Decreto Presidente Repubblica 29 aprile 1976, n.
431
(in SO alla GU 22 giugno
1976, n. 162)
Approvazione del regolamento di esecuzione della
L. 26 luglio 1975, numero 354, recante norme sull'ordinamento
penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà
PARTE I
Trattamento penitenziario e disposizioni relative
all'organizzazione penitenziaria
TITOLO I
Trattamento penitenziario
Capo I
Principi direttivi
Art 1 Interventi di trattamento.
Art. 2 Ordine e disciplina negli istituti
penitenziari.
Art. 3 Direzione degli istituti penitenziari e dei
centri di servizio sociale.
Art. 4 Integrazione e coordinamento degli
interventi.
Art. 5 Vigilanza del magistrato di sorveglianza
sulla organizzazione degli istituti.
Capo II - Condizioni generali
Art. 6 Pulizia delle camere.
Art. 7 Servizi igienici.
Art. 8 Igiene personale.
Art. 9 Vestiario e corredo.
Art. 10 Corredo e oggetti di proprietà personale.
Art. 11 Vitto giornaliero.
Art. 12 Controllo sul trattamento alimentare e sui
prezzi dei generi venduti nell'istituto. -
Art. 13 Locali per la somministrazione del vitto.
Uso di fornelli.
Art. 14 Ricezione, acquisto e possesso di oggetti e
di generi alimentari.
Art. 15 Cessioni fra detenuti o internati. - .
Art. 16 Permanenza all'aperto.
Art. 17 Assistenza sanitaria.
Art. 18 Assistenza particolare alle gestanti e alle
puerpere. Asili nido.
Art. 19 Rimborso delle spese per prestazioni
sanitarie.
Art. 20 Disposizioni particolari per gli infermi e
i seminfermi di mente.
Art. 21 Servizio di biblioteca.
Capo III
Ingresso in istituto e modalità del trattamento
Art. 22 Ammissione in istituto. .
Art. 23 Modalità dell'ingresso in istituto.
Art. 24 Iscrizioni a registro.
Art. 25 Albo degli avvocati e procuratori.
Art. 26 Cartella personale.
Art. 27 Osservazione della personalità.
Art. 28 Espletamento dell'osservazione della
personalità.
Art. 29 Programma individualizzato di trattamento.
Art. 30 Assegnazione dei detenuti e degli internati
agli istituti
Art. 31 Raggruppamento nelle sezioni.
Art. 32 Assegnazione e raggruppamento per motivi
cautelari.
Art. 32 bis. Regime di sorveglianza particolare.
Art. 32 ter. Reclamo avverso il provvedimento di
sorveglianza particolare.
Art. 34 Regolamento interno.
Art. 35 Colloqui.
Art. 36 Corrispondenza epistolare e telegrafica.
Art. 37 Corrispondenza telefonica.
Art. 38 Uso di apparecchio radio.
Art. 39 Corsi di istruzione a livello della scuola
d'obbligo.
Art. 40 Corsi di addestramento professionale.
Art. 41 Corsi di istruzione secondaria di secondo
grado.
Art. 42 Studi universitari.
Art. 43 Benefici economici per gli studenti.
Art. 44 Esclusione dai corsi di istruzione e di
addestramento professionale.
Art. 45 Organizzazione del lavoro.
Art. 46 Lavoro all'esterno.
Art. 47 Criteri di priorità per l'assegnazione al
lavoro all'interno degli istituti.
Art. 48 Obbligo del lavoro.
Art. 49 Attività artigianali, intellettuali, o
artistiche.
Art. 49 bis. Lavoro a domicilio.
Art. 50 Esclusione dalle attività lavorative.
Art. 51 Lavoro in semilibertà.
Art. 52 Assegni familiari.
Art. 53 Prelievi sulla remunerazione.
Art. 54 Peculio.
Art. 55 Manifestazioni di professione religiosa.
Art. 56 Attività culturali, ricreative e sportive.
Art. 57 Attività organizzate per i detenuti e gli
internati che non lavorano.
Art. 58 Rapporti con la famiglia.
Art. 59 Comunicazione all'ingresso in istituto
Art. 60 Comunicazione di infermità e di decessi.
Art 61 Permessi.
Art. 61 bis. Permessi premio.
Art. 61 ter. Comunicazioni all'autorità di
pubblica sicurezza.
Art. 62 Garanzie di sorteggio delle rappresentanze.
Art. 63 Partecipazione della comunità esterna
all'azione rieducativa.
Capo IV
Regime penitenziario
Art. 64 Informazioni sulle norme e sulle
disposizioni che regolano la vita penitenziaria.
Art. 65 Norme di comportamento.
Art. 66 Compiti di animazione e di assistenza.
Art. 67 Risarcimento dei danni arrecati a beni
dell'amministrazione o di terzi.
Art. 68 Isolamento.
Art. 69 Perquisizioni.
Art. 70 Istanze e reclami.
Art. 71 Ricompense.
Art. 72 Infrazioni disciplinari e sanzioni.
Art. 73 Provvedimenti disciplinari in via
cautelare.
Art. 75 Sospensione e condono delle sanzioni.
Art. 76 Procedimento disciplinare.
Art. 77 Mezzi di coercizione fisica. .
Art. 78 Trasferimenti.
Art. 79 Richieste per le traduzioni.
Art. 80 Autorità che dispongono i trasferimenti
tra istituti o le traduzioni.
Art. 81 Assistenza nelle traduzioni di detenute e
di internate.
Art. 82 Uso di abiti civili nelle traduzioni.
Art. 83 Trattamento del dimittendo.
Art. 84 Dimissione.
Art. 85 Provvedimenti in caso di evasione.
Art. 86 Indicazioni negli atti dello stato civile.
Art. 87 Provvedimenti in caso di decesso.
Art. 88 Intervento della Polizia di Stato e delle
Forze armate in servizio di pubblica sicurezza.
Capo V
Assistenza
Art. 89 Assistenza delle famiglie.
Art. 90 Integrazione degli interventi
nell'assistenza alle famiglie e ai dimessi.
Capo VI
Misure alternative alla detenzione e remissione del
debito
Art. 91 Affidamento in prova al servizio sociale.
Art. 91bis. Affidamento in prova in casi
particolari. .
Art. 91 ter. Detenzione domiciliare.
Art 92 Regime di semilibertà.
Art. 92 bis. Sopravvenienza di nuovi titoli di
privazione della libertà.
Art. 92 ter. Sospensione cautelare delle misure
alternative alla detenzione. .
Art. 93 Licenze.
Art. 94 Riduzioni di pena per la liberazione
anticipata.
Art. 94 bis. Liberazione condizionale.
Art. 95 Intervento del servizio sociale nella
libertà vigilata.
Art. 96 Remissione del debito.
Art. 96 bis. Comunicazioni all'organo
dell'esecuzione.
Art. 96 ter. Rinvio dell'esecuzione delle pene
detentive.
Art. 96 quater. Pareri sulla domanda o proposta di
grazia.
TITOLO II
Disposizioni relative all'organizzazione
penitenziaria
Capo I
Istituti penitenziari
Art. 97 Esecuzione di pene in istituti di categoria
diversa.
Art. 98 Ospedali psichiatrici giudiziari, case di
cura e custodia, istituti e sezioni speciali per infermi e minorati
fisici e psichici.
Art. 99 Accertamento delle infermità psichiche.
Art. 100 Convenzioni con ospedali psichiatrici
civili.
Art. 101 Coordinamento delle attività di ricerca
dei centri di osservazione.
Art.102 Differenziazione degli istituti.
Art. 103 Accesso di ministri di culto agli
istituti.
Art. 104 Visite agli istituti.
Capo II
Servizio sociale e assistenza
Art 105 Centro di servizio sociale.
Art. 106 Consiglio di aiuto sociale.
Art. 107 Assistenti volontari.
PARTE II
Amministrazione e contabilità della cassa delle
ammende
Art. 108 Consiglio di amministrazione della cassa
delle ammende. .
Art. 109 Conto depositi e conto patrimoniale.
Art 110 Fondi patrimoniali e depositi cauzionali.
Art. 111 Versamenti delle somme.
Art. 112 Accreditamenti delle somme. .
Art. 113 Depositi di titoli di Stato o garantiti
dallo Stato.
Art. 114 Estratto del conto corrente.
Art. 115 Disposizioni dell'autorità giudiziaria.
Art. 116 Assistenza dei minori orfani a causa del
delitt (ABROGATO).
Art. 117 Erogazione di fondi.
Art. 118 Bilancio.
PARTE III
Disposizioni finali e transitorie
Art. 119 Incaricati giornalieri.
Art.120 Nomina degli esperti per le attività di
osservazione e di trattamento.
Art 121 Esperti componenti della sezione di
sorveglianza. (ABBROGATO)
Art 122 Infermieri.
Art. 123 Integrazione di organi collegiali.
Art. 124 Ricognizione del patrimonio dei consigli
di patronato.
Art. 125 Attribuzioni dei direttori dei centri di
rieducazione e degli uffici di servizio sociale per i minorenni.
Art 1 Interventi di trattamento.
Il trattamento degli imputati sottoposti a misure
privative della libertà consiste nell'offerta di interventi diretti
a sostenere i loro interessi umani, culturali e professionali.
Il trattamento rieducativo dei condannati e degli
internati è diretto, inoltre, a promuovere un processo di
modificazione degli atteggiamenti che sono di ostacolo ad una
costruttiva partecipazione sociale.
Art. 2 Ordine e disciplina negli istituti
penitenziari.
La sicurezza, l'ordine e la disciplina negli
istituti penitenziari costituiscono la condizione per la
realizzazione delle finalità del trattamento dei detenuti e degli
internati.
Il servizio di sicurezza e di custodia negli
istituti penitenziari, diversi dalle case mandamentali, è affidato
agli appartenenti al Corpo militare degli agenti di custodia, che
esercitano le loro attribuzioni in conformità delle leggi e dei
regolamenti vigenti.
Art. 3 Direzione degli istituti penitenziari e dei
centri di servizio sociale.
Alla direzione degli istituti penitenziari,
diversi dalle case mandamentali, e dei centri di servizio sociale è
preposto personale dei rispettivi ruoli delle carriere direttive
dell'amministrazione penitenziaria.
Il direttore dell'istituto e quello del centro di
servizio sociale esercitano i poteri attinenti all'organizzazione,
al coordinamento e allo svolgimento delle attività relative al
funzionamento dell'istituto o del servizio; adottano tutte le
iniziative per lo svolgimento dei programmi di trattamento e
impartiscono disposizioni e istruzioni agli operatori penitenziari
anche non appartenenti al personale dell'amministrazione; inoltre,
il direttore dell'istituto provvede al mantenimento della sicurezza,
dell'ordine e della disciplina, avvalendosi della collaborazione del
personale civile e militare, secondo le rispettive competenze.
Il direttore dell'istituto e quello del centro di
servizio sociale rispondono dell'esercizio delle loro attribuzioni
all'ispettore distrettuale e al Ministero.
Alle direzioni dei centri di servizio sociale e
degli istituti per minorenni può essere preposto personale dei
ruoli delle carriere di concetto, fino al completamento dei ruoli
delle carriere direttive.
Art. 4 Integrazione e coordinamento degli
interventi.
Gli interventi di ciascun operatore professionale
o volontario devono contribuire alla realizzazione di una positiva
atmosfera di relazioni umane e svolgersi in una prospettiva di
integrazione e di collaborazione.
A tal fine, gli istituti penitenziari e i centri
di servizio sociale, dislocati in ciascun ambito regionale,
costituiscono un complesso operativo unitario, i cui programmi sono
organizzati e svolti con riferimento alle risorse della comunità
locale.
Gli ispettori distrettuali adottano le opportune
iniziative per promuovere il coordinamento operativo in sede locale.
Art. 5 Vigilanza del magistrato di sorveglianza
sulla organizzazione degli istituti.
Il magistrato di sorveglianza, nell'esercizio
delle sue funzioni di vigilanza, assume, a mezzo di visite e di
colloqui, e, quando occorre, di visione di documenti, dirette
informazioni sullo svolgimento dei vari servizi dell'istituto e sul
trattamento dei detenuti e degli internati.
Capo II
Condizioni generali
Art. 6 Pulizia delle camere.
I detenuti e gli internati, che siano in
condizioni fisiche e psichiche che lo consentano, provvedono
direttamente alla pulizia delle loro camere e dei relativi servizi
igienici. A tal fine sono messi a disposizione mezzi adeguati.
Per la pulizia delle camere nelle quali si
trovano soggetti impossibilitati a provvedervi, la amministrazione
si avvale dell'opera retribuita di detenuti o internati.
Art. 7 Servizi igienici.
I servizi igienici sono collocati in un vano
adiacente alla camera ovvero sistemati all'interno di essa in modo
tale da garantire le opportune condizioni di riservatezza.
I locali di pernottamento o i vani in cui sono
collocati i servizi igienici sono dotati di lavabi con acqua
corrente.
Servizi igienici e lavabi in numero adeguato
devono essere, inoltre, dislocati nelle adiacenze dei locali e delle
aree dove si svolgono attività in comune.
Art. 8 Igiene personale.
I detenuti e gli internati debbono fare il bagno
o la doccia con acqua calda, una volta alla settimana e ogni
qualvolta sia necessario per motivi di carattere igienico-sanitario
anche in relazione ad attività lavorative o sportive.
A tal fine gli istituti sono forniti di servizi
di bagno o di doccia in numero sufficiente e opportunamente
dislocati.
Gli oggetti necessari per la cura e la pulizia
della persona sono indicati con specifico riferimento alla loro
qualità e quantità in tabelle, distinte per uomini e donne,
stabilite con decreto ministeriale.
Per gli uomini e per le donne sono,
rispettivamente, organizzati servizi di barbiere e di parrucchiere,
di cui essi possono usufruire periodicamente secondo le necessità.
Nei locali di pernottamento è consentito l'uso
di rasoio elettrico autoalimentato.
Il regolamento interno prevede i tempie le
modalità di accesso ai servizi di bagno e di doccia, di barbiere e
di parrucchiere.
Art. 9 Vestiario e corredo.
Gli oggetti che costituiscono il corredo del
letto, i cani di vestiario e di biancheria personale, nonché gli
altri effetti di uso che l'amministrazione è tenuta a corrispondere
ai detenuti e agli internati, sono indicati, con specifico
riferimento alla loro qualità, in tabelle, distinte per uomini e
donne, stabilite con decreto ministeriale.
I capi e gli effetti sopra indicati devono avere
caratteristiche adeguate al variare delle stagioni e alle
particolari condizioni climatiche delle zone in cui gli istituti
sono ubicati; la loro quantità deve consentire un ricambio che
assicuri buone condizioni di pulizia e di conservazione.
Per ciascun capo o effetto è prevista la durata
d'uso.
L'amministrazione sostituisce, anche prima della
scadenza del termine di durata, i capi e gli effetti deteriorati.
Se l'anticipato deterioramento è imputabile al
detenuto o all'internato, questi e tenuto a risarcire il danno.
Il sanitario dell'istituto prescrive variazioni
qualitative e quantitative del corredo del letto, dei cani di
biancheria e di vestiario in relazione a particolari bisogni dei
singoli soggetti.
Fermo restando il diritto degli imputati e dei
condannati a pena detentiva inferiore ad un anno di indossare abiti
di loro proprietà, le caratteristiche degli abiti forniti
dall'amministrazione sono stabilite in modo differenziato per gli
imputati, i condannati e gli internati. I minorenni vestono,
comunque, abiti di foggia civile.
I capi di biancheria personale e di vestiario
nonché gli effetti d'uso consegnati ai detenuti e agli internati
sono annotati, con le successive variazioni, in una apposita scheda,
un esemplare della quale viene conservato dall'interessato e un
altro custodito dalla direzione e trasmesso in caso di
trasferimento.
La direzione dell'istituto cura che a ciascun
detenuto o internato, dopo le operazioni di pulizia, siano
restituiti i capi di sua spettanza.
I detenuti e gli internati, i quali fanno uso di
abiti e di corredo personale di loro proprietà che non possono
essere lavati con le normali procedure usate per quelli forniti
dall'amministrazione, devono provvedervi a loro spese.
L'amministrazione provvede a fornire abiti civili
ai dimittendi, qualora essi non siano in condizioni a provvedervi a
loro spese.
Art. 10 Corredo e oggetti di proprietà personale.
Il regolamento interno stabilisce i casi in cui i
detenuti e gli internati possono essere ammessi a fare uso di
corredo di loro proprietà e prevede, altresì, quali sono gli
effetti di corredo che possono usarsi.
Il possesso di oggetti di particolare valore
morale o affettivo può essere ammesso, qualora gli oggetti stessi
non abbiano un consistente valore economico.
Art. 11 Vitto giornaliero.
Ai detenuti e agli internati vengono
somministrati giornalmente tre pasti.
Il regolamento interno stabilisce l'orario dei
pasti in modo tale che il primo possa essere consumato non lontano
dalla sveglia, il secondo dopo circa cinque ore dal primo ed il
terzo dopo circa sei ore dal secondo.
Ai minorenni vengono somministrati giornalmente
quattro pasti opportunamente intervallati.
Art. 12 Controllo sul trattamento alimentare e sui
prezzi dei generi venduti nell'istituto. -
La rappresentanza dei detenuti e degli internati
preveduta dal sesto comma dell'art. 9 della legge è composta di tre
persone.
Negli istituti in cui la preparazione del vitto
è effettuata in più cucine, è costituita una rappresentanza per
ciascuna cucina. I rappresentanti dei detenuti e degli internati
assistono al prelievo dei generi vittuari, ne controllano la
qualità e la quantità, verificano che i generi prelevati siano
interamente usati per la confezione del vitto.
Ai detenuti e agli internati lavoratori o
studenti, facenti parte della rappresentanza, sono concessi permessi
di assenza dal lavoro o dalla scuola per rendere possibile lo
svolgimento del loro compito.
La rappresentanza suddetta ed il delegato del
direttore, indicato nell'ultimo comma dell'art. 9 della legge,
presentano, congiuntamente o disgiuntamente, le loro osservazioni al
direttore.
La direzione richiede mensilmente all'autorità
comunale informazioni sui prezzi correnti all'estero relativi ai
generi corrispondenti a quelli in vendita da parte dello spaccio e
mette a disposizione della rappresentanza dei detenuti e degli
internati le informazioni ricevute.
Art. 13 Locali per la somministrazione del vitto.
Uso di fornelli.
La somministrazione del vitto deve essere
effettuata in locali accessibili a gruppi limitati di detenuti o di
internati.
Ove non sia possibile, per difficoltà
organizzative o per contingenti motivi di ordine o di disciplina,
somministrare il vitto in locali appositi, deve provvedersi a che i
pasti siano consumati nelle camere, utilizzando un idoneo piano di
appoggio consentito l'uso di fornelli personali autoalimentati per
la preparazione di bevande e per riscaldare liquidi, nonché cibi
già cotti.
Le dimensioni e le caratteristiche dei fornelli
devono essere conformi a prescrizioni ministeriali.
Il regolamento interno può provvedere che, senza
carattere di continuità, sia consentita ai detenuti e agli
internati la cottura di generi alimentari di facile e rapida
preparazione, stabilendo i generi ammessi nonché le modalità da
osservare.
Art. 14 Ricezione, acquisto e possesso di oggetti e
di generi alimentari.
Il regolamento interno stabilisce, nei confronti
di tutti i detenuti o internati dell'istituto, i generi e gli
oggetti di cui è consentito il possesso, l'acquisto e la ricezione:
stabilisce, inoltre, le quantità dei singoli generi ed oggetti
ricevibili, acquistabili o detenibili in relazione all'esigenza di
mantenere l'ordine e di evitare disparità di condizioni di vita.
Sono vietate le bevande alcooliche.
E' consentito solo il consumo giornaliero di vino
in misura non superiore a mezzo litro e di gradazione non superiore
a dodici gradi o di un litro di birra.
E' vietato, comunque, il possesso di denaro.
Gli oggetti non consentiti sono ritirati dalla
direzione e consegnati ai detenuti e agli internati all'atto della
loro dimissione, salvo che costituiscano corpo di reato.
I generi e gli oggetti provenienti dall'esterno
devono essere contenuti in pacchi, che, prima della consegna ai
destinatari, devono essere sottoposti a controllo.
Il regolamento interno stabilisce il numero e la
periodicità in ordine al ricevimento dei pacchi, le modalità di
confezione, di controllo, di accettazione e di consegna, anche con
riferimento alle cautele da adottare per l'individuazione di
strumenti pericolosi e alla certificazione di quanto in essi
contenuto.
Gli oggetti di uso personale possono essere
acquistati o ricevuti in misura non eccedente le norinali esigenze
dell'individuo.
I generi alimentari, ricevuti dall'esterno o
acquistati, non devono eccedere in quantità il fabbisogno di una
persona. Inoltre quelli ricevuti dall'esterno non devono richiedere
cottura.
Il detenuto o l'internato non può accumulare
generi alimentari in quantità eccedente il suo fabbisogno
settimanale.
Art. 15 Cessioni fra detenuti o internati. -
La cessione e la ricezione di somme in peculio e
di oggetti fra detenuti o internati sono vietate.
Art. 16 Permanenza all'aperto.
Gli spazi destinati alla permanenza all'aperto
devono offrire possibilità di protezione dagli agenti atmosferici.
Il tempo di permanenza all'aperto può essere
impiegato per lo svolgimento di attività sportive culturali o
ricreative nonché per trascorrervi parte del tempo libero.
