INTERVENTO
DEL MINISTRO MORATTI
Gubbio, 31 agosto 2002
Quando poco più di un anno fa, all'inaugurazione
della legislatura, dichiarammo di fronte al nuovo Parlamento che un
grande progetto per l'istruzione e la formazione avrebbe dovuto
ispirare profondamente il più ampio disegno di sviluppo e di
innovazione della società italiana, sapevamo che questo impegno
programmatico avrebbe richiesto un grande sforzo politico ed
organizzativo alle forze della maggioranza. Uno sforzo al quale
chiamare tutte le componenti di Governo centrale ma anche i quadri dei
partiti e gli amministratori locali.
Il nostro progetto ha come obiettivo, infatti, quello di arricchire le
offerte formative nei percorsi di studio, offrendo, tra l'altro,
opportunità di alternanza tra studio e formazione professionale, lo
studio e la pratica delle lingue e dell'informatica ed inoltre stage e
tirocini in realtà culturali, sociali e produttive in Italia o
all'estero, con l'acquisizione di titoli e certificazioni spendibili
come crediti scolastici e formativi.
Questo è soltanto un esempio degli strumenti che intendiamo
introdurre per accrescere la flessibilità del sistema educativo e per
dare agli studenti di oggi ed a quelli che entreranno nella scuola nei
prossimi anni la possibilità di compiere scelte culturali,
professionali e di vita sempre più consapevoli e responsabili, più
personalizzate e rispondenti alle vocazioni e attitudini di ognuno.
Agli amministratori locali, dei Comuni, delle Province e delle
Regioni, presenti oggi in gran numero a Gubbio, che sono così vicini
alle famiglie ed agli studenti dico che onoreremo fino il fondo
l'impegno preso per migliorare l'amministrazione della scuola,
portando al massimo lo spirito di collaborazione tra Ministero ed Enti
locali. In questo nuovo sistema educativo, lo Stato abbandonerà
progressivamente i propri compiti tradizionali di gestione ed
organizzazione per assumere compiti di indirizzo e di governo. Allo
Stato spetterà il ruolo di costruire un'architettura di sistema. Lo
Stato stabilirà i principi di qualità didattica, di equità sociale
e di garanzia del diritto all'istruzione. Lo Stato dovrà assicurare
criteri uniformi per la definizione dei piani di studio e stabilirà i
requisiti di accreditamento delle offerte educative e formative, e
provvederà alla valutazione dei livelli di apprendimento, con
l'obiettivo di una crescita della qualità complessiva del sistema. I
piani di studio saranno integrati a livello regionale e dai singoli
istituti scolastici; mezzi e strumenti didattici saranno ideati e
definiti sempre più a livello locale; orientamento e formazione
saranno modellati localmente per aderire alle esigenze e alle
opportunità del lavoro nel tessuto produttivo del territorio. Allo
Stato spetteranno funzioni di programmazione, di regolazione e di
controllo degli standard organizzativi e di qualità che non siano un
freno, piuttosto un supporto, all'autonomia delle scuole, alle loro
capacità di sperimentazione didattica, alle opportunità di
innovazione. Alle Regioni spetta l'importante ruolo di organizzazione
e gestione delle risorse finanziarie, strumentali, nel rispetto del
principio di autonomia delle istituzioni scolastiche.
Il modello di scuola per il quale dobbiamo lavorare é una scuola
veramente libera, aperta, integrata che si ispira ai principi di
sussidiarietà e di pluralismo che sono alla radice dell'intera
tradizione liberale della nostra società e che annoverano illustri
padri storici, da Antonio Rosmini a Luigi Einaudi, da Gaetano
Salvemini a Luigi Sturzo. il quale affermò: "Ogni scuola deve
poter dare i suoi diplomi non in nome della Repubblica, ma in nome
della propria autorità.
