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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

XIV LEGISLATURA

PROGETTO DI LEGGE - N. 3384

d'iniziativa dei deputati
RIZZO, DILIBERTO, ARMANDO COSSUTTA, BELLILLO, MAURA
COSSUTTA, NESI, PISTONE, SGOBIO

Norme generali sulla pubblica istruzione
Presentata il 14 novembre 2002

 

Art. 1.

(Princìpi fondamentali).


1. Il sistema nazionale della pubblica istruzione, fondato sui princìpi di democrazia, pluralismo e laicità, è realizzato in conformità alle disposizioni in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche e in attuazione dei princìpi sanciti dalla Costituzione, dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo fatta a New York il 10 dicembre 1948, in particolare dall'articolo 26, dal Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmato a Parigi il 20 marzo 1952 e reso esecutivo con la legge 4 agosto 1955, n. 848, in particolare dall'articolo 2, dal Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali, fatto a New York il 16 dicembre 1966 e reso esecutivo dalla legge 25 ottobre 1977, n. 881, in particolare dagli articoli 13, 14 e 15, e dalla Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989 e resa esecutiva dalla legge 27 maggio 1991, n. 176, in particolare dall'articolo 18.
2. La Repubblica riconosce il diritto di ogni individuo all'istruzione e alla formazione assicurando a tutti pari opportunità di raggiungere elevati livelli culturali e di sviluppare le conoscenze, le capacità e le competenze, generali e di settore, coerenti con le attitudini e le scelte personali, adeguate all'inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro, anche con riguardo alle dimensioni locale, nazionale, europea e internazionale.
3. La Repubblica assicura la generalizzazione del sistema nazionale della pubblica istruzione che è accessibile gratuitamente a tutti su un piano di uguaglianza, senza distinzioni di genere, ceto sociale, etnia o religione.
4. La Repubblica promuove l'apprendimento lungo tutto l'arco della vita, anche mediante lo sviluppo della formazione degli adulti e dei lavoratori.
5. La Repubblica rispetta la libertà dei genitori di scegliere per i figli scuole diverse da quelle statali, purché conformi ai requisiti fondamentali previsti dalla legge. Soggetti ed enti privati hanno diritto di istituire e dirigere scuole e istituzioni scolastiche, purché l'istruzione e la formazione impartite in tali istituti siano conformi ai requisiti fondamentali previsti dalle leggi vigenti e, in particolare, dagli articoli 2 e 3. L'istituzione, il sostentamento e il funzionamento delle scuole non statali non comportano in alcun caso e in nessuna forma oneri a carico del bilancio dello Stato.


Art. 2.

(Finalità del sistema nazionale

della pubblica istruzione).


1. La scuola è una comunità educante e formativa finalizzata alla formazione del cittadino, al pieno sviluppo della persona umana e della sua dignità, anche attraverso l'educazione alla consapevolezza e alla valorizzazione dell'identità di genere.
2. La scuola è finalizzata altresì a porre tutti gli individui in grado di esercitare i fondamentali diritti di cittadinanza, quali partecipare e contribuire in modo consapevole ed effettivo alla vita, allo sviluppo, alla trasformazione della società, svolgere un lavoro corrispondente alle proprie capacità. A tali fini, ponendosi come luogo insostituibile di socialità, essa realizza attività per lo sviluppo della cittadinanza attiva e responsabile, informata ai princìpi della libertà, dell'uguaglianza, della pace, del rispetto dei diritti umani e della tolleranza e ai valori democratici e antifascisti della Costituzione.
3. La scuola rispetta i ritmi dell'età evolutiva, delle differenze e dell'identità di ciascuno, nel quadro della cooperazione tra tutte le componenti della comunità educante.
4. La scuola fonda il suo progetto e la sua azione educativa principalmente sulla qualità delle relazioni tra insegnante e studente e riconosce la libertà di insegnamento e il diritto di apprendimento.


Art. 3.

(Obbligo scolastico).


1. Nella prospettiva di una sua estensione progressiva a diciotto anni e di una organizzazione dei cicli scolastici ad essa funzionale, l'obbligo scolastico inizia al quinto e termina al sedicesimo anno di età. Tale obbligo è assolto nel sistema nazionale dell'istruzione. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge è previsto l'obbligo formativo fino al diciottesimo anno di età.


Art. 4.

(Autonomia scolastica).


1. Le istituzioni scolastiche sono espressione di autonomia funzionale in coerenza con le disposizioni vigenti in materia. L'autonomia, in quanto forma di autogoverno democratico delle scuole ed espressione della progettualità delle stesse, al fine di promuoverne l'efficacia formativa, è sostenuta dallo Stato con tutte le risorse umane e finanziarie necessarie alla sua realizzazione all'interno dell'unitarietà del sistema scolastico nazionale.


Art. 5.

(Articolazione del sistema nazionale

della pubblica istruzione).


1. Il sistema nazionale della pubblica istruzione si articola nella scuola dell'infanzia, nel ciclo primario, che assume la denominazione di scuola di base, e nel ciclo secondario, che assume la denominazione di scuola superiore.

Art. 6.

(Scuola dell'infanzia).


1. La scuola dell'infanzia, di durata triennale, concorre alla formazione integrale, alla educazione e allo sviluppo affettivo, cognitivo e sociale delle bambine e dei bambini di età compresa fra i tre e i sei anni, promuovendone le potenzialità di autonomia, creatività e apprendimento e operando per assicurare una effettiva eguaglianza delle opportunità educative nel rispetto dell'orientamento educativo dei genitori.
2. La frequenza dell'ultimo anno della scuola dell'infanzia è obbligatoria.
3. La Repubblica assicura la generalizzazione dell'offerta formativa e garantisce a tutti i bambini e le bambine la possibilità di frequentare la scuola dell'infanzia mediante la presenza della scuola dell'infanzia statale e pubblica degli enti locali su tutto il territorio nazionale. Ciascuna scuola dell'infanzia deve garantire la fruizione del servizio scolastico pomeridiano anche rispondendo alla domanda e ai bisogni della comunità scolastica.
4. La scuola dell'infanzia nella sua autonomia e unitarietà didattica e pedagogica realizza i necessari collegamenti con il complesso dei servizi all'infanzia e con la scuola di base.


