Circolare Ministero Sanità 28 marzo 2001,
n. 4
(in GU 11 aprile 2001, n. 85)
Oggetto: Interpretazione ed applicazione delle leggi vigenti in materia di divieto di fumo
Il fumo di sigaretta, com'è noto dai dati riportati dalla letteratura scientifica mondiale, è causa di una molteplicità di patologie.
Il tumore polmonare, ad esempio, in circa il 90% dei casi, e' causato dal fumo di sigaretta.
L'Organizzazione mondiale di sanità ha più volte richiamato l'attenzione dei Governi su quella che è stata definita "nuova epidemia" (90 mila morti in Italia ogni anno, 3 milioni nel mondo).
Occorre da parte di tutti uno sforzo per porre rimedio ad una abitudine o, meglio, dipendenza che danneggia chi la pone in essere e chi, soprattutto, passivamente la subisce.
L'ordinamento giuridico italiano contiene varie norme dirette a tutelare la salute, come sancito all'art. 32 della Costituzione, dai rischi connessi all'esposizione anche passiva al fumo, alcune delle quali, vigenti già da un ventennio, non sono adeguatamente applicate, sia per una sottovalutazione dei rischi del fumo, sia a causa di dubbi interpretativi ed applicativi.
In relazione ai quesiti posti da vari soggetti interessati sull'applicazione della legge 11 novembre 1975, n. 584, e della direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 dicembre 1995, questo Ministero ritiene opportuno precisare quanto segue.
Normativa vigente in tema di limitazione e divieto di fumo nei locali aperti al pubblico
Regio decreto 24 dicembre 1934, n. 2316, art. 25. "Testo unico delle
leggi sulla protezione e l'assistenza della maternità e dell'infanzia".
".... chi vende o somministra tabacco a persona minore degli anni 16 è
punito con la sanzione amministrativa fino a L. 40.000. E' vietato ai minori
degli anni 16 di fumare in luogo pubblico sotto pena della sanzione
amministrativa di L. 4.000."
Legge 11 novembre 1975, n. 584. "Divieto di fumare in determinati
locali e su mezzi di trasporto pubblico".
La legge persegue scopi di tutela della salute pubblica. Consapevole dei danni
che alla salute può arrecare il fumo c.d. passivo, il legislatore ha posto un
generico ed assoluto divieto di fumo nei seguenti locali:
- corsie d'ospedale;
- aule delle scuole di ogni ordine e grado;
- autoveicoli di proprietà dello Stato, di enti pubblici e di privati concessionari di pubblici servizi per trasporto collettivo di persone;
- metropolitane;
- sale d'attesa di stazioni ferroviarie, autofilotranviarie, portuali-marittime, aeroportuali;
- compartimenti ferroviari per non fumatori delle Ferrovie dello Stato e delle ferrovie date in concessione ai privati;
- compartimenti a cuccette e carrozze letto, durante il servizio di notte, se occupati da più di una persona;
- locali chiusi adibiti a pubblica riunione (ogni ambiente aperto al pubblico ove si eroga un servizio dell'amministrazione o per suo conto (vedi ultra, T.A.R. Lazio, sentenza n. 462/1995; direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 14 dicembre 1995);
- sale chiuse di cinema e teatro;
- sale chiuse da ballo;
- sale-corse;
- sale riunioni di accademie;
- musei;
- biblioteche;
- sale di lettura aperte al pubblico;
- pinacoteche e gallerie d'arte pubbliche o aperte al pubblico.
Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 14 dicembre 1995.
"Divieto di fumo in determinati locali della pubblica amministrazione o dei
gestori di servizi pubblici".
La direttiva è stata emanata in seguito a due pronunce dei giudici
amministrativi che hanno interpretato estensivamente le norme della legge n.
584/1975. Essa ha quali suoi destinatari tutte le amministrazioni pubbliche.
Per amministrazioni pubbliche, ai sensi dell'art. 1, comma 2, del decreto
legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, si intendono: tutte le amministrazioni dello
Stato, ivi compresi gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado e le
istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento
autonomo, le regioni, le province, i comuni, le comunità montane e loro
consorzi ed associazioni, le istituzioni universitarie, gli istituti autonomi
case popolari, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e
loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali regionali e
locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario
nazionale.
La direttiva prevede che le amministrazioni pubbliche attuino il divieto di fumo
comminato dalla legge n. 584 del 1975, esercitando poteri amministrativi
regolamentari e disciplinari nonché poteri di indirizzo, vigilanza e controllo
sulle aziende ed istituzioni da esse dipendenti e sulle aziende private in
concessione o in appalto.
