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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

DPEF 2006-2009

Documento di Programmazione Economico-Finanziaria per gli anni 2006-2009
Presentato dal Presidente del Consiglio dei Ministri Silvio Berlusconi
e dal Ministro dell'Economia e delle Finanze Domenico Siniscalco
Deliberato dal Consiglio dei Ministri il 15 luglio 2005

INDICE

INTRODUZIONE

I IL CONTESTO INTERNAZIONALE

1.1 L'economia mondiale

1.2 Le prospettive per il medio termine

1.3 L'incertezza delle previsioni

II LE DEBOLEZZE STRUTTURALI DELL'ECONOMIA ITALIANA

II.1 La performance dell'economia nell'ultimo decennio

II.2 Le risposte della politica economica dal 2001

III CARATTERISTICHE STRUTTURALI DELLA FINANZA PUBBLICA

III.1 La struttura del bilancio

III.2 La struttura delle spese

III.3 La struttura delle entrate

III.4 L'economia sommersa

III.5 L'indebitamento 2001-2004 e le revisioni Eurostat

IV L'EVOLUZIONE TENDENZIALE DELL'ECONOMIA ITALLANA

IV. l L'economia italiana nel 2005

IV.2 La finanza pubblica nel 2005

IV.3 L'andamento dell'economia italiana nel medio termine 2006-2009

IV.4 L'andamento tendenziale di finanza pubblica nel Medio Termine 2006-2009

V LE LINEE GUIDA DI POLITICA ECONOMICA 2006-2009

V. 1 Investimenti nelle aree strategiche del Paese

V. 2 Liberalizzazione, semplificazione e riduzione degli oneri burocratici

V. 3 L'alleggerimento del carico tributario

V. 4 La tutela del potere d'acquisto per le famiglie

V. 5 Gli aggiustamenti strutturali e la maggior qualità della finanza pubblica

V. 6 La finanza pubblica locale

V. 7 II federalismo fiscale

V. 8 II quadro programmatico 2006-2009

V. 9 La sostenibilità di lungo periodo

VI CRESCITA E COMPETITIVITA' DEL MEZZOGIORNO

VI.l Le tendenze economiche territoriali e gli obiettivi programmatici

VI.2 La politica regionale comunitaria e nazionale

 

 

Introduzione

Il Documento di Programmazione Economico e Finanziaria di quest'anno è coerente con il Programma di Stabilità, redatto in base alle regole del nuovo Patto dì Stabilità e Crescita. Da qui il suo formato conciso e il suo contenuto principalmente macroeconomico. Le specifiche azioni per la crescita, che sono parte essenziale della politica economica e sono ovviamente coerenti con le linee esposte nel DPEF, saranno finalizzate nell'ambito del processo di Lisbona e presentate nel Programma Nazionale per la Crescita e l'Occupazione. Il Programma di Infrastrutture Strategiche previsto dalla legge obiettivo è contenuto nel secondo volume del presente Documento.

La raccomandazione Europea sui conti italiani

II Consiglio europeo dei ministri economici e finanziari (Ecofin), il 12 luglio ha approvato la raccomandazione sulla finanza pubblica dell'Italia ai sensi dell'articolo 104(7) del Trattato, basata su dati passati e prospettici.

Dopo una serie di revisioni nell'applicazione dei criteri contabili Eurostat, il deficit è stato collocato al 3,2 per cento del PIL nel 2001, nel 2003 e nel 2004. In base alle stesse revisioni, il debito si è ridotto dal 110,9 per cento del 2001 al 106,6 per cento del 2004.

Sulla base di queste considerazioni il Consiglio Ecofin ha approvato una raccomandazione che prevede:

i) "un'applicazione rigorosa della legge finanziaria per il 2005 " tale che, assumendo crescita zero, e misure una tantum pari allo 0,4 per cento del PIL, il deficit nominale non superi il 4,3 per cento del PIL e il deficit strutturale al netto delle una tantum continui a migliorare in modo sensibile;

 

ii) l'attuazione delle "necessarie misure di aggiustamento permanenti e al netto delle una tantum che assicurino un aggiustamento cumulato pari almeno all'1,6 per cento nel biennio 2006-7 rispetto al 2005, con metà dell'aggiustamento concentrato nel 2006";

 

iii) una riduzione soddisfacente del rapporto debito-PIL in linea con la correzione del deficit eccessivo, ristabilendo nel medio periodo un livello adeguato di avanzo primario e controllando i "fattori sotto la linea" diversi dal deficit.

La raccomandazione è stata formulata sulla base della tabella che segue, redatta per la prima volta in base al nuovo Patto di Stabilità e Crescita. LI processo di aggiustamento riportato nella tabella costituisce il nucleo del Documento di programmazione economico e finanziaria.

Riteniamo la raccomandazione europea equilibrata poiché richiede un sentiero di aggiustamento credibile e strutturale, senza imporre una manovra restrittiva in una fase di rallentamento dell'economia.

Aggiustamenti severi devono invece avvenire nei periodi di alta crescita, contrariamente a quanto avvenuto nel biennio 1999-2001 quando l'indebitamento strutturale al netto delle misure una tantum è salito dal 2,1 per cento al 4,8 per cento del PIL.

II programma di politica economica delineato dal DPEF, che presuppone un tasso di crescita medio annuo intorno all'1 ,5 per cento, consente un aggiustamento di finanza pubblica sufficiente a ridurre l'indebitamento e il rapporto debito/PIL, e a migliorare la sostenibilità della finanza pubblica nel lungo periodo.

L'impostazione dì politica economica rimane quella tracciata nel DPEF dello scorso anno. In particolare, il tetto alla spesa introdotto con la Legge Finanziaria 2005 permette la riduzione graduale della spesa pubblica e dell'indebitamento.

La velocità dell'aggiustamento dipende però in modo cruciale dal tasso di crescita. A titolo di esempio e di simulazione, se l'economia tornasse a crescere intorno al 2,5per cento nel medio periodo, come in diversi paesi Europei, l'indebitamento rientrerebbe sotto il 3 per cento entro il periodo di previsione, senza bisogno degli interventi aggiuntivi previsti dal presente documento.

II problema fondamentale della finanza pubblica è quello della bassa crescita. Per questo motivo la politica economica dei prossimi anni dovrà essere innanzitutto incentrata sulla crescita.

La bassa crescita

L'economia italiana soffre da molti anni di difficoltà strutturali che si riflettono in un tasso di crescita insoddisfacente e sistematicamente inferiore a quello dei principali paesi industriali. La crescita potenziale, superiore al 4 per cento nel 1970, è scesa intorno al 3per cento all'inizio degli anni ottanta, all' 1,5 alla metà degli anni novanta, all'1,3 per cento di oggi.

Le cause della lenta crescita reale e potenziale sono identificate nella scarsa dinamica della produttività del settore industriale, nell'insufficiente liberalizzazione nel settore energetico e dei servizi, nella dotazione ancora carente di infrastrutture materiali e

immateriali, nel peso eccessivo del debito pubblico.

In questo contesto anomalo, il Governo ha aumentato la spesa per investimenti in infrastrutture, ha introdotto i presupposti per il controllo della spesa corrente facendola crescere tendenzialmente meno del PIL nominale, ha ridotto le imposte e ha introdotto riforme che favoriranno l'aumento del PIL potenziale e la riduzione del tasso di disoccupazione, che ha raggiunto il 7,9 per cento a fine 2004. Dal 2001 ad oggi gli occupati sono aumentati di circa 1.100.000 unità. Negli ultimi dodici mesi l'aumento è stato di 308.000 addetti, di cui 237.000 a tempo indeterminato. Ciò conferma il buon funzionamento della riforma del mercato del lavoro varata in questa legislatura.

Il Governo stima che la fase di ristagno non durerà a lungo. Per il 2006 e il 2007, in linea con la Commissione, si prevede una crescita intorno all'1,5 per cento, lievemente superiore alla crescita potenziale.

La politica economica

La ripresa della crescita reale e potenziale è il primo obiettivo per il nostro Paese. Sin dal 1992, la politica economica si è limitata all'aggiustamento del bilancio pubblico.

Senza crescita è impossibile realizzare un aggiustamento sufficiente delle finanze pubbliche, e in particolare del rapporto tra debito pubblico e PIL.

Senza crescita è impossibile ribaltare il clima di fiducia che influenza le decisioni di consumo e investimento.

A problemi di crescita si risponde con politiche per la crescita.

Su questo piano sarebbe illusorio attendere un aiuto dall'Europa. Per rilanciare la crescita serve innanzitutto una politica economica nazionale basata su cinque classi di interventi.

       

    1. A livello di paese occorre innanzitutto potenziare la domanda e le infrastrutture, accelerando gli investimenti in opere pubbliche materiali e immateriali nel Mezzogiorno e nelle altre aree del paese dove la dotazione di infrastrutture è più carente.

       

       

    2. A livello del sistema produttivo serve maggiore libertà nel mercato dei prodotti e soprattutto nei servizi; migliore e minore regolamentazione; maggiore semplificazione; più concorrenza nel settore energetico; più attrazione di investimenti dall'estero;
      rafforzamento del mercato dei capitali con l'avvio effettivo dei fondi pensione. Rientrano in quest'area anche gli intereventi a sostegno dell'investimento in capitale umano, dell'innovazione tecnologica, della ricerca e della capacità innovativa delle imprese.

       

       

    3. A livello di singole imprese bisogna alleggerire il carico tributario sul prodotto e sul lavoro; occorre facilitare il recupero di produttività; occorrono pochi programmi strategici nei settori più rilevanti per l'innovazione e per lo sviluppo; occorre ridurre le
      sacche di illegalità che ancora esistono nel nostro sistema, dal sommerso alla contraffazione.