Art. 7.

(Scuola di base).


1. La scuola di base ha la durata di otto anni ed è caratterizzata da un percorso educativo unitario, coerente e articolato in rapporto alle esigenze di sviluppo degli alunni; è organizzata a tempo pieno per i primi cinque anni e garantisce, ai genitori che lo richiedono, la presenza di classi con riduzione dell'orario; sempre nei primi cinque anni il numero massimo di alunni per classe è di ventitré; nel triennio successivo si attua il tempo prolungato in base alla programmazione delle singole istituzioni scolastiche; si realizza in istituti comprensivi la cui esperienza deve essere generalizzata. Sono promossi tutti gli opportuni collegamenti con la scuola superiore.
2. La scuola di base, attraverso un progressivo sviluppo del curricolo mediante passaggio dagli ambiti disciplinari alle singole discipline, persegue le seguenti finalità:

a) acquisizione e sviluppo delle conoscenze e delle abilità di base;

b) apprendimento di nuovi mezzi espressivi;

c) potenziamento delle capacità relazionali e di orientamento nello spazio e nel tempo;

d) educazione ai princìpi fondamentali della convivenza civile;

e) consolidamento dei saperi di base, anche in relazione alla evoluzione sociale, culturale e scientifica della realtà contemporanea;

f) sviluppo delle competenze e delle capacità di scelta individuali atte a consentire scelte fondate sulla pari dignità delle opzioni culturali successive.

3. Le articolazioni interne alla scuola di base sono definite ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, e successive modificazioni.
4. Il tempo pieno costituisce articolazione fondamentale nella scuola di base; lo Stato rende disponibili risorse per la sua generalizzazione.
5. La scuola di base si conclude con un esame di Stato.


Art. 8.

(Scuola superiore).


1. La scuola superiore ha la durata di cinque anni e si articola nelle aree classico-umanistica, scientifica, tecnica e tecnologica, artistica e musicale. Essa ha la finalità di consolidare, riorganizzare e accrescere le capacità e le competenze acquisite nel ciclo primario, di sostenere e incoraggiare le attitudini e le vocazioni degli studenti, di arricchire la loro formazione culturale, umana e civile, sostenendo gli studenti nella progressiva assunzione di responsabilità, e di offrire loro conoscenze e capacità adeguate all'accesso all'istruzione superiore universitaria e non universitaria ovvero all'inserimento nel mondo del lavoro. Ciascuna area è ripartita in indirizzi, anche mediante riordino e riduzione del numero di quelli esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge.
2. La scuola superiore si realizza in tutti gli attuali istituti di istruzione secondaria di secondo grado che assumono la denominazione di "licei".
3. Nei primi due anni, fatti salvi la caratterizzazione specifica dell'indirizzo e l'obbligo di un rigoroso svolgimento del relativo curricolo, è garantita la possibilità di passare da un modulo all'altro anche di aree e di indirizzi diversi, mediante l'attivazione di apposite iniziative didattiche finalizzate all'acquisizione di una preparazione adeguata alla nuova scelta e deliberate dagli organi collegiali competenti.
4. Nel corso del primo e del secondo anno, se previsto nei piani dell'offerta formativa delle istituzioni scolastiche, sono realizzate attività complementari e iniziative formative, finalizzate all'orientamento, per collegare gli apprendimenti curricolari con le diverse realtà sociali, culturali, produttive e professionali. Tali attività e iniziative, che se realizzate nel corso del primo anno devono essere generalizzate a tutti gli studenti, si attuano anche in convenzione con altri istituti, enti e centri di formazione professionale accreditati dalle regioni.
5. A conclusione del periodo dell'obbligo scolastico di cui all'articolo 3 è rilasciata una certificazione attestante l'assolvimento dello stesso, il percorso didattico svolto e le competenze acquisite.
6. Negli ultimi tre anni, ferme restando le discipline obbligatorie, esercitazioni pratiche, esperienze formative e stage possono essere realizzati in Italia o all'estero anche con brevi periodi di inserimento nelle realtà culturali, produttive, professionali e dei servizi. Verranno inoltre promossi tutti gli opportuni collegamenti con il sistema dell'istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS) e con l'università.
7. La frequenza positiva di qualsiasi segmento della scuola secondaria, annuale o modulare, comporta l'acquisizione di un credito formativo che può essere fatto valere, anche ai fini della ripresa degli studi eventualmente interrotti, nel passaggio da un'area o da un indirizzo di studi all'altro o nel passaggio alla formazione professionale. Analogamente, la frequenza positiva di segmenti della formazione professionale comporta l'acquisizione di crediti che possono essere fatti valere per l'accesso al sistema dell'istruzione.
8. Al termine della scuola superiore, gli studenti sostengono l'esame di Stato di cui all'articolo 11.


Art. 9.

(Istruzione e formazione professionale).


1. In coerenza con quanto stabilito dalla presente legge e dall'articolo 117 della Costituzione e nel contesto di unitarietà del sistema nazionale della pubblica istruzione, lo Stato definisce, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, i princìpi regolativi generali in materia di istruzione e formazione professionale.
2. L'istruzione e la formazione professionale in conformità all'articolo 117 della Costituzione si realizzano sulla base di princìpi fondamentali definiti dallo Stato. Le regioni concorrono alla definizione dei bisogni formativi professionali delle specifiche realtà territoriali e istituiscono corsi di formazione professionale per l'espletamento dell'obbligo formativo di cui all'articolo 3.
3. L'istruzione e la formazione professionale si realizzano altresì nelle forme approvate e riconosciute dalla regione nel rispetto dei princìpi fondamentali stabiliti dallo Stato. Nell'ambito della formazione-lavoro per i minori di diciotto anni devono essere esclusi rapporti di lavoro, anche di apprendistato, che non abbiano finalità formative certificabili, sia in termini di competenze lavorative che di crediti formativi, e che non garantiscano la possibilità di reingresso nel sistema nazionale della pubblica istruzione e nei circuiti della formazione professionale regionale di cui al comma 1.
4. Alla istruzione e formazione professionale regionale hanno accesso gli studenti che hanno assolto all'obbligo scolastico di cui all'articolo 3.


Art. 10.

(Saperi e curricoli).