La direttiva fornisce, inoltre, i seguenti criteri interpretativi per
l'individuazione dei locali in cui si applica il divieto:
1. per locale aperto al pubblico si deve intendere quello in cui la generalità degli amministrati e degli utenti accede, senza formalità e senza bisogno di particolari permessi negli orari stabiliti;
2. tutti i locali utilizzati, a qualunque titolo, dalla p.a. e dalle aziende pubbliche per esercizio delle proprie funzioni istituzionali, sempre che i locali siano aperti al pubblico;
3. tutti i locali utilizzati, a qualunque titolo, da privati esercenti servizi pubblici, sempre che i locali siano aperti al pubblico;
4. i luoghi indicati dall'art. 1 della legge 11 novembre 1975, n. 584, anche se non si tratta di "locali aperti al pubblico" nel senso precisato dalla direttiva (es. aule scolastiche: fra le aule delle scuole di ogni ordine e grado si intendono ricomprese anche le aule universitarie).
La direttiva precisa, inoltre, che le amministrazioni e gli enti possono
comunque, in virtù della propria autonomia regolamentare e disciplinare,
estendere il divieto a luoghi diversi da quelli previsti dalla legge n. 584 del
1975.
Nei locali in cui si applica il divieto vige l'obbligo di apporre cartelli con
indicazione del divieto di fumo.
Elenco esemplificativo dei locali in cui si applica il divieto di fumo.
Premesso che il divieto di fumo si applica nei luoghi nominativamente indicati nell'art. 1 della legge n. 584 del 1975, ancorché non si tratti di locali "aperti al pubblico" nel senso di locali in cui una generalità di amministrati e di utenti accede senza formalità e senza bisogno di particolari permessi negli orari stabiliti, si fornisce un elenco esemplificativo dei locali che rientrano nella generica espressione usata dalla legge n. 584/1975, così come interpretata dalla sentenza n. 462/1995 del T.A.R. del Lazio, "locali chiusi adibiti a pubblica riunione" in cui vige il divieto di fumo, allo scopo di agevolare la corretta applicazione della normativa:
- ospedali ed altre strutture sanitarie (corsie, corridoi, stanze per l'accettazione, sale d'aspetto e piu' in generale locali in cui gli utenti richiedono un servizio - pagamento ticket, richieste di analisi, ecc...);
- scuole di ogni ordine e grado, comprese le università (aule, corridoi, segreterie studenti, biblioteche, sale di lettura, bagni, ecc...);
- uffici degli enti territoriali quali regioni, province e comuni;
- uffici di altre amministrazioni a livello territoriale: uffici del catasto, uffici collocamento ecc..;
- uffici postali (locali di accesso agli sportelli, corridoi, ecc.);
- distretti militari ed altri uffici dell'amministrazione della difesa aperti al pubblico (uffici di certificazione, uffici informazioni e relazioni con il pubblico);
- uffici I.V.A., uffici del registro; uffici di prefetture, questure e commissariati, uffici giudiziari;
- uffici delle società erogatrici di servizi pubblici (compagnie telefoniche, società erogatrici di gas, corrente elettrica, ecc.);
- banche, relativamente ai locali in cui si svolgono servizi per conto della pubblica amministrazione (riscossione imposte e sanzioni pecuniarie, tesoreria per enti pubblici).
Competenze dei dirigenti in ordine all'applicazione del divieto di fumo.
I dirigenti preposti alle strutture amministrative e di servizio ovvero il
responsabile della struttura privata, sono tenuti ad individuare, con atto
formale, i locali della struttura cui sovrintendono, dove, ai sensi dei criteri
prima citati, devono essere apposti i cartelli di divieto.
Spetta ad essi, quindi, predisporre o far predisporre i cartelli di divieto
completi delle indicazioni fissate dalla direttiva:
- divieto di fumo;
- indicazione della norma che impone il divieto (legge n. 584/1975);
- sanzioni applicabili;
- soggetto cui spetta vigilare sull'osservanza del divieto e ad accertare le infrazioni (nominativo del funzionario/i preposto/i dal dirigente, con atto formale, alla vigilanza sul divieto di fumo nonché all'accertamento dell'infrazione nei locali ove è posto il cartello di divieto, o, ove non si sia proceduto a nomina specifica, il nome del dirigente responsabile della struttura pubblica ai sensi di legge e dei regolamenti).
Spetta ai dirigenti preposti alle strutture amministrative e di servizio,
come anticipato, individuare in ciascuna di esse, con atto formale, i funzionari
incaricati di vigilare sull'osservanza del divieto, di procedere alla
contestazione delle infrazioni e di verbalizzarle.