       

       

    4. A livello di famiglia occorre difendere il potere d'acquisto: concludere i contratti di lavoro, dopo il Protocollo Governo OO.SS. del 30 maggio 2005; contenere l'aumento delle tariffe; promuovere la trasparenza dei prezzi; individuare forme di sostegno selettivo alle famiglie più deboli.

       

       

    5. Nel bilancio pubblico serve, infine, proseguire nell'aggiustamento strutturale che guardi al ciclo economico e alla qualità della finanza pubblica, in modo che gli aggiustamenti strutturali previsti possano determinare una stabile convergenza della finanza pubblica verso i valori di riferimento. Le tecniche di controllo della spesa, che hanno dato risultati importanti nel 2004 (quando la spesa corrente al netto degli interessi per la prima volta dopo diversi anni è cresciuta meno del PIL nominale; 3,6 per cento contro il 3,9 per cento del PIL ) vanno estese a settori sinora esclusi e vanno raffinate prevedendo interventi per i comparti che hanno superato i valori di riferimento. Il previsto sgravio IRAP sul costo del lavoro andrà coperto strutturalmente.

       

Particolare sforzo va assegnato all'obiettivo di ridurre l'incidenza della spesa corrente. L'esperienza internazionale, infatti, dimostra che i disavanzi si riducono in modo duraturo solo riducendo le spese. Se si aumentano soltanto le entrate, dopo un periodo di apparente risanamento, i disavanzi tornano a crescere. Gli interventi sulle entrate, sulla spesa previdenziale e sulla dinamica delle altre spese correnti realizzati da questo Governo vanno esattamente in questa direzione.

La riforma delle pensioni ha rappresentato un punto di svolta in quanto ha migliorato in modo decisivo la sostenibilità della finanza pubblica nel lungo periodo. Occorre proseguire nel contenimento della spesa corrente a livello centrale e soprattutto locale, permettendo tassi di crescita di queste spese inferiori a quello del PIL nominale. In campo fiscale serve allargare le basi imponibili, contrastando sommerso e evasione fiscale e contributiva ed equilibrando il prelievo; occorre destinare il gettito delle dismissioni alla riduzione del debito. E' necessario infine generare un aumento graduale del saldo primario, che è la via maestra per la riduzione del debito. Nell'insieme, e sin dove possibile, dati gli equilibri della finanza pubblica, l'aggiustamento deve avvenire con riduzione della spesa corrente e con recuperi di evasione; non con inasprimenti di aliquote fiscali.

Il risanamento strutturale dei conti pubblici contribuirà a migliorare il clima di fiducia, stimolando consumi, investimenti e accelerando la crescita oltre quanto previsto nel quadro programmatico. Ciò favorirà l'avvio di un processo virtuoso che apporterà ulteriori benefici al bilancio.

La crescita economica e la sostenibilità della finanza pubblica, in un paese ad alto debito, sono obiettivi primari e intrinsecamente connessi. Per questo i diversi elementi che costituiscono la politica economica sono parti integrate di un tutto. Per questo, come si è detto, è cruciale mirare innanzitutto a una ripresa dello sviluppo. Un disegno semplice e ragionevole, in linea con il DPEF dell 'anno passato. Un disegno che va perseguito nel tempo e che va tradotto in realtà.

 

 

Capitolo I

 

IL CONTESTO INTERNAZIONALE

1.1. L'economia mondiale

Nel 2004 l'economia mondiale è cresciuta al tasso più elevato degli ultimi trenta anni, trainata dagli Stati Uniti, dalla Cina e dagli altri paesi asiatici emergenti. Nell'Area dell'Euro la ripresa stenta ad affermarsi, frenata da debolezze strutturali che intensificano l'impatto di shock esterni, quali gli aumenti dei prezzi petroliferi e il deprezzamento del dollaro.

La notevole divergenza tra i tassi di crescita delle principali economie e la nuova divisione internazionale del lavoro creano squilibri commerciali il cui finanziamento dipende sempre più dalla disponibilità dei paesi asiatici, e in particolare della Cina, ad accumulare riserve in dollari.

Nonostante gli aumenti dei prezzi petroliferi e delle altre materie prime, l'inflazione a livello mondiale è restata finora sotto controllo, grazie, soprattutto, all'effetto sui prezzi della concorrenza internazionale.

Gli Stati Uniti continuano a fornire lo stimolo principale all'economia mondiale attraverso la crescita sostenuta dei consumi e degli investimenti che beneficiano del buon andamento dei margini aziendali e delle condizioni creditizie ancora favorevoli. La crescita dei consumi privati è favorita dai prezzi contenuti di beni e servizi che riflettono il forte aumento della produttività dell'economia americana e le pressioni competitive sul commercio internazionale.

La politica fiscale degli Stati Uniti rimane espansiva poiché l'obiettivo dell'Amministrazione di dimezzare il deficit entro i prossimi quattro anni è principalmente affidato alla crescita dell'economia. In questo contesto, il compito delle autorità monetarie è particolarmente delicato, dovendo riassorbire l'eccessiva liquidità attraverso graduali incrementi dei tassi d'interesse. In questa linea, il 30 giugno la Federal Riserve ha aumentato il tasso dei Fed Funds di 25 punti base, portandolo al 3,25 percento.

In Giappone, l'elevata volatilità della crescita registrata nei trimestri conferma che la ripresa è ancora debole ed esposta ai contraccolpi della congiuntura internazionale. Il modesto aumento dell'occupazione frena la ripresa dei consumi.

In Cina si prevede una crescita lievemente più moderata a causa dell'atteso rallentamento del commercio internazionale, ma l'obiettivo di controllare la forte espansione appare ancora lontano. Nei primi mesi dell'anno, la crescita del PIL è rimasta intorno al 9,4 per cento, in linea con il risultato del 2004.

L'economia cinese è caratterizzata da forti squilibri regionali. A fianco di regioni in forte espansione esistono vaste aree agricole dove la stagnazione dei redditi e l'eccedenza di mano d'opera alimentano imponenti flussi migratori e un diffuso disagio sociale. Pertanto, ogni riforma del regime del cambio o altre misure atte a contenere la crescita verranno presumibilmente attuate con prudenza nonostante le pressioni internazionali per scindere il legame tra dollaro e valuta cinese.

Nel 2004, il tasso di crescita dell'Area dell'Euro è stato del 2 per cento, rispetto al 3,5 per cento della media dei paesi dell'OCSE. Segnali di un ulteriore indebolimento della congiuntura europea sono emersi negli ultimi mesi. All'interno dell'Area la performance economica dei singoli paesi diverge. Nei paesi che hanno maggiormente ristrutturato le proprie economie, come Spagna e Manda, la crescita procede a ritmi soddisfacenti. In quest'ottica, le divergenze di crescita a livello europeo paiono riconducibili a diversi tassi di crescita potenziali piuttosto che a un diverso andamento del ciclo economico.

Diversa è la situazione dei più grandi paesi europei. In Germania i problemi maggiori sono legati all'elevata disoccupazione e alla conseguente carenza della domanda interna, mentre le esportazioni forniscono il traino alla crescita. In Francia, la relativa forza dei consumi riesce a compensare il contributo negativo del settore estero. Il Regno Unito rimane l'economia di maggior successo, grazie anche alle riforme strutturali realizzate negli ultimi vent'anni.

Le disparità nei tassi di crescita europei sono simili a quelle osservate all'interno degli Stati Uniti; tuttavia, l'elevata mobilità dei fattori e l'integrazione finanziaria permettono di riequilibrare rapidamente le differenze tra i singoli Stati.

 

1.2. Le Prospettive per il medio termine

Le previsioni di "consenso" per i prossimi anni indicano una crescita dell'economia mondiale intorno al 4 per cento, con il perdurare di notevoli divergenze tra i principali paesi.

Negli Stati Uniti, la crescita attesa per il medio termine, intorno al 3,3 per cento, è in linea con il potenziale di lungo periodo.

L'economia giapponese dovrebbe mantenere una crescita intorno all'1 per cento nel medio periodo. Per quanto riguarda gli altri paesi asiatici, e in particolare Cina e India, le prospettive di crescita rimangono buone per tutto il periodo della previsione.

Lo scenario meno favorevole riguarda l'Area dell'Euro, ove è attesa una ripresa solo graduale della domanda interna; lo sfavorevole andamento del settore estero continuerà, inoltre, a frenare la crescita del PIL con l'eccezione della Germania. Nel medio termine, si ipotizza una crescita vicina al potenziale, ma con notevoli differenze tra i singoli paesi.

1.3. L'incertezza delle previsioni

Sebbene lo scenario di medio periodo per l'economia mondiale rimanga favorevole, recenti sviluppi ribadiscono la criticità di alcuni fattori.

Dall'inizio dell'anno il dollaro si è apprezzato di circa il 10 per cento nei confronti dell'euro, nonostante il deficit del bilancio federale e l'aumento di quello commerciale. L'incremento dei differenziali di crescita e dei tassi d'interesse tra le due sponde dell'Atlantico, insieme alle difficoltà per l'adozione della Costituzione Europea, spiegano questo andamento ma non eliminano il rischio di una brusca correzione di tendenza. L'esperienza storica suggerisce che negli Stati Uniti esiste una correlazione tra elevati deficit gemelli (deficit di bilancio e deficit commerciale) e deprezzamento del cambio. Attualmente la somma dei due deficit si colloca intorno all' 8,5 per cento del PIL.