1. L'aggiornamento dei saperi, la gestione unitaria della loro acquisizione e la conseguente elaborazione dei nuovi curricoli, costituiscono momento imprescindibile per realizzare la scolarizzazione di tutti e di ciascuno. I curricoli delle istituzioni scolastiche sono definiti con regolamento in conformità alle disposizioni del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, e successive modificazioni, con il concorso all'elaborazione degli stessi del mondo della scuola e dell'università, in tutte le loro istanze istituzionali e rappresentative, delle organizzazioni sociali, del mondo intellettuale e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari e del Consiglio superiore della pubblica istruzione, secondo le linee guida previste al comma 2.
2. I curricoli sono definiti sulla base delle seguenti linee guida:

a) il curricolo contribuisce a determinare il valore educativo di una scuola che, fondandosi sui valori costituzionali di democrazia, libertà, uguaglianza, giustizia sociale e dell'antifascismo, sia in grado di formare nel giovane un reale spirito critico stimolando nel contempo le capacità di autodeterminazione al fine di metterlo in grado di esercitare i fondamentali diritti di cittadinanza in una società dinamica e in continua e rapida trasformazione sul piano sociale, culturale e del mercato del lavoro;

b) il curricolo è commisurato alle diverse esigenze formative degli alunni e alle singole realtà scolastiche e ambientali; è composto di una quota oraria nazionale e di una quota del 15 per cento riservata alle scuole, che integra la quota nazionale;

c) la quota del curricolo riservata alle scuole è elaborata dal collegio dei docenti, sentiti i rappresentanti dei genitori e, nella scuola superiore, anche i rappresentanti degli studenti, e approvata dal consiglio dell'istituzione scolastica di cui all'articolo 12, comma 1, lettera c);

d) il curricolo definisce i contenuti dell'offerta formativa e delinea l'articolato e complesso processo delle tappe e delle scansioni dell'apprendimento. Tali contenuti costituiscono il mezzo per far conseguire alle allieve e agli allievi conoscenze solidamente assimilate e durature nel tempo;

e) il curricolo favorisce sia un processo di insegnamento e di apprendimento motivato, consapevole e caratterizzato dalla reciproca responsabilità di chi insegna e di chi impara, sia una valutazione fondata su un equilibrato rapporto tra le articolate dinamiche del processo formativo e l'accertamento dei suoi esiti;

f) il curricolo si costruisce a partire dalle indicazioni per la quota nazionale di cui al presente comma, e dall'analisi dei bisogni degli alunni e delle specifiche esigenze del territorio e dell'ambiente. In tal senso il curricolo si presenta come l'integrazione tra la quota oraria obbligatoria di discipline e attività stabilite a livello nazionale e la quota ugualmente obbligatoria di discipline e attività scelte dalle singole istituzioni scolastiche;

g) per consentire di passare agevolmente da un'area all'altra, o da un indirizzo all'altro, è garantita la compatibilità tra la caratterizzazione degli indirizzi e l'area delle discipline comuni;

h) le esperienze integrate sono offerte a tutti gli studenti e le studentesse;

i) l'attività di laboratorio costituisce attività ordinaria e trasversale a tutte le discipline e per tutte le aree e gli indirizzi;

l) ai fini del progressivo sviluppo del curricolo, le istituzioni scolastiche possono definire tempi diversi del graduale passaggio dagli ambiti disciplinari alle singole discipline, tenuto conto delle caratteristiche dei differenti saperi, dell'esigenza dell'individualizzazione dell'insegnamento e della valorizzazione delle competenze dei docenti, anche in relazione alla dimensione collegiale dell'attività didattica;

m) le istituzioni scolastiche definiscono le discipline costituenti la quota loro riservata, garantendo il carattere unitario del sistema d'istruzione e valorizzando il pluralismo culturale e territoriale.


Art. 11.

(Esame di Stato).


1. In applicazione dell'articolo 33 della Costituzione, del comma 5 dell'articolo 7 e del comma 8 dell'articolo 8 della presente legge, a conclusione del ciclo primario e del ciclo secondario è previsto un esame di Stato che attribuisce un titolo di studio avente valore legale.
2. L'esame di Stato a conclusione del ciclo primario è disciplinato con apposito regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400.
3. L'esame di Stato a conclusione del ciclo secondario è regolato per legge nel rispetto dei seguenti princìpi:

a) le prove scritte e orali presentano carattere di uniformità a parametri stabiliti a livello nazionale; le prove scritte sono regolate dalla legge 10 dicembre 1997, n. 425, e successive modificazioni; la prova orale è finalizzata ad accertare le conoscenze pluridisciplinari e interdisciplinari del candidato;

b) la commissione d'esame è composta per il 50 per cento da commissari interni e per il 50 per cento da commissari esterni e dal presidente di commissione esterno;

c) a conclusione dell'esame di Stato è assegnato a ciascun candidato un voto finale complessivo in centesimi, che è il risultato della somma dei punti attribuiti dalla commissione d'esame alle prove scritte e al colloquio e dei punti per il credito scolastico acquisito da ciascun candidato. La commissione d'esame dispone di 30 punti per la valutazione delle prove scritte e di 35 per la valutazione del colloquio. Ciascun candidato può far valere un credito scolastico massimo di 30 punti ed un credito formativo massimo di 5 punti. Il punteggio minimo complessivo per superare l'esame e di 60/100. L'esito delle prove scritte è pubblicato, per tutti i candidati, nell'albo dell'istituto sede della commissione d'esame almeno due giorni prima della data fissata per l'inizio dello svolgimento del colloquio. Fermo restando il punteggio fino a un massimo di 5 punti ove il candidato abbia ottenuto un credito scolastico di almeno 15 punti, un credito formativo di almeno 1 punto e un risultato scolastico di almeno 15 punti e un risultato complessivo nella prova d'esame pari almeno a 70 punti;

d) il credito formativo è ottenibile su decisione della commissione d'esame in presenza di una partecipazione dello studente alle iniziative integrative e alle attività complementari disciplinate dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 ottobre 1996, n. 567, e successive modificazioni, ovvero in presenza di una partecipazione ad attività non proprie della scuola, ma di valore formativo riconosciuto dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ovvero dalla regione o dalla provincia o dal comune o dall'istituzione scolastica stessa.