L'EUROPA
Per quanto riguarda la prima missione della scuola, quella europea,
stiamo dando vita ad un grande progetto per l'educazione e la
formazione professionale che si ispiri al patrimonio di valori comuni,
alle tradizioni di cultura e di civiltà che ci legano profondamente
gli uni agli altri. I sistemi educativi e formativi dei paesi europei
saranno chiamati nei prossimi anni a formare gli uomini e le donne ed
a fornire loro conoscenze e competenze tecniche necessarie per i
grandi cambiamenti che ci aspettano: dall'allargamento degli attuali
confini dell'Unione Europea alla rifondazione ed al consolidamento
delle istituzioni che presiedono al suo sistema democratico.
Attuare questo progetto educativo e formativo significa consolidare le
prospettive di stabilità politica e di sviluppo sociale di un'Europa
allargata e porta ad accrescere le opportunità legate ad un ciclo di
crescita economica internazionale ormai indissolubilmente legato alle
capacità di produrre conoscenza. Ci sono infatti ancora rischi di
disuguaglianze e di esclusioni sociali che l'Europa non ha affatto
scongiurato, se guardiamo all'effettivo livello di partecipazione
all'istruzione di base. Nel 2000 la proporzione di cittadini europei
compresi tra i 24 e i 64 anni di età che avevano raggiunto almeno un
livello di istruzione secondaria superiore era soltanto del 60,3%.
Quasi 150 milioni di persone nell'Unione Europea, prive di un livello
di istruzione di base, sono ancor oggi esposte ad un alto rischio di
emarginazione.
Nelle discussioni che si sono aperte tra i Ministri europei
dell'istruzione e dell'università vengono proposti traguardi molto
ambiziosi:
-
migliorare i sistemi di istruzione e formazione
dell'Unione Europea con l'obiettivo di fare dell'Europa un termine
di riferimento mondiale per qualità e pertinenza educativa;
-
dare ad ogni cittadino europeo libero accesso a
tutti i sistemi di istruzione e formazione nell'intero arco della
vita;
-
aprire i sistemi di istruzione e formazione
europei al resto del mondo, in modo che l'Europa diventi meta
favorita di studenti, studiosi e ricercatori di altre regioni;
-
sostenere una visione dei processi educativi e
formativi che tenda a superare le antiche contrapposizioni tra
equità sociale e competizione individuale, tra partecipazione e
responsabilità, riconducendo ad un principio unitario e condiviso
i concetti della qualità e della solidarietà.
Si tratta, come potete capire, di obiettivi di
medio e lungo termine che richiederanno un eccezionale impegno
politico ed organizzativo. La nostra convinzione di poter riuscire in
questo sforzo sta nel constatare che lo spazio europeo dell'istruzione
e della formazione - alla cui formazione l'Italia intende partecipare
a pieno titolo - é oggi il punto ideale di raccordo dei progetti
culturali, tecnologici e scientifici e punto di partenza di ogni
progetto sociale ed economico.
Scuola, università e strutture di formazione costituiscono il
"luogo" ove potranno confluire i progetti che tendono a
migliorare le opportunità di lavoro e la mobilità degli studenti, a
facilitare la circolazione dei saperi e l'integrazione delle
professioni, internazionalizzando gli studi e i corsi di formazione, a
migliorare i processi di acquisizione delle conoscenze e delle
competenze e, infine, a potenziare i sistemi di riconoscimento delle
qualifiche professionali e dei titoli di studio.
I Progetti europei
Per quanto riguarda i progetti europei ci siamo associati a tutte le
iniziative che vanno in questa direzione perché siamo convinti che vi
sia in Europa un urgente bisogno di nuove competenze qualificate,
soprattutto nel campo tecnico-scientifico, coerentemente con le
richieste che emergono dal mercato del lavoro e dalle nuove esigenze
in relazione alla qualità della vita, della salute, dell'ambiente.
I due progetti-pilota finora approvati riguardano settori di forte
interesse per il nostro Paese, come il turistico-alberghiero e la
logistica nell'industria dell'automobile. Progetti realizzati insieme
alla Francia, Germania e Grecia.
