Decreto Presidente Repubblica 10
settembre 1969, n. 647
Orientamenti dell'attività educativa nelle
Scuole Materne Statali
(Art. 2 della legge 18 marzo 1968 n. 444)
PARTE PRIMA
INDIRIZZI GENERALI
1. Finalità della scuola materna e carattere degli Orientamenti.
Le finalità della scuola materna statale risultano dalla legge 18
marzo, n. 444,
che ne stabilisce l'ordinamento.
L'art. 1 precisa che essa: "raccoglie i bambini nella età
prescolastica da tre a
sei anni" e "si propone fini di educazione, di
sviluppo della personalità
infantile, di assistenza e di preparazione alla frequenza della scuola
dell'obbligo, integrando l'opera della famiglia".
Tali scopi le conferiscono un'autonoma funzione educativa, intesa
prima di tutto a promuovere l'armonico sviluppo del bambino, e, in
virtù della
maturazione che egli vi consegue, la rendono altresì preparatoria
alla frequenza della scuola dell'obbligo, senza per questo
anticiparla.
La scuola materna, infatti, è impostata su una propria autonomia
istituzionale,
e ogni differenziazione del suo carattere preparatorio è prevista
solo quando
sia fondata su metodi organici coerentemente applicati.
Lo sviluppo del bambino non può intendersi circoscritto
esclusivamente, ne in
modo preminente, all'attività conoscitiva, giacché la sua crescita
intellettuale
è strettamente collegata alla maturazione affettiva e sociale.
Gli «Orientamenti », che seguono, non interferiscono nelle scelte
didattiche
particolari; essi intendono mettere in evidenza a quali esigenze
educative del
bambino e a quali istanze di carattere sociale e pedagogico, nel
quadro della
civiltà attuale, la scuola materna deve soddisfare.
Esigenza fondamentale fra tutte è quella di porre ogni cura nei
non soverchiare
le reali capacità del bambino, pur utilizzando tutti i progressi
dell'odierna
didattica per sollecitarne le possibilità di sviluppo.
Differenziazioni metodologiche e sperimentazioni scientificamente
condotte sono
incoraggiate ai fini del continuo perfezionamento dei procedimenti
didattici.
Integrazioni ai presenti « Orientamenti » saranno apportate per
le particolari
esigenze didattiche delle sezioni speciali di scuola materna e delle
scuole
materne speciali.
2. Libertà e responsabilità didattica.
I criteri e i metodi dell'attività educativa non possono essere
prefigurati. La
libertà d'insegnamento riconosciuta dallo Stato ad ogni educatore
nella scuola
si sostanzia, fra l'altro, nella autonomia delle scelte didattiche. Ma
è
conforme al carattere morale di tale libertà, al significato dì
responsabilità
che la completa nel cittadino e nell'educatore di una società e di
una scuola
democratica, che essa si concreti in scelte consapevoli e chiaramente
motivate.
I principi e i contenuti metodologici a cui si ispirano i presenti
«Orientamenti», espressione del presente stato di elaborazione
scientifica del
problema educativo, non potranno essere ne compresi ne realizzati
efficacemente
senza uno studio adeguato che, penetrandoli nel loro spirito e nel
senso di
apertura sul futuro che si è loro voluto imprimere, li adatti alle
singole
situazioni e li aggiorni in base al mutare delle circostanze.
L'impegno che così si richiede alla educatrice è pari alla
importanza di questa
scuola che è la più vicina ai processi originari di formazione della
personalità. In questa scuola più che in ogni altra perciò la
libertà dei metodi
didattici dovrà essere fermamente garantita.
3. Scuola materna e famiglia - Necessità della scuola materna
nella società
attuale.
L'attuale fase di sviluppo della nostra società è caratterizzata
dai fenomeni
connessi al processo d'industrializzazione anche nelle campagne e al
diffondersi
dell'urbanesimo.
Tali fenomeni si sono ripercossi sulla famiglia del bambino ridotta
spesso ai
soli genitori, impegnati in generale in attività extra-domestiche,
per tutta la
giornata. I bambini sono nella gran parte costretti a vivere senza
calore di
intimità, nell'angustia delle case mancanti di spazi di espansione, e
privi di
più ampie relazioni.
Una edilizia appropriata, la piena disponibilità dell'edificio, il
necessario
apprestamento di spazi ed ambienti funzionalmente utilizzati
nell'attività
educativa, sono condizione perché la scuola materna possa raggiungere
le sue
finalità. In essa, cosi, dovrà realizzarsi un intelligente impiego
degli
arredamenti e delle attrezzature anche in rapporto all'igiene,
all'educazione
sanitaria e alla refezione e dovranno trovare posto spazi ampi ed
aperti
attrezzati per il gioco, per il giardinaggio, e per ogni altra torma
di
libera e ordinata attività.
Ma la scuola materna, mentre opera per la formazione della
personalità
infantile, si assume anche il compito, non meno importante dal lato
sociale, di
compensare la mancanza di stimolazioni culturali, riscontrabili molte
volte negli ambienti da cui il bambino proviene. Diviene
particolarmente
raccomandabile, perciò, un costante rapporto tra scuola materna e
famiglia, che
possa risolversi in un arricchimento culturale delle famiglie e in una
loro
più efficace presenza educativa.
Giacché, dunque, la scuola materna offre alle famiglie la prima,
e, forse la più
importante collaborazione perché esse possano compiere più
agevolmente e con
maggiore efficacia la loro funzione nella società, e necessario che
la
educatrice tenga presenti le molteplici e diverse situazioni
(culturali e
socio-economiche, e i diversi atteggiamenti delle famiglie stesse nei
confronti
del bambino e della scuola materna.
Questa scuola, tuttavia, non trae la sua ragion d'essere solo dalle
trasformazioni della famiglia nella società odierna ne dalle sue
eventuali
carenze educative, giacche giova alla generalità dei bambini,
qualunque sia il
livello economico e culturale del loro ambiente di provenienza.
Fattori di
ordine psicologico fanno dell'età che inizia verso i tre anni un
periodo di
sviluppo con caratteri peculiari, diversi da quelli dell'età
precedente, e tali
quindi che richiedono un'esperienza educativa più varia di quella che
il bambino
vive in famiglia. Egli ha necessità di arricchire il mondo delle sue
esperienze
e di variarle, cosi come ha necessità di attingere una vita sociale
più ampia
e un rapporto educativo più stimolante. La scuola materna si
organizza m
risposta a tali esigenze, e, proprio per il compimento di questa
funzione, deve
ricercare un'armonica collaborazione con la famiglia.
Rispetto a questa, la scuola materna non deve in alcun snodo
considerarsi
sostitutiva. La famiglia promuove le esperienze fondamentali di vita
del bambino
e l’equilibrata organizzazione della sua personalità in tutte le
sue
dimensioni.
Da parte sua, la scuola materna allarga e integra l’opera
educativa dei genitori
nella misura in cui essa orienta le relazioni del bambino con il mondo
esterno,
attraverso l’incontro e la convivenza con i coetanei. Tali
relazioni, che nei
primi anni di vita del bambino sono impostate secondo un prevalerne
rapporto di
dipendenza, assumono progressivamente caratteri di collaborazione e di
reciprocità.
L'educatrice della scuola materna assume, cosi, una funzione
sociale primaria,
della quale deve avere coscienza per adempiervi efficacemente.
Per assolvere compiutamente alla sua i unzione, che è volta allo
sviluppo della
personalità del bambino in tutte le sue dimensioni, occorre che l’educatrice
abbia cura di provvedere alla creazione di un ambiente totalmente
educativo, sia
nella sezione a lei affidata che nell’intera scuola, in
collaborazione con le
altre educatrici e con tutto il personale.
Materiale didattico, spazi chiusi e all'aperto, provvidenze
assistenziali,
attività didattiche specifiche, personale docente e specializzato,
rapporti con
le famiglie e con la comunità acquistano un valore educativo solo
quando il
loro impiego e il loro svolgimento abbiano presente il
bambino e l'insieme dei bambini nella pienezza della loro
persona in un contesto armonico e stimolante.
4. La personalità del bambino - II bambino nella civiltà odierna.
La personalità si costituisce come risultante delle dotazioni
native e delle
influenze ambientali.
La corretta impostazione dei rapporti genitori-bambino,
famiglia-scuola materna,
bambino-coetanei, bambino-educatori, assume somma importanza per la
particolare
incidenza che le esperienze dei primi sei anni hanno nei riguardi
dello sviluppo
della personalità per tutto il corso della vita. Dalla natura e dal
modo di
svolgersi di tali rapporti dipenderanno infatti, in larga misura, le
caratteristiche fondamentali della futura esistenza individuale e
sociale e, in
particolare, il livello e la qualità della vita intellettiva, i
sentimenti, gli
atteggiamenti e i comportamenti che si manifesteranno nell'età
adulta.
Per aiutare il bambino a svolgere in modo autonomo le sue capacità
native e per
predisporre condizioni ambientali favorevoli, l’educatrice dovrà
avere ben
presenti le caratteristiche fondamentali dello sviluppo della
personalità, con
riferimento non soltanto al periodo dai tre ai sei anni, ma anche a
quello che
precede l'età della scuola materna ed a quelli che la seguono.
Per quanto una schematizzazione valida per tutti i bambini non sia
possibile, si
può tuttavia dire che il bambino a tre anni ha ormai acquisito una
certa
autonomia. Egli sa camminare con sicurezza, è capace di salire e
scendere le
scale, sa adattare se stesso a certi oggetti, sa manipolarne altri; sa
riconoscere e differenziare percettivamente i vari elementi
dell'ambiente
circostante; è in grado di sviluppare una attività rappresentativa
che si
manifesta come capacità di rievocare mentalmente avvenimenti e
situazioni del
recente passato, di anticipare avvenimenti relativi al futuro
prossimo, e di
sviluppare fantasie di vario tipo, benché ancora gli manchi un chiaro
senso della distinzione tra piano della realtà e piano della
irrealtà.
Egli conosce i nomi di molte cose e desidera conoscere i nomi che
ancora non gli
sono noti; sa esprimere verbalmente i suoi desideri ed i suoi bisogni
fondamentali; sa entrare, sia pure in modo imperfetto, in
comunicazione verbale
con gli altri; accompagna e sottolinea col linguaggio verbale le sue
attività di
gioco.
Vive ormai in un sistema di rapporti affettivi sufficientemente
definiti,
relativi tutti all'ambito familiare, e si avvia ad acquistare una
certa capacità
di controllo dei propri impulsi e delle proprie emozioni. Se la vita
della
famiglia è caratterizzata da armonia e solidarietà fra i suoi vari
membri e da
affettuosa sollecitudine verso il bambino, questo ha ormai acquisito
un certo
senso di sicurezza, anche se limitato alle esperienze ed alle
situazioni che
gli sono familiari.
Verso i tre anni, il bambino prende coscienza del fatto che la sua
persona
costituisce una individualità distinta dalle altre. Ne deriva un
desiderio di
indipendenza che si manifesta, inizialmente, per un periodo che può
variare da
qualche mese a più di un anno, anche attraverso atteggiamenti
caratterizzati da
negativismo, da caparbietà e da una certa aggressività (crisi di
opposizione;
età del « no »). Tali atteggiamenti sono spesso a torto
interpretati dagli
adulti come indici di cattiveria o di capricciosità, e vengono
talvolta trattati
con inopportuna severità.
