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All'A.N.C.I.
All'U.P.I.
All'U.N.C.E.M.
Con la circolare n. 3/97, questo Dipartimento ha dato alcune
indicazioni in tema di rapporto di lavoro a tempo parziale e
d'incompatibilità.
La contrattazione collettiva regolerà i vari aspetti della
disciplina del lavoro a tempo parziale. L'ARAN attiverà
prossimamente una specifica fase negoziale.
Nell'attesa della nuova disciplina contrattuale, le integrazioni
seguenti considerano le numerose richieste di chiarimenti
pervenute a questo Dipartimento e hanno lo scopo di assicurare
l'applicazione uniforme della disciplina legislativa. Esse
tengono conto anche delle modifiche in tema di rapporto di lavoro
a tempo parziale, introdotte dall'art. 6 del decreto-legge n. 79
del 28 marzo scorso, convertito dalla legge n. 140 del 28 maggio
1997.
E' il caso di evidenziare che le indicazioni seguenti riguardano
aspetti di carattere generale. Resta ferma l'autonomia
decisionale delle amministrazioni nella gestione dei casi
singoli.
1. Ambito dei destinatari.
Alcune richieste di chiarimenti riguardano l'esclusione dei
dirigenti dalla disciplina del tempo parziale. La ragione
principale dell'esclusione risiede nella particolare
configurazione giuridica della qualifica dirigenziale,
caratterizzata da poteri e responsabilità di gestione. Ciò
esclude la possibilità di una riduzione o frazionamento della
prestazione lavorativa.
Le norme relative al tempo parziale non riguardano i professori
universitari; per questa categoria, infatti, esiste una
disciplina del tutto particolare non solo sulle attività
extraistituzionali consentite, ma anche sull'articolazione
temporale della prestazione.
Per il personale contrattualizzato, appartenente a specifiche
tipologie professionali, compresa la dirigenza dell'area
sanitaria, saranno fornite indicazioni dopo la specifica fase di
contrattazione collettiva.
Per il personale della scuola restano ferme, dato il carattere di
specialità del comparto, le specifiche disposizioni sul tempo
parziale contenute nel contratto collettivo nazionale di lavoro.
2. Decorrenza della trasformazione del rapporto da tempo pieno a
tempo parziale.
La trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo
parziale avviene automaticamente, una volta trascorso il termine
che la legge riserva all'amministrazione per esprimere le proprie
valutazioni (sessanta giorni dalla ricezione della domanda, ai
sensi dell'art. 1, comma 58, della legge n. 662). Restano salve,
naturalmente, le valutazioni sull'esistenza del posto nell'ambito
dei contingenti relativi a ciascuna qualifica funzionale. L'art.
6 del decreto-legge n. 79, convertito dalla legge n. 140,
inserisce dopo il comma 58 una nuova disposizione (comma 58-ter)
che prevede la possibilità per l'amministrazione di arrotondare
per eccesso il limite percentuale della dotazione organica
complessiva di ciascuna qualifica funzionale, per arrivare
all'unità. Questa facoltà sarà esercitata compatibilmente con
le esigenze complessive di servizio (particolarmente rilevanti,
per esempio, nei comuni di minori dimensioni, dove i responsabili
dei servizi non hanno qualifica dirigenziale).
La circolare n. 3 richiama la necessità di procedere a
formalizzare la trasformazione del rapporto con atto scritto. La
formalizzazione ha lo scopo di garantire certezza dei contenuti
del contratto individuale di lavoro. La forma scritta costituisce
un adempimento che non può ritardare l'avvio effettivo della
trasformazione. L'atto scritto, con le nuove modalità orarie di
svolgimento della prestazione, sarà quindi adottato prima del
sessantunesimo giorno, oppure successivamente, sempre con effetto
da tale data.
L'eventuale rinvio della trasformazione automatica è
giustificato nei casi di grave pregiudizio alla funzionalità del
servizio (per esempio, quando l'interessato ha la responsabilità
di un ufficio o servizio non di rilievo dirigenziale) e deve
essere comunicato all'interessato prima della scadenza del
termine dei sessanta giorni dalla domanda.