L'Italia è leader in un altro progetto sperimentale, che riguarda la
creazione di poli formativi di eccellenza per la costruzione di
qualifiche professionali reciprocamente riconoscibili sulla base di
percorsi costruiti consensualmente dai paesi partecipanti, in aree
come:
design industriale, moda, restauro, tutela e valorizzazione del
patrimonio culturale, ristorazione e valorizzazione delle produzioni
locali tipiche.
Con questo primo atto, destinato a facilitare la mobilità di studenti
e lavoratori, diventa più concreto e vicino il traguardo della
definizione di qualifiche e titoli professionali nazionali
reciprocamente riconoscibili a livello europeo sulla base di percorsi
formativi costruiti di comune accordo e ciò ci fa pensare che sia
possibile puntare in tempi non troppo lunghi anche alla creazione di
uno "spazio europeo di apprendimento continuo per l'intero arco
della vita".
Oggi siamo ancora ben lontani da questo obiettivo. La partecipazione
all'educazione e alla formazione resta ad un livello troppo basso:
nell'Unione Europea soltanto l'8% delle persone comprese tra i 25 e i
64 anni di età ha preso parte nel 2000 ad attività educative e
formative. Un'idea di Europa fondata sulla cultura, sull'istruzione e
sulla formazione delle competenze pone dunque una sfida di importanza
storica: progettare e realizzare tutti insieme un quadro radicalmente
nuovo dell'apprendimento permanente. La formazione permanente deve
diventare uno strumento centrale nelle nuove politiche del lavoro,
garantendo un costante aggiornamento e riqualificazione di chi sta nel
mondo del lavoro che cambia continuamente e richiede aggiornamenti
continui. Per noi la formazione permanente è il vero ammortizzatore
sociale.
Dobbiamo, inoltre, fare sì che ogni giovane europeo possa arricchire
il proprio bagaglio culturale decidendo di intraprendere un nuovo
ciclo di studi in un diverso paese oppure di impegnarsi in un periodo
di formazione, in un'attività di volontariato o di insegnamento
lontano dal proprio luogo d'origine. Su questa strada vi sono tuttora
numerosi ostacoli giuridici e amministrativi e limiti finanziari che
dobbiamo superare sia nell'ambito dei programmi comunitari -
"Erasmo", "Socrate", "Leonardo",
"Gioventù" - sia al di fuori di questi.
Penso alla necessità di promuovere lo sviluppo di dispositivi di
sostegno finanziario alla mobilità degli studenti, come indennità,
borse di studio, sovvenzioni, prestiti. Oppure alla necessità di
realizzare un'effettiva trasferibilità delle borse di studio e degli
aiuti nazionali. E, infine, di facilitare il trasferimento dei crediti
universitari e il riconoscimento a fini accademici, nello Stato membro
d'origine, del periodo di studi intrapreso in un altro paese.
In questo contesto, l'Italia é fortemente impegnata nel dibattito in
corso in sede comunitaria per la creazione di uno "spazio
dell'istruzione superiore" che verta su 5 punti:
-
l'adozione in tutti i paesi dell'Unione Europea
di un sistema di titoli basato essenzialmente su due cicli,
rispettivamente di primo e secondo livello;
-
il consolidamento di un sistema unificato di
crediti didattici acquisibili anche in contesti diversi;
-
la promozione della cooperazione europea nella
valutazione della qualità dei sistemi educativi e formativi;
-
la definizione di un sistema di titoli di
semplice leggibilità e comparabilità;
-
la promozione di una dimensione europea
dell'istruzione con particolare riguardo allo sviluppo dei piani
di studio, alla cooperazione fra istituzioni scolastiche e
universitarie, agli schemi di mobilità ed ai programmi integrati
di studio.
Anche su questo fronte l'Italia é oggi in prima
linea. Al progetto europeo stiamo infatti dando un'adesione non solo
formale, ma sostanziale ed offriamo l'importante contributo delle
riflessioni che stanno maturando in questi mesi all'interno del nostro
contesto nazionale grazie al processo di ampia consultazione che
abbiamo aperto con docenti, studenti, genitori e con tutte le
componenti della società civile impegnate attivamente nel campo
dell'istruzione e della formazione.