La politica di graduale rialzo dei tassi d'interesse perseguita dalla Federal Reserve potrebbe subire una brusca accelerazione, nel caso di surriscaldamento dell'economia. Tuttavia, l'inflazione resta sotto controllo grazie alla moderazione dei salari e agli aumenti di produttività.

L'economia americana è esposta ai contraccolpi di un eventuale assestamento dei prezzi degli immobili dopo la forte crescita degli ultimi anni. La costante rivalutazione degli immobili ha permesso al consumatore americano di ottenere una notevole liquidità a fronte del proprio patrimonio immobiliare; tale disponibilità sono state largamente utilizzate per finanziare i consumi.

Rischi considerevoli provengono anche dai prezzi delle materie prime e in particolare del petrolio. Le tensioni sui mercati energetici riflettono le pressioni della domanda e le difficoltà ad aumentare l'offerta di greggio e soprattutto di prodotti raffinati. Il maggior produttore dell'OPEC, l'Arabia Saudita, è l'unico ad avere capacità di estrazione consistenti, ma la capacità globale di raffinazione è vicina al suo massimo.

Gravano inoltre sulle prospettive dell'economia mondiale i crescenti squilibri finanziari degli Stati Uniti, da una parte, e delle economie asiatiche dall'altra. L'insufficiente risparmio dell'economica americana e l'eccesso di risparmio in Asia richiedono un aggiustamento. Senza specifici interventi di politica economica, la gestione di questi squilibri è affidata al solo meccanismo del tasso di cambio, con potenziali brusche oscillazioni. Un'eccessiva volatilità dei cambi può alterare profondamente i flussi commerciali dell'economia mondiale e in particolare dell'Area dell'Euro.

 

Capitolo II

 

LE DEBOLEZZE STRUTTURALI DELL'ECONOMIA ITALIANA

II 1. La performance dell'economia nell'ultimo decennio

I recenti dati di contabilità nazionale confermano un passaggio difficile per l'economia italiana. Nel 2004 e nel 2005 il paese non ha tratto vantaggi dal boom dell'economia mondiale, rimanendo largamente escluso dai benefici della globalizzazione.

I problemi dell'economia italiana sono di natura strutturale e vengono da lontano. Fino alla metà degli anni novanta, periodiche svalutazioni permettevano all'Italia di recuperare la competitività erosa dagli alti tassi di inflazione e dalle rigidità strutturali. Una politica di bilancio eccessivamente permissiva aveva dato luogo a disavanzi pubblici intorno all' 11 per cento del PIL per tutti gli anni ottanta. Di conseguenza, il rapporto debito/PIL era passato dal 58,2 per cento del 1980 al 124,3 per cento del 1994.

Un modello di sviluppo basato su alta inflazione, svalutazione, deficit pubblico non era comunque sostenibile. Nel settore pubblico, l'insostenibilità si manifestava con l'aumento del debito. Nel settore privato, con il rinvio delle razionalizzazioni aziendali e con una ristrutturazione dell'industria ancora insufficientemente rivolta verso attività ad alto valore aggiunto e innovazione.

Nella seconda metà degli anni novanta l'Italia si è trovata ad affrontare il processo di convergenza verso i parametri europei proprio quando la globalizzazione registrava una forte accelerazione. L'integrazione nell'economia mondiale di Cina, India e degli altri paesi asiatici ha creato forti pressioni competitive e imposto una nuova divisione internazionale del lavoro. Ulteriori pressioni competitive sono derivate dall'allargamento dell'Unione Europea, attraverso l'integrazione di paesi con costi sensibilmente inferiori alla media europea.

Come molti paesi europei, l'Italia è penalizzata da eccessive rigidità nel mercato dei prodotti e nella pubblica amministrazione. Inoltre, l'industria è specializzata in settori tradizionali, maggiormente esposti alla concorrenza dei paesi emergenti e alla contraffazione. Le dimensioni ridotte delle aziende italiane non permettono di cogliere pienamente le opportunità offerte dalla crescita mondiale.

Il potenziale di crescita dell'economia italiana si è sensibilmente ridotto negli ultimi decenni. E' aumentato il divario nei confronti degli altri paesi avanzati, inclusi Francia e Germania. Dal 1995 al 2004, il tasso di crescita del PIL è stato pari all' 1,4 per cento, contro una media europea del 2 per cento. La produttività ha segnato il passo, un fenomeno soltanto in parte attribuibile alla maggior crescita dell'occupazione e all'emersione del lavoro irregolare.

Dopo aver raggiunto il massimo storico nel 2000, l'indice della produzione industriale è sceso ai livelli del 1998, per poi mostrare segni di stabilizzazione soltanto negli ultimi mesi. Il settore estero è in difficoltà. Tra il 1995 e il 2004, le esportazioni europee sono cresciute in media del 5,6 per cento annuo, mentre quelle italiane soltanto del 3,2 per cento. Conseguentemente, la quota di mercato dell'Italia si è ridotta dal 4,2 per cento nel 1994 al 3,2 per cento nel 2003, mentre è rimasta sostanzialmente stabile in Francia e Germania.

Con l'avvio dell'Unione Monetaria e la scomparsa dei tassi di cambio all'interno dell'Area dell'Euro, la competitività dei diversi paesi va rilevata attraverso altri indicatori, quali il Costo del Lavoro per Unità di Prodotto, i prezzi alla produzione del settore manifatturiero e quelli delle esportazioni.

Dal 1998 il tasso di cambio reale misurato sul costo del lavoro per unità di prodotto è aumentato del 20 per cento circa, rispetto a una diminuzione del 10 per cento in Germania e del 5 per cento in Francia, determinando una perdita di competitività.

I settori a basso contenuto tecnologico continuano ad avere un peso elevato; tale anomalia si è accentuata nell'ultimo decennio.

II settore dei servizi, generalmente protetto e poco competitivo, penalizza il resto del sistema economico in un contesto in cui l'industria è sempre più esposta alla concorrenza internazionale. Gli indici di liberalizzazione e apertura dei mercati elaborati dall'OCSE evidenziano l'eccessiva presenza dello Stato nell'economia e le elevate barriere all'entrata e agli investimenti diretti dall'estero. Inoltre, il grado di apertura del mercato interno è il più basso, mentre il grado di regolamentazione del mercato dei prodotti è tra i più elevati nell'ambito dei paesi avanzati.

Recenti studi dell'OCSE evidenziano una relazione negativa tra il grado di regolamentazione del mercato dei prodotti e la crescita della produttività totale dei fattori: l'Italia, oltre ad avere il più elevato grado di regolamentazione nell'Area dell'Euro, registra uno dei più bassi tassi di crescita della produttività totale dei fattori.

La scarsa liberalizzazione del mercato dei prodotti è particolarmente evidente nel settore dei servizi di pubblica utilità (energia elettrica e gas) e nei servizi finanziari.

II. 2. Le Risposte della politica economica dal 2001

I problemi strutturali dell'economia italiana non si risolvono istantaneamente ma tracciando una rotta stabile e graduale di interventi strutturali. Come dimostra l'esperienza degli altri paesi europei che da tempo hanno avviato politiche delle riforme, con interventi strutturali è possibile ottenere grandi benefici ma solo nel medio periodo. E' possibile integrarsi con successo nell'economia globale, e al tempo stesso preservare il modello sociale europeo.

Nel quadro di una strategia complessiva di modernizzazione del paese, in questa legislatura sono state avviate riforme importanti che hanno riguardato il mercato del lavoro, la previdenza sociale, la scuola e il fisco.

Le riforme del mercato del lavoro, e la Legge Biagi in particolare, hanno introdotto nel sistema maggiore flessibilità, portando l'indice OCSE di rigidità del mercato del lavoro al di sotto (e dunque meglio) della media europea. Il tasso di disoccupazione è sceso dal 10,1 per cento del 2000 all'8 per cento del 2004 e gli occupati sono cresciuti di oltre un milione.

La riforma previdenziale, approvata nel luglio 2004, permetterà di contenere l'incidenza della spesa previdenziale sul PIL, allungando la permanenza nel mercato del lavoro e dando un contributo decisivo allo sviluppo della previdenza complementare. La riforma prevede misure per l'innalzamento dell'età pensionabile: fino al 2007 attraverso incentivi a chi volontariamente rinvia il pensionamento, dal 2008 attraverso un aumento dell'età pensionabile che favorirà la sostenibilità di lungo periodo delle finanze pubbliche. Inoltre, il conferimento del Trattamento di Fine Rapporto ai fondi pensioni attraverso il meccanismo del silenzio-assenso fornirà un contributo decisivo allo sviluppo del secondo pilastro previdenziale. La riforma consentirà di ristrutturare il sistema previdenziale agricolo in modo da renderlo in linea con i sistemi europei, riducendo le sacche di sommerso e alleggerendo la pressione contributiva per le imprese.

La riforma fiscale è stata avviata con l'approvazione dei primi due moduli: la no tax area è stata ampliata, il numero di aliquote ridotto e il regime delle deduzioni riformato. Come illustrato in dettaglio nel prossimo capitolo, la pressione fiscale complessiva è scesa dal 44,5 del 1997 al 41,7 del 2004; ulteriori risultati deriveranno dall'esplicarsi del secondo modulo, introdotto a gennaio 2005.