Art. 12.

(Organi di autogoverno e di rappresentanza territoriale e

nazionale).


1. Lo Stato stabilisce con legge l'articolazione degli organi di autogoverno delle istituzioni scolastiche secondo i seguenti princìpi:

a) la scuola è una comunità informata ai valori democratici che, in coerenza con i princìpi dell'autonomia delle istituzioni scolastiche, della partecipazione e della rappresentanza democratica, si autogoverna nel rispetto delle norme vigenti;

b) ciascuna componente della comunità scolastica, nel rispetto del proprio ruolo e della propria funzione, coopera all'autogoverno dell'istituzione scolastica;

c) sono organi delle istituzioni scolastiche il dirigente scolastico e i seguenti organi collegiali:

1) il consiglio dell'istituzione;

2) il collegio dei docenti;

3) il consiglio di classe;

4) gli organismi di partecipazione dei genitori e degli studenti;

5) la commissione di valutazione dell'efficienza e dell'efficacia del servizio scolastico;

d) al consiglio dell'istituzione spettano le competenze generali in materia di indirizzi gestionali ed educativi, di programmazione economico-finanziaria e di attività negoziale;

e) il collegio dei docenti è l'organo tecnico e professionale delle istituzioni scolastiche con competenze generali in materia didattica e di valutazione;

f) al consiglio di classe competono la programmazione didattica di classe e la formulazione della proposta di adozione dei libri di testo al collegio docenti deputato a decidere in materia;
g) il dirigente scolastico, nel rispetto delle competenze degli organi collegiali, promuove l'esercizio dei diritti costituzionalmente tutelati, quali il diritto all'apprendimento degli alunni e la libertà di insegnamento dei docenti;

h) nella scuola dell'infanzia e di base le rappresentanze di insegnanti e genitori sono paritetiche. Nella scuola superiore le rappresentanze di docenti e studenti sono paritetiche. Nel consiglio dell'istituzione deve essere rappresentato il personale non docente. Il consiglio dell'istituzione elegge il presidente all'interno della componente dei genitori nella prima riunione;

i) in ciascuna istituzione scolastica deve essere garantita la costituzione di organismi di partecipazione dei genitori e degli studenti, la cui composizione ed il cui funzionamento sono disciplinati dal regolamento dell'istituzione. Si applica ai genitori quanto previsto per gli studenti dall'articolo 2, commi 9 e 10, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 249. Gli studenti della scuola superiore costituiscono "l'assemblea degli studenti", ai sensi del citato regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 249 del 1998. Le riunioni dell'assemblea degli studenti, di classe e d'istituto, hanno cadenza mensile.

2. La rappresentanza studentesca istituzionale della scuola superiore, nel rispetto dei princìpi fissati dalle normative vigenti, si articola a livello territoriale con le consulte provinciali degli studenti e a livello nazionale con la Conferenza nazionale dei presidenti delle consulte provinciali agli studenti. Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca supporta le attività di questi organismi istituzionali di confronto anche mediante lo stanziamento di appositi finanziamenti.
3. Nel rispetto dei princìpi fissati dalle normative vigenti è predisposto un forum delle associazioni studentesche maggiormente rappresentative a livello nazionale. Lo Stato incentiva tutte le forme di rappresentanza studentesca spontanea, ovvero organizzata in associazioni giovanili, anche mediante il supporto a progetti di sviluppo della partecipazione e della cittadinanza studentesca e mediante il confronto nelle realtà territoriali.


Art. 13.

(Personale docente: libertà di insegnamento, ruolo unico e

organico funzionale - Personale non docente).


1. La libertà di insegnamento, sancita dall'articolo 33 della Costituzione, costituisce garanzia imprescindibile per la qualità della scuola pubblica, per la sua libertà e il suo pluralismo. E' compito prioritario dello Stato e di ogni singola istituzione scolastica riconoscerla, tutelarla e promuoverla.
2. L'organico funzionale e il ruolo unico del personale docente rispondono all'esigenza della realizzazione concreta della progettualità delle scuole e alla valorizzazione della professionalità del corpo docente. Il numero dei docenti per ogni istituzione scolastica è definito con il criterio dell'organico funzionale, ovvero esso viene stabilito in base al numero degli alunni, che non devono superare i venticinque per classe, fatto salvo quanto previsto al comma 1, dell'articolo 7, in relazione alle realtà dei singoli istituti, alla presenza del tempo pieno e prolungato, alle esigenze e ai progetti per arricchire e ampliare l'offerta formativa delle scuole, alla necessità di attività di recupero, di sostegno, di integrazione, di educazione degli adulti, alla presenza di alunni portatori di handicap, di alunni stranieri, di situazioni di particolare disagio ambientale e sociale.
3. In materia di personale direttivo, docente e amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) del sistema della pubblica istruzione e formazione, nel rispetto dell'articolo 117 della Costituzione, sono assicurati i seguenti princìpi:

a) lo stato giuridico è unico su tutto il territorio nazionale;
b) è garantita la mobilità su tutto il territorio nazionale;

c) è fatta salva la contrattazione collettiva nazionale di comparto;

d) è assicurata la uniformità sul territorio nazionale delle norme generali per il reclutamento.

4. Per poter accedere all'insegnamento è necessario il titolo di laurea unitamente a specifiche e adeguate competenze finalizzate all'insegnamento, acquisite in corsi di durata biennale e debitamente certificate a livello universitario, realizzate in convenzione con le istituzioni scolastiche, prevedendo la partecipazione alle attività di insegnamento di docenti dei diversi cicli di istruzione. I corsi, in particolare, devono prevedere materie quali pedagogia, psicologia dell'età infantile, psicologia dell'età evolutiva, didattica, pedagogia e attività di tirocinio oltre alla materia specifica di insegnamento.
5. Lo Stato definisce con legge l'organico funzionale anche mediante lo stanziamento di apposite risorse aggiuntive.
6. Al fine di dare piena attuazione alla presente legge è stabilito con regolamento, adottato ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, un piano per la formazione continua dei docenti con particolare attenzione agli aspetti didattici e pedagogici ed a quelli gestionali ed organizzativi.
7. E' prevista la possibilità per i docenti di usufruire di un anno di sospensione retribuita dall'attività didattica per dedicarsi all'aggiornamento mediante ricerca con frequenza presso le università italiane, europee e presso qualsiasi altro istituto di ricerca riconosciuto dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Tale opzione può essere esercitata una volta ogni sette anni di servizio.
8. Il personale non docente è titolare unico delle competenze ad esso attribuite dalla legislazione vigente; in considerazione del ruolo di collaborazione educativa da esso svolta è preclusa la possibilità di attribuire tali competenze a terzi.