A tre anni si sono dunque ormai verificate trasformazioni della
personalità che
sono premesse indispensabili per l'ingresso in una comunità diversa
da quella
della famiglia e che rendono anzi opportuno tale ingresso, sia perché
questo
rende possibile al bambino l’esperienza di cose e situazioni nuove,
sia perché
gli consente di istituire rapporti affettivi e sociali anche ai di
fuori della
famiglia, sia infine perché favorisce un potenziamento ed una
diversificazione
delle sue capacità creative ed espressive.
L’educatrice deve tener conto che proprio su queste prime
applicazioni si fonda
l'ulteriore progresso della personalità, e in particolare quello che
ha luogo
nell'età della scuola materna.
Fra i tre e i sei anni, infatti, sul piano della motricità si
vanno via via
realizzando coordinamenti percettivo-motori sempre più fini (
utilizzazione
della mano e delle dita nell'uso sempre più sicuro, preciso e
differenziato di
oggetti, di strumenti o di materiale per attività costruttive,
espressive o
ludiche; capacità di muoversi secondo un certo ritmo, di correre in
modo
differenziato, accelerando, decelerando, saltando; uso del triciclo;
acquisizione di abitudini motorie relative alla pulizia,
all'abbigliamento,
all’alimentazione, ecc. ).
Sul piano della percezione si va sviluppando la capacità di
analisi, cioè la
capacità di cogliere in oggetti o situazioni, oltre a certi aspetti
vistosi
anche altri aspetti meno immediatamente evidenti; si va
intensificando
l'interesse per le forme, i colori e le dimensioni degli oggetti, per
il
materiale di cui sono costituiti e per le loro varie, consuete o
inconsuete
possibilità d'uso; si va evidenziando la sensibilità al ritmo, e la
capacita di
coordinare a tale ritmo i propri movimenti.
Ma è soprattutto sul piano dell’attività rappresentativa che il
bambino compie i
progressi più notevoli. La sua capacità di rievocare situazioni e
avvenimenti o
di anticiparli mentalmente progredisce estendendosi nella direzione
del passato
e in quella del futuro, anche se ciò non basta ancora ad attenuare in
lui le
tensioni emotive del momento.
In tali rappresentazioni la persistente presenza di tendenze
egocentriche e di
credenze animistiche o di una certa inclinazione alla fabulazione —
ossia alla
elaborazione puramente fantastica dei fatti —- può produrre
distorsioni in tali
rappresentazioni, a torto spesso considerate come volontarie
deformazioni della
verità. I progressi sul piano percettivo e su quello dell'attività
rappresentativa rendono inoltre possibile una vivace attività di
pensiero, la
quale lascia tuttavia largo posto ad elementi di carattere intuitivo
ed
affettivo, e non è ancora disciplinata da quelle capacità di
coordinamento
logico che solo nel corso della scuola primaria troveranno il loro
graduale
sviluppo. Tale attività di pensiero si manifesta nella forma di una
vivace e
persistente curiosità relativa a diversi fenomeni della natura e del
mondo umano
(età dei « perché », curiosità riguardanti le differenze relative
all'età o al
sesso, l'origine delle cose, ecc.).
I1 naturale sviluppo motorio, percettivo e cognitivo, tipico di
questo periodo,
e strettamente connesso allo sviluppo di una componente essenziale
della
personalità infantile, quella affettiva. Se nell'età precedente
rapporti
affettivi a carattere positivo o negativo si erano costituiti nei
confronti
delle figure familiari, in questa età altri rapporti affettivi si
costituiscono
nei confronti dell'educatrice e dei coetanei, spesso anche nel senso
che in tali
nuovi rapporti il bambino riproduce situazioni e ritrova problemi
affettivi già
vissuti nell'ambito della famiglia. Questi nuovi rapporti si
aggiungono a quelli
esistenti, rendendo più complessa la vita affettiva del bambino e
talvolta
introducendo in essa degli elementi conflittuali. Ciò avviene, per
esempio, in
quei casi in cui la personalità della educatrice, o le sue
valutazioni, o i suoi
atteggiamenti, sono in notevole contrasto con quelli dei familiari. Ne
risultano allora ostacolati certi processi di imitazione e di
identificazione
con gli adulti normalmente presenti a questa età. Queste nuove
esperienze
affettive avranno comunque un carattere prevalentemente positivo se
l'educatrice
potrà essere « vissuta » dal bambino come persona che svolge nei
suoi confronti
un'azione « liberatrice », se concorre cioè a soddisfare le sue
più profonde
esigenze di ordine percettivo-motorio, espressivo o cognitivo; avranno
invece un
carattere prevalentemente « negativo », se essa verrà « vissuta »
da lui come
una persona che svolge un'azione essenzialmente limitatrice e
repressiva.
L'esigenza di una interpretazione certa, e perciò rassicurante,
delle cose e del
mondo, e il bisogno di stabilità e di protezione sul piano affettivo,
possono
tradursi anche in una prima forma di sensibilità religiosa.
L'ingresso nella comunità scolastica rende possibile il
costituirsi di rapporti
sociali di vario significato con i coetanei e favorisce dunque nel
bambino il
graduale sviluppo del senso delle differenze fra sé e gli altri e la
progressiva
presa di coscienza della esistenza di punti di vista e di interessi
diversi dai
suoi e della conseguente necessità di liberare i propri impulsi dagli
aspetti
possessivi e aggressivi. Ciò costituisce la premessa per la graduale
comprensione della necessità di regole sociali e di norme morali che,
presentate
dapprima dagli adulti, verranno poi gradualmente interiorizzate, dando
origine
soprattutto negli anni successivi a quelli della scuola materna ad una
moralità
più autonoma.
Il periodo dai tre ai sei anni è inoltre caratterizzato da un
rilevante sviluppo
del linguaggio e da una larga presenza delle attività di gioco.
Linguaggio e
gioco vanno considerati nel loro duplice aspetto di attività rese
possibili da
uno sviluppo psicologico che si va compiendo, e di strumenti
indispensabili per
favorire e rendere ricco ed equilibrato tale sviluppo.
Il linguaggio, nelle sue diverse forme (verbale, grafico,
pittorico, ecc.),
assolve funzioni via via più varie. Il linguaggio verbale, in
particolare, non è
più soltanto un mezzo per esprimere desideri o tensioni, o per
stabilire con
gli altri una forma iniziale di comunicazione, ma diventa anche uno
strumento
indispensabile per lo sviluppo delle attività percettive (nel senso,
per
esempio, che una maggiore ricchezza di vocabolario permette di vedere
in modo
nuovo e più differenziato la realtà); per l'esercizio della
attività
rappresentativa; per uno sviluppo ordinato ed una prima organizzazione
delle
conoscenze; infine per l’avvio del processo di socializzazione.
Il gioco, esso pure nelle sue varie forme (motorio, imitativo,
simbolico, ecc.),
mentre è reso possibile proprio dallo sviluppo della motricità e
dell'attività
rappresentativa e fantastica, diviene a sua volta un mezzo veramente
fondamentale per lo sviluppo della personalità. Esso favorisce le
acquisizioni
percettive-motorie; costituisce occasione sia per una ricca attività
imitativa
sia per l'esercizio delle capacità di osservazione, di analisi e di
coordinamento; facilita largamente lo sviluppo della vita
rappresentativa.
L'attività ludica, in certe particolari forme (gioco dei ruoli,
giochi con
regole), favorisce in misura determinante i processi di
socializzazione. Con
riferimento, infine, allo sviluppo affettivo ed emotivo, il gioco,
proprio in
quanto permette di manifestare e scaricare, per vie indirette, spesso
con
riferimento a personaggi rappresentati simbolicamente, tensioni di
vario tipo,
assolve anche ad una funzione di compensazione e di equilibrio, e può
inoltre
permettere alla educatrice sensibile e psicologicamente preparata di
conoscere
meglio e più a fondo la vita affettiva ed emotiva del bambino.
La personalità infantile, così descritta, è nella società
attuale in
trasformazione, investita da un flusso multiforme e continuo di
stimolazioni e
di messaggi; il bambino è costretto a confrontarsi continuamente con
abitudini,
atteggiamenti e modelli di vita, in rapida evoluzione, dai quali può
derivargliene conflitti e tensioni sul piano emotivo e disorientamento
sul piano
delle acquisizioni intellettuali.
La scuola materna non può, quindi, ignorare questo problema che
pone ad essa,
per prima, il compilo di preparare il bambino ad affrontare una
realtà sempre
mutevole. Nell'età nella quale si pongono le basi della futura
personalità, essa
ha il compito di creare i presupposti di una futura capacità di
adattamento
emotivo ed intellettuale che ponga 1’individuo in grado di percepire
la
continuità nei mutamenti e di assumere di fronte ad essi un
atteggiamento
attivo, autonomo ed originale.
In questo senso può dirsi clic già nella scuola materna ha inizio
l’educazione
permanente necessaria all'uomo contemporaneo.
5. La personalità dell’educatrice e dell'assistente.
Nulla è più necessario per un corretto sviluppo della
personalità infantile dell'instaurarsi di un intelligente ed
equilibrato rapporto tra educatrice e bambino.
Ciò esige a sua volta che l’educatrice possieda e coltivi, prima
di tutto,
l'attitudine ad aggiornare e a migliorare le proprie conoscenze e
capacità
professionali.
Infatti, se una buona preparazione di base, costituita da una
elevata cultura
generale e da una sicura cultura specifica di pedagogia, psicologia e
sociologia, tenute costantemente aggiornate, appare condizione
primaria, insieme
ad essa si pone inderogabile la presenza di doti fondamentali di
personalità,
che consentano all’educatrice di instaurare quell'equilibrato
rapporto affettivo
fra lei e il bambino, senza il quale non si promuovono in lui i sensi
di fiducia
e di sicurezza essenziali al suo sviluppo personale. Evitando
disarmonie con
l'ambiente familiare, e rimediando alle eventuali carenze di questo,
l’educatrice potrà cosi riscattare stati di frustrazione e indebiti
sensi
di colpa suscettibili di determinare nel bambino situazioni
depressive,
inibizioni dell'iniziativa e mancanza di autonomia.
E’ auspicabile che l’educatrice possegga in primo luogo, con l’attitudine
fondamentale a instaurare positivi rapporti umani con adulti e
bambini, alcune
essenziali doti, acquisibili e sempre perfezionabili con lo studio,
l'autocontrollo e la riflessione sui successi e sulle insufficienze
della
propria opera educativa.
Fra le attitudini fondamentali, oltre alla capacità di amare i
bambini e di
coltivare in genere buoni rapporti umani, sono indispensabili normali
condizioni
di salute fisica e mentale. L’educatrice deve poter portare così
nella propria
attività, un costante equilibrio emotivo che, arricchito da una
tendenza
all'ottimismo, all'umorismo, allo spirito lieto, escluda atteggiamenti
di
ansietà, iperaffettività, malumore, intolleranza, sfiducia. Un
profondo senso
del dovere, manifestazione di una vivace sensibilità morale, uno
spirito di
ordine e di coerenza devono assicurare alla vita della sua scuola
un'atmosfera
di stabilità e di sicurezza, consentendole di influire beneficamente,
specie
mediante l'esempio, sui bambini e sulle loro famiglie. Con queste doti
l’educatrice riuscirà agevolmente ad affiatarsi con le colleghe.
Su queste basi essa dovrà darsi un serio metodo didattico con le
relative
modalità tecniche ed organizzative, e animarlo con prontezza di
intuizione, di
iniziativa e con spirito creativo.
L'insieme delle attitudini e delle qualità indicate, integrate in
una visione
ideale della vita, assicurano il successo dell'opera educativa
realizzando un
clima di serenità nella scuola.