Importanti riforme sono state avviate nel sistema di istruzione primario e secondario, nella semplificazione amministrativa e nella realizzazione delle opere pubbliche. Nel 2005, il Governo ha elaborato un piano di azione per lo sviluppo con importanti riforme del diritto fallimentare e del sistema degli incentivi

 

Capitolo III

 

CARATTERISTICHE STRUTTURALI DELLA FINANZA PUBBLICA

III.1 La struttura del bilancio

La finanza pubblica di ogni paese risente in modo diretto dell'andamento dell'economia. I paesi che hanno ridotto stabilmente l'indebitamento e il debito lo hanno fatto anche attraverso una sostenuta crescita economica.

Un bilancio pubblico che assorbe circa il 45 per cento del PIL grava sull'economia, influenzando in modo determinante la creazione e la distribuzione del reddito.

Per stimolare la crescita del sistema produttivo e l'efficienza della macchina statale occorre ridefinire la politica di bilancio: in questo modo si innesca un circolo virtuoso tra crescita e risanamento dei conti.

III. 2 La struttura delle spese

La struttura delle spese della Pubblica Amministrazione è rimasta pressoché invariata nel decennio. Nel 1995, la spesa per interessi era pari all'11,5 per cento del PIL; nel 2004 è scesa al 5,1 per cento, un risparmio superiore ai 70 miliardi di euro per anno. Nonostante la notevole diminuzione della spesa per interessi, la crescente incidenza delle spese incomprimibili - pensioni, salari e altre prestazioni sociali assorbono circa i 3/4 della spesa totale - ha impedito la riallocazione a favore della spesa in conto capitale e in ricerca, come sarebbe stato invece auspicabile al fine di adeguare le infrastrutture, materiali e immateriali del Paese.

Tra il 1995 e il 2004, l'incidenza della spesa corrente primaria, cioè al netto degli interessi sul PIL è cresciuta dal 37 per cento del PIL al 39,3 per cento. La crescita di quest'ultima appare principalmente legata alla dinamica della spesa per stipendi, pensioni e delle altre prestazioni sociali, nonché della spesa per consumi intermedi e finali. La riforma delle pensioni approvata dal Parlamento nel luglio 2004 ha stabilizzato questa spesa nel medio periodo mentre i consumi intermedi e finali sono stati posti sotto parziale controllo dalla regola di crescita nominale del 2 per cento, approvata con la Legge Finanziaria del 2005.

Gli incrementi di spesa corrente primaria variano in relazione al livello di Governo. Gli incrementi di spesa sono minori nelle Amministrazioni centrali. Ad esempio, nel periodo 1999-2004 i redditi da lavoro dipendente sono saliti del 3,8 per cento nelle Pubbliche Amministrazioni centrali, dell'8,3 per cento negli Enti di Previdenza e del 5,6 per cento per le Amministrazioni Pubbliche locali. In maniera simile, i consumi intermedi sono saliti dello 0,2 per cento per le Pubbliche amministrazioni Centrali, dell'1,6 per cento negli Enti di Previdenza e del 5,8 per cento per le Amministrazioni Pubbliche locali.

Dopo la progressiva riduzione registrata nel corso degli anni novanta, la spesa in conto capitale in rapporto al PIL è cresciuta negli ultimi tre anni, passando dal 3,9 per cento nel 2000 al 4,4 per cento nel 2004, al netto delle entrate per le licenze UMTS e le dismissioni.

Le spese in conto capitale hanno un importante ruolo propulsivo sull'economia, ma anche per questa componente del bilancio occorre distinguere tra le diverse tipologie di spesa. Come ogni sussidio, i trasferimenti alle aziende in conto capitale, se non opportunamente gestiti, possono avere gravi effetti distorsivi e risultare onerosi per i contribuenti. La riforma della legge 488 sugli incentivi alle imprese, attraverso la trasformazione di una quota di contributi a fondo perduto in finanziamento agevolato, ha posto rimedio a questi potenziali effetti negativi.

La combinazione di queste diverse dinamiche - diminuzione di spesa per interessi, rilancio della spesa in conto capitale e aumento di spese corrente primarie - ha ridotto la spesa totale sul PIL dal 53,2 per cento del 1995 al 48,5 nel 2004.

 

III.3 La struttura delle entrate

Durante il periodo di convergenza verso i parametri di Maastricht, lo sforzo di riduzione dell'indebitamento ha comportato un aumento della pressione fiscale. Calcolata con i criteri del SEC95, la pressione fiscale è cresciuta dal 42,2 per cento del 1995 al 44,5 per cento nel 1997. Nel 2004, la pressione fiscale è scesa al 41,7 per cento.

Rispetto alla gran parte dei paesi europei, il sistema impositivo italiano si caratterizza per una più marcata pressione sul fattore lavoro, una tassazione del fattore capitale in linea con la media europea e una imposizione sui consumi più bassa.

Gli interventi attuati in questa legislatura si sono mossi nella direzione di correggere le tendenze sopra descritte, anche se permangono importanti differenze tra paesi europei.

Per contenere la tassazione sul lavoro si è intervenuti sulla tassazione personale, attraverso i due moduli di riforma fiscale che hanno riguardato soprattutto le fasce di reddito medio basse. A titolo di esempio, un lavoratore dipendente con un livello di retribuzione media individuato in base alla metodologia OCSE con coniuge e due figli a carico, è oggi soggetto un'allquota media di tassazione ridotta di 2,5 punti percentuali rispetto al 2001.

Per la tassazione sulle imprese, si è passati dall'aliquota del 36 per cento nel 2001 all'attuale 33 per cento, nell'ambito di un modello di tassazione convergente a livello europeo.

Nel periodo 1995-2004, la tassazione delle attività finanziarie (interessi, dividendi, plusvalenze, ecc.) presenta un profilo discendente e comunque molto contenuto. Infine, l'incidenza complessiva della tassazione sui consumi, sulla base dei più recenti dati disponibili, risulta inferiore alla media europea.

 

III. 4 L'economia sommersa

L'economia sommersa è un fenomeno comune a tutti i paesi dell'OCSE, anche se in misura diversa. Sulla base di una metodologia che utilizza una pluralità di indicatori è stata posta a confronto la quota di sommerso fra i diversi Paesi OCSE. Si evidenzia un livello più elevato di sommerso nei paesi dell'Europa meridionale: l'Italia si colloca subito dopo la Grecia ed è seguita dal Portogallo e dalla Spagna.

I dati diffusi dall'ISTAT lo scorso ottobre e riferiti al 2002, e qui aggiornati e disaggregati per provincia e macro settori, pur non metodologicamente comparabili a quelli dell'OCSE consentono anche una valutazione settoriale e territoriale del sommerso, che servirà da indicatore per l'attività di contrasto all'evasione e allo stesso sommerso.

La presenza del sommerso comporta l'evasione fiscale, sottrae risorse al bilancio pubblico e distorce la concorrenza: per modificare la struttura del bilancio e ridurre il disavanzo senza aumentare le aliquote occorre recuperare questa base imponibile con una politica credibile, coerente e costante nel tempo: interventi sporadici rischiano di non avere effetti strutturali. Sono invece necessarie politiche di carattere complessivo, sia di contrasto sia, positivamente, di evoluzione delle caratteristiche strutturali dell'agire economico nazionale.

III. 5 L'indebitamento 2001-2004 e le revisioni Eurostat

In seguito alle ultime revisioni statistiche effettuate dall'Istat e dall’Eurostat, l'indebitamento netto della pubblica amministrazione è risultato pari al 3,2 per cento nel 2001, al 2,7 per cento nel 2002, al 3,2 per cento nel 2003 e al 3,2 per cento nel 2004.

A seguito delle revisioni statistiche, l'Italia ha superato il valore di riferimento nominale del Patto di Stabilità e Crescita

In coerenza con il programma di finanza pubblica illustrato nel Capitolo V, a partire dal 2007 l'indebitamento netto rientrerà al di sotto del vincolo nominale del 3 per cento.

 

Capitolo IV

 

L'EVOLUZIONE TENDENZIALE DELL'ECONOMIA ITALLANA

IV. l L'economia italiana nel 2005

Nel primo trimestre del 2005 il PIL ha registrato una flessione congiunturale dello 0,5 per cento, che segue quella del quarto trimestre del 2004 (-0,4 per cento). Esistono segnali di ripresa a partire dal secondo trimestre.

Nonostante la flessione del PIL, si registra una sostanziale tenuta dei consumi, cresciuti rispettivamente dello 0,4 per cento e dello 0,2 per cento negli ultimi due trimestri. La crescita dei redditi e dell'occupazione dovrebbe continuare ad alimentare la spesa per le famiglie anche nei prossimi mesi, garantendo un graduale rafforzamento della ripresa nella seconda parte dell'anno.

L'aumento annuo del PIL sarebbe così pari a zero nell'intero 2005. Lo scostamento tra il prodotto effettivo e quello potenziale (output gap) arriverebbe a -2 per cento.

La crescita dei consumi delle famiglie è stimata pari allo 0,8 per cento nell'anno. Complessivamente, le spese per investimenti dovrebbero registrare una diminuzione dell'1,5 per cento. Dopo anni di robusta crescita, il settore delle costruzioni mostra segnali di assestamento.

La perdita di competitività dei prodotti nazionali e l'andamento sfavorevole dei nostri principali mercati di sbocco continueranno a frenare le esportazioni. Pertanto, il contributo netto del settore estero alla crescita del PIL è atteso negativo (-0,3 per cento) e il deficit di conto corrente della bilancia dei pagamenti dovrebbe peggiorare, passando dallo 0,7 per cento del PIL nel 2004 all' 1,4 nel 2005.

L'occupazione continuerebbe a crescere leggermente, in misura più accentuata nella componente di lavoro dipendente. Il tasso di disoccupazione rimane sostanzialmente stabile, intorno all'8 per cento registrato nel 2004.

