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Linee per il riordino del sistema nazionale della ricerca scientifica e tecnologica
RELAZIONE ALLE CAMERE DEL MINISTRO DELL'UNIVERSITA'
E DELLA RICERCA SCIENTIFICA E TECNOLOGICA - 31 luglio 1997 - INDICE
INTRODUZIONE E SINTESI DELLA RELAZIONE La scienza, la tecnologia, la disponibilità di risorse umane qualificate costituiscono il differenziale che distingue il grado di sviluppo dei diversi sistemi paese. Essere in posizione avanzata su questi temi, poter partecipare alla cooperazione internazionale in forma non subalterna, accrescere ed innovare la propria capacità produttiva e la disponibilità e diffusività di servizi determinano la possibilità dei sistemi nazionali di essere protagonisti e competitivi nei processi di crescita economica, culturale e sociale.
Si parla comunemente di "economia della
conoscenza e dell'apprendimento" e di "sistemi nazionali
di innovazione" per indicare una nuova fase di sviluppo in
cui non è più possibile tenere separata la funzione
di produzione di idee, progetti e prodotti scientifici e tecnologici
da quella di un loro impiego per il soddisfacimento di una domanda
diffusa generata dalle complesse esigenze della società.
La politica della ricerca come esigenza
strategica per il Paese 1) Dotarsi di una nuova politica della ricerca è dunque un'esigenza strategica per il Paese. Il Governo, fin dal suo insediamento, ha assunto come obiettivo prioritario la modernizzazione del Paese, nella convinzione che in un contesto mondiale aperto l'Italia possa competere solo innalzando la qualità, la capacità di innovazione, le conoscenze e le competenze dell'intero sistema produttivo ed istituzionale. In questa direzione, il Parlamento ha conferito al Governo una delega (art.11 e 18 della legge n. 59/97) per poter procedere ad affrontare in forma coordinata l'insieme dei problemi che hanno ostacolato un più produttivo incrocio tra le - notevoli - qualità presenti sul versante dell'offerta scientifica e le vaste ed approfondite esigenze che un paese ed una società moderna presentano nei confronti della ricerca e della tecnologia. L'esperienza italiana presenta luci ed ombre che accrescono la consapevolezza circa la necessità di un coraggioso intervento riformatore. La responsabilità affidata al Ministro dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica di predisporre una relazione al Parlamento illustrativa delle linee guida dell'intervento, risponde perciò al duplice scopo di rendere esplicito il percorso procedurale e di definire, nel contempo, il campo di applicazione di tale intervento. E' stata di conseguenza attivata un'istruttoria sull'universo delle istituzioni e delle attività connesse al mondo della ricerca e dell'innovazione; questo processo, trattandosi di un settore caratterizzato da una forte dinamicità ma anche da una notevole incertezza di confini, non è completato e richiederà ulteriori momenti di confronto e di approfondimento.
Una parallela istruttoria ha portato all'individuazione
dei punti di sofferenza del mondo della ricerca, a partire da
una scarsa connotazione "a sistema", dall'assenza di
una sistematica valutazione, da una limitata programmazione, fino
alla scarsa propensione verso la valorizzazione e il trasferimento
dei risultati. L'insieme delle funzioni-tipo individuate sono
state ricollocate in uno schema di "architettura del sistema",
associando ad ogni funzione un soggetto e un compito, arricchendo
l'impianto definito dalla legge n. 168/89 che individuava nel
MURST la sede di indirizzo e di coordinamento della ricerca nazionale.
Si tratta in buona sostanza del tentativo di produrre un positivo
e meditato allineamento della nostra struttura di governo della
ricerca a quella recentemente adottata nei grandi Paesi industrializzati.
2) Le grandi scelte in materia di scienza e innovazione sono scelte strategiche che riguardano lo sviluppo e la crescita civile del Paese, ivi compresa la sicurezza nazionale. Per questo motivo fin dal suo insediamento, e in applicazione dell'accordo sul lavoro del settembre 1996, il Presidente del Consiglio ha istituito, a Palazzo Chigi, un Comitato dei Ministri per le Politiche della Ricerca e dell'Innovazione. Per garantire il fondamentale coordinamento interministeriale delle azioni, la concertazione delle politiche tra i diversi settori di competenza dei vari Ministeri e la programmazione è stata individuata una specifica azione del CIPE, in coerenza con l'attuale proposta del Ministero del Bilancio e del Tesoro di riordino dell'intero settore della programmazione economica. Il CIPE opererà in sedute mirate anche avvalendosi del supporto istruttorio fornito dal MURST. Si istituirà un nuovo Fondo integrativo nazionale - a disposizione del CIPE -che, con risorse aggiuntive e sulla base della sussidiarietà con quanto già allocato presso le singole amministrazioni, favorirà il processo di convergenza verso obiettivi comuni di rilevante interesse nazionale, lasciando tuttavia ai vari soggetti coinvolti - ministeri, enti, agenzie - spazio e flessibilità nei piani operativi e nella esecuzione, evitando eccessi di rigidità e di burocrazia. Il Governo e l'intero sistema sarà supportato da un Comitato per la Ricerca e l'Innovazione, di nomina governativa. La definizione degli obiettivi strategici di Governo si tradurrà in un Programma Quadro Nazionale pluriennale, che, in analogia con l'equivalente strumento di cui si dota l'Unione Europea, definirà gli obiettivi, determinerà i grandi temi, individuerà le risorse, delineerà i percorsi attuativi e i soggetti coinvolti. Il processo decisionale troverà un completamento e un bilanciamento in un numero ristretto di Consigli Nazionali di Consulenza, per grandi aree scientifiche, sostitutivi degli attuali Comitati del CNR ed espressione autonoma della comunità scientifica, economica e sociale.
Per poter esercitare al meglio le sue funzioni,
il rinnovato Ministero dell'Università e della Ricerca
sarà posto nelle condizioni di monitorare, valutare, prevedere
e istruire le attività di ricerca, assicurando al sistema
nazionale il supporto alla formazione delle decisioni necessarie,
con ricorso a capacità e competenze anche esterne al Ministero
stesso.
3) Poiché il dettato legislativo della
delega pone inoltre giusta enfasi anche sulle questioni del riordino
degli Enti, della loro autonomia, della valorizzazione del personale,
il governo ha iniziato ad approfondire queste materie, dedicando
una specifica attenzione al metodo e ai criteri da seguire, con
particolare riferimento ad alcune realtà esemplari, quali
il CNR, l'ENEA, l'ASI, e ai principali ambiti della ricerca nazionale,
quello biomedico sanitario, agricolo, di interesse della Difesa,
della protezione civile, dell'Industria. Al rinnovato cervello
del sistema corrisponderà un sistema di enti rivisto nella
composizione e nelle rispettive missioni, dopo un processo di
valutazione dei compiti, delle prospettive e delle effettive capacità
di ogni istituzione, distinte nei ruoli e nelle attività,
ma sollecitate a convergere a sistema e a cooperare in maniera
più efficace.
4) Sempre nel contesto della delega, sono
stati presi inoltre in esame alcune linee di intervento per
il riordino degli strumenti, diretti e indiretti, a sostegno della
ricerca d'interesse delle imprese, volte a favorire anche nel
nostro Paese il ricorso a meccanismi automatici e alla leva fiscale.
5) Sarà valorizzata e sostenuta la qualità scientifica del lavoro svolto dai ricercatori: investire sul capitale umano, sui giovani, sul ricambio e sulla mobilità del personale significa assegnare il giusto valore alla scienza e alle sue potenzialità, favorendo la diffusione e rompendo circuiti chiusi. Rimangono certamente aperti molti problemi, a partire dall'esigenza di rendere visibile all'intera società, in un momento così controverso per l'allocazione di limitate risorse pubbliche, il valore aggiunto costituito da una presenza nazionale qualificata ed organizzata in un settore quale quello della ricerca e dell'innovazione.
In un mondo e in un'economia che si va integrando
e globalizzando, va combattuta la forte tentazione di considerare
la ricerca, il suo mondo e i suoi prodotti come una merce qualsiasi,
soggetta a tutte le possibili transazioni. Ciò non farebbe
giustizia del valore intrinseco, semplificabile come "culturale",
di questo bene, ma sarebbe, anche, in contraddizione con l'affermazione
di un ruolo che questo Paese ha conquistato nel confronto internazionale
per mezzo delle sue intelligenze e delle sue capacità.
E questa discrasia tra collocazione economica e capacità
scientifica finirebbe presto per penalizzare quel processo di
modernizzazione e di integrazione internazionale, già in
atto, e che è stato fin dall'inizio del suo mandato uno
degli obiettivi prioritari dell'azione del Governo.
LIMITI E FINALITÁ DELLA
DELEGA
La Legge 59 del 15 marzo 1997 L'articolo 11 della Legge 59/97 delega il Governo a "riordinare e razionalizzare gli interventi diretti a promuovere e sostenere il settore della ricerca scientifica e tecnologica nonché gli organismi operanti nel settore", definendone i criteri all'articolo 18. L'esercizio della delega risulta chiaramente incentrato su di una visione sistemica del settore nella quale funzioni diverse assolte da soggetti diversi, pubblici e privati, enti o imprese, siano ricondotte a coerenza. L'obiettivo principale è quello di raggiungere una accresciuta efficienza ed efficacia nel sistema ricerca nazionale attraverso una maggiore spinta verso il decentramento amministrativo e gestionale nel quadro più generale del raggiungimento dell'obiettivo di accorciare il circuito fra chi decide e chi è destinatario della decisione e di realizzare uno Stato più leggero e più efficiente. La riforma si realizzerà attraverso la predisposizione, entro il mese di luglio del 1998, di una serie di decreti, che dovranno comunque ispirarsi anche ai principi dettati all'art. 14 per la riforma degli enti pubblici. E' la prima volta da molti anni che la ricerca scientifica e tecnologica viene considerata in maniera strategica come un ambito decisivo per il Paese. L'ultimo intervento in ordine di tempo di pari rilevanza può essere considerato l'istituzione, con la legge 168 del 1989, del MURST, il quale tuttavia nacque al di fuori di un processo complessivo di ridefinizione dei compiti e delle funzioni centrali dello Stato. La legge 59/97, proseguendo e coniugando in un quadro sistematico linee e progetti di riforma sino ad ora disgiunti, si articola lungo tre direttrici principali: il decentramento di funzioni dallo Stato verso le Regioni e gli Enti locali, la riforma dell'amministrazione centrale e degli enti pubblici, la semplificazione dell'azione amministrativa e la valutazione dei suoi costi e dei suoi rendimenti. Con la legge 59/97 il processo di trasformazione dello Stato verso il modello di un federalismo amministrativo possibile e compatibile con la nostra Costituzione è strettamente collegato con la riforma dell'amministrazione centrale e periferica dello Stato. E' infatti evidente che trasferire competenze dal centro alla periferia senza contestualmente riformare profondamente il centro è un'operazione destinata al sicuro fallimento oltre che ad una profonda incoerenza. La riforma dell'amministrazione centrale dovrà portare alla piena attuazione delle disposizioni dell'art.95 della Costituzione sulle funzioni di impulso, indirizzo e coordinamento del Presidente del Consiglio con il trasferimento ad altri soggetti di compiti non riconducibili alle sue funzioni; alla razionalizzazione e alla ridistribuzione di competenze fra i ministeri; al riordino degli enti pubblici nazionali e di alcune categorie di enti privati controllati dallo Stato; alla revisione e alla modernizzazione del sistema dei controlli e dei sistemi di valutazione, sostituendo ai controlli preventivi di legittimità i controlli di gestione e di risultato, al fine di verificare i costi e la qualità delle prestazioni rese alla collettività e la qualità dei risultati ottenuti. Alla luce dell'impegno richiesto e della particolarità del suo ambito di applicazione, il Ministro dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica ha accolto favorevolmente la richiesta del Parlamento di presentare una Relazione preliminare sulle linee di intervento del Governo, nella convinzione che, attraverso la discussione, il Parlamento, oltre che la comunità scientifica ed economica e le parti sociali, potrà esprimere il suo indirizzo e fornire il contributo necessario al Governo per meglio operare.
LA RICERCA ITALIANA NEL CONTESTO
EUROPEO E INTERNAZIONALE La situazione dello stato della ricerca nel nostro paese è stata oggetto, dalla metà degli anni '70 fino all'istituzione del MURST nel 1989, di un rapporto annuale predisposto dal Cnr, allegato alla relazione annuale previsionale dello Stato. Negli stessi anni l'Istat aveva istituito una rilevazione statistica sistematica delle spese e del personale impiegato in ricerca, mentre indagini più puntuali, per lo più svolte a livello parlamentare e mediante audizioni, hanno prodotto rapporti, relazioni, proposte sul mondo della ricerca. Tra le tante va segnalata quella predisposta dalla Presidenza del Consiglio a metà degli anni '80 attraverso un apposito gruppo di lavoro e nota con il nome del suo Presidente, Prof. Dadda. Successivamente, con la creazione del Ministero e sulla base della sua legge istitutiva, i Ministri Ruberti e Colombo hanno predisposto la relazione del Piano pluriennale della ricerca, purtroppo mai attuato. L'Ocse, nel 1992, ha predisposto un rapporto di valutazione del sistema scientifico nazionale. Il Consiglio Nazionale della Scienza e della Tecnologia ha elaborato, nel maggio 1996, la nuova bozza di Piano triennale contenente una aggiornata radiografia del sistema ricerca. Altri recenti studi, del Cnel, dell'Enea, dell'Istat e del Cnr sono disponibili per consentire una lettura particolareggiata dei problemi, dei dati e delle prospettive del settore.
La presente relazione si limita a riportare
alcuni dei dati più significativi.