Una funzione che presenta molti caratteri educativi è affidata
anche
all'assistente, alla quale si richiede di coadiuvare le educatrici
nella
vigilanza e nell'assistenza dei bambini. Essa la assolverà
specialmente con
l'essere presente e vigile all'ingresso e all'uscita, aiutando i
bambini
nell'uso dei servizi igienici e nelle pratiche igieniche, coordinando
e
sorvegliando i servizi logistici, attendendo al migliore funzionamento
della
scuola.
Anche l'assistente deve amare ed accettare l'infanzia; saper tenere
coi bambini
un comportamento imparziale, sereno ed equilibrato; deve conoscere e
praticare
scrupolosamente le norme igieniche richieste; saper parlare
correttamente la
lingua italiana; possedere una viva sensibilità morale e mantenere
con le
famiglie i migliori rapporti.
All'assistente non possono essere affidati specifici compiti propri
delle
educatrici, ma essa deve saper collaborare con queste e sapersi
inserire
utilmente nel clima educativo della scuola materna.
6. Aspetti educativi dell'assistenza.
Al fine di assicurare e attuare il diritto dell'infanzia alla
educazione, la
scuola materna dovrà utilizzare anche sul piano pedagogico e
didattico le
provvidenze intese a rimuovere gli ostacoli economici, sociali e
culturali che
ne limitano di fatto il successo. Ciò configura nel compito della
educatrice
anche un aspetto assistenziale, volto alla rimozione degli effetti
delle
carenze, dei ritardi e delle esperienze negative che possono
riscontrarsi nella
personalità e nelle situazioni dei bambini.
Le forme di assistenza offerte al bambino devono, infatti, evitare
esiti
negativi e diseducativi. Ad esempio, nel caso del trasporto dei
bambini e del
loro accoglimento a scuola, si dovrà cercare di promuovere in loro il
senso della responsabilità e dell'ordine nello spirito della
collaborazione e del reciproco aiuto e rispetto, in una atmosfera di
gioiosa
serenità. Lo stesso è da dirsi del tempo del riposo e di quello dei
pasti per
l'importanza che essi rivestono nell'educazione.
L'educatrice segnalerà di volta in volta alla famiglia e agli
organi direttivi
competenti il manifestarsi nei bambini di sintomi di malattie e di
disturbi e
irregolarità dello sviluppo fisico, sensoriale, del carattere,
dell'intelligenza, partecipando responsabilmente, ove occorra,
all'opera
di recupero. Essa si avvarrà, quindi, agli effetti della
propria attività
pedagogica e didattica, dei dati diagnostici rilevati dal servizio
medico-psico-pedagogico.
Nella scuola materna non è possibile ne s' deve mirare a svolgere
un sistematico
« programma » differenziato per temi culturali, o per valori
sociali, etici,
religiosi, giacché non lo consentono ancora ne le esperienze, ne le
strutture mentali, ne gli interessi del bambino, ne i livelli della
sua
maturazione psichica.
L'attività educativa della scuola materna si configura cioè in
forme che non
possono essere distinte e distribuite in settori rigidi e indipendenti
e in
appositi orari. Naturalmente, questo non comporta che non debbano
essere
sviluppati tutti gli aspetti della personalità infantile;
l'educatrice
approfondisca e svolga consapevolmente quanto affiora dalla
molteplicità delle
esperienze quotidiane e dagli atteggiamenti spontanei o indotti del
bambino; a
tal fine gioveranno procedimenti didattici clic rispettino l'unita
integrale
dello sviluppo infantile.
L’educazione del bambino deve muovere dai suoi bisogni e
interessi
opportunamente stimolando esperienze e tentativi, rivelatori della
personalità,
e assecondando i ritmi di vita che gli sono propri, senza reprimere e
mortificarne lo sviluppo con impazienze e anticipazioni dannose.
Sono le esperienze e l'esercizio delle attività a strutturare la
personalità,
per cui non e con l'intervento dall'esterno, ne con l'esigere una
precoce
sistematicità che si può sviluppare nel bambino la capacità di
organizzare via
via il proprio comportamento.
E’ importante che tali esperienze ed attività siano promosse e
guidate secondo
una didattica generale ispirata ai criteri dell'individualizzazione e
della
partecipazione alla vita di gruppo.
Così impostata, l'opera educativa della scuola materna si
svolgerà nelle forme
di:
- Educazione religiosa;
- Educazione affettiva, morale e sociale;
- Gioco ed attività costruttive e di vita pratica;
- Educazione intellettuale;
- Educazione linguistica;
- Libera espressione grafico pittorica e plastica;
- Educazione musicale;
- Educazione fisica;
- Educazione sanitaria.
PARTE SECONDA
ATTIVITÀ EDUCATIVE
1. Educazione religiosa
L'esperienza religiosa, esperienza tipicamente umana, risponde, nel
bambino di
questa età, a complesse esigenze affettive ed intellettuali. Le più
evidenti
sono iL desiderio di attingere un sentimento di legame universale con
Le cose
e le persone tutte; il bisogno di affidamento della propria persona a
una forza
e ad una volontà capaci di sorreggerla e di aiutarla nella conquista
della
autonomia; la richiesta di certezza e di stabilità nel fluire
dell'esistenza;
infine, la esigenza di compensare frustrazioni e delusioni derivate
dal rapporto
con l'ambiente e di sottrarsi a sensi di in sicurezza e di angoscia
che non e
possibile vincere con le proprie forze e che limitano !e capaci là di
operare
positivamente nel mondo.
L’educazione religiosa, proprio in quanto soddisfa questi
bisogni, ed offre i
fondamenti per una concezione spirituale, serena e unitaria del mondo
e della
vita, costituisce un aspetto irrinunciabile dell’educazione del
bambino.
Essa consente il pieno ed armonico sviluppo della sua personalità, 1’affinamento
del suo senso morale e dei valori, e radica in lui sentimenti di
autentica
socialità, animati, cioè,dal rispetto e dall'amore per il prossimo,
e
dall'ideale della pace tra gli uomini.
Tale educazione deve evitare atteggiamenti e metodi che possono
condurre, e
talvolta hanno condotto, negli ambienti familiari meno preparati, a
superstizioni, a pregiudizi, a formalismi che incidono negativamente
sulla
personalità infantile e compromettono la formazione morale e sociale,
anziché
costituire fonte di equilibrio, di serenità, di dinamico e creativo
ottimismo
nell'impegno di trasformazione umana del mondo e di disponibilità
verso
gli altri.
Nella scuola materna, il grado di maturità raggiunto dalla
personalità infantile
non permette di sviluppare pienamente l'esperienza religiosa, i cui
livelli più
alti coincidono con le scelte intellettualmente e moralmente autonome,
possibili
solo nell’ulteriore sviluppo della personalità. L'educazione
religiosa può
compiersi tuttavia efficacemente, muovendo dal complesso delle
esperienze
infantili; e può anche contribuire, indirettamente, all’affinamento
del
comportamento religioso delle stesse famiglie credenti, e costituire
per le
altre un invito a una più ricca educazione spirituale dei figli.
La bellezza e l'armonia della natura, ogni volta che siano
ravvisabili, e la
presenza in essa di innumerevoli forme di vita, possono costituire
motivo per
sviluppare sentimenti di rispetto e di amore per tutte le creature e
di
riconoscimento di Dio Creatore.
Il rapporto del bambino con i coetanei, non ancora concretato in
forme e
strutture sociali sufficientemente stabili e conosciute in forma
riflessa, trova
nei sentimenti di bontà e di amore una prima possibile espressione
emotiva. Tali
sentimenti possono essere guidati e farsi vincolo di fraternità
attraverso
l'evocazione della presenza provvida e amorosa di un Padre comune che
trascende
i singoli modelli paterni. Il senso di questa Presenza già
costituisce un
essenziale progresso della coscienza infantile verso la conquista dei
valori
morali, sociali e religiosi.
L’educazione religiosa nella scuola materna presenta, pertanto,
alcuni caratteri
fondamentali. Anzitutto essa dovrebbe muovere sempre da esperienze
tipicamente
infantili, o, comunque, immediatamente attingibili da tutti i bambini
della
comunità scolastica, e svolgersi ed attuarsi in forme e attraverso
attività
appropriate all'età.
Così, invece di ricorrere a schematizzazioni e insistere sulla
astratta
formulazione di precetti, sarà opportuno, attraverso la presentazione
di
racconti e di esempi concreti di valore religioso e morale, portare il
bambino
ad una prima apertura verso Dio e ad una vissuta esperienza di
fraternità, di
amore e di non violenza. Occorrerà pure, attraverso adatte narrazioni
ed
eventuali drammatizzazioni, chiarire ogni volta ai bambini il valore e
il
significato della religione sul piano della vita personale e
comunitaria o
familiare. Sarà anche opportuno utilizzare ampiamente semplici canti,
scelti tra
quelli offerti dalla tradizione religiosa. I momenti di preghiera
siano affidati
alla spontanea espressione e formulazione dei sentimenti presenti nell’animo
infantile.
L’educazione religiosa dovrà ispirarsi in ogni caso a serenità
e a misura. Sarà
a tal fine opportuno favorire nei bambini un atteggiamento di ascolto
interiore,
mediante momenti di raccoglimento. Si dovrà evitare la formazione o
favorire il
superamento di atteggiamenti religiosi ispirati più a timore che ad
amore,
ingeneranti insicurezza, ansietà, immotivati sensi di colpa,
sentimenti di
discriminazione e forme di pregiudizio, di intolleranza e di
fanatismo. Si dovrà
per contro promuovere sensi di fiducia secondo una religione
dell'amore e della
giustizia, che faccia coincidere la legge divina con la legge di una
interiore
coscienza certa e serena. L'educazione religiosa dovrà sottolineare
gli aspetti
universali della religiosità e insieme quelli specifici delle varie
forme
religiose.
In particolare, è indispensabile che l'educatrice sia sempre
guidata dalla piena
consapevolezza della possibile presenza in classe di bambini che
provengono da
famiglie con diverse concezioni religiose, o con un orientamento non
religioso,
e della necessità del rispetto pieno di tali concezioni od
orientamenti diversi,
evitando che quei bambini possano sentirsi in qualche modo esclusi
dalla
comunità infantile.
2. Educazione affettiva, emotiva, morale e sociale
La base di un equilibrato sviluppo affettivo ed emotivo e della
formazione
morale e sociale del bambino deve essere individuata sia
nell'atteggiamento di
fondo dell’educatrice (atteggiamento che si esprime più attraverso
una serie di
comportamenti concreti che non attraverso semplici espressioni
verbali), sia
soprattutto nell'atmosfera calda, serena, ordinata, schiettamente
sociale, che
l'educatrice riesce a creare ed a mantenere viva nella comunità
scolastica.
Questo non esclude tuttavia che certi interventi specifici o certe
attività
concrete possano avere una loro efficacia nel promuovere lo sviluppo
di tali
aspetti della personalità.
Lo sviluppo affettivo si verifica nel senso del costituirsi e del
progressivo
affinarsi sia di rapporti a carattere positivo, contrassegnati cioè
da amicizia,
attaccamento, amore, nei confronti delle persone, ed anche degli
animali,
dei luoghi e degli oggetti che formano l'ambiente psicologico del
bambino, sia
di rapporti a carattere negativo, contraddistinti cioè di inimicizia,
risentimento, repulsione, gelosia.
Compito principale dell’educatrice sarà quello di fare in modo
che siano
soprattutto i rapporti affettivi del primo tipo a svilupparsi ed a
consolidarsi.