L'inflazione interna risente del concentrarsi degli effetti dei rinnovi contrattuali nell'anno in corso. L'inflazione misurata dal deflatore dei consumi delle famiglie dovrebbe attestarsi al 2,2 per cento.

 

II Confronto con le Previsioni del DPEF 2005-2008

Rispetto agli obiettivi indicati nel DPEF 2005-2008, la stima della crescita del prodotto interno lordo per il 2005 è stata rivista al ribasso dal 2,1 per cento- a suo tempo stimato anche dalla Commissione Europea- allo zero per cento.

Dall'analisi dei contributi alla crescita emerge il netto ridimensionamento di tutte le componenti della domanda interna, a fronte di un contributo del settore estero che si conferma negativo.

IV.2 La Finanza Pubblica nel 2005

Una crescita nulla per il 2005, unitamente alle riclassificazioni contabili richieste dall'Eurostat, implicano una modifica dell'indebitamento netto atteso a fine anno.

Nel Documento di Programmazione dello scorso anno il Governo aveva indicato nel 2,7 per cento del PIL l'obiettivo di indebitamento per il 2005, coerente con un ipotesi di crescita economica del 2,1 per cento. Il quadro previsivo e gli obiettivi finanziari erano stati confermati nel mese di settembre con la Relazione Previsionale e Programmatica.

Ad aprile del 2005, con l'aggiornamento della Relazione Previsionale e la presentazione della Relazione Trimestrale di Cassa, il Governo, tenuto conto dei rinnovi contrattuali, ha stimato il rapporto dell'indebitamento netto sul PIL in un intervallo compreso tra il 2,9 e il 3,7 per cento. Tale intervallo era correlato ad alcuni elementi di criticità riguardanti la realizzazione del programma di dismissioni immobiliari, il rispetto del vincolo di crescita della spesa, soprattutto nella componente a carico degli enti decentrati, l'esternalizzazione degli oneri relativi all'ANAS.

La stima dell'indebitamento netto presentata nel DPEF incorpora le riclassificazioni contabili concordate con Eurostat e rese note successivamente alla presentazione della Relazione Trimestrale.

II gettito tributario, riflettendo la riduzione della previsione della crescita economica per 1,2 punti percentuali rispetto alla Trimestrale di Cassa, risulta ridimensionato sia nella componente diretta, sulla base di una elasticità al PIL che tiene conto del meccanismo di versamento in acconto e saldo delle imposte, sia nella componente indiretta a seguito di una più contenuta dinamica dei consumi. I contributi sociali sono stimati in coerenza con l'andamento dell'occupazione. Nel complesso le entrate totali evidenziano un aumento dell' 1,4 per cento rispetto al 2004.

La nuova stima della spesa primaria corrente include l'integrazione dei trasferimenti alle imprese secondo i nuovi criteri di classificazione contabile, una crescita più accentuata della spesa per consumi intermedi, soprattutto in relazione a maggiori oneri per la sanità, e la completa sottoscrizione dei rinnovi contrattuali del pubblico impiego per il biennio 2004-2005.

Sulla base di questi andamenti l'indebitamento netto, valutato con il massimo di realismo, viene a collocarsi al 4,3 per cento del PIL. L'avanzo primario è previsto ridursi allo 0,6 per cento del PIL.

I dati relativi al primo trimestre dell'anno sembrerebbero confermare tali stime. I dati disponibili, pur non consentendo un perfetto confronto con i risultati dello scorso anno, evidenziano alcune tendenze rispetto al 2004: un tasso di aumento delle entrate correnti più elevato (3,3 per cento contro 3,0); una dinamica della spesa corrente primaria più contenuta (3,2 per cento contro 5,1). In termini di PIL l'aumento delle entrate totali registrato nel primo trimestre ha più che compensato la maggiore incidenza della spesa totale sul PIL, determinando un indebitamento netto inferiore di due decimi di punto rispetto al 2004.

Il processo di risanamento strutturale dei conti pubblici prosegue pur in presenza della sfavorevole congiuntura economica: il saldo di bilancio corretto per il ciclo, al netto delle misure una tantum (variabile su cui si concentra il nuovo Patto di Stabilità),
è stimato migliorare rispetto al 2004 di un ulteriore mezzo punto percentuale, al 3,8 per cento.

Il rapporto debito/PIL per il 2005 è stimato collocarsi al [108,2] per cento, per effetto del maggior fabbisogno finanziario, delle riclassificazioni statistiche, della minore crescita del PIL nominale e di un minor volume di privatizzazioni.

II quadro previsivo, condiviso con la Commissione Europea, evidenzia con chiarezza il ruolo della crescita nella stabilità dei conti.

IV. 3 L'andamento dell'economia italiana nel medio termine 2006-2009

In linea con le previsioni dei principali istituti nazionali e internazionali e coerentemente con il quadro discusso con la Commissione Europea, si ipotizza una crescita media del PIL dell' 1,5 per cento nel quadriennio 2006-2009.

La ripresa dell'economia italiana dovrebbe essere trainata da tutte le componenti della domanda interna: la crescita dei consumi delle famiglie si attesterebbe intorno all'1,5 per cento medio annuo; gli investimenti, sostenuti dalla componente in macchinari ed attrezzature, dovrebbero aumentare in media del 2,4 per cento, favoriti dal persistere di margini di profitto positivi e favorevoli condizioni di finanziamento.

Le esportazioni dovrebbero mostrare un recupero graduale a partire dal 2006, mantenendo un profilo di crescita intorno al 3,5 per cento, ritmo comunque inferiore rispetto all'andamento degli scambi mondiali. Ad eccezione del 2006, il contributo del settore estero dovrebbe mantenersi lievemente negativo per il triennio successivo, denotando il perdurare del gap di competitività del sistema paese. Il saldo di parte corrente della bilancia dei pagamenti in rapporto al PIL, seppur in miglioramento, permarrebbe negativo per tutto il periodo, attestandosi in media allo 0,8 per cento del PIL.

A livello settoriale, il valore aggiunto dell'industria in senso stretto trainerebbe la crescita, coerentemente con la ripresa delle esportazioni; il settore dei servizi registrerebbe una dinamica in linea con il trend degli anni più recenti.

Il mercato del lavoro manterrebbe un andamento moderatamente positivo: l'occupazione segnerebbe un incremento medio pari allo 0,5 per cento. Il tasso di disoccupazione, in lieve aumento nel 2006 (8,2 per cento), dovrebbe gradualmente ridursi, attestandosi al 7,9 per cento alla fine del periodo.

A seguito di un miglioramento della produttività e di un rallentamento della dinamica del costo del lavoro, l'andamento del CLUP risulterebbe in progressiva decelerazione nel quadriennio considerato. Il contenimento delle componenti interne dell'inflazione, unitamente alla diminuzione attesa dei prezzi dei prodotti petroliferi e alla stabilizzazione del cambio dell'euro, favorirebbero l'assestamento dell'inflazione intorno al 2 per cento, leggermente al di sopra del valore atteso per l'Area Euro.

IV.4 L'andamento tendenziale di finanza pubblica nel medio termine: 2006-2009

II quadro tendenziale di finanza pubblica per gli anni 2006-2009, è stato costruito sulla base della legislazione vigente in relazione all'evoluzione attesa per l'anno 2005. Le singole categorie di spesa e di entrata sono state stimate sulla base delle seguenti ipotesi:

       

    • le retribuzioni pubbliche sono state valutate incorporando gli effetti connessi alla corresponsione dell'indennità di vacanza contrattuale, secondo l'attuale cadenza biennale prevista;

       

 

       

    • il numero dei dipendenti del complesso delle Amministrazioni pubbliche è stimato ridursi per l'intero periodo previsionale, di circa lo 0,5 per cento all'anno;

       

 

       

    • la spesa per consumi intermedi, comprensiva di quella per la sanità, è stata stimata per il 2006 ad un tasso di crescita lievemente inferiore a quello del PIL nominale e successivamente con una elasticità implicita rispetto al PIL nominale pari all' 1 nella media del periodo;

       

 

       

    • la spesa sanitaria è stata valutata sulla base di un tasso di crescita medio nel periodo 2006-2009 del 3,3 per cento, che tiene conto di una dinamica della spesa per consumi intermedi analoga a quella degli ultimi anni e
      della piena realizzazione delle misure di contenimento della spesa farmaceutica, di pertinenza dell'Amministrazione Centrale mediante l'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). L'incidenza sul PIL è prevista raggiungere, a fine periodo, il 6,7 per cento.

       

 

       

    • la spesa per pensioni è stata stimata sulla base di un tasso di variazione medio nel periodo pari al 3,8 per cento, correlato al numero di pensioni di nuova liquidazione, ai tassi di cessazione stimati e alle regole in vigore di rivalutazione delle pensioni in base all'inflazione. L'incidenza della spesa pensionistica sul PIL è prevista rimanere sostanzialmente invariata per l'intero periodo, collocandosi nel 2009 al 14,5 per cento del PIL;

       

 

    • la spesa per interessi è stata valutata tenendo conto dei tassi forward rilevati dalla struttura per scadenze dei tassi di mercato;

 

    • la spesa in conto capitale è stata stimata, in linea con la legislazione
      vigente, in coerenza con i margini di crescita della spesa previsti dalla legge n.311/2004 (legge finanziaria per il 2005) che prevedono un incremento delle autorizzazioni di cassa del bilancio statale pari al 2 per cento per ciascun anno del triennio 2005-2007 e analogo limite, applicato però alla spesa complessiva per gli altri enti. La dinamica della spesa include gli interventi di competenza dell'ANAS S.p.A.;

 

    • per le entrate tributarie il gettito previsto sconta l'entrata in vigore già nell'anno in corso del secondo modulo della riforma fiscale, nonché il totale azzeramento degli incassi provenienti da misure una tantum;

 

    • per i contributi sociali è stata valutata una crescita con una elasticità rispetto al PIL dello 0,4 per cento nel 2006 e successivamente dello 0,9;

 

    • la pressione fiscale è stimata ridursi nel 2006 di un punto percentuale, raggiungendo il 40,3 per cento, e dello 0,2 per cento all'anno tra il 2007 e il 2009.

