungamento da
parte di un genitore, ovvero con prolungamento alternativo da parte di
entrambi, il genitore che eventualmente non abbia utilizzato il proprio periodo
residuo (fruibile peraltro sempre entro il limite complessivo di 10 o 11 mesi),
può completarlo sia entro il 3° anno di età del bambino, sia fra i 3° e l'8°
anno, con i suddetti limiti di indennizzabilità.
2.2.2 - Riposi orari fino a tre anni di età del bambino
handicappato
Il comma 2 dell'art. 33 della legge 104 prevede la
possibilità per i genitori di fruire di riposi orari fino a tre anni di età
del bambino, in alternativa al prolungamento dell'astensione facoltativa;
si rammenta che, per uniforme applicazione della disposizione sia nel settore
privato che in quello pubblico, il numero di ore di riposo spettanti è da
rapportare alla durata dell'orario giornaliero di lavoro (2 ore per orario pari
o superiore a 6 ore, 1 ora in caso contrario).
Fino ad 1 anno di età i riposi non sono quelli
alternativi al prolungamento dell'astensione facoltativa, ma quelli c.d. per
allattamento del nuovo art. 10 della legge 1204 (v. in proposito circ.
109/ 2000). Ciò significa che, conformemente alle istruzioni della
circolare suddetta, durante l'utilizzo di questi riposi orari da parte della
madre, il padre può fruire della astensione facoltativa "normale", e
che, invece, l'utilizzo della astensione facoltativa "normale" da
parte della madre preclude la fruizione dei riposi orari da parte del padre.
Tra il 2° e il 3° anno di età del bambino, i riposi
orari diventano quelli alternativi al prolungamento dell'astensione facoltativa.
Si sottolinea che anche tali riposi, come il
prolungamento dell'astensione di cui al paragrafo precedente, spettano in
maniera alternativa tra i due genitori, e, trattandosi di beneficio che
sostituisce il prolungamento, l'utilizzo dei riposi orari da parte di un
genitore non esclude, secondo i criteri utilizzati per l'astensione suddetta,
che l'altro possa godere della "normale" astensione facoltativa
eventualmente ancora spettantegli.
2.2.3 - Giorni di permesso mensile tra il 3° e il 18° anno
di età del figlio handicappato.
Analogamente al prolungamento dell'astensione
facoltativa ed ai riposi orari, i giorni di permesso possono essere usufruiti
dai genitori (di figli minorenni) alternativamente, ma il numero massimo mensile
(3 gg.) può essere ripartito tra i genitori stessi anche con assenze
contestuali dal rispettivo lavoro (ad esempio, madre 2 gg., padre 1 giorno,
anche coincidente con uno dei due giorni della madre).
L'alternatività, in sostanza, si intende riferita solo
al numero complessivo dei giorni di riposo fruibili nel mese (tre).
I giorni di permesso possono essere utilizzati da un
genitore anche quando l'altro fruisce della "normale" astensione
facoltativa.
2.3 -Genitori di figli maggiorenni e familiari di
persone handicappate non conviventi
In base all'art.
20 della legge 53, i genitori e i familiari lavoratori di persone
handicappate possono fruire dei giorni di permesso mensile anche se il portatore
di handicap non è convivente a condizione che l'assistenza sia continua ed
esclusiva, requisiti che devono sussistere contemporaneamente.
Si rammenta (v. par. 2.2) che i genitori qui presi in
considerazione sono quelli di figli maggiorenni.
2.3.1 - Continuità dell'assistenza
La "continuità" consiste
nell'effettiva assistenza del soggetto handicappato, per le sue necessità quotidiane,
da parte del lavoratore, genitore o parente del soggetto stesso, per il quale
vengono richiesti i giorni di permesso.
Pertanto la continuità di assistenza non è
individuabile nei casi di oggettiva lontananza delle abitazioni, lontananza da
considerare non necessariamente in senso spaziale, ma anche soltanto
semplicemente temporale.
2.3.2 - Esclusività dell'assistenza
La "esclusività" va intesa nel senso
che il lavoratore richiedente i permessi deve essere l'unico soggetto che presta
assistenza alla persona handicappata: la esclusività stessa non può perciò
considerarsi realizzata quando il soggetto handicappato non convivente
con il lavoratore richiedente, risulta convivere, a sua volta, in un nucleo
familiare in cui sono presenti lavoratori che beneficiano dei permessi per
questo stesso handicappato, ovvero soggetti non lavoratori in grado di
assisterlo.