L'ITALIA
I nostri progetti di riforma del sistema educativo e formativo
nazionale sono perfettamente allineati agli obiettivi che si vanno
definendo per una politica europea dell'istruzione e della formazione
ed anzi rappresentino, per alcuni aspetti, una frontiera avanzata in
questo faticoso e irrinunciabile processo di cambiamento. Basti citare
i punti fondamentali che hanno ispirato la nostra riforma in via di
approvazione in Parlamento:
-
Migliorare la formazione degli insegnanti e dei
formatori nella consapevolezza che la formazione dei docenti é
fattore determinante per il miglioramento della qualità educativa
e formativa e per l'attuazione dei processi di riforma.
-
Rafforzare i legami tra sistema
educativo/formativo e mercato del lavoro, con particolare
attenzione al tema dell'orientamento.
-
Promuovere un apprendimento più attraente e più
utile con specifico riguardo alla necessità di contrastare il
fenomeno della dispersione scolastica e degli abbandoni.
-
Incentivare gli studi nel campo scientifico e
tecnologico anche per valorizzare i profili professionali legati a
settori economici in rapido sviluppo e con grandi possibilità
occupazionali.
-
Assicurare una maggiore utilizzazione delle
tecnologie dell'informazione e della comunicazione come strumenti
didattici e formativi sin dai primi livelli di studio.
-
Potenziare l'apprendimento delle lingue
straniere con l'introduzione dello studio obbligatorio di una
lingua comunitaria fin dai 6 anni e di una seconda lingua
comunitaria dall'età di 11 anni.
Il Patto per l'Italia
Il Patto per l'Italia sottoscritto dal Governo e
dai sindacati il 5 luglio 2002 ha assunto in pieno, sotto il titolo
"Educazione per l'occupabilità", lo spirito ed i contenuti
del nostro progetto di riforma della scuola, quando dice testualmente
che "L'arricchimento permanente delle risorse umane deve essere
promosso mediante la riforma dell'istruzione fondata su una più
elevata preparazione culturale ed un più stretto rapporto tra scuola
e lavoro- ed un migliore coordinamento delle risorse pubbliche e
private per la formazione permanente, attraverso il negoziato e la
collaborazione tra Governo (Ministeri del Lavoro e dell'Istruzione),
Regioni, Province e parti sociali."
La riforma del sistema educativo - ecco un'altra precisa indicazione
contenuta nel Patto - deve produrre l'innalzamento del diritto-dovere
all'istruzione e alla formazione ad una durata di almeno 12 anni, il
potenziamento dell'alfabetizzazione informatica, la possibilità
ricorrente di alternare scuola e lavoro, la comunicabilità tra
percorsi scolastici e formativi. Un particolare sostegno sarà rivolto
alle attività formative correlate ai contratti di apprendistato in
relazione all'assolvimento dell'obbligo formativo fino a 18
anni."
Un pilastro del Patto per l'Italia ha riguardato inoltre l'Istruzione
e Formazione Tecnica Superiore e l'Educazione degli Adulti che hanno
dimostrato di essere strumenti validi per favorire l'occupabilità.
Pertanto, stiamo lavorando per superare il divario rispetto agli altri
Paesi dell'Unione Europea, potenziando il sistema dell'Istruzione e
Formazione Tecnica Superiore con l'obiettivo di corrispondere alle
richieste espresse dal mondo del lavoro.
Ugualmente si pone quale obiettivo prioritario l'acquisizione diffusa
di un più alto livello di competenze di base (linguistiche,
matematiche, tecnologiche, sociali), mediante iniziative di educazione
permanente degli adulti.
In questo senso stiamo predisponendo tutti i mezzi e le risorse tali
da soddisfare le richieste per 700.000 persone l'anno a partire dal
2003. Siamo fermamente convinti infatti che l'educazione permanente
degli adulti rappresenta uno strumento efficace per favorire l'occupabilità
e l'adattabilità delle risorse umane e professionali nonché
l'inclusione sociale.
Il Patto per l'Italia ha inoltre rilanciato l'impegno ad investire
nell'Istruzione e formazione tecnica superiore per favorire l'occupabilità
e, nel contempo, superare il divario esistente rispetto al numero
delle persone in possesso di un'elevata formazione negli altri paesi
dell'Ue.