Detti funzionari, ove non ricevano riscontro dell'avvenuto pagamento da parte
del trasgressore, hanno l'obbligo di fare rapporto all'autorità competente,
che, come si è detto, è, nella maggior parte dei casi, il prefetto, affinché
irroghi la sanzione.
Nei locali privati, ove si svolge comunque un servizio per conto
dell'amministrazione pubblica (concessionari di pubblici servizi) i soggetti
obbligati a vigilare sul rispetto del divieto e ad accertarne la violazione sono
coloro cui spetta per legge, regolamento o disposizioni d'autorità assicurare
l'ordine all'interno dei locali.
Nei locali privati nominativamente citati dall'art. 1 della legge n. 584 del
1975 (es. nei teatri, nei cinema, nelle sale da ballo, ecc.) tali figure si
identificano nei conduttori dei locali individuati nella lettera b) dell'art. 1
della legge citata.
Sanzioni.
La sanzione amministrativa prevista dall'art. 7 della legge n. 584/1975 per
il trasgressore è quella del pagamento di una somma di danaro da L. 1.000 a L.
10.000. Per effetto degli articoli 10 e 114 della legge n. 689/1981 le sanzioni
amministrative non possono essere inferiori quanto al minimo a L. 4.000, e
quanto al massimo a L. 10.000.
Per effetto dell'art. 96 del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507
"Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio ai
sensi dell'art. 1 della legge 25 giugno 1999, n. 205", l'art. 10 della
legge n. 689/1981 è così modificato: "La sanzione amministrativa
pecuniaria consiste nel pagamento di una somma non inferiore a lire dodicimila e
non superiore a lire ventimilioni. ... Fuori dei casi espressamente stabiliti
dalla legge, il limite massimo della sanzione amministrativa pecuniaria non può
per ciascuna violazione superare il decuplo del minimo.".
L'art. 16 della legge n. 689/1981 ammette il pagamento in misura ridotta della
sanzione se il versamento viene effettuato entro sessanta giorni dalla
contestazione immediata o, se questa non vi e' stata dalla notificazione degli
estremi della violazione. In forza di tale norma il trasgressore può pagare 1/3
del massimo o il doppio del minimo se più favorevole. Nel caso della sanzione
relativa al divieto di fumo, per quanto detto sopra, è più favorevole il
pagamento del doppio del minimo, pari a L. 24.000.
Va precisato in proposito che ai sensi dell'art. 15 delle disposizioni
preliminari al codice civile, per incompatibilità, resta abrogato l'art. 8
della legge n. 584/1975 in quanto disciplina una materia successivamente
modificata da apposita legge, appunto la legge n. 689/1981 e che altre norme
dispongono il divieto di maneggiare danaro da parte dei pubblici funzionari (e
quindi di riscuotere direttamente la sanzione dal trasgressore).
Per completare il quadro sanzionatorio occorre ricordare che l'art. 7 della
legge n. 584/1975 prevede una sanzione anche per coloro che sono tenuti a far
osservare il divieto e vengono meno a questo loro dovere; la sanzione per questi
va da L. 20.000 a L. 100.000.
Applicazione della sanzione.
1) Come si accerta l'infrazione:
a) negli uffici pubblici: il funzionario preposto alla vigilanza e
all'accertamento dell'infrazione, deve essere dotato degli appositi moduli di
contestazione. In caso di trasgressione, questi procederà a compilare il modulo
e a darne copia al trasgressore. Trascorso inutilmente il termine per il
pagamento in misura ridotta, sessanta giorni, il funzionario che ha accertato la
violazione presenterà rapporto, con la prova delle eseguite contestazioni o
notificazioni (ex art. 17, legge n. 689/1981), al prefetto (competente ex art.
9, legge n. 584/1975).
b) nei locali condotti da privati: il responsabile della struttura, ovvero il
dipendente o il collaboratore da lui incaricato richiamerà i trasgressori
all'osservanza del divieto e curerà che le infrazioni siano segnalate ai
pubblici ufficiali ed agenti competenti a norma dell'art. 13 della legge 24
novembre 1981, n. 689 (art. 4, lettera c) della direttiva 14 dicembre 1995).
2) Come si paga la contravvenzione:
il modulo di contestazione deve riportare le indicazioni sul pagamento della
contravvenzione, ove non sia diversamente individuato da specifiche normative
regionali si applica quanto segue:
a) si può pagare direttamente al concessionario del servizio di riscossione
dell'ente in cui è stata accertata l'infrazione, compilando apposito modulo. Il
codice tributo da indicare è il 131 T, che corrisponde alla voce "sanzioni
amministrative diverse da I.V.A." (V. decreto legislativo n. 237/1997 e
relativo allegato). Va però inserito anche il codice "ufficio". Si
tratta di un codice che ogni amministrazione pubblica deve avere e che dovrà
essere stampato sul verbale di contestazione.
b) si può delegare la propria banca al pagamento sempre utilizzando lo stesso
modulo;
c) si può pagare presso gli uffici postali con bollettino di conto corrente
postale intestato a servizio riscossione tributi - concessione di ....