A questo riguardo essa dovrà tenere presente, come principio guida,
il fatto
che il bambino si affeziona con facilità a coloro che si occupano
amorevolmente
di lui, intervengono o sono comunque pronti ad intervenire per
aiutarlo a
superare le difficoltà in cui si trova, per soddisfare certi suoi
desideri
o bisogni profondi connaturati all'età o permettono che compia di
persona talune
esperienze essendo tuttavia pronti a soccorrerlo qualora ciò risulti
necessario,
o gli danno con la loro presenza affettuosa un senso di sicurezza e di
stabilità. Terrà pure presente che il bambino sviluppa rapporti
affettivi a
carattere negativo nei confronti delle persone che assumono verso di
lui, in
modo per lui ingiustificato, un atteggiamento frustrante, sia nel
senso che
trascurano di dargli aiuto nei momenti di difficoltà, sia nel senso
che, con il
loro comportamento o anche con la loro semplice presenza, riducono
ingiustificatamente le sue possibilità di azione.
L'educatrice, oltre che organizzare sulla base di questi principi i
propri
rapporti con il bambino, cercherà anche di conoscere la natura e la
intensità
dei vincoli affettivi che lo uniscono a ciascun membro della famiglia.
Essa
curerà anche, ove necessario, di rendere consapevoli i familiari dei
pericoli,
per un equilibrato sviluppo affettivo del bambino, che possono
derivare da certi
loro atteggiamenti, come l'iperprotezione, la completa sottomissione
ai desideri
del bambino, la preferenza esplicitamente accordata ad uno dei figli,
l'indifferenza per le esperienze che il bambino viene compiendo, il
rifiuto
sistematico a qualsiasi sua richiesta assunto come principio
educativo, la
severità eccessiva.
L'educatrice deve essere, insomma, ben consapevole del fatto che le
esperienze
affettive compiute dal bambino nel periodo della scuola materna, hanno
un'importanza determinante non soltanto per quanto riguarda il
rafforzarsi o il
modificarsi dei rapporti affettivi già esistenti ed il costituirsi di
nuovi
rapporti, ma anche in relazione allo svolgimento ulteriore della vita
affettiva
e, più in generale, allo sviluppo della personalità nel suo insieme.
Le
esperienze affettive infantili hanno riflessi che si estendono molto
lontano nel
tempo e investono anche il periodo della vita adulta.
Lo sviluppo emotivo si caratterizza, a questa età, come crescente
capacità di
dominare tensioni e impulsi quali, da una parte, la paura, l'ira,
l'aggressività, il dolore per una perdita subita, e dall'altra il
desiderio di
entrare immediatamente in possesso di un bene.
L'educatrice dovrà essere consapevole della grande influenza che
essa, e gli
adulti in genere, possono esercitare al fine di garantire un
equilibrato
sviluppo emotivo. Dovrà evitare con cura di favorire, spesso
inconsapevolmente,
la formazione di tensioni emotive ingiustificate e dannose (come la
paura
dell'«uomo nero », dei morti, del diavolo, del tuono, o la paura di
adulti o di
luoghi chiamati in causa nelle situazioni in cui si desidera che il
bambino sia
« buono »); e dovrà svolgere in tale senso, qualora risulti
necessario, un'opera
educativa nei confronti della famiglia. Evitare la formazione di stati
di paura
ingiustificati non dovrà ovviamente significare evitare in ogni caso
di creare
nel bambino il senso che certi oggetti, o situazioni, o luoghi, sono
realmente
pericolosi. Nel rendere consapevole il bambino dei pericoli reali ai
quali può
trovarsi esposto, bisognerà tuttavia dargli anche il senso che tali
pericoli
devono, in certi casi, essere evitati, ed in altri possono essere
invece
affrontati ricorrendo a particolari precauzioni.
Di fronte a scoppi d'ira del bambino e a sue manifestazioni di
aggressività,
spesso generalizzate a tutti gli elementi dell'ambiente, o al pianto
disperato
con cui egli sovente risponde alle situazioni frustranti (un rifiuto
da parte di
un adulto o di un coetaneo, la insuperabile difficoltà che presenta
una certa
attività costruttiva, la rottura di un giocattolo, ecc.),
l'educatrice potrà
favorire il suo sviluppo emotivo aiutandolo ad adottare, sia pure
molto
gradualmente, un comportamento più adattivo, fondato su una
considerazione delle
cause che hanno prodotto la frustrazione e dei modi più idonei per
eliminarle.
Essa cercherà di abituare via via il bambino a differire nel tempo,
nei casi in
cui ciò risulta utile e necessario, il soddisfacimento dei suoi
desideri. Dovrà
anche aiutarlo a realizzare desideri ed aspirazioni in forme che siano
adeguate
sia su un piano personale (nel senso che il soddisfacimento non
risulti in
definitiva dannoso per lui stesso), sia su un piano sociale (nel senso
che esso
non sia causa di un danno per gli altri).
Lo sviluppo morale, nell'età della scuola materna, va inteso
soprattutto come
graduale presa di coscienza, da parte del bambino, della necessità di
certe
norme ideali alle quali la sua condotta dovrà ispirarsi. Tali norme,
durante il
periodo della scuola materna, sono da lui assunte soprattutto
dall'esterno, nel
senso che egli tiene conto nel suo comportamento concreto dei comandi
e dei
divieti degli adulti, ma sente anche che essi provengono, appunto,
dagli adulti.
Tuttavia, verso la fine del periodo della scuola materna, prende di
solito avvio
un graduale processo di interiorizzazione di queste norme. Esse cioè
cessano di
essere vissute solo come imposte dal mondo degli adulti, e vengono
invece
accettate e fatte proprie dal bambino, cominciano cioè ad operare,
come una voce
interiore, come coscienza morale.
L'educatrice potrà favorire questo processo di interiorizzazione
presentando
ogni norma non già come semplice espressione della sua volontà ma
come esigenza
che nasce, per così dire, dalla natura delle cose (non già, dunque
« io voglio
che tu faccia questo », ma « è necessario che tu faccia questo »).
Essa dovrà
fare anche in modo che questa obbiettivazione ed interiorizzazione
delle norme
morali sia sempre, per quanto è possibile, accompagnata da una presa
di
coscienza delle ragioni che le giustificano. In questo senso cercherà
sempre di
spiegare ai bambini perché una cosa deve essere fatta, oppure deve
esse-
re evitata, anche in quei casi in cui può avere l'impressione che i
bambini non
sentano ancora il bisogno di conoscere tali ragioni.
L'acquisizione di norme morali è alla base dello sviluppo di un
comportamento
genuinamente sociale. Le norme morali infatti, riguardano spesso il
comportamento del bambino nei confronti degli altri: il rispetto delle
regole
di un gioco, la lealtà, la sincerità, la solidarietà, l'aiuto
reciproco, sono
infatti forme di comportamento morale in situazioni sociali.
Lo sviluppo sociale può dunque essere inteso sia come crescente
consapevolezza
del fatto che nel corso della propria attività occorre tenere conto
degli altri
ed evitare di danneggiarli (disordine, rumore, uso esclusivo di
oggetti o di
giocattoli, ecc.), sia come crescente capacità di istituire con gli
altri dei
rapporti di collaborazione (giochi collettivi, attività che
richiedono una
coordinazione del contributo dei singoli bambini, come canti corali,
recite,
ecc.).
L'educatrice potrà favorire lo sviluppo sociale dei bambini, oltre
che
attraverso la graduale assunzione ed interiorizzazione di norme morali
relative
ai rapporti individuali, anche cercando di fare in modo che ognuno di
essi
giunga a conoscere gli altri ed a partecipare, intellettualmente ed
affettivamente, ai loro problemi. Potrà a questo riguardo essere
utile fare in
modo che qualche bambino spieghi agli altri le difficoltà in cui si
trova, i
piccoli problemi che ha incontrato. Potrà ugualmente giovare che
educatrice e
bambini effettuino in comune l'esame di tali difficoltà e problemi,
per trovare
insieme il modo adatto a risolverli. Potrà anche essere utile guidare
il bambino
a rendersi conto che vi possono essere certi fini individuali che
tuttavia
richiedono l'aiuto degli altri, aiuto che presuppone la reciprocità;
e che vi
possono essere certi fini super-individuali che solo gli sforzi
congiunti e
coordinati dei singoli possono permettere di conseguire.
Con riferimento alla educazione affettiva, emotiva, morale e
sociale, va tenuta
presente la necessità, cui si è accennato altrove, di dare avvio,
già a partire
da questa età, ad una prima semplice forma di educazione sessuale.
Essa
deve realizzarsi in modi non repressivi, oltre che sul piano
dell'informazione
relativa alla origine dei bambini e alle differenze sessuali
(informazione che,
data occasionalmente ma al momento opportuno, può prevenire la
formazione, o
ridurre l'intensità di certe tensioni emotive derivanti da curiosità
insoddisfatte), anche sul piano della conoscenza fra bambini e
bambine, che può
svilupparsi gradualmente e dare luogo a comportamenti fondati
sull'accettazione
e sul rispetto reciproci.
3. Gioco e attività costruttive e di vita pratica
a) Gioco
II gioco è la manifestazione essenziale dell'infanzia che ne
caratterizza tutte
le attività. È nel gioco che si delineano e si sviluppano tutte le
principali
capacità del bambino, quelle senso-motorie, quelle socio-affettive,
quelle
costruttive, quelle espressive e quelle intellettuali, giacché
implica la più
vitale partecipazione di tutta la sua personalità.
Principio sollecitatore della sua maturazione e della sua
formazione, il gioco
costituisce l'elemento liberatore primario del bambino che per suo
tramite
penetra in modo attivo nella realtà naturale e umana e scopre via via
se stesso. È per questo che il gioco costituisce il motivo e
l'esperienza di
fondo di tutta la vita che si svolge nella scuola materna.
È importante che esso mantenga il carattere di gioco spontaneo
senza
finalizzazioni che lo volgano ad altro, per cui cesserebbe di essere
gioco.
L'impegno specifico della educatrice sarà quello di creare continue e
rinnovatrici occasioni di gioco, di offrire ai bambini, attraverso i
materiali
adatti e spazi ambientali idonei, le più ampie possibilità di scelta
e di porli
così nelle condizioni di dare avvio ad attività ludiche individuali,
in piccoli
gruppi, o collettive.
È opportuno ricordare a questo proposito, che nessun giocattolo è
buono in
assoluto, e che un buon giocattolo dato troppo presto è nocivo quanto
un cattivo
giocattolo. Il bambino sia lasciato libero nel gioco, s'inserisca o no
la sua
attività nell'attività dei compagni. L'educatrice eviti nel modo
più assoluto di
cercare di regolare e di coordinare il gioco individuale o collettivo
dei
bambini dall'esterno, e di distrarre i piccoli da quel che stanno
facendo, per
richiamarli ad altre attività che essa reputi più importanti.
Consideri il gioco
come l'indice più sicuro del carattere del bambino e tale dunque da
rivelar la
misura della normalità del suo sviluppo, il grado della sua salute
mentale e
fisica, i suoi stati emotivi. Il compito dell'educatrice sarà volto
alla ricerca
delle cause che possono determinare eventuali comportamenti anormali,
nonché
delle conseguenti soluzioni da adottare in aiuto del bambino: non mai
quello di
intervenire in rapporto a preconcette formulazioni.
Nel gioco, nucleo fondamentale del mondo infantile, il bambino
rivela ed assume
via via i valori più alti della sua persona.
