Circolare Ministeriale 10 settembre 1991, n. 271
Oggetto: Trasmissione D.M. applicativo dell'art. 5, comma 7, della legge n. 148 del 5 giugno 1990
1. PREMESSA
Con la presente circolare viene trasmesso il D.M. 10 settembre 1991 emanato in applicazione dell'art. 5, comma 7, della legge 5 giugno 1990, n. 148, concernente la definizione di criteri per l'aggregazione delle materie per ambiti disciplinari nonché per la ripartizione del tempo da dedicare alle diverse discipline del curricolo.
Tale decreto, definito sulla base degli approfondimenti svolti da un apposito gruppo di studio e del parere espresso dal CNPI, affronta due questioni centrali che coinvolgono i più rilevanti aspetti qualitativi e organizzativi previsti dalla legge di riforma.
La complessità pedagogica e la ricchezza di sollecitazioni che i temi qui trattati pongono alla scuola elementare rendono necessarie da parte di tutti la massima attenzione e consapevolezza.
D'altronde, tale innovazione trova la scuola elementare già sufficientemente matura per effetto dell'attivazione della fase sperimentale avviata con le CC.MM. n. 288 del 22 settembre 1987, n. 143 del 24 maggio 1988, n. 196 del 5 giugno 1989 e della esperienza maturata in questo primo anno di applicazione della legge di riforma.
L'organizzazione modulare attuata sul piano sperimentale ha infatti offerto l'occasione per una significativa verifica delle principali innovazioni previste dal progetto di riforma (organizzazione dell'insegnamento, contitolarità, programmazione settimanale, nuove metodologie del lavoro scolastico) e ha consentito un'articolata riflessione sulla complessa materia delineata dai programmi (discipline di studio, organizzazione didattica, indicazioni metodologiche).
Le disposizioni relative alla programmazione e all'organizzazione didattica dettate dall'art. 5 della legge n. 148/90 trovano ora seguito nel D.M. allegato che, nella salvaguardia e nella valorizzazione dell'autonomia professionale dei docenti, offre riferimenti regolativi sul piano nazionale.
Si conclude, quindi, la fase transitoria regolata per i temi sopra richiamati dalla C.M. n. 170 del 22 giugno 1990: la presente circolare fornisce ulteriori orientamenti e precisazioni per una pertinente disamina dei caratteri organizzativi e di funzionamento della scuola elementare nell'ambito del disegno tracciato dai programmi e dalla legge n. 148.
2. LA PROGRAMMAZIONE
2.1. La programmazione dell'azione educativa e la programmazione dell'attività didattica sono i riferimenti progettuali e applicativi delle innovazioni a cui i programmi per la scuola primaria e la legge n. 148/90 hanno offerto il quadro normativo.
La programmazione dell'azione educativa compete al collegio dei docenti e costituisce la base progettuale unificante e dinamica degli aspetti generali pedagogico-didattici ed organizzativi dell'attività della scuola.
Fanno parte della programmazione dell'azione educativa, secondo l'art. 5, comma 7, della legge n. 148/90, anche l'aggregazione delle materie per ambiti disciplinari e la ripartizione del tempo da dedicare all'insegnamento di ogni disciplina.
La programmazione educativa realizza le condizioni di progetto, di organizzazione e verifica calibrate sulle esigenze formative degli alunni e sulle risorse disponibili nella scuola e nel territorio, per garantire un servizio scolastico rispondente agli obiettivi della legge e dei programmi. Essa pertanto si caratterizza alla luce di criteri di fattibilità, è più progettuale e dinamica che rigidamente definitoria e cogente, resta aperta per essere eventualmente integrabile.
La programmazione dell'attività didattica, strettamente correlata alla programmazione educativa, è di competenza degli insegnanti del modulo o delle classi che vi provvedono secondo quanto prescrive il II comma dell'art. 5 della citata legge n. 148/90.
La cultura organizzativa e didattica che la legge presuppone richiede da parte degli insegnanti progettazione in comune e responsabilità professionale per una organizzazione di tipo collaborativo. Il gruppo dei docenti rappresenta una unità funzionale che realizza l'unitarietà dell'insegnamento.
2.2. L'unitarietà dell'insegnamento (art. 5, comma 2, lett. b), la contitolarità e la collegialità del modulo (art. 5, comma 4 e C.M. n. 143, par. 3/3) richiedono un continuo coordinamento peraltro reso doveroso e possibile dalle due ore settimanali destinate alla programmazione didattica da attuarsi in incontri collegiali dei docenti di ciascun modulo (art. 9, comma 1).