Art. 14.

(Diritti e doveri degli studenti).


1. Le istituzioni scolastiche riconoscono i diritti e i doveri delle studentesse e degli studenti secondo quanto disposto dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 249.
2. Il comportamento disciplinare non influisce sulla valutazione. Non si dà luogo a valutazione della condotta disciplinare.


Art. 15.

(Integrazione degli alunni portatori di handicap e

degli alunni stranieri e iniziative contro la dispersione

scolastica).


1. Le istituzioni scolastiche realizzano l'integrazione degli studenti secondo la logica inclusiva e della cittadinanza responsabile. A tale fine garantiscono a tutti e a ciascuno la possibilità di fruire delle opportunità formative fornite dai percorsi scolastici prescelti.
2. L'organizzazione dei percorsi curricolari tiene conto delle diverse esigenze di apprendimento degli studenti, in particolare degli studenti stranieri, di quelli con condizioni di partenza svantaggiate e degli studenti disabili ovvero altrimenti abili.
3. Nell'ottica dell'inclusione scolastica e dell'innalzamento del successo formativo in termini di conoscenze, competenze e capacità, il Governo, d'intesa con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e le regioni, predispone ogni sei anni un piano di finanziamenti delle iniziative per la lotta alla dispersione scolastica.
4. Per quanto concerne gli alunni portatori di handicap, è prescritta la presenza di un solo alunno disabile per classe che, in deroga al comma 2 dell'articolo 13, non deve essere composta da più di venti alunni. E' inoltre prevista adeguata formazione degli insegnanti in relazione agli aspetti didattici e pedagogici dell'integrazione. Il rapporto alunni disabili-insegnanti di sostegno deve relazionarsi alla gravità dell'handicap e, comunque, sul piano nazionale, non deve essere inferiore a un insegnante ogni due alunni.
5. Ai fini dell'integrazione degli alunni stranieri è prevista una formazione degli insegnanti concernente gli aspetti sociali, didattici e pedagogici relativi alla materia, è assicurata la presenza nell'organico funzionale della scuola di un numero di mediatori culturali rapportato all'entità della presenza degli alunni stranieri e comunque non inferiore ad uno per ogni istituzione scolastica.


Art. 16.

(Attività integrative e complementari).


1. In conformità a quanto disposto dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 ottobre 1996, n. 567, e successive modificazioni, le iniziative complementari, che si inseriscono negli obiettivi formativi delle scuole, e le attività complementari, che sono finalizzate ad offrire occasioni extracurriculari per la crescita umana e civile nonché opportunità per un proficuo utilizzo del tempo libero, sono attività interne e proprie della scuola.
2. Le attività di cui al comma 1 e le altre attività formative esterne alla scuola svolte dallo studente sono valutate secondo quanto disposto dal comma 3 dell'articolo 11.
3. Al fine di favorire lo svolgimento delle attività di cui al comma 1 e di rendere la scuola un centro di servizi per il territorio, le istituzioni scolastiche, d'intesa con gli enti locali e le regioni, predispongono un piano per l'apertura delle strutture scolastiche anche dopo la fine delle lezioni, nel pomeriggio, durante i giorni festivi e nel periodo di interruzione estiva.
4. Le istituzioni scolastiche favoriscono le attività che realizzano la funzione della scuola come centro di promozione culturale, sociale e civile del territorio. Le collaborazioni per attività educative, culturali, ricreative e sportive possono essere realizzate con associazioni, regioni, enti locali, pubblici e soggetti privati.


Art. 17.

(Diritto allo studio).


1. In conformità agli articoli 34 e 117, primo comma, della Costituzione e all'articolo 1 della presente legge lo Stato riconosce il diritto allo studio.
2. Al fine di dare piena attuazione al diritto allo studio lo Stato provvede a stanziare risorse sufficienti ad assicurare agevolazioni e servizi per quanto attiene a mense scolastiche e trasporti, la copertura completa del costo dei libri di testo nella scuola dell'obbligo e l'istituzione di borse di studio per l'ultimo triennio della scuola superiore. Tali borse di studio devono essere attribuite, in accordo con le regioni, alle famiglie titolari di redditi fino a 30.000 euro annui, limite da adeguare annualmente sulla base degli indici ISTAT di variazione del costo della vita e devono coprire il costo totale dei libri di testo, come definito da apposito provvedimento del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca.


Art. 18

(Edilizia e dotazioni scolastiche).


1. Il Governo, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, predispone un piano di finanziamento straordinario per l'adeguamento delle strutture delle istituzioni scolastiche.
2. Il Governo predispone altresì ogni cinque anni un piano di finanziamento per l'adeguamento delle strutture e delle dotazioni delle istituzioni scolastiche.
3. Le regioni concorrono, di concerto con le province e i comuni, alla realizzazione dei piani di cui ai commi 1 e 2.
4. Ogni tre anni le regioni presentano al Governo un rapporto sullo stato dell'edilizia scolastica.
5. Al fine di dare piena attuazione alla presente legge le regioni, d'intesa con le province e con i comuni, presentano un piano di riorganizzazione delle strutture scolastiche, al fine di razionalizzare l'utilizzo delle sedi scolastiche adeguadolo alle nuove esigenze. Particolare attenzione è riservata alla costituzione di istituti comprensivi ed alla generalizzazione del tempo pieno.


Art. 19

(Sistema di valutazione).