Gli spazi destinati alla permanenza all'aperto
sono utilizzati anche per la installazione di campi attrezzati per
lo svolgimento di giochi sportivi.
Art. 17 Assistenza sanitaria.
L'organizzazione dei servizi sanitari degli
istituti viene programmata, nell'ambito di ciascuna regione, tra gli
ispettori distrettuali e i preposti agli enti pubblici sanitari
locali, d'intesa con l'ente regione.
I programmi sono periodicamente aggiornati
secondo il variare delle esigenze ed approvati dal Ministero di
grazia e giustizia, tenuto conto degli indirizzi del Ministero della
sanità. Il Ministero, sulla base delle indicazioni desunte dalla
rilevazione e dall'analisi delle esigenze sanitarie della
popolazione penitenziaria, sentiti gli organi sanitari, organizza,
con opportune dislocazioni nell'ambito nazionale, reparti clinici e
chirurgici.
All'organizzazione e al funzionamento di detti
reparti possono concorrere, anche con destinazione di proprio
personale, gli enti pubblici sanitari locali.
In ogni caso in cui le prestazioni di carattere
psichiatrico non siano assicurate a mezzo della opera di specialisti
in psichiatria del ruolo della amministrazione penitenziaria, la
direzione dello istituto si avvale di specialisti ai sensi del
quarto comma dell'art. 80 della legge.
[Per il trasferimento degli imputati negli
ospedali civili o in altri luoghi esterni di cura, si applicano le
disposizioni prevedute dall'art. 9 del regio decreto 28 maggio 1931,
n. 603] (3).
L'autorizzazione per le visite a proprie spese di
un sanitario di fiducia per gli imputati dopo la pronuncia della
sentenza di primo grado e per i condannati e gli internati è data
dal direttore.
Con le medesime forme prevedute per le visite a
proprie spese possono essere autorizzate cure mediche e chirurgiche
da effettuarsi da parte di sanitari di fiducia nelle infermerie o
nei reparti clinici e chirurgici dell'amministrazione penitenziaria
a spese degli interessati.
Quando deve provvedersi con assoluta urgenza al
trasferimento di un detenuto o di un internato in luogo esterno di
cura, e non sia possibile ottenere l'immediata decisione
dell'autorità giudiziaria che procede o del magistrato di
sorveglianza, il direttore provvede direttamente al trasferimento,
dandone contemporanea comunicazione alla predetta autorità o al
magistrato di sorveglianza; inoltre, dà notizia del trasferimento
all'ispettore distrettuale e al Ministero.
(3) Abrogato dall'art. 1, D.P.R. 24 maggio 1977, n.
339 (Gazz. Uff. 24 giugno 1977, n. 171).
Art. 18 Assistenza particolare alle gestanti e alle
puerpere. Asili nido.
Le gestanti e le puerpere sono assistite da
specialisti in ostetricia e ginecologia, incaricati o professionisti
esterni.
E' prestata, altresì, l'assistenza da parte di
personale paramedico ostetrico.
L'assistenza sanitaria ai bambini che le madri
detenute o internate tengono presso di sé è curata da
professionisti specialisti in pediatria.
Gli specialisti in ostetricia e ginecologia e i
pediatri, nonché il personale paramedico, sono compensati con
onorari proporzionati alle singole prestazioni effettuate.
Presso gli istituti o sezioni dove vi è una
esigenza continuativa di assistenza alle gestanti, alle puerpere e
ai bambini, sono organizzati appositi reparti ostetrici e asili
nido.
Quando i bambini debbono essere separati dalle
madri detenute o internate, per avere superato i tre anni o per
altre ragioni, sentita in questo ultimo caso la madre, e non
esistono persone a cui la madre possa affidare il figlio, la
direzione dell'istituto segnala il caso agli enti per l'assistenza
all'infanzia.
Il centro di servizio sociale cura che siano
mantenuti costanti rapporti fra la madre e il bambino.
Art. 19 Rimborso delle spese per prestazioni
sanitarie.
Ai detenuti e agli internati che hanno diritto ad
usufruire di prestazioni sanitarie a carico degli enti preposti
all'assistenza sanitaria, le dette prestazioni, sono fornite
direttamente dalla amministrazione penitenziaria in condizioni di
assoluta parità con gli altri detenuti e internati.
Gli enti tenuti a derogare l'assistenza
rimborsano all'amministrazione penitenziaria, sulla base di apposite
convenzioni, le spese relative alle prestazioni sanitarie che essi
sarebbero tenuti a corrispondere.
Gli enti predetti provvedono direttamente
all'assistenza preveduta dalle leggi vigenti nei confronti dei
familiari dei detenuti e degli internati lavoratori.
Art. 20 Disposizioni particolari per gli infermi e
i seminfermi di mente.
La sottoposizione a visto di controllo della
corrispondenza dei detenuti e degli internati infermi o seminfermi
di mente può essere disposta, oltre che nei casi preveduti
dall'art. 36, anche per esigenze connesse al trattamento
terapeutico, accertate dal sanitario.
Nella concessione dei permessi di colloquio e
nelle autorizzazioni alla corrispondenza telefonica si devono tenere
in conto anche le esigenze di cui al precedente comma.
I detenuti e gli internati infermi o seminfermi
di mente che, a giudizio del sanitario, sono in grado di svolgere un
lavoro produttivo o un servizio utile sono ammessi al lavoro e
godono di tutti i diritti relativi.
Coloro che non sono in grado di svolgere un
lavoro produttivo o un servizio utile, possono essere assegnati,
secondo le indicazioni sanitarie, ad attività ergoterapiche e ad
essi viene corrisposto un sussidio nella misura stabilita con
decreto ministeriale.
Le disposizioni concernenti la formazione delle
rappresentanze prevedute dagli articoli 9, 12 e 27 della legge si
applicano anche agli infermi o seminfermi di mente.
Tuttavia, se fra i sorteggiati vi siano individui
che, a giudizio del sanitario, per le loro condizioni psichiche non
sono in grado di svolgere il compito, il magistrato di sorveglianza
dispone la loro esclusione.
Gli esclusi sono sostituiti da altri detenuti o
internati nominati anch'essi per sorteggio.
Nei confronti degli infermi e dei seminfermi di
mente le sanzioni disciplinari si applicano solo quando, a giudizio
del sanitario, esista la sufficiente capacità naturale che consenta
loro coscienza dell'infrazione commessa ed adeguata percezione della
sanzione conseguente.
Gli infermi e seminfermi in permesso o in licenza
o in regime di semilibertà ricevono, ove occorra, assistenza da
parte dei servizi psichiatrici pubblici degli enti locali.
Art. 21 Servizio di biblioteca.
La direzione dell'istituto deve curare che i
detenuti e gli internati abbiano agevole accesso alle pubblicazioni
della biblioteca dell'istituto, nonché la possibilità, a mezzo di
opportune intese, di usufruire della lettura di pubblicazioni
esistenti in biblioteche e centri di lettura pubblici, funzionanti
nel luogo in cui è situato l'istituto stesso.
Nella scelta dei libri e dei periodici si deve
aver cura che ci sia una equilibrata rappresentazione del pluralismo
culturale esistente nella società esterna.
Il servizio di biblioteca è affidato, di regola,
a un educatore.
Il responsabile del servizio si avvale, per la
tenuta delle pubblicazioni, per la formazione degli schedari, per la
distribuzione dei libri e dei periodici, nonché per lo svolgimento
di iniziative per la diffusione della cultura, dei rappresentanti
dei detenuti e degli internati preveduti dall'art. 12 della legge, i
quali espletano le suddette attività durante il tempo libero.
I rappresentanti dei detenuti o degli internati
sono sorteggiati, con le modalità prevedute nell'art. 62, nel
numero di tre o cinque, rispettivamente per gli istituti con un
numero di presenti non superiore o superiore a cinquecento.
Capo III
Ingresso in istituto e modalità del trattamento
Art. 22 Ammissione in istituto.
Le direzioni degli istituti penitenziari devono
ricevere le persone indicate nell'articolo 4 del regio decreto 28
maggio 1931, n. 603, e quelle che si costituiscono dichiarando che
ciò fanno per dare esecuzione ad un provvedimento da cui consegue
la privazione dello stato di libertà.
Quando viene ricevuta una persona, che non può
essere trattenuta perché deve essere sottoposta a misura privativa
della libertà diversa da quella alla cui esecuzione l'istituto è
destinato, la direzione provvede ad informare il Ministero, ai fini
dell'assegnazione.
La persona che fa ingresso in istituto perché
imputata viene sottoposta all'isolamento, preveduto dal n. 3)
dell'art. 33 della legge, soltanto se l'autorità giudiziaria abbia
disposto in tal senso nell'ordine di arresto o nel mandato di
arresto o di cattura o in altro separato provvedimento.
In caso di arresto in flagranza o di fermo di
indiziato di reato, la prescritta informazione all'autorità
giudiziaria competente deve essere effettuata dalla polizia
giudiziaria prima della introduzione del detenuto nell'istituto, al
fine di consentire la tempestiva emanazione dell'eventuale
provvedimento di sottoposizione all'isolamento di cui al comma
precedente.
Allo stesso modo provvede il direttore nel caso
di presentazione spontanea in istituto di persona a carico della
quale non sia stato emesso mandato o ordine di cattura o di arresto
dall'autorità giudiziaria.
Il provvedimento dell'autorità giudiziaria che
dispone l'isolamento deve precisare le modalità, i limiti e la
durata dell'isolamento medesimo.
Durante l'isolamento giudiziario, possono avere
contatti con il detenuto isolato, con l'osservanza delle modalità
stabilite dal Ministero di grazia e giustizia, il personale
penitenziario nonché gli altri operatori penitenziari anche non
appartenenti al personale dell'amministrazione incaricati,
autorizzati o delegati dal direttore dell'istituto (3/a).
(3/a) Cosí sostituito dall'art. 1, D.P.R. 18
maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
Art. 23 Modalità dell'ingresso in istituto.
La direzione cura che il detenuto o l'internato
all'atto del suo ingresso dalla libertà sia sottoposto a
perquisizione personale, al rilievo delle impronte digitali e messo
in grado di esercitare la facoltà preveduta dal primo comma
dell'art. 29 della legge, con le modalità di cui all'art. 59 del
presente regolamento.
Il soggetto è sottoposto a visita medica non
oltre il giorno successivo.
Fermo restando quanto previsto dall'ultimo comma
dell'art. 24, qualora dagli accertamenti sanitari, o altrimenti,
risulti che una persona condannata si trova in una delle condizioni
prevedute dell'art. 146 e dall'art. 147, numeri 2) e 3), del codice
penale, la direzione dell'istituto provvede a trasmettere gli atti
al tribunale di sorveglianza per l'adozione dei provvedimenti di sua
competenza e provvede, altresí, a darne comunicazione al magistrato
di sorveglianza (3/b).
Al momento dell'ingresso dalla libertà di un
detenuto o di un internato, la dirczione richiede al Ministero
notizia su eventuali precedenti detenzioni al fine di acquisire la
preesistente cartella personale.
Il direttore, o un operatore penitenziario da lui
designato, svolge un colloquio con il soggetto al fine di conoscere
le notizie necessarie per le iscrizioni nel registro preveduto
dall'art. 13 del regio decreto 28 maggio 1931, n. 603, e per
iniziare la compilazione della cartella personale nonché al fine di
fornirgli le informazioni prevedute dal primo comma dell'art. 32
della legge e di consegnargli l'estratto indicato nel secondo comma
dell'art. 64 del presente regolamento.
Qualora il detenuto o l'internato si rifiuti di
fornire le sue generalità o quando vi siano fondati motivi per
ritenere che le generalità fornite siano false, e sempre che non si
riesca a conoscere altrimenti le esatte generalità, il soggetto è
identificato sotto la provvisoria denominazione di
"sconosciuto" a mezzo di fotografia e di riferimenti a
connotati e contrassegni fisici e ne è fatto rapporto all'autorità
giudiziaria.
Nel corso del colloquio il soggetto è invitato a
segnalare gli eventuali problemi personali e familiari che
richiedono interventi immediati.
Di tali problemi la direzione informa il centro
di servizio sociale.
Gli oggetti consegnati dal detenuto o
dall'internato, nonché quelli rinvenuti sulla sua persona e che non
possono essere lasciati in suo possesso, sono ritirati e depositati
presso la direzione.
Gli oggetti che non possono essere conservati
sono venduti a beneficio del soggetto o inviati, a sue spese, alla
persona da lui designata. Delle predette operazioni viene redatto
verbale.
Degli oggetti consegnati dall'imputato o
rinvenuti sulla sua persona è data notizia all'autorità
giudiziaria che procede.
I contatti e gli interventi degli operatori
penitenziari e degli assistenti volontari di cui all'art. 78 della
legge, nonché quelli degli operatori sociali e sanitari delle
strutture e dei servizi assistenziali territoriali intesi alla
prosecuzione dei programmi terapeutici o di trattamento
educativo-sociale istituzionalmente svolti con gli imputati, i
condannati e gli internati non si considerano colloqui e ad essi non
si applicano pertanto le disposizioni contenute nell'art. 18 della
legge e nell'art. 35 del presente regolamento (3/c).
(3/b) Comma cosí sostituito dall'art. 2, D.P.R. 18
maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
(3/c) Comma aggiunto dall'art. 2, D.P.R. 18 maggio
1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
Art. 24 Iscrizioni a registro.
Nel registro preveduto dall'art. 13 del regio
decreto 28 maggio 1931, n. 603, oltre alle iscrizioni relative alle
persone ivi indicate, devono essere inserite, in ordine cronologico,
analoghe iscrizioni relative ai detenuti e agli internati che
entrano o escono dall'istituto a causa di trasferimento o di
transito.
Il registro, prima che sia posto in uso, è
presentato al magistrato di sorveglianza che ne fa numerare ciascuna
pagina, vistandola e segnandola con sigillo del proprio ufficio.
In fine del registro lo stesso magistrato di
sorveglianza indica il numero complessivo delle pagine e vi appone
la data e la sottoscrizione.
La disposizione del precedente capoverso si
osserva anche per il registro preveduto dall'articolo 80 del codice
di procedura penale e dall'art. 15 del regio decreto 28 maggio 1931,
n. 603.
Le istanze, le impugnazioni e le dichiarazioni
prevedute dall'art. 80 del codice di procedura penale sono
comunicate all'autorità giudiziaria mediante estratto o copia
autentica.
In caso di urgenza, la comunicazione è fatta con
telegramma.
Le istanze dei detenuti e degli internati
relative ai provvedimenti di cui al capo VI del titolo I della legge
sono trasmesse al magistrato di sorveglianza o al tribunale di
sorveglianza entro tre giorni dalla loro presentazione (3/d).
(3/d) Comma cosí sostituito dall'art. 3, D.P.R. 18
maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
Art. 25 Albo degli avvocati e procuratori.
Presso ogni istituto penitenziario è tenuto
l'albo degli avvocati e procuratori del circondario, che deve essere
affisso in modo che i detenuti e gli internati ne possano prendere
visione.
E' fatto divieto agli operatori penitenziari di
influire, direttamente o indirettamente, sulla scelta del difensore.
Art. 26 Cartella personale.
Per ogni detenuto o internato è istituita una
cartella personale, la cui compilazione inizia all'atto
dell'ingresso in istituto dalla libertà.
La cartella segue il soggetto in caso di
trasferimento e resta custodita nell'archivio dell'istituto da cui
il detenuto o l'internato è dimesso.
Di tale custodia è data tempestiva notizia al
Ministero.
L'intestazione della cartella personale è
corredata dai dati anagrafici, delle impronte digitali, della
fotografia e di ogni altro elemento necessario per la precisa
identificazione della persona.
Nella cartella personale sono inseriti i dati e
le indicazioni preveduti dal quarto comma dell'art. 13 della legge,
con specifica menzione delle ricompense, delle sanzioni disciplinari
e delle infrazioni che le hanno determinate, delle istanze e dei
provvedimenti di cui al capo VI del titolo I della legge, della
sottoposizione al regime di sorveglianza particolare e del reclamo
eventualmente proposto, nonché di ogni altro dato richiesto da
disposizioni ministeriali (3/e).
Tutti i provvedimenti del magistrato di
sorveglianza e del tribunale di sorveglianza di cui all'art. 14-ter
e al capo VI del titolo I della legge sono comunicati alla direzione
dell'istituto per la annotazione nella cartella personale.
I provvedimenti relativi all'affidamento in prova
al servizio sociale, al regime di semilibertà ed alla detenzione
domiciliare sono altresí comunicati al centro di servizio sociale
del luogo nel quale viene eseguita la misura alternativa alla
detenzione (3/e).
Allo scadere di ogni semestre di custodia
preventiva e di pena detentiva, nella cartella personale di ciascun
detenuto è annotato il giudizio espresso dalla direzione sugli
elementi indicati nel secondo comma dell'art. 94.
All'atto del trasferimento del detenuto o
dell'internato in altro istituto nella cartella personale è
annotato un giudizio complessivo sugli sviluppi del trattamento e
sulla condotta tenuta.
(3/e) Gli attuali commi terzo e quarto cosí
sostituiscono l'originario comma terzo per effetto dell'art. 4, D.P.R.
18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
Art. 27 Osservazione della personalità.
L'osservazione scientifica della personalità è
diretta all'accertamento dei bisogni di ciascun soggetto connessi
alle eventuali carenze fisico-psichiche, affettive, educative e
sociali, che sono state di pregiudizio all'instaurazione di una
normale vita di relazione.
Ai fini dell'osservazione, si provvede
all'acquisizione di dati giudiziari e penitenziari, biologici,
psicologici e sociali e alla loro valutazione con riferimento al
modo in cui il soggetto ha vissuto le sue esperienze e alla sua
attuale disponibilità ad usufruire degli interventi del trattamento
(3/f).
All'inizio dell'esecuzione, l'osservazione è
specificamente rivolta, con la collaborazione del condannato o
dell'internato, a desumere elementi per la formulazione del
programma individualizzato di trattamento, il quale è compilato nel
termine di nove mesi (3/f).
Nel corso del trattamento l'osservazione è
rivolta ad accertare, attraverso l'esame del comportamento del
soggetto e delle modificazioni intervenute nella sua vita di
relazione, le eventuali nuove esigenze che richiedono una variazione
del programma di trattamento.
(3/f) Comma cosí sostituito dall'art. 5, D.P.R. 18
maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
Art. 28 Espletamento dell'osservazione della
personalità.
L'osservazione scientifica della personalità è
espletata, di regola, presso gli stessi istituti dove si eseguono le
pene e le misure di sicurezza.
Quando si ravvisa la necessità di procedere a
particolari approfondimenti, i soggetti da osservare sono assegnati,
su motivata proposta della direzione, ai centri di osservazione.
L'osservazione è condotta da personale
dipendente dall'amministrazione e, secondo le occorrenze, anche dai
professionisti indicati nel secondo e quarto comma dell'art. 80
della legge.
Le attività di osservazione si svolgono sotto la
responsabilità del direttore dell'istituto e sono dal medesimo
coordinate.
Art. 29 Programma individualizzato di trattamento.
La compilazione del programma di trattamento è
effettuata da un gruppo presieduto dal direttore e composto dal
personale e dagli esperti che hanno svolto le attività di
osservazione indicate nel precedente articolo.
Il gruppo di osservazione tiene riunioni
periodiche, nel corso delle quali esamina gli sviluppi del
trattamento praticato e i suoi risultati. La segreteria tecnica del
gruppo è affidata, di regola, all'educatore.
Art. 30 Assegnazione dei detenuti e degli internati
agli istituti (3/g).
I condannati e gli internati, all'inizio
dell'esecuzione della pena o della misura di sicurezza, sono
provvisoriamente assegnati in un istituto destinato all'esecuzione
del tipo di pena o di misura cui sono stati sottoposti, situato
nell'ambito della regione di residenza.
Qualora ciò non sia possibile per mancanza di
tale istituto o per indisponibilità di posti, l'assegnazione deve
avvenire ad altro istituto della stessa categoria situato in
località prossima.
Nell'istituto di assegnazione provvisoria
vengono espletate le attività di osservazione prevedute dall'art.
13 della legge.
Sulla base della formulazione del programma di
trattamento individualizzato viene disposta l'assegnazione
definitiva.
Per l'assegnazione definitiva dei condannati e
degli internati si ha riguardo alla corrispondenza fra le
indicazioni del trattamento contenute nel programma
individualizzato e il tipo di trattamento organizzato negli
istituti ai sensi dell'art. 102.
Alle assegnazioni provvisorie e definitive che
comportino trasferimento da un distretto ad un altro provvede il
Ministero. Nell'ambito del distretto provvede l'ispettore
distrettuale, informandone il Ministero, fatte salve le
assegnazioni dei detenuti e degli internati sottoposti al regime
di sorveglianza particolare, le quali sono disposte dal Ministero
(3/h).
(3/g) Rubrica così sostituita dall'art. 6, D.P.R.
18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
(3/h) Comma così sostituito dall'art. 6, D.P.R. 18
maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
Art. 31 Raggruppamento nelle sezioni. -
Gli istituti penitenziari, al fine di attuare la
distribuzione dei condannati e degli internati secondo i criteri
indicati nel secondo comma dell'art. 14 della legge, sono
organizzati in modo da realizzare nel loro interno suddivisioni in
sezioni che consentano raggruppamenti limitati di soggetti.