Le potenzialità di questo settore sono avvalorate dalle indagini
condotte dalle Parti sociali; se consideriamo, ad esempio, i dati
contenuti nell'indagine di Unioncamere, risulta insoddisfatto un
fabbisogno di almeno 80.000 tecnici superiori per il solo anno 2002.
Con le risorse nazionali e comunitarie del decorso anno è stato
possibile programmare la formazione per poco più di 12.000 persone.
Il crescente impegno, in questo ambito, delle Regioni e la forte
sinergia che si è stabilita tra questo Ministero ed il Ministero del
Lavoro e delle Politiche sociali, di cui il Patto per l'Italia ed il
DPEF costituiscono una importante testimonianza, stanno dimostrando
che ci sono le condizioni per rendere stabile e ben organizzato il
sistema dell'Istruzione e Formazione Tecnica superiore.
In proposito vorrei richiamare l'importante accordo sancito dalla
Conferenza unificata il 1° agosto u.s. con il quale sono state
definite le prime 37 figure professionali, che ho prima citato,
individuate sulla base delle priorità contenute nei documenti di
programmazione economica delle Regioni. Esse sono accompagnate dalla
descrizione delle relative attività lavorative. L'accordo ha,
inoltre, definito le modalità per favorire la partecipazione degli
adulti occupati, anche part-time, ai percorsi dell'IFTS nel quadro
dello sviluppo del lifelong learning, i dispositivi per
l'accreditamento in ingresso ai corsi in modo da valorizzare le
competenze comunque possedute da coloro che intendono frequentarli.
Vorrei, infine, sottolineare che l'accordo raggiunto con le Regioni e
le Autonomie locali avvia la costruzione di un sistema che consente di
coniugare la dimensione globale, nazionale ed internazionale, con
quella locale, attraverso la determinazione degli standard minimi
nazionali necessari non solo per presidiare la qualità dei percorsi e
la spendibilità della relativa certificazione in ambito nazionale, e
potenzialmente Ue, ma anche di favorire la mobilità delle persone sul
territorio.
A) La sperimentazione
Una buona riforma ha bisogno di una buona sperimentazione. Ecco perché
stiamo avviando un Progetto Nazionale di sperimentazione con
caratteristiche molto precise.
1. Partecipano un numero limitato di scuole statali: non più di due
circoli didattici per ogni provincia nonché due scuole paritarie per
ogni capoluogo di Regione.
2. La sperimentazione, da attuarsi nell'anno scolastico 2002/2003, è
volta ad attivare e a favorire laboratori di ricerca sui temi
attinenti alla riforma degli ordinamenti scolastici nelle scuole
dell'infanzia e nelle scuole elementari e, per quest'ultime,
limitatamente alla prima classe.
3. Nelle suddette scuole, ove esistano le condizioni, può essere
sperimentata anche l'anticipazione della frequenza, limitatamente ad
un circolo didattico per ciascuna provincia e a una scuola paritaria
per ciascun capoluogo di Regione:
-
nella scuola dell'infanzia, per le bambine ed i
bambini che compiono i tre anni di età entro il 28 febbraio 2003;
-
nelle classi prime della scuola elementare, per
le bambine ed i bambini che compiono i sei anni di età entro il
28 febbraio 2003.
4. Il progetto di sperimentazione riguarda tutti
gli aspetti pedagogici e metodologico-didattici.
5. Nella scuola elementare la possibilità di attivare l'insegnamento
della lingua straniera (inglese) e l'alfabetizzazione informatica
rappresenta la condizione essenziale per l'adesione alla
sperimentazione.
6. Le innovazioni sperimentali possono essere realizzate tenendo conto
delle disponibilità di bilancio delle singole istituzioni scolastiche
interessate, delle risorse acquisibili in ambito regionale e di
finanziamenti mirati a livello nazionale, comunque attualmente
presenti in bilancio.