La sospensione del termine è possibile solo se la richiesta
dell'interessato è carente di elementi essenziali per la
valutazione. Il termine riprende a decorrere dalla data di
deposito degli elementi richiesti. Non è perciò sufficiente a
sospendere il termine una semplice comunicazione interlocutoria
dell'amministrazione.
3. Esercizio di attività professionali.
La precedente circolare ha chiarito che i dipendenti a tempo
parziale, con orario non superiore alla metà di quello
ordinario, possono iscriversi agli albi professionali. La
relativa norma (art. 1, comma 56, della legge n. 662/1996) aveva,
infatti, disposto la non applicabilità ai dipendenti a tempo
parziale di tutte le precedenti disposizioni che vietavano
l'iscrizione in albi.
Sono state però sollevate alcune obiezioni circa la permanenza
delle norme di legge che stabiliscono l'incompatibilità dello
status di dipendente pubblico con l'esercizio di attività
professionali.
La questione è stata chiarita dal citato decreto-legge n. 79,
convertito dalla legge n. 140/1997. La legge aggiunge, all'art. 1
della legge n. 662, un comma 56-bis, (art. 6, comma 2, del testo
modificato in sede parlamentare), il quale chiarisce
inequivocabilmente che l'iscrizione del personale a tempo
parziale negli albi professionali dà titolo all'esercizio della
corrispondente attività professionale. Qualsiasi disposizione
normativa che esclude i dipendenti pubblici dall'iscrizione ad
albi e dall'esercizio della relativa professione, è perciò
abrogata con riferimento al personale a tempo parziale.
Sono stati, però, posti limiti precisi all'esercizio delle
professioni. Le amministrazioni pubbliche non possono conferire
direttamente incarichi esterni di natura professionale a chi è
dipendente anche di un'altra amministrazione e che eserciti, in
quanto a tempo parziale, una libera professione. Inoltre,
l'esercizio della professione legale non può riguardare
controversie nelle quali sia parte una pubblica amministrazione.
Tutto ciò non preclude completamente il conferimento di
incarichi di natura professionale a dipendenti pubblici. Questa
possibilità, per esempio, è esercitabile quando l'appartenenza
ad una pubblica amministrazione sia elemento necessario e
peculiare per lo svolgimento dell'incarico stesso, oppure quando
l'amministrazione adotti procedure concorsuali di scelta, dalle
quali sarebbe improprio escludere a priori una categoria di
partecipanti.
La possibilità di esercizio di una libera professione non
preclude, ovviamente, il potere degli ordini professionali di
valutare il possesso degli ulteriori requisiti per l'iscrizione,
quali il superamento degli esami di abilitazione o il godimento
dei diritti civili.
Chiariti i limiti per l'esercizio delle libere professioni da
parte del personale a tempo parziale, si precisa che restano
fermi gli ordinamenti di settore per determinate categorie
professionali aventi un regime particolare per le attività
extraistituzionali consentite. Resta ferma, naturalmente, anche
la possibilità, per il personale a tempo pieno, di iscriversi in
albi o elenchi quando questa è consentita dagli ordini
rispettivi, pur se con il divieto - sancito dall'art. 1, comma
60, della legge n. 662/1996 - di esercitare qualsiasi attività
di lavoro subordinato o autonomo tranne che la legge o altra
fonte normativa ne prevedano l'autorizzazione da parte
dell'amministrazione di appartenenza e che l'autorizzazione
stessa sia stata concessa.
4. Conflitto d'interessi.
Il passaggio al tempo parziale può essere richiesto per svolgere
una seconda attività, subordinata o autonoma. In questo caso, la
prestazione oraria non deve essere superiore alla metà di quella
a tempo pieno. Occorre inoltre accertare se le attività
esercitabili interferiscono con quella ordinaria, e se
concretizzano occasioni di conflitto d'interessi. Queste ultime
devono essere valutate non solo all'atto della richiesta della
trasformazione del rapporto ma anche in seguito. Il conflitto è,
infatti, riscontrabile sia al momento della richiesta, secondo la
comparazione tra l'attività istituzionale e quella che si vuole
svolgere fuori dell'orario, sia successivamente.