Dal lato intellettuale, esso si configura come tipica forma della
attività
conoscitiva infantile. Il bambino insegna a se stesso, per suo mezzo,
« come si
ragiona e si pensa, come si confronta e si contratta »; progetta,
formula
giudizi, trae conclusioni. Lo stesso è da dirsi per lo sviluppo
morale e
spirituale e per l'educazione affettiva.
L'offerta della più ampia disponibilità di giocattoli e di
materiale ludico,
deve essere tale da sollecitare e secondare le più varie forme di
gioco. Queste
variano infatti in rapporto alle capacità da sviluppare nei bambini.
L'educatrice dovrà perciò tener presente la differenza che passa tra
giochi che
favoriscono le capacità senso-motorie, le abilità costruttive, la
fantasia,
l'imitazione, le disposizioni socio-affettive; le qualità
intellettuali,
l'attitudine alla sperimentazione e alla progettazione. Tutte queste
forme
di gioco potranno essere svolte individualmente, in piccoli gruppi o
collettivamente; con materiali strutturati o no; in aula o all'aperto.
Indipendentemente dai vari giocattoli in commercio, a mero titolo
indicativo,
senza pretesa di esaurire le possibilità di arricchimento dovute alla
inventività e alla partecipazione dell'educatrice, si da un elenco di
materiale
ludico che più sembra rispondere alle comuni esigenze del gioco
infantile:
sabbia a stampi (stampi di fortuna, anche: vecchi cucchiai,
pentolini,
colabrodo, ecc.); cubetti di legno e blocchi da costruzione di varie
forme e
dimensioni; scatole di legno o cartone; barili vuoti per formare
tunnel, corte
scale a pioli; una serie di bambole; oggetti di facile manipolazione
come carta,
colla, forbici (con le punte arrotondate per i più piccini);
materiale che
consenta al bambino di impersonare quei ruoli degli adulti che lo
interessano;
pezzi di stoffa, tubi di gomma, camere d'aria, candele d'auto
usate, pompe di
pneumatici (materiale facilmente reperibile); attrezzatura per giochi
con
l'acqua: tubi di gomma, secchi, tinozze, oggetti galleggianti,
tavolette per
lavare, ecc.; libri di carta pesante, con immagini adeguate alle
diverse età; si
consigliano infine: giocattoli smontabili e di semplice struttura,
tamburi,
piatti, campanelli, triangoli per l'orchestra infantile; monopattini,
carriole,
cerchi, tricicli, altalene, arrampicatoi, scivoli, carrelli,
automobiline,
autocarri, assi sospese da terra ad altezza adatta per giochi di
equilibrio e
per il salto; piccoli piani inclinati, forniti di scalini; palloni,
giocattoli a
trazione, animali poggiati su ruote e simili per i giochi all'aperto,
strumenti
per giardinaggio.
Il bambino sia sempre libero di manipolare, tagliare, impastare,
senza timore di
essere rimproverato perché si sporca. Si abbia cura di sistemare il
materiale in
modo da facilitare il miglior comportamento dei bambini nell'uso
di esso.
b) Attività costruttive e di vita pratica
All'espressione ludica del bambino si accompagnano con proprie
caratteristiche,
forme di attività ordinata e finalizzata. Attività costruttive,
occupazioni
manuali, nell'aula ed all'aperto, giardinaggio e piccoli allevamenti
rappresentano l'attiva partecipazione del bambino alla vita della
famiglia e
dell'ambiente. Esse attestano la sua attenzione ai fenomeni della
natura, il suo
bisogno di manipolare e di trasformare inventivamente materiali e
cose, e di
servirsene funzionalmente. Sarà indispensabile però offrirgli
occasioni e
situazioni opportune, assicurandogli in misura adeguata sussidi,
materiali e
strumenti che contribuiscano anche a motivare iniziative sempre nuove.
Tali attività, che debbono essere sempre lasciate alla
spontaneità del bambino,
hanno valore di individualizzazione e di socializzazione: ad esempio,
e in modo
particolare, il giardinaggio e gli allevamenti che, attraverso i loro
impegni operativi, favoriscono lo sviluppo intellettuale, morale e
sociale. Lo
stesso accade con le attività di vita pratica che si compiono negli
spogliatoi;
con i compiti di organizzazione, di pulizia, di riordino e decorazione
del-
l'aula; di spostamento e di distribuzione in essa della suppellettile;
con
l'apparecchiatura delle tavole e con l'ordine del locale destinato ai
pasti;
infine, con le diverse operazioni e cure igieniche quotidiane.
Oltre ad avere effetti immediati, queste attività offrono al
bambino motivi di
osservazione, di riflessione e di autocontrollo, utili ad un concreto
esercizio
del pensiero e allo sviluppo del senso di responsabilità.
4. Educazione intellettuale
I progressi che, dai tre ai sei anni, si verificano sul piano dello
sviluppo
percettivo e conoscitivo, pongono alla educatrice il compito di
utilizzare le
varie esperienze ed attività che il bambino viene compiendo per una
educazione
intellettuale graduale, e non incautamente anticipatrice.
L'educazione intellettuale va qui intesa prevalentemente come
educazione a
considerare con viva curiosità i diversi aspetti del mondo
circostante, a
lasciarsi guidare dal bisogno di esplorazione connaturato a questa
età,
a non sottrarsi allo stupore che provocano i grandi fatti della
natura, ma anche
ad assumere sempre più facilmente, di fronte a cose o situazioni
colte dapprima
con finalità relativamente poco differenziate, o considerate soltanto
nei
loro aspetti più vistosi, un atteggiamento via via più analitico che
porti a
individuare elementi o aspetti della realtà in un primo momento non
avvertiti.
L'attività spontanea di ricezione, di osservazione e di
esplorazione, e le
attività di analisi cui essa può dare occasione, permetteranno al
bambino di
raccogliere quei dati di esperienza che possono fornirgli opportunità
per certe,
semplici riflessioni, e indurlo a porsi ed a porre alla educatrice, in
armonia
con una tendenza tipica a questa età, dei « perché », per quanto
strani ed
insoliti essi possano apparire. Tali « perché » potranno poi
costituire la
base per conversazioni che sollecitino certi elementari processi di
comprensione, ossia dei processi mentali mediante i quali il bambino
giungerà
poco per volta a collegare certi aspetti della realtà o certi fatti
con certi
altri, in modo che gli uni trovino negli altri un loro completamento
ed una loro
giustificazione.
Tali processi di comprensione dovrebbero tuttavia verificarsi anche
nel senso
che il bambino giunga poco per volta, e in un tempo spesso successivo
a quello
della scuola materna, a rendersi conto del fatto che la realtà può
essere
osservata e considerata da molteplici punti di vista, e che essa può
dunque
presentarsi, anche percettivamente, con aspetti diversi per le diverse
persone
(ad esempio, ciò che una persona vede inquadrato dal vano di una
finestra non
coincide con quello che vede un'altra collocata in un punto diverso
della
stanza).
Questi processi di comprensione dovrebbero svilupparsi anche nel
senso che il
bambino giunga, soprattutto verso il termine del periodo della scuola
materna,
ad abbandonare gradualmente certe interpretazioni animistiche e
finalistiche che
nelle età precedenti applicava spontaneamente a tutti gli eventi del
mondo
fisico, e a riconoscere che esse valgono solo per gli esseri viventi,
mentre i
fenomeni naturali obbediscono ad una causalità di ordine puramente
fisico.
Potranno utilmente servire, per promuovere processi
di comprensione come quelli ora considerati, certe particolari
attività ludiche
(ad esempio i giochi di costruzione, i giochi dei ruoli, i giochi in
cui si
tratta di seguire certi percorsi interpretando delle indicazioni
verbali, i
giochi di ordinamento o di corrispondenza quali le tombole figurate o
i domino,
soprattutto quando richiedano accoppiamenti fra oggetti simili o fra
oggetti
complementari); e così potranno valere osservazioni o conversazioni
di carattere
occasionale che sollecitino il bambino ad istituire un confronto fra
il
contenuto della sua percezione e quello della percezione altrui, o fra
le
persone, gli animali e altri elementi del mondo animato e inanimato,
al fine di
cogliere somiglianze o differenze essenziali ma non facilmente
visibili.
Nel considerare la realtà in cui vive il bambino e dalla quale
possono essere
tratti gli spunti per tali osservazioni e conversazioni, occorre dare
la giusta
importanza all'insieme di oggetti, di complessi, di processi
artificiali e
meccanici che la riempiono, e da cui egli trae ad ogni momento
innumerevoli
stimoli intellettuali ed emotivi. Le suggestioni derivanti dalla
radio, dal
cinema, dalla televisione, dalla pubblicità sempre più penetranti,
colorate,
sonore, luminose, vanno attentamente considerate per un'azione
educativa che,
mentre da una parte ne utilizza certi elementi positivi per lo
sviluppo
intellettuale e cognitivo, dall'altra parte ne corregge e ne annulla,
per quanto
è possibile, gli effetti di eccitazione e di turbamento.
Una forma di educazione intellettuale può avere luogo anche nel
senso di
favorire una certa creatività intellettuale già presente a questa
età, che trova
il suo sostegno nelle forme espressive più diverse, tra cui quelle
figurative,
musicali; ludiche, manipolative, e che può manifestarsi soprattutto
in
situazioni in cui è necessario affrontare, sul piano delle attività
di gioco,
semplici problemi pratici. L'educatrice potrà eventualmente
promuovere lo
sviluppo di questa creatività intellettuale predisponendo certe
condizioni
favorevoli (per esempio, gioco dei racconti interrotti che i bambini
possono
continuare e completare in modi diversi, giochi di previsione non solo
di natura
verbale ma anche di tipo figurativo, di segni incompleti da integrare,
storie
figurate da completare, drammatizzazioni che prendono avvio da un
certo tema,
indovinelli a più soluzioni, ecc.) e valutando ogni volta, nella
giusta misura,
i prodotti di tale attività creativa.
È anche particolarmente importante che, durante il periodo della
scuola materna,
il bambino impari a passare con facilità, in modo alterno, dal piano
della
realtà (e cioè dal piano della osservazione e della manipolazione
delle cose,
che risulta possibile solo entro i limiti imposti dalla loro natura)
al piano
dell'irrealtà (e cioè al piano della fantasia, sul quale tutto
risulta in certo
modo possibile, e le cose si trasfigurano e rivelano talvolta più
facilmente
aspetti sino ad allora non veduti). Una educazione che ponga l'accento
su uno
solo di questi due momenti ostacolerebbe un equilibrato sviluppo delle
capacità
intellettuali del bambino, legandolo troppo, in un caso, alle cose
concrete e
soffocando così la sua spiritualità, e rendendolo, nell'altro, poco
preparato ad
affrontare una realtà che non si piega facilmente al suo volere.
L'educatrice
può favorire questo frequente passaggio dall'uno all'altro piano
prendendo per
esempio occasione dalla osservazione di oggetti o di avvenimenti che
appartengono alla realtà per l'avvio di racconti che portino i
bambini
nell'ambito del possibile, o in quello del fantastico e dell'irreale,
e
sviluppando in loro molto gradualmente, soprattutto verso il termine
della
scuola materna, il senso delle differenze che passano fra i due
diversi piani.
L'educazione intellettuale va considerata anche per i riflessi che
essa ha nel
campo dello sviluppo emotivo e dello sviluppo sociale.