In quella sede vanno valutate tutte le possibilità di integrazione dei compiti, soprattutto in rapporto all'impiego di competenze diverse da comporre in un'azione unitaria, in continuo raccordo con gli interventi operativi. Il collegio dei docenti può valutare la possibilità di utilizzare, ai fini della programmazione didattica e della valutazione in itinere dei risultati dell'insegnamento e del rendimento degli alunni, in aggiunta alle due ore già previste, parte delle ore da destinare ad attività non di insegnamento previste dai vigenti istituti contrattuali.
Si può ritenere infatti che la programmazione dell'attività didattica non debba prevedere soltanto incontri tra docenti del singolo modulo organizzativo per evitare che all'isolamento dell'insegnante unico si sostituisca l'isolamento del singolo gruppo docente.
Va ricordato, in proposito, che l'art. 5, comma 9, della legge n. 148 prevede appositi incontri «collegiali» periodici degli insegnanti
3. CRITERI PER L'AGGREGAZIONE DELLE MATERIE IN AMBITI DISCIPLINARI E ASSEGNAZIONE DEGLI AMBITI
3.1. Gli ambiti attraverso i quali si realizza la pluralità degli interventi didattici sono dalla legge detti ÒdisciplinariÓ.
Gli ambiti disciplinari costituiscono raggruppamenti delle materie indicate dai vigenti programmi e assumono la denominazione delle materie che li compongono. Dalla considerazione che tutti gli insegnanti del modulo sono in posizione giuridica di parità e che i loro interventi sono articolati per ambiti disciplinari (art. 5, commi 4 e 6), deriva la necessità che la composizione degli ambiti risulti sostanzialmente equivalente quanto a rilevanza didattica. La legge attribuisce alla competente valutazione del collegio dei docenti l'aggregazione delle materie in ambiti disciplinari e la ripartizione dei tempi di insegnamento da dedicare alle diverse discipline.
All'inizio di ciascun anno e nel quadro della programmazione educativa, il collegio dei docenti provvede a tale fondamentale adempimento sulla base dei criteri definiti con il D.M., trasmesso con la presente circolare. La delibera, opportunamente motivata in relazione a ragioni di ordine pedagogico e organizzativo ed alle soluzioni meglio rispondenti alle singole situazioni operative, concerne, ovviamente, tutte le classi del circolo.
Il criterio dell'affinità delle discipline di cui la legge vuole che si tenga conto rimanda a considerazioni di efficacia didattica oltre che a valutazioni di carattere epistemologico. Tale criterio trova il suo fondamento nei programmi secondo la seguente scansione: a) acquisizione di tutti i fondamentali tipi di linguaggio; b) primo livello di padronanza dei quadri concettuali; c) abilità; d) modalità d'indagine.
3.2. Nel modulo-tipo di tre insegnanti su due classi, gli ambiti da determinare sono tre, così come individuati nel decreto allegato; sulla base del criterio dell'affinità vanno aggregate tutte le altre materie.
Nel caso in cui non fosse possibile costituire moduli organizzativi che utilizzino tre insegnanti su due classi, il modulo di quattro docenti su tre classi va considerato anche rispetto alla definizione degli ambiti con la massima attenzione. Per questo tipo di modulo, il collegio dei docenti potrà decidere, con motivata deliberazione, di formare quattro ambiti disciplinari.
Qualora, invece, il collegio dei docenti ritenesse troppo elevato il numero degli insegnanti per classe (in particolare nelle prime due classi e, nelle altre, in presenza anche dell'insegnante di sostegno, dell'insegnante di religione cattolica, dell'insegnante di lingua straniera), potrà deliberare che il modulo organizzativo comprenda tre ambiti disciplinari, in modo che in ciascuna classe non operino più di tre docenti del gruppo. In questo caso gli ambiti disciplinari saranno molto simili a quelli determinati nel modulo con tre insegnanti su due classi, fatti salvi gli opportuni adattamenti.
L'organizzazione modulare e la conseguente articolazione delle discipline per ambiti sono estese alle classi a tempo pieno, secondo quanto previsto dall'art. 8, comma 2, lett. c, della legge n. 148. Per la definizione degli ambiti vanno, pertanto, adottati criteri analoghi a quanto previsto nei punti precedenti.