7. La sperimentazione è assistita e sostenuta da strutture di
supporto, consulenza e monitoraggio di livello locale e nazionale.
Ecco perché al fine di sostenere le iniziative di sperimentazione e
di dare sviluppo al processo di qualificazione della scuola
dell'infanzia e della scuola elementare, vengono istituiti un
Osservatorio nazionale ed un Osservatorio regionale.
-
L'Osservatorio Nazionale è istituito presso il
Dipartimento per lo sviluppo dell'istruzione del MIUR, con la
funzione di definire criteri per l'attuazione ed il monitoraggio
del progetto nazionale di sperimentazione. La composizione
dell'Osservatorio Nazionale è definita con decreto del Ministro.
-
L'Osservatorio regionale è istituito, con
provvedimento del Direttore Generale presso ogni Ufficio
scolastico regionale, per lo svolgimento dei compiti indicati al
comma precedente. Il predetto Osservatorio è composto dal
Direttore Generale regionale, che lo presiede, dai responsabili
dei Centri di Servizi Amministrativi, da un rappresentante dell'I.R.R.E.,
degli Enti Locali interessati e delle scuole paritarie.
L'Osservatorio si avvale di gruppi tecnici di supporto alle
istituzioni scolastiche coinvolte nella sperimentazione per la
realizzazione della iniziativa.
B) I Protocolli con le Regioni
Anche nel campo della formazione professionale
abbiano attivato iniziative di sperimentazione. I protocolli di intesa
per quanto riguarda l'istruzione professionale sono stati sottoscritti
dal Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca insieme al
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ed hanno riguardato
Piemonte, Lombardia, Puglia, Lazio, Molise oltre che la Provincia di
Trento. La sperimentazione, attraverso protocolli di intesa comporta
un impegno concreto che ritengo di grande importanza: porre sempre la
formazione professionale al centro dei nostri sistemi educativi e fare
della formazione lo strumento di integrazione delle politiche
nazionali. Solo tutti insieme, Stato, Regioni, è possibile attuare il
dettato costituzionale che affida a livello centrale il compito di
dettare le norme generali e i criteri generali di valutazione e dà
alle Regioni la missione di programmare e gestire la formazione e
l'istruzione professionale nel rispetto delle tradizioni e degli
interessi locali.
Con i protocolli le Regioni, il Miur ed il Ministero del Lavoro e
delle politiche sociali si sono impegnati ad avviare, definire e
sostenere in via sperimentale un processo finalizzato alla
individuazione di soluzioni innovative relative al sistema di
istruzione e formazione professionale secondo modalità e tempi atti
ad assicurare la necessaria gradualità alle diverse fasi operative e
in consonanza con i tempi dell'anno scolastico.
Per realizzare queste finalità ci si è impegnati ad attuare le
seguenti forme di intervento:
-
sperimentazione di percorsi triennali di
qualifica e degli eventuali successivi percorsi, collocati in un
organico processo di sviluppo nella formazione professionale
superiore
-
ridefinizione di aspetti teorici e pratici
dell'orientamento, finalizzata alla valorizzazione dei processi di
scelta dello studente in ingresso ed in uscita dei percorsi
-
localizzazione delle sedi formative e
programmazione degli interventi che tengano conto delle strutture
e delle offerte formative presenti a livello territoriale
-
reciproca messa a disposizione di sedi,
attrezzature e servizi
-
programmazione congiunta di progetti in
alternanza scuola - lavoro finalizzati ad un'offerta
personalizzata
-
programmazione di interventi comuni di
formazione dei formatori, per lo scambio di esperienze tra i vari
sistemi e l'acquisizione di competenze utili ai fini
dell'orientamento e dell'alternanza
-
individuazione di modalità di accompagnamento,
monitoraggio e valutazione di tale sperimentazione.
CONCLUSIONE
Una scuola europea, nazionale e locale. E' la
scuola che il nuovo ordinamento dello Stato ci chiede di progettare.
Siamo da secoli un insostituibile "laboratorio" di saperi
tecnico-scientifici e di culture umanistiche e i molti fattori di
eccellenza che possiamo oggi vantare in questi campi testimoniano
della posizione assolutamente strategica che il nostro Paese ricopre
nello spazio europeo dell'istruzione e della formazione che si sta
delineando.