Gli imputati che non sono sottoposti
all'isolamento preveduto dal n. 3) dell'art. 33 della legge, sono
assegnati alle varie sezioni nelle quali l'istituto di custodia
preventiva è suddiviso, in considerazione della loro età, di
precedenti esperienze penitenziarie, della natura colposa o dolosa
del reato ascritto e della indole dello stesso.
Art. 32 Assegnazione e raggruppamento per motivi
cautelari.
I detenuti e gli internati, che abbiano un
comportamento che richiede particolari cautele, anche per la tutela
dei compagni da possibili aggressioni o sopraffazioni, sono
assegnati ad appositi istituti o sezioni dove sia più agevole
adottare le suddette cautele.
Art. 32 bis. Regime di sorveglianza particolare.
Il Ministero, quando, di propria iniziativa, o su
segnalazione o proposta della direzione dell'istituto o su
segnalazione dell'autorità giudiziaria, ritiene di disporre o
prorogare la sottoposizione a regime di sorveglianza particolare di
un detenuto o di un internato ai sensi dell'articolo 14-bis, comma
1, della legge, richiede al direttore dell'istituto la convocazione
del consiglio di disciplina, affinché esprima parere nel termine di
dieci giorni.
L'autorità giudiziaria deve far pervenire i
pareri di cui al comma 3 dell'art. 14-bis della legge al Ministero
entro il termine di dieci giorni. la direzione dell'istituto chiede
preventivamente alla autorità giudiziaria competente ai sensi del
secondo comma dell'art. 11 della legge l'autorizzazione ad
effettuare il visto di controllo sulla corrispondenza in arrivo ed
in partenza, quando tale restrizione è prevista nel provvedimento
che dispone o proroga il regime di sorveglianza particolare.
Il provvedimento dell'autorità giudiziaria viene
emesso entro il termine di dieci giorni da quello in cui l'ufficio
ha ricevuto la richiesta.
Dal provvedimento che dispone in via provvisoria
il regime di sorveglianza particolare e delle restrizioni a cui il
detenuto o l'internato è sottoposto, è data comunicazione al
medesimo, che sottoscrive per presa visione.
I provvedimenti che dispongono in via definitiva
o che prorogano il regime di sorveglianza particolare sono
comunicati dalla direzione dell'istituto al detenuto o internato
mediante rilascio di copia integrale di essi e del provvedimento con
cui in precedenza sia stata eventualmente disposta la sorveglianza
particolare in via provvisoria.
Dei provvedimenti che dispongono o prorogano il
regime di sorveglianza particolare e dei reclami proposti e del loro
esito è presa nota nella cartella personale.
La direzione dell'istituto provvede, di volta in
volta, ad inviare al magistrato di sorveglianza le copie di ciascuno
dei predetti provvedimenti e degli eventuali reclami proposti
dall'interessato.
Quando il detenuto o internato sottoposto al
regime di sorveglianza particolare viene trasferito, anche
temporaneamente, in altro istituto posto nella giurisdizione di un
diverso ufficio di sorveglianza, la direzione dell'istituto di
destinazione ne dà comunicazione a tale ufficio, trasmettendogli
anche le copie dei provvedimenti e dei reclami di cui ai commi
precedenti.
Il trasferimento ad altro istituto idoneo viene
disposto quando, nell'istituto in cui il detenuto o l'internato si
trova, non sia disponibile una sezione nella quale il regime di
sorveglianza particolare possa essere attuato senza comportare
pregiudizio per la popolazione detenuta o internata e senza
pregiudicare l'ordine o la sicurezza.
Ove sia necessario, il detenuto o internato
sottoposto a regime di sorveglianza può essere trasferito in uno
degli istituti o in una delle sezioni di cui all'art. 32 (3/i).
(3/i) Articolo aggiunto dall'art. 7, D.P.R. 18
maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
Art. 32 ter. Reclamo avverso il provvedimento di
sorveglianza particolare.
Il reclamo avverso il provvedimento definitivo
che dispone o proroga il regime di sorveglianza particolare, se
proposto con atto ricevuto dal direttore dell'istituto è iscritto
nel registro preveduto dall'art. 80 del codice di procedura penale e
dall'art. 15 del regio decreto 28 maggio 1931, n. 603 ed è
trasmesso al piú tardi entro il giorno successivo in copia
autentica al tribunale di sorveglianza, al quale è altresí
trasmessa copia della cartella personale dell'interessato e del
provvedimento che dispone o proroga il regime di sorveglianza
particolare.
In caso di urgenza, la comunicazione è fatta con
telegramma. Il detenuto o l'internato, nel proporre reclamo, può
nominare contestualmente il difensore.
Il Ministero, ove non ritenga di provvedere
direttamente, può delegare l'ispettore distrettuale o il direttore
dell'istituto a presentare al tribunale di sorveglianza memorie
relative al provvedimento avverso il quale il detenuto o l'internato
ha proposto reclamo (3/l).
(3/l) Articolo aggiunto dall'art. 7, D.P.R. 18
maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
Art. 33 Detenuti ed internati stranieri.
Nell'esecuzione delle misure privative della
libertà nei confronti di cittadini stranieri, si deve tener conto
delle loro difficoltà linguistiche e delle differenze culturali.
Devono essere favorite possibilità di contatto
con le autorità consolari del loro Paese.
Art. 34 Regolamento interno.
L'amministrazione penitenziaria impartisce le
direttive indicate nel primo comma dell'art. 16 della legge, anche
al fine di realizzare la differenziazione degli istituti.
Il regolamento interno, oltre alle modalità
degli interventi di trattamento e a quanto preveduto dagli articoli
16 e 31 della legge e dagli articoli 8, 10, 11, 13, 14, 38, 62 e 69
del presente regolamento, disciplina, in ogni caso, le seguenti
materie:
1. gli orari di apertura e di chiusura degli
istituti;
2. gli orari relativi all'organizzazione della vita
quotidiana della popolazione detenuta o internata;
3. le modalità relative allo svolgimento dei vari
servizi predisposti per i detenuti e per gli internati;
4. gli orari di permanenza nei locali comuni;
5. gli orari, i turni e le modalità di permanenza
all'aperto;
6. i tempi e le modalità particolari per i
colloqui e la corrispondenza anche telefonica;
7. le affissioni consentite e le relative
modalità;
8. i giochi consentiti.
Il regolamento interno può disciplinare alcune
delle materie sopra indicate in modo differenziato per particolari
sezioni dell'istituto.
Nella predisposizione del regolamento interno,
la commissione preveduta dal secondo comma dell'art. 16 della
legge deve uniformarsi alle direttive impartite
dall'amministrazione penitenziaria ai sensi del primo comma
dell'art. 16 della legge e del primo comma del presente articolo.
Nel caso di direttive sopravvenute, le norme
del regolamento interno non conformi ad esse cessano di avere
applicazione e devono essere modificate dalla commissione, per
uniformarle alle direttive medesime, entro venti giorni dal loro
ricevimento (4).
(4) Comma aggiunto dall'art. 1, D.P.R. 10 luglio
1985, n. 421 (Gazz. Uff. 20 agosto 1985, n. 195).
Art. 35 Colloqui.
I colloqui dei condannati, degli internati e
quelli degli imputati dopo la pronuncia della sentenza di primo
grado sono autorizzati dal direttore dell'istituto.
I colloqui con persone diverse dai congiunti e
dai conviventi sono autorizzati quando ricorrono ragionevoli motivi
e sono comunicati all'ispettore distrettuale, corredati della
documentazione opportuna (4/a).
Per i colloqui con gli imputati fino alla
pronuncia della sentenza di primo grado, i richiedenti debbono
presentare il permesso rilasciato dall'autorità giudiziaria che
procede (4/a).
Le persone ammesse ai colloqui sono identificate
e, inoltre, sottoposte a controllo, con le modalità prevedute dal
regolamento interno, al fine di garantire che non siano introdotti
nell'istituto strumenti pericolosi o altri oggetti non ammessi.
Nel corso del colloquio deve essere mantenuto un
comportamento corretto e tale da non recare disturbo ad altri. Il
personale preposto al controllo sospende dal colloquio le persone
che tengono comportamento scorretto o molesto, riferendone al
direttore, il quale decide sulla esclusione.
I colloqui avvengono in locali comuni muniti di
mezzi divisori.
La direzione può consentire che, per speciali
motivi, il colloquio si svolga in locale distinto.
Qualora non ostino motivi di disciplina, ordine o
sicurezza o sanità, la direzione può altresí consentire che i
colloqui si svolgano in spazi comuni all'aperto a ciò destinati.
In ogni caso, i colloqui si svolgono sotto il
controllo a vista del personale di custodia (4/b).
Appositi locali sono destinati ai colloqui dei
detenuti con i loro difensori.
Per i detenuti e gli internati infermi, i
colloqui possono aver luogo nell'infermeria.
I detenuti e gli internati usufruiscono di
quattro colloqui al mese (4/c).
Il direttore dell'istituto, con provvedimento
motivato da trasmettere in copia al Ministero, può ammettere gli
imputati, che abbiano tenuto regolare condotta, ed i condannati e
gli internati, che, oltre ad avere tenuto regolare condotta, abbiano
collaborato attivamente all'osservazione scientifica della
personalità ed al trattamento rieducativo attuati nei loro
confronti, alla fruizione di ulteriori due colloqui mensili, nonché
di due telefonate mensili al di là dei limiti stabiliti dal secondo
comma dell'art. 37, da concedere dalle autorità competenti ai sensi
dell'ottavo comma dell'art. 18 della legge ed ai sensi del primo
comma del presente articolo e del primo comma dell'art. 37 (4/d).
Ai soggetti gravemente infermi, ovvero quando
ricorrano eccezionali circostanze, sono concessi colloqui anche
fuori dei limiti stabiliti nei commi precedenti.
Il colloquio ha la durata massima di un'ora.
In considerazione di eccezionali circostanze, è
consentito di prolungare la durata del colloquio con i congiunti o i
conviventi.
Il colloquio con i congiunti o conviventi è
comunque prolungato sino a due ore quando i medesimi risiedono in un
comune diverso da quello in cui ha sede l'istituto, se nella
settimana precedente il detenuto o l'internato non ha fruito di
alcun colloquio e se le esigenze e l'organizzazione dell'istituto lo
consentono (4/e).
A ciascun colloquio con il detenuto o con
l'internato possono partecipare non più di tre persone.
E' consentito di derogare a tale norma quando si
tratti di congiunti o conviventi.
Qualora risulti che i familiari non mantengano
rapporti con il detenuto o l'internato, la direzione ne fa
segnalazione al centro di servizio sociale per gli opportuni
interventi, e, laddove se ne ravvisi la necessità, anche al
consiglio di aiuto sociale.
Del colloquio, con l'indicazione degli estremi
del permesso si fa annotazione in apposito registro.
Le disposizioni dei commi precedenti non si
applicano nei casi previsti dall'art. 18-bis della legge (4/f).
(4/a) I commi primo e secondo così sostituiscono
l'originario comma primo per effetto dell'art. 8, D.P.R. 18 maggio
1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157). Il primo comma è
stato poi così corretto con avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 24
luglio 1989, n. 171.
(4/b) Comma così sostituito dall'art. 8, D.P.R. 18
maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
(4/c) Comma così sostituito dall'art. 2, D.P.R. 10
luglio 1985, n. 421 (Gazz. Uff. 20 agosto 1985, n. 195).
(4/d) Comma aggiunto dall'art. 2, D.P.R. 10 luglio
1985, n. 421 (Gazz. Uff. 20 agosto 1985, n. 195).
(4/e) Comma così sostituito dall'art. 8, D.P.R. 18
maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
(4/f) Comma aggiunto dall'art. 16, D.L. 8 giugno
1992, n. 306, riportato alla voce SICUREZZA PUBBLICA.
Art. 36 Corrispondenza epistolare e telegrafica.
I detenuti e gli internati sono ammessi a inviare
e a ricevere corrispondenza epistolare e telegrafica.
Al fine di consentire la corrispondenza,
l'amministrazione fornisce gratuitamente ai detenuti e agli
internati, che non possono provvedervi a loro spese,
settimanalmente, l'occorrente per scrivere una lettera e
l'affrancatura ordinaria.
Presso lo spaccio dell'istituto devono essere
sempre disponibili, per l'acquisto, degli oggetti di cancelleria
necessari per la corrispondenza.
Sulla busta della corrispondenza epistolare in
partenza il detenuto o l'internato deve apporre il proprio nome e
cognome.
La corrispondenza in busta chiusa, in arrivo o in
partenza, è sottoposta a ispezione al fine di rilevare l'eventuale
presenza di valori o altri oggetti non consentiti.
L'ispezione deve avvenire con modalità tali da
garantire l'assenza di controlli sullo scritto.
La direzione, quando vi sia sospetto che nella
corrispondenza epistolare, in arrivo o in partenza, siano inseriti
contenuti che costituiscono elementi di reato o che possono
determinare pericolo per l'ordine e la sicurezza, trattiene la
missiva, facendone immediata segnalazione, per provvedimenti del
caso, al magistrato di sorveglianza, o, se trattasi di imputato in
attesa della pronuncia della sentenza di primo grado, all'autorità
giudiziaria che procede.
La corrispondenza epistolare, sottoposta a visto
di controllo su segnalazione o d'ufficio, è inoltrata o trattenuta
su decisione del magistrato di sorveglianza o dell'autorità
giudiziaria che procede.
Le disposizioni di cui al sesto e settimo comma
del presente articolo si applicano anche ai telegrammi in arrivo.
Ove la direzione ritenga che un telegramma in
partenza non debba essere inoltrato per i motivi di cui al sesto
comma, ne informa il magistrato di sorveglianza o l'autorità
giudiziaria che procede, i quali decidono se si debba o meno
provvedere all'inoltro.
Il detenuto o l'internato viene immediatamente
informato che la corrispondenza è stata trattenuta.
Art. 37 Corrispondenza telefonica.
I detenuti e gli internati possono essere
autorizzati alla corrispondenza telefonica con i familiari o con
le persone conviventi una volta ogni quindici giorni, solo quando
non abbiano usufruito di colloqui con alcun familiare o convivente
da almeno quindici giorni; essi possono, altresì, essere
autorizzati ad effettuare una corrispondenza telefonica con i
familiari o con le persone conviventi in occasione del loro
rientro nell'istituto dal permesso o dalla licenza (4/g).
L'imputato autorizzato alla corrispondenza
telefonica dall'autorità giudiziaria procedente o, dopo la
sentenza di primo grado, dal magistrato di sorveglianza viene
ammesso ad usufruire di tale corrispondenza con la frequenza
indicata nel primo comma (4/g).
L'autorizzazione di cui al comma precedente
può essere concessa, oltre i limiti stabiliti, in considerazione
di particolari e gravi motivi di urgenza che non consentano di
effettuare utilmente la necessaria comunicazione attraverso il
ricorso ai colloqui e alla corrispondenza epistolare o
telegrafica.
La corrispondenza telefonica con altre persone
può essere consentita solo quando vi siano eccezionali ragioni di
urgenza. In ogni istituto sono installati uno o più telefoni
secondo le occorrenze.
Il detenuto o l'internato che intenda
effettuare la comunicazione telefonica deve rivolgere istanza
scritta all'autorità competente, indicando il numero richiesto,
la persona con cui deve corrispondere e i motivi dell'istanza.
Il contatto telefonico viene stabilito dal
personale dell'istituto. La durata massima della conversazione
telefonica è di sei minuti.
L'autorità giudiziaria competente a disporre
il visto di controllo sulla corrispondenza epistolare ai sensi
dell'articolo 18, L. 26 luglio 1975, n. 354, può disporre che le
conversazioni telefoniche vengano ascoltate e registrate a mezzo
di idonee apparecchiature.
E' sempre disposta la registrazione delle
conversazioni telefoniche autorizzate su richiesta di detenuti o
internati per i reati indicati nell'articolo 4-bis, L. 26 luglio
1975, n. 354 (4/h).
Le autorizzazioni alla corrispondenza
telefonica sono date con provvedimento scritto e motivato.
Il provvedimento di autorizzazione di
corrispondenza telefonica con persone diverse dai familiari e dai
conviventi è trasmesso in copia al Ministero.
La corrispondenza telefonica è effettuata a
spese dell'interessato.
La contabilizzazione della spesa avviene per
ciascuna telefonata e contestualmente ad essa.
In caso di chiamata dall'esterno diretta ad
avere corrispondenza telefonica con i detenuti e gli internati,
all'interessato può essere data solo comunicazione del nominativo
dichiarato dalla persona che ha chiamato sempreché non ostino
particolari motivi di cautela (5).
(4/g) Comma così sostituito dall'art. 9, D.P.R. 18
maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
(4/h) Comma così sostituito dall'art. 4, D.L. 14
giugno 1993, n. 187, riportato al n. A/XLIX.
(5) Così sostituito dall'art. 2, D.P.R. 24 maggio
1977, n. 339 (Gazz. Uff. 24 giugno 1977, n. 171).
Art. 38 Uso di apparecchio radio.
Ai detenuti e agli internati è consentito usare
un apparecchio radio personale autoalimentato.
Le dimensioni e le caratteristiche degli
apparecchi radio devono essere conformi a prescrizioni ministeriali.
Il regolamento interno stabilisce le modalità di
uso degli apparecchi radio, anche al fine di evitare disturbo ad
altri.
Art. 39 Corsi di istruzione a livello della scuola
d'obbligo.
Il Ministero della pubblica istruzione, previe
opportune intese con il Ministero di grazia e giustizia, impartisce
direttive agli organi periferici della pubblica istruzione per la
organizzazione di corsi a livello della scuola d'obbligo.
I provveditori agli studi, sulla base delle
indicazioni e delle richieste formulate dalle direzioni degli
istituti penitenziari, dai presidi, dai direttori didattici
concertano con l'ispettore distrettuale per gli istituti di
prevenzione e di pena la dislocazione e il tipo di vari corsi a
livello della scuola d'obbligo da istituire nell'ambito del
distretto, secondo le esigenze della popolazione penitenziaria.
L'organizzazione didattica e lo svolgimento dei
corsi sono curati dai competenti organi della pubblica istruzione.
Le direzioni degli istituti forniscono locali e
attrezzature adeguati e sollecitano i detenuti e gli internati alla
frequenza dei corsi stessi.
Per lo svolgimento dei programmi e per le
attività integrative di essi, a richiesta delle direzioni degli
istituti, può essere utilizzato, previa opportuna intesa con le
autorità scolastiche, il contributo volontario di persone
qualificate, le quali operano sotto la responsabilità didattica del
personale della pubblica istruzione.
Art. 40 Corsi di addestramento professionale.
L'ente regione, d'intesa con gli ispettori
distrettuali, organizza, sulla base delle indicazioni e delle
richieste delle direzioni degli istituti, i vari tipi di corsi di
addestramento professionale, da svolgersi secondo le esigenze della
popolazione penitenziaria.
Le direzioni degli istituti mettono a
disposizione i locali per le attività didattiche e forniscono i
complementi necessari delle attrezzature per lo svolgimento dei
corsi e sollecitano i detenuti e gli internati a frequentarli.
Per lo svolgimento dei programmi e per le
attività integrative, a richiesta delle direzioni degli istituti,
può essere utilizzato, previe opportune intese con i competenti
organi regionali, il contributo volontario di persone qualificate,
le quali operano sotto la responsabilità didattica del personale
degli enti organizzatori dei corsi.
Art. 41 Corsi di istruzione secondaria di secondo
grado.
I corsi di istruzione secondaria di secondo grado
sono organizzati, su richiesta dell'amministrazione penitenziaria,
dal Ministero della pubblica istruzione a mezzo dell'istituzione di
succursali di scuole del predetto livello in determinati istituti
penitenziari.
Il numero delle succursali e la loro dislocazione
sono determinati in relazione all'esistenza di gruppi di condannati
o di internati che siano in possesso del titolo di studio richiesto
per la ammissione, che manifestino seria aspirazione alla
prosecuzione degli studi e che debbano permanere in esecuzione della
misura privativa della libertà per un periodo di tempo non
inferiore ad un anno scolastico.
Si applicano le disposizioni dell'ultimo comma
dell'art. 39.
Per agevolare i condannati e gli internati che,
pur avendo il titolo di studio richiesto, non siano in condizioni di
frequentare i corsi regolari, la direzione dell'istituto richiede
alla presidenza di una vicina scuola secondaria di secondo grado di
assistere coloro che manifestino seria aspirazione alla prosecuzione
degli studi nello svolgimento individuale dei programmi di
istruzione. Analoga agevolazione è offerta agli imputati.
Sono stabilite intese con le autorità
scolastiche per offrire la possibilità agli studenti di sostenere
gli esami previsti per i vari corsi. I condannati e gli internati
durante la frequenza dei corsi preveduti dal primo comma del
presente articolo sono esonerati dal lavoro; coloro che seguono
corsi individuali possono essere esonerati dal lavoro, a loro
richiesta.
Art. 42 Studi universitari.
I detenuti e gli internati che risultano iscritti
ai corsi di studio universitari o che siano in possesso dei
requisiti per l'iscrizione a tali corsi, sono agevolati per il
compimento degli studi.
A tal fine, sono stabilite le opportune intese
con le autorità accademiche per consentire agli studenti di
usufruire di ogni possibile aiuto e di sostenere gli esami.
Coloro che seguono corsi universitari possono
essere esonerati dal lavoro, a loro richiesta, in considerazione
dell'impegno e del profitto dimostrati.
Art. 43 Benefici economici per gli studenti.