Il problema delle risorse finanziarie
e umane In Italia il complesso delle risorse finanziarie ed umane è insufficiente, in assoluto e comparativamente con gli altri Paesi industrializzati. C'è da dire, però, che, confrontando i dati percentuali della spesa, si nota che in Italia la spesa pubblica non è inferiore a quella degli altri Paesi, mentre la stessa cosa non si può dire per la spesa delle imprese che negli Stati Uniti, Giappone e Germania sono il vero motore del settore. Se corretto sulla base di una più accurata suddivisione tra ricerca e innovazione (nelle imprese) e tra ricerca e formazione (nel sistema pubblico), il dato complessivo della spesa globale di ricerca e sviluppo nel nostro Paese è in costante diminuzione dal 1992, soprattutto per la parte delle imprese che è stata oggetto di un processo complesso di ristrutturazione non ancora conclusosi. La nostra industria è infatti largamente specializzata in prodotti di media-bassa tecnologia, e il numero di imprese, anche per motivi dimensionali, che possono competere e cooperare sulla base di tecnologie di punta, è ancora troppo ristretto (cfr. Grafici e Tabelle). Fin dall'Accordo per il lavoro del 24 settembre 1996, il Governo si è assunto il compito di adeguare i volumi di spesa pubblica e privata per la ricerca, aumentando gradualmente il livello attuale di spesa. Sarà necessario anche operare per correggere l'attuale anomalia sulla distribuzione geografica della spesa che vede tre regioni, Piemonte, Lombardia e Lazio assorbire circa il 70% delle risorse disponibili. Il personale scientifico e tecnico dedicato alla ricerca (143.823 tra ricercatori, tecnici e altro personale, pubblici e privati, nell'anno 1994, con un incremento negli ultimi 10 anni solamente del 2,5%) è, nel nostro Paese, pari alla metà della media europea (a parità di popolazione o di PIL) ed è, inoltre, concentrato (per oltre il 60%) nell'impiego pubblico, contro una presenza media statale europea inferiore (50%), e quella ben inferiore di USA, Germania e Giappone (circa il 30%). La scarsa presenza di personale di ricerca e la preoccupante elevata età media, indicano una debolezza sia del sistema pubblico che di quello privato (industrie e servizi). La mobilità e la flessibilità dei ricercatori non va ricercata soltanto all'interno del sistema pubblico, ma anche e sempre più verso e dalle imprese. L'obiettivo primario del governo è quello di incrementare il personale di ricerca nella società italiana e perciò è necessario creare un sistema permeabile, non a compartimenti stagni. Così pure, è importante assumere nuovo personale giovane e qualificato, privilegiando contratti a termine rispetto a contratti di lavoro permanenti che tendono a irrigidire le strutture. É ormai avviata anche in Italia la stagione delle privatizzazioni; in questa delicata fase di transizione sarà importante non disperdere le professionalità esistenti accumulate dopo anni di lavoro in importanti istituzioni e centri di ricerca.
Il dottorato di ricerca, le scuole di specializzazione
e in generale la formazione di terzo livello, deve servire, come
nei paesi più avanzati d'Europa, a preparare giovani attraverso
la ricerca, non solo per le Università e per gli Enti pubblici,
ma anche per le imprese, che vanno "scientificizzate",
perché c'è bisogno di uomini e donne altamente qualificati,
non solo nella "funzione ricerca", ma anche nelle altre
funzioni essenziali dell'impresa.
La bilancia tecnologica dei pagamenti, la
proprietà intellettuale e i brevetti La nostra bilancia tecnologica dei pagamenti, cioè lo strumento che misura le transazioni della bilancia dei pagamenti di un paese nei riguardi dell'acquisto e la vendita di conoscenze di informazioni di natura tecnologica, segnala una posizione di saldo negativo tra acquisti e cessioni, ovvero una dipendenza tecnologica del nostro paese nei confronti dell'estero. Sul saldo negativo influiscono anche il limitato grado di tutela offerto dal sistema brevettuale nazionale e la scarsa propensione alla estensione all'estero dei nostri brevetti. Si fa notare, che anche a livello comunitario, non esiste ancora un diritto brevettuale unificato, malgrado ci sia un accordo che risale al 1989. Questo fatto mette in difficoltà i Paesi della Comunità rispetto a concorrenti come USA e Giappone che ne fanno un largo uso. Il costo per il loro deposito e mantenimento, è sei volte più elevato del corrispondente costo negli Stati Uniti. Questo penalizza soprattutto le piccole e medie imprese, per cui si auspica che possano essere previste a livello comunitario misure specifiche (small entities fees) per PMI ed Università. Se facciamo riferimento al brevetto europeo si nota che, in riferimento all'anno 1995, il numero di brevetti rilasciati per l'Italia equivale a circa il 50% delle domande presentate, percentuale inferiore a quella di Francia e Germania che si attestano intorno al 75%. Questo è un indice di carenza di metodo di presentazione o di supporto presso l'Ufficio Brevetti Europei. (cfr. Grafici e Tabelle).
Passando ad un esame più settoriale
dei parametri di confronto tra i risultati della ricerca italiana
e quella internazionale, si trova che, ad esempio nel campo delle
domande di brevetto internazionale, si va da una situazione di
debolezza nell'aerospazio (1.9% delle domande sulla media OCSE), ad una situazione di forza nei trasporti (5.5%), mentre
nel campo della ricerca accademica, si va da un minimo del 2.2%
nella biologia, ad un massimo del 3.3% nella matematica (cfr.
Rapporto Europeo sugli indicatori della Scienza e della Tecnologia,
1994).
La partecipazione della ricerca italiana
in ambito internazionale Nel panorama internazionale, la ricerca scientifica e tecnologica del nostro Paese si colloca in una posizione intermedia, con alcuni punti di indubbia forza e punti di minore competitività. Dati qualitativi sulla presenza di ricercatori italiani nelle maggiori istituzioni di ricerca europee e sul loro successo in termini di presenza scientifica anche a livello di posizioni di alta responsabilità nelle iniziative internazionali e nei migliori laboratori nazionali di altri Paesi, confermano che la qualità della nostra formazione di base e il suo confronto internazionale reggono alla prova della aumentata competitività nel sistema scientifico internazionale Definendo i parametri di riferimento sulla base degli indicatori medi OCSE, la ricerca scientifica e tecnologica del nostro Paese, dal punto di vista della qualità media, ha un livello di produttività confrontabile al suo livello di spesa: la spesa, sul totale OCSE, si attesta a circa il 3.4%, le pubblicazioni totali a circa il 3.0%, le domande di brevetto internazionale al 3.5% e l'export high-tech al 4.55% (dati '92/'93). Il confronto, anziché con le medie europee o OCSE, con i singoli Paesi più competitivi nel campo della ricerca e della tecnologia (Germania, Francia Regno Unito, nonché USA e Giappone), indica una forte debolezza strutturale della nostra ricerca, dovuta ad una molteplicità di fattori tra i quali certamente anche quelli relativi alla organizzazione, valutazione e gestione del sistema. Un elemento da segnalare è che l'Italia, nel 1994, ha acquistato ricerca dall'estero per circa 1.600 miliardi, mentre ha ricevuto contributi per la propria ricerca per 1.000 miliardi circa. Per quanto riguarda il confronto europeo e la partecipazione ai programmi quadro dell'Unione Europea, nell'arco temporale compreso tra il 1987 e il 1993, periodo di riferimento per l'attuazione del II e III programma quadro dell'Unione Europea, la partecipazione italiana ha conseguito mediamente il livello percentuale del 10%, rispetto al 20% della Francia, al 19% di Germania e Regno Unito. L'Olanda ha raggiunto l'8% e la Spagna il 6% (v. tabelle allegate). Nel IV programma quadro (1994-1998), che registra un allargamento degli Stati Membri dai precedenti 12 agli attuali 15, la partecipazione italiana (dati riferiti al 1996) si attesta su di un livello percentuale del 9,39%, contro il 19% della Germania, il 18% della Francia, il 17% del Regno Unito, l'8% dell'Olanda e il 5% della Spagna. Recenti dati (giugno 1997), comprensivi altresì di informazioni statistiche riguardanti i singoli programmi specifici, quali trasporti, tecnologie dell'informazione e della comunicazione e innovazione, non considerati nelle precedenti percentuali fornite, perchè appartenenti ad altri servizi della Commissione Europea (DG III, DG VII, DG XIII), segnalano un netto miglioramento nella partecipazione, che si colloca intorno all'11,80%. Se si tiene conto dell'effetto derivato dall'ingresso dei nuovi tre Paesi (Austria, Finlandia e Svezia) consistente nella riduzione della soglia di contribuzione della quota italiana all'Unione Europea, dal precedente 14% all'attuale 11,5%, il dato statistico sopra evidenziato può ritenersi senza altro migliorativo, oltre che soddisfacente. Il Ministero partecipa, altresì, ad alcune iniziative in sede multilaterale, tra cui le più rilevanti sono il CERN, l'EMBL ed EUREKA. Per quanto riguarda il CERN, Centro Europeo per la Ricerca Nucleare con sede a Ginevra, la contribuzione italiana per il 1997 è stata di circa 143 miliardi di lire, il 14,2% del totale, collocando l'Italia al 3° posto tra i contribuenti internazionali. Il personale italiano dipendente dal CERN è il 7,5% del totale, percentuale allineata a quella dei Paesi non ospitanti. Il ritorno in termini di commesse industriali nell'ultimo triennio è stato di circa il 90%, mentre il ritorno in termini di numero di utilizzatori è di circa il 20%. L'EMBL, Laboratorio Europeo di Biologia Molecolare con sede ad Heidelberg, promuove la cooperazione europea e la ricerca nel campo della biologia molecolare. La quota italiana di contribuzione è pari al 15,28% e ad oggi il ritorno economico non è soddisfacente. Si prevede che la situazione migliori attraverso il prossimo avvio, presso i laboratori CNR di Monterotondo, di un programma di ricerca finanziato dall'EMBL per circa 2 miliardi di lire all'anno. EUREKA è un'iniziativa internazionale di promozione e sostegno della ricerca scientifica e industriale, varata nel 1985 da 17 Paesi dell'Europa Occidentale il cui obiettivo generale è accrescere la produttività e la competitività dell'economia e delle industria europea sul mercato civile mondiale. Complessivamente l'Italia in una prospettiva di valutazione "storica" della partecipazione ad EUREKA (1985-1986), si colloca tra i Paesi più attivi con 185 progetti approvati, pari al 18,7% del totale, posizionandosi al 3° posto dopo Germania e Francia.
Un altro elemento, da considerarsi nel confronto
europeo, è quello delle grandi infrastrutture per la ricerca,
che nel nostro Paese, essendo di qualità e competitive,
anche sulla base del loro successo nel Programma-Quadro, saranno
potenziate con interventi di maggiore qualificazione e di internazionalizzazione.
Lo stato della valutazione e della prospezione
tecnologica in Italia Come è stato segnalato dal rapporto OCSE sulla politica scientifica e tecnologica (1992), manca in Italia qualsiasi attività sistematica di valutazione. Questa carenza è generalmente attribuita, da un lato, alla mancanza di una cultura della valutazione in senso ampio e, dall'altro, alla mancanza di definizione di obiettivi chiari soprattutto per quanto riguarda i programmi di ricerca e le politiche, ma, per molti aspetti, anche per quanto riguarda enti e istituti le cui attività nel tempo si sono talvolta allontanate dagli scopi previsti originariamente negli statuti. Di conseguenza non si sono sviluppate in misura sufficiente procedure di valutazione, valide sull'intero sistema, nè si sono create delle competenze professionali specifiche. A livello europeo, invece, le attività di valutazione hanno origini più differenziate e lontane, come indicano le esperienze di Francia, Germania e, soprattutto, Regno Unito. L'esperienza francese è notevolmente consolidata nel campo della valutazione della qualità della ricerca a livello di singolo individuo, e si è affinata in virtù di una politica di professionalizzazione della scienza perseguita dal CNRS sin dall'inizio degli anni '50. Le ulteriori modalità di valutazione, sviluppatesi successivamente, sono legate all'attività di due organi di supervisione: il Comitè National di Evaluation, per l'ambito universitario, e il Comitè National de Evaluation de la Recherche per le istituzioni e i progetti di ricerca finanziati nell'ambito del bilancio pubblico per la ricerca e lo sviluppo. In entrambi i casi l'attività di valutazione ha come obiettivo la valorizzazione del coinvolgimento dei soggetti in progetti di lungo periodo e funzione di supporto alle scelte strategiche che ne conseguono. La valutazione "accompagna" lo svolgersi dei progetti in un rapporto dialettico tra valutatore e valutato. La forte prevalenza in Germania di attività di ricerca svolta da centri di natura privata, diffusi sul territorio, connota l'esperienza tedesca in modo differente dalla precedente. L'attività di valutazione si è sviluppata, sin dagli anni '70, nell'ambito di programmi generali di sostegno alla R&S delle piccole e medie imprese, spostandosi poi progressivamente verso la valutazione di grandi progetti o programmi di ricerca. Conseguenza di questo approccio è l'ampio sviluppo di attività di valutazione di "breve periodo" e dell'attività di monitoraggio in itinere di progetti, a fronte di un più sporadico utilizzo di forme di valutazione "ex ante" e strategiche, più legate ad una attività di programmazione, e ad obiettivi tecnologici e scientifici di lungo periodo. L'attività è svolta in modo prevalente da enti ed istituti di ricerca esterni al sistema pubblico. L'esperienza inglese è più consolidata. Risale infatti al 1914 l'istituzione del Exchequer and Audit Department, avente l'incarico di rendere conto, dinanzi al Parlamento e ai cittadini, dell'utilizzo dei fondi pubblici. Da una prevalente funzione di "controllo" il sistema di valutazione inglese è passato nel corso del tempo, a strumento di supporto all'attività decisionale. Negli anni '70 viene introdotto il sistema PAR (Programme Analysis Review) con l'obiettivo di spostare l'attenzione sull'efficienza "interna" del progetto e sulle implicazioni strategiche a livello di politiche tecnologiche. All'inizio degli anni '80 si pose chiaramente il problema di fornire ai manager sia una chiara visione degli obiettivi che i mezzi per valutare e, dove possibile, misurare, l'output e la performance della spesa in relazione agli obiettivi individuati. Un passo decisivo verso l'introduzione della valutazione come strumento di politica tecnologica è stato rappresentato dalla creazione del Science and Technology Assessment Office che ha avuto il compito di stimolare ed assistere i diversi dipartimenti governativi nella creazione e messa in opera di sistemi di valutazione. L'opera dell' Assessment Office si è conclusa nei prima anni '90 ed oggi l'attività dei vari dipartimenti è supervisionata dall'Evaluation and Policy Improvement Committee (EPIC) In Europa, l'Italia è l'unico Paese a non avere esperienze pubbliche organiche di prospezione tecnologica. La definizione delle linee di sviluppo delle attività di ricerca e delle tecnologie più innovative e del loro rapporto con la domanda di ricerca è, dalla fine degli anni '80, uno dei nodi centrali delle politiche pubbliche di sostegno all'innovazione, soprattutto in seguito al ridimensionamento delle risorse dedicate al settore e alla conseguente necessità di razionalizzarne ed ottimizzarne l'utilizzo. La "prospezione tecnologica", è relativamente recente in Europa, e ha trovato la sua origine negli Stati Uniti ed in Giappone. Soprattutto in quest'ultimo Paese tale attività ha avuto uno sviluppo pluriennale, esplicandosi in una pluralità di metodologie. Sia a livello di Unione Europea che di paesi come la Francia e la Gran Bretagna, la definizione delle scelte inerenti la R&S è avvenuta anche a seguito della costruzione di scenari tecnologici e della identificazione di tecnologie chiave emergenti. Le diverse esperienze delineano procedimenti di progressiva definizione di ambiti tecnologici ritenuti prioritari, sia per il loro impatto sullo sviluppo economico nel suo complesso - misurato in termini di occupazione, reddito, competitività -, sia per la possibilità di generare a loro volta rilevanti progressi nello sviluppo della tecnologia. Rispondendo a un bisogno diffuso tra i paesi membri, la Commissione Europea ha promosso una rete europea di organismi che svolgono funzioni di technology assessment (rete ETAN) e ha costituito a Siviglia un Centro Comune di Ricerca specializzato nel settore della prospezione tecnologica. In Italia sono stati fatti alcuni interessanti esercizi di previsione tecnologica, al di fuori però di una logica organica e sistematica in grado di produrre effetti operativi nelle politiche di ricerca. Il Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica ha avviato una rilevazione dei bisogni tecnologici delle PMI (road map) che, con la collaborazione di alcuni istituti competenti, in alcune aree geografiche significative e per alcuni settori industriali specifici, fornirà indicazioni preziose per impostare un'attività continuativa di monitoraggio, estendibile a tutto il territorio nazionale e ad altri settori produttivi. .