Eppure, appare oggi evidente che il nostro più grave handicap è
quello di trasformare questo patrimonio di saperi e di cultura in
innovazione, in maggiore occupazione, in posti di lavoro più
qualificati e meglio retribuiti. In una parola, la sfida che ci
attende è quella di trasformare le competenze tecniche e
intellettuali di cui il paese dispone in nuova ricchezza. Obiettivo
che sarà possibile perseguire soltanto se sapremo ridare
all'istruzione un grado di qualità e di innovazione che ci porti agli
standards europei dai quali ci siamo pericolosamente allontanati.
Non pensiamo, tuttavia, ad una scuola votata unicamente ad assolvere
un ruolo "professionalizzante" per gli studenti. Il nostro
progetto ha al centro in senso molto più ampio i bisogni, gli
interessi, le aspirazioni dei giovani, delle loro famiglie, degli
insegnanti. Vogliamo che gli studenti si formino come persone e come
cittadini per realizzare i loro progetti di vita. Vogliamo progettare
una scuola dei valori prima ancora che degli interessi professionali
ed economici.
Come ho avuto modo di spiegare in più occasioni, il nostro progetto
di riforma punta ad innescare un circolo virtuoso che consenta ai
giovani italiani delle future generazioni di "sapere, saper fare,
saper essere".
La scuola negli ultimi tempi ha privilegiato più il sapere, il sapere
nozionistico e ha perso la sua funzione educatrice che deve recuperare
rapidamente. Ciò è tanto più importante perché vi è una diffusa
forma di disagio giovanile meno legata a situazioni sociali ed
economiche di quanto accadeva un tempo: riguarda la fragilità delle
personalità individuali, la precarietà delle identità personali, le
difficoltà a trovare motivazioni ed interessi, il forte relativismo
presente nella nostra società che rende ogni decisione reversibile ed
ogni opinione discutibile. E' un disagio che nasce da un rapporto più
difficile tra adulti e ragazzi, da un inserimento più difficile in un
mondo dove le relazioni umane sono meno profonde e più dispersive e
avvengono nel silenzio affettivo di molte famiglie e nella proiezione
sui ragazzi delle paure e delle incertezze avvertite dagli stessi
genitori e spesso anche dagli insegnanti.
La scuola deve dunque saper ascoltare e motivare i ragazzi. Dunque, il
suo compito cambia. Gli insegnanti vengono chiamati a diventare dei
veri e propri "tutor" capaci di aiutare i giovani nel loro
processo di crescita e nello sviluppo della propria personalità; di
sostenerli nei momenti delicati del loro percorso educativo e
formativo, prima di un esame oppure quando si tratta di scegliere tra
diversi indirizzi di studio.
Solo una scuola che saprà educare ai fondamenti etici della vita - la
solidarietà, il rispetto per gli altri, la giustizia, la
responsabilità personale - potrà dare risposte ad un numero
crescente di giovani sui quali pesa oggi un grande senso di difficoltà
e di estraneità di rapporti col mondo degli adulti.
L'analfabetismo di base è un fenomeno che appartiene al passato, ma
oggi corriamo il rischio di vedere aumentare l'analfabetismo dei
valori e dei sentimenti. La scuola deve aiutare i giovani, in stretto
raccordo con le famiglie, a costruire personalità forti e libere.
Senza rivendicare egemonie o primogeniture, la scuola può diventare
un luogo di raccordo e di integrazione di diverse competenze e
risorse, un punto di collegamento tra i molti operatori del privato
sociale, del non profit, del volontariato che già oggi sono impegnati
nel campo del disagio giovanile.
Siamo consapevoli delle difficoltà che ci attendono, all'interno
della scuola come nella società civile per realizzare la missione che
ci è stata affidata. Ma sono convinta che lavorando insieme a voi,
avendo come unico, centrale, punto di riferimento il destino dei
giovani, il disegno di cambiamento della scuola potrà avere successo. |