Il bambino può giungere più facilmente a dominare certe sue
emozioni (di
collera, di paura) proprio se arriva a « comprendere », e cioè a
collegare
meglio fra loro, certi fatti (e quindi a vedere che vi sono modi più
adeguati
della collera per reagire ad una frustrazione provocata dalle cose, o
dalle
persone, oppure che non vi è ragione di temere certe situazioni che
in un primo
momento aveva considerato come pericolose o minacciose). L'educatrice
non dovrà dunque trascurare mai di favorire lo sviluppo affettivo dei
bambini
ponendo in atto in loro dei processi di comprensione, illustrando loro
mediante
spiegazioni anche più volte ripetute le ragioni che giustificano i
limiti
posti ai loro desideri ed alla loro attività dalle cose o dalle
persone, o tutte
le possibilità concrete che a tali attività si offrono in quelle
situazioni che
il bambino teme di non saper affrontare.
Cosi pure il graduale sviluppo di una certa capacità di «
comprendere » gli
altri, e in particolare di avvertire il loro diverso modo di vedere e
di
valutare la realtà (capacità che tuttavia sarà acquisita in ampia
misura solo
nel corso della scuola elementare), può rendere più facile al
bambino istituire
una collaborazione con gli altri e favorire così il processo di
socializzazione.
Reciprocamente, la situazione di socialità è condizione assai
favorevole per
una educazione intellettuale nel senso qui detto.
Infatti, proprio attraverso la constatazione che altri vedono e
valutano le cose
in modo più o meno diverso dal suo, o scorgono negli oggetti o negli
avvenimenti
aspetti o rapporti che egli non vedeva, il bambino arricchisce il suo
patrimonio
di conoscenze e da gradualmente alla propria vita intellettuale una
maggiore
mobilità ed una maggiore articolazione.
5. Educazione linguistica
L'educazione linguistica, nella scuola materna, ha un posto
preminente, dato che
il linguaggio verbale pervade e sorregge tutte le attività del
bambino.
Condizione essenziale per l'acquisizione della lingua è favorire
occasioni in
cui i bambini siano indotti a parlare, interrogando, raccontando,
rispondendo,
in un ambiente sereno e lieto, sempre pronto ad accogliere i loro
discorsi. Tale
ambiente sarà offerto dal contesto stimolante di vita sociale, della
sezione e
della scuola, che motiva altamente lo sviluppo delle capacità del
bambino tanto
a livello comunicativo, quanto a livello espressivo.
L'educatrice dovrà tenere presenti le varie funzioni che in questa
età ha la
lingua parlata. La lingua assolve anzitutto ad una funzione
espressiva, che si
attua spesso attraverso la immediata manifestazione di emozioni,
sentimenti e
impressioni o nei commenti verbali con i quali i bambini accompagnano
e
sottolineano le loro produzioni grafico-pittoriche, o le loro
attività,
costruttive o ludiche. Essa inoltre assume una funzione di
comunicazione, per
cui la lingua diventa uno strumento insostituibile per 1o stabilirsi
dei
rapporti sociali, per un primo avvio a forme di collaborazione, per lo
scambio
di esperienze e
11 conseguente graduale ampliamento del campo delle conoscenze.
Infine la lingua
assolve ad una funzione di « inculturamento » nel senso che a mezzo
dell'apprendimento di nuove parole o espressioni verbali e del
progressivo
precisarsi del loro significato, essa favorisce la graduale
assimilazione di
certi modi di vedere le cose e di metterle in rapporto fra loro,
tipici dei
bambini più grandi e degli adulti di un certo ambiente culturale.
L'educatrice potrà favorire l'acquisizione della lingua curando
anzitutto il
progressivo arricchimento del patrimonio di vocaboli che il bambino sa
usare o
di cui conosce almeno il significato. A tale scopo potranno servire
tutte le
conversazioni che traggono origine dalle domande dei bambini, dalle
osservazioni
occasionali compiute sugli oggetti o i fatti che costituiscono
elementi
dell'esperienza diretta, dalle varie attività di gioco, così come
potranno
servire le narrazioni e le letture di racconti molto semplici, a
carattere
fondamentalmente sereno e ottimistico, in cui si muovano personaggi
noti al
bambino; (gli animali domestici, le persone che svolgono attività o
mestieri
tipici o certi personaggi che i bambini conoscono dalla televisione o
dai
giornalini scritti per loro).
Molti vocaboli che sono semplici e chiari per la educatrice possono
non essere
tali ai bambini; i quali spesso non ne chiedono la spiegazione in
quanto li
assimilano facilmente ad altri che già conoscono o danno loro una
interpretazione fantastica. Essa dovrà dunque, con pazienza, ma senza
pedanteria, soffermarsi a chiarirne il significato. I bambini di
questa età sono
ancora scarsamente capaci di utilizzare, per scoprire il significato
di una
parola ignota, il contesto verbale entro il quale è stata presentata
loro.
Si potrà favorire l'acquisizione della lingua anche nel senso di
promuovere nel
bambino la graduale formazione di corrette abitudini linguistiche, e
cioè della
capacità di pronunciare in modo esatto le varie parole, di costruire
frasi
formalmente corrette, o di dare alle frasi intonazioni che possano
avere un
valore significante. Questo dovrà essere fatto sempre
occasionalmente, senza
insistenza, ed escludendo ogni richiamo a definizioni o a regole
grammaticali.
In alcuni casi potrà essere utile far notare al bambino che « di
solito non si
dice proprio così, ma in altro modo », evitando con cura di
mortificare la sua
tendenza a parlare in modo libero e spontaneo.
Maggiore efficacia avrà tuttavia la costante presentazione, nella
conversazione
e nella lettura, di modelli linguistici che i bambini possano
facilmente
assimilare: l’educatrice, parlando, dovrà dunque usare frasi brevi,
costruite in
modo lineare; e leggendo dovrà semplificare, in questo senso, la
struttura
sintattica del racconto.
Grande importanza potranno pure avere quelle occasioni che
suscitano nei bambini
il desiderio di fare proprio e di utilizzare un certo materiale
linguistico, e
quindi anche le strutture con le quali esso si presenta.
L'apprendimento
spontaneo di filastrocche, di canzoncine, di poesie belle quanto
semplici, l'uso
di certe formule verbali nel corso dei giochi, possono servire a
questo scopo.
Sarà bene, al riguardo, promuovere il gioco drammatico e il teatro
dei
burattini, dei quali si deve tener presente la grande efficacia,
illustrata a
suo luogo, particolarmente ai fini della educazione linguistica dei
bambini.
L'acquisizione di nuovi vocaboli e di nuove abitudini linguistiche
pone spesso
il problema del rapporto tra lingua nazionale e dialetto. In molti
casi, questo
è l'unico linguaggio del bambino e il suo uso va dunque rispettato
perché egli
ne trae un senso di stabilità e di sicurezza essenziale per uno
sviluppo
equilibrato. Ma l'educatrice dovrà fare in modo che, accanto alle
abitudini
linguistiche dialettali, ed al loro completamento (e non già in
antitesi con
esse) si vengano gradualmente sviluppando e consolidando altre
abitudini verbali
relative all'uso della lingua nazionale.
È da sottolineare al riguardo che, come nelle zone con popolazione
bilingue è
necessario che l'educatrice conosca, oltre all'italiano, la lingua dei
gruppi
etnici ai quali appartengono i bambini, così, dovunque si parli il
dialetto, è
opportuno che l’educatrice si orienti in esso, almeno fino a potersi
intendere
con i bambini. Quando nella stessa sezione vengano a trovarsi alunni
di
differenti origini dialettali, sarà essenziale da parte della
educatrice
promuovere al massimo la comunicazione verbale fra loro, traendo
occasione da
comuni attività pratiche, dal comune uso di oggetti, da situazioni
quotidiane
collettive per stabilire, nonostante le differenze del parlare, la
mas-
sima integrazione reciproca affettiva e sociale.
L'educatrice guiderà anche gradualmente il bambino a prendere
coscienza delle
difficoltà che, sul piano della comunicazione con gli altri, possono
derivare da
certi suoi modi di esprimersi. Il commentare cose o fatti, senza prima
indicarli
o descriverli, in quanto si ritiene che siano già noti agli
interlocutori,
l'impiego di nomi propri, o di pronomi, non accompagnato dalla
preoccupazione di
chiarire prima, a chi o a che cosa si riferiscano, l'uso di frasi
monche, di
espressioni ellittiche, costituiscono esempi frequenti di un modo di
parlare
egocentrico, tipico di questa età. Il ricorso a semplici giochi, come
c]uello
consistente nella trasmissione orale, da bambino a bambino, di un
breve
racconto, può essere particolarmente utile per portare a forme di
comunicazioni
verbali più efficaci. Anche l'uso di contrassegni, o di disegni o
segni di
vario tipo, allo scopo di comunicare con gli altri o di regolare certi
aspetti
della vita comunitaria, può essere occasione per rendere il bambino
sensibile al
fatto che una corretta comunicazione con gli altri presuppone un
accordo, una
condivisione di esperienze.
Per assicurare un ordinato sviluppo intellettuale ed anche emotivo,
può essere
utile, con riferimento alle età successive, che il bambino già
compia qualche
esperienza dell'uso silenzioso del linguaggio verbale, componendo
mentalmente
delle frasi senza doverle contemporaneamente pronunciare ad alta voce.
L'educatrice potrà dunque curare, soprattutto verso la fine di questo
periodo, e
specialmente attraverso semplici attività di gioco, il graduale avvio
di un
processo di interiorizzazione di tale linguaggio. Poesie o
filastrocche
inizialmente dette ad alta voce potrebbero essere ripetute dapprima
sottovoce, e
poi mediante un linguaggio interiore silenzioso; così come semplici
parole,
brevi frasi, potranno essere ideate e composte prima di essere
pronunciate ad
alta voce.
Sono da tener presenti anche gli importanti riflessi emotivi che
l'uso del
linguaggio verbale comporta. Si dovrà cercare di individuare i
bambini che
presentano forti ritardi o disturbi evidenti nell'uso della parola,
per evitare
loro situazioni traumatizzanti e impedire che si manifesti in essi la
tendenza
ad isolarsi dal gruppo o a reagire in modo aggressivo, e per aiutarli
a superare
le loro difficoltà nella misura in cui ciò può essere fatto
nell'ambito
della scuola, o per avvertire la famiglia della necessità del ricorso
ad uno
specialista. Si dovrà pure tener presenti il senso di ansia che può
suscitare
nei bambini il fatto di dover parlare di fronte agli altri, ed il
senso di
sicurezza che può per contro derivare dal fatto di essere in grado
di esprimersi bene anche in situazioni pubbliche, e la conseguente
necessità di
avviare solo molto gradualmente i bambini a compiere esperienze di
questo
genere.
Un aspetto dell'educazione linguistica sul quale si raccomanda di
volgere sempre
l'attenzione, è il rapporto tra le difficoltà di espressione e di
comunicazione
dei bambini, e le loro condizioni socio-economiche.
Occorre che l’educatrice, sulla base di una preparazione
appropriata, prenda
coscienza di questo fenomeno, e si adoperi a ridurne la portata a
mezzo di
un'integrante azione didattica volta a favorire lo sviluppo delle
abilità
linguistiche.
Per ottenere risultati positivi in questa sua opera, occorre che
l'educatrice
riesca a rendersi conto delle particolari situazioni ambientali del
bambino: ad
esempio la frequenza delle conversazioni dei genitori con il bambino
nelle varie occasioni della giornata, il livello di aspirazione che
essi hanno
nei confronti del suo avvenire, la quantità e la qualità delle
attività
familiari organizzate, lo stato dell'abitazione, la compagnia
familiare, ecc.