Tabelle e grafici Nelle pagine che seguono sono raccolti grafici e tabelle che rappresentano un quadro dell'investimento italiano in Ricerca e Sviluppo. Le informazioni riportate sono tratte dal volumetto dell'ISRDS del CNR "Scienza e Tecnologia in cifre 1997'' e dal fascicolo "Compendio della Ricerca e Sviluppo'' pubblicato dall'AIRI nel maggio 1997.
I dati sono stati organizzati in tabelle e
grafici disposti secondo un criterio di progressiva decomposizione
delle informazioni. In questo modo molti grafici e tabelle mostrano
i dettagli e la composizione dei dati contenuti nelle tabelle
e nei grafici precedenti. A ogni tavola è associata una
didascalia nella quale vengono anche riportate le fonti.
1. La spesa per ricerca e sviluppo
2. La composizione della spesa per ricerca
e sviluppo Finanziatori
Esecutori
3. L'analisi della spesa per ricerca
e sviluppo
4. Altri indicatori
5. Le risorse umane
1. La spesa per ricerca e sviluppo
I dati che si riferiscono all'anno 1995 sono previsioni. Nota: Si osserva che la spesa per Ricerca e Sviluppo in Italia in percentuale di PIL è stata, nel 1994, circa la metà di quella francese e tedesca o americana, e poco più della metà di quella inglese.
Fonte: Ocse
Nota. La spesa per Ricerca e Sviluppo in rapporto al prodotto interno lordo in alcuni paesi dell'Ocse. I dati che si riferiscono all'anno 1995 sono previsioni.
Fonte: Ocse
(milioni di dollari USA a prezzi
1990)
Nota.La conversione in milioni di dollari USA a prezzi 1990 (mdu) è stata eseguita secondo le parità di potere di acquisto elaborate dall'Ocse.
Fonte: Elaborazione dell'Isrds su dati Ocse.
Nota: La spesa per Ricerca e Sviluppo negli anni '90 si è evoluta verso una effettiva riduzione. Fonte : Elaborazione dell'Isrds su dati Ocse.
2. La composizione della spesa per ricerca
e sviluppo Finanziatori
Spesa per Ricerca e Sviluppo, globale, nei principali paesi industrializzati per settore finanziatore (composizione percentuale). Nota: Sono comprese le spese per Ricerca e Sviluppo finanziate dal Paese verso l'estero.
Fonte: AIRI
Nota: per l'Italia l'impegno industriale è simile a quello della Francia e del Regno Unito, mentre in Europa il più elevato è quello tedesco
Fonte AIRI.
milioni di lire
percentuale
(a)=previsioni. Nota: in questi dati (intra muros) non sono considerate le spese di ricerca all'estero
Fonte: AIRI
La composizione percentuale della Spesa per Ricerca e Sviluppo in italia "intra muros", per fonte di finanziamento anno 1994.
Fonte: Istat
Esecutori
Nota: anno 1994 (a)= compreso in altra voce. Fonte: AIRI
Nota: anno 1994 (composizione percentuale).
Fonte: AIRI
milioni di lire
Nota: L'Italia ha speso nel 1996 all'estero circa 1700 miliardi per Ricerca e Sviluppo
Fonte: AIRI
La spesa per Ricerca e Sviluppo per fonte di finanziamento e settore di esecuzione in Italia nell'anno 1994.
Fonte: Istat
Composizione percentuale della spesa globale per Ricerca e Sviluppo in Italia nell'anno 1994.
Fonte: AIRI
La composizione percentuale della spesa per Ricerca e Sviluppo in Italia "intra muros" nell'anno 1994.
Fonte:Istat
3. L'analisi della spesa per ricerca
e sviluppo
(a) = escluse le Università Nota: Piemonte, Lombardia e Lazio assorbono il 70% delle spese in Ricerca.
Fonte: AIRI
Fonte: elaborazione su dati IRSDS-CNR
Fonte: elaborazione su dati IRSDS-CNR
Nota: Nel 1994 le imprese italiane hanno contribuito alla Ricerca e Sviluppo per la propria attività in percentuale più di quelle francesi statunitensi e del Regno Unito.
Fonte: AIRI
4. Altri indicatori
Fonte Elaborazione dell'ISRDS-CNR su
dati UIC
Nota: Se consideriamo l'investimento globale in Ricerca e Sviluppo per ogni Paese e lo rapportiamo alle rispettive domande di brevetto otteniamo il seguente "costo globale per brevetto" (in milioni di dollari USA, mdu): Italia 4,5 mdu, Francia 4,6 mdu, Germania 2,6 mdu, Regno Unito 4,6 mdu. In Europa l'Italia ha una produttività globale di brevetti in funzione della spesa con un indice pari a Francia e Regno Unito. Solo in Germania la produttività è quasi doppia.
Fonte: elaborazione su dati dell'Ufficio
Europeo dei Brevetti.
Nota: si osserva che poco più della metà delle domande di brevetto italiane vengono accettate.
Fonte: Ufficio Europeo dei Brevetti.
Fonte: National Science Foundation,
USA.
5. Le risorse umane
Personale addetto alla Ricerca e Sviluppo, globale, per principali Paesi industrializzati in unità equivalente a tempo pieno
Nota. Nell'istogramma sono rappresentati i dati dell'anno 1993.
Fonte: AIRI
Personale addetto alla Ricerca e Sviluppo , ricercatori (o laureati), per i principali Paesi industrializzati in unità equivalente a tempo pieno
Nota. Nell'istogramma vengono confrontati i dati dell'anno 1993.
Fonte: AIRI
Il personale di ricerca per qualifica, titolo di studio e settore di impiego in Italia (1994).
Nota.Nell'istogramma è rappresentata la composizione percentuale nell'anno 1994.
Fonte: Elaborazione dell'Isrds-Cnr su
dati Istat
Nota: Nella voce "Altri" sono comprese le seguenti figure professionali: professori a contratto, esperti e collaboratori linguistici, contrattisti.
Fonte: Elaborazione dell'Isrds-Cnr su
dati Istat.
(*): Stazioni sperimentali dell'industria e istituti sperimentali agrari.
Fonte: elaborazione dell'Isrds-Cnr su
dati delle singole amministrazioni.
Nota. In unità equivalente a tempo pieno e incidenza percentuale su totale nazionale.
Fonte: AIRI
I PRINCIPALI SOGGETTI PUBBLICI DELLA
RICERCA IN ITALIA
Tipologia e classificazione Nel 1980, con l'articolo 63 del D.P.R. n. 382, si tentò di realizzare uno strumento che, nel medio periodo, agevolasse un processo di cooperazione fra gli organi competenti nel campo del finanziamento della ricerca scientifica, attraverso la realizzazione di un'Anagrafe delle Ricerche. Il terzo comma di detto articolo prevedeva infatti l'istituzione di una Anagrafe nazionale delle ricerche "al fine di evitare ogni superflua duplicazione e sovrapposizione di strutture e finanziamenti". Si creavano le premesse per una più consapevole e documentata valutazione dei vari progetti e si permetteva agli enti erogatori di effettuare un efficace controllo nei riguardi delle duplicazioni evidentemente artificiali, "superflue". Lo stato dell'Anagrafe non è soddisfacente ed essa va rapidamente rivista nell'impianto e aggiornata nei dati - per altro cospicui - in modo da renderla entro il 1998 consultabile direttamente per via elettronica.
Il panorama dei soggetti che a vario titolo
svolgono nel nostro paese attività di ricerca è
assai variegato. In tale contesto occorre considerare le università,
definite dal D.P.R. 382 del 1980 come sedi primarie della ricerca
scientifica. Gli aspetti fondamentali della ricerca scientifica
universitaria sono i seguenti: - ampia autonomia e pluridisciplinarietà della ricerca, nell'ambito dell'autonomia statutaria e regolamentare dell'università e in connessione alla libertà di insegnamento dei professori universitari e dei ricercatori; - finanziamento della ricerca con una quota per ateneo e con un ulteriore importo da assegnare a progetti di ricerca di interesse nazionale e di rilevante interesse per lo sviluppo della scienza; - possibilità di svolgere attività di ricerca in conto terzi;
- costituzione di strutture dipartimentali
per l'organizzazione e il coordinamento dell'attività di
ricerca.
Nel contesto di una tipologia e classificazione
degli organismi di ricerca sono quindi da indicare i consorzi
interuniversitari nazionali (44) e i centri interuniversitari
nazionali e internazionali (152). I centri e i consorzi sono costituiti,
ai sensi dell'articolo 91 del D.P.R. 382 del 1980, tramite convenzione
tra le università interessate, quali strumenti di collaborazione
scientifica, ovvero sedi di servizi scientifici utilizzati da
più università. Con riferimento agli Enti di ricerca possiamo individuare alcuni elementi chiave per definire una loro tipologia e classificazione. Il primo elemento è sicuramente quello funzionale, ossia l'individuazione di quegli Enti che svolgono esclusivamente, o prevalentemente, attività di ricerca. Tale individuazione non si presenta sempre agevole: infatti molti soggetti pubblici e privati svolgono spesso contestualmente una serie di funzioni, correlate ma non identificabili nella ricerca intesa come attività preordinata all'avanzamento delle conoscenze. Si tratta di funzioni relative alla consulenza ed alla valutazione tecnico scientifica, alla normazione tecnica, alla raccolta ed elaborazione di dati, al monitoraggio, all'assistenza ed alla formazione, alla prova di materiali, all'organizzazione di eventi ed alla diffusione della cultura scientifica. Dal punto di vista degli enti e delle amministrazioni pubbliche, si sono determinate sul piano giuridico alcune classificazioni rilevanti per definire la normativa di riferimento sotto il profilo amministrativo e contabile e finanziario e per il trattamento del personale. Da questo punto di vista, la legge n. 70 del 1975 sul riordino degli enti pubblici non economici aveva raggruppato gli enti di ricerca (con esclusione delle università e degli osservatori astronomici, astrofisici e vesuviano) nella tabella n. 6. Successivamente tale classificazione è stata ampliata e, a seguito della legge quadro sul pubblico impiego, con il più recente D.P.C.M. 30 dicembre 1993, n. 593 si è costituito il comparto degli enti di ricerca, nel quale sono inseriti 57 enti, per i quali si è ritenuto di individuare come attività prevalente la ricerca. A tali enti occorre sicuramente aggiungere l'ENEA, che non e soggetto alla legge quadro sul pubblico impiego, e l'ASI. Per quanto riguarda la forma giuridica dei soggetti ricompresi nel comparto ricerca, nonchè dell'ENEA e dell'ASI possiamo distinguere: a) organi, uffici e servizi (denominati anche centri o istituti) dei Ministeri o di altre pubbliche amministrazioni, i quali non hanno una personalità giuridica distinta dai ministeri o dalle amministrazioni di riferimento, bensì godono di forme più o meno accentuate di autonomia amministrativa, organizzativa e contabile;
b) enti pubblici di ricerca o agenzie, con
propria personalità giuridica di diritto pubblico, disciplinati
da leggi specifiche (che dispongono di margini più o meno
ampi di autonomia amministrativa contabile e finanziaria), vigilati
da un Ministero. Con riferimento alle funzioni, acquista rilievo il legame con i diversi Ministeri di cui i soggetti compresi nel comparto ricerca costituiscono uffici o servizi ovvero da cui sono vigilati. Da questo punto di vista emerge la specificità del campo di ricerca e il grado di autonomia nello svolgere le proprie attività. Mentre per i soggetti di cui alle lettere a) e b), vigilati o inseriti in Ministeri diversi dal MURST, si può evidenziare un campo di attività analogo a quello dell'amministrazione che li comprende o che li vigila, per quanto concerne gli enti e gli organismi vigilati dal MURST si evidenzia un ampio spettro disciplinare e un più spiccato carattere di autonomia. Al riguardo si può quindi ricordare che, nell'ambito del comparto ricerca e fra gli enti e gli organismi vigilati dal MURST, la legge n. 168 del 1989 ha posto alcuni principi generali sull'attività degli enti di ricerca, attribuendo autonomia scientifica, organizzativa finanziaria e contabile agli enti cosidetti a carattere non strumentale.
