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Messaggio INPS 30 ottobre 2008, n. 23991 Oggetto: Ulteriori istruzioni operative in tema di “Handicap e Disabilità”
Operatività del DM 2 agosto 2007
nelle situazioni di handicap. Avendo, in premessa, richiamato la
norma generandi ... che individua quali soggetti possano beneficiarne:
“i soggetti portatori di menomazioni o patologie stabilizzate o
ingravescenti, inclusi i soggetti affetti da sindrome da talidomide, che
abbiano dato luogo al riconoscimento dell'indennità di accompagnamento o
di comunicazione, sono esonerati da ogni visita medica finalizzata
all'accertamento della permanenza della minorazione civile o
dell'handicap”. Infatti, appare doveroso richiamare il
concetto di handicap che più volte è stato da questo Settore ricordato e
puntualizzato: l'handicap ex lege 104/92 pur fondando la sua sussistenza
sulla presenza di una minorazione, lega le prestazioni/agevolazioni alla
sussistenza di un addendo socio-relazionale e di contesto che non può
essere ignorato e sul permanere del quale può significatamente fondarsi
l'esigenza di revisione da parte di una Commissione che non è solo
medica, ma che equigerarchicamente prevede l'operatore sociale nella
costruzione del giudizio. Tanto, in ossequio alla grande dinamicità dei presidi - terapeutici e non - adottabili che servono a rimuovere gli ostacoli e/o introdurre facilitatori (finalità della legge) descrivendosi così una situazione ad alta dinamicità malgrado il persistere della minorazione che può ben essere più statica. Altro punto da non sottovalutare è che
esistono almeno due livelli di handicap: il congelare come irrivedibile
un handicap precedentemente dato ad es. a scadenza, potrebbe configurare
un “congelamento” del provvedimento ad es. ad un livello inferiore a
quello che eventualmente potrebbe essere giunto nel frattempo; oppure,
al contrario, congelare la percezione di prestazioni/agevolazioni ad un
livello maggiore quando la situazione complessiva al massimo recuperata
- perché permanente non significa inemendabile, specie se il riferimento
è alla “situazione” e non alla patologia - prevederebbe una riforma a
livello inferiore. 2. Chiarimenti sulla disabilità
psichica ex art. 13 della legge 68/99. In dottrina, sul piano definitorio, si intende per “disabilità” (disability) "una qualsiasi limitazione o perdita, conseguente a menomazione, della capacità di compiere un'attività nel modo o nell'ampiezza considerati normali per un essere umano” e per “handicap” quella “condizione di svantaggio, conseguente a una menomazione o a una disabilità”. È bene, però, precisare che, in tutto il
copioso florilegio normativo (leggi, regolamenti ... etc.) e applicativo
(circolari), i termini disabilità/handicap sono stati usati con molta
interscambiabilità dall'Autorità di turno, trovando disdicevole alcune
volte parlare di “handicap” quasi potesse scorgersi un velato
intendimento non alla capacità complessiva della persona, ma solo al suo
minus. Ne discende che non è peregrino porsi il problema di ciò che deve realmente intendersi, sul piano ermeneutico, con detta la locuzione - handicap intellettivo e psichico, indipendentemente dalle percentuali di invalidità - in parola. Infatti, ad un prima lettura il termine “handicap” ivi adottato, parrebbe far riferimento non alla condizione di svantaggio sociale valutata secondo la legge 104/92 bensì a quella di disabilità tipica di quella legge: quindi, con “finalità” di "promozione dell'inserimento e della integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro". Dato questo primo assunto per vero,
bisogna, poi, porsi il problema se il legislatore volesse intendere
quella “e” come congiunzione fra due qualificazioni, entrambe da
soddisfare contestualmente; oppure, fosse solo un modo più discorsivo
per contemplare due situazioni che potessero sussistere anche in
alternativa, ma con ugual efficacia ai fini applicativi della norma. Trascendendo da discettazioni di
carattere filosofico, senz'altro in nessun caso esaustive, ed avuto
unicamente riguardo alle ricadute operative concrete del contenuto