2.4 - Genitori di figli maggiorenni e familiari di
persone handicappate conviventi
Se il lavoratore richiedente i permessi è convivente
con la persona handicappata continua ad essere implicito - anche tenendo conto
dei criteri enunciati dal Consiglio di Stato con parere n. 784/95- che ai fini
della concessione dei permessi non debbano essere presenti nella famiglia altri
soggetti che possano fornire assistenza.
Si confermano, pertanto, le istruzioni precedenti (v. circ.
n. 80/95) che subordinano la concessione dei permessi alla inesistenza,
nel nucleo familiare, di soggetti non lavoratori in grado di assistere la
persona handicappata.
2.5 - Impossibilità di assistenza da parte del
familiare non lavoratore
Oltre ai motivi, obiettivamente rilevanti, di
impossibilità all'assistenza da parte del genitore non lavoratore, indicati
nella circ. 37/99
(par. 2, lett. A), da ritenere applicabili non solo al genitore suddetto, ma
anche ad altro familiare (ugualmente non lavoratore e unico altro
soggetto in grado di prestare assistenza) (2), si elencano gli ulteriori
motivi di impossibilità di assistenza da parte di soggetti non lavoratori
conviventi con il soggetto handicappato individuati dal Comitato
amministratore G.I.A.S con deliberazione n. 32 del 7.3.2000 (all. 1), per i
quali, quindi, al lavoratore (genitore o parente o affine entro il 3° grado
(3), convivente o meno -v. par 2.3 e 2.4- con l'handicappato)
possono essere riconosciuti i permessi, senza necessità di valutazioni
medico-legali:
·
riconoscimento, da parte dell'INPS o di altri Enti pubblici,
di pensioni che presuppongano, di per sé, una incapacità al lavoro pari al
100% (quali le pensioni di inabilità o analoghe provvidenze in qualsiasi modo
denominate);
·
riconoscimento, da parte dell'INPS o di altri Enti pubblici,
di pensioni, o di analoghe provvidenze in qualsiasi modo denominate (quali le
pensioni di invalidità civile, gli assegni di invalidità INPS, le rendite
INAIL, e simili), che individuino, direttamente o indirettamente, una infermità
superiore ai 2/3;
·
età inferiore ai 18 anni (anche nel caso in cui il familiare
non sia studente);
·
infermità temporanea per i periodi di ricovero ospedaliero;
·
età superiore ai 70 anni, in presenza di una qualsiasi
invalidità comunque riconosciuta; per gli invalidi di età inferiore a 70 anni,
possono essere applicati i criteri di cui al capoverso successivo.
I motivi di carattere sanitario, debitamente
documentati, del familiare non lavoratore, come ad esempio le infermità
temporanee che non diano luogo a ricovero ospedaliero, dovranno essere valutati
dal medico di Sede al fine di stabilire se e per quale periodo, in relazione
alla natura dell'handicap del disabile nonché al tipo di affezione del
familiare non lavoratore, sussista una impossibilità, per quest'ultimo, di
prestare assistenza.
Inoltre un ulteriore motivo di impedimento - ugualmente
identificato, in altra circostanza, dal Comitato G.I.A.S.- all'assistenza da
parte del familiare non lavoratore convivente con la persona handicappata può
essere quello determinato dalla mancanza di patente di guida del non lavoratore;
motivo valido, peraltro, solo se il lavoratore documenta la necessità di
trasportare, nei giorni richiesti, il figlio o parente handicappato per
visite mediche, terapie specifiche e simili e dichiara l'impossibilità
di far trasportare la persona handicappata da altri soggetti conviventi non
lavoratori, in quanto sprovvisti di patente di guida.
3 - CHIARIMENTI E VARIE
3.1 - Decorrenza dell'inizio dei benefici in casi
particolari
Ad integrazione di quanto previsto dalla circ. 80/95
(par. 1, 16° cpv. e nota 6) si precisa che le indennità per le agevolazioni di
cui ai commi 1, 2 e 3 dell'art. 33 della legge 104/92, possono essere
riconosciute, sempre che vi sia stata effettiva astensione dal lavoro, a partire
da una data diversa da quella di rilascio dell'attestato (o certificato o
verbale) relativo al riconoscimento dell'handicap grave da parte della speciale
Commissione medica A.S.L., non solo qualora nello stesso sia espressamente
indicata una validità decorrente da data anteriore a quella del riconoscimento
dell'handicap grave, ma in tutti i casi in cui la formulazione della diagnosi da
parte della Commissione sia tale (ad es. quanto è presente il riferimento ad
una eziologia prenatale) da far considerare l'handicap grave senza dubbio
esistente da data anteriore a quella di presentazione alla ASL della domanda
di riconoscimento (non anteriore comunque a quella di presentazione all'INPS e
al datore di lavoro della relativa domanda).