Questi enti sono stati così definiti
dalla commissione di studio presieduta dal Prof. Massimo Severo
Giannini: "L'attività di ricerca deve essere volta
all'avanzamento delle conoscenze in un settore disciplinare o
per un tema specifico. L'attività è organizzata
dalla stessa comunità scientifica e svolta da personale
che esercita in prevalenza attività di ricerca; l'attività
è promossa o finanziata non in rapporto a specifiche ricadute
o vantaggi. Si ha ricerca pubblica non strumentale, pertanto,
quando l'intervento pubblico, sia esso di diretta organizzazione
di strutture scientifiche o di promozione, appare volto a garantire
che la ricerca sia svolta o si sviluppi in quanto tale".
Sulla base di tale definizione, con la legge n. 168 del 1989 e successivi provvedimenti sono stati individuati 10 enti non strumentali, nell'ambito del comparto ricerca e fra quelli vigilati dal MURST, cui si aggiungono gli osservatori, astrofisici e vesuviano, i quali, a differenza di tutti gli altri enti di ricerca, sono disciplinati da una normativa simile a quella universitaria. Le tipologie e le classificazioni finora indicate sono comunque insufficienti a rappresentare l'universo dei soggetti che svolgono attività di ricerca. Vanno pertanto integrate tenendo conto: - di altri enti, uffici o servizi che pur non rientrando nel comparto ricerca svolgono quanto meno parzialmente attività di ricerca.Si pensi ad esempio all'Agenzia nazionale per l'ambiente, agli enti vigilati dal ministero della pubblica istruzione (biblioteca di documentazione pedagogica, IRRSAE e CEDE), ai centri tecnici del Ministero della difesa e del Ministero dei trasporti, ad enti del comparto sanitario che svolgono congiuntamente attività di ricerca e di assistenza (istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, istituti zooprofilattici sperimentali), agli istituti centrali del Ministero per i beni culturali ed ambientali, al Centro Sperimentale di Cinematografia, vigilato dalla Presidenza del Consiglio, ai Servizi Tecnici Nazionali istituiti dalla legge sulla difesa del suolo; - di enti con personalità giuridica di diritto pubblico, definiti spesso minori, in quanto incidono marginalmente sul bilancio pubblico; - di numerose associazioni e fondazioni di diritto privato, per lo più riconosciute e in qualche caso erette in ente morale, finanziate e vigilate dai Ministeri;
- di consorzi o società per azioni
tra i soggetti prima indicati ed altri pubblici e privati per
la gestione di infrastrutture e di parchi scientifici. Il gruppo di lavoro costituito a seguito del D.P.C.M. 18 novembre 1996, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha quindi provveduto ad un censimento che tenesse conto di tali necessarie integrazioni, senza pretesa di esaustività. In allegato sono quindi presentate le tabelle relative agli enti non strumentali e a quella degli enti del comparto ricerca, nonchè al predetto censimento articolato per Ministero di riferimento e secondo i parametri individuati (organo dello Stato/ente pubblico di ricerca/ente non strumentale/ente del comparto ricerca/ente di altri comparti/organismo internazionale/associazione o fondazione/consorzio o società) con le seguenti specificazioni: - per organi o servizi della P.A. si intendono quei soggetti che sono parte integrante dei Ministeri con personalità giuridica a parte; - per ente pubblico di ricerca o agenzia, quei soggetti con personalità giuridica come enti o agenzie censiti dal gruppo di lavoro in quanto svolgono attività di ricerca; - per enti non strumentali, quelli individuati come tali dalle leggi n. 168/89, dal D.P.R. 5.8.1991 o da altre leggi ad hoc; - per enti del comparto ricerca, quelli inseriti nel predetto comparto ai sensi del D.P.C.M. n. 593/93; - per enti di altri comparti, quelli inseriti in altri comparti di contrattazione collettiva;
- per associazioni e fondazioni, quei soggetti
con tale forma giuridica, riconosciuti e spesso eretti in ente
morale.
Seguono le specificazioni relative agli organismi
scientifici dipendenti da organismi internazionali ed i consorzi
o società di gestione di infrastrutture (scientifiche)
o di parchi scientifici. Si può notare da tali tabelle
come la classificazione del gruppo di lavoro del D.P.C.M. abbia
seguito un criterio empirico e sostanziale, cercando di sottolineare
la concreta attività di ricerca di alcuni soggetti al di
là di altre tipologie. Inoltre va evidenziato come alcune
classificazioni non sono del tutto congruenti l'una con l'altra:
non tutti gli enti non strumentali sono compresi nel comparto
ricerca; non tutti gli enti del comparto ricerca sono soggetti
con propria personalità giuridica; vi è una presenza
interessante di soggetti privati (associazioni e fondazioni).
CENSIMENTO E CLASSIFICAZIONE DEI
PRINCIPALI ORGANISMI DI RICERCA (GRUPPO
DI LAVORO ISTITUITO CON D.P.C.M. 18 Novembre 1996)
NOTE (1) Istituito con legge in corso di pubblicazione. (2) L'ASI non è inserita nei comparti di cui al D.P.C.M. 593/93; al personale a tempo indeterminato si applica il contratto degli enti di ricerca. (3) E' un soggetto privato che opera per conto delle ferrovie dello Stato S.p.A. (4) L'ENEA non è compreso nei comparti di contrattazione collettiva, in quanto è escluso dalla applicazione della legge quadro sul pubblico impiego.
(5) L'inserimento del CISAM e
di MARITELERADAR nel comparto ricerca era previsto dal DPCM 593/93
ma non è ancora operativo.
ALLEGATO. Elenco di alcuni enti di ricerca
di cui alla tabella precedente:
OSSERVATORI ASTRONOMICI, ASTROFISICI E VESUVIANO:
- Osservatorio Astrofisico di Arcetri - Osservatorio Astrofisico di Catania - Osservatorio Astronomico di Bologna - Osservatorio Astronomico di Brera - Osservatorio Astronomico di Capodimonte (OAC) - Osservatorio Astronomico di Collurania "V. Cerulli" (OACT) - Osservatorio Astronomico di Padova - Osservatorio Astronomico di Palermo - Osservatorio Astronomico di Roma (OAR) - Osservatorio Astronomico di Torino (OATO) - Osservatorio Astronomico di Trieste - Osservatorio Vesuviano
- Stazione Astronomica Internazionale di Latitudine
- Osservatorio Astronomico di Cagliari ISTITUTI SPERIMENTALI DI RICERCA
(Ministero delle Politiche Agricole): - Istituto sperimentale agronomico per l'agrumicoltura - Istituto sperimentale per l'assestamento forestale e l'alpicolture - Istituto sperimentale per cerealicoltura - Istituto sperimentale per le colture foraggere - Istituto sperimentale per le colture industriali - Istituto sperimentale per l'elaiotecnica - Istituto sperimentale per l'enologia - Istituto sperimentale per la floricoltura - Istituto sperimentale per la frutticoltura - Istituto sperimentale lattiero-caseario - Istituto sperimentale per la meccanizzazione agricola - Istituto sperimentale per la nutrizione delle piante - Istituto sperimentale per l'olivicoltura - Istituto sperimentale per l'orticoltura - Istituto sperimentale per la patologia vegetale - Istituto sperimentale per la selvicoltura - Istituto sperimentale per lo studio e la difesa del suolo - Istituto sperimentale per il tabacco - Istituto sperimentale per la valorizzazione tecnologica dei prodotti agricoli - Istituto sperimentale per la viticoltura - Istituto sperimentale per la zoologia agraria
- Istituto sperimentale per la zootecnia ISTITUTI ZOOPROFILATTICI SPERIMENTALI
(Ministero della sanità): - Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell'Umbria e delle Marche - Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell'Emilia - Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Puglia e della Basilicata - Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie - Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia - Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno - Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana - Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sardegna - Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell'Abruzzo e del Molise
- Istituto Zooprofilattico Sperimentale del
Piemonte, della Liguria, della Valle d'Aosta ISTITUTI DI RICOVERO E CURA A CARATTERE SCIENTIFICO PUBBLICI
(Ministero della sanità): - Centro riferimento oncologico - Aviano (PN) - Istituti fisioterapici ospitalieri - Roma - Istituto "Fondazione Pascale" - Napoli - Istituto gastroentorologico "S. De Bellis" - Castellana Grotte (BA) - Istituto "Giannina Gaslini" - Genova - Istituto nazionale per la ricerca sul canco - Genova - Istituto nazionale per lo studio e la cura dei tumori - Milano - Istituto nazionale riposo e cura per gli anziani I.N.R.C.A. - Ancona - Istituto Neurologico "Carlo Besta" - Milano - Istituto Ortopedico Rizzoli - Bologna - Istituto per l'infanzia "Burlo Garofolo" - Trieste - Ospedale Maggiore - Milano - Ospedale Oncologico - Bari - Policlinico "San Matteo" - Pavia
- Azienda Ospedaliera "L: Spallanzani"
- Roma
ISTITUTI DI RICOVERO E CURA A CARATTERE
SCIENTIFICO PRIVATI: - Casa Sollievo della Sofferenza - S. Giovanni Rotondo (FG) - Centro Auxiologico Piancavallo - Milano - Centro Cardiologico Fondazione Italo Monzino - Milano - Centro Eugenio Medea - Ponte Lambro (CO) - Centro Residenziale Clinica S. Lucia - Roma - Centro San Giovanni di Dio Fatebenefratelli- Brescia - Fondazione Casimiro Mondino - Pavia - Fondazione Salvatore Maugeri - Pavia - Fondazione Centro S. Raffaele del Monte Tabor - Milano - Fondazione Stella Maris - San Miniato - Pisa - Istituto Dermopatico dell'Immacolata - Roma - Istituto Europeo di oncologia - Milano - Istituto Sanatrix - Pozzilli (IS) - Oasi di Maria Santissima - Troina (EN) - Ospedale Bambin Gesù - Roma
- Santa Maria Nascente Fondazione Don Gnocchi
- Milano STAZIONI SPERIMENTALI
(Ministero dell'industria del commercio
e dell'artigianato): - Stazioni sperimentali per il vetro per la cellulosa per la seta per la concia delle pelli per i combustibili per l'industria degli oli e dei grassi per l'industria delle conserve alimentari
per l'industria delle essenze e dei derivati
dagli agrumi
ATTO DI RICONOSCIMENTO DEGLI
ENTI DI RICERCA A CARATTERE NON STRUMENTALE (art. 8 L. 168/89) Consiglio Nazionale delle Ricerche Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN)
Osservatori astronomici, astrofisici e vesuviano
(D.P.R. 5 agosto 1991) Istituto elettrotecnico nazionale "Galileo Ferraris" Istituto nazionale di geofisica Istituto nazionale di ottica Stazione zoologica "A. Dohrn"
Istituto papirologico "G. Vitelli"
(L. 30 /11/1989 n. 399)
Osservatorio geofisico sperimentale di Trieste
(L. 11/02/1992, n. 153) Istituto nazionale di alta matematica
"Francesco Severi" (D. lgs. 30/06/1994, n. 506)
Istituto nazionale per la fisica della materia
(INFM) SOGGETTI COMPRESI NEL COMPARTO RICERCA
(da G. Cecora, "Il personale degli
enti di ricerca" ARAN-documenti di lavoro) Consiglio nazionale delle ricerche Istituto nazionale di fisica nucleare Osservatorio geofisico sperimentale Istituto elettronico nazionale "Galileo Ferraris" Istituto nazionale di geofisica Istituto nazionale di ottica Stazione zoologica "A. Dohrn" Istituto papirologico "G. Vitelli" Istituto nazionale di statistica Istituto nazionale per lo studio della congiuntura Istituto di studi per la programmazione economica Ente nazionale delle sementi elette Istituto nazionale per la fauna selvatica Istituto nazionale di economia agraria Istituto nazionale per la nutrizione Istituti di ricerca e sperimentazione agraria (23) Stazioni sperimentali per l'industria (8) Istituto nazionale per studi ed esperienze di architettura navale Istituto nazionale di fisica della materia Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare Istituto nazionale di Alta Matematica Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro Istituto Superiore di Sanità Istituto Italiano di Medicina sociale Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori Centro interforze studi per le applicazioni militari(CISAM) Istituto per le telecomunicazioni e l'elettronica (MARITELERADAR)
Area di ricerca di Trieste
(1) L'Istituto
è considerato far parte del comparto a seguito del suo
riconoscimento come ente non strumentale. LE FUNZIONI NECESSARIE PER UNO NUOVO SISTEMA
INTEGRATO DELLA RICERCA La ricerca scientifica e tecnologica sviluppata ed utilizzata nella realtà del nostro Paese costituisce un patrimonio di notevole rilevanza che presenta punte di sicura eccellenza e una qualità del capitale umano di grande significatività. Manifesta, allo stesso tempo, come si evince dai dati presentati e dalle analisi fino a questo punto svolte, problemi e distorsioni che ne penalizzano il funzionamento e ne limitano l'impatto sulla società e sulle scelte strategiche del Paese.