1. Nell'esercizio dell'autonomia didattica le istituzioni scolastiche individuano le modalità per la valutazione periodica dei risultati conseguiti rispetto agli obiettivi prefissati, sulla base di parametri nazionali e dei seguenti criteri generali:

a) garantire l'efficienza e l'efficacia del sistema di istruzione nel suo complesso;

b) tenere conto del quadro territoriale e nazionale;

c) analizzare le cause dell'insuccesso e della dispersione scolastica con riferimento al contesto sociale ed alle tipologie dell'offerta formativa;

d) condurre attività di valutazione sulla soddisfazione dell'utenza;

e) valutare gli effetti delle iniziative legislative che riguardano la scuola. Tali valutazioni periodiche sono trasmesse al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca che provvede a farle proprie ai fini di una valutazione complessiva del sistema nazionale della pubblica istruzione.


Art. 20

(Disposizioni finanziarie).


1. Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge si provvede mediante l'utilizzo delle risorse già stanziate o da stanziare nel bilancio dello Stato, sulla base della legislazione vigente, per la pubblica istruzione e per la formazione, nonché con le risorse derivanti dalla abrogazione disposta dal comma 3, pari a 25 milioni di euro per l'anno 2003 e a 150 milioni di euro per l'anno 2004.
2. Il Documento di programmazione economico-finanziaria predispone, ai fini della progressiva attuazione della presente legge e con particolare riferimento agli articoli 2, 3, 15 e 17, il programma pluriennale di finanziamenti aggiuntivi da stanziare con la legge finanziaria ai sensi dell'articolo 11, comma 3, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, anche attraverso il Fondo per l'ampliamento dell'offerta formativa di cui alla legge 18 dicembre 1997, n. 440, e alla legge 17 maggio 1999, n. 144, e successive modificazioni.
3. Gli articoli 13, 14 e 17 della legge 18 ottobre 2001, n. 383, sono abrogati.