3.2 - Part time verticale
In caso di contratto di lavoro part time verticale, con
attività lavorativa (ad orario pieno o ad orario ridotto) limitata ad alcuni
giorni del mese, il numero dei giorni di permesso spettanti va ridimensionato
proporzionalmente.
Il risultato numerico va arrotondato all'unità
inferiore o a quella superiore a seconda che la frazione sia fino allo 0,50 o
superiore:
Si procede infatti con la seguente proporzione: x : a =
b : c (dove "a" corrisponde al n° dei gg. di lavoro effettivi;
"b" a quello dei (3) gg. di permesso teorici; "c" a quello
dei gg. lavorativi)
Si riporta un esempio di 8 giorni di lavoro al mese su
un totale di 27 giorni lavorativi teoricamente eseguibili (l'azienda non
effettua quindi la "settimana corta").
Perciò:
x : 8 = 3 : 27
x = 24 : 27;
x = 0,8 (gg. di permesso, da arrotondare a 1).
Nel mese considerato spetterà quindi 1 solo giorno di
permesso
3.3 - Operai agricoli a tempo determinato
In merito ai lavoratori agricoli a tempo determinato,
nel confermare in via generale quanto previsto dalla circ. 80/95 (par. 5) circa
la impossibilità della materiale fruizione di giorni di permesso per se stessi,
quali portatori di handicap, o per i figli o i familiari handicappati, quando si
tratta di lavoratori agricoli occupati "a giornata", si precisa che il
riconoscimento dei giorni di permesso è possibile, invece, quando detti
lavoratori sono occupati con contratto stagionale di durata pari almeno ad un
mese, con previsione di attività lavorativa per 6 (o 5 giorni se viene
effettuata "settimana corta") alla settimana. Tale possibilità è
comunque da escludere per le frazioni di mese, vale a dire per i mesi in cui
l'attività viene svolta solo per alcuni giorni.
3.4 - Contributi figurativi
La legge, all'articolo 19, lett. a), precisa che i
permessi dell'articolo 33, comma 3, della legge n.1204/1992 (permessi "a
giorni"), sono coperti da contribuzione figurativa.
I permessi di cui al comma 2 (permessi "ad
ore") risultano ora coperti da contribuzione figurativa, riscattabili,
oppure possono formare oggetto di versamenti volontari (v. nuovo art. 10 della
legge n. 1204/71).
Sull'argomento saranno impartite disposizioni a parte.
3.5 - Modulario e documentazione
Nell'attesa della revisione della modulistica attuale,
la stessa potrà essere utilizzata, con gli opportuni adattamenti e con la
presentazione delle dichiarazioni di responsabilità, laddove necessarie.
Si ricorda in proposito che le certificazioni mediche
non possono essere sostituite da autocertificazioni.
IL DIRETTORE GENERALE
TRIZZINO
Note
(1) - La situazione di "genitore solo" può
verificarsi in caso di morte di un genitore, o di abbandono del figlio da parte
di uno dei genitori, ovvero di affidamento del figlio ad uno solo dei genitori,
risultante da un provvedimento formale (v. circ. n. 109/2000, par. 1.3).
(2) - Si rammentano i "motivi obiettivamente
rilevanti" indicati nella citata circolare, applicabili anche a persona non
lavoratrice, diversa dal genitore, sempre che risulti essere l'unica
in famiglia in grado di prestare assistenza:
-
grave
malattia
-
presenza
in famiglia di più di tre minorenni
-
presenza
in famiglia di un bambino inferiore a 6 anni
-
necessità
di assistenza anche in ore notturne e anche da parte del lavoratore (da valutare
a cura del medico di Sede).
(3) - Si riporta, ad ogni buon fine, quanto riepilogato
nella nota (5) della circolare
n. 80 del 24.3.1995 a proposito del computo dei gradi di parentela e di
affinità:
"E' noto che i gradi di parentela si computano
(art. 76 c.c.) conteggiando, per la parentela in linea retta, le generazioni,
dal capostipite (escluso) al parente considerato; così ad es. la parentela
nonno/nipote è di 2° grado, quella madre/figlio di 1° grado, e così via.