Per la frequenza dei corsi di addestramento
professionale è corrisposto un sussidio orario nella misura
determinata con decreto ministeriale.
I detti corsi possono svolgersi durante le ore
lavorative. In tal caso, i detenuti e gli internati che li
frequentano percepiscono, per il lavoro prestato, una mercede
proporzionata al numero delle ore di lavoro effettivamente svolto,
oltre al sussidio preveduto nel comma precedente per le ore di
effettiva frequenza ai corsi.
Per la frequenza ai corsi di istruzione
secondaria di secondo grado i condannati e gli internati ricevono un
sussidio giornaliero nella misura determinata con decreto
ministeriale per ciascuna giornata di frequenza o di assenza non
volontaria.
Nell'intervallo tra la chiusura dell'anno
scolastico e l'inizio del nuovo corso, agli studenti è corrisposto
un sussidio ridotto per i giorni feriali, nella misura determinata
con decreto ministeriale, purché abbiano superato con esito
positivo il corso effettuato nell'anno scolastico e non percepiscano
mercede.
A conclusione di ciascun anno scolastico, agli
studenti che seguono corsi individuali di scuola di istruzione
secondaria di secondo grado e che hanno superato gli esami con
effetti legali nonché agli studenti che seguono corsi presso
università pubbliche o equiparate e che hanno superato tutti gli
esami del loro anno, vengono rimborsate, qualora versino in
disagiate condizioni economiche, le spese sostenute per tasse,
contributi scolastici e libri di testo, e viene corrisposto un
premio di rendimento nella misura stabilita dal Ministero.
I corsi a livello della scuola d'obbligo possono
svolgersi anche durante le ore lavorative.
In tal caso, i detenuti e gli internati che li
frequentano percepiscono, per il lavoro prestato una mercede
proporzionata al numero delle ore di lavoro effettivamente svolto.
Ai detenuti e agli internati che hanno superato con esito positivo
il corso frequentato, è corrisposto un premio di rendimento nella
misura stabilita dal Ministero.
I soggetti che fruiscono di assegni o borse di
studio non percepiscono i benefici economici preveduti dal presente
articolo.
L'importo complessivo dei sussidi e dei premi di
rendimento preveduti dal presente articolo, è determinato
annualmente con decreto del Ministro per la grazia e giustizia di
concerto con il Ministro per il tesoro.
Art. 44 Esclusione dai corsi di istruzione e di
addestramento professionale.
Il detenuto o l'internato che, nei corso di
istruzione, anche individuale, o in quello di addestramento
professionale, tenga un comportamento che configuri sostanziale
inadempimento dei suoi compiti è escluso dal corso con
provvedimento del direttore.
L'esclusione dal corso è disposta dal direttore,
anche nel caso in cui il detenuto o l'internato non consegua
sufficiente profitto, sentite le autorità scolastiche.
Art. 45 Organizzazione del lavoro.
Le lavorazioni penitenziarie, sia all'interno che
all'esterno dell'istituto, sono organizzate e gestite secondo le
direttive dell'amministrazione penitenziaria, dalle direzioni degli
istituti, le quali possono avvalersi della collaborazione di imprese
pubbliche.
L'amministrazione penitenziaria impartisce le sue
direttive sulla base delle proposte che gli ispettori distrettuali
formulano dopo aver sentito le direzioni degli istituti ed aver
preso gli opportuni contatti con gli uffici pubblici locali del
lavoro, dell'industria, dell'artigianato, del commercio e
dell'agricoltura.
La produzione è destinata a soddisfare,
nell'ordine, le commesse dell'amministrazione penitenziaria, delle
altre amministrazioni statali, di enti pubblici e di privati.
Le commesse di lavoro delle amministrazioni dello
Stato e degli enti pubblici sono distribuite dal Ministero.
Le direzioni possono accogliere direttamente le
commesse di lavoro provenienti dai privati.
Quando le commesse provengono da imprese
pubbliche o private può essere convenuto che il committente
fornisca materie prime e accessorie, attrezzature e personale
tecnico.
Del valore di queste prestazioni si tiene conto
al fine di determinare le incidenze sui costi e il conseguente
prezzo dei prodotti.
Se le commesse non sono sufficienti ad assorbire
la capacità di mano d'opera delle lavorazioni penitenziarie,
l'amministrazione previa analisi delle possibilità di assorbimento
del mercato, può organizzare e gestire lavorazioni dirette alla
produzione di determinati beni che vengono offerti in libera vendita
anche a mezzo di imprese pubbliche.
Le direzioni degli istituti penitenziari, quando,
per favorire la destinazione dei detenuti e degli internati al
lavoro, ritengono opportuno vendere i prodotti delle lavorazioni
penitenziarie a prezzo pari o anche inferiore al loro costo ai sensi
del comma 7 dell'art. 20 della legge, richiedono informazioni sui
prezzi praticati per prodotti corrispondenti nel mercato
all'ingrosso della zona in cui è situato l'istituto alla camera di
commercio, industria, artigianato, agricoltura, o all'ufficio
tecnico erariale o all'autorità comunale, al fine di stabilire i
prezzi di vendita dei prodotti medesimi (5/a).
I posti di lavoro a disposizione della
popolazione detenuta di ciascun istituto sono fissati in una
apposita tabella predisposta dalla direzione e distinta tra
lavorazioni interne, lavorazioni esterne, servizi di istituto.
Nella tabella sono, altresí, indicati i posti di
lavoro disponibili all'interno per il lavoro a domicilio, nonché i
posti di lavoro disponibili all'esterno.
La tabella è modificata secondo il variare della
situazione ed è approvata dall'ispettore distrettuale (5/a).
Negli istituti per minorenni particolare cura è
esplicata nell'organizzazione delle attività lavorative per la
formazione professionale.
(5/a) I commi settimo e ottavo cosí sostituiscono
l'originario comma settimo per effetto dell'art. 10, D.P.R. 18 maggio
1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
Art. 46 Lavoro all'esterno.
L'ammissione dei condannati e degli internati al
lavoro all'esterno è disposta dalle direzioni solo quando ne è
prevista la possibilità nel programma di trattamento e solo quando
il provvedimento sia stato approvato dal magistrato di sorveglianza
ai sensi del comma 4 dell'art. 21 della legge.
L'ammissione degli imputati al lavoro
all'esterno, disposta dalle direzioni su autorizzazione della
competente autorità giudiziaria ai sensi del comma 2 dell'art. 21
della legge, è comunicata al magistrato di sorveglianza.
La direzione dell'istituto deve motivare la
richiesta di approvazione del provvedimento o la richiesta di
autorizzazione all'ammissione al lavoro all'esterno, anche con
riguardo all'opportunità della previsione della scorta,
corredandola di tutta la necessaria documentazione.
Il magistrato di sorveglianza o l'autorità
giudiziaria procedente, a seconda dei casi, nell'approvare il
provvedimento di ammissione al lavoro all'esterno del condannato o
internato o nell'autorizzare l'ammissione al lavoro all'esterno
dell'imputato, deve tener conto del tipo di reato, della durata,
effettiva o prevista, della misura privativa della libertà e della
residua parte di essa, nonché dell'esigenza di prevenire il
pericolo che l'ammesso al lavoro all'esterno commetta altri reati.
I detenuti e gli internati ammessi al lavoro
all'esterno indossano abiti civili; ad essi non possono essere
imposte manette. La scorta dei detenuti e degli internati ammessi al
lavoro all'esterno, qualora sia ritenuta necessaria per motivi di
sicurezza, è effettuata dal personale del Corpo degli agenti di
custodia con le modalità stabilite dal Ministero.
L'accompagnamento dei minori ai luoghi di lavoro
esterno, qualora sia ritenuto necessario per motivi di sicurezza,
può essere effettuato da personale civile dell'amministrazione
penitenziaria.
Al fine di consentire l'assegnazione dei detenuti
e degli internati al lavoro all'esterno il Ministero, d'intesa con
il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, stabilisce forme
di collegamento e di collaborazione tra le direzioni degli istituti
e gli uffici provinciali del lavoro.
Gli ispettori distrettuali e le direzioni degli
istituti stabiliscono rapporti con gli organi collegiali locali per
l'impiego ed, in particolare, richiedono alle competenti commissioni
circoscrizionali per l'impiego, di cui all'art. 19 della legge 28
febbraio 1987, n. 56, di disciplinare le modalità cui la sezione
circoscrizionale deve attenersi per promuovere l'offerta di adeguati
posti di lavoro da parte di imprese che, in possesso dei requisiti
indicati dalle direzioni stesse, appaiono idonee a collaborare al
trattamento penitenziario dei detenuti e degli internati da
ammettere al lavoro all'esterno.
L'ispettore distrettuale impartisce disposizioni
alle direzioni degli istituti del distretto per favorire la piena
occupazione dei posti di lavoro disponibili all'esterno.
I datori di lavoro dei detenuti o internati sono
tenuti a versare alla direzione dell'istituto la retribuzione, al
netto delle ritenute previste dalle leggi vigenti, dovuta al
lavoratore e l'importo degli eventuali assegni familiari sulla base
della documentazione inviata dalla direzione.
I datori di lavoro devono dimostrare alla stessa
direzione l'adempimento degli obblighi relativi alla tutela
assicurativa e previdenziale.
I detenuti e gli internati ammessi al lavoro
all'esterno esercitano i diritti riconosciuti ai lavoratori liberi,
con le sole limitazioni che conseguono agli obblighi inerenti alla
esecuzione della misura privata della libertà.
L'ammissione al lavoro all'esterno per lo
svolgimento di lavoro autonomo può essere disposta, ove sussistano
le condizioni di cui al comma 1 dell'art. 21 della legge, solo se
trattasi di attività regolarmente autorizzata dagli organi
competenti ed il detenuto o l'internato dimostri di possedere le
attitudini necessarie e si possa dedicare ad essa con impegno
professionale.
Il detenuto o l'internato è tenuto a versare
alla direzione dell'istituto l'utile finanziario derivante dal
lavoro autonomo svolto e su di esso vengono effettuati i prelievi ai
sensi del primo comma dell'art. 24 della legge.
Nel provvedimento di assegnazione al lavoro
all'esterno devono essere indicate le prescrizioni che il detenuto o
internato deve impegnarsi per iscritto ad osservare durante il tempo
da trascorrere fuori dall'istituto, nonché quelle relative agli
orari di uscita e di rientro. In particolare l'orario di rientro
deve essere fissato all'interno di una fascia oraria che preveda
l'ipotesi di ritardo per forza maggiore.
Scaduto il termine previsto da tale fascia oraria
viene inoltrato a carico del detenuto rapporto per il reato previsto
dall'art. 385 del codice penale.La direzione dell'istituto provvede
a consegnare al detenuto o internato ed a trasmettere al Ministero,
all'ispettore distrettuale ed al direttore del centro di servizio
sociale copia del provvedimento di ammissione al lavoro all'esterno,
dandone notizia all'autorità di pubblica sicurezza del luogo in cui
si dovrà svolgere il lavoro all'esterno.
Le eventuali modifiche delle prescrizioni e la
revoca del provvedimento di ammissione al lavoro all'esterno sono
comunicate al Ministero ed inoltre al magistrato di sorveglianza,
per i condannati e gli internati, o alla autorità giudiziaria
precedente, per gli imputati. I controlli di cui al comma 3
dell'art. 21 della legge sono diretti a verificare che il detenuto o
l'internato osservi le prescrizioni dettategli e che il lavoro si
svolga nel pieno rispetto dei diritti e della dignità.
La disposizione di cui al comma 3 dell'art. 21
della legge si applica anche nel caso di ammissione al lavoro
all'esterno per svolgere un lavoro autonomo.
Quando il lavoro si svolge presso imprese
pubbliche, il direttore dell'istituto stabilisce precisi accordi con
i responsabili di dette imprese, per la immediata segnalazione alla
direzione dell'istituto stesso di eventuali comportamenti del
detenuto o internato lavoratore che richiedano interventi di
controllo (5/b).
(5/b) Cosí sostituito dall'art. 11, D.P.R. 18
maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157), e corretto con
avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 24 luglio 1989, n. 171).
Art. 47 Criteri di priorità per l'assegnazione al
lavoro all'interno degli istituti.
Nella determinazione delle priorità per
l'assegnazione dei detenuti e degli internati al lavoro, si ha
riguardo agli elementi indicati nel sesto comma dell'art. 20 della
legge anche in relazione al tipo di lavoro disponibile, al tempo
trascorso in stato di inattività lavorativa involontaria durante la
detenzione o l'internamento, nonché al comportamento tenuto (5/c).
(5/c) Cosí sostituito dall'art. 12, D.P.R. 18
maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
Art. 48 Obbligo del lavoro.
I condannati e i sottoposti alle misure di
sicurezza della colonia agricola e della casa di lavoro, che non
siano stati ammessi al regime di semilibertà o al lavoro
all'esterno o non siano stati autorizzati a svolgere attività
artigianali, intellettuali o artistiche o lavoro a domicilio, per i
quali non sia disponibile un lavoro rispondente ai criteri indicati
nel sesto comma dell'art. 20 della legge, sono tenuti a svolgere
un'altra attività lavorativa tra quelle organizzate nell'istituto
(5/d).
(5/d) Cosí sostituito dall'art. 13, D.P.R. 18
maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
Art. 49 Attività artigianali, intellettuali, o
artistiche.
Le attività artigianali, intellettuali e
artistiche si svolgono, fuori delle ore destinate al lavoro
ordinario, in appositi locali o, in casi particolari, nelle camere,
se ciò non comporti l'uso di attrezzi ingombranti o pericolosi o
non arrechi molestia.
Gli imputati possono essere ammessi ad esercitare
tali attività, a loro richiesta, anche nelle ore dedicate al
lavoro. I condannati e gli internati che richiedono di svolgere
attività artigianali, intellettuali o artistiche durante le ore di
lavoro, possono esservi autorizzati ed esonerati dal lavoro
ordinario, quando dimostrino di possedere le attitudini prevedute
dal settimo comma dell'articolo 20 della legge e si dedichino ad
esse con impegno professionale.
Le autorizzazioni sono date dal direttore che
determina le prescrizioni da osservare anche in relazioone al
rimborso delle spese eventualmente sostenute dall'amministratore.
Può essere consentito l'invio dei beni prodotti
a destinatari fuori dall'istituto, senza spese per
l'amministrazione.
Sull'utile finanziario derivante dall'attività
artigianale, intellettuale o artistica, percepito dal condannato o
dall'internato, anche in semilibertà o al lavoro all'esterno,
vengono effettuati i prelievi ai sensi dell'art. 24, primo comma,
della legge (5/e).
(5/e) Comma così sostituito prima dall'art. 3,
D.P.R. 24 maggio 1977, n. 339 (Gazz. Uff. 24 giugno 1977, n. 171), e
poi dall'art. 14, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio
1989, n. 157).
Art. 49 bis. Lavoro a domicilio.
Il lavoro a domicilio all'interno dell'istituto
penitenziario può essere svolto anche durante le ore destinale al
lavoro ordinario, con l'osservanza delle condizioni di cui
all'articolo precedente (6).
(6) Aggiunto dall'art. 15, D.P.R. 18 maggio 1989,
n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
Art. 50 Esclusione dalle attività lavorative.
Il detenuto o l'internato addetto al lavoro, che
tiene un comportamento che configuri un sostanziale rifiuto
dell'adempimento dei suoi compiti, è escluso dalle attività
lavorative, con provvedimento del direttore, salve le sanzioni di
carattere disciplinare.
L'esclusione dalle attività lavorative è
disposta dal direttore anche nel caso di mancanza di rendimento del
detenuto o dell'internato, sentito il preposto alle lavorazioni.
Art. 51 Lavoro in semilibertà.
I datori di lavoro dei condannati e degli
internati in regime di semilibertà versano alla direzione
dell'istituto la retribuzione al netto delle ritenute previste dalle
leggi vigenti e l'importo degli eventuali assegni familiari dovuti
al lavoratore e devono dimostrare alla direzione stessa lo
adempimento degli obblighi relativi alla tutela assicurativa e
previdenziale.
I condannati e gli internati ammessi al lavoro in
semilibertà esercitano i diritti riconosciuti ai lavoratori liberi
con le sole limitazioni che conseguono agli obblighi inerenti
all'esecuzione della misura privativa della libertà.
Art. 52 Assegni familiari.
I detenuti e gli internati lavoratori devono
fornire alla direzione dell'istituto la documentazione, per essi
prescritta, intesa a dimostrare il diritto agli assegni familiari
per le persone a carico.
Qualora il detenuto o l'internato non provveda a
fornire la documentazione, la direzione ne informa le persone a
carico, invitandole a provvedervi.
Ove i soggetti o le persone a carico incontrino
difficoltà nella produzione dei documenti richiesti, la direzione
provvede direttamente.
Gli importi sono consegnati direttamente alle
persone a carico o spediti alle stesse.
Se la persona a carico è incapace, gli assegni
sono versati al suo legale rappresentante o, se questi e lo stesso
detenuto o internato, alla persona a cui l'incapace è affidato.
Art. 53 Prelievi sulla remunerazione.
Il prelievo della quota di remunerazione a titolo
di rimborso delle spese di mantenimento e i prelievi preveduti dai
numeri 1) e 3) dell'art. 145 del codice penale nei confronti dei
condannati si effettuano in occasione di ogni liquidazione della
remunerazione.
Ferma restando la competenza del giudice
dell'esecuzione per le controversie relative all'attribuzione e alla
liquidazione delle spese di mantenimento, sui reclami relativi
all'ordine seguito nei prelievi di cui all'art. 145 del codice
penale decide il magistrato di sorveglianza.
Art. 54 Peculio.
Il peculio dei condannati e degli internati si
distingue in fondo vincolato e fondo disponibile.
E' destinato al fondo vincolato la quota di un
quinto della remunerazione.
La rimanente parte del peculio costituisce il
fondo disponibile, che non può superare il limite di un milione di
lire.
L'eventuale eccedenza non fa parte del peculio e,
salvo che non debba essere immediatamente utilizzata per spese
inerenti alla difesa legale, al pagamento di multe o ammende,
nonché al pagamento di debiti, viene inviata ai familiari o
conviventi secondo le indicazioni dell'interessato, o depositata a
suo nome presso un istituto bancario o un ufficio postale.
Il fondo vincolato non può essere utilizzato nel
corso della esecuzione delle misure privative della libertà.
Tuttavia, in considerazione di particolari
motivi, il magistrato di sorveglianza può autorizzare
l'utilizzazione di parte del fondo vincolato.
Il fondo disponibile può essere usato per invii
ai familiari o conviventi, per acquisti autorizzati, per la
corrispondenza, per spese inerenti alla difesa legale, al pagamento
di multe, ammende o debiti.
Il pagamento delle spese inerenti alla difesa
legale avviene su presentazione della parcella o della richiesta
scritta di anticipo sulla medesima, recante l'indicazione degli
estremi del procedimento, se questo è in corso; una copia della
parcella o della richiesta di anticipo viene conservata dalla
direzione dell'istituto (6/a).
Il peculio degli imputati è interamente
disponibile e non può superare il limite di due milioni.
Il Ministero stabilisce, all'inizio di ciascun
anno, l'ammontare delle somme che possono essere spese per gli
acquisti e la corrispondenza e di quelle che possono essere inviate
ai familiari o conviventi, nonché la loro distribuzione nel tempo
(6/a).
E' ammessa deroga a tali disposizioni, su
autorizzazioni del direttore, solo per acquisti di strumenti,
oggetti e libri occorrenti per attività di studio e di lavoro.
La direzione dell'istituto, alla fine di ciascun
anno finanziario, procede alla determinazione e all'accredito degli
interessi legali maturati sul peculio di ciascun detenuto o
internato presente nell'istituto.
Gli interessi si calcolano sui saldi di fine
mese.
Al detenuto o all'intcrnato dimesso la direzione
dell'istituto corrisponde la somma costituente il peculio e
l'importo degli interessi maturati.
Il fondo dei detenuti e degli internati eccedente
gli ordinari bisogni della cassa dell'istituto per il servizio
relativo al fondo stesso è versato alla Cassa depositi e prestiti.
L'ammontare degli interessi corrisposti dalla
Cassa depositi e prestiti è versato all'erario.
Al condannato o all'internato ammesso al regime
di semilibertà sono consegnate somme in contanti prelevate dal
fondo disponibile, in relazione alle spese che egli deve sostenere,
anche in eccesso al limite fissato nel sesto comma del presente
articolo.
Al detenuto o all'internato in permesso o in
licenza è consegnata una somma in contanti prelevata dal peculio
disponibile, nella misura richiesta dalle circostanze.
I limiti di somme determinati nel presente
articolo possono essere variati, con decreto del Ministro per la
grazia e giustizia, emanato di concerto con il Ministro per il
tesoro (6/b).
(6/a) Comma così sostituito dall'art. unico,
D.P.R. 29 ottobre 1984, n. 805 (Gazz. Uff. 5 dicembre 1984, n. 334).
(6/b) L'art. 1, D.M. 10 marzo 1990 (Gazz. Uff. 8
ottobre 1990, n. 235) ha cosí disposto: "Ai sensi dell'ultimo
comma dell'art. 54, D.P.R. 29 aprile 1976, n. 431, il limite massimo
di un milione di lire del peculio disponibile per i condannati e gli
internati, previsto dal secondo comma del citato art. 54, ed il limite
massimo di due milioni di lire del peculio disponibile per gli
imputati, previsto dal quinto comma dello stesso art. 54, sono
aumentati, rispettivamente, a due milioni di lire e a quattro milioni
di lire".