E' necessario avviare un'ampia opera di razionalizzazione e di revisione dell'esistente, volta a qualificare la spesa, privilegiando la qualità, il merito e l'efficacia delle azioni. In parallelo, è impegno del Governo affrontare progressivamente il problema della carenza di finanziamenti e di personale di ricerca, che va affrontato e risolto attraverso il concorso di tutte le diverse componenti, pubbliche e private, per avvicinarsi all'obiettivo della media europea, sottoscritto concordemente tra Governo e forze sociali nello scorso settembre. In analogia agli altri paesi avanzati, bisogna nei fatti realizzare un vero e proprio "sistema nazionale della ricerca e dell'innovazione" - inteso come insieme integrato di competenze, interessi, strutture e organizzazione - partendo dall'analisi dei punti di crisi interni che, sono essenzialmente:
Un ulteriore e rilevante elemento di crisi è costituito dal permanere, anche nel Sistema Ricerca e Innovazione, dello squilibrio territoriale tra il Sud e il Centro-Nord del Paese. Ciò testimonia l'inadeguatezza delle politiche di interventi straordinari e la necessità del ricorso ad una politica di riequilibrio attraverso strumenti di razionalizzazione, riqualificazione della spesa e concentrazione degli interventi, valorizzando le realtà di eccellenza presenti nel Mezzogiorno d'Italia e integrandole nel sistema nazionale e internazionale.
Il Governo ha già incominciato ad operare
in questa direzione, riducendo lo squilibrio della spesa per ricerca
tra Nord e Sud.
Valorizzazione e integrazione dei soggetti
Anche in Italia, come in tutti i sistemi scientifici dei paesi industrializzati, università, enti e imprese sono gli attori della ricerca, anche se su piani e con finalità diverse: a tali attori ci si riferisce spesso come alle tre reti della ricerca, benchè, nell'ambito di ciascuna di esse, il grado di interconnessione e di possibile e auspicabile coordinamento sia molto diverso. La ricerca universitaria ha la funzione di attuare il progresso della conoscenza scientifica, anche in relazione al compito primario di alta formazione dei diplomati, dei laureati, degli specializzati e dei dottori di ricerca. Essa non può, dunque, che essere autoprogrammata, e come tale libera, essenzialmente ma non esclusivamente di base. La ricerca universitaria viene generalmente condotta in modo autonomo dai ricercatori, che scelgono temi e obiettivi e si associano, quando necessario, in piccoli gruppi. Non è organizzata, pertanto, in una rete in senso stretto; per poter essere strutturato a rete, il sistema universitario delle autonomie necessita di opportunità e incentivi. Le nuove modalità di finanziamento dei fondi per progetti di rilevante interesse generale (ex 40%), le crescenti cooperazioni finalizzate ai corsi di dottorato e, soprattutto, lo sviluppo e il consolidamento di numerosi consorzi interuniversitari tematici (come Biotecnologia, Chimica dei Materiali, Chimica per l'Ambiente, Scienze del Mare, Tecnologie dell'Informazione, etc.), costituiscono un significativo punto di partenza per una più forte strutturazione a rete. Gli enti e le istituzioni pubbliche a cui sono affidate una o più missioni scientifiche in settori e attività di interesse nazionale, hanno il compito di garantire competitività scientifica, di portare avanti temi prioritari per il Paese e di rispondere alla domanda di ricerca di base, orientata e applicata, espressa o latente, dei diversi soggetti economici e sociali, pubblici e privati. Per tale compito, da perseguirsi anche in relazione ai programmi di cooperazione internazionale, essi devono svolgere prioritariamente ricerca di natura programmata e per essi un'organizzazione a rete viene riconosciuta come una necessità inderogabile. Tale rete dovrebbe essere opportunamente integrata e gestita in modo da evitare duplicazioni di sforzi, permettere la concentrazione di mezzi sufficienti per operare con efficacia sui temi prescelti, garantire tutte le competenze per sostenere le scelte del Paese. Il terzo attore della ricerca, rivolto essenzialmente all'applicazione delle conoscenze scientifiche e tecnologiche per lo sviluppo economico, è rappresentato dall'insieme dei centri e dei laboratori delle imprese. Questo attore svolge sia ricerca in proprio, sia ricerca presso terzi, attraverso opportune collaborazioni e commesse. Non si tratta di una rete, ovvero di un sistema integrato ed interconnesso, in quanto questa ricerca risponde alle indicazioni strategiche delle singole imprese e alle loro esigenze di competitività nei confronti dei concorrenti nazionali ed internazionali. La prospettiva di una migliore integrazione tra le imprese si fonda su una maggiore cooperazione nella fase di ricerca precompetitiva e sulle modalità di sostegno pubblico al concorso dei diversi soggetti a progetti e programmi di rilevanza industriale e di interesse generale. I laboratori e le imprese industriali, infatti, quando divengono parte di un disegno complessivo di settore o di filiera tecnologica o territoriale, assommano alla capacità di attuare ricerche di interesse aziendale e, come tali sottoposte alle regole e ai meccanismi del mercato, attività di interesse generale del Paese, su risorse pubbliche mirate.
L'obiettivo della riforma è, quello
di valorizzare le competenze e il ruolo di ciascuna tipologia
di soggetti, aumentandone l'efficienza e l'efficacia delle azioni
e, comporli a sistema, creando le condizioni e gli strumenti per
realizzare relazioni integrate stabili tra essi. Tutto in un quadro
di crescente autonomia e responsabilizzazione.
Valutazione Anche se può apparire contraddittorio con un approccio cronologico del processo di riordino, il Governo ritiene che, per indurre comportamenti virtuosi e per riqualificare il sistema, occorre procedere prima di tutto all'istituzione di un sistema articolato di valutazione. Si tratta di valutare, da un lato, l'efficienza amministrativa e gestionale dell'impresa scientifica (auditing), e, dall'altro, la qualità della ricerca, tenendo conto della peculiarità dei soggetti e delle attività e, inoltre delle difficoltà connesse alla stima della bontà e significatività del prodotto. La domanda di valutazione del sistema corrisponde a due distinte esigenze: acquisire tutti gli elementi utili per consentire trasparenza e qualità nel processo di riordino, fornendo ai decisori la base conoscitiva per decidere; introdurre criteri di autoregolazione nel sistema scientifico, direttamente corrispondenti al grado di autonomia e responsabilizzazione connaturato al lavoro e all'organizzazione della ricerca. Su questi presupposti si interverrà per introdurre una "cultura della valutazione", promuovendo metodi ed esperienze, diffondendo i risultati di successo, accrescendo le competenze medie e il numero degli esperti di settore.
Per poter realizzare un sistema nazionale
di valutazione si costruiranno le condizioni di contesto, corrispondenti
a:
Da un punto di vista strutturale, e in analogia con i modelli operanti in altri sistemi scientifici europei, la valutazione sarà articolata su due livelli: - a livello di singola istituzione, attraverso propri nuclei/osservatori per la valutazione, deputati alla raccolta e al coordinamento delle informazioni necessarie all'espletamento dei compiti istituzionali, ed operanti attraverso il concorso di panel esterni di valutatori, in analogia a quanto già sperimentato dall'INFN;
- a livello centrale, attraverso un organismo
autonomo e indipendente, con il compito di promuovere la qualità
e l'aggiornamento delle procedure di valutazione, con l'adeguamento
agli standard europei e nella prospettiva di una convergenza verso
un sistema integrato comune con gli altri paesi dell'Unione. In
attesa che il nuovo organismo diventi effettivamente operativo,
il Murst, per attivare subito i processi di valutazione, farà
ricorso a misure e strutture competenti, anche esterne.
Monitoraggio, previsione e prospezione Il supporto tecnico al processo decisionale sarà assicurato da un sistema articolato e ampio di raccolta delle informazioni finalizzato allo specifico obiettivo del monitoraggio, che, a partire dall'esperienza non soddisfacente dell'Anagrafe della Ricerca e da quanto avviato con l'Osservatorio sul sistema universitario definito dalla Legge n. 537/93, possa fornire le informazioni parametrabili necessarie sui soggetti impiegati nelle azioni scientifiche e tecnologiche, i programmi e la capacità di offerta e domanda del sistema paese e la dimensione quantitativa e qualitativa delle attività.
Sarà inoltre introdotta nell'architettura
del sistema la funzione di previsione e prospezione tecnologica,
da esplicarsi anche in collegamento con le iniziative messe a
punto dall'Unione Europea, attraverso la quale sia possibile identificare
famiglie di tecnologie emergenti, con attenzione alla loro diffusività
e incorporabilità da parte del sistema produttivo nazionale.
Programmazione e meccanismi di finanziamento
I suggerimenti e le indicazioni desumibili dall'attività di monitoraggio e di previsione oltre che della valutazione ex post sono alla base delle scelte connesse all'azione di programmazione degli interventi. Lo strumento fondamentale per progettare il percorso tra l'individuazione degli obiettivi e la realizzazione dei risultati sulla base delle risorse impiegabili, sarà la definizione di un Programma Quadro Nazionale per la ricerca e l'innovazione, di durata pluriennale, che assorba e superi lo strumento del Piano triennale individuato dalla Legge n. 168/89, mancante degli elementi necessari per vincolare le scelte al raggiungimento degli obiettivi. Un'ulteriore strumento di coordinamento e programmazione è la proposta di istituire un Fondo Integrativo per interventi di rilevanza nazionale nel settore della ricerca e della tecnologia, che sia in grado di indirizzare risorse addizionali (e come tali, ad alto valore aggiunto) su obiettivi strategici e coordinati tra le varie amministrazioni.
Per una più efficace utilizzazione
del Fondo è opportuno che ogni Ministero definisca un unico
capitolo di bilancio per la ricerca sotto responsabilità
dirigenziali precise. Il bilancio complessivo che ne scaturirà
- ancorchè virtuale - consentirà di meglio indirizzare
le risorse in modo da determinare un equilibrio tra sostentamento
delle istituzioni e loro attività. Da un punto di vista schematico, il finanziamento dei diversi soggetti e delle loro attività consentirà un intreccio tra tre distinte esigenze, quali:
Si procederà ad una razionalizzazione
e semplificazione della pluralità di strumenti di finanziamento
oggi attivi, in modo da ricondurli a tre canali principali:
Le diverse componenti del sistema sono coinvolte
in misura differenziata dentro queste modalità di finanziamento;
alla prima accederanno solo i soggetti destinatari di un ruolo
pubblico, mentre tutti potranno concorrere alla seconda e alla
terza, anche sulla base della richiesta di un contributo partecipativo
(cofinanziamento) da parte dei beneficiari. Saranno in ogni caso
incentivate le attività coordinate tra i vari soggetti.
Formazione per la ricerca Nella società della conoscenza e dell'apprendimento è sempre più strategico qualificare con processi formativi il capitale umano e impiegarlo nei processi produttivi e nei servizi. In questa direzione saranno anche rivisti i modelli di alta formazione e di avvio al lavoro scientifico, estendendo sia la partecipazione all'offerta dei corsi di dottorato che il bacino di impiego dei dottori di ricerca, con una maggiore partecipazione delle diverse componenti del sistema scientifico e tecnologico nazionale. Il dottorato di ricerca, oltre a costituire il canale privilegiato di formazione per la ricerca pubblica e privata dovrebbe, come avviene nei Paesi più industrializzati essere il canale per una formazione di alto livello, spendibile anche sul piano professionale e non soltanto accademico. L'esperienza acquisita in Italia dopo oltre dieci anni durante i quali tale livello di formazione si é sviluppato, consente di rilevare che esso si é focalizzato (peraltro con ottimo livello formativo) solo sull'obiettivo della formazione della ricerca pubblica e in particolare quella universitaria, mentre sono rimasti marginali gli effetti e gli inserimenti sia verso la ricerca privata sia verso la pubblica amministrazione, il mondo produttivo e dei servizi. Partendo da questa realtà il MURST ha già avviato un'azione di riforma di questo settore sia nella proposta di DDL sul reclutamento attualmente in discussione in Parlamento, sia attraverso la L.127/97 che contiene norme sull'autonomia didattica. La collaborazione con il mondo esterno all'Università è particolarmente importante proprio per orientare i corsi di dottorato non solo verso le necessità della ricerca pubblica che costituiscono uno sbocco quantitativamente limitato (20%), ma soprattutto verso la necessità dell'industria e del terziario, che costituisce lo sbocco predominante (80%).
Per quanto riguarda in particolare le imprese,
occorre che esse, siano chiamate a contribuire agli indirizzi
del dottorato e alla valutazione dei suoi risultati. Ciò
consentirà un più efficace utilizzo da parte delle
imprese delle misure specifiche contenute nella Legge 196/97 sull'occupazione
che prevede incentivi alle PMI che assumono dottori di ricerca.
Diffusione della cultura scientifica L'opportunità di una forte intensificazione e qualificazione delle iniziative per favorire una incisiva diffusione della cultura scientifica nel nostro Paese è suggerita da una serie di valutazioni di ordine culturale e civile, oltre che dall'opportunità di conferire sostegno alle strategie per un migliore ricerca e per uno sviluppo sostenibile. Sul piano squisitamente culturale, appare indispensabile riaffermare il valore non puramente strumentale della ricerca scientifica, ribadendone il carattere di componente essenziale del dibattito culturale generale. In primo luogo, occorre far maturare nei cittadini la piena consapevolezza circa la rilevanza dell'investimento nella ricerca scientifica e tecnologica, che, per sua natura è investimento di lungo periodo e ad alto rischio. In secondo luogo, in un sistema democratico maturo i cittadini devono disporre della necessaria capacità di giudizio relativa a problematiche che implicano valutazioni di tipo etico-tecnico-scientifico e destinate a produrre effetti anche sul sistema economico e produttivo. Basterebbe, a questo proposito, ricordare le intense discussioni e i dilemmi cruciali negli ultimi anni sulle questioni dell'equilibrio ambientale, sulle problematiche delle bio-tecnologie e dell'ingegneria genetica, sulle opzioni energetiche (combustibili fossili, energie rinnovabili, nucleare, ecc.). Per questo complesso di ragioni appare oggi importante dare nuovo e più efficace impulso alle iniziative di diffusione della cultura scientifica, che hanno peraltro registrato un'intensificazione significativa a partire dal 1991, a seguito dell'approvazione da parte del Parlamento della Legge 113, destinata a sostenere le attività di musei scientifici, scuole, università e strutture di ricerca pubbliche e private. Preso atto di questa tendenza positiva, il Parlamento ha ritenuto opportuno predisporre un nuovo strumento legislativo, che è ancora in discussione, al fine di incrementare la disponibilità finanziaria a sostegno delle iniziative di diffusione della cultura scientifica, di definirne più precisamente gli obbiettivi strategici e di programmare il progressivo radicamento di soggetti istituzionali, di musei, di centri scientifici e di fondazioni, anche private dotate delle competenze e delle attrezzature necessarie, che si impegnino su base permanente nella diffusione della cultura scientifica. Il disegno di legge sottolinea opportunamente anche l'importanza di un'energica azione nei confronti del mondo della Scuola, nella consapevolezza del valore particolare che assumono azioni di formazione organiche e non improvvisate.
