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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

Messaggio INPS 24 marzo 2005, n. 013032

Oggetto: Permessi ai sensi della legge 104/92. Riflessi su gratifica natalizia e ferie per i lavoratori assicurati

A seguito di un parere (contenuto in una lettera indirizzata ad una associazione di categoria) espresso dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e del conseguente messaggio n. 36370 del 10.11.2004 della Direzione Centrale per le Risorse Umane, riferito a problematiche contrattuali specifiche relative ai dipendenti INPS – e quindi valido pertanto soltanto per gli stessi – sono pervenute numerose richieste da parte di alcune Sedi periferiche e da Aziende private circa l’applicabilità di quanto in essi contenuto.

Il Ministero ritiene in sostanza che sia la quota di tredicesima mensilità che la quota inerente alle ferie relative ai permessi goduti ai sensi della legge 104/92, debbano essere corrisposti ai fruitori dei permessi stessi.

Al riguardo la scrivente Direzione rammenta, per quanto riguarda i lavoratori assicurati beneficiari dei permessi di cui alla legge 104/92 citata (e cioè quelli del settore privato per i quali è dovuta la contribuzione di maternità), che per gli stessi la quota di 13° mensilità (o altre mensilità aggiuntive) è già inclusa nella retribuzione giornaliera da prendere a riferimento ed è pertanto già corrisposta a carico dell’Istituto (v. circ. n. 80/1995, par. 4, che rinvia, per quanto di interesse, alle circolari n. 134371 AGO del 2.4.1981 e n. 134378 AGO del 31.8.1981).

Infatti su specifico quesito posto al competente Ministero è stato chiarito e condiviso dallo stesso che, per effetto del rinvio ai c.d. “permessi per allattamento”, sia la quota di gratifica natalizia sia la quota di altre mensilità aggiuntive debbano considerarsi elementi della retribuzione da prendere a riferimento per il calcolo delle indennità di che trattasi.

Il richiamo all’art. 7 della legge 1204/71 (ora art. 34, comma 5 del D.Lgs. n. 151/2001) va inteso, quindi, nel senso che da parte del datore di lavoro non è dovuta la corresponsione della quota relativa alla gratifica natalizia (o altre mensilità) in quanto già compresa nell’indennità erogata dall’INPS.

Per quanto riguarda il problema delle ferie l’Istituto ritiene che lo stesso esuli dalla propria competenza, trattandosi di un istituto contrattuale la cui disciplina è lasciata alle singole contrattazioni collettive di categoria.

Il Direttore Centrale
f.to Ziccheddu


Parere - Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali Direzione generale della tutela delle condizioni del lavoro Prot. 15/0001920 del 5 maggio 2004

Oggetto: Influenza dei permessi ex art. 33 della Legge n. 104/92 sulla 13° mensilità e sulle ferie spettanti

Nota: il presente parere è stato emesso dall'Ufficio VI - Tutela delle lavoratrici e dei lavoratori in situazioni particolari e di difficoltà

Si riscontra la nota - di pari oggetto - n. 523 del 25.2.2004. Con essa, codesta Associazione - rappresentando l'orientamento, tutt'altro che univoco, assunto, in proposito, da varie amministrazioni pubbliche - chiede espressamente quale sia l'attuale orientamento di questo Ministero circa l'incidenza dei permessi ex art. 33 L. 104/1992 sulla c.d. tredicesima mensilità nonché sulle ferie spettanti agli interessati.

Al riguardo, si osserva quanto segue.

Recenti norme hanno adeguato l'ordinamento giuridico interno a quello comunitario, innovando in materia.
Precedentemente, la differente prassi amministrativa seguita veniva motivata con la vigenza, ancora in epoca recente, della norma sul relativo trattamento economico e normativo, contenuta nel combinato disposto degli artt. 43, comma 2, e 34, comma 5, D.Lgs 151/2001.
In forza della quale, i relativi periodi "sono computati nell'anzianità di servizio, esclusi gli effetti relativi alle ferie e alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia". Fatte salve, a norma dell'art 1, comma 2, del medesimo D.Lgs 151/2001, "le condizioni di maggior favore stabilite da leggi, regolamenti, contratti collettivi, e da ogni altra disposizione.".

Invece, eventuali decurtazioni di ferie e tredicesima mensilità, per effetto dell'incidenza negativa dei permessi retribuiti ex art. 33 L. 104/1992, risultano, ora, inammissibili e potrebbero configurare, addirittura, specifiche discriminazioni.

Infatti, con Decreto Legislativo 9 luglio 2003, n. 216 - recante: "Attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizione di lavoro" (G.U. n. 187 del 13.8.2003) - il principio di parità di trattamento - applicabile "a tutte le persone sia nel settore pubblico che nel privato" - è stato esteso anche nei riguardi dei portatori di handicap.
In particolare, l'art. 3, comma 1, lett. b), D.Lgs 216/2003 definisce l'ambito di applicazione di tale principio con espresso riferimento alle "aree" delle "condizioni di lavoro" e, in particolare, della "retribuzione". Né vi è dubbio come nella tutela delle "condizioni di lavoro" rientri, a tutti gli effetti, l'istituto delle ferie annuali retribuite, espressamente garantito dall'art. 36, ultimo comma, della Costituzione. Una diversa conclusione sarebbe, oltre tutto, in palese contrasto con gli obiettivi, posti dalla Legge - quadro 104/1992, di tutela, recupero sociale ed integrazione professionale del disabile, laddove, rispetto ad assenze finalizzate a ciò, sarebbe incongruo ritenere che le relative agevolazioni possano, peraltro, comportare la compressione del diritto, costituzionalmente garantito, a fruire di ferie retribuite, al fine di reintegrare - anche con pause, di cadenza annuale, dal lavoro - l'energia psico-fisica del lavoratore interessato. Ferie, oltre tutto, irrinunziabili.