Art. 55 Manifestazioni di professione religiosa.
I detenuti e gli internati hanno diritto di
partecipare ai riti della loro confessione religiosa secondo le
disposizioni del presente articolo (6/c).
E' consentito ai detenuti e agli internati che lo
desiderino di esporre, nella propria camera individuale o nel
proprio spazio di appartenenza nella camera a più posti, immagini e
simboli della propria confessione religiosa.
E' consentito, durante il tempo libero, a singoli
detenuti e internati, di praticare il culto della propria
confessione religiosa, purché non si tratti di riti pregiudizievoli
all'ordine e alla disciplina dell'istituto.
Per la celebrazione dei riti del culto cattolico,
ogni istituto è, dotato di una o più cappelle in relazione alle
esigenze del servizio religioso.
Le pratiche di culto, l'istruzione e l'assistenza
religiosa della confessione cattolica sono affidate ad uno o più
cappellani in relazione alle esigenze medesime.
Negli istituti in cui operano più cappellani,
l'incarico di coordinare il servizio religioso è affidato ad uno di
essi dall'ispettore distrettuale degli istituti di prevenzione e di
pena per adulti, ovvero, se trattasi di istituti per minorenni, al
direttore del centro di rieducazione minorenni, sentito l'ispettore
dei cappellani.
Per l'istruzione religiosa e la celebrazione dei
riti di confessioni religiose diverse dalla cattolica, la direzione
dell'istituto mette a disposizione idonei locali.
La direzione dell'istituto, al fine di assicurare
ai detenuti e agli internati, che ne facciano richiesta,
l'istruzione e l'assistenza religiosa, nonché la celebrazione dei
riti dei culti diversi da quello cattolico, si avvale dei ministri
di culto indicati nell'elenco formato, sulla base di intese con le
rappresentanze delle varie confessioni, dal Ministero dell'interno.
(6/c) Comma cosí sostituito dall'art. 16, D.P.R.
18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
Art. 56 Attività culturali, ricreative e sportive.
I programmi delle attività culturali, ricreative
e sportive sono articolati in modo da favorire possiblità di
espressioni differenziate.
I programmi delle attività sportive sono
rivolti, in particolare, ai giovani; per il loro svolgimento deve
essere sollecitata la collaborazione degli enti nazionali e locali
preposti alla cura delle attività sportive.
I rappresentanti dei detenuti e degli internati
nella commissione preveduta dall'art. 27 della legge sono nominati
con le modalità indicate dall'art. 62 del presente regolamento, nel
numero di tre o cinque, rispettivamente, per gli istituti con un
numero di detenuti o di internati presenti non superiore o superiore
a cinquecento unità.
La commissione, avvalendosi anche della
collaborazione dei detenuti e degli internati indicati nell'art. 66,
cura l'organizzazione delle varie attività in corrispondenza alle
previsioni dei programmi. Le riunioni delle commissioni si svolgono
durante il tempo libero.
Nella organizzazione e nello svolgimento delle
attività, la direzione può avvalersi dell'opera degli assistenti
volontari e di quella delle persone indicate nell'art. 17 della
legge.
Art. 57 Attività organizzate per i detenuti e gli
internati che non lavorano.
La direzione si adopera per organizzare, in
coincidenza con le ore di lavoro, attività di tempo libero per i
soggetti che, indipendentemente dalla loro volontà, non svolgono
attività lavorativa.
Art. 58 Rapporti con la famiglia.
La predisposizione dei programmi di intervento
per la cura dei rapporti dei detenuti e degli internati con le loro
famiglie è concertata fra i rappresentanti delle direzioni degli
istituti, dei consigli di aiuto sociale e dei centri di servizio
sociale.
Particolare attenzione è dedicata ad affrontare
la crisi conseguente all'allontanamento del soggetto dal nucleo
familiare e a preparare la famiglia, gli ambienti prossimi di vita e
il soggetto stesso, al suo ritorno.
Art. 59 Comunicazione dell'ingresso in istituto.
Immediatamente dopo l'ingresso nell'istituto
penitenziario, sia in caso di provenienza dalla libertà, sia in
caso di trasferimento, al detenuto e all'internato viene richiesto,
da parte del sottufficiale di servizio o del personale di custodia
che opera nelle case mandamentali, se intenda dar notizia del fatto
a un congiunto o ad altra persona indicata e, in caso positivo, se
vuole avvalersi del mezzo postale ordinario o telegrafico.
Della dichiarazione è redatto processo verbale.
La comunicazione, contenuta in una lettera in
busta aperta o in modulo di telegramma e limitata alla sola notizia
relativa al primo ingresso nell'istituto penitenziario o
all'avvenuto trasferimento, è presentata alla direzione, che
provvede immediatamente all'inoltro, a carico dell'interessato.
Se si tratta, di minore, la spesa è a carico
dell'amministrazione.
Art. 60 Comunicazione di infermità e di decessi.
In caso di grave infermità fisica o psichica o
di decesso di un detenuto o in un internato, la direzione
dell'istituto ne dà immediata comunicazione a un congiunto e alla
persona eventualmente da lui indicata, a cura e spese
dell'amministrazione con il mezzo telegrafico o telefonico.
Non appena la direzione dell'istituto ha notizia
della grave infermità o del decesso di un congiunto del detenuto o
dell'internato, o di altra persona con cui questi è abitualmente in
contatto, deve darne immediata comunicazione all'interessato nelle
forme più convenienti.
Del decesso di un detenuto o di un internato è
data immediata comunicazione anche al magistrato di sorveglianza.
Art 61 Permessi.
I permessi preveduti dal primo e secondo comma
dell'art. 30, della legge sono concessi su domanda e hanno una
durata massima di cinque giorni, oltre al tempo necessario per
raggiungere il luogo, dove il detenuto o l'internato deve recarsi.
Nel provvedimento di concessione sono stabilite
le opportune prescrizioni ed è in ogni caso specificato se il
detenuto o l'internato deve o meno essere scortato per tutto o per
parte del tempo del permesso, avuto riguardo alla personalità del
soggetto e all'indole del reato di cui è imputato o per il quale è
stato condannato.
Al fine di acquisire elementi di valutazione
sulla personalità del soggetto, il magistrato di sorveglianza o la
competente autorità giudiziaria chiede alla direzione dell'istituto
le necessarie informazioni.
Per i permessi di durata superiore alle dodici
ore può esser disposto che il detenuto o l'internato trascorra la
notte in un istituto penitenziario.
Le operazioni di scorta sono effettuate, su
richiesta della direzione, dall'Arma dei carabinieri, quando si
tratta di imputati o di condannati, e dell'autorità di pubblica
sicurezza, quando si tratta di internati (7).
(7) Così sostituito dall'art. 4, D.P.R. 24 maggio
1977, n. 339 (Gazz. Uff. 24 giugno 1977, n. 171).
Art. 61 bis. Permessi premio.
Il direttore dell'istituto deve corredare la
domanda del condannato di concessione del permesso premio con
l'estratto della cartella personale contenente tutte le notizie di
cui all'art. 26, esprimendo il proprio parere motivato al magistrato
di sorveglianza, avuto riguardo alla condotta del condannato, alla
sua pericolosità sociale, ai motivi addotti, ai risultati
dell'osservazione scientifica della personalità espletata e del
trattamento rieducativo praticato, nonché alla durata della pena
detentiva inflitta ed alla durata della pena ancora da scontare.
Nell'adottare il provvedimento di concessione il
magistrato di sorveglianza stabilisce le opportune prescrizioni
relative al domicilio o alla dimora del condannato durante il
permesso, sulla base delle informazioni eventualmente assunte, ad
integrazione di quelle già disponibili, a mezzo degli organi di
polizia.
Durante il permesso premio i controlli del
condannato sono effettuati dall'Arma dei carabinieri o dalla Polizia
di Stato. In fase di esecuzione del provvedimento, gli operatori
penitenziari, designati dal direttore dell'istituto e da quello del
centro di servizio sociale, forniscono se necessario, al condannato
e ai servizi assistenziali territoriali le indicazioni utili a
stabilire validi collegamenti per gli eventuali problemi di
competenza degli enti locali.
Il condannato in permesso, in caso di necessità,
potrà rivolgersi all'istituto ed al centro di servizio sociale
territorialmente competenti, segnalando le proprie esigenze, in
ordine alle quali l'istituto o il centro si attiverà per dare la
più opportuna e tempestiva risposta secondo le rispettive
competenze istituzionali.
Qualora il permesso premio debba essere fruito in
un comune diverso da quello in cui ha sede l'istituto, il direttore
dell'istituto di provenienza ne dà comunicazione alla direzione
dell'istituto ed al centro di servizio sociale territorialmente
competenti, affinché, di concerto con gli operatori sociali del
territorio, possano effettuare gli interventi di competenza secondo
quanto previsto dai commi 4 e 5, riferendo poi alle direzioni
dell'istituto e del centro di servizio sociale competenti (7/a).
(7/a) Aggiunto dall'art. 17, D.P.R. 18 maggio 1989,
n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
Art. 61 ter. Comunicazioni all'autorità di
pubblica sicurezza.
Dei provvedimenti esecutivi di concessione dei
permessi previsti dagli articoli 61 e 61-bis è data notizia senza
ritardo dal direttore dell'istituto presso il quale l'interessato si
trova al prefetto della provincia nel cui territorio è sito il
comune ove il permesso deve essere fruito (7/b).
(7/b) Aggiunto dall'art. 18, D.P.R. 18 maggio 1989,
n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
Art. 62 Garanzie di sorteggio delle rappresentanze.
Le modalità dei sorteggi dei componenti delle
rappresentanze prevedute dagli articoli 9, 12 e 27 della legge sono
disciplinate dal regolamento interno in maniera da garantire uguali
possibilità di nomina per tutti i detenuti e gli internati.
Con il medesimo sorteggio sono nominati i
rappresentanti in carica e i loro sostituti.
I detenuti e gli internati nominati nelle
rappresentanze prevedute dagli articoli 12 e 27 della legge durano
in carica quattro mesi.
Art. 63 Partecipazione della comunità esterna
all'azione rieducativa.
La direzione dell'istituto promuove la
partecipazione della comunità esterna all'azione rieducativa,
avvalendosi dei contributi di privati cittadini e delle istituzioni
o associazioni pubbliche o private preveduti dall'art. 17 della
legge.
Ai privati cittadini e ai designati dalle
istituzioni o associazioni è affidato lo svolgimento di singole
iniziative con speciale riferimento ai contatti con la società
libera.
La direzione dell'istituto esamina con i privati
e con gli appartenenti alle istituzioni o associazioni le iniziative
da realizzare all'interno dell'istituto e trasmette proposte al
magistrato di sorveglianza, con il suo parere, anche in ordine ai
compiti da svolgere e alle modalità della loro esecuzione.
Il magistrato di sorveglianza, nell'autorizzare
gli ingressi in istituto, stabilisce le condizioni che devono essere
rispettate nello svolgimento dei compiti. In caso di inosservanza
delle condizioni o di comportamento pregiudizievole all'ordine e
alla sicurezza dell'istituto il direttore dispone l'allontanamento
delle persone sopra indicate dandone comunicazione al magistrato di
sorveglianza, per i provvedimenti di sua competenza.
Al fine di sollecitare la disponibilità di
persone e di enti idonei alla collaborazione, la direzione
dell'istituto, il centro di servizio sociale e il consiglio di aiuto
sociale curano la diffusione di informazioni sull'esigenza della
partecipazione della comunità al reinserimento sociale dei
condannati e degli internati e sulle possibili forme di esse.
Capo IV
Regime penitenziario
Art. 64 Informazioni sulle norme e sulle
disposizioni che regolano la vita penitenziaria.
In ogni istituto penitenziario devono essere
tenuti, presso la biblioteca o altro locale a cui i detenuti possono
accedere, i testi della legge 26 luglio 1975, n. 354, del presente
regolamento, del regolamento interno nonché delle altre
disposizioni attinenti ai diritti e ai doveri dei detenuti e degli
internati, alla disciplina e al trattamento.
All'atto dell'ingresso, a ciascun detenuto o
internato è consegnato un estratto delle principali norme contenute
nella legge, nel regolamento interno, con l'indicazione del luogo
dove è possibile consultare i testi integrali.
Di ogni successiva disposizione nelle materie
indicate nel primo comma del presente articolo è data notizia ai
detenuti e agli internati.
L'osservanza da parte dei detenuti e degli
internati delle norme e delle disposizioni che regolano la vita
penitenziaria deve essere ottenuta anche attraverso il chiarimento
delle ragioni delle medesime.
Art. 65 Norme di comportamento.
I detenuti e gli internati hanno l'obbligo di
osservare le norme che regolano la vita penitenziaria e le
disposizioni impartite dal personale; devono tenere un contegno
rispettoso nei confronti degli operatori penitenziari e di coloro
che visitano l'istituto.
I detenuti e gli internati, nei reciproci
contatti, devono tenere un comportamento corretto.
Nei rapporti reciproci degli operatori
penitenziari con i detenuti e gli internati deve essere usato il
"lei".
Art. 66 Compiti di animazione e di assistenza.
A singoli detenuti o internati, che dimostrino
particolari attitudini a collaborare per il proficuo svolgimento dei
programmi dell'istituto possono essere affidate dalla direzione
mansioni che comportino compiti di animazione nelle attività di
gruppo, di carattere culturale, ricreativo e sportivo, nonché di
assistenza nelle attività di lavoro in comune.
Le mansioni suddette sono espletate sotto la
diretta supervisione del personale, il quale deve garantire che in
nessuna circostanza l'esercizio di esse importi un potere
disciplinare o possa servire come pretesto per l'acquisizione di una
posizione di preminenza sugli altri detenuti o internati.
Art. 67 Risarcimento dei danni arrecati a beni
dell'amministrazione o di terzi.
In caso di danni a cose mobili o immobili
dell'amministrazione, la direzione svolge indagini intese ad
accertare l'ammontare del danno e a identificare il responsabile.
All'esito degli accertamenti e dono aver sentito
l'interessato, la direzione notifica per iscritto l'addebito al
responsabile, invitandolo al risarcimento e fissandone le modalità,
le quali possono comportare anche pagamenti rateali.
La somma dovuta a titolo di risarcimento viene
prelevata dal peculio disponibile.
In caso di danni a cose appartenenti ad altri
detenuti o internati, la direzione dell'istituto si adopera per
favorire il risarcimento spontaneo.
Il risarcimento spontaneo è considerato come
circostanza attenuante nella eventualità di procedimento
disciplinare.
Art. 68 Isolamento.
L'isolamento continuo per ragioni sanitarie è
prescritto dal medico nei casi di malattia contagiosa.
Esso è eseguito, secondo le circostanze, in
appositi locali dell'infermeria o in un reparto clinico.
Durante l'isolamento, speciale cura è dedicata
dal personale all'infermo anche per sostenerlo moralmente.
L'isolamento deve cessare non appena sia venuto meno lo stato
contagioso.
L'isolamento continuo durante l'esecuzione della
sazione della esclusione dalle attività in comune è eseguito in
una camera ordinaria, a meno che il comportamento del detenuto o
dell'internato sia tale da arrecare disturbo o da costituire
pregiudizio per l'ordine e la disciplina.
In tal caso, l'isolamento si esegue, presso una
apposita sezione, in una camera che deve avere le caratteristiche
indicate dal primo comma dell'art. 6 della legge e che comunque, in
mancanza di una o più di queste caratteristiche, deve essere
igienicamente idonea, dotata di letto, materasso, cuscino e delle
coperte necessarie, nonché di tavolo e sgabello.
Ai detenuti e agli internati, nel periodo di
esclusione dalle attività in comune, non è consentito comunicare
con i compagni né avere corrispondenza telefonica o colloqui; ad
essi è consentito tenere soltanto quotidiani, periodici e libri.
Il colloquio con i familiari o i conviventi è
consentito quando ricorrano circostanze eccezionali.
Sono assicurati il vitto ordinario e la normale
disponibilità di acqua.
Le condizioni degli imputati durante
l'istruttoria e degli arrestati nel procedimento di prevenzione, che
sono in isolamento, non devono differire da quelle degli altri
detenuti, salvo le limitazioni disposte dall'autorità giudiziaria
che procede.
Art. 69 Perquisizioni.
Le operazioni di perquisizione prevedute
dall'art. 34 della legge sono effettuate dal personale di custodia
dell'istituto
. Il personale che effettua la perquisizione e
quello che vi assiste deve essere dello stesso sesso del soggetto da
perquisire
. Negli istituti, diversi dalle case mandamentali
alla perquisizione assiste un sottufficiale.
Negli istituti e nelle sezioni femminili, la
perquisizione è effettuata da due vigilatrici penitenziarie.
La perquisizione può non essere eseguita quando
è possibile compiere l'accertamento con strumenti di controllo.
Le perquisizioni nelle camere dei detenuti e
degli internati devono essere effettuate con rispetto delle cose di
appartenenza dei soggetti.
Il regolamento interno dell'istituto stabilisce
quali sono le situazioni, con quella preveduta dall'art. 78, in cui
si effettuano perquisizioni ordinarie.
Per procedere a perquisizione fuori dei casi
ordinari è necessario l'ordine del direttore.
Per operazioni di perquisizione generale il
direttore può avvalersi, in casi eccezionali, della collaborazione
di personale appartenente alla Polizia di Stato ed alle Forze armate
in servizio di pubblica sicurezza (7/c).
In casi di urgenza, il personale procede di sua
iniziativa alla perquisizione informandone immediatamente il
direttore.
(7/c) Comma cosí sostituito dall'art. unico D.P.R.
29 ottobre 1984, n. 806 (Gazz. Uff. 5 dicembre 1984, n. 334).
Art. 70 Istanze e reclami.
Il magistrato di sorveglianza, l'ispettore
distrettuale e il direttore dell'istituto devono offrire la
possibilità a tutti i detenuti e gli internati di entrare
direttamente in contatto con loro.
Ove ciò non possa avvenire a mezzo di
periodici colloqui individuali, i predetti devono visitare con
frequenza i locali dove si trovano i detenuti e gli internati,
agevolando in tal modo la possibilità che questi si rivolgano
individualmente ad essi per presentare eventuali istanze o reclami
orali.
Ai detenuti e agli internati che lo richiedono
è fornito l'occorrente per redigere per iscritto istanze e
reclami alle autorità indicate nell'articolo 35 della legge.
Qualora il detenuto o l'internato intenda
avfacoltà di usare del sistema della busta chiusa, dovrà
provvedere direttamente alla chiusura della stessa apponendo
all'esterno la dicitura "riservata".
Se il mittente non è in condizioni di
sostenere le spese per l'eventuale spedizione postale, si provvede
a cura della direzione.
Il magistrato di sorveglianza e il personale
dell'amministrazione penitenziaria informano, nel più breve tempo
possibile, il detenuto o l'internato che ha presentato istanza o
reclamo, orale o scritto, dei provvedimenti adottati e dei motivi
che ne hanno determinato il mancato accoglimento.
Art. 71 Ricompense.
1. Le ricompense sono concesse su iniziativa del
direttore ai detenuti e agli internati che si sono distinti per:
a)particolare impegno nello svolgimento del lavoro;
b) particolare impegno e profitto nei corsi
scolastici e di addestramento professionale;
c) attiva collaborazione nell'organizzazione e
nello svolgimento delle attività culturali, ricreative e sportive;
d) particolare sensibilità e disponibilità
nell'offrire aiuto ad altri detenuti o internati, per sostenerli
moralmente nei momenti di difficoltà di fronte a loro problemi
personali;
e) responsabile comportamento in situazioni di
turbamento della vita dell'istituto, diretto a favorire atteggiamenti
collettivi di ragionevolezza;
f) atti meritori di valore civile.
I comportamenti suindicati sono ricompensati con:
a) encomio;
b) autorizzazione alla visita da parte di congiunti
e conviventi, con il permesso di trascorrere parte della giornata
insieme a loro in appositi locali, o all'aperto, e di consumare un
pasto in compagnia, ferme restando le modalità prevedute dal secondo
comma dell'articolo 18 della legge;
c) proposta di concessione dei benefici indicati
negli artt. 47, 47-bis, 47-ter, 50, 52, 53, 54 e 56 della legge,
sempreché ne ricorrano i presupposti (7/d);
d) proposta di grazia, di liberazione condizionale
e i revoca anticipata della misura di sicurezza.
2. La riconpensa di cui alla lettera a) è concessa
dal direttore; quelle di cui alle lettere b), c) e d) sono concesse
dal consiglio di disciplina.
3. Nei confronti degli imputati l'esecuzione della
ricompensa di cui alla lettera b) è condizionata all'autorizzazione
della competente autorità giudiziaria.
4. Nella scelta del tipo e delle modalità delle
ricompense da concedere si deve tener conto della rilevanza del
comportamento nonché della condotta abituale dell'individuo. Delle
ricompense concesse all'imputato è data comunicazione all'autorità
giudiziaria che procede.
(7/d) Lettera cosí sostituita dall'art. 19, D.P.R.
18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
Art. 72 Infrazioni disciplinari e sanzioni.