Tra gli scopi della nuova legge c'è
anche quello di favorire la nascita di nuovi soggetti, che assumano
il ruolo di motori efficaci dei processi di formazione-informazione
e che agiscano da cerniera tra le strategie delle istituzioni
e le esigenze dei cittadini, contribuendo a richiamare l'attenzione
sull'opportunità di un dibattito inerente alle molteplici
ragioni che suggeriscono di individuare un potenziamento della
ricerca scientifica e tecnologica e la messa a fuoco della sua
essenziale dimensione culturale e civile, con immediate ricadute
per la possibilità di decidere in merito a questioni che
presentano rilevanti profili etici.
Trasferimento tecnologico Per completare il circolo virtuoso della produzione di conoscenza e per accrescere la credibilità del mondo scientifico nei confronti della società, bisogna realizzare le condizioni per cui i risultati e le competenze trovino applicazione. Poiché una buona parte degli studi e delle ricerche si svolgono in ambiti esterni alle imprese, le potenzialità di introduzione dei loro risultati nel tessuto produttivo e dei servizi risultano direttamente proporzionali all'efficacia dei flussi informativi (diffusione) e alle azioni mirate alla conversione applicativa dei risultati della ricerca (trasferimento). La diffusione, funzionale al trasferimento tecnologico, si esplica quindi attraverso un complesso di azioni di varia natura, dalla letteratura specialistica alla fornitura di servizi scientifici, dalla partecipazione a mostre e fiere tecnologiche alla produzione di strumenti informativi multimediali, al passaggio di personale qualificato dalla ricerca alla produzione. Particolare attenzione va dunque data alle azioni per colmare la distanza tra il risultato tecnico scientifico e le esigenze produttive e di commercializzazione: i servizi reali alle imprese per la diffusione ed il trasferimento delle tecnologie hanno un ruolo critico per la chiusura del circuito domanda offerta essenziale soprattutto per la competitività delle PMI. Le attività di trasferimento tecnologico, coinvolgendo soprattutto PMI, richiedono che la conoscenza della offerta di know how (soprattutto da parte delle Università e degli EPR) venga portata direttamente a livello locale, tanto più che le PMI non sempre sono in grado di esprimere e formalizzare la loro domanda di tecnologia. Emerge l' esigenza di una attività di trasferimento tecnologico che abbia come requisito la presenza fisica di personale adeguatamente qualificato sul territorio. Nell' ultimo decennio in quasi tutte le regioni italiane, ma particolarmente in quelle caratterizzate dalla presenza di distretti industriali, si sono sviluppati centri di servizi reali per le PMI oltre che Parchi Scientifici e Tecnologici. Le tipologie dei centri esistenti possono essere così definite: per interventi sulla diffusione dell' innovazione le Agenzie regionali, gli Innovation Relay Center dell'Unione Europea, i Consorzi Città Ricerche, i Centri di ricerca applicata ex Progetti speciali 35/1976, l'APRE; per interventi sulle relazioni tra le imprese i Centri settoriali, i Progetti Enea; per interventi sulle funzioni interne delle imprese i Centri plurisettoriali; per interventi sulle economie esterne, i Business Innovation Center (BIC), i Parchi Scientifici e Tecnologici, le Agenzie di sviluppo di area.
Per il coordinamento della attività
di trasferimento tecnologico, è da approfondire l'ipotesi
di costituire un organismo nazionale, che, in collegamento istituzionale
con il MURST, il MICA, le Regioni, la struttura Camerale e imprenditoriale,
favorisca la creazione delle condizioni operative, ambientali
e finanziarie e di contesto attraverso le quali realizzare azioni,
progettare e sostenere strumenti, individuare, laddove non esistono,
soggetti e risorse su cui poi sviluppare le attività a
livello decentrato.
Internazionalizzazione L'internazionalizzazione della politica scientifica nazionale deve essere perseguita con determinazione come uno degli obiettivi prioritari del processo di modernizzazione e competitività del nostro Paese. In un periodo come l'attuale di contrazione di risorse e di crescenti sollecitazione alla collaborazione internazionale assumono infatti maggiore importanza la finalizzazione della cooperazione scientifica con l'estero agli obiettivi di sviluppo del Paese, la sprovincializzazione della cultura nazionale e la valorizzazione dell'interscambio tecnico-scientifico ai fini dello sviluppo sociale ed economico. La strada aperta dal Libro Bianco di Delors su Crescita, competitività e occupazione, dal Libro Verde sull'Innovazione e dalla recente proposta della Commissione sul V Programma Quadro di Ricerca e Sviluppo Inventare il Domani è per il nostro Paese un punto di riferimento fondamentale per il rilancio del nostro Sistema di Ricerca Nazionale. In particolare alla rigorosa adesione alla politica comunitaria deve fare riscontro una accresciuta capacità propositiva da parte italiana. Ciò comporta innanzitutto il consolidamento degli strumenti di informazione e consultazione tra gli operatori della ricerca e i fruitori potenziali di essa in modo da migliorare la conoscenza dei bisogni e delle iniziative idonee a soddisfarli. Parallelamente deve crescere in qualità e quantità la presenza italiana nelle strutture europee, in modo che il costante flusso bidirezionale contribuisca a conseguire una più vantaggiosa collocazione comunitaria delle istanze italiane. Il Ministero dell'Università e della Ricerca, in base all'articolo 2 della sua legge istitutiva ha svolto positivamente le funzioni di coordinamento della partecipazione italiana ai programmi di istruzione universitaria e di ricerca scientifica e tecnologica comunitari e internazionali, così come dimostrano i risultati precedentemente riportati. Dal punto di vista organizzativo deve essere attuato un accordo operativo tra Ministero dell'Università e della Ricerca e Ministero degli Esteri che minimizzi, nel rispetto delle specifiche prerogative e competenze, sovrapposizioni e sprechi, esaltando invece sinergie e integrazioni. Permangono, tuttavia, alcune debolezze strutturali collegate a un sistema tuttora rigido e burocratizzato degli ordinamenti delle singole istituzioni, che hanno impedito una piena risposta in campo internazionale. In particolare, per quanto riguarda la ricerca comunitaria, nella quale, come è noto, entrano in gioco regole e fattori competitivi molto marcati, vi è la necessità, da un lato, di disporre di strumenti snelli e flessibili di gestione e, dall'altro, di prevedere forme di assistenza nella progettazione per gli operatori più "deboli" (le PMI) che consentano una più estesa e competitiva partecipazione delle nostre istituzioni scientifiche alle partnership internazionali. La rigidità, la burocratizzazione e la mancanza di incentivi specifici sono anche la causa della scarsa mobilità di studiosi e ricercatori, laddove un forte interscambio costituisce l'elemento fondamentale per una reale internazionalizzazione.
Le proposte di riordino del Sistema Ricerca
Nazionale terranno conto di questa primaria esigenza.
Infrastrutture di relazione e comunicazione
Una delle condizioni di base per lo sviluppo di un sistema integrato di ricerca e per il connesso utilizzo diffuso dei servizi innovativi è la disponibilità, sul territorio nazionale, di adeguate reti di relazione e comunicazione. L'intero sistema della ricerca nazionale dovrà beneficiare infatti dell'introduzione di nuove tecnologie dell'informazione. Le azioni di Ricerca e Sviluppo finalizzate a un raggiungimento di tale sistema saranno orientate a supportare quelle attività di cui esistono riconosciute competenze in Italia e che possono rappresentare nuove possibilità di mercato e di lavoro sul breve o medio periodo, quali quelle finalizzate allo sviluppo del telelavoro, della telemedicina, della formazione universitaria di eccellenza, della realtà virtuale e della trasmissione a distanza di forme tridimensionali. Da ciò discende l'esigenza di realizzare un forte coordinamento tra università, centri di ricerca e sistema delle imprese. A tal fine assume sempre maggior rilievo la disponibilità di un'organica infrastruttura di reti telematiche dedicate alla ricerca, caratterizzata da elevate prestazioni che permetta l'interconnessione con le analoghe reti della ricerca dei Paesi dell'Unione Europea e dei maggiori partner internazionali.
In
Italia, un importante ruolo è svolto ad esempio dalla rete
GARR (Gruppo Armonizzazione delle Reti della Ricerca) la quale
consente il collegamento tra tutte le università e gli
enti pubblici di ricerca e di cui si auspica l'estensione
anche alla Pubblica Amministrazione e alle imprese. A seguito
dell'iniziativa europea TEN 34 è in fase di attuazione
la ristrutturazione della rete al fine di adeguarne le prestazioni
ai livelli europei ed i cui standard sono in corso di elevazione
verso quelli già adottati negli Stati Uniti. Occorre anche
tener conto nella impostazione dei programmi di Ricerca e sviluppo
delle scelte fatte a livello tematico nell'ambito del G7,
a cui l'Italia partecipa, ma i cui ritorni potrebbero essere
più fruttiferi per il nostro Paese. Le tematiche selezionate
(Inventario globale, Interoperabilità delle reti a larga
banda, Istruzione e formazione transnazionale, Biblioteca Universalis,
Accesso multimediale al patrimonio culturale mondiale, Gestione
delle risorse ambientali e naturali, Gestione di una rete informativa
globale per le emergenze, applicazioni di medicina globale, Governo
in rete, Mercato globale per le PMI, Sistema di informazione marittima)
ed i relativi programmi avviati sono di sicuro interesse per attuare
una strategia nazionale che, da un lato, valorizza e diffonde
il proprio patrimonio storico culturale e, dall'altro,
si dota di un sistema di servizi innovativi per assicurare ai
cittadini una migliore qualità della vita, anche in termini
ambientali.
L'ARCHITETTURA PER IL SISTEMA
DELLA RICERCA
Il governo del sistema nei principali Paesi
industrializzati L'esigenza di una sede unica di indirizzo, proposizione e previsione delle attività di sviluppo delle Scienza e della Tecnologia appartiene ormai alla storia della politica per la ricerca di tutte le principali nazioni europee, degli Stati Uniti e del Giappone. Questa sede (Comitato Interministeriale, Comitato Strategico o Council)) nella maggior parte dei casi supporta il Capo del Governo direttamente o attraverso il Ministro incaricato per la Ricerca, per le scelte di orientamento e la definizione di programmi prioritari. Nel caso della Germania, dove la ricerca è supportata finanziariamente sia dal Governo Federale che da quello degli Stati (Lander), il Council cerca di avere il consenso sui propri indirizzi da entrambi i livelli di governo. Nella generale revisione dell'architettura di governo della Ricerca tutti i paesi industriali si sono dotati di due livelli decisionali distinti, di programmazione e di consulenza: i Comitati Interministeriali o di Consulenza al Premier con compiti di orientamento strategico, eventualmente da sottoporre al Parlamento, e i Councils dove sono presenti eminenti personalità del mondo della Scienza, dell'industria, della pubblica amministrazione con funzione propositiva e di consulenza scientifica o professionale. A supporto delle attività dei Comitati Interministeriali esiste generalmente un Ufficio con il compito di previsione delle tendenze evolutive dei fabbisogni della Società in termini di progresso scientifico, di istruzione delle proposte da sottoporre a decisione, e, in alcuni casi, come in Inghilterra, anche di gestire i programmi deliberati. In UK ed in USA i Comitati e/o i Councils sono stati riformati nel 1993, mentre in Germania e Francia, pur rimanendo invariati, sono stati affiancati, tra il 1994 e il 1995, da nuovi Advisory Boards. In Grecia e in Olanda la completa ristrutturazione dell'architettura di governo del sistema ricerca è stata effettuata tra il 1996 e il 1997. I Governi di Austria, Portogallo, Spagna, e Belgio hanno annunciato cambiamenti nel loro sistema di governo e quindi nei Councils.
Questi cambiamenti sono stati determinati dalla
mutata visione della funzione di sviluppo della Scienza e della
Tecnologia nei confronti dell'evoluzione delle esigenze
della Società. Rispetto alla loro istituzione, oggi è
in essere una terza evoluzione del sistema spinta dalle esigenze
di internazionalizzazione e globalizzazione dell'economia,
dall'incremento della competitività sui mercati
internazionali che ormai si basano anche sull'estendersi
della Società dell' informazione e della comunicazione.
I legami tra Scienza ed Educazione da una parte e Tecnologia ed
Innovazione dall'altra, vengono ulteriormente evidenziati.
Dalla panoramica dell'architettura
di governo della Ricerca in alcuni Paesi emergono spunti interessanti.
Francia.
Nel 1982 fu istituito il Comitato interministeriale (CSRT)
presieduto dal Primo Ministro e composto dai Ministri in carica
e supportato da Comitati di settore. E' rimasto immutato nelle
funzioni fino ad oggi anche se nel 1995 il Governo Francese aveva
annunciato la semplificazione della struttura. Prima delle ultime
elezioni presidenziali è stato però istituito un
Comitato Strategico di Orientamento (SOC) composto da 15 membri
per fornire al Ministro incaricato per la Ricerca riflessioni
strategiche sulle politiche della Ricerca e della Cooperazione
internazionale in materia. Germania. Il Comitato per le Scienze tedesco è stato istituito nel 1957 con il compito di supportare il Governo Federale e quell dei Länder sulle politiche per la Ricerca e Formazione. Uno dei principali compiti era anche quello di aggregare consensi tra lo Stato federale e i Länder in materia di Ricerca.