 

Gli andamenti stimati delle entrate e delle spese delle Amministrazioni pubbliche evidenziano un rapporto tendenziale deficit/PIL che si mantiene al 4,7 per cento nel periodo 2006-2009. Un valore incompatibile con il Trattato Europeo. E' pertanto necessario un aggiustamento strutturale della finanza pubblica.

 

Capitolo V

 

LE LINEE GUIDA DELLA POLITICA ECONOMICA

Le scelte di politica economica discendono dall'analisi effettuata. Il problema centrale dell'economia italiana è la bassa crescita causata da problemi congiunturali ma soprattutto strutturali. Senza crescita economica non vi è maggiore benessere per i cittadini. Il clima di fiducia, da cui dipendono le decisioni di consumo e investimento di milioni di cittadini e di imprese, richiede un sistema economico in espansione. E soprattutto, senza crescita economica non si può realizzare un aggiustamento soddisfacente delle finanze pubbliche e una riduzione adeguata del rapporto debito/PIL.

Il quadro programmatico delineato dal DPEF indica la diminuzione graduale del rapporto debito/PIL e la sostenibilità della finanza pubblica nel lungo periodo. Tuttavia, se l'economia tornasse a crescere intorno al 2,5 per cento nel periodo considerato, come avviene in diversi paesi Europei, il sentiero di rientro sarebbe molto più rapido, consentendo di raggiungere il pareggio di bilancio nel 2009.

A problemi di crescita si risponde con politiche per la crescita. Queste criticità devono essere affrontate con un programma di rilancio nazionale, senza attendere soluzioni a livello comunitario, pur in coerenza con l'Agenda di Lisbona. Gli obiettivi programmatici della politica economica sono delineati nel DPEF, mentre le misure concrete per perseguirli verranno realizzate nella prossima Legge Finanziaria. Le cinque linee di intervento di politica economica del Governo sono:

    1. maggiori investimenti nelle infrastrutture materiali e immateriali e nelle aree strategiche del Paese;
    2. liberalizzazione dei mercati, semplificazione e riduzione degli oneri burocratici;
    3. alleggerimento del carico tributario;
    4. tutela del potere d'acquisto delle famiglie;
    5. aggiustamento strutturale e maggior qualità dei conti pubblici.

 

V.l. Investimenti nelle aree strategiche del Paese

Le opere infrastrutturali, la capacità innovativa, la qualità del capitale umano sono aree strategiche per il paese. Investire di più in queste aree è una priorità assoluta di politica economica.

L'Italia dispone di una dotazione di infrastrutture inferiore a quella degli altri partner europei. Per colmare il ritardo, occorre proseguire sulla strada intrapresa in questi anni (Cap. VI). A tal fine, il Governo intende incrementare le spese in conto capitale destinate agli investimenti pubblici. La spesa in conto capitale era scesa al 3,9 per cento (al netto delle entrate per le licenze UMTS e le dismissioni) nel 2000, risalendo (in termini omogenei) al 4,4 per cento nel 2004.

Il Governo intende ampliare l'offerta del trasporto pubblico locale, con particolare attenzione alla complessità dei sistemi urbani. Verrà definito uno specifico progetto per le grandi aree metropolitane e attuato un piano strategico per ottimizzare il contenimento energetico nel comparto dei trasporti. Verrà inoltre dato massimo impulso alla prosecuzione del piano delle opere irrigue, approvato dal CIPE nel maggio 2005, da cui dipende l'approvvigionamento idrico per la maggior parte del tessuto produttivo del Paese e la regimazione delle acque.

Adeguate risorse saranno stanziate per la sicurezza del Paese, anche a fronte dei recenti attacchi terroristici.

Particolare attenzione verrà posta alle problematiche ambientali, con specifico riguardo alla difesa del suolo, al contrasto dell'inquinamento, all'adozione di iniziative a favore delle imprese che esplicano la loro attività in modo eco-compatibile e ai target previsti dal protocollo di Kyoto.

Occorrono maggiore ricerca e maggiore innovazione, sia del settore pubblico che del settore privato. Per sostenere la ricerca privata saranno introdotti incentivi, anche attraverso l'utilizzo di fondi specifici, per le imprese che attueranno programmi strategici nei settori più rilevanti per l'innovazione e lo sviluppo, con particolare riferimento alle tecnologie digitali. Per valorizzare il legame tra ricerca applicata e ricerca di base il Governo intende rafforzare la complementarietà e integrabilità tra i progetti i collegati ai fondi FAR e FIRB. Nel settore pubblico, occorre un salto di qualità da parte del sistema universitario e degli Enti di Ricerca Pubblica di tutte le dimensioni. A tal fine, il Governo intende completare il processo di riforma universitaria (incluso lo status giuridico dei docenti) e predisporre incentivi volti ad aumentare il numero di specialisti in discipline tecnico-scientifiche. Il potenziamento del sistema formativo continuerà. Il Governo intende varare la riforma del secondo ciclo di istruzione con l'attivazione dei percorsi liceali e dei percorsi di istruzione e formazione professionale e valorizzare la componente formativa dell'esperienza lavorativa.

Il paese ha bisogno di un'offerta di servizi sanitari sempre migliori. Questo richiede, non solo maggiori risorse, ma soprattutto una più efficiente gestione del sistema sanitario nazionale, che continuerà a garantire piena copertura alla totalità dei cittadini. Verranno rafforzati i sistemi di monitoraggio relativi ai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e ai tempi di attesa delle prestazioni. Il Governo intende anche potenziare l'attività di ricerca sanitaria e di innovazione tecnologica, favorendo gli investimenti privati. Si semplificheranno le procedure burocratiche-amministrative e saranno favorite le iniziative per la tutela sanitaria dei cittadini italiani all'estero.

Particolare rilevanza assumeranno le azioni nel settore turistico, valorizzando il ruolo delle autonomie locali e il Sud, al fine di destagionalizzare i flussi turistici e utilizzare pienamente le strutture disponibili.

La politica industriale, che farà leva sulle potenzialità del terzo settore con gli strumenti più efficaci, si propone di agire principalmente su due fronti. Da un lato verranno elaborate azioni di sviluppo rivolte alla riqualificazione competitiva del tessuto produttivo e al rafforzamento della specializzazione settoriale verso filiere a più elevato contenuto tecnologico. Dall'altro specifiche azioni di consolidamento saranno finalizzate alla salvaguardia del patrimonio industriale del paese e alla tutela dell'occupazione. Nel dettaglio, il governo intende

    1. favorire le aggregazioni di imprese per superare il cosiddetto "nanismo" che contraddistingue la composizione del tessuto imprenditoriale italiano;
    2. recuperare e tutelare il ruolo della grande impresa;

c) rafforzare il sistema delle garanzie per facilitare l'accesso al credito ordinario ed agevolato, soprattutto in vista delle riforme degli incentivi e dell'attuazione delle regole di Basilea 2;

d) razionalizzare il sistema della gestione delle crisi industriali,

precostituendo adeguati strumenti di intervento per far fronte alle conseguenze economiche ed occupazionali che ne derivano.

V.2. Liberalizzazione, semplificazione e riduzione degli oneri burocratici

Dopo le riforme del mercato del lavoro e della previdenza, il rilancio dell'economia passa attraverso la liberalizzazione dei mercati dei prodotti e dei servizi. Verranno, pertanto, ridotte le barriere all'entrata in settori chiave della nostra economia quali i servizi di rete (elettricità, gas, ecc), finanziari e professionali. Gli enti locali saranno incentivati a sostenere il processo di liberalizzazione e a utilizzare il loro bilancio per politiche di sviluppo.

Le aziende italiane devono recuperare quella vitalità sottratta dalla presenza di un settore pubblico troppo invasivo e soffocante. Lo snellimento delle procedure amministrative, avviato con il piano d'azione per lo sviluppo (vedi riquadro), verrà perseguito attraverso l'estensione del principio del "silenzio-assenso" e l'applicazione generalizzata dello sportello unico e la prosecuzione del programma di e-government.

L'attrazione di investimenti stranieri in Italia sarà incentivata da una politica di semplificazione amministrativa, di stabilità delle procedure e da specifiche misure di promozione, sulla linea di quanto stabilito nel piano d'azione per lo sviluppo.

L'azione governativa è tesa a favorire la crescita delle aziende incentivando forme di aggregazione quali fusioni, acquisizione e joint-venture, con particolare attenzione ai settori ad alta tecnologia.

V.3. L'alleggerimento del carico tributario

II Governo intende proseguire nella riduzione della pressione fiscale, uno dei capisaldi della propria politica economica. Dopo le riduzioni operate sulla tassazione individuale, occorre ora alleggerire il carico tributario sul valore aggiunto prodotto dalle imprese. L'imposizione fiscale in Italia grava fortemente sul fattore lavoro. Il Governo intende gradualmente ridurre l'IRAP (per l'IRAP per nuove assunzioni al Sud cfr. par.VI.l), attraverso l'esclusione del costo del lavoro dalla sua base imponibile, e restringere il cuneo fiscale sul lavoro, intervenendo su alcuni degli oneri impropri.