1. Le sanzioni disciplinari sono inflitte ai
detenuti e agli internati che si siano resi responsabili di:
1) negligenza nella pulizia e nell'ordine della
persona o della camera;
2) abbandono ingiustificato del posto assegnato;
3) volontario inadempimento di obblighi lavorativi;
4) atteggiamento molesto nei confronti dei
compagni;
5) schiamazzi e linguaggio blasfemo;
6) giochi o altre attività non consentite dal
regolamento interno;
7) simulazione di malattia;
8) traffico di reni di cui è consentito il
possesso;
9) possesso o traffico di oggetti non consentiti o
di denaro;
10) comunicazioni fraudolente con l'esterno o
all'interno nei casi indicati nei numeri 2) e 3) dell'art. 33 della
legge;
11) atti osceni e contrari alla pubblica decenza;
12) intimidazione di compagni o sopraffazioni nei
confronti dei medesimi;
13) falsificazione di documenti provenienti
dall'amministrazione affidati alla custodia del detenuto o
dell'internato;
14) appropriazione o danneggiamento di beni
dell'amministrazione;
15) possesso o traffico di strumenti atti ad
offendere;
16) atteggiamento offensivo nei confronti degli
operatori penitenziari o di altre persone che accedono nell'istituto
per ragioni del loro ufficio o per visita;
17) inosservanza di ordini o prescrizioni o
ingiustificato ritardo nell'esecuzione di essi;
18) ritardi nel rientro preveduti dagli articoli
30, 30-ter, 51, 52 e 53 della legge (7/e);
19) partecipazione a disordini o a sommosse;
20) promozione di disordini o di sommosse;
21) evasione;
22) fatti preveduti dalla legge come reato,
commessi in danno di compagni, di operatori penitenziari o di
visitatori.
2. Le sanzioni disciplinari sono inflitte anche
nell'ipotesi di tentativo delle infrazioni sopraelencate.
3. La sanzione dell'esclusione dalle attività in
comune non può essere inflitta per le infrazioni prevedute nei numeri
da 1) a 8) del presente articolo, salvo che l'infrazione sia stata
commessa nel termine di tre mesi dalla commissione di una precedente
infrazione della stessa natura.
4. Delle sanzioni inflitte all'imputato è data
notizia all'autorità giudiziaria che procede.
(7/e) Numero cosí sostituito dall'art. 20, D.P.R.
18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
Art. 73 Provvedimenti disciplinari in via
cautelare.
In caso di assoluta urgenza, determinata dalla
necessità di prevenire danni a persone o a cose, nonché
l'insorgenza o la diffusione di disordini o in presenza di fatti di
particolare gravità per la sicurezza e l'ordine dell'istituto, il
direttore può disporre, in via cautelare, che il detenuto o
l'internato, che abbia commesso una infrazione sanzionabile con la
esclusione dalle attività in comune, permanga in una camera
individuale, in attesa della convocazione del consiglio di
disciplina.
Subito dopo l'adozione del provvedimento
cautelare, il sanitario visita il soggetto e rilascia la
certificazione preveduta dal penultimo comma dell'art. 39 della
legge.
Il direttore convoca al più presto il consiglio
di disciplina per l'inizio del procedimento disciplinare (8).
La durata della misura cautelare non può
comunque eccedere i dieci giorni.
Il tempo trascorso in misura cautelare si detrae
dalla durata della sanzione eventualmente applicata (8).
(8) Comma così sostituito dall'art. 5, D.P.R. 24
maggio 1977, n. 339 (Gazz. Uff. 24 giugno 1977, n. 171).
Art. 74 Procedimento penale e provvedimenti
disciplinari.
Quando il giudizio disciplinare deve essere
sospeso ai sensi dell'art. 3 del codice di procedura penale, i
definitivi provvedimenti disciplinari sono emessi all'esito del
procedimento penale.
Art. 75 Sospensione e condono delle sanzioni.
L'esecuzione delle sanzioni può essere
condizionalmente sospesa, per il termine di sei mesi, allorché si
presuma che il responsabile si asterrà dal commettere ulteriori
infrazioni.
Se nel detto termine il soggetto commette altre
infrazioni disciplinari, la sospensione è revocata e la sanzione è
eseguita; altrimenti la infrazione è estinta. Per eccezionali
circostanze l'autorità che ha deliberato la sanzione può
condonarla.
Qualora il sanitario certifichi che le condizioni
di salute del soggetto non gli permettono di sopportare la sanzione
della esclusione dalle attività in comune, questa è eseguita
quando viene a cessare la causa che ne ha impedito l'esecuzione.
Art. 76 Procedimento disciplinare.
Allorché un operatore penitenziario constata
direttamente o viene a conoscenza che una infrazione è stata
commessa, redige rapporto, indicando in esso tutte le circostanze
del fatto.
Il rapporto viene trasmesso al direttore per via
gerarchica.
Il direttore contesta, alla presenza del titolare
del servizio di custodia, l'addebito all'accusato, informandolo
contemporaneamente del diritto ad esporre le proprie discolpe.
Il direttore, personalmente o a mezzo del
personale dipendente, svolge accertamenti sul fatto.
Quando il direttore ritiene che debba essere
inflitta una delle sanzioni prevedute nei numeri 1) e 2) dell'art.
39 della legge convoca l'accusato davanti a sé, altrimenti fissa il
giorno e l'ora della convocazione dell'accusato davanti al consiglio
di disciplina.
Della convocazione è data notizia
all'interessato con le forme di cui al secondo comma del presente
articolo.
Nel corso dell'udienza, l'accusato ha la facoltà
di essere sentito e di esporre personalmente le proprie discolpe.
Se nella procedura avanti al direttore risulta
che il fatto è diverso da quello contestato e comporta una sanzione
di competenza del consiglio di disciplina, il procedimento è
rimesso a quest'ultimo.
La sanzione viene deliberata e pronunciata nel
corso della stessa udienza o dell'eventuale sommario processo
verbale.
Il provvedimento definitivo con cui è deliberata
la sanzione disciplinare è tempestivamente comunicato dalla
direzione al detenuto o internato (8/a).
(8/a) Comma aggiunto dall'art. 21, D.P.R. 18 maggio
1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
Art. 77 Mezzi di coercizione fisica.
La coercizione fisica, consentita per le
finalità indicate nel terzo comma dell'art. 41 della legge sotto il
controllo sanitario ivi previsto, si effettua con l'uso di fasce di
contenzione ai polsi e alle caviglie.
La foggia e le modalità di impiego delle fasce
devono essere conformi a quelli in uso, per le medesime finalità,
presso le istituzioni ospedaliere psichiatriche pubbliche.
Art. 78 Trasferimenti.
Nei trasferimenti per motivi diversi da quelli di
giustizia o di sicurezza deve essere considerata la possibilità di
accogliere le richieste espresse dai detenuti e dagli internati in
ordine alla destinazione.
Il detenuto o l'internato, prima di essere
trasferito, è sottoposto a perquisizione personale ed è visitato dal
medico, che ne certifica lo stato fisio-psichico, con particolare
riguardo alla assenza di condizioni che lo rendano inidoneo a
sopportare il viaggio.
Se sussistono tali condizioni, la direzione ne
informa immediatamente l'autorità che ha disposto il trasferimento.
All'atto del trasferimento la direzione consegna al
detenuto o all'internato gli oggetti personali che egli intende
portare direttamente con sé, nei limiti preveduti dalle disposizioni
in vigore in materia di traduzioni.
Il capo scorta riceve in consegna dalla direzione:
a) generi alimentari in quantità e qualità
adeguate alle esigenze del soggetto durante il viaggio o,
alternativamente, una somma di denaro per l'acquisto dei detti generi,
nella misura giornaliera che viene fissata con decreto del Ministro;
b) la cartella personale;
c) il certificato sanitario preveduto dal secondo
comma del presente articolo;
d) la nota degli oggetti costituenti il bagaglio
personale;
e) il peculio, in tutto o in parte, costituito in
fondo disponibile;
f) il certificato dell'ammontare del peculio
consegnato.
Il capo scorta rilascia ricevuta degli oggetti, dei
valori e dei documenti a lui consegnati dalla direzione dell'istituto
di provenienza e ottiene, a sua volta, ricevuta dalla direzione
dell'istituto di destinazione di quanto da lui consegnato.
Il peculio del detenuto o dell'internato e gli
altri oggetti di sua spettanza, che non sono stati consegnati alla
scorta o inclusi nel bagaglio personale sono, nel più breve tempo
possibile, trasmessi alla direzione dell'istituto di destinazione,
contemporaneamente al fascicolo personale.
Le spese per la spedizione degli oggetti indicati
nel comma precedente sono, in ogni caso, sopportate
dall'amministrazione fino al limite di dieci chilogrammi di peso e,
per l'eccedenza, dal detenuto o dall'internato che sia stato
trasferito a sua domanda.
Nel caso di trasferimenti temporanei di breve
durata, le disposizioni del quarto, quinto e sesto comma del presente
articolo si applicano nella misura richiesta dalle circostanze,
considerati anche i desideri dell'interessato.
Art. 79 Richieste per le traduzioni.
Le richieste per le traduzioni, da un istituto
all'altro e da un istituto a un luogo esterno di cura e viceversa,
sono inoltrate, dalle direzioni degli istituti, all'Arma dei
carabinieri, quando si tratta di imputati o di condannati, ovvero
all'autorità di pubblica sicurezza, quando si tratta di internati.
Le richieste per gli accompagnamenti e
l'assistenza dinanzi all'autorità giudiziaria sono, in ogni caso,
inoltrate, dalle direzioni degli istituti, all'Arma dei carabinieri.
L'esecuzione dei servizi indicati nel presente
articolo è effettuata dall'Arma dei carabinieri e dalla Polizia di
Stato con le modalità stabilite dai rispettivi regolamenti (9).
(9) Così sostituito dall'art. 6, D.P.R. 24 maggio
1977, n. 339 (Gazz. Uff. 24 giugno 1977, n. 171). L'ultimo comma,
peraltro, è stato poi cosí sostituito dall'art. 22, D.P.R. 18 maggio
1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
Art. 80 Autorità che dispongono i trasferimenti
tra istituti o le traduzioni.
I trasferimenti tra istituti dello stesso
distretto sono disposti dall'ispettore distrettuale, il quale ne
informa immediatamente il Ministero, ad eccezione di quelli
preveduti dal comma 5 dell'art. 14-quater della legge e dal comma 9
dell'art. 32-bis del presente regolamento, i quali sono disposti dal
Ministero.
I trasferimenti tra istituti di diversi distretti
sono disposti dal Ministero.
I trasferimenti degli imputati per motivi diversi
da quelli di giustizia sono disposti previo nulla osta
dell'autorità giudiziaria che procede.
Quando, sussistendo gravi e comprovati motivi di
sicurezza, occorre trasferire gli imputati, il Ministero, dopo aver
chiesto il nulla osta all'autorità giudiziaria che procede
precisandone i motivi, la durata e la sede di destinazione, può
dare anticipata esecuzione al trasferimento, che, comunque, deve
essere convalidato dall'autorità giudiziaria procedente.
I trasferimenti o le traduzioni per la
comparizione degli imputati alle udienze dibattimentali sono
richiesti dall'autorità giudiziaria alle direzioni degli istituti,
che vi provvedono senza indugio, informandone il Ministero.
La stessa disposizione si applica ai
trasferimenti e alle traduzioni per la comparizione davanti ai
tribunali di sorveglianza.
La direzione dell'istituto comunica senza indugio
al magistrato di sorveglianza ogni trasferimento definitivo di un
detenuto o internato.
I trasferimenti o le traduzioni per motivi di
giustizia penale diversi da quelli indicati dal comma 3 ed i
trasferimenti o le traduzioni per motivi di giustizia civile sono
consentiti solo quando, a giudizio dell'autorità giudiziaria
competente, gravi motivi rendono inopportuno il compimento
dell'attività da espletare nel luogo dove il detenuto è ristretto.
Soddisfatte le esigenze giudiziarie, il soggetto
viene restituito all'istituto di provenienza.
Nei casi di assoluta urgenza, determinata da
motivi di salute, il direttore provvede direttamente al
trasferimento, informandone immediatamente l'autorità competente.
Il trasferimento dei condannati o degli internati
è comunicato al pubblico ministero o al pretore competente per la
esecuzione. L'assegnazione preveduta dal secondo comma dell'art. 28
è disposta dal Ministero (10-11).
(10-11) Articolo prima modificato dall'art. 7,
D.P.R. 24 maggio 1977, n. 339 (Gazz. Uff. 24 giugno 1977, n. 171) e
poi cosí sostituito dall'art. 23, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz.
Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
Art. 81 Assistenza nelle traduzioni di detenute e
di internate.
Nelle traduzioni delle detenute e delle internate
è prestata assistenza da parte del personale femminile che svolge
mansioni di custodia negli istituti.
Art. 82 Uso di abiti civili nelle traduzioni.
Nelle traduzioni per comparire di fronte
all'autorità giudiziaria i detenuti e gli internati possono
indossare abiti civili.
Oltre che nei casi indicati dalla legge, gli
abiti civili, nel corso delle traduzioni, possono essere indossati
anche dagli internati che, a giudizio del direttore, diano sicuro
affidamento.
Art. 83 Trattamento del dimittendo.
Nel periodo che precede la dimissione,
possibilmente a partire da sei mesi prima di essa, il condannato e
l'internato beneficiano di un particolare programma di trattamento,
concretamente orientato verso la risoluzione dei problemi specifici
connessi alle condizioni di vita familiare, di lavoro e di ambiente,
a cui dovranno andare incontro.
A tal fine, particolare cura è dedicata a
discutere con loro le varie questioni che si prospettano e ad
esaminare le possibilità che si offrono per il loro superamento.
Per la definizione e l'esecuzione del suddetto
programma, la direzione richiede la collaborazione del consiglio di
aiuto sociale e del centro di servizio sociale.
Art. 84 Dimissione.
La dimissione dei detenuti e degli internati si
attua su ordine scritto della competente autorità giudiziaria.
La dimissione dei condannati che hanno espiato la
pena ha luogo nel giorno indicato nel provvedimento, e, quando
possibile, nelle ore antimeridiane.
La dimissione degli altri detenuti e degli
internati è effettuata non appena la direzione riceve il relativo
provvedimento.
Quando all'esito della pena deve seguire una
misura di sicurezza detentiva, o viceversa, non si dà corso alla
dismissione e si procede, secondo le norme indicate dall'art. 30,
alla nuova assegnazione.
Il consiglio di aiuto sociale e il centro di
servizio sociale, di intesa fra loro, si adoperano per prendere
contatto con il nucleo familiare presso cui il condannato o
l'internato andrà a stabilirsi, ai fini degli opportuni interventi.
I dimessi che, a causa di gravi infermità
fisiche o di infermità o minorazioni psichiche, abbisognano di
ricovero in luogo di cura, sono trasferiti alla più vicina
appropriata istituzione ospedaliera.
In caso di intrasportabilità, attestata dal
sanitario, la dimissione può essere sospesa e l'infermo rimane
nell'istituto dove, compatibilmente con le esigenze di
organizzazione generali, gli sono evitate le limitazioni del regime
penitenziario.
Della sospensione è data immediata
comunicazione, quando si tratta di imputato, all'autorità
giudiziaria competente: quando si tratta di condannato o di
internato, al magistrato di sorveglianza e, in ogni caso, al
Ministero.
Se il dimesso non è in grado di provvedere per
suo conto a raggiungere il luogo della sua residenza, il direttore
lo munisce, a richiesta, dei necessari titoli di viaggio; se
trattasi di persona residente all'estero, vengono forniti i titoli
di viaggio necessari per raggiungere il consolato del paese nel
quale è residente.
All'atto della dimissione vengono consegnati al
soggetto il peculio e gli oggetti di sua proprietà (12).
Il peculio e gli oggetti che non siano stati
comunque ritirati dal dimesso sono trattenuti dalla direzione
dell'istituto, che provvede, previe opportune ricerche, alla
restituzione nel tempo più breve possibile (12).
Trascorso un anno dalla dimissione senza che sia
possibile la restituzione, gli oggetto vengono venduti a cura della
direzione e il ricavato, unitamente all'eventuale peculio, viene
versato alla cassa delle ammende che trattiene la somma in deposito,
ai fini della restituzione all'interessato (12).
(12) Comma aggiunto dell'art. 8, D.P.R. 24 maggio
1977, n. 339 (Gazz. Uff. 24 maggio 1977, n. 171).
Art. 85 Provvedimenti in caso di evasione.
In caso di evasione di un detenuto o di un
internato, la direzione ne dà immediata notizia alle locali
autorità di polizia, alla procura della Repubblica, al magistrato
di sorveglianza e al Ministero, provvedendo, contemporaneamente, ad
attuare, a mezzo del personale dipendente, le prime ricerche.
I beni dell'evaso, che non sia stato catturato,
vengono trattenuti per un anno, e successivamente, venduti a cura
della direzione. Il ricavato entra a far parte di un fondo sul quale
viene versato anche l'eventuale peculio.
Il fondo è depositato a cura della direzione
presso la Cassa depositi e prestiti.
All'atto del rientro dell'evaso in istituto, la
direzione che ha effettuato il deposito dispone lo svincolo del
deposito e ne richiede la restituzione.
La somma restituita entra a far parte del
peculio.
Nel caso in cui il soggetto deceda durante lo
stato di evasione, la direzione dell'istituto, a richiesta degli
eredi o di altri aventi diritto che abbiano provato tale loro
qualità ai sensi del quarto comma dell'art. 87, autorizza la Cassa
depositi e prestiti a versare direttamente agli aventi diritto la
somma depositata secondo le loro spettanze.
Art. 86 Indicazioni negli atti dello stato civile.
Negli atti dello stato civile, preveduti dal
primo comma dell'art. 44 della legge, devono essere indicati la
strada e il numero civico dell'istituto ove il fatto si è
verificato, omettendo ogni altro riferimento.
Art. 87 Provvedimenti in caso di decesso.
Nel caso di morte di un detenuto o di un
internato, il sanitario, fatte le constatazioni di legge, presenta
rapporto alla direzione.
La direzione, contemporaneamente alla
trasmissione della notizia del decesso alle autorità prevedute dal
secondo comma dell'art. 44 della legge, fa denuncia di morte
all'ufficiale di stato civile.
I beni del defunto sono inventariati e copia
dell'inventario è inviata al sindaco del comune di origine o di
residenza, per le notificazioni agli eredi.
I beni sono consegnati agli eredi o agli altri
aventi diritto, quando essi abbiano provato tale loro qualità.
Questa prova può essere data nei modi preveduti
dagli artt. 20, 21 e 22 del R.D. 20 maggio 1940, n. 775, modificato
dal D.P.R. 21 dicembre 1955, n. 1509.
Decorso un anno dalla morte, senza che gli eredi
o gli altri aventi diritto abbiano ritirato i beni, questi vengono
trasmessi alla pretura del luogo, per la devoluzione successoria.
Se si tratta di detenuti o di internati stranieri
o italiani nati all'estero o di cui non si conosca il luogo di
nascita, notizia del decesso è data al procuratore della Repubblica
presso il tribunale di Roma.
Qualora alla sepoltura della salma non sia
provveduto da parte dei congiunti, si provvede a cura e spese
dell'amministrazione.
Art. 88 Intervento della Polizia di Stato e delle
Forze armate in servizio di pubblica sicurezza.
Qualora si verifichino disordini collettivi con
manifestazioni di violenza o tali da far ritenere che possano
degenerare in manifestazioni di violenza, il direttore
dell'istituto, che non sia in grado di intervenire efficacemente con
il personale a disposizione, richiede l'intervento della Polizia di
Stato e delle Forze armate in servizio di pubblica sicurezza,
informandone immediata mente il magistrato di sorveglianza,
l'ispettore distrettuale e il Ministero (12/a).
(12/a) Così sostituito dall'articolo unico, D.P.R.
29 ottobre 1984, n. 806 (Gazz. Uff. 5 dicembre 1984, n. 334).
Capo V
Assistenza
Art. 89 Assistenza delle famiglie.
Nell'azione di assistenza alle famiglie dei
detenuti e degli internati, preveduta dall'art. 45 della legge,
particolare cura è rivolta alla situazione di crisi che si verifica
nel periodo che segue immediatamente la separazione dal congiunto.
In tale situazione, deve essere fornito ai
familiari, specialmente di età minore, sostegno morale e consiglio
per aiutarli a far fronte al trauma affettivo, senza trascurare i
problemi pratici e materiali eventualmente causati
dall'allontanamento del congiunto.
Particolare cura è, altresì, rivolta per
aiutare le famiglie dei detenuti e degli internati nel periodo che
precede il loro ritorno.
Art. 90 Integrazione degli interventi
nell'assistenza alle famiglie e ai dimessi.
Nello svolgimento degli interventi a favore delle
famiglie dei detenuti e degli internati e di quelli a favore dei
dimessi, il centro di servizio sociale e il consiglio di aiuto
sociale mantengono contatti con gli organi locali competenti per la
assistenza e con gli enti pubblici e privati, che operano nel
settore.
Ai detti organi ed enti sono rappresentate le
speciali esigenze dell'assistenza penitenziaria e post-penitenziaria
e il modo più appropriato per tenerle presenti nei loro programmi.
Capo VI
Misure alternative alla detenzione e remissione del
debito
Art. 91 Affidamento in prova al servizio sociale.
Fuori dell'ipotesi in cui il condannato si trovi
in libertà, l'istanza di affidamento in prova al servizio sociale
è presentata al direttore dell'istituto, il quale la trasmette al
tribunale di sorveglianza, unitamente a copia della cartella
personale.
Analogamente il direttore provvede per la
trasmissione della proposta del consiglio di disciplina.
Nell'ordinanza deve essere indicato l'ufficio di sorveglianza nella
cui giurisdizione dovrà svolgersi la prova.