Oggi è costituito da 54 membri
(24 accademici, 8 vita pubblica e industria, il resto rappresentanti
dei Länder e del Governo Federale che valgono 32 voti). Il
Cancelliere Federale nel 1994 ha istituito un nuovo organismo
più snello (Comitato per la Ricerca la Tecnologica e l'Innovazione),
che fa riferimento direttamente a lui, con compiti di identificazione
dei settori prioritari e di proposizione di interventi organici
di largo respiro.
Spagna.
Nel 1986 è stato istituito un Consiglio per la Scienza
e la Tecnologia (CACT) che fa riferimento al Ministero dell'Industria
e prepara per la Commissione Interministeriale il Piano nazionale
per lo Sviluppo della Ricerca Scientifica e Tecnologica, lo aggiorna
e ne segue il suo sviluppo. Il Consiglio ha 25 membri in rappresentanza
della Ricerca privata, degli affari, dei sindacati e della P.A.
Nel 1986 è stato anche istituito un ufficio di pianificazione
supportato da un Segretariato Generale per la pianificazione nazionale
della Ricerca e Sviluppo, e due Advisory Boards di cui uno ha
funzioni di coordinamento delle iniziative di R&S tra lo Stato
e le Regioni. In questo Consiglio vi sono anche i rappresentanti
delle Regioni. Con il Governo Aznar (1995) è prevista una
revisione dell'architettura di governo della Ricerca in
Spagna.
Regno Unito.
Nel 1993 è stato istituito il Consiglio per la Scienza
e la Tecnologia, che suggerisce direttamente al Governo gli orientamenti
della politica della ricerca e propone grandi programmi di sviluppo.
Esso è composto da 11 membri di provenienza industriale
ed accademica. Il CST ha per segretariato l'Ufficio per
la Scienza e Tecnologia (OST), situato nel Ministero dell'Industria
e Commercio. Lo OST ha compiti di coordinamento interministeriale
dei programmi, istruzione degli stessi e loro attuazione una volta
approvati dal Governo. Fa parte dello OST anche il Direttore Generale
dei Consigli di Ricerca, una nuova figura a matrice industriale
responsabile delle strategie generali. Lo OST è guidato
dallo Chief Scientific Adviser del Governo Britannico.
Stati Uniti.
Nel 1993 è stato istituito dal Presidente Clinton il Consiglio
Nazionale per la Scienza e la Tecnologia. Esso è presieduto
dal Presidente ed è composto da 16 persone più altre
cooptate dal Presidente. I 16 membri sono: il vice presidente,
alcuni Ministri, i direttori delle maggiori Agenzie di Ricerca
(NASA, NSF, EPA) ed alcuni assistenti del Presidente. Le funzioni
del Council sono quelle di coordinare i processi di pianificazione
politica della Ricerca Scientifica e Tecnologica, di fare scelte
sulle politiche da adottare, verificare che i grandi programmi
da deliberare siano in sintonia con gli obiettivi definiti dal
Presidente ed infine di aiutarlo nell'elaborare una agenda di
politica per la Ricerca e la Tecnologia e nella suddivisione dei
fondi pubblici della ricerca destinati ai sette Consigli Nazionali.
Gli USA dispongono pure di un Organismo Federale di Coordinamento
dei vari Consigli Nazionali.
Giappone.
Esiste un Consiglio per le Scienze e le Tecnologie presieduto
dal Primo Ministro di cui fanno parte: i direttori generali delle
Agenzie della Scienza e Tecnologia e della Programmazione Economica,
i Ministri della pubblica istruzione e delle finanze, il Presidente
del Comitato delle Scienze del Giappone e altre cinque persone
cooptate come esperti dal Primo Ministro caso per caso. Esiste
ancora un Comitato delle Scienze del Giappone composto da 210
membri accademici con funzione propositiva e di consulenza per
il Gabinetto. Le funzioni del Consiglio per le Scienze e le Tecnologie
sono quelle di proporre al Governo le politiche di lungo periodo
per la R&S, analizzare e definire programmi prioritari, proporre
una programmazione di base della R&S in settori specifici
per gli istituti di Ricerca Governativi. Per istruire i programmi
prioritari, il Consiglio si avvale come organo tecnico della Agenzia
per la Scienza e Tecnologia. Oltre al Consiglio del primo Ministro
e al Comitato delle Scienze del Giappone, esistono altri sedi
e Advisory Boards con funzioni consultive.
Una nuova architettura per il sistema italiano
L'insieme
delle funzioni esaminate precedentemente necessita di una revisione
delle strutture e delle sedi che, a vario titolo, compongono l'architettura
del sistema. La stessa esperienza di questi anni ha dimostrato
la difficoltà di costruire sedi di coordinamento credibili
nella fase di progettazione ed attuazione della programmazione.
Si tratta, in buona sostanza, del tentativo di produrre un positivo
e meditato allineamento della nostra struttura di governo a quella
generalmente adottata nei grandi paesi industrializzati. Pertanto
vale la pena di sviluppare, per quanto possibile, l'impianto
della legislazione vigente (in particolare la L. 168 del 1989)
che individuava nel MURST la sede di indirizzo e cordinamento,
cercando di intervenire sui nodi che ne hanno ostacolato una efficace
attuazione. Il cervello del sistema. Per collegare la ricerca allo sviluppo del paese, il rinnovato 'cervello del sistema' risponderà alle esigenze già individuate di coordinamento, di programmazione e di valutazione. Si tratta di coniugare le politiche della ricerca e dell'innovazione con le altre decisioni di natura strategica dello Stato, dalla sicurezza nazionale fino ai rapporti economici ed istituzionali internazionali. Il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica, potranno trovare una sede di confronto nel COMITATO DI MINISTRI PER LE POLITICHE DELLA RICERCA E DELL'INNOVAZIONE, già istituito con DPCM del 16 novembre 1996 e collocato a Palazzo Chigi. La funzione di programmazione generale sarà comunque assicurata da un organo esistente, il CIPE, nelle cui attuali funzioni si sovrappongono scelte generali ad attività di gestione e controllo di livello inferiore. Nella definizione dei compiti del CIPE si dovrà tener conto del decreto legislativo previsto dalla delega di cui all'articolo 7 della legge 3 aprile 1997, n. 94, che fra l'altro ridefinisce le sue competenze. Coerentemente al disegno generale di riordino di questo Comitato, anche per la ricerca si ritiene di dover privilegiare la capacità di deliberazione sulle grandi opzioni e sulla allocazione delle risorse rispetto all'esame specifico di proposte e alla gestione di iniziative più propriamente allocabili a valle di questa sede interministeriale. Per assolvere a nuovi e riqualificati compiti si propone che il lavoro del CIPE in ambito ricerca e innovazione sia organizzato attraverso sessioni mirate, precedute da un lavoro istruttorio sostenuto dal contributo di competenze esistenti o attivabili presso il MURST, a supporto della segreteria del Comitato stesso. In queste sessioni, il CIPE, deciderà su proposte del Ministro dell'Università e della Ricerca, il quale, in qualità di referente istituzionale per l'intero settore, lo copresiederà insieme al Ministro del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica.
Il CIPE dovrà approvare il PROGRAMMA
QUADRO NAZIONALE DELLA RICERCA E DELLA INNOVAZIONE, di validità
pluriennale, valutando a tal fine la coerenza di impostazione
dei bilanci per la ricerca dei singoli ministeri o soggetti titolari;
potrà esaminare gli schemi e le direttive che intervengono
a favorire il riordino dei soggetti operanti nel sistema; dovrà
ripartire, su proposte e programmi precedentemente istruiti e
valutati nel suo seno, le risorse del nuovo FONDO INTEGRATIVO
PER INTERVENTI DI RILEVANZA NAZIONALE. Sulla base del principio
di sussidiarietà con quanto già impegnato attraverso
singoli Ministeri, singole amministrazioni e istituzioni di ricerca,
il Fondo interverrà, a valere su risorse nazionali aggiuntive,
per progetti di rilevanza strategica o per finanziare programmi
pluriennali di particolare interesse. Ai programmi finanziati
dal Fondo potranno partecipare tutte le strutture pubbliche e
per loro tramite anche private, che svolgono attività di
ricerca scientifica e tecnologica, nel nostro Paese o all'estero
nell'ambito di accordi e progetti internazionali riconosciuti
dallo Stato italiano. Nella programmazione generale si terrà
conto degli interessi del sistema regionale e decentrato del mondo
della ricerca e dell'innovazione.
Il Presidente del Consiglio, il Ministro dell'Università
e della Ricerca, e per suo tramite il CIPE, si avvarranno del
supporto di alto livello scientifico e tecnologico di un COMITATO
PER LA RICERCA E LA TECNOLOGIA (CRT). Nella composizione
e nella funzione il Comitato per la Ricerca e la Tecnologia sostituisce
il CNST previsto dall'art. 11 della legge 168/89. Sarà
composto da un numero ridotto di qualificati esponenti della comunità
scientifica, del mondo produttivo e sociale, delle professioni,
anche stranieri, i quali, nominati dal Presidente del Consiglio
dei Ministri, sentito il Ministro dell'Università e della
Ricerca Scientifica e Tecnologica, durano in carica quattro/cinque
anni, sono revocabili. I membri della Commissione opereranno a
tempo pieno o con le incompatibilità da definirsi e corrispondenti
alla funzione. La consulenza scientifica. Il sistema di formazione delle decisioni dall'alto troverà un completamento e bilanciamento nell'esercizio di un'autonoma capacità di espressione della comunità scientifica, economica e sociale, articolata in CONSIGLI NAZIONALI DI CONSULENZA SCIENTIFICA (CNCS), tematici, ridotti per numero e sostitutivi degli attuali Comitati di consulenza del CNR, senza avere compiti diretti o indiretti di gestione. I compiti dei Consigli nazionali di consulenza scientifica andranno distinti da quelli del Comitato (CRT). Il Ministro dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica ne regolamenterà le funzioni.
I Consigli saranno l'istanza scientifica di
riferimento dell'intero sistema nazionale di ricerca. Riuniti
insieme, i Consigli Nazionali di Consulenza Scientifica potranno
dar vita ad una Assemblea nazionale, nella quale affrontare
temi di interesse generale.
L'operatività del sistema. Le
linee guida governative e le opzioni espresse nel Programma Quadro
Nazionale, determinate dal processo decisionale qui schematizzato,
saranno trasformate in piani operativi da parte dei Ministeri
e delle diverse amministrazioni interessate, ma saranno comunque
sottoposte ad un comune vincolo procedurale di coerenza, sia nei
confronti dell'allocazione delle risorse economiche che
in merito ai contenuti delle scelte. Ministeri, amministrazioni,
agenzie nazionali, determineranno autonomamente gli interventi
specifici e le modalità esecutive in termini di programmi
pluriennali, di bandi per progetti specifici, di azioni infrastrutturali
e di direttive ai vari enti vigilati. Per assolvere a questi
compiti si doteranno di organismi tecnici di selezione e di
valutazione preventiva, che potranno avvalersi anche dell'opera
di revisori anonimi.
Il MURST e i suoi nuovi compiti In una nuova architettura del sistema e in presenza di una diversa articolazione dei flussi decisionali, sorge soprattutto per il MURST la necessità di una trasformazione significativa, senza per ciò stesso che venga meno il suo ruolo di istituzione centrale deputata alla politica della ricerca che già la sua legge istitutiva del 1989 aveva sancito.
Il MURST deve ridurre il più possibile
le funzioni di gestione diretta e sviluppare le attività
di supporto al sistema e di raccordo di esso con l'intera P.A.
oltre che con la comunità scientifica e tecnologica del
Paese. In concreto, le attività di supporto riguarderanno:
Le caratteristiche di queste funzioni presuppongono
alta professionalità, flessibilità operativa e la
valorizzazione di competenze diversamente distribuite. Pertanto
l'insieme di queste attività di supporto dovrà essere
realizzato valorizzando le competenze esistenti ovunque esse si
trovino e aprendo il sistema ai contributi e ai confronti anche
internazionali. In questo quadro il MURST potrà avvalersi
di nuovi strumenti operativi che favoriscano il ricorso a modalità
di outsourcing.
Allegato:
elenco delle norme che attribuiscono attualmente al CIPE competenze
in materia di ricerca
1. ARGOMENTI RICERCA SVILUPPO
1.1 APPROVAZIONE PIANI,
PROGETTI, PROGRAMMI
1.2 EMANAZIONE DIRETTIVE
1.3 ESAME RELAZIONI ATTUATIVE
2. ARGOMENTI ALTRI SETTORI CON CONTENUTI
RICERCA E SVILUPPO
2.1 APPROVAZIONE PIANI,
PROGETTI, PROGRAMMI
2.2 RIPARTO FONDI
2.3 ESAME RELAZIONI ATTUATIVE
LINEE PER IL RIORDINO DEGLI ENTI DI RICERCA Criteri per un riordino: linee generali per l'autonomia e il governo degli Enti Nello spirito dei criteri contenuti nella legge 59/87 emerge un generale consenso sul fatto che la rete degli enti di ricerca necessita di una revisione, razionalizzazione e rilancio attraverso: - una riduzione del numero degli enti minori, mediante accorpamenti e coordinamenti; - una ridefinizione degli elementi distintivi tra ente ed ente, anche attraverso il superamento del solo criterio di individuazione del carattere di non strumentalità, finalizzato all'attribuzione chiara di specifiche missioni; - un corrispondente rafforzamento dell'autonomia, della responsabilizzazione e della valutazione di ciascuno di essi, attraverso una migliore conoscenza delle attività, dei presupposti e delle potenzialità di sviluppo; - l'introduzione di una più ampia flessibilità normativa sull'assetto, nel rispetto delle diversità e dei compiti assegnati, accompagnata da una flessibilità nel tempo e negli strumenti riguardo alle loro attività; - il sostegno, con interventi sia dal centro che della periferia, alle azioni di sburocratizzazione e ai processi di semplificazione amministrativa e di decentramento; - la valorizzazione del capitale umano, sia stabilmente inserito nellle strutture che in formazione presso le stesse, con azioni di mobilità e qualificazione professionale. Risulta difficile individuare un criterio omogeneo e unitario per accorpamenti o soppressioni di Enti. La prospettiva è quella di conciliare le diverse esigenze del sistema, evitando di disperdere l'enorme patrimonio tecnico-scientifico oggi presente nel Paese, ma riorientandolo e definendone gli obiettivi prioritari.
