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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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Istituto Nazionale Previdenza Sociale
Direzione Centrale delle Prestazioni

Circolare INPS 17 settembre 2003, n. 153

Oggetto: Sentenza Corte di Cassazione - Sezioni Unite - 21 marzo 2001 n. 118.  Ripristino da data successiva alla revoca di pensione di invalidità liquidata in base alle disposizioni vigenti anteriormente alla legge 12 giugno 1984 n. 222. Modalità di computo del requisito contributivo relativo

 1 - Premessa

La Corte di Cassazione, con sentenza resa a Sezioni Unite n. 118/2001, ha affrontato la questione concernente le modalità di computo del requisito contributivo relativo nel caso di ripristino di un trattamento di invalidità con decorrenza successiva all’epoca della soppressione.

Ai fini della concessione delle prestazioni previdenziali in oggetto, è richiesta l’esistenza, oltre che dei requisiti assicurativo e sanitario, del requisito di attualità contributiva (cd. requisito contributivo relativo), consistente in un periodo minimo di contribuzione nel quinquennio che precede la presentazione della domanda di pensione in sede amministrativa.

Tale periodo di contribuzione, fissato in un anno dall’art. 9, n. 2, lett. b, del r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636 (come modificato dall’art. 2 della legge 4 aprile 1952 n. 218), è stato  successivamente e gradualmente elevato a tre anni dall’art. 4, co. 2°, della legge 12 giugno 1984, n. 222, per i trattamenti erogati con decorrenza posteriore all’entrata in vigore dell’anzidetto provvedimento.

In merito, la Suprema Corte ha preliminarmente rilevato che il termine di riferimento, ai fini del computo a ritroso del quinquennio, deve essere individuato nel giorno della presentazione della domanda amministrativa e non già, come talune precedenti pronunce avevano sostenuto, nel giorno del riconoscimento della prestazione, continuando a trovare applicazione in materia il disposto di cui al citato art. 9, n. 2, r.d.l. n. 636/1939.

Tanto premesso, era sorta questione se, a seguito dell’entrata in vigore della nuova disciplina dettata dalla legge n. 222/1984 e in caso di riconoscimento giudiziale, ai sensi dell’art. 149 disp. att. c.p.c., di un diritto non identico a quello soppresso (attribuzione dell’assegno ordinario di invalidità o della pensione di inabilità in luogo della pensione di invalidità), dovesse aversi riguardo alla originaria domanda di pensione di invalidità o a quella, successiva al provvedimento di soppressione, concernente il ripristino della prestazione.

 

2 - Orientamenti giurisprudenziali precedenti alla sentenza n. 118

Sulla questione, si sono registrati nel tempo orientamenti giurisprudenziali contrastanti.

Un primo indirizzo, sul presupposto che la vicenda del diritto alla prestazione previdenziale vada considerata come unica anche quando si susseguono le fasi della sospensione, della rettifica o della revoca, aveva ritenuto che, qualora il giudizio avente ad oggetto la domanda diretta al ripristino della soppressa pensione di invalidità si svolga dopo l’entrata in vigore della legge n. 222/1984, il giudice, in presenza di un sopraggiunto aggravamento delle condizioni sanitarie del soggetto, poteva riconoscere al medesimo il diritto all’assegno di invalidità o alla pensione di inabilità, senza l’applicazione del diverso, e più oneroso, requisito contributivo relativo di cui all’art. 4 della suddetta legge n. 222/1984 (tre anni nell’ultimo quinquennio anziché uno).

Conseguentemente, il requisito contributivo in parola doveva essere verificato con riferimento al quinquennio antecedente la presentazione dell’originaria domanda di pensione in sede amministrativa, senza necessità di un nuovo accertamento all’epoca della rideterminazione dello stato invalidante.

A tali principi si era uniformata la circolare n. 198 del 24 agosto 1990, al punto 1.

 

3 - La sentenza n. 118

Un secondo orientamento, accolto dalla sentenza in oggetto, ha rilevato, al contrario,  come l’unicità dell’iter inerente il diritto alla prestazione previdenziale sia sostenibile solo ove il giudizio promosso dall’assicurato al fine di contestare il provvedimento di soppressione si concluda con l’accoglimento integrale della domanda, avendo il giudice riconosciuto che l’originaria pensione era stata ingiustamente revocata per non essere mai venuto meno lo stato invalidante.

Diverso è il caso in cui, a fronte di un originario beneficio riconosciuto e poi soppresso, l’organo giudicante abbia riconosciuto, con decorrenza posteriore, un diverso beneficio: in tal caso, l’intervallo derivato dall’interruzione impedisce di considerare unico l’evento.

Applicando tale criterio interpretativo, la Corte di Cassazione ha distinto nettamente le due situazioni.

Se il giudizio instaurato dall’interessato si conclude con l’integrale accoglimento della pretesa dedotta in giudizio e se, pertanto, il giudice riconosce che la pensione, non ricorrendone le condizioni, non poteva essere soppressa, il requisito contributivo relativo andrà accertato prendendo come termine di riferimento, per il computo a ritroso del quinquennio nel quale debbono essere conteggiati i contributi, il giorno in cui è stata presentata l’originaria domanda di pensione in sede amministrativa, con la conseguente applicazione della disciplina di cui all’art. 9, n. 2, lett. b, del r.d.l. n. 636/1939 (ove la domanda rientri nella vigenza temporale di tale disposizione).

