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Direttiva 2000/43/CE Parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 13, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo, visto il parere del Comitato economico e sociale, visto il parere del Comitato delle regioni, considerando quanto segue:
HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: CAPO I Articolo 1 La presente direttiva mira a stabilire un quadro per la lotta alle discriminazioni fondate sulla razza o l'origine etnica, al fine di rendere effettivo negli Stati membri il principio della parità di trattamento. Articolo 2 Ai fini della presente direttiva, il principio della parità di trattamento comporta che non sia praticata alcuna discriminazione diretta o indiretta a causa della razza o dell'origine etnica. Ai fini del paragrafo 1: a) sussiste discriminazione diretta quando, a causa della sua razza od origine etnica, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un'altra in una situazione analoga; b) sussiste discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere persone di una determinata razza od origine etnica in una posizione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone, a meno che tale disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari Le molestie sono da considerarsi, ai sensi del paragrafo 1, una discriminazione in caso di comportamento indesiderato adottato per motivi di razza o di origine etnica e avente lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo. In questo contesto, il concetto di molestia può essere definito conformemente alle leggi e prassi nazionali degli Stati membri. L'ordine di discriminare persone a causa della razza o dell'origine etnica è da considerarsi una discriminazione ai sensi del paragrafo 1. Articolo 3 Nei limiti dei poteri conferiti alla Comunità, la presente direttiva si applica a tutte le persone sia del settore pubblico che del settore privato, compresi gli organismi di diritto pubblico, per quanto attiene: alle condizioni di accesso all'occupazione e al lavoro sia indipendente che autonomo, compresi i criteri di selezione e le condizioni di assunzione, indipendentemente dal ramo d'attività e a tutti i livelli della gerarchia professionale, nonché alla promozione; all'accesso a tutti i tipi e livelli di orientamento e formazione professionale, perfezionamento e riqualificazione professionale, inclusi i tirocini professionali; all'occupazione e alle condizioni di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e la retribuzione; all'affiliazione e all'attività in un'organizzazione di lavoratori o di datori di lavoro o in qualunque organizzazione i cui membri esercitino una particolare professione, nonché alle prestazioni erogate da tali organizzazioni; alla protezione sociale, comprese la sicurezza sociale e l'assistenza sanitaria; alle prestazioni sociali; all'istruzione; all'accesso a beni e servizi e alla loro fornitura, incluso l'alloggio. La presente direttiva non riguarda le differenze di trattamento basate sulla nazionalità e non pregiudica le disposizioni e le condizioni relative all'ingresso e alla residenza di cittadini di paesi terzi e di apolidi nel territorio degli Stati membri, né qualsiasi trattamento derivante dalla condizione giuridica dei cittadini dei paesi terzi o degli apolidi interessati. Articolo 4 In deroga all'articolo 2, paragrafi 1 e 2, gli Stati membri possono stabilire che una differenza di trattamento basata su una caratteristica correlata alla razza o all'origine etnica non costituisca discriminazione laddove, per la natura di un'attività lavorativa o per il contesto in cui essa viene espletata, tale caratteristica costituisca un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell'attività lavorativa, purché l'obiettivo sia legittimo e il requisito proporzionato. Articolo 5 Allo scopo di assicurare l'effettiva e completa parità, il principio della parità di trattamento non osta a che uno Stato membro mantenga o adotti misure specifiche dirette a evitare o compensare svantaggi connessi con una determinata razza o origine etnica. Articolo 6 1. Gli Stati membri possono introdurre o mantenere, per quanto riguarda il principio della parità di trattamento, disposizioni più favorevoli di quelle fissate nella presente direttiva. 2. L'attuazione della presente direttiva non può in alcun caso costituire motivo di riduzione del livello di protezione contro la discriminazione già predisposto dagli Stati membri nei settori di applicazione della presente direttiva. CAPO II Articolo 7 1. Gli Stati membri provvedono affinché tutte le persone che si ritengono lese, in seguito alla mancata applicazione nei loro confronti del principio della parità di trattamento, possano accedere, anche dopo la cessazione del rapporto che si lamenta affetto da discriminazione, a procedure giurisdizionali e/o amministrative, comprese, ove lo ritengono opportuno, le procedure di conciliazione finalizzate al rispetto degli obblighi derivanti dalla presente direttiva. 2. Gli Stati membri riconoscono alle associazioni, organizzazioni o altre persone giuridiche che, conformemente ai criteri stabiliti dalle rispettive legislazioni nazionali, abbiano un legittimo interesse a garantire che le disposizioni della presente direttiva siano rispettate, il diritto di avviare, in via giurisdizionale o amministrativa, per conto o a sostegno della persona che si ritiene lesa e con il suo consenso, una procedura finalizzata all'esecuzione degli obblighi derivanti dalla presente direttiva. 3. I paragrafi 1 e 2 lasciano impregiudicate le norme nazionali relative ai termini per la proposta di azioni relative al principio della parità di trattamento. Articolo 8 Gli Stati membri prendono le misure necessarie, conformemente ai loro sistemi giudiziari nazionali, per assicurare che, allorché persone che si ritengono lese dalla mancata applicazione nei loro riguardi del principio della parità di trattamento espongono, dinanzi a un tribunale o a un'altra autorità competente, fatti dai quali si può presumere che vi sia stata una discriminazione diretta o indiretta, incomba alla parte convenuta provare che non vi è stata violazione del principio della parità di trattamento. Il paragrafo 1 si applica fatto salvo il diritto degli Stati membri di prevedere disposizioni in materia di prova più favorevoli alle parti attrici. Il paragrafo 1 non si applica ai provvedimenti penali. I paragrafi 1, 2 e 3 si applicano altresì alle azioni