Non appena l'ordinanza di affidamento è divenuta
esecutiva, la cancelleria del tribunale di sorveglianza invia
l'ordinanza e gli atti relativi alla cancelleria dell'ufficio di
sorveglianza competente per la prova e copia dell'ordinanza alla
direzione dell'istituto nel quale il condannato si trova e a quella
del centro di servizio sociale del luogo ove si svolgerà la prova,
provvedendo, altresí, a darne comunicazione al pubblico ministero o
al pretore competente per l'esecuzione.
L'ordinanza di affidamento ha effetto se
l'interessato sottoscrive il verbale preveduto dal comma 5 dell'art.
47 della legge, con l'impegno a rispettare le prescrizioni in esso
contenute.
Dalla data di sottoscrizione del verbale ha
inizio l'affidamento in prova al servizio sociale.
Il verbale è sottoscritto davanti al direttore
dell'istituto nel quale il condannato trovasi detenuto o davanti al
direttore del centro di servizio sociale indicato nel comma 2 se il
condannato non trovasi ristretto in istituto.
L'affidato raggiunge il luogo in cui dovrà
svolgersi la prova libero nella persona.
Se nel corso della prova l'interessato richiede
che l'esperimento sia proseguito in località situata in altra
giurisdizione e ciò risulti conveniente, il magistrato di
sorveglianza trasmette la richiesta, corredata di parere, al
tribunale di sorveglianza in cui il suo ufficio si trova, il quale
decide sulla stessa senza formalità di procedura.
La cancelleria del tribunale comunica la
decisione all'interessato, alle cancellerie dell'ufficio di
sorveglianza che ha inoltrato la richiesta e di quello nella cui
giurisdizione la prova dovrà continuare a svolgersi e al centro di
servizio sociale competente.
Il fascicolo degli atti concernenti l'affidamento
viene trasmesso al magistrato di sorveglianza competente.
L'affidato raggiunge il luogo in cui dovrà
proseguire la prova libero nella persona.
In caso di rigetto della richiesta, il
provvedimento è comunicato al magistrato che l'ha trasmessa, il
quale provvede a darne notizia all'interessato.
Il direttore del centro di servizio sociale
designa un assistente sociale appartenente al centro affinché
provveda all'espletamento dei compiti indicati nel comma 9 dell'art.
47 della legge, avvalendosi anche della collaborazione di volontari,
che operano sotto la sua diretta responsabilità.
Il centro di servizio sociale riferisce al
magistrato di sorveglianza le notizie indicate nel comma 10
dell'art. 47 della legge, almeno ogni tre mesi.
Il magistrato di sorveglianza può, in ogni
tempo, convocare il soggetto sottoposto a prova e chiedere
informazioni all'assistente sociale di cui al comma precedente.
Il magistrato di sorveglianza, tenuto anche conto
delle informazioni del centro di servizio sociale, provvede se
necessario alla modifica delle prescrizioni, con decreto motivato,
dandone notizia al tribunale di sorveglianza ed al centro di
servizio sociale.
Quando il magistrato di sorveglianza ritiene che
sussistano le condizioni per la revoca dell'affidamento indicate nel
comma 11 dell'art. 47 della legge, trasmette immediatamente al
tribunale di sorveglianza proposta di revoca, accompagnata da un
circostanziato rapporto.
Il tribunale procede all'accoglimento o al
rigetto della proposta di revoca con le forme prevedute dagli
articoli 71 e seguenti della legge (12/b).
(12/b) Cosí sostituito dall'art. 24, D.P.R. 18
maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
Art. 91bis. Affidamento in prova in casi
particolari.
Qualora il condannato tossicodipendente e
alcooldipendente richieda l'affidamento in prova preveduto dall'art.
47-bis della legge dopo che l'ordine di carcerazione è stato
eseguito, la relativa domanda è presentata al direttore
dell'istituto, il quale la trasmette senza ritardo al pubblico
ministero o al pretore competente per l'esecuzione.
Si applicano, in quanto compatibili, le
disposizioni in materia di affidamento in prova al servizio sociale
prevedute dall'art. 91 (12/c).
(12/c) Aggiunto dall'art. 25, D.P.R. 18 maggio
1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
Arti 91 ter. Detenzione domiciliare.
La detenzione domiciliare ha inizio dal giorno in
cui è notificato il provvedimento esecutivo che la dispone.
Nell'ordinanza di concessione della detenzione
domiciliare deve essere indicato l'ufficio di sorveglianza nella cui
giurisdizione dovrà essere eseguita la misura.
Nei casi preveduti dai numeri 1), 2) e 3) del
comma 1 dell'art. 47-ter della legge e fatto salvo quanto previsto
dal secondo comma, lettera c), dell'art. 71 del presente
regolamento, la detenzione domiciliare può essere concessa dal
tribunale di sorveglianza anche su segnalazione della direzione
dell'istituto (12/c).
(12/c) Aggiunto dall'art. 25, D.P.R. 18 maggio
1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
Art 92 Regime di semilibertà.
Fuori dell'ipotesi di cui al comma 6 dell'art. 50
della legge, per l'inoltro delle richieste e delle proposte di
ammissione al regime di semilibertà si applicano le disposizioni
del primo comma dell'articolo 91.
Non appena l'ordinanza di ammissione al regime di
semilibertà è esecutiva, la cancelleria del tribunale di
sorveglianza provvede ad inviarne copia alla cancelleria
dell'ufficio di sorveglianza ed alle direzioni dell'istituto
penitenziario e del centro di servizio sociale.
Nei confronti del condannato e dell'internato
ammesso al regime di semilibertà è formulato un particolare
programma di trattamento, che deve essere redatto entro cinque
giorni, anche in via provvisoria dal solo direttore, e che è
approvato dal magistrato di sorveglianza.
Nel programma sono dettate le prescrizioni che il
condannato o internato si dovrà impegnare, per iscritto, ad
osservare durante il tempo da trascorrere fuori dall'istituto, anche
in ordine ai rapporti con la famiglia e con il servizio sociale,
nonché quelle relative all'orario di uscita e di rientro.
Quando la misura deve essere eseguita in luogo
diverso, il soggetto lo raggiunge libero nella persona, munito di
una copia del programma provvisorio di trattamento.
La responsabilità del trattamento resta affidata
al direttore, che si avvale del centro di servizio sociale per la
vigilanza e l'assistenza del soggetto nell'ambiente libero. Nei casi
in cui all'art. 51 della legge, il direttore riferisce al tribunale
ed al magistrato di sorveglianza.
L'ammesso al regime di semilibertà deve dare
conto al personale dell'istituto, appositamente incaricato, dell'uso
del denaro di cui è autorizzato a disporre.
Nel caso di mutamento dell'attività di cui al
primo comma dell'art. 48 della legge o se la misura deve essere
proseguita in località situata in altra giurisdizione, si applicano
le disposizioni di cui al comma 5 dell'art. 91.
Il direttore dell'istituto di provenienza informa
dell'arrivo del semilibero l'istituto di destinazione.
L'interessato viene subito ammesso al regime di
semilibertà nel nuovo istituto secondo il programma di trattamento
già redatto, con le eventuali modifiche.
Per il semilibero ricoverato in luogo esterno di
cura ai sensi dell'art. 11, secondo comma, della legge non è
disposto piantonamento. Sezioni autonome di istituti per la
semilibertà possono essere ubicate in edifici o in parti di edifici
di civile abitazione (12/d).
(12/d) CosŸ sostituito dall'art. 26, D.P.R. 18
maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
Art. 92 bis. Sopravvenienza di nuovi titoli di
privazione della libertà.
Qualora venga eseguito un ordine di carcerazione
nei confronti di un condannato sottoposto ad una delle misure
alternative alla detenzione prevedute dall'articolo 51-bis della
legge, il direttore dell'istituto, o il direttore del centro di
servizio sociale competente, informato dalla direzione dell'istituto
o comunque a conoscenza dell'avvenuta notifica dell'ordine di
carcerazione, ne dà immediata notizia al magistrato di sorveglianza
competente per i provvedimenti di cui all'art. 51-bis della legge.
Il magistrato di sorveglianza dispone senza
indugio la prosecuzione provvisoria della misura in corso o la
sospensione della stessa, informandone l'interessato, la direzione
dell'istituto, la direzione del centro di servizio sociale
competente, la polizia giudiziaria che ha eseguito l'ordine e
l'autorità giudiziaria che ha emanato l'ordine di carcerazione.
Il provvedimento di prosecuzione provvisoria
viene comunicato anche a mezzo telegramma al pubblico ministero o al
pretore che ha emesso l'ordine di carcerazione (12/e).
(12/e) Aggiunto dall'art. 27, D.P.R. 18 maggio
1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
Art. 92 ter. Sospensione cautelare delle misure
alternative alla detenzione.
Al fine della decisione di cui all'art. 51-ter
della legge, gli organi competenti per il trattamento dei semiliberi
e degli affidati in prova e per la vigilanza dei sottoposti alla
detenzione domiciliare, quando rilevano una condotta ritenuta tale
da giustificare l'intervento del magistrato di sorveglianza,
informano il medesimo con urgenza e, se necessario, per mezzo del
telefono o del telegrafo.
Il magistrato di sorveglianza, richiesti i
chiarimenti necessari, provvede al più presto.
Nel caso di sospensione della misura alternativa
alla detenzione, il decreto viene immediatamente eseguito dalla
polizia giudiziaria, la quale redige apposito verbale che trasmette
al magistrato di sorveglianza.
Il magistrato di sorveglianza trasmette senza
indugio gli atti al tribunale di sorveglianza, per i provvedimenti
di sua competenza (12/e).
(12/e) Aggiunto dall'art. 27, D.P.R. 18 maggio
1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
Art. 93 Licenze.
Al condannato ammesso al regime di semilibertà e
all'internato in ogni caso, a cui viene concessa licenza, è
consegnato dalla direzione parte del peculio disponibile in
relazione alle esigenze alle quali egli dovrà far fronte nel corso
della licenza stessa.
Per le spese di viaggio necessarie a raggiungere
il luogo in cui la licenza deve trascorrersi, si applica l'ultimo
comma dell'art. 84.
Il soggetto deve raggiungere direttamente la sede
di destinazione e presentarsi all'autorità di pubblica sicurezza
per la certificazione del giorno e dell'ora dell'arrivo.
Analogamente, al momento del rientro, deve
munirsi di certificazione del giorno e dell'ora di partenza.
Art. 94 Riduzioni di pena per la liberazione
anticipata.
Per l'inoltro delle richieste e delle proposte
per la concessione del beneficio preveduto dall'art. 54 della legge;
si applicano le disposizioni del primo comma dell'art. 91 del
presente regolamento.
La partecipazione del condannato all'opera di
rieducazione è valutata con particolare riferimento all'impegno
dimostrato nel trarre profitto dalle opportunità offertegli nel
corso del trattamento, all'atteggiamento manifestato nei confronti
degli operatori penitenziari e alla qualità dei rapporti
intrattenuti con i compagni e con i familiari.
Il pubblico ministero o il pretore competenti per
l'esecuzione comunica alla sezione di sorveglianza la sentenza di
condanna inflitta al soggetto per delitto non colposo commesso
durante l'esecuzione della pena.
Art. 94 bis. Liberazione condizionale.
Il direttore trasmette senza indugio al tribunale
di sorveglianza la domanda o la proposta di liberazione condizionale
corredata della copia della cartella personale e dei risultati della
osservazione della personalità, se già espletata.
L'ordinanza esecutiva di concessione della
liberazione condizionale è comunicata al magistrato di sorveglianza
del luogo dove si esegue la libertà vigilata e al direttore del
centro di servizio sociale competente.
Nell'ordinanza è fissato il termine massimo
entro il quale, dopo la scarcerazione, l'interessato dovrà
presentarsi all'ufficio di sorveglianza del luogo dove si esegue la
libertà vigilata. Il magistrato di sorveglianza, in caso di
accertata violazione delle prescrizioni, trasmette al tribunale di
sorveglianza la proposta di revoca della liberazione condizionale
(12/f).
(12/f) Aggiunto dall'art. 28, D.P.R. 18 maggio
1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
Art. 95 Intervento del servizio sociale nella
libertà vigilata.
Copia delle prescrizioni del magistrato di
sorveglianza, oltre che alle autorità, agli istituti e alle persone
indicati nel primo comma dell'art. 649 del codice di procedura
penale, è comunicata al centro di servizio sociale a cui è
affidato il compito di aiutare il soggetto ai fini del suo
reinserimento.
Il centro riferisce periodicamente al magistrato
di sorveglianza sui risultati degli interventi effettuati.
Art. 96 Remissione del debito.
Ai fini della remissione del debito per spese di
procedimento e di mantenimento, il magistrato di sorveglianza tiene
conto, per la valutazione della condotta del soggetto, oltre che
degli elementi di sua diretta conoscenza, anche delle annotazioni
contenute nella cartella personale, con particolare riguardo
all'evoluzione della condotta del soggetto (13).
Per l'accertamento delle condizioni economiche,
il magistrato di sorveglianza si avvale della collaborazione del
consiglio di aiuto sociale del luogo di residenza del dimesso e può
chiedere informazioni agli organi finanziari.
La presentazione della proposta o della richiesta
sospende la procedura di esecuzione, per il pagamento delle spese
del procedimento, eventualmente in corso.
A tal fine, la cancelleria dell'ufficio di
sorveglianza dà notizia della avvenuta presentazione dell'istanza o
della proposta alla cancelleria del giudice della esecuzione.
Alla medesima cancelleria viene comunicata
l'ordinanza di accoglimento o di rigetto.
Dalla richiesta di remissione del debito
concernente le spese di mantenimento viene data comunicazione anche
alla direzione dell'istituto da cui il detenuto o l'internato è
stato dimesso.
A seguito di questa comunicazione, o
contemporaneamente alla proposta di remissione del debito, la
direzione dell'istituto che non abbia ancora provveduto, non dà
corso alla procedura per il recupero delle spese di mantenimento.
L'ordinanza di accoglimento o di rigetto viene
comunicata alla direzione competente.
A seguito della comunicazione dell'ordinanza di
rigetto viene dato corso alla procedura sospesa o non ancora
iniziata.
(13) L'attuale primo comma, prima sostituito
dall'art. 9, D.P.R. 24 maggio 1977, n. 339 (Gazz. Uff. 24 giugno 1977,
n. 431), sostituisce i primi due commi per effetto dell'art. 29,
D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
Art. 96 bis. Comunicazioni all'organo
dell'esecuzione.
Il dispositivo dei provvedimenti esecutivi del
tribunale di sorveglianza che incidono sulla durata della pena, o
comunque sulla data in cui la stessa deve avere inizio o termine, è
comunicato senza ritardo, a cura del cancelliere presso il tribunale
medesimo, al pubblico ministero o al pretore competente per
l'esecuzione della sentenza di condanna.
Quando contro i provvedimenti indicati nel comma
1 sia stato proposto ricorso per cassazione, il cancelliere della
corte comunica entro tre giorni dalla decisione il relativo
dispositivo al cancelliere del tribunale di sorveglianza che ha
pronunciato il provvedimento impugnato, il quale provvede a norma
del comma 1 (13/a).
(13/a) Aggiunto dall'art. 30, D.P.R. 18 maggio
1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
Art. 96 ter. Rinvio dell'esecuzione delle pene
detentive.
Il pubblico ministero o il pretore competente per
l'esecuzione, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria, il
direttore dell'istituto penitenziario e il direttore del centro di
servizio sociale, quando abbiano notizia di talune delle circostanze
che, ai sensi degli articoli 146 e 147, comma 1, numeri 2) e 3), del
codice penale, consentono il rinvio dell'esecuzione della pena, ne
informano senza ritardo il tribunale di sorveglianza competente e il
magistrato di sorveglianza (13/a).
(13/a) Aggiunto dall'art. 30, D.P.R. 18 maggio
1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
Art. 96 quater. Pareri sulla domanda o proposta di
grazia.
Il magistrato di sorveglianza nella cui
giurisdizione si trova il condannato esprime il proprio motivato
parere sulla domanda o proposta di grazia entro più breve tempo
possibile, dopo aver assunto gli opportuni elementi presso la
direzione dell'istituto o del centro di servizio sociale (13/a).
TITOLO II
Disposizioni relative all'organizzazione
penitenziaria
Capo I
Istituti penitenziari
Art. 97 Esecuzione di pene in istituti di categoria
diversa.
Per le esigenze prevedute dal terzo comma
dell'art. 61 della legge, può essere disposta l'assegnazione di
condannati alla pena dell'arresto o di condannati alla pena della
reclusione a case mandamentali o circondariali iri località dove
non esiste istituto o sezione di casa di arresto o di reclusione.
Nelle case mandamentali possono essere assegnati
i condarinati alla pena dell'arresto nonché i condannati alla pena
della reclusione per un tempo non superiore a un anno o con un
residuo di pena non superiore a un anno.
Nelle case circondariali possono essere assegnati
i condannati alla pena dell'arresto nonché i condannati alla pena
della reclusione per un tempo non superiore a tre anni o con un
residuo di pena non superiòre a tre anni.
Per le medesime esigenze indicate nel primo comma
del presente articolo, possono essere assegnati nelle case di
arresto i condannati alla pena della reclusione non superiore a un
anno.
Le assegnazioni prevedute nel presente articolo
sono disposte dal Ministero. L'esecuzione della pena dell'ergastolo
si effettua nelle case di reclusione.
Art. 98 Ospedali psichiatrici giudiziari, case di
cura e custodia, istituti e sezioni speciali per infermi e minorati
fisici e psichici.
Alla direzione degli ospedali psichiatrici
giudiziari, salvo quanto disposto dal successivo art. 100, nonché
delle case di cura e custodia e degli istituti o sezioni speciali
per soggetti affetti da infermità o minorazioni fisiche o psichiche
è preposto personale del ruolo tecnico-sanitario degli istituti di
prevenzione e di pena.
Gli operatori professionali e volontari che
svolgono la loro attività nelle case di cura e custodia, negli
ospedali psichiatrici giudiziari e negli istituti o nelle sezioni
per infermi e minorati psichici sono selezionati e qualificati con
particolare riferimento alle peculiari esigenze di trattamento dei
soggetti ivi ospitati.
Agli ospedali psichiatrici giudiziari sono
assegnati, oltre a coloro nei cui confronti è applicata, in via
definitiva o provvisoria, la misura di sicurezza preveduta dal n. 3)
del secondo comma dell'art. 215 del codice penale, anche gli
imputati sottoposti a perizia psichiatrica nell'ipotesi preveduta
dal numero 1 del secondo comma dell'art. 318 del codice di procedura
penale, nonché gli imputati, i condannati e gli internati che
vengono a trovarsi, rispettivamente, nelle condizioni prevedute
dagli articoli 88 del codice di procedura penale, 148, 206 e 212,
secondo comma, del codice penale.
Alle case di cura e custodia sono assegnati,
oltre a coloro nei cui confronti è applicata, in via definitiva o
provvisoria, la misura di sicurezza preveduta dal n. 2) del secondo
comma dell'art. 215 del codice penale, anche gli imputati e gli
internati che vengono a trovarsi, rispettivamente, nelle condizioni
prevedute dagli articoli 206 e 212, secondo comma, del codice
penale.
Gli imputati e i condannati, ai quali nel corso
della misura detentiva sopravviene una infermità psichica che non
comporti, rispettivamente, l'applicazione provvisoria della misura
di sicurezza del ricovero in manicomio giudiziario o l'ordine di
ricovero in manicomio giudiziario o in casa di cura e custodia, sono
assegnati a un istituto o sezione speciale per infermi e minorati
psichici.
La direzione dell'ospedale psichiatrico
giudiziario o della casa di cura e custodia informa mensilmente le
autorità giudiziarie competenti sulle condizioni psichiche dei
soggetti ricoverati ai sensi degli articoli 148, 206 e 212, secondo
comma, del codice penale e 88 del codice di procedura penale.
I soggetti condannati a pena diminuita per vizio
parziale di mente sono assegnati, per l'esecuzione della pena, agli
istituti o sezioni speciali per soggetti affetti da infermità o
minorazioni psichiche.
Art. 99 Accertamento delle infermità psichiche.
L'accertamento delle condizioni psichiche degli
imputati, dei condannati e degli internati, ai fini dell'adozione
dei provvedimenti preveduti dagli articoli 148, 206, 212, secondo
comma, del codice penale e 88 del codice di procedura penale e dal
comma quarto del precedente articolo, è disposto, su segnalazione
della direzione dell'istituto o di propria iniziativa, nei
confronti degli imputati, dall'autorità giudiziaria che procede,
e, nei confronti dei condannati e degli internati, da parte del
magistrato di sorveglianza.
L'accertamento è espletato nel medesimo
istituto in cui il soggetto si trova o, in caso di insufficienza
di quel servizio diagnostico, in altro istituto della medesima
categoria.L'autorità giudiziaria che procede o il magistrato di
sorveglianza possono, per particolari motivi, disporre che
l'accertamento sia svolto presso un ospedale psichiatrico
giudiziario, una casa di cura e custodia o in un istituto o
sezione per infermi o minorati psichici, ovvero presso un ospedale
psichiatrico civile.
Il soggetto non può comunque permanere in
osservazione per un periodo di tempo superiore a trenta giorni.
All'esito dell'accertamento, l'autorità
giudiziaria che procede o il magistrato di sorveglianza, ove non
adotti uno dei provvedimenti preveduti dagli articoli 148, 206,
212, secondo comma, del codice penale e 88 del codice di procedura
penale o dal quarto comma del precedente articolo, dispone il
rientro nell'istituto di provenienza.