Resoconto

Il testo di legge che presentiamo costituisce il primo risultato di un confronto ampio che abbiamo condotto in tutto il Paese sul tema della scuola e della formazione. Esso rimane una proposta aperta che, avendo i caratteri di iniziativa parlamentare, vuole costituire nel contempo contributo e stimolo alla discussione sui temi della scuola fra gli insegnanti, gli studenti, i genitori, nella società civile, alla elaborazione di un progetto comune delle forze politiche del centrosinistra e anche di tutte quelle di opposizione. La presente proposta di legge intende raccogliere anche le esigenze espresse dalla mobilitazione degli studenti e dei docenti dell'autunno passato. Essa rilanciava l'idea di una scuola pubblica, laica e pluralista contrassegnata dalla libertà di insegnamento e dalla effettiva fruizione del diritto allo studio, fortemente incardinata all'interno del dettato costituzionale.
Nei suoi contenuti e nelle sue proposte il progetto di legge vuole sforzarsi di corrispondere ad una esigenza vitale ed ormai inderogabile per la nostra società, per il suo sviluppo, per la sua democrazia: quella di elevare il livello medio di istruzione, culturale e, più generalmente, formativo della popolazione italiana ad iniziare, ovviamente, dai giovani.
Non è esagerato definire allarmante la situazione che si è creata nel nostro Paese in ragione di arretratezze e di ritardi storici, una situazione che vede quasi due terzi della popolazione italiana in possesso di un titolo di studio solo fino alla terza media o di nessun titolo di studio, che vede l'espulsione dalla scuola del 30 per cento dei ragazzi tra i 14 e 19 anni di età che si iscrivono alla secondaria superiore.
Ciò accade nonostante l'elevato livello qualitativo soprattutto di alcuni segmenti della scuola italiana (ci riferiamo anzitutto alla scuola dell'infanzia ed elementare) e a fronte di scelte riformatrici che, pure molto lontane nel tempo (ci riferiamo alla riforma della scuola media unica), hanno consentito una scolarizzazione di massa che vede circa il 95 per cento dei ragazzi assolvere all'obbligo scolastico ieri fino al quattordicesimo oggi fino al quindicesimo anno di età. La mancanza di interventi riformatori di tipo strutturale, che investissero anche la scuola secondaria superiore, dal 1962 al 1995 unitamente ai ritardi storici del nostro sistema formativo e all'insufficienza dei finanziamenti: questi i fattori principali che hanno prodotto una crescente inadeguatezza della scuola italiana rispetto ai mutamenti profondissimi intervenuti nella società, e i suoi ritardi rispetto alla maggioranza degli altri Paesi europei dove il livello di scolarizzazione è più elevato e diffuso.
Nella consapevolezza di questa situazione il centrosinistra aveva finalmente messo in campo una strategia di finanziamenti e un progetto di riforma complessivo della scuola italiana non esente da difetti, inadeguatezze ed errori ma che si proponeva di perseguire l'obiettivo che abbiamo indicato in apertura di questo scritto: più scuola e più qualificata per tutti. Un progetto che non ha avuto modo di essere messo alla prova se non in alcune sue parti perché letteralmente cancellato dal Governo di centrodestra (dalla riforma dei cicli scolastici, agli esami di maturità, all'elevamento dell'obbligo scolastico).
Il centrodestra in effetti persegue un obiettivo opposto. Infatti ridurre l'obbligo all'istruzione anziché elevarlo, costringere preadolescenti tredicenni a scegliere tra istruzione e formazione professionale, ridurre drasticamente le risorse per la scuola nei termini di stanziamenti, personale, progetti, può comportare un'unica conseguenza: quella di rendere irreversibile, aggravare, portare al limite di rottura la già drammatica situazione attuale, significa perseguire l'obiettivo che solo una minoranza dei giovani sopra i tredici anni di età possa proseguire nel canale della scuola superiore, significa, in altre parole, cancellare l'idea di una scuola di massa che promuove agli studi superiori i capaci e meritevoli, a favore di una scuola di classe che concede un'istruzione di qualità solo a chi può permettersela ed una promozione agli studi superiori non in base al merito bensì in base al reddito. Passi indietro di decenni, approdi che comprometterebbero l'essenza del dettato costituzionale, che metterebbero in discussione i presupposti fondamentali di una società democratica negando alla maggioranza dei cittadini le conoscenze, gli strumenti indispensabili per poter esercitare i fondamentali diritti di cittadinanza. In questa concezione del centrodestra la scuola di massa, non potendo essere luogo deputato alla creazione del consenso di massa, verrebbe soppiantata nella sua presenza e nel suo ruolo da altri strumenti di comunicazione deputati a tale scopo: i grandi persuasori massmediologici.
Noi partiamo da una concezione antagonista a questa. Una concezione che vede nella scuola un insostituibile "regolatore" di democrazia nel mondo della globalizzazione dell'economia e della comunicazione.
Infatti mentre la globalizzazione economica, fondandosi esclusivamente sull' ontologia liberista del profitto dei colossi economici, provoca uno sfruttamento planetario senza precedenti nella storia, nel contempo la globalizzazione massmediologica, controllata a livello mondiale da ristrettissimi poteri forti, anziché essere strumento prezioso di crescita culturale, delle conoscenze, dei saperi, rischia, nelle parole di un noto pedagogista, "di partorire un mostro: il soggetto di massa". Ebbene, in tale contesto l'istruzione, la formazione per tutto l'arco della vita divengono strumento essenziale ed insostituibile ai fini della creazione di una coscienza critica nelle persone, per la formazione di persone-cittadini a pieno titolo, capaci cioè di comprendere, interpretare la realtà, di intervenire per trasformarla, consapevoli dei propri diritti e capaci di affermarli, in possesso delle conoscenze e degli strumenti per emanciparsi continuamente nella vita e nel lavoro.
In questo senso l'obiettivo di dare più scuola e più qualificata a tutti è funzionale ed indispensabile ad una società democratica che si fonda cioè sulla partecipazione reale dei cittadini. Sulla realizzazione di tale obiettivo si gioca il futuro della democrazia e dello sviluppo dell'intera società.
Queste le ragioni di carattere generale che ci hanno indotto a presentare la nostra proposta di legge che vuole disegnare un nuovo progetto di scuola facendo proprie (insieme al comune obiettivo di fondo) alcune impostazioni del passato governo di centrosinistra, modificandone (talora anche profondamente) altre.
Questi i suoi contenuti fondamentali.
L'articolo 1 definisce i princìpi fondamentali sui quali il sistema della pubblica istruzione deve fondarsi. "Il sistema nazionale della pubblica istruzione, fondandosi sui princìpi di democrazia, pluralismo e laicità (...)", questo è l'incipit dell'articolo 1 della proposta di legge. Si riafferma così il ruolo insostituibile della scuola pubblica al fine di garantire a tutti una formazione libera e qualificata, a tutti, indipendentemente dal ceto sociale di provenienza, dalla lingua parlata, dalla religione professata. E' solo in un sistema pubblico che i "capaci e meritevoli" possono accedere ai più alti gradi degli studi, è solo in un sistema pubblico che la scuola può essere luogo insostituibile di socialità e di arricchimento culturale per tutti. Il forte e prioritario richiamo a questo valore fondante del nostro sistema scolastico costituzionalmente sancito, è tutt'altro che pleonastico all'indomani della cancellazione dell'aggettivo "pubblico" dalla denominazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e soprattutto mentre si affermano politiche volte a destrutturare il sistema pubblico dell'istruzione, volte a trasformarlo in senso privatistico ed a favorire scuole private, confessionali e di tendenza. La Costituzione italiana, nei suoi princìpi fondamentali e nei suoi articoli 3, 21, 30, 33, 34 e 117 viene indicata come base fondante del sistema della pubblica istruzione. Per quanto concerne la scuola privata il comma 5 ribadisce la libertà dei genitori di scegliere per i figli scuole diverse da quelle statali, purché conformi ai requisiti fondamentali previsti dalla legge, ed esclude in qualsiasi forma la possibilità di oneri a carico dello Stato finalizzati al funzionamento, al sostentamento o all'istituzione di scuole non statali private.
L'articolo 2 enuncia le finalità del sistema nazionale della pubblica istruzione definendo la scuola come comunità educante e formativa finalizzata al pieno sviluppo della persona umana e a porre tutti gli individui in grado di esercitare i fondamentali diritti di cittadinanza quali partecipare e contribuire in modo consapevole ed effettivo allo sviluppo ed alla trasformazione della società e svolgere un lavoro corrispondente alle proprie capacità.