Considerando l'effetto sullo sviluppo globale, e in particolare
linguistico di
ciascuna di tali situazioni ambientali, l'educatrice si adoperi, per
quanto è in
suo potere, per mitigarne e neutralizzarne gli eventuali effetti
negativi. È
ovvio che a tal fine ella abbisogna dell'aiuto dei genitori; ed è
proprio nei
loro confronti che dovrà svolgere la sua azione, in collaborazione
con
l'assistente sociale, per aiutarli a rendersi conto essi stessi delle
deficienze
della loro opera educativa e del modo di porvi rimedio.
6. Libera espressione grafico-pittorica e plastica.
La personalità infantile dai tre ai sei anni, se è sorretta da un
ambiente ricco
dei necessari stimoli, trova profonde motivazioni e ampie possibilità
di
sviluppo in un articolato contesto di attività espressive. Esse
servono
al bambino, non soltanto per esternare i propri bisogni e i propri
stati
d'animo, ma anche per narrare vicende vissute o immaginate, per
mostrare le
proprie conoscenze e per riferire e ragionare su di esse con ogni
mezzo a sua
disposizione. Per quanto i risultati di tale sua attività siano
naturalmente
confusi e spesso frammentari, egli progredisce con notevole rapidità
da un anno
all'altro nella padronanza dei mezzi espressivi e dei relativi
strumenti.
In tale progresso ogni bambino è condizionato in maniera personale e
differente
da ogni altro dai ritmi di conquista delle abilità motorie, dal modo
di
percepire e di considerare i materiali che impiega e gli spazi da
utilizzare.
Lo sviluppo delle attività espressive in tutte le loro forme
costituisce
pertanto uno degli impegni più qualificanti della scuola materna. La
loro
conquista allontana le inibizioni e determina e accresce nel bambino
la fiducia
in sé e il senso di sicurezza che stanno a fondamento del suo
equilibrio
intellettuale e morale.
Sarà cura dell'educatrice provocare occasioni per cui i bambini
abbiano a
parlare, ad esporre, a chiedere, a praticare — insomma — nella
conversazione, la
lingua, il più attivamente possibile. Nulla li sollecita e incoraggia
alla
espressione di se stessi meglio della attenzione e della simpatia con
cui
l’educatrice li ascolta e chiede loro chiarimenti e particolari,
stimolando in
tal modo il loro discorso. Si tenga presente, inoltre, che a quest'età
la lingua
parlata non è solo un fatto espressivo e comunicativo, ma anche una
forma di
gioco, così che la loquacità attesta la condizione serena e felice
del gruppo
infantile.
Come è stato già detto in ordine all'educazione linguistica,
l'educatrice abbia
sempre presente la necessità di arricchire il vocabolario dei bambini
a mezzo
della conversazione, della dizione di poesie, della lettura o del
racconto di
fiabe e di fatti reali, di storie serene e divertenti, cercando di
sollecitare
il senso dell'umorismo e dell'osservazione infantile ed evitando,
invece, di far
imparare precocemente a memoria testi prestabiliti che possono
bloccare anziché
promuovere l'espressione dei bambini.
Strettamente connesso alla lingua è il gioco drammatico, volto a
riprodurre
episodi e situazioni tipiche della vita infantile, gli eventi della
scuola che
possono aver più interessato i piccoli, le scene e gli avvenimenti
che essi
hanno osservato nel mondo circostante impersonandone via via i
protagonisti. A
questo proposito non sarà mai raccomandato a sufficienza l'uso del
teatro dei
burattini realizzato non solo dalle educatrici, ma anche dalla
sollecita
attività dei bambini stessi. Essi possono, insieme con l'educatrice
progettare
le scene da rappresentare e procedere alla confezione dei burattini e
alla loro
manovra. Oltre ai temi di cui si è fatto cenno, potranno costruire
argomento del
teatro dei burattini le favole più semplici e più vicine al mondo
dell'infanzia.
È ben nota l'importanza sia del gioco drammatico, sia del teatro dei
burattini
ai fini dello sviluppo intellettuale ed etico-sociale dei bambini.
Pratica e
teoria assicurano anche la validità di queste forme di attività
espressiva ai
fini della loro igiene mentale, per la possibilità che esse hanno di
favorire
attraverso processi di identificazione e di proiezione la soluzione
di problemi emotivi.
Tutti i bambini amano disegnare, dipingere e modellare, specie se
non sono
pressati da suggerimenti, istruzioni e critiche. L'intervento
dell'educatrice
deve consistere perciò in primo luogo nel cercare di rimuovere ogni
difficoltà
emotiva che possa privare il piccolo della gioia di esprimersi.
Occorre inoltre
assicurare lo sviluppo dei fattori favorevoli all'espressione stessa,
a
incominciare dalla serenità e dalla dinamicità gioiosa dell'ambiente
scolastico,
in modo che il bambino non si chiuda in pochi schemi stereotipati. Si
rifiutino
pertanto gli albi per disegni stilizzati e quelli per colorazioni di
forme a
fronte, che inducono abitudini mortificatrici della spontaneità e
della
creatività. Posto così nelle più adatte condizioni, egli deve avere
a propria
disposizione tutti i materiali e gli strumenti necessari per
l'attività
espressiva.
I bambini più piccoli non tendono nemmeno, in genere, a
rappresentare qualche
cosa, ma nell'esprimere se stessi soddisfano bisogni di carattere
senso-motorio,
e sembrano protesi a godere delle possibilità del mezzo coloristico.
Oltre ad
esprimere via via il loro sviluppo intellettuale, il livello della
loro
creatività e quello della loro capacità di adattamento, i bambini
riversano
nelle loro espressioni grafiche e nelle pitture le loro emozioni ed
impressioni,
scaricando tensioni e risentimenti e liberandosi dagli impacci di un
comportamento spesso determinato da errata educazione. Perciò nel
seguirli,
nello stimolarli e nell’incoraggiarli in questa attività, è
opportuno
interessarsi più al processo di essa che ai suoi prodotti.
Il materiale da impiegare nelle attività espressive infantili è
ricco e vario, e
può essere raccolto nell'ambiente stesso della casa e della scuola,
dalla
inventività dei bambini e dell’educatrice.
Ad esempio, patate, limoni, cipolle possono essere utili per
costruire
decorazioni; e così foglie, semi, pozzetti di legno, carte da parati,
stoffe per
composizioni varie; carta da cucina o da giornale (non stampata),
fogli grandi.
Occorrono inoltre gessi policromi più fissatori a spruzzo
per Ì colori su carta; pastelli a cera; colori a tempera; pennarelli;
acquerelli; colori a vernice; pongo da distendere su carta; matite
nere e
colorate; carta colorata per composizioni a strappo, a ritaglio e a
mosaico;
pennelli grossa e medi; colori per la pittura con le dita; cavalletti,
lavagne,
barattoli per l'acqua, piattini per i colori. E ancora: pongo,
plastilina, creta
per modellini, ma anche sabbia, fango, acqua.
Le matite colorate, le cere sono più adatte alle rappresentazioni
grafiche di
una fase di sviluppo più avanzata, poiché l'uso di esse restringe la
libertà di
movimento dei bambini.
La creta, materiale ottimo per l'attività espressiva di un bambino
di questa
età, può essere anche un mezzo di liberazione degli impulsi
aggressivi in quanto
offre continue occasioni per attività come quelle di premere, del
battere, dello
schiacciare, necessari per modellare o anche per distruggere il lavoro
fatto.
La creta va manipolata a mano come il fango, come la sabbia, senza
strumenti, i
bambini hanno bisogno di sentire il materiale sotto le dita. Essi
devono potersi
sporcare senza preoccupazioni; la pittura con le dita e il maneggiare
la creta,
rispondono all'esigenza sensoriale di pasticciare con i colori, mentre
lo
sporcarsi le mani consente ai bambini di divenir più disinvolti.
Fin da questa età è importante porre le condizioni per una
educazione dei
bambini al gusto, curando a tal fine dal punto di vista estetico
l'ambiente
scolastico. Elementi decorativi, ritmi di colori e di forme,
riproduzioni di
opere dell'arte classica e moderna fra quelle più vicine alle
possibilità di
percezione e di apprezzamento dei bambini arricchiranno gli ambienti,
sempre
presenti all'occhio, periodicamente sostituiti a cura delle
educatrici.
7. Educazione musicale.
L'educazione musicale va dalla ritmica, dalla danza,
dall'interpretazione
figurativa all'ascolto, all'esecuzione e all'invenzione di musiche e
canti, ed
offre al bambino occasione di evocare sentimenti di significato
personale e
collettivo, sviluppando il suo senso dell'armonia e dell'ordine.
La caratteristica propria dell'esperienza musicale è la
partecipazione intima.
Negli ascolti in comune, e nelle forme corali, sviluppa anche il
sentimento
sociale e la comprensione dello spirito del proprio popolo e degli
altri popoli.
I canti per i bambini devono essere semplici e brevi. La loro
tessitura melodica
eviti che la voce infantile venga sottoposta a sforzi dannosi e
subisca una
errata impostazione, superando il pentacordo re-la, anche se alcuni
bambini
appaiono capaci di oltrepassare l'estensione nelle canzoni che, per
imitazione,
mutuano dalle audizioni intese nell'ambiente extrascolastico.
Prima di insegnare un canto, a mezzo della voce dell’educatrice,
accompagnata
possibilmente con uno strumento, è opportuno farne una audizione
integrale, in
modo che il bambino ne percepisca la struttura ed entri nel suo
spirito.
Mediante conversazioni e osservazioni si passerà poi ad una
elementare analisi
del testo poetico. L'educatrice, infine, dovrà cantare coi bambini
fino a quando
essi non abbiano ben assimilato melodia e parola, e raggiunta una
certa
sicurezza nell'esecuzione. Successivamente, ancora per qualche tempo,
si
accennerà soltanto l'inizio del canto, lasciando i bambini proseguire
da soli,
per arrivare al punto in cui essi saranno in grado di attaccare anche
da soli
l'esecuzione.
Il canto deve nascere da una esigenza affettiva dei bambini, e può
assumere
quindi forme collettive di gruppo e individuali. Il canto collettivo
va sospeso
quando i bambini diano segni di stanchezza o mostrino interesse per
altre
attività. Cantare, infine, non è gridare, per cui si dovrà sempre
richiedere un
tono naturale di voce.
Il canto abbia un senso e un significato e riesca autentico e
suggestivo. È
opportuno attingere anche al patrimonio popolare, specie per quanto
riguarda le
ninne-nanne, i girotondi e le filastrocche; e, con misura, anche ad
altri canti
purché abbiano carattere educativo, e purché possano essere sentiti
e rivissuti
dai bambini.
Nessun bambino deve essere tenuto in disparte nella esecuzione dei
canti, anche
se ritenuto stonato. Ciascuno sarà recuperabile in notevole misura
attraverso
l'ascolto ed il canto d'assieme dei compagni meglio dotati, stimolando
la loro
partecipazione con appropriati accorgimenti.
La musica adoperata come sottofondo durante altre attività
scolastiche, ad
esempio quando i bambini sono intenti ad occupazioni tranquille, può
creare
un'atmosfera di intimità e di distensione.
Le registrazioni di musiche brevi e di limitata estensione vanno
introdotte
nella scuola materna come sussidio integrativo, per l'incremento e per
il
continuo aggiornamento dell'esperienza musicale. L'insegnamento dei
canti,
a mezzo della voce della educatrice, risulta più vivo e più
efficace.