Nel caso di funzionamento di una sola classe o di classe residuale funzionante a tempo pieno, i collegi dei docenti avranno comunque cura di non collocare nello stesso ambito la lingua italiana e la matematica.
Si deve in ogni caso avere presente che la costituzione degli ambiti mira a favorire competenze arricchite e spazi di interazione tra i docenti piuttosto che a tracciare confini.
3.3. Si avrà particolare cura, nell'assegnazione degli insegnanti alle classi e nell'assegnazione degli ambiti disciplinari agli insegnanti, che siano garantite di fatto le condizioni previste dal comma 3 dell'art. 5 della legge n. 148, e che siano tutelate sia la dignità culturale e didattica dei vari ambiti disciplinari, sia il principio della parità delle prestazioni professionali dei docenti.
Per i moduli costituiti da quattro insegnanti su tre classi, l'assegnazione degli ambiti sarà disposta tenendo conto della deliberazione del collegio dei docenti in ordine al numero degli ambiti e della specifica organizzazione didattica del modulo. Si farà in modo che, attraverso una appropriata aggregazione delle materie negli ambiti, ad ogni insegnante sia assegnato non più di un ambito per classe.
Criteri analoghi sono da adottare per le classi funzionanti a tempo pieno.
Andrà comunque osservato il principio di una congrua ripartizione del tempo dedicato ai diversi ambiti, senza sacrificarne alcuno.
4. RIPARTIZIONE DEL TEMPO DA DEDICARE ALL'INSEGNAMENTO DELLE DISCIPLINE
4.1. I tre livelli coordinati per la determinazione dei tempi da destinare alle materie del curricolo individuati nel D.M. allegato rispondono, come precisato nello stesso decreto, alla duplice esigenza di fissare una soglia minima, valevole su tutto il territorio nazionale, che garantisca il perseguimento degli obiettivi previsti dai programmi senza che sia sacrificata alcuna disciplina, ed, insieme, favorisca la più ampia autonomia didattica dei docenti, responsabili della programmazione, della gestione e della valutazione del processo di apprendimento degli alunni.
La soglia minima di ore settimanali da dedicare a ciascuna disciplina si riferisce, intenzionalmente, a un arco settimanale di 20 ore per consentire una distribuzione delle ore rimanenti rispondente alle specifiche esigenze formative individuate dalla programmazione educativa e didattica.
Il secondo livello, quello del collegio dei docenti, definisce la fascia di possibile oscillazione del tempo da destinare alle singole materie, fissando le quote orarie settimanali massime utilizzabili per ciascuna di esse in un equilibrato quadro formativo e in relazione alla programmazione educativa e all'organizzazione modulare specifica del circolo.
Ovviamente, la somma degli orari massimi delle singole materie potrà andare al di là dell'orario settimanale in quanto la definizione di fasce temporali è finalizzata a consentire margini di flessibilità e di adattamento entro cui sarà compito dei docenti contitolari del modulo fissare i tempi da destinare all'insegnamento di ogni materia.
Spetterà infatti al gruppo docente di cui al terzo livello individuare i tempi effettivi da dedicare alle singole materie sulla base della programmazione e nel rispetto dei ritmi di apprendimento degli alunni e dei loro bisogni formativi.
Tale ripartizione del tempo verrà periodicamente sottoposta a verifica per gli opportuni adattamenti.
4.2. La ripartizione dei tempi deve anche adeguatamente valorizzare, come occasione di arricchimento del percorso didattico, l'azione di insegnamento che verrà esercitata durante la quota di tempo che potrà essere destinata, ai sensi dell'art. 9, comma 2, della legge n. 148, al recupero di alunni con ritardi di apprendimento, anche in riferimento ad alunni stranieri, in particolare provenienti da paesi extracomunitari.
E' opportuno infine rilevare che il tempo nella scuola non va considerato soltanto in una dimensione quantitativa e formale. Una distribuzione equilibrata delle attività nel tempo giornaliero e settimanale influenza infatti le forme di insegnamento-apprendimento sia attraverso i comportamenti e gli stili di insegnamento che attraverso i mezzi impiegati, ed ha incidenza anche sulle modalità di divisione e di conduzione del lavoro da parte degli insegnanti. E soprattutto non va dimenticato che al centro dell'attività didattica, anche a proposito dell'impiego del tempo, restano le esigenze e i ritmi di crescita del bambino.
5. RUOLI E COMPETENZE
5.1. L'organizzazione per moduli, secondo le disposizioni contenute nella legge n. 148/90, sollecita una lettura più attuale delle competenze degli organi collegiali.