Art. 100 Convenzioni con ospedali psichiatrici
civili.
L'amministrazione penitenziaria può stipulare
apposite convenzioni con ospedali psichiatrici civili per il
ricovero di soggetti destinati ad ospedali psichiatrici giudiziari,
previe intese con la regione competente e secondo gli indirizzi del
Ministero della sanità.
Nei confronti dei detenuti e degli internati
ricoverati presso gli ospedali psichiatrici civili, si applicano
tutte le norme di legge e di regolamento prevedute per le loro
categorie giuridiche di appartenenza.
Art. 101 Coordinamento delle attività di ricerca
dei centri di osservazione.
L'attività di ricerca scientifica, svolta dai
centri di osservazione, è diretta all'analisi e alla valutazione
dei metodi di osservazione e di trattamento ed è coordinata dal
Ministero.
Art.102 Differenziazione degli istituti.
Nel territorio di ciascuna regione e nell'ambito
delle categorie di istituti di cui ai numeri 2) e 3) dell'art. 59
della legge, è realizzata una differenziazione degli istituti
stessi, rispondente ai criteri indicati nel secondo comma dell'art.
14 della legge.
Possono essere realizzati, per sezioni
sufficientemente autonome di uno stesso istituto, tipi differenziati
di trattamento.
Le esigenze dei vari gruppi di condannati e di
internati, nonché l'individuazione dei tipi di trattamento adeguati
a rispondere ad esse sono desunte dall'analisi delle caratteristiche
della popolazione penitenziaria, integrata da rilevazioni
sull'andamento della criminalità e sugli atteggiamenti della
collettività al riguardo.
L'idoneità dei programmi di trattamento a
perseguire le finalità della rieducazione è verificata con
appropriati metodi di ricerca valutativa.
Art. 103 Accesso di ministri di culto agli
istituti.
I ministri del culto cattolico, diversi dai
cappellani, e quelli indicati nell'ultimo comma dell'art. 55 sono
autorizzati dal direttore, su richiesta di singoli detenuti o
internati, ad accedere all'istituto, per attività del loro
ministero, previo accertamento della loro qualità.
Art. 104 Visite agli istituti.
Le visite devono svolgersi nel rispetto della
personalità dei detenuti e degli internati.
Non sono consentite, in loro presenza,
osservazioni sulla vita dello stituto.
Non può essere comunicato alcun particolare
concernente singoli imputati a persone diverse dai magistrati che
procedono. I visitatori sono accompagnati dal direttore o da persona
da lui delegata.
Il Ministero può autorizzare persone diverse da
quelle indicate nell'art. 67 della legge ad accedere agli istituti,
fissando le modalità della visita.
Capo II
Servizio sociale e assistenza
Art 105 Centro di servizio sociale.
Presso i centri di servizio sociale, oltre al
personale della carriera direttiva degli assistenti sociali e a
quello della carriera di concetto degli assistenti sociali per
adulti, è addetto personale delle altre carriere di concetto e di
quella esecutiva, nonché personale operaio dell'amministrazione
penitenziaria.
Nell'ambito del centro di servizio sociale sono
organizzati servizi di segreteria, di ragioneria e di archivio.
Il centro di servizio sociale è ubicato in
appositi locali.
Il direttore del centro assegna al personale il
compimento delle attività, mediante una ripartizione del lavoro fra
i vari settori d'intervento preveduti dalla legge; impartisce
istruzioni e disposizioni per l'espletamento dei compiti affidati e
ne cura il coordinamento e la supervisione tecnica.
Le persone che desiderano collaborare con i
centri di servizio sociale nei settori di attività indicati
nell'ultimo comma dell'art. 78 della legge operano secondo le
direttive del direttore del centro, sotto la sua diretta
responsabilità o quella dell'assistente sociale da lui designato.
Art. 106 Consiglio di aiuto sociale.
Gli uffici del consiglio di aiuto sociale sono
ubicati presso il tribunale del capoluogo del circondario.
Nell'ambito del consiglio sono organizzati
servizi di segreteria, di cassa e di archivio.
I compiti relativi ai detti servizi sono affidati
a impiegati delle carriere delle cancellerie, in servizio presso il
tribunale, incaricati dal presidente.
Essi prestano la loro opera gratuitamente.
Dell'opera prestata dai predetti impiegati è
presa nota nei loro fascicoli personali ai fini della formulazione
dei giudizi complessivi annuali.
La composizione del consiglio è attuata, per la
durata di un triennio, con provvedimento del presidente del
tribunale che è comunicato al Ministero.
Il consiglio si riunisce due volte all'anno per
deliberazioni in ordine al bilancio di previsione, alla
programmazione degli interventi e al rendiconto e si riunisce,
inoltre, ogni qualvolta occorra provvedere su affari di particolare
rilievo.
Il presidente distribuisce, tra i vari
componenti, la cura delle attività indicate negli articoli 75 e 76
della legge.
Nello svolgimento di tali attività, i componenti
del consiglio di aiuto sociale mantengono gli opportuni collegamenti
con gli ispettori distrettuali, le direzioni degli istuiti e dei
ccntri di servizio sociale.
Essi riferiscono a presidente e al consiglio
sulle attività svolte, sui risultati conseguiti e sui problemi
emersi, anche al fine della programmazione degli ulteriori
interventi.
I componenti del comitato per l'occupazione degli
assistiti prestano la loro opera gratuitamente.
Il presidente del consiglio di aiuto sociale
riferisce al Ministero sull'attività del consiglio e del comitato e
trasmette al Ministero stesso copie del bilancio preventivo e del
rendiconto annuali.
Il consiglio di aiuto sociale coordina le
attività che gli enti, le associazioni pubbliche e private e le
persone svolgono nel settore della assistenza penitenziaria e
post-penitenziaria; può chiedere al Ministero l'assegnazione di
contributi per lo svolgimento di dette attività, riferendo in
merito alle attività stesse.
All'assegnazione di detti contributi e di quelli
necessari per le attività che svolgono direttamente i consigli di
aiuto sociale provvede, con periodicità semestrale, il Ministero,
avvalendosi dei fondi preveduti dal quinto comma, numeri 1), 2), 3)
e 4), dell'art. 74 della legge (14).
Il Ministero ripartisce i contributi, avendo
riguardo alle attività dei consigli di aiuto sociale e ai mezzi
economici di cui dispongono.
(14) Comma così sostituito dall'art. 31, D.P.R. 18
maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
Art. 107 Assistenti volontari.
L'autorizzazione preveduta dal primo comma
dell'art. 78 della legge è data a coloro che dimostrano interesse e
sensibilità per la condizione umana dei sottoposti a misure
privative e limitative della libertà ed hanno dato prova di
concrete capacità nell'assistenza a persone in stato di bisogno.
Nel provvedimento di autorizzazione è
specificato il tipo di attività che l'assistente volontario può
svolgere e, in particolare, se egli è ammesso a frequentare uno o
più istituti penitenziari o a collaborare con i centri di servizio
sociale.
L'autorizzazione ha durata annuale e può essere
rinnovata.
Se l'assistente volontario si rivela inidoneo al
corretto svolgimento dei suoi compiti, il direttore dell'istituto o
del centro di servizio sociale sospende l'autorizzazione e ne chiede
la revoca al Ministero, dandone comunicazione al magistrato di
sorveglianza.
PARTE II
Amministrazione e contabilità della cassa delle
ammende (14/a)
Art. 108 Consiglio di amministrazione della cassa
delle ammende.
La cassa è amministrata da un consiglio composto:
a) dal direttore generale per gli istituti di
prevenzione e di pena, o da un suo delegato, con funzioni di
presidente;
b) da un rappresentante del Ministero del tesoro;
c) da un rappresentante del Ministero dell'interno.
Le funzioni di segretario sono esercitate da un
funzionario della direzione generale per gli istituti di prevenzione e
di pena. Per ciascun componente del consiglio è nominato un
supplente. Nessuna indennità o retribuzione è dovuta alle persone
suddette (14/b).
(14/a) Rubrica così modificata dall'art. 32,
D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
(14/b) Così sostituito dall'art. 33, D.P.R. 18
maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
Art. 109 Conto depositi e conto patrimoniale.
La dotazione della cassa delle ammende è
costituita dal conto depositi e dal conto patrimoniale.
Al conto depositi affluiscono tutti i versamenti
effettuati a titolo provvisorio o cauzionale.
Al conto patrimoniale sono versate le somme
immediatamente devolute alla cassa stessa e quelle realizzate dai
depositi, di cui è stato disposto l'incameramento.
[La dotazione della cassa per il soccorso e la
assistenza alle vittime del delitto è costituita dal solo conto
patrimoniale] (14/c).
(14/c) Comma abrogato dall'art. 34, D.P.R. 18
maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
Art 110 Fondi patrimoniali e depositi cauzionali.
I fondi patrimoniali e i depositi cauzionali
della cassa delle ammende sono depositati in conto fruttifero presso
la Cassa depositi e prestiti.
Salvo quanto previsto dal comma 3 del presente
articolo, le somme dovute alla cassa delle ammende devono essere
versate integralmente, agli uffici del registro, che sono tenuti a
commutare dette somme, presso le sezioni di tesoreria provinciale
dello Stato, in vaglia del tesoro intestato al tesoriere centrale,
cassiere della cassa depositi e prestiti, per l'accreditamento, sul
conto corrente speciale intestato alla cassa delle ammende. I
vaglia del tesoro rilasciati dalle sezioni di
tesoreria provinciale dello Stato agli uffici del registro devono
essere rimessi agli uffici giudiziari interessati.
Le somme dovute alla cassa delle ammende dagli
istituti di prevenzione e di pena devono essere versate direttamente
alle sezioni di tesoreria provinciale dello Stato che sono tenute a
commutare dette somme in vaglia del tesoro intestato al tesoriere
centrale, cassiere della Cassa depositi e prestiti, per
l'accreditamento, sul conto corrente speciale intestato alla cassa
delle ammende.
Le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato
rilasciano i vaglia del tesoro agli istituti di prevenzione e di
pena che ne hanno fatto richiesta. Gli uffici giudiziari e le
direzioni degli istituti di prevenzione e di pena inoltrano
tempestivamente i vaglia del tesoro alla cassa delle ammende, presso
il Ministero di grazia e giustizia - Direzione generale per gli
istituti di prevenzione e di pena, con lettera esplicativa della
causale di ciascun versamento (14/d).
(14/d) Cosí sostituito prima dall'art. 10, D.P.R.
24 maggio 1977, n. 339 (Gazz. Uff. 24 giugno 1977, n. 171) e poi
dall'art. 35, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989,
n. 157) e corretto con avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 24 luglio
1989, n. 171.
Art. 111 Versamenti delle somme.
Le somme dovute alla cassa delle ammende sono
versate a cura degli uffici interessati (14/e).
(14/e) Cosí sostituito dall'art. 36, D.P.R. 18
maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
Art. 112 Accreditamenti delle somme.
La cassa delle ammende rilascia quietanza agli
uffici giudiziari e agli istituti di prevenzione e di pena che hanno
provveduto ad inoltrare i vaglia del tesoro.
La cassa delle ammende provvede, quindi, alle
operazioni di accreditamento degli importi dei vaglia sul conto
corrente ad essa intestato presso la Cassa depositi e prestiti con
distinta separata, versando i vaglia stessi alla tesoreria centrale
dello Stato.
Dopo tali operazioni, le somme diventano
fruttifere e gli interessi vengono liquidati dalla cassa depositi e
prestiti e portati in aumento dei crediti del conto corrente il 30
giugno ed il 31 dicembre di ogni anno (14/f).
(14/f) Cosí sostituito dall'art. 37, D.P.R. 18
maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
Art. 113 Depositi di titoli di Stato o garantiti
dallo Stato.
I depositi costituiti in titoli di Stato o
garantiti dallo Stato sono effettuati direttamente presso la cassa
delle ammende che, previo nulla osta all'introito da parte della
Cassa depositi e prestiti, li trasmette alla tesoreria centrale
(15).
Il valore nominale o attuale del deposito è
indicato nel provvedimento dell'autorità giudiziaria.
(15) Comma così sostituito dall'art. 11, D.P.R. 24
maggio 1977, n. 339 (Gazz. Uff. 24 giugno 1977, n. 171).
Art. 114 Estratto del conto corrente.
La Cassa depositi e prestiti ha l'obbligo di
trasmettere semestralmente alla cassa delle ammende, presso la
direzione generale per gli istituti di prevenzione e di pena,
l'estratto del conto corrente, unitamente alle comunicazioni
relative alle operazioni effettuate direttamente (15/a).
(15/a) Cosí sostituito dall'art. 38, D.P.R. 18
maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
Art. 115 Disposizioni dell'autorità giudiziaria.
L'autorità giudiziaria dispone l'incameramento
in conto patrimonio dei depositi costituiti presso la cassa delle
ammende o la restituzione ai titolari, previa detrazione
dell'ammontare delle spese di giustizia e di mantenimento in
carcere, da devolversi all'erario.
Art. 116 Assistenza dei minori orfani a causa del
delitto (ABROGATO).
L'assistenza a favore dei minori orfani a causa
del delitto si attua attraverso interventi psico-pedagogici, rette
di ricovero o sussidi.
A tal fine, il consiglio di aiuto sociale può
corrispondere contributi ad enti o persona che curano il
mantenimento e la educazione dei minori (15/b).
(15/b) Abrogato dall'art. 39, D.P.R. 18 maggio
1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
Art. 117 Erogazione di fondi.
I fondi della cassa delle ammende sono erogati
con delibere del consiglio di amministrazione ai consigli di aiuto
sociale a titolo di contributo per i loro compiti istituzionali nei
limiti degli stanziamenti fissati nello stato di previsione per
l'anno finanziario di competenza.
L'esecuzione di dette delibere è effettuata con
mandati di pagamento emessi dal presidente del consiglio di
amministrazione della cassa delle ammende e trasmessi alla Cassa
depositi e prestiti, la quale cura l'accreditamento sui conti
correnti postali dei consigli di aiuto sociale, tramite le
competenti sezioni di tesoreria provinciale dello Stato.
Dell'avvenuto accreditamento, la Cassa depositi e
prestiti dà comunicazione alla cassa delle ammende per gli
opportuni riscontri contabili (15/c).
(15/c) Cosí sostituito dall'art. 40, D.P.R. 18
maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
Art. 118 Bilancio.
Il bilancio di previsione ed il conto consuntivo
della cassa delle ammende sono approvati con decreti del Ministro di
grazia e giustizia, di concerto con il Ministro del tesoro (15/d).
(15/d) Cosí sostituito dall'art. 41, D.P.R. 18
maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).
PARTE III
Disposizioni finali e transitorie
Art. 119 Incaricati giornalieri.
Il Ministero conferisce direttamente gli
incarichi preveduti dal secondo comma dell'art. 80 della legge.
Al conferimento degli incarichi si provvede a
seguito di accertamento dell'idoneita del richiedente ad assolvere i
compiti relativi.
A tal fine, una commissione composta dal
direttore dell'ufficio del personale civile della direzione generale
per gli istituti di prevenzione e di pena, che la presiede, da un
dirigente superiore e da un primo dirigente dei ruoli
dell'amministrazione penitenziaria, integrata da un esperto nella
materia relativa allo incarico da conferire, sottopone il
richiedente ad un colloquio inteso a valutare l'idoneità indicata
nel comma precedente.
Esercita le funzioni di segretario un impiegato
della carriera direttiva del ruolo amministrativo
dell'amministrazione penitenziaria, con qualifica di direttore di
sezione.
Art.120 Nomina degli esperti per le attività di
osservazione e di trattamento.
Il Ministero compila, per ogni distretto di corte
d'appello, un elenco degli esperti dei quali le direzioni degli
istituti e dei centri di servizio sociale possono avvalersi per lo
svolgimento delle attività di osservazione e di trattamento ai
sensi del quarto comma dell'art. 80 della legge.
Nell'elenco sono iscritti professionisti che
siano di condotta incensurata e di età non inferiore agli anni
venticinque.
Per ottenere l'iscrizione nell'elenco i
professionisti, oltre ad essere in possesso del titolo professionale
richiesto, devono risultare idonei a svolgere la loro attività
nello specifico settore penitenziario.
L'idoneità è accertata dal Ministero attraverso
un colloquio e la valutazione dei titoli preferenziali presentati
dall'aspirante.
A tal fine, il Ministero può avvalersi del
parere di consulenti docenti universitari nelle discipline prevedute
dal quarto comma dell'art. 80 della legge (16). Le direzioni degli
istituti e dei centri di servizio sociale conferiscono agli esperti
indicati, nel comma precedente i singoli incarichi, su
autorizzazione del Ministero.
(16) Comma così sostituito dall'art. 12, D.P.R. 24
maggio 1977, n. 339 (Gazz. Uff. 24 giugno 1977, n. 171).
Art 121 Esperti componenti della sezione di
sorveglianza. (ABBROGATO)
Il Consiglio superiore della magistratura, o, per
delega, il presidente della corte di appello, nomina, all'inizio di
ciascun anno giudiziario, per la composizione della sezione di
sorveglianza, gli esperti effettivi e quelli supplenti] (17).
(17) Così sostituito dall'art. 13 D.P.R. 24 maggio
1977, n. 339 (Gazz. Uff. 24 giugno 1977, n. 171), e successivamente
abrogato dall'art. 42, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7
luglio 1989, n. 157).
Art 122 Infermieri.
Il personale operaio specializzato con qualifica
di infermiere, di cui al quinto comma dell'art. 80 della L. 26
luglio 1975, n. 354, modificato dall'art. 14 del decreto-legge 14
aprile 1978, n. 111, convertito con legge del 10 giugno 1978, n.
271, presta la propria opera presso gli istituti penitenziari
previsti dall'art. 59 della predetta legge 26 luglio 1975, n. 354
(18).
Per l'ammissione ai pubblici concorsi per la
nomina ad operaio specializzato con qualifica di infermiere presso
gli istituti di cui al comma precedente, oltre ai requisiti
preveduti all'art. 4 della legge 13 maggio 1975, n. 157, è
richiesto anche il possesso del certificato di abilitazione
all'esercizio dell'arte ausiliaria di infermiere generico,
rilasciato a norma delle vigenti disposizioni (18).
Il concorso si effettua mediante esperimento
pratico.
La commissione giudicatrice è composta da un
magistrato, addetto alla direzione generale per gli istituti di
prevenzione e di pena, con qualifica non inferiore a magistrato di
tribunale, o da un impiegato della carriera direttiva
dell'amministrazione penitenziaria avente una qualifica non
inferiore a primo dirigente, che la presiede, da un medico di ruolo
tecnico-sanitario della carriera direttiva dell'amministrazione per
gli istituti di prevenzione e di pena, da un capo operaio
specializzato con la qualifica di infermiere appartenente al ruolo
dell'amministrazione penitenziaria.
Le funzioni di segretario sono disimpegnate da un
impiegato delle carriere di concetto della predetta amministrazione.
I vincitori del concorso, durante il periodo di
prova, frequentano un corso teorico-pratico della durata di giorni
quarantacinque presso gli istituti penitenziari di cui alla tabella
E della legge 9 ottobre 1970, n. 740 o gli ospedali psichiatrici
giudiziari o le case di cura e custodia o gli istituti per infermi o
minorati psichici (18).
(18) Comma così sostituito prima dall'art. 1,
D.P.R. 16 gennaio 1979, n. 77 (Gazz. Uff. 21 marzo 1979, n. 79) e poi
dall'art. 1, D.P.R. 23 novembre 1979, n. 758 (Gazz. Uff. 12 febbraio
1980, n. 41), entrato in vigore, per effetto dell'art. 2, il giorno
successivo a quello della sua pubblicazione.
Art. 123 Integrazione di organi collegiali.
Fino a quando non sarà possibile disporre presso
ogni istituto dell'opera di educatori del ruolo per adulti, il
consiglio di disciplina è integrato da un impiegato che presta
servizio nel medesimo istituto o, in caso di sua mancanza, in altro
istituto del distretto, incaricato dall'ispettore distrettuale, su
proposta del direttore.
Negli istituti in cui non sia possibile disporre
dell'opera di educatori o di assistenti sociali dei ruoli per
adulti, le funzioni prevedute dagli articoli 16 e 27 della legge
sono conferite a esperti in pedagogia o in servizio sociale, ai
sensi del quarto comma dell'art. 80 della legge.
Art. 124 Ricognizione del patrimonio dei consigli
di patronato.
I beni mobili e immobili, le attività e le
passività di pertinenza del consiglio di patronato, istituito
dall'art. 149 del codice penale, vengono assunti in carico dal
consiglio di aiuto sociale entro un mese dall'emanazione del
presente regolamento.
A tal fine è effettuata ricognizione dei detti
beni, attività e passività, da parte del procuratore della
Repubblica presso il tribunale e del presidente del tribunale.
Della ricognizione è redatto processo verbale
che è trasmesso in copia al Ministero.
Art. 125 Attribuzioni dei direttori dei centri di
rieducazione e degli uffici di servizio sociale per i minorenni.
Le attribuzioni che il presente regolamento
demanda all'ispettore distrettuale e al centro di servizio sociale
per adulti sono rispettivamente esercitate dal direttore del centro
di rieducazione per i minorenni e dall'ufficio di servizio sociale
per i minorenni territorialmente competenti.
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