In linea collaterale, invece, si deve risalire dalla
persona, generazione per generazione, al capostipite comune e poi così
ridiscendere alla persona interessata, sempre escludendo dal conteggio il
capostipite: ad esempio il grado di parentela tra fratelli è di 2° grado,
quello zio/nipote è di 3° grado, quello tra cugini è di 4° grado (questi
ultimi sono perciò esclusi dai benefici della legge).
L'affinità è il rapporto che unisce un coniuge con i
parenti dell'altro coniuge (art. 78 c.c.). Il grado di affinità è il medesimo
che ha il coniuge con il proprio parente: così ad esempio il grado di affinità
suocero/nuora (o suocera/genero) è di 1° grado; quello tra cognati di è di 2°
grado, e così via. Si sottolinea che gli affini di un coniuge non sono affini
tra loro: così ad esempio la moglie del cognato di una persona non è affine
con quest'ultima."
I.N.P.S.
DELIBERAZIONE
N. 32 DEL 7.3.2000
OGGETTO: Legge
n. 104/92. Presenza, nella famiglia del soggetto handicappato grave, di
familiare non lavoratore.
IL
COMITATO AMMINISTRATORE DELLA GESTIONE DEGLI INTERVENTI ASSISTENZIALI E DI
SOSTEGNO ALLE GESTIONI PREVIDENZIALI
(Seduta
del 7.3.2000)
-
visto l'art.
33, comma 3, della legge
n. 104/92;
-
viste le
disposizioni vigenti, secondo cui il riconoscimento della indennità relativa ai
giorni di permesso previsti dall'art. 33, comma 3, della legge n. 104/92 è
subordinato alla impossibilità, per altre persone presenti nella famiglia del
soggetto handicappato grave, di assisterlo;
-
considerato
che tale impossibilità è stata individuata nell'espletamento di una attività
lavorativa, ovvero, qualora il familiare non sia lavoratore, nei "motivi
obiettivamente rilevanti" di quest'ultimo, quali i gravi motivi di salute o
un obiettivo insormontabile impedimento;
-
rilevato che
determinate situazioni oggettive possono comportare effettivamente una
impossibilità del familiare non lavoratore di prestare assistenza al portatore
di handicap;
-
ritenuto che
le anzidette situazioni oggettive, purché debitamente documentate, non
necessitino di particolari accertamenti da parte dell'Istituto ai fini della
concessione, alle condizioni previste, dei permessi in questione al lavoratore,
genitore, parente o affine entro il terzo grado dell'handicappato;
-
tenuto conto
che in caso di figlio minorenne l'obbligo di assistenza in capo ai genitori è
da ritenere prevalente rispetto a quello di altri familiari;
DELIBERA
1)
Ai fini della concessione dei giorni di permesso previsti dall'art. 33, comma 3,
della legge n. 104/92, qualora nella famiglia del portatore di handicap siano
presenti familiari non lavoratori, le situazioni di impossibilità, per questi
ultimi, di assistere l'handicappato sono individuabili al verificarsi delle
seguenti ipotesi:
a)
riconoscimento, da parte dell'INPS o di altri Enti pubblici, di pensioni che
presuppongano, di per sé, una incapacità al lavoro pari al 100% (quali le pensioni
di inabilità o analoghe provvidenze in qualsiasi modo denominate)
b)
riconoscimento, da parte dell'INPS o di altri Enti pubblici, di pensioni, o di
analoghe provvidenze in qualsiasi modo denominate (quali le pensioni di invalidità
civile, gli assegni di invalidità INPS, le rendite INAIL, e
simili), che individuino, direttamente o indirettamente, una infermità
superiore ai 2/3;
c)
età superiore ai 70 anni, in presenza di una qualsiasi invalidità comunque
riconosciuta;
d)
età inferiore ai 18 anni (anche nel caso in cui non sia studente);
e)
infermità temporanea per i periodi di ricovero ospedaliero.
2)
Altre infermità temporanee, debitamente documentate, o, più in generale, i
motivi di carattere sanitario, anch'essi debitamente documentati, del familiare
non lavoratore dovranno essere valutati dal medico della Sede INPS al fine di
stabilire se e per quale periodo, in relazione alla natura dell'handicap del
disabile nonché al tipo di affezione del familiare non lavoratore, sussista una
impossibilità, per quest'ultimo, di prestare assistenza.
3)
In caso di genitori entrambi lavoratori e di figlio minorenne handicappato
grave, la presenza di familiari non lavoratori non pregiudica la possibilità,
per uno dei due genitori, di fruire, secondo le condizioni previste, dei
permessi per assistere tale figlio.