Per quanto concerne l'ulteriore questione prospettata nel quesito, alla c.d. tredicesima mensilità viene, correttamente, riconosciuta natura d'indennità di carattere retributivo.
Invero, le relative decurtazioni - se operate a carico di lavoratore disabile che abbia fruito dei permessi ex art. 33, comma 6, L. 104/1992 - costituirebbero discriminazioni dirette per il portatore di handicap, che risulterebbe ex art. 2, comma 1, lett. a), D.Lgs 216/2003 persona "trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un'altra in situazione analoga". Mentre - se operate a carico degli altri aventi diritto - costituirebbero discriminazioni indirette per il disabile che venga da costoro assistito. E la nozione di discriminazione indiretta viene caratterizzata, dall'art. 2, comma 1, lett. b), D.Lgs 216/2003, dal fatto che "una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri possono mettere le persone (...) portatrici di handicap (...) in una situazione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone".
Si consideri, inoltre, come le agevolazioni ex art. 33 della legge-quadro 104/1992 si ricolleghino a quei doveri inderogabili di solidarietà sociale, menzionati dall'art. 2 della Costituzione.
Tanto più che le norme contenute nel D.Lgs 216/2003 vanno interpretate - anche alla luce dell'attuale art. 117 Cost. - in base alla presunzione di conformità alla Direttiva 2000/78/CE del Consiglio (G.U.C.E. del 2.12.2000). E, in particolare, al 6°, 8°, 11°, 12°, 16°, 23° e 29° "Considerando".
Sicché, alla sopravvenuta vigenza di norme - di origine comunitaria - e alla correlativa abrogazione di quelle interne con esse incompatibili deve ricondursi la revisione dell'orientamento sinora seguito.
Ciò per effetto del D.Lgs 9 luglio 2003, n. 216, entrato in vigore, fatto non casuale, nel corso dell'anno europeo delle persone con disabilità.Ritenendo diversamente, sarebbe illegittimamente disconosciuta l'efficacia abrogante del principio antidiscriminatorio, introdotto dal D.Lgs 216/2003 - per incompatibilità ex art. 15 preleggi tra le nuove disposizioni e le precedenti - rispetto alle già menzionate norme sul Trattamento economico e normativo, contenute nel T.U. 151/2001.
Né la contrattazione di settore potrebbe, ragionevolmente, introdurre norme collettive restrittive al riguardo.

Si resta a disposizione per eventuali ulteriori chiarimenti.


Nota circolare del Dipartimento della Funzione Pubblica 8 marzo 2005

Oggetto: Permessi retribuiti di cui all’art. 33, commi 2 e 3, della legge n. 104/1992

Numerose richieste di chiarimenti pervengono in ordine all’incidenza o meno, sulla 13a mensilità, dei permessi retribuiti di cui all’art. 33, commi 2 e 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale ed i diritti delle persone handicappate).

Sull’argomento che più volte è stato oggetto di incertezze sul piano applicativo, si è ritenuto opportuno, in attesa che la materia venga disciplinata in sede contrattuale, l’intervento da parte di questo Dipartimento al fine di fornire alle amministrazioni un indirizzo univoco allo scopo di evitare situazioni di discriminazione tra dipendenti pubblici che usufruiscono del medesimo beneficio.

Con specifico riferimento al lavoro pubblico si ritiene pertanto utile precisare quanto segue.

Come già accennato in premessa, il punto nodale della questione riguarda l’incidenza o meno sul calcolo dei ratei della tredicesima mensilità dei permessi retribuiti di cui all’articolo 33, commi 2 e 3, della legge n. 104/1992, che prevedono per i soggetti disabili, nonché per i familiari che li assistono, due ore di permesso al giorno o tre giorni di permesso al mese. La rilevanza della questione ha reso necessario da parte di questo Dipartimento, il ricorso all’Avvocatura Generale dello Stato, per l’acquisizione di un apposito parere.

Il predetto organo, con nota n. 142615 del 2 novembre 2004, nell’esprimersi in merito alla problematica, è giunto alla conclusione che “... vista la ratio di tutela e protezione della normativa in esame a favore di soggetti particolarmente deboli, tra cui i lavoratori familiari di persone portatrici di handicap, e vista l’evidente finalità sociale delle disposizioni esaminate, non si può non interpretare la normativa in esame, nel senso che la tredicesima mensilità non subisce decurtazioni o riduzioni nell’ipotesi nella quale un lavoratore scelga di fruire dei permessi disposti dai commi 2 e 3 del citato articolo 33.

Del resto, analoga disciplina è direttamente seguita dal legislatore in casi analoghi, come nell’ipotesi di periodi di assenza per malattia ed infortunio, per gravidanza e puerperio e nel caso di congedo matrimoniale”.

Alla luce di quanto sopra rappresentato e in aderenza al parere dell’Avvocatura Generale dello Stato, lo scrivente Dipartimento ritiene di poter affermare che la fruizione dei permessi retribuiti, di cui all’articolo 33, commi 2 e 3, della legge n. 104 del 1992, non comporta alcuna riduzione sulla tredicesima mensilità.


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