Qualora, viceversa, l’organo giudicante reputi corretto l’originario provvedimento di soppressione della pensione e tuttavia riconosca, ai sensi degli artt. 1, 2 e 12, co. 1°, della legge n. 222/1984 e dell’art. 149 disp. att. c.p.c., che l’assicurato ha diritto all’assegno ordinario di invalidità o alla pensione di inabilità per il sopraggiungere di un nuovo stato invalidante nel corso del procedimento amministrativo o giudiziario, la valutazione del requisito contributivo relativo deve essere effettuata con riferimento al tempo della proposizione della domanda amministrativa di ripristino della prestazione. Con la conseguenza che, ove tale domanda sia stata presentata dopo l’entrata in vigore della legge n. 222/1984, il suddetto requisito deve essere valutato in base alle disposizioni, più rigorose, contenute nell’art. 4, secondo comma, di tale disposizione legislativa.

 

4 - Nuovi criteri applicativi

Sulla base di tali principi devono ritenersi modificate le istruzioni fornite con la citata circolare n. 198 del 1990, al punto 1.

Di conseguenza, ove l’ex titolare di trattamento di invalidità revocato o non confermato veda integralmente accolto il proprio ricorso per non essere mai venuto meno lo stato invalidante, deve farsi luogo al ripristino della prestazione dal giorno della revoca o della mancata conferma, senza necessità di accertare nuovamente l’esistenza del requisito contributivo relativo, ritenendosi sufficiente quello accertato con riferimento alla domanda amministrativa che ha determinato l’originario riconoscimento della prestazione.

Nel caso in cui, viceversa, a seguito di ricorso contro il provvedimento di revoca o di mancata conferma del trattamento di invalidità, per cessazione dello stato invalidante, si accerti la sopravvenienza di un nuovo stato di invalidità, deve farsi luogo alla concessione della prestazione dal primo giorno del mese successivo all’insorgenza del nuovo stato invalidante, previa nuova verifica dell’esistenza del requisito contributivo relativo.

Il requisito in parola andrà accertato computando i contributi versati o accreditati nel quinquennio antecedente la data di presentazione della domanda amministrativa diretta al ripristino della trattamento previdenziale, con l’applicazione della normativa vigente a tale data.

I principi sopra delineati trovano applicazione per le domande di ripristino di trattamenti di invalidità revocati a decorrere dalla data della presente circolare, nonché per quelle il cui iter amministrativo sia, alla medesima data, in corso di trattazione. Sono in ogni caso fatti salvi i trattamenti già definiti in conformità con la sentenza della Corte di Cassazione n. 849 del 7 febbraio 1990 (circ. n. 198/1990, punto 1).

I predetti principi valgono sia nei casi di revoche di pensioni di invalidità sia nei casi di revoche di assegni di invalidità.

 

5 –- Conferma delle istruzioni in atto per i casi di nuove domande di assicurati già titolari di prestazioni revocate

Per quanto concerne le istruzioni fornite al punto 2 della circolare n. 198/1990, nulla è innovato.

Pertanto, nel caso in cui il lavoratore già titolare di trattamento pensionistico di invalidità (pensione o assegno) revocato o non confermato per cessazione dello stato invalidante presenti nuova domanda di assegno, il riconoscimento del diritto e' subordinato, oltre che all'esistenza di un nuovo stato invalidante, alla sussistenza del requisito contributivo relativo nel quinquennio precedente la data di presentazione della domanda.

Per l'ipotesi che la nuova domanda venga presentata da ex titolare di assegno di invalidità revocato la  Corte di Cassazione, con la citata sentenza n. 849/1990, ha affermato che, ai fini del conseguimento del requisito contributivo nel quinquennio, devono considerarsi utili i periodi di godimento dell'assegno di invalidità, nei quali non sia stata prestata attività lavorativa.

In tal senso, secondo la Suprema Corte, deve essere interpretato l'art.1, comma 6, della legge n. 222/1984 il quale, nel sancire la non reversibilità dell'assegno di invalidità, prevede ulteriormente che “ai fini del conseguimento dei requisiti di contribuzione di cui al comma 2 del successivo articolo 4, si considerano utili i periodi di godimento dell'assegno, nei quali non sia stata prestata attività lavorativa”.

La suddetta previsione, si legge nella sentenza, non contiene specifici riferimenti ad alcun tipo di pensione e deve pertanto ritenersi autonoma, malgrado la sua collocazione, rispetto alla prima parte dello stesso comma riguardante la pensione ai superstiti.

Ne consegue che, in caso di domanda di assegno di invalidità presentata da ex titolare della stessa prestazione revocata o non confermata per cessazione dello stato invalidante o per mancata richiesta di conferma, i requisiti contributivi devono essere accertati ritenendo utili i periodi di godimento dell'assegno revocato o non confermato durante i quali non sia stata prestata attività lavorativa: restando esclusa, secondo la previsione normativa, la valutabilità di tali periodi ai fini della misura della prestazione.

IL DIRETTORE GENERALE F.F.
PRAUSCELLO


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