L'articolo 3 prevede l'elevamento dell'obbligo all'istruzione a sedici anni di età e in prospettiva a diciotto anni. L'obbligo inizia all'ultimo anno della scuola dell'infanzia, che mantiene la sua unitarietà, e termina al secondo anno della scuola secondaria superiore. Si tratta di uno dei passaggi più importanti della proposta di legge anche perché l'elevamento dell'obbligo, essendo collocato nel contesto di riforma disegnato dalla presente proposta di legge, diverrà occasione effettiva di arricchimento culturale e di crescita del livello di istruzione per tutti. Una scelta decisiva per consentire a tutti di acquisire le conoscenze ed i saperi necessari per lo sviluppo della persona e per l'esercizio dei diritti di cittadinanza.
L'articolo 4 richiamando la legge sull'autonomia scolastica la definisce come forma di autogoverno democratico delle istituzioni scolastiche ed espressione della progettualità delle stesse al fine di promuoverne l'efficacia formativa.
L'articolo 5 definisce l'articolazione del sistema della pubblica istruzione che si articola nella scuola dell'infanzia, nella scuola di base e nella scuola superiore.
Articoli 6 e 7: in questi articoli definendo tempi, finalità e organizzazione della scuola dell'infanzia e della scuola di base si tiene conto dell'importanza primaria che la scuola può svolgere nella fascia di età fra i 3 ed i 10 anni al fine di colmare le differenze, recuperare i ritardi per porre i bambini su un piano di parità nella fruizione del diritto all'istruzione e al successo formativo, poiché, da questo punto di vista, si tratta di una fascia di età decisiva. Per questa ragione si prevede la generalizzazione della scuola dell'infanzia e l'obbligo dell'ultimo anno della stessa confermandone, nel contempo, l'unitarietà didattica e pedagogica ed escludendo così che l'ultimo anno obbligatorio possa considerarsi una sorta di "primina". Per questa stessa ragione si prevede la scuola a tempo pieno per il primo quinquennio della scuola di base oltre ad un numero massimo di alunni per classe (23) inferiore a quello previsto per gli altri ordini di scuola. Più specificamente l'articolo 6 definisce la durata della scuola dell'infanzia per i bambini di età compresa fra i tre e i sei anni. L'articolo 7 quantifica in otto anni la durata della scuola di base in un percorso educativo unitario, ne prevede l'organizzazione a tempo pieno nel primo quinquennio mentre nel triennio successivo si attua il tempo prolungato sulla base della programmazione specifica delle singole istituzioni scolastiche. La scuola di base si realizza negli istituti comprensivi.
L'articolo 8 definisce finalità, articolazione e tempi della scuola superiore. Essa ha la durata di cinque anni, di cui i primi due obbligatori, e si articola nelle aree classico-umanistica, scientifica, tecnica e tecnologica, artistica e musicale. Essa si realizza in tutti gli attuali istituti di istruzione secondaria di secondo grado. Nei primi due anni è garantita la possibilità di passare da un modulo all'altro anche di aree e di indirizzi diversi. Per quanto attiene il rapporto scuola-lavoro si prevede, nel primo biennio, la possibilità di realizzare iniziative e attività complementari esclusivamente finalizzate all'orientamento che possono essere attuate anche in rapporto con le diverse realtà sociali, culturali, produttive e professionali, con altri istituti, enti e centri di formazione professionale accreditati dalle regioni. Negli ultimi tre anni possono essere realizzati esperienze formative e stage in Italia o all'estero con brevi periodi di inserimento nelle realtà culturali, produttive, professionali e dei servizi. A conclusione dell'obbligo scolastico è rilasciata una certificazione attestante il percorso didattico svolto e le competenze acquisite. Al termine della scuola secondaria gli studenti sostengono un esame di Stato.
L'articolo 9 tratta della istruzione e formazione professionale per la quale lo Stato, in accordo con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, definisce i princìpi regolativi generali, nel contesto di unitarietà del sistema nazionale della pubblica istruzione (comma 1). Il comma 4 stabilisce che alla istruzione e formazione professionale regionale si possa accedere solo dopo l'assolvimento dell'obbligo scolastico.
L'articolo 10 stabilisce princìpi e criteri per la definizione dei curricoli che costituiscono momento imprescindibile per realizzare la scolarizzazione di tutti e di ciascuno. Essi non si pongono come obiettivo unico la trasmissione di conoscenze ma anche quello di formare nel giovane un reale spirito critico. La definizione dei curricoli si presenta come integrazione tra la quota oraria obbligatoria di discipline e di attività stabilite a livello nazionale e la quota di competenza delle singole istituzioni scolastiche.
L'articolo 11 regola le modalità di svolgimento dell'esame di Stato. Rispetto alla normativa in materia stabilita dalla legge 10 dicembre 1997, n. 425, reca una innovazione nella attribuzione dei punteggi, stabilendo un punteggio maggiore per il credito scolastico. Viene ribadito il valore legale del titolo di studio.
All'articolo 12 viene definita l'articolazione degli organi di autogoverno delle istituzioni scolastiche attribuendo alle componenti dei docenti, studenti, genitori e personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) un ruolo attivo e reali competenze decisionali in merito alla programmazione didattica (collegio dei docenti e consiglio di classe), agli indirizzi gestionali, educativi ed economico-finanziari delle singole istituzioni scolastiche. E' prevista negli stessi una presenza paritetica delle rappresentanze di insegnanti e genitori nella scuola dell'infanzia e di base, e di docenti e studenti nella scuola superiore.
L'articolo 13 tratta del personale docente e non docente. Ribadisce il valore costituzionalmente sancito della libertà di insegnamento come garanzia imprescindibile per la qualità della scuola pubblica, per la sua libertà e il suo pluralismo. Prevede l'organico funzionale per le singole istituzioni scolastiche ed il ruolo unico docente, nonché le condizioni di accesso all'insegnamento, e l'anno sabbatico come una modalità dell'aggiornamento in servizio.
L'articolo 14 in relazione ai diritti e doveri degli studenti richiama il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 249, che valorizza gli studenti come persone, come soggetti della propria formazione, come protagonisti del governo democratico della scuola e riconosce loro il diritto alle istanze associative, ribadendo inoltre il diritto alla assemblea mensile. Il comma 2 stabilisce che il comportamento disciplinare non influisce sulla valutazione e che non viene attribuito un voto alla condotta disciplinare.
L'articolo 15 tratta il problema dell'integrazione relativa agli alunni portatori di handicap ed all'inserimento di alunni stranieri. Per fare in modo che essa costituisca momento insostituibile di socialità e di crescita culturale, si avanzano proposte estremamente innovative per quanto riguarda gli insegnanti di sostegno, la presenza di mediatori culturali, il numero di alunni per classe.
L'articolo 16 si riferisce alle attività integrative e complementari e definisce le modalità per far sì che la scuola si apra alla società ed al territorio. A questo fine l'istituzione scolastica, di intesa con gli enti locali e le regioni, organizza attività che realizzano la propria funzione come centro di promozione culturale, sociale e civile del territorio.
L'articolo 17, in attuazione del dettato costituzionale, prevede la gratuità completa della scuola dell'obbligo come istanza fondamentale per garantire l'accesso all'istruzione a tutti e particolarmente alle fasce sociali più svantaggiate che corrispondono mediamente ad oltre il 25 per cento del totale della popolazione scolastica. Allo stesso fine sono previste borse di studio per l'ultimo triennio della secondaria superiore destinate a famiglie titolari di redditi fino a 30.000 euro annui.
L'articolo 18 prevede un piano straordinario atto a fronteggiare la grave emergenza dell'edilizia scolastica in relazione soprattutto alla sicurezza degli edifici, e piani di finanziamento pluriennali, in continuità con quelli definiti fra il 1995 e il 2000.
Con l'articolo 19 l'organizzazione del sistema di valutazione periodica dei risultati viene attribuita alle singole istituzioni scolastiche. Essa deve realizzarsi sulla base di comuni parametri nazionali e coinvolgere gli utenti. Le valutazioni periodiche delle singole istituzioni verranno trasmesse al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per una valutazione complessiva del sistema nazionale dell'istruzione.
L'articolo 20 prevede la copertura finanziaria della legge. Essa è individuata all'interno del Documento di programmazione economico-finanziaria. Ulteriori risorse sono reperite grazie all'abrogazione delle norme della legge n. 383 del 2001 che hanno abolito le tasse sulle successioni e donazioni e sui passaggi di proprietà superiori a 350 milioni di vecchie lire.


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