Un fisco più leggero ed equo deve basarsi su criteri d'imposizione semplici e stabili nel tempo, seguendo le linee di tendenze dei principali paesi avanzati. Il contrasto all'illegalità e alla contraffazione proseguiranno senza interruzione nella strada tracciata negli ultimi dodici mesi. Verrà quindi intensificata la lotta all'evasione e introdotte misure atte ad allargare la base imponibile. Il design e lo "stile" italiano sono uno dei vantaggi competitivi del paese: la politica economica deve preservarne il valore attraverso un intensificato sforzo nel contrasto alla contraffazione. Verrà poi intensificata la lotta all'evasione e introdotte misure atte ad allargare la base imponibile.

L'imprenditoria italiana è molto attiva fuori dai confini nazionali: secondo un recente censimento, sono circa 12000 mila le imprese italiane che operano all'estero. Il Governo intende attuare specifici interventi che stimolino l'imprenditoria italiana a confluire il proprio business nelle aree produttive del Paese e, in particolare, nel Mezzogiorno.

V.4. La tutela del potere d'acquisto per le famiglie

La salvaguardia del potere d'acquisto delle famiglie va perseguita evitando l'innescarsi di una rincorsa prezzi-salari. I contratti di lavoro del pubblico impiego saranno conclusi in linea con il Protocollo Governo OO.SS. del 30 maggio 2005, tenendo conto degli incentivi di produttività del personale per la cui mobilità territoriale e formazione professionale saranno previsti specifici interventi.

Il mantenimento del potere d'acquisto reale sarà conseguito anche con metodi indiretti: contenendo alcuni costi essenziali delle famiglie, quali affitti, energia, trasporti e servizi finanziari. Al fine di mitigare l'aumento degli affitti registrati nell'ultimo quinquennio, il Governo intende promuovere specifici incentivi fiscali. Particolare attenzione verrà anche data all'andamento dei prezzi del petrolio e dei suoi derivati. In dettaglio, il Governo potrà individuare specifiche misure volte ad alleviare la spesa energetica per le fasce di popolazione più esposte.

L'aumento delle tariffe pubbliche e dei prezzi dei servizi deve essere contenuto attraverso specifiche azioni, oltre che attraverso le liberalizzazioni dei mercati e l'aumento della concorrenza. L'importazione di merci a prezzi competitivi contribuirà, altresì, a preservare il potere d'acquisto dei consumatori e a ridurre i costi aziendali.

Per conciliare carichi familiari e lavorativi delle famiglie, il Governo consentirà ai nuclei meno abbienti di dedurre parte delle spese sostenute per i servizi per l'infanzia e, in particolare, per gli asili nido.

V.5. Gli aggiustamenti strutturali e la maggiore qualità della finanza pubblica

La situazione dei conti pubblici richiede un aggiustamento strutturale e maggiore qualità sia dal lato delle entrate che della spesa. Con la riforma delle pensioni, la sostenibilità di lungo periodo della finanza pubblica è migliorata; occorre ora proseguire nel contenimento della spesa corrente a livello centrale e locale.

Il Governo seguirà la strada già tracciata, rafforzando le regole di bilancio introdotte con la Finanziaria 2005. Il tetto del 2 per cento limita la crescita delle spese non strategiche a tassi inferiori a quelli del PIL nominale e il Patto di Stabilità Interno assicura la coerenza di spesa tra lo Stato centrale e gli enti locali. Il tetto alla spesa permette di contenere le dinamiche tendenziali su un orizzonte di medio periodo. La sua formulazione e applicazione potranno essere rafforzate e migliorate, riconoscendo che esiste una dinamica della spesa differenziata tra diversi comparti e livelli di Governo. In questo processo vanno altresì considerate le priorità finanziarie connesse a situazioni specifiche: tra esse sicurezza, contrasto e prevenzione del terrorismo, contrasto dell'illegalità e contraffazione, sicurezza economica e finanziaria, oltre alle tradizionali aree dei servizi sociali.

E,' inoltre, necessario introdurre un meccanismo premiale verso i comparti e le amministrazioni più virtuose. L'applicazione della regola determinerà una dinamica della spesa corrente inferiore a quella delle entrate, consentendo il raggiungimento del pareggio del bilancio corrente (golden rule) e liberando risorse per finanziarie la spesa in conto capitale.

L'esperienza dimostra che i disavanzi si riducono in modo duraturo solo riducendo le spese. Se si aumentano soltanto le entrate, dopo un periodo di apparente risanamento, le spese e i disavanzi tornano a crescere.

L’aggiustamento delle finanze pubbliche avverrà in modo strutturale e senza nuovi ricorsi a misure una tantum. Se i problemi sono strutturali, occorre una correzione strutturale del bilancio. Inoltre la lotta all'evasione e il recupero di base imponibile escludono il ricorso a sanatorie fiscali.

V.6 La Finanza pubblica locale

L'attuazione di una politica economica fondata sulla crescita necessita il coinvolgimento e la condivisione di tutti i comparti della Pubblica Amministrazione, e in particolare delle autonomie locali.

La lotta all'evasione e il recupero di base imponibile è tanto più efficace quanto maggiore è il coinvolgimento di Comuni, Province e Regioni. A tal fine, il Governo intende rafforzare la collaborazione tra Stato e Enti locali, prevedendo a favore delle autonomie locali una quota parte della maggiori entrate riscosse per effetto della loro azione.

Il Patto di Stabilità Interno, lo strumento che assicura la coerenza di spesa tra lo Stato centrale e gli enti locali, andrà rafforzato e finalizzato alla crescita. In particolare, mantenendo fermo il principio dei tetti di spesa, occorrerà:

    • prevedere tetti distinti per la spesa corrente e per quella in conto capitale; a parità di risorse complessive, si cercherà di ampliare gli spazi per gli investimenti pubblici locali attraverso l'imposizione di vincoli più stringenti alla spesa corrente;
    • favorire le Unioni di Comuni e la produzione di servizi in forma integrata, tenendo conto anche della dimensione dei Comuni e delle esigenze delle piccole isole e delle aree a minoranza linguistica;
    • introdurre nel Patto di Stabilità Interno un sistema di premi e sanzioni che migliori la qualità della spesa, facilitando l'adozione da parte degli Enti di provvedimenti strutturali in diversi settori, quali il trasporto pubblico, i servizi di pubblica utilità, il commercio e vari servizi a domanda individuale.

Il monitoraggio della spesa nei diversi livelli della Pubblica Amministrazione verrà intensificato al fine di individuare le dinamiche di spesa dei diversi comparti e apportare gli opportuni interventi.

V.7. II federalismo fiscale

La conclusione dei lavori dell'Alta Commissione di studio per il federalismo costituirà il punto di riferimento per la definizione della normativa che, in sintonia con il nuovo articolo 119 della Costituzione, andrà ad individuare i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, anche al fine di completare gradualmente il trasferimento alle Regioni delle competenza amministrative.

Su queste basi potrà essere progressivamente introdotto un nuovo meccanismo che, valorizzando il ruolo di Comuni, Province e Regioni, conformemente al principio di sussidiarietà, dovrà assegnare ai predetti Enti la necessaria autonomia finanziaria, ed in particolare tributaria, superando i tradizionali meccanismi di trasferimenti erariali in favore di nuovi meccanismi perequativi.

La prevista riduzione dell’IRAP sarà affiancata da misure idonee a garantire l'esercizio delle funzioni finanziate dal gettito derivante anche allo scopo di superare l'evidente inadeguatezza dei meccanismi perequativi previsti dal decreto legislativo 56/2000.

V.8. II Quadro Programmatico 2006-2009

L'attuazione delle suddette politiche economiche si tradurrà in un'accelerazione della crescita e in un graduale aggiustamento strutturale dei conti pubblici, in piena coerenza con il nuovo regolamento del Patto di Stabilità e Crescita.

Le politiche strutturali per lo sviluppo determineranno un'accelerazione della crescita economica nel medio periodo: il tasso di crescita del PIL salirà da un valore tendenziale pari all'1,5 e all'1,6 per cento per il 2008 e 2009 a un tasso programmatico rispettivamente pari all' 1,7 e all' 1,8 per cento.

L'indebitamento della pubblica amministrazione nel 2006 risulterà pari al 3,8 per cento del PIL e al 2,8 nel 2007, scendendo così sotto la soglia del 3 per cento. La riduzione dell'indebitamento proseguirà nel medio periodo, fino a raggiungere 1' 1,5 per cento nel 2009. L'aggiustamento strutturale cumulato di finanza pubblica risulta, pertanto, pari allo 0,8 per cento nel 2006, all' 1,8 nel 2007, al 2,4 per cento nel 2008 e al 2,9 per cento nel 2009. L'aggiustamento strutturale sarà compensato da politiche per lo sviluppo, determinando, nel biennio 2006-2007, un tasso di crescita programmatico in linea con il tendenziale e, nel successivo biennio, una lieve accelerazione.

L'indebitamento netto, depurato dagli effetti negativi del ciclo economico, migliora sostanzialmente passando dal 3 per cento del 2006 all'1,1 per cento nel 2009. In virtù dell'eliminazione delle una tantum a partire dal 2006, tutto l'aggiustamento di bilancio previsto sarà permanente. Le vendite di asset del settore pubblico andranno interamente a riduzione del debito.