promosse ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 2. Articolo 9 Gli Stati membri introducono nei rispettivi ordinamenti giuridici le disposizioni necessarie per proteggere le persone da trattamenti o conseguenze sfavorevoli, quale reazione a un reclamo o a un'azione volta a ottenere il rispetto del principio della parità di trattamento. Articolo 10 Gli Stati membri fanno in modo che le disposizioni adottate in virtù della presente direttiva, insieme alle pertinenti disposizioni già in vigore, siano portate all'attenzione delle persone interessate con qualsiasi mezzo appropriato, in tutto il loro territorio. Articolo 11 Gli Stati membri, conformemente alle tradizioni e prassi nazionali, prendono le misure adeguate per incoraggiare il dialogo tra le parti sociali al fine di promuovere il principio della parità di trattamento, fra l'altro attraverso il monitoraggio delle prassi nei luoghi di lavoro, contratti collettivi, codici di comportamento, ricerche o scambi di esperienze e di buone pratiche. Laddove ciò sia conforme alle tradizioni e prassi nazionali, gli Stati membri incoraggiano le parti sociali, lasciando impregiudicata la loro autonomia, a concludere al livello appropriato accordi che fissino regole antidiscriminatorie negli ambiti di cui all'articolo 3 che rientrano nella sfera della contrattazione collettiva. Tali accordi devono rispettare i requisiti minimi fissati dalla presente direttiva e dalle relative misure nazionali di attuazione. Articolo 12 Al fine di promuovere il principio della parità di trattamento gli Stati membri incoraggiano il dialogo con le competenti organizzazioni non governative che, conformemente alle rispettive legislazioni e prassi nazionali, hanno un interesse legittimo a contribuire alla lotta contro la discriminazione fondata sulla razza e l'origine etnica. CAPO III Articolo 13 Gli Stati membri stabiliscono che siano istituiti uno o più organismi per la promozione della parità di trattamento di tutte le persone senza discriminazioni fondate sulla razza o l'origine etnica. Tali organismi fanno eventualmente parte di agenzie incaricate, a livello nazionale, della difesa dei diritti umani o della salvaguardia dei diritti individuali. Gli Stati membri assicurano che tra le competenze di tali organismi rientrino:
CAPO IV Articolo 14 Gli Stati membri prendono le misure necessarie per assicurare che: tutte le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative contrarie al principio della parità di trattamento siano abrogate; tutte le disposizioni contrarie al principio della parità di trattamento contenute nei contratti collettivi, nei contratti di lavoro individuali, nei regolamenti interni delle aziende, nelle regole che disciplinano le associazioni con o senza fini di lucro e in quelle che disciplinano il lavoro autonomo e le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro siano o possano essere dichiarate nulle e prive di effetto, oppure siano modificate. Articolo 15 Gli Stati membri determinano le sanzioni da irrogare in caso di violazione delle norme nazionali di attuazione della presente direttiva e prendono tutti i provvedimenti necessari per la loro applicazione. Le sanzioni che possono prevedere un risarcimento dei danni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano le relative disposizioni alla Commissione entro 19 luglio 2003 e provvedono poi a notificare immediatamente le eventuali modificazioni successive. Articolo 16 Gli Stati membri adottano le disposizioni
legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi
alla presente direttiva entro 19 luglio 2003 o possono affidare alle
parti sociali, a loro richiesta congiunta, il compito di mettere in atto
la presente direttiva per quanto riguarda le disposizioni che rientrano
nella sfera dei contratti collettivi. In tal caso gli Stati membri si
assicurano che, al più tardi entro 19 luglio 2003 le parti sociali
stabiliscano mediante accordo le necessarie disposizioni, fermo restando
che gli Stati membri devono prendere le misure necessarie che permettano
loro di garantire in qualsiasi momento i risultati imposti dalla
direttiva. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Articolo 17 1. Entro 19 luglio 2005 e successivamente ogni cinque anni, gli Stati membri trasmettono alla Commissione tutte le informazioni necessarie per consentirle di redigere una relazione destinata al Parlamento europeo e al Consiglio sull'applicazione della presente direttiva. 2. La relazione della Commissione tiene conto, ove opportuno, dei pareri dell'Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia, nonché delle posizioni delle parti sociali e delle organizzazioni non governative competenti. Conformemente al principio dell'integrazione di genere, la relazione fornisce altresì una valutazione dell'impatto delle disposizioni adottate su donne e uomini. Alla luce delle informazioni ricevute, la relazione contiene all'occorrenza proposte volte a rivedere e aggiornare la presente direttiva. Articolo 18 La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Articolo 19 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
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