Per uniformare i propri indirizzi, le amministrazioni possono,
peraltro, individuare a priori alcune attività potenzialmente in
grado di realizzare situazioni di conflitto. Questa facoltà è
ora disciplinata dal già citato decreto-legge n. 79, convertito
dalla legge n. 140/1997, che prevede la pubblicazione di decreti
interministeriali per individuare le attività comunque non
consentite (si veda art. 6, comma 3, che aggiunge il comma 58-bis
all'art. 1 della legge n. 662). Le proposte di decretazione
potranno riguardare anche gli enti vigilati dalle amministrazioni
rispettive. L'individuazione delle attività non consentite è
lasciata all'esame dei singoli casi concreti di conflitto
d'interessi, finché i decreti di cui si parla non saranno
perfezionati.
5. Attività compatibili.
Numerose richieste di chiarimento riguardano le attività che
possono essere svolte dal personale a tempo pieno, con
l'autorizzazione dell'amministrazione.
I criteri richiamati nella precedente circolare n. 3 restano
confermati quali linee guida per procedere all'esame delle
singole richieste di autorizzazione. Data la molteplicità e la
varietà della casistica, è consigliabile informare il personale
sui criteri e sulle procedure che si intendono seguire. Ciò
consente di uniformare il più possibile le decisioni assunte in
casi similari.
Vanno evitati appesantimenti della procedura di autorizzazione,
che possono condizionare quelle situazioni in cui l'attività da
svolgere non è programmabile dall'interessato con un congruo
anticipo. Situazioni del genere (riguardanti, per esempio,
articoli su quotidiani o riviste) sono senz'altro superabili
rilasciando la relativa autorizzazione non necessariamente per
singoli atti ma sulla base di una richiesta di breve - medio
periodo, sia pure previsionale. Il dipendente è, comunque,
sempre tenuto a fornire indicazioni non generiche sulle
condizioni di svolgimento delle attività ulteriori. In questo
modo l'amministrazione sarà in grado di valutare l'esistenza di
elementi idonei a motivare il rilascio dell'autorizzazione, o il
rifiuto della stessa:
a) specifiche situazioni di coinvolgimento attivo del dipendente
in attività societarie richiedono alcune precisazioni, fermo
restando che la partecipazione a titolo di semplice socio, esime
il dipendente dalla richiesta di autorizzazione.
E' stato prospettato il caso della partecipazione in società
agricole a conduzione familiare, situazione diffusa in molte
realtà territoriali. A giudizio di questo Dipartimento,
l'attività rientra tra quelle compatibili solo se l'impegno
richiesto è modesto e non abituale o continuato durante l'anno.
Spetta all'amministrazione valutare che le modalità di
svolgimento sono tali da non interferire sull'attività
ordinaria.
L'altra situazione che merita qualche precisazione riguarda le
cariche sociali. Nell'ambito delle società cooperative questo
caso è previsto dal testo unico n. 3/1957 con riguardo,
originariamente, alle sole cooperative tra impiegati pubblici.
L'art. 18 della legge n. 59/1992 ha esteso questa ipotesi a tutte
le cooperative. Questo significa che la partecipazione a cariche
sociali è ora consentita qualunque sia la natura e l'attività
della cooperativa.
La questione è stata sollevata, in particolare, per la
partecipazione a cooperative del settore bancario (casse rurali),
in cui è diffusa la partecipazione di dipendenti pubblici non
solo come semplici soci. Ciò non esime il dipendente dal
richiedere la relativa autorizzazione, che sarà rilasciata
secondo gli usuali criteri della quantità dell'impegno e delle
modalità di svolgimento. Non va però trascurato l'esame delle
specifiche funzioni svolte dal dipendente e delle competenze
dell'amministrazione. Gli atti gestionali posti in essere come
amministratore di casse rurali potrebbero avere, infatti, un
notevole impatto esterno ed entrare in rapporto d'interferenza
con i compiti istituzionali;
b) altra questione che richiede un chiarimento ulteriore riguarda
l'attività di amministratore di condomini. Si tratta di
attività che può essere svolta solo quando l'impegno riguarda
la cura dei propri interessi;
c) le collaborazioni o incarichi di consulenza presso altre
amministrazioni pubbliche richiedono necessariamente
l'autorizzazione della propria amministrazione, che valuterà la
non interferenza con l'attività ordinaria di quella ulteriore.