Il consiglio di circolo definisce le modalità di svolgimento dell'orario settimanale (art. 7, comma 5) scegliendo, per ciascun plesso sulla base dell'analisi della situazione ambientale, delle strutture disponibili e del progetto educativo, tra orario antimeridiano e pomeridiano in sei giorni alla settimana e orario antimeridiano e pomeridiano in cinque giorni alla settimana.
Va sottolineato il carattere eccezionale e del tutto transitorio dell'eventuale adozione di un orario antimeridiano continuato che è improduttivo sotto il profilo didattico e crea affaticamento negli alunni.
Pertanto il consiglio di circolo motiverà analiticamente le ragioni che impediscono la normale articolazione dell'orario prevista dalla legge, inviando copia della relativa delibera al provveditore e agli enti locali interessati.
Al riguardo, si ritiene comunque opportuno precisare che strutture e servizi necessari sono quelli la cui mancanza non consente assolutamente l'attuazione dei rientri pomeridiani. Gravi carenze edilizie che comportino i doppi turni rappresentano, ad esempio, condizione ostativa; al contrario, l'assenza di alcuni servizi integrativi delle strutture scolastiche, come la mensa, non costituiscono di per sé motivo che giustifichi l'automatica adozione di un orario antimeridiano continuato.
5.2. In merito all'organizzazione didattica risulta evidente il rilievo che la legge di riforma attribuisce all'intervento del collegio dei docenti che assume nuove e significative competenze.
Va altresì valorizzato il ruolo del consiglio di interclasse la cui azione appare importante soprattutto per definire i punti nodali di carattere formativo ed organizzativo che costituiscono essenziali momenti di raccordo all'interno della scuola.
Attraverso l'individuazione di questi nessi comuni si può contrastare l'eventuale articolazione della scuola in nuclei modulari isolati, e si possono ideare attività didattiche soprattutto finalizzate all'interazione progettata, verificata, produttiva con l'extrascuola.
5.3. Nell'applicazione della riforma appare rilevante la funzione del direttore didattico che la legge n. 148/90 chiama in causa (art. 5, commi 3 e 4) per l'attivazione ed il coordinamento di situazioni che presentano grande complessità e che richiedono cultura, preparazione professionale, disponibilità, al fine di garantire il coordinamento delle linee programmatiche e la coerenza applicativa.
Sulla base di questi presupposti il direttore didattico dispone l'assegnazione degli insegnanti alle classi di ciascun modulo organizzativo e l'assegnazione degli ambiti disciplinari agli insegnanti, tenendo conto dell'esigenza di garantire la continuità didattica, la migliore utilizzazione delle competenze e delle esperienze professionali, avendo cura che i docenti operino collegialmente.
5.4. Il direttore didattico ed i docenti cureranno l'informazione ed il coinvolgimento dei genitori sul disegno didattico ed organizzativo inteso al perseguimento degli obiettivi stabiliti dai programmi e sulle esigenze di funzionamento dei moduli per favorire l'opera della scuola.
5.5. Gli ispettori tecnici seguiranno le esperienze in atto nelle scuole proponendo soluzioni, offrendo consulenze e contributi allo sviluppo dei progetti educativi.
Essi raccoglieranno, con il coordinamento delle segreterie regionali o interregionali, i dati significativi per una approfondita conoscenza delle reali situazioni che il nuovo ordinamento ha creato e dei risultati conseguiti, anche in vista dell'adempimento relativo al IX comma dell'art. 15 della legge di riforma.
Si rileva, infine, l'opportunità che occasioni di incontro tra i direttori didattici, al fine di favorire scambi di esperienze ed opportuni confronti, con la partecipazione degli ispettori tecnici, siano opportunamente promosse dai provveditori agli studi.
Decreto Ministeriale 10 settembre 1991
Oggetto: Applicazione dell'art. 5, comma 7, della legge n. 148 del 5 giugno 1990
Art. 1
Il collegio dei docenti, con delibera motivata e tenendo conto delle esigenze connesse all'assetto organizzativo della scuola, procede, ai sensi dell'art. 5, comma 7, della legge 5 giugno 1990, n. 148, nel quadro della programmazione educativa, all'aggregazione delle materie in ambiti disciplinari.
Tale aggregazione viene definita sulla base del criterio dell'affinità delle discipline inserite nel curricolo, soprattutto nei primi due anni, e dell'esigenza di non raggruppare da sole o in un unico ambito l'educazione all'immagine, l'educazione al suono e alla musica, l'educazione motoria.