Oltre al canto, all'ascolto ed alle audizioni che possono
commentare particolari
momenti della giornata e della vita scolastica, acquistano notevole
valore le
esecuzioni con strumenti — nacchere, tamburi, altri strumenti a
percussione,
flauti — in unione al canto, in orchestrine e bande infantili, in
giochi e
drammatizzazioni. I bambini improvvisano talora motivi anche
originali, che,
registrati da persona capace, possono essere inseriti e valorizzati
nel quadro
dell'espressione e dell'esecuzione musicale.
Nei bambini di tre anni la sensibilità ritmica prevale su quella
melodica, e
solo negli anni immediatamente successivi essi acquistano anche la
capacità di
intonare. Nella scuola materna, pertanto, va adeguatamente valorizzato
il ritmo,
che d'altra parte, è organica e fondamentale componente della
melodia, anzi sua
naturale premessa. È necessario che la educazione al ritmo si fondi
sulle reali
motivazioni dei bambini stessi, in modo da promuovere la libera
espressione
personale, evitando ogni insistenza in attività che vadano oltre i
loro
effettivi interessi e ogni intesa sistematicità.
Si promuovano anche giochi musicali: giochi di individuazione di
motivi, di
evocazioni di immagini, di sentimenti di stimolazione ad azioni
mimiche
interpretative.
I sussidi didattici per l'educazione musicale di cui si dovrebbe
poter disporre,
sono, per l’educatrice: un pianoforte o un pianino elettrico, una
fisarmonica o
un guida-voce, un giradischi e un magnetofono, delle campane tubolari,
tamburello e flauto; per i bambini: strumenti a percussione (cembali,
tamburi),
maracas, triangoli, campanelli, xilofoni, bastoncini, piatti, gong,
fanfarette,
flauti di bambù.
Nei riguardi della educazione musicale l’educatrice deve
possedere una
particolare sensibilità ed una specifica capacità didattica, oltre
ad una
preparazione culturale e tecnica e alla conoscenza di un copioso
repertorio di
testi musicali adatti all'infanzia.
8. Educazione fisica.
La personalità umana e il suo sviluppo pieno ed equilibrato sono
strettamente
connessi ad un corretto e armonico sviluppo del corpo. Pertanto
l'educazione
fisica si risolve, in fine, in educazione della personalità nella
complessità
dei suoi aspetti.
Evidenti ragioni psico-pedagogiche escludono ogni forma di
ginnastica rigida e
sistematica dall'educazione fisica per i bambini di questa età. Essa
va risolta
in un complesso di giochi di movimento e di esercizi figurativi e di
imitazione che motivano in modo naturale flessioni, piegamenti,
rotazioni,
spinte, slanci delle varie parti del corpo, salti e deambulazioni,
esercizi
respiratori.
Il metodo più adatto, perciò non è quello di una impostazione
collettiva e a
comando, ma quello di una esplicazione gioiosa dell'attività dei
bambini,
singoli o in gruppi, attraverso una varietà di esercizi, in modo da
porre
in rilievo l'esigenza primaria di una ricerca originale di se stesso
da parte di
ogni bambino, anche in forme di attività sociale.
A queste attività si associano esercizi di ritmica e di danza,
mediante i quali
l'educazione fisica si fa educazione estetico-espressiva, una
educazione sempre
improntata a spontaneità ludica e a naturalezza, da svolgere a più
riprese
quotidiane, e il più possibile all'aperto.
Per i bambini affetti da lievi deficienze fisiche, si avranno
particolari
attenzioni, con idonei esercizi correttivi, sempre motivati da
attività di
gioco.
9. Educazione sanitaria.
L'educazione sanitaria volta ad assicurare la salute del bambino,
non si
esaurisce nell'ambito dell'educazione fisica. La salute è uno stato
di completo
benessere fisico, mentale e sociale, e perciò non consiste solo
nell'assenza di
malattie o di infermità. Essa si pone come una condizione positiva
dell'efficienza e dell'equilibrio delle funzioni fisiche e psichiche
in armonia
con l'ambiente naturale e sociale; postula — oltre all'igiene che è
essenzialmente prevenzione e difesa nei confronti delle malattie —
una specifica
educazione alla salute, ed implica condizioni, applicazioni, esercizi
e attività
per la formulazione di un costume consapevole dei suoi riflessi
personali e
sociali.
Anche l'educazione sanitaria esige, didatticamente, che il bambino
ne sia attore
e autore. Nella scuola materna deve attuarsi soprattutto a mezzo di
naturali
attività di vita pratica attraverso cui il bambino acquisti abitudini
igieniche e compia esperienze che siano per lui occasioni di
riflessione e anche
di superamento di forme di ignoranza e di pregiudizio. La pulizia
della persona,
quella dei denti, l'uso del fazzoletto, l'uso dei servizi igienici, la
nettezza
e la continua aerazione dell'ambiente (e in particolare del
gabinetto); la
razionalità e l'igiene del vestiario e quella della alimentazione; il
ritmo dei
pasti e lo svolgersi della refezione; il movimento e l'educazione
fisica; le
gare di pulizia, i giochi, il ricorso a drammatizzazioni;
l'utilizzazione
eventuale di sussidi audio-visivi, sono le attività e i modi
attraverso cui il
bambino può compiere la propria educazione sanitaria.
Essa ha larghi riflessi sulla salute mentale del bambino e sulla
sua formazione
sociale, giacché implica la conquista del senso di sicurezza, e
insieme del
senso del pericolo, suo e dei compagni, nei riguardi delle malattie.
Si deve però a questo riguardo evitare di favorire inconsapevolmente
la
formazione di quei complessi di ansietà che insorgono frequentemente
nei bambini
di fronte alle cure mediche come anche alle vaccinazioni prescritte
dalla
legge.
L'educazione sanitaria va vissuta come concreta esperienza; essa
richiede
ambienti salubri, spazi liberi, vita all'aperto, adeguate attrezzature
ed
arredamento.
All'educatrice non sfugga che l'educazione sanitaria è momento
saliente e
occasione vitale dei rapporti fra la scuola e la famiglia.
INDIVIDUALIZZAZIONE E ATTIVITÀ DI GRUPPO
Per predisporre condizioni ambientali favorevoli, e per aiutare il
bambino a
sviluppare autonomamente la sua personalità, l'educatrice tenga
costantemente
presenti due principi fondamentali della didattica attuale:
l'individualizzazione delle attività infantili e dei corrispondenti
interventi
educativi e la promozione di una ricca vita di gruppo.
L'individualizzazione presuppone una adeguata conoscenza dei tratti
differenziali della personalità di ogni bambino e della sua
situazione
ambientale. Si ha effettiva individualizzazione nei procedimenti
educativi
quando ciascun bambino è posto in condizione di potersi dedicare
ad una attività adeguata ai suoi bisogni-interessi ed alle
sue capacità e quando può fruire dell'affettuoso e personalizzato
intervento
dell'educatrice, che lo sorregge nelle sue difficoltà, nelle carenze
ambientali,
nella soddisfazione dei suoi interessi, nel migliore impiego delle sue
doti.
La vita di gruppo, d'altro lato, permette al bambino di arricchire
la propria
esperienza integrandola con quella degli altri; amplia l'area di
autonomia e
sviluppa le capacità di iniziativa dei singoli, e mentre promuove il
senso
dei limiti che la presenza degli altri impone a ciascuno, favorisce il
formarsi
di una certa capacità di autodisciplina e di collaborazione.
L’educatrice terrà presente che, sebbene non si possa ancora
parlare, nella
scuola materna, di una vita di gruppo stabile e organizzata, il
bambino è già in
qualche misura capace di atteggiamenti sociali e di collaborazione
con i coetanei, per cui possono costituirsi, già a questa età gruppi
di vario
tipo. Taluni possono essersi formati in modo spontaneo e irriflesso e
solo per
consentire ai bambini di soddisfare bisogni di carattere
prevalentemente
affettivo (il bisogno di sentirsi insieme agli altri, il bisogno di
trovare
negli altri una risposta immediata alle proprie manifestazioni
espressive,
eccetera).
Anche gruppi di questo tipo rendono tuttavia già possibile una
graduale presa di
coscienza della condizione di socialità e dei vantaggi e delle
limitazioni che
essa comporta. Altri gruppi a livello superiore possono essere
costituiti dai
bambini — consapevolmente — e non più sotto la sola spinta di
fattori affettivi
o emotivi, ma anche per la soddisfazione di interessi comuni o per il
conseguimento di comuni obiettivi.
In relazione a questo secondo tipo di gruppi, l'educatrice dovrebbe
tenere
presente la differenza che passa tra « gruppo sociale »
caratterizzato da una
certa permanenza perché basato su rapporti di affinità o di
complementarietà nei
tratti personali dei bambini, e una certa comunanza di interessi
fondamentali e
di atteggiamenti, e « gruppo di lavoro », che si costituisce
occasionalmente per
lo svolgimento di una data attività e che dura solo fino al
compimento di essa.
L'importanza del « gruppo sociale » come struttura comunitaria
spontanea che può
costituirsi anche a livello della scuola materna, va adeguatamente
valutata
dalla educatrice. Ella deve tuttavia rivolgere la sua attenzione anche
ai «
gruppi di lavoro », dato che questi possono essere utilizzati per
correggere
taluni esclusivismi talvolta presenti nei « gruppi sociali ».
Ella potrà intervenire nella vita di un gruppo, in modo tuttavia
il più
possibile indiretto, per sostenerlo, specie agli inizi della propria
attività,
quando, per le ancora limitate capacità di collaborazione dei
singoli, risulta
evidente che si trova nella impossibilità di progredire nella
attività
prescelta. L'azione dell’educatrice dovrà svolgersi comunque nel
rispetto delle
scelte compiute dal gruppo anche quando le appaiono sbagliate,
giacché la
diretta esperienza di una valutazione errata può costituire anche
essa, per i
bambini, un importante modo di apprendere.
L'educatrice dovrà cercare di garantire che le potenzialità di
ciascun bambino
trovino, nella vita di gruppo, la più ampia espressione, e dovrà
rispettare la
sua spontanea disponibilità a entrarvi o ad uscirne, ad assumervi dei
ruoli
consoni alla sua personalità, ad operarvi secondo le proprie
originali capacità
creative ed espressive.
L'educatrice dovrà anche essere consapevole della possibilità che
certi bambini
vengano rifiutati dagli altri membri del gruppo, o se ne isolino essi
stessi per
immaturità sociale, o passino troppo rapidamente da un gruppo
all'altro
rivelandosi instabili, poveri di interessi, insofferenti di ogni
norma. Ella
dovrà creare condizioni che permettano a questi bambini di superare
il più
rapidamente possibile la loro situazione di rifiutati o isolati, o di
socialmente instabili. Potrà fare ciò, sia rendendoli consapevoli di
certi loro
tratti di comportamento, che determinano negli altri un atteggiamento
di
rifiuto, sia affidando ad essi attività e compiti che li pongano a
contatto con
gli altri e permettano loro di farsi meglio conoscere dai compagni,
sia
aiutandoli a sviluppare nuovi interessi, suscitando così motivi meno
fugaci di
partecipazione alla vita di gruppo.
Individualizzazione e socializzazione sono due processi
strettamente
complementari, di cui l'uno favorisce l'altro. Se in certi casi
entrano in
conflitto, ciò accade solo quando le esigenze individuali vengono
affermate in
modo puramente egocentrico, ossia senza tenere conto delle esigenze
degli altri,
considerati come singoli o come gruppo, o quando le esigenze del
gruppo riducono
in misura eccessiva le possibilità del singolo di soddisfare i suoi
per-
sonali interessi.
Il Ministro per la pubblica istruzione.
Visto, d'ordine del Presidente della Repubblica.
M. FERRARI-AGRADI |