definitorio: - può dirsi psiche ciò che attiene a più ampia categoria dove molte capacità si interrelano, sostenute, sul piano neurobiologico, dalle molteplicità di interpolazioni fra aree cerebrali deputate a singole specializzazioni, in grado di influire anche sugli aspetti comportamentali, di temperamento e umorali della persona. Pur percependone il distinguo, il confine fra l'un ambito e l'altro è, di fatto, sfumato, potendosi ben avere situazioni fra loro fortemente interrelate, per cui ad es. un'alterazione originariamente psichica si pone alla base di un susseguente deficit anche intellettivo. Tuttavia, uno sviluppo psichico inadeguato o un cervello organicamente alterato possono determinare in primis un anomalo funzionamento dell'intelletto e, di conseguenza, una disabilità intellettiva: che, quindi, non è sempre conseguente ad un deficit psichico. Tali richiamate situazioni non rientrano in una sola, precisa e specifica corrispondenza nosografica della psicopatologia clinica. Allo stato attuale, il testo cui la comunità scientifica fa riferimento è il DSM, metodo classificatorio - prodotto, nella sua IV revisione (1994), dal confronto di oltre 1000 esperti - basato sostanzialmente sulla mera descrizione epifenomenica dei disturbi mentali, senza voler dare loro alcuna spiegazione etiologica. Oggi, in uso è la versione TR ossia - in
attesa del DSM-V - il DSM IV Revisionato nel Testo, a seguito di
aggiornamento per il notevole quantitativo di ricerche pubblicate ogni
anno. - comunicazione; Il ritardo mentale ha esordio prima dei 18 anni di età e può essere dovuto a varie cause che variamente intervengono in età prenatale, perinatale o postnatale: disturbi metabolici, disturbi genetici, malformazioni cerebrali, lesioni cerebrali. In base alla gravità il ritardo mentale può essere distinto (DSM IV)
in quattro gradi + 1: La disabilità intellettiva che insorge in un quadro sindromico di tipo psicotico, invece, può presentarsi con una incapacità delle funzioni astrattive, con disturbi dell'attenzione e della concentrazione, con compromissione della memoria attuale, delle capacità di giudizio e di analisi critica della realtà: tale sintomatologia si sintonizza con il corteo sintomatologico della specifica diagnosticata condizione psicopatologica e presenta una possibile emendabilità se trattata con adeguata terapia. Infine, la disabilità intellettiva che
insorge nell'involuzione di tipo demenziale (Alzheimer, Demenza Senile,
Demenza Alcolica, ecc.) è caratterizzata da una sintomatologia
ingravescente riconducibile ad una compromissione delle capacità
logico-cognitive, di calcolo, delle facoltà mnesiche attuali, recenti e
remote, disorientamento spazio-temporale. Di talché, in relazione al quesito posto
- se cioè il riconoscimento ai sensi dell'art. 13 della legge 68/99
debba essere fatto sia per i lavoratori con handicap intellettivo che
psichico - appare più appropriata l'interpretazione secondo la quale la
disabilità intellettiva e psichica debbano essere considerate in modo
disgiunto, nei singoli casi potendo l'una prevalere sull'altra financo
in via esclusiva. Quanto, invece, al secondo quesito - se tutti i tipi di handicap intellettivi e/o psichici, indipendentemente dalla gravità, debbano essere considerati ai fini valutativi ai sensi della legge 68/99 - si ritiene che la locuzione “indipendentemente dalle percentuali di invalidità ...” non significhi che assume rilevanza anche una disabilità banale. Nel ricordare che la legge 68/99 si applica a soggetti con una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%, l'indipendenza dal procento si intende operativa, ai fini dell'applicabilità dell'art. 13, a partire dal 46% (vedi art. 1 comma 1 p.to a)) : pertanto, debbano essere considerate, ai fini valutativi, soltanto quelle minorazioni psichiche di una certa rilevanza che siano, da sole, in grado di determinare detta riduzione di capacità lavorativa. In proposito, anche la Regione Lombardia, con delibera regionale n. 8/4786 del 30 maggio 2007, conferma l'applicazione delle "Linee guida, indicate nella d.g.r. 2010/06, per l'erogazione di finanziamenti volti all'assunzione e al mantenimento del posto di lavoro di persone con disabilità psichica nelle cooperative sociali", ove disabile psichico viene considerata la persona in età lavorativa affetta da minorazione psichica o portatrice di handicap intellettivo la cui riduzione della capacità lavorativa sia superiore al 45%. Non appaiono, quindi, valorizzabili ai fini che ci occupano - e, quindi, relativi all'applicazione dell'art. 13 - quei deficit intellettivi e/o psichici più lievi che, se isolati, non possono rilevare in assoluto; mentre, in caso di complesso plurimenomativo, dovranno confluire in una complessiva valutazione, tenuto conto che in tal caso quest'ultima sarà percentualizzata e la percentuale da raggiungere non potrà che essere superiore al 79%. |
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