Nel rispetto degli obiettivi formativi e della struttura dei moduli, gli ambiti entro i quali aggregare le discipline sono, di norma, tre in ciascuno dei quali sono rispettivamente inserite la lingua italiana, la matematica, la storia-geografia-studi sociali.
Il collegio dei docenti provvede ad aggregare le altre discipline negli ambiti secondo i criteri suindicati, rispettando, comunque, una composizione equilibrata al fine di assicurare ad ogni materia un adeguato sviluppo e di garantire parità di impegno professionale per i docenti.
Sulla base del criterio dell'affinità didattica si dovrà provvedere anche all'aggregazione dell'insegnamento della religione cattolica, da affidare a docente dichiaratosi disponibile.
Il collegio dei docenti può decidere di formare quattro ambiti disciplinari nel caso in cui non sia stato possibile costituire moduli che utilizzino tre insegnanti su due classi e sempreché non ritenga di adottare, comunque, tre ambiti.
Nell'ipotesi di cui al comma precedente, la lingua italiana, la matematica, le scienze, la storia-geografia-studi sociali sono inserite in ambiti diversi. L'articolazione delle discipline per ambiti va attuata con gli opportuni adattamenti anche nelle classi funzionanti a tempo pieno.
Gli ambiti disciplinari definiti dal collegio dei docenti secondo i criteri di cui al presente articolo hanno pari dignità culturale e didattica, a prescindere dalla quantità di tempo dedicata a ciascuno di essi.
Tale principio va salvaguardato in modo particolare anche in sede di applicazione del V comma dell'art. 5 della legge n. 148 citata. In tale caso, la maggiore presenza temporale di un insegnante in una delle due classi non implica una diminuzione dell'impegno professionale complessivamente richiesto.
Art. 2
Al fine di garantire l'esigenza di un quadro regolativo omogeneo su tutto il territorio e di favorire, nel contempo, la più ampia autonomia didattica del collegio dei docenti e degli insegnanti del modulo in relazione alla peculiarità della programmazione educativa e didattica e ai bisogni formativi degli alunni, sono individuati tre livelli coordinati per la determinazione dei tempi da destinare alle materie del curricolo.
Tali livelli si articolano in un primo livello nazionale che fissa i minimi orari settimanali per ogni materia; un secondo, di competenza del collegio dei docenti, che stabilisce la fascia di possibile oscillazione; un terzo, attribuito agli insegnanti contitolari del modulo, che definisce i tempi effettivi da dedicare alle singole materie.
Le minime soglie orarie settimanali sono così stabilite: lingua italiana, 4 ore; matematica, 3 ore; scienze, 2 ore; storia-geografia-studi sociali, 3 ore; educazione all'immagine, 2 ore; educazione al suono e alla musica, 2 ore; educazione motoria, 2 ore. Sulla base delle soglie orarie minime sopra definite e ferma restando l'attribuzione di due ore all'insegnamento della religione cattolica, il collegio dei docenti stabilisce le quote orarie settimanali massime ritenute congrue per ciascuna materia, in un equilibrato quadro formativo.
Gli insegnanti contitolari del modulo definiscono, all'interno della fascia temporale indicata dal collegio dei docenti, i tempi effettivi da dedicare alle singole materie sulla base della programmazione didattica e nel rispetto dei ritmi di apprendimento degli alunni e dei loro bisogni formativi.
Per ciò che riguarda il tempo da destinare all'insegnamento della lingua straniera si richiamano le norme del D.M. 28 giugno 1991 attuative degli artt. 7 e 10 della legge n. 148/1990.
Nella ripartizione dei tempi va anche considerata la deliberazione del collegio dei docenti in ordine ai criteri, ai contenuti e ai tempi concernenti i modi in cui si deve esplicare la contemporanea azione di più insegnanti nella stessa classe o nelle classi del modulo, in particolare per quanto concerne l'attuazione dell'art. 9, comma 2, della legge n. 148 citata.
La ripartizione dei tempi è periodicamente sottoposta a verifica per gli opportuni adattamenti.
Art. 3
I competenti organi locali delle province autonome di Bolzano e Trento e della regione autonoma Valle d'Aosta nonché i provveditori agli studi di Trieste e Gorizia valuteranno l'applicabilità delle disposizioni di cui al presente decreto in relazione agli ordinamenti scolastici delle rispettive zone di competenza in applicazione della vigente normativa.