 

V.9 La Sostenibilità di Lungo Periodo

II quadro programmatico di finanza pubblica è coerente con le raccomandazioni del Consiglio Ecofin. La crescita progressiva dell'avanzo primario, la maggior crescita economica e l'entrata a regime della riforma previdenziale, miglioreranno la sostenibilità di lungo periodo della finanza pubblica italiana. Per un paese ad alto debito, la sostenibilità di lungo periodo è un bene essenziale a cui i mercati guardano nel decidere di finanziare il debito pubblico.

II programma di finanza pubblica, con effetti sia di competenza economica che di cassa, insieme a quello delle privatizzazioni, assicureranno una discesa stabile del rapporto debito/PIL, che risulterà al di sotto del 101 per cento nel 2009. La dinamica del debito è collegata all'evoluzione del fabbisogno di cassa che è previsto scendere sotto il valore dell'indebitamento netto, sia per gli effetti sulla manovra sia per l'andamento previsto di alcuni aggregati di finanza pubblica, quali la spesa per interessi, i debiti pregressi della ASL e i debiti di imposta, nonché una riduzione dei crediti dell'Italia nei confronti della UE.

Con tassi di crescita del PIL più elevati, la riduzione dell'indebitamento e del rapporto debito PIL avverrebbero con maggior rapidità. Una crescita dell'economia pari al 2,5 per cento per il quadriennio 2006-2009 assicurerebbe un indebitamento pari al 2 per cento nel 2007 e un'ulteriore riduzione negli anni successivi fino a raggiungere il pareggio di bilancio nel 2009.

Per quanto riguarda il bilancio programmatico di competenza dello Stato, verrà presentato con indicazione di tutte le componenti di entrata e di spesa ed eventuali aggiornamenti non appena verrà definita la tipologia degli interventi da attuare. Sulla base di questi, infatti, si procederà alla quantificazione degli effetti della manovra di finanza pubblica 2006 sul bilancio dello Stato.

Il livello del saldo netto da finanziare, al netto delle regolazioni contabili e debitorie, pertanto, non sarà superiore a 56,5 miliardi di euro per l'anno 2006, a 48,3 miliardi per l'anno 2007 e a 39,7 miliardi per l'anno 2008.

 

Capitolo VI

 

LA CRESCITA E LA COMPETITIVITA' DEL MEZZOGIORNO

Per contrastare i ritardi di produttività e accrescere la competitività, gli interventi delineati nei capitoli precedenti dovranno essere accompagnati da un rinnovato impegno nell'attuazione di una politica regionale per lo sviluppo concentrata nell'offerta di servizi collettivi e di infrastrutture. Nel Mezzogiorno, dove il grado di sottoutilizzazione delle risorse è evidenziato da un tasso di occupazione della popolazione (in età fra 15 e 64 anni, nel 2004) pari a 46,1 per cento, fortemente al di sotto di quello medio italiano e dell'Europa a 25 (rispettivamente, 57,4 e 63 per cento), tale politica deve assumere particolare vigore.

Il Governo si impegna a proseguire con le Regioni nella strategia di sviluppo territoriale avviata, consolidando i risultati ottenuti nella capacità di spesa dei fondi comunitari e nazionali (Fondo per le aree sottoutilizzate), accelerando i progetti più significativi per il miglioramento nel contesto produttivo e di vita del Sud e mirando a superare gli ostacoli nelle politiche ordinarie.

Nell'immediato, il Governo si impegna, attraverso una rapida attuazione dei provvedimenti di sviluppo adottati, a contrastare la fase ciclica. Risultati significativi sono attesi: dal nuovo ruolo delle banche in un quadro di incentivi riformati, dall'accelerazione delle opere infrastrutturali per il Sud, dall'introduzione di una fiscalità di vantaggio, dal programma di attrazione degli investimenti gestito da Sviluppo Italia, con funzioni di agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa.

Allo stesso tempo, sia nel Mezzogiorno, sia nel Centro Nord, Governo, Regioni ed Enti locali sono impegnati, con le parti economiche e sociali, nella programmazione delle politiche regionali, comunitarie e nazionali per il 2007-2013. L' assegnazione per l'Italia di risorse per la coesione nel bilancio dell'Unione europea discussa nel Consiglio europeo di giugno costituisce un valore di riferimento minimo per l'impostazione dei programmi. Sulla base di quanto stabilito dalle "Linee guida" approvate dall'intesa Stato-Regioni-Enti locali del 3 febbraio 2005, il Governo è impegnato nella predisposizione del Quadro Strategico Nazionale che fisserà gli indirizzi settennali, economici e di bilancio, per la politica regionale, nazionale e comunitaria, in coerenza con le strategie di Lisbona e di Goteborg.

VI. 1 Le Tendenze economiche territoriali e gli obiettivi programmatici

La difficile fase congiunturale in atto coinvolge tutte le aree del paese. Tra fine 2004 e inizio 2005 sono risultati negativi nel Sud l'andamento dell'occupazione e i flussi turistici. Segnali positivi provengono, invece, dalla ripresa delle esportazioni al netto dei prodotti petroliferi e dall'arresto del deterioramento del clima di fiducia degli imprenditori.

In un contesto economico nazionale di consistente ridimensionamento delle prospettive di crescita, le previsioni per il 2005 per il Mezzogiorno indicano un andamento del PIL sostanzialmente prossimo a quello dell'Italia.

Per il periodo 2006-2009, in assenza di provvedimenti aggiuntivi, atti a rafforzare la capacità di spesa delle Amministrazioni e a dare tempestiva e piena attuazione -quantitativa e qualitativa - alle azioni di sviluppo decise (legge finanziaria 2005 e decreto sviluppo), il tasso di incremento del PIL tendenziale nell'area resterebbe fino al 2009 decisamente inferiore a quello medio europeo e italiano.

Per contrastare tali andamenti il Governo è impegnato a perseguire unitariamente sia gli obiettivi di medio periodo, propri della strategia di sviluppo dell'area, sia quelli di breve periodo indirizzati a innalzare rapidamente le aspettative degli operatori e delle famiglie.

Obiettivi di breve periodo

Fra le misure di contrasto ciclico, particolare rilievo assumono quelle relative al sistema degli incentivi, introdotte con la Legge Finanziaria 2005 e con il Piano d'azione italiano per la strategia di Lisbona. Esse completano il riordino attorno a tre macrocategorie :

    • incentivi automatici, per la riduzione del costo del capitale e del lavoro: rifinanziamento del credito d'imposta e rapida attivazione della fiscalità di vantaggio, a valere sull'IRAP per le nuove assunzioni nel Sud;

 

    • incentivi a bando e valutazione, volti a contrastare il "fallimento del mercato dei capitali e del credito": riforma dei meccanismi agevolativi della Legge 488/92, imperniata sul tempestivo passaggio da un incentivo in conto capitale a un sistema in cui esso è affiancato dalla concessione di credito agevolato in conto interessi (anche attraverso il ricorso al Fondo
      rotativo) e di credito bancario ordinario; attivazione del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e agli investimenti in ricerca.

 

    • incentivi discrezionali e negoziali, per rafforzare l'imprenditorialità locale e attrarre investimenti dall'estero in particolare, attraverso lo specifico Programma affidato a Sviluppo Italia.

Inoltre, porterà effetti il rifinanziamento degli interventi del Programma Infrastrutture Strategiche, già operato dal CIPE per circa 640 milioni di euro.

Obiettivi di medio lungo periodo

A questi interventi si aggiunge il proseguimento del finanziamento e il rafforzamento qualitativo degli interventi volti al miglioramento dei servizi collettivi e delle infrastrutture (cfr. Introduzione).

Nel maggio 2005, si è proceduto tempestivamente alla assegnazione dei fondi per le aree sottoutilizzate stanziati dalla Legge finanziaria 2005, dando priorità a progetti per la ricerca e l'innovazione, per la riduzione del divario digitale, per le infrastrutture e per progetti regionali.

Al fine di proseguire tale azione, è necessario assicurare anche per i prossimi anni al Mezzogiorno un volume di risorse aggiuntive sul bilancio nazionale, relativo al Fondo Aree Sottoutilizzate (FAS), non inferiore allo 0,6 per cento del Pii e su quello comunitario settennale 2007-2013 adeguato rispetto al valore di riferimento minimo discusso nel Consiglio europeo di fine giugno. Assieme all'obiettivo di destinare al Mezzogiorno il 30 per cento delle risorse ordinarie in conto capitale, tall azioni consentiranno di riportare la quota complessiva di spesa in conto capitale al Mezzogiorno fino al 45 per cento di quella totale nazionale nel 2008.

E' inoltre opportuno introdurre nei mercati dei servizi, in particolare quelli di pubblica utilità (acqua, energia elettrica, raccolta dei rifiuti), condizioni di concorrenza tall da indurre un miglioramento della gestione e un miglior rapporto qualità prezzo per cittadini ed imprese.

Per la competitività delle aree sottoutilizzate resta centrale il consolidamento del processo di adeguamento delle capacità e dell'efficienza delle Amministrazioni pubbliche nel loro complesso responsabili sia dell'innalzamento degli standard dei servizi per cittadini e imprese, sia della concreta attuazione dei diversi strumenti dello sviluppo.

L'insieme di queste politiche potrà concorrere a una consistente crescita nel Sud degli investimenti privati e della produttività, portando il tasso di crescita del Pii a superare quello europeo dal 2008.

VI. 2 La politica regionale comunitaria e nazionale

Nei prossimi quattro anni, permane l'impegno massimo del Governo nel proseguire l'attuazione della politica regionale comunitaria, sia per il prosieguo del programma 2000-2006, sia nell'avvio della programmazione del periodo 2007 – 2013.


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