Si rammenta che il funzionario che ha accertato l'infrazione non può ricevere
direttamente il pagamento dal trasgressore ai sensi delle vigenti leggi. Ai
sensi dell'art. 18 della legge n. 689/1991, entro trenta giorni dalla data di
contestazione o notificazione della violazione, gli interessati possono far
pervenire all'autorità competente a ricevere il rapporto scritti difensivi e
documenti e possono chiedere di essere sentiti dalla medesima autorità.
L'autorità competente, sentiti gli interessati, ove questi ne abbiano fatto
richiesta, ed esaminati i documenti inviati e gli argomenti esposti, se ritiene
fondato l'accertamento, determina con sentenza motivata, la somma dovuta per la
violazione e ne ingiunge il pagamento; in caso contrario emette ordinanza
motivata di archiviazione degli atti.
In base alla normativa vigente, a chi e' stata contestata la violazione e' data
facoltà di ricorrere contro la stessa al giudice ordinario territorialmente
competente, sia nel caso in cui non abbia fatto ricorso all'autorità
competente, sia qualora quest'ultima abbia emanato l'ingiunzione di pagamento
della sanzione.
3) Autorità competente a ricevere il rapporto.
Un aspetto problematico è correlato alla identificazione della autorità
competente a ricevere il rapporto sulle violazioni accertate.
Ove non sia diversamente individuato da specifiche normative regionali si
applica quanto segue.
L'art. 9 della legge n. 584 del 1975, nella sua formulazione testuale, dispone
che i soggetti legittimati ad accertare le infrazioni presentino il rapporto al
prefetto. Tale disposizione, tuttavia, deve oggi essere applicata in maniera
conforme ai sopravvenuti indirizzi espressi dalla Corte costituzionale nella
sentenza n. 1034 del 27 ottobre 1988. Il giudice delle leggi ha, infatti,
affermato che non spetta allo Stato indicare gli uffici competenti a ricevere il
rapporto ex lege n. 689/1981 quando le violazioni siano attinenti a materie di
competenza regionale.
In particolare, relativamente al divieto di fumo sui mezzi di trasporto
tranviario e delle ferrovie in concessione, nonché nei locali adibiti allo
stesso servizio di trasporto, la sentenza ha precisato che, quando l'infrazione
inerisce attività affidate, a titolo proprio o di delega alle regioni, a norma
dell'art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica n. 616/1977, la
competenza a ricevere il rapporto deve essere imputata agli organi dalle stesse
individuati.
Lo stesso principio è stato affermato dalla Corte con riguardo al divieto di
fumo nei locali chiusi di cui all'art. 1 della legge n. 584, "quando la
proibizione di fumare si riferisce a luoghi, locali o mezzi sui quali si
esercita la competenza regionale (come ad esempio, le strutture del Servizio
sanitario nazionale, i musei e le biblioteche affidate alle regioni)...".
Ne consegue che il rapporto va presentato alla regione quando la violazione sia
stata rilevata:
a) nell'ambito dei servizi di trasporto pubblico rientranti nella competenza
regionale;
b) nell'ambito di luoghi, locali o mezzi sui quali le regioni esercitano
competenze proprie o delegate;
c) nell'ambito degli uffici o delle strutture della regione o delle aziende o
istituzioni da essa dipendenti.
Il rapporto va presentato all'ufficio provinciale della M.C.T.C. competente per
territorio (art. 1, comma 1, voce Ministero dei trasporti, lettera a) del
decreto del Presidente della Repubblica n. 571/1982), quando le violazioni siano
state rilevate nell'ambito dei servizi di trasporto pubblico rientranti nella
competenza statale, ad esclusione delle violazioni accertate negli ambiti di
competenza delle Ferrovie dello Stato per le quali occorre aver riguardo a
quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n.
753. Il rapporto va presentato all'ufficio di sanità marittima aerea e di
frontiera e all'ufficio veterinario di confine, di porto, aeroporto e di dogana
interna quando le violazioni siano state rilevate negli ambiti di rispettiva
competenza (art. 1, comma 1, voce Ministero della sanità, del decreto del
Presidente della Repubblica n. 571/1982).
Il rapporto, infine, va presentato al prefetto in tutti i restanti casi.