Questi criteri valgono anche per i cosiddetti scavalchi, cioè le
attività, simili a quelle ordinarie, svolte presso un'altra
amministrazione dello stesso comparto (per esempio, incarichi di
collaborazione presso un ente locale diverso dal proprio).
Presso gli enti locali questa attività di collaborazione assume
rilievo particolare, con carattere, spesso, di continuità. La
legge ha previsto un'apposita disciplina consentendo ai
dipendenti a tempo parziale degli enti locali di prestare
attività lavorativa (anche subordinata) con altro ente locale,
con autorizzazione della propria amministrazione (si veda l'art.
17, comma 18, della legge n. 127/1997);
d) la partecipazione a convegni e la pubblicazione di propri
scritti non necessitano di autorizzazione quando sono gratuite.
6. Personale comandato.
La trasformazione del rapporto di lavoro richiesta da un
dipendente comandato coinvolge sia l'amministrazione in cui il
dipendente presta temporaneamente servizio, sia quella di
appartenenza. Spetta alla prima la valutazione delle situazioni
che possono motivare il differimento, mentre è la seconda che
deve formalizzare la trasformazione stessa, poiché il dipendente
fa parte dei propri organici. D'altra parte, le condizioni che
hanno determinato l'interesse ad attivare il comando potrebbero
subire variazioni se la prestazione lavorativa diventa ad orario
ridotto.
7. Rientro al tempo pieno.
La circolare n. 3 ha fornito indicazioni anche sulle modalità
del rientro dal tempo parziale al tempo pieno. Sulla materia è
intervenuto il decreto-legge n. 79 (art. 6, comma 4), convertito
nella legge n. 140/1997, il quale riduce da tre a due anni l'arco
di tempo dopo il quale è possibile chiedere il rientro. Il
rientro è un vero e proprio diritto, esercitabile anche quando
il posto in organico non è immediatamente disponibile.
8. Servizi ispettivi.
La circolare n. 3 ha richiamato la necessità di rendere
immediatamente operante il servizio ispettivo previsto dall'art.
1, comma 62, della legge n. 662.
L'operatività dei servizi ispettivi è condizione indispensabile
per dare la massima effettività al dettato normativo e far
emergere le situazioni non conformi. Tali servizi dovranno curare
la determinazione del campione da sottoporre a verifica, e darne
comunicazione all'Ispettorato per la funzione pubblica,
specificando nello stesso tempo le attività finora prodotte.
La determinazione del campione potrà, ad esempio, tener conto
principalmente dei seguenti elementi e/o circostanze (oppure di
quelle altre che siano ritenute più rispondenti alle singole
specificità):
1) la prestazione di lavoro basata su turni, che possono favorire
lo svolgimento di altre attività;
2) mansioni connotate da spiccata professionalità o da elevato
grado di specializzazione o dal possesso di particolari
attitudini e conoscenze;
3) titolarità di specifiche abilitazioni professionali.
Una volta deciso il campione saranno estratti, secondo metodi
casuali, un certo numero di nomi tra le categorie individuate
nello stesso campione.
Se i servizi ispettivi individuano, dopo le prime indagini,
situazioni di dubbio per le quali si renda necessario un
approfondimento di natura diversa, ne informano il Dipartimento
della funzione pubblica perché attivi la Guardia di finanza, ai
sensi del citato comma 62.
L'Ispettorato per la funzione pubblica sta procedendo alla
ricognizione dei diversi servizi e dei relativi referenti.
L'obiettivo è quello di assicurare il raccordo sistematico con i
vari servizi, in vista dello sviluppo degli accertamenti
sull'osservanza delle disposizioni di legge sul tempo parziale e
sulle incompatibilità. Quindi, ciascuna amministrazione deve
comunicare al Dipartimento della funzione pubblica l'istituzione
del servizio ispettivo, la sua composizione o di aver affidato
tale funzione ad altro servizio ispettivo esistente indicandone i
recapiti (indirizzi, telefono, fax).
Il Ministro: Bassanini