Nel corso del prossimo anno verranno presi in considerazione
fenomeni spontanei di aggregazione e attraverso un'opera di monitoraggio
e valutazione si potrà anche verificare l'effettiva sussistenza
della validità della missione di ogni Ente. In un contesto di ridefinizione del sistema nazionale della ricerca e nella previsione di una attività degli enti pubblici di ricerca che appaia meglio finalizzata e programmata in ordine agli obiettivi generali stabiliti dal Governo, si pone la questione della struttura interna degli enti e del rapporto tra autonomia della comunità scientifica e regolamentazione pubblica. Con la legge 168/89 si è sancito l'autogoverno di diritto che resta l'impianto per il riordino di tutti gli Enti di Ricerca. Gli Enti, infatti, devono ripensare il proprio ruolo e le proprie funzioni con un conseguente riassetto normativo, che potrà avvenire attraverso lo strumento del Regolamento e da confermarsi attraverso l'esercizio della delega.
Fino a oggi l'esercizio dell''autonomia nella organizzazione
e nella gestione degli enti di ricerca, prevista dalla legge n.
168, è attualmente sottoposta ad alcuni limiti:
In linea generale si potrebbero prospettare le seguenti indicazioni:
Il caso CNR Il CNR è il massimo ente scientifico italiano di ricerca. Organo dello Stato che, finanziato nel 1996 con un contributo ordinario di circa 1050 miliardi di lire, promuove e disciplina la ricerca ai fini del progresso scientifico e tecnologico del Paese, con circa 7.500 dipendenti, di cui 3530 ricercatori, 2250 tecnici non laureati e 1750 amministrativi, dispone di 322 Organi di ricerca: 195 Istituti: organi permanenti, retti da un Direttore e da un Consiglio scientifico, aventi come fine azioni di ricerca diretta in relazione agli obiettivi programmatici del CNR, hanno sede e impianti forniti dallo stesso CNR che ne sostiene totalmente le spese e il funzionamento; 120 Centri Studio: costituiti presso Università, Enti di ricerca, Amministrazioni pubbliche o organismi privati, per lo sviluppo di particolari studi e ricerche avanzate; si avvalgono di mezzi e personale sia del CNR che delle amministrazioni e degli Enti presso i quali sono istituiti, nonchè di personale incaricato ad hoc. 17 Gruppi di ricerca: organi operativi temporanei, aventi la durata non superiore a cinque anni, eventualmente prorogabile, e hanno il fine di svolgere e organizzare ricerche che comportano la partecipazione di più organismi scientifici. A partire dal 1991 la rete scientifica è stata in parte razionalizzata attraverso la realizzazione, tuttora in atto, di 18 Aree di ricerca, diffuse sul territorio. Esse rispondono all'esigenza di integrare le attività degli Istituti del CNR, con l'accorpamento di unità organiche rispondenti a precise finalità di carattere scientifico, anche con lo scopo di razionalizzare l'uso dei servizi comuni. La legge 168/89 ha espressamente sottratto al CNR la funzione di coordinamento della politica della ricerca prevedendo nell'orbita ministeriale altri soggetti istituzionali di rappresentanza della comunità scientifica; ne ha mantenuto tuttavia il tradizionale assetto di ente autogovernato. Il CNR vedrà consolidato e rafforzato il proprio ruolo di ente di produzione di ricerca e, nello stesso tempo, manterrà una autonomia nella definizione concreta degli obiettivi e dei progetti di ricerca, comunque coerenti con strategie di ricerca e innovazione le cui linee guida sono stabilite dal Governo. In questo senso, il CNR, da un lato confermerebbe la sua natura di ente pubblico di ricerca, dall'altro manterrebbe le competenze di intervento potenziale in tutti i settori della scienza, non essendo limitato a particolari campi disciplinari, salvo quelli per i quali è più funzionale alla luce dell'attuale assetto complessivo degli Enti di ricerca proporre una autonoma articolazione o un diverso accorpamento funzionale.
Missione. Il CNR deve sviluppare la propria capacità di massimo ente scientifico, per dimensione, distribuzione tematica e territoriale e per capacità interdisciplinare e multidisciplinare. Il CNR ha, quindi, la funzione primaria di svolgere, attraverso i propri Organi, ricerca avanzata, fondamentale e applicata, sia per il mantenimento e lo sviluppo della propria qualificazione e competitività scientifica, che per essere pronto ad intervenire efficacemente e tempestivamente nei settori strategici definiti dal sistema di programmazione nazionale. In tale ambito il CNR continuerà a svolgere la funzione di aggregazione dell'intera comunità scientifica attorno a grandi progetti di ricerca, sviluppando e potenziando la capacità di progettazione, organizzazione e gestione di programmi pluriennali, anche sotto forme innovative, fermo restando che la scelta di questi programmi deve essere coerente con le linee strategiche per la politica della ricerca e dell'innovazione fissate dal Governo.
Al CNR, come agli altri grandi Enti o Istituti di Ricerca, va
anche riconosciuta una funzione di alta formazione, esercitata
attraverso il sistema delle borse di studio presso gli Organi
e la partecipazione a pieno titolo al Dottorato di ricerca.
Unitarietà dell'Ente. Nell'interesse
del sistema ricerca, va garantita l'unitarietà del
CNR, per mantenere la sua fisionomia di unico ente generalista
e quindi in grado di allevare e valorizzare competenze preziose
in ogni settore.
Rete degli Organi. Attualmente nel CNR esistono un certo
numero di Istituti e Centri di dimensioni adeguate e un vasto
gruppo di medio-piccole o piccole unità, spesso fortemente
integrate con le Università, talvolta con posizioni di
eccellenza, talvolta inadeguate a sviluppare progetti complessi.
L'Ente dovrà quindi procedere ad una profonda revisione
dei suoi Organi, che porti ad una aggregazione effettiva su grandi
tematiche, prevedendo un numero limitato di permanenti ''Istituti
o Dipartimenti CNR'', integrati nelle aree territoriali,
attraverso convergenze di risorse e servizi. Le unità al
di sotto della massa critica, se non rappresentano iniziative
promozionali, vanno o potenziate, o accorpate, o soppresse. Organi
di particolari natura come i centri potranno essere ''imputati''
a una delle macroarticolazioni interne con preziose funzioni di
'ponte' e di collegamento con la rete universitaria.
Struttura amministrativa e di consulenza. Il CNR deve
dotarsi di un impianto amministrativo e di consulenza meno tradizionale,
meno centralizzato e meno 'ministeriale' di quello
attuale, che lo renda adatto a gestire in modo agile e flessibile
progetti di ricerca anche molto complessi nazionali e internazionali,
che richiedono un supporto amministrativo a prevalente sviluppo
verticale. In un quadro di riordino e di riposizionamento dell'intero
sistema di consulenza scientifica del Paese, gli esistenti Comitati
di consulenza vedono venir meno il loro compito. L'amministrazione
centrale svolgerà funzione di servizio per gli Organi direttivi
dell'Ente (Presidente, Consiglio Direttivo, Advisory Board) e
per la Rete degli Organi, così come sarà riorganizzata,
fermo restando un effettivo decentramento e snellimento. E'
forse opportuno, anche per ragioni di trasparenza e di effettiva
programmazione, che i capitoli di spesa del bilancio dello Stato
relativi al CNR siano rideterminati in modo da separare il finanziamento
per l'organizzazione e gestione di programmi pluriennali dalla
dotazione ordinaria.
Valutazione. Il CNR, come tutti gli altri Enti, deve dotarsi
di un proprio sistema di valutazione, basato su un Nucleo Centrale,
a composizione largamente esterna e come tale indipendente dai
meccanismi gestionali, con il compito di coordinarsi con gli standard
e le procedure internzionali, promuovere la cultura della valutazione
dei programmi e delle strutture e dell'impatto dei risultati.
Rapporti con l'università. Devono
essere previste forme istituzionali di collaborazione e di facile
interscambio che le rendano più equilibrate, vivaci e sinergiche
di quanto non siano ora. Un modello, per alcune modalità
di relazione, potrebbe essere costituito dai centri associati,
cioè un'aggregazione temporanea ma coerente con
una comune programmazione, di competenze universitarie a programmi
dell'ente, senza ricorso ad amministrazioni separate o
a vincoli di personale. Appare per altro superato il microfinanziamento
della ricerca universitaria da parte dei contratti e contributi
gestiti dagli attuali Comitati di consulenza. Il CNR potrà
svolgere attività di agenzia solo in casi particolari,
qualora sia funzionale alle proprie attività istituzionali
o a grandi programmi nazionali per i quali gli sia affidata la
responsabilità, o per suscitare nuove competenze in aree
o settori di punta non altrimenti supportati.
Il caso ASI Il settore spaziale e quello dell'aerospazio sono settori strategici per il Paese ed è necessario, pertanto, che il Paese si doti di una programmazione attenta e funzionale alle esigenze scientifiche nazionali e industriali. In analogia con quello spaziale è necessario che il Paese si doti di un Piano nazionale per l'aerospazio, ripensando le attività del Programma Ricerche Aerospaziali (PRORA) e valorizzando il Centro Italiano Ricerche Aerospaziali (CIRA) previsti dalla L. 184/89 e da ridefinire sulla base dell'articolo 5 della recente legge "Bersani", recante "Provvedimenti urgenti per l'economia". A tal fine MURST, MICA, Ministero della Difesa e altri Ministeri stanno operando.
Sono trascorsi oltre nove anni dall'approvazione della legge 30 maggio 1988, n. 186, recante norme sull'istituzione dell'Agenzia Spaziale Italiana (ASI). L'esperienza dell'Agenzia è fatta di luce ed ombre. Tuttavia, specialmente negli ultimi anni la vita dell'ASI è stata alquanto travagliata, come stanno a dimostrare un primo commissariamento, avvenuto ai sensi dell'articolo 10, comma 9, della legge 186, ed un secondo scioglimento degli organi di governo dell'Agenzia avvenuto con l'approvazione della legge 31 maggio 1995, n. 233. Le principali cause delle disfunzioni dell'ASI sono state di ordine politico ed a queste il governo ha inteso dare soluzione attraverso una piena assunzione di responsabilità per quanto attiene agli indirizzi strategici ed operativi da dare all'Agenzia ed alla vigilanza da esercitare sull'ente. La ricostituzione degli organi ordinari dell'Agenzia costituiscono, data la chiarezza di indirizzo politico, la necessaria premessa per un pieno rilancio dell'ASI. L'impianto della legge 186/88 risulta tuttora valido. Tuttavia sulla scorta dell'esperienza di oltre otto anni di attività, nonché delle osservazioni formulate dalla commissione di cinque esperti nominata in base alla medesima legge 233/95 e delle finalità della legge delega, è opportuno procedere ad alcune modifiche della legge istituiva dell'ASI.
Se si ha come riferimento lo schema della
"Agenzia pubblica", il provvedimento di riforma della
fisionomia istituzionale dell'ASI deve essere ispirato dai seguenti
criteri:
E' anche necessario tener conto della prospettiva,
ormai non lontana, della possibilità da parte dell'Agenzia
di scambiare servizi col mercato (ad esempio servizi di telerilevamento)
come già avviene per la NASA negli Stati Uniti. Occorre,
in altre parole, costruire un Ente che non cambi fondamentalmente
natura (pubblicistica appunto) ma che migliori nettamente in efficienza
ed efficacia.
Il caso ENEA In base alla legge 25.8.1991 n. 282, l'ENEA è l'ente pubblico che ha competenze nei settori delle nuove tecnologie, dell'energia e dell'ambiente. Compiti fondamentali dell'ENEA sono: condurre attività di ricerca nei settori di sua competenza; diffondere e trasferire i risultati di attività di ricerca all'intero contesto nazionale. L'ENEA fornisce supporto tecnico all'amministrazione dello Stato e agli enti locali e si avvale di collegamenti internazionali, anche per la gestione in comune di programmi di ricerca. L'ENEA, che conta circa 4000 dipendenti, dei quali circa 1550 ricercatori, 1615 tecnici e altro personale di supporto per le attività tecnico-scientifiche, 615 unità addette ad attività funzionali, centrali e di supporto, è presente in tutto il territorio nazionale con 9 grandi centri di ricerca e altre più ridotte aree di attività. Relativamente alle entrate in termini di competenza provenienti dallo Stato nel 1996, pari a 475 miliardi di lire, e del trasferimento dal MURST per il Programma Nazionale in Antartide pari a 39,7 miliardi di lire, sono da segnalare le seguenti per un importo di oltre 110 miliardi di lire: Ministero dell'Industria per accordo di programma ex lege 10/91, 37,5 miliardi di lire; MURST per la realizzazione Progetto integrato Trisaia, 32,7 miliardi di lire e per accordo di programma 22,5 miliardi di lire; Ministero per gli Affari Esteri per programma di assistenza alla Federazione Russa per lo smantellamento degli armamenti nucleari 1,5 miliardi di lire; Ministero del Tesoro/trasferimento di fondi finalizzati ai programmai con l'Unione Europea, 12,9 miliardi di lire; Ministero dell'Ambiente per varie commesse in campo ambientale, 1,6 miliardi di lire; Ministero dei Lavori Pubblici, 2,4 miliardi di lire. Le linee di intervento dell'ENEA prevedono la ricerca, lo sviluppo e la sperimentazione di tecnologie e impianti innovativi; il trasferimento e la diffusione dell'innovazione al sistema produttivo; lo sviluppo di tecnologie, impianti e componenti finalizzati all'uso delle fonti rinnovabili di energia e al risparmio energetico; la realizzazione e la sperimentazione di impianti dimostrativi; la ricerca e la sperimentazione di nuovi reattori nucleari a fissione e a sicurezza intrinseca o passiva; le ricerche sulla fusione nucleare; la ricerca e la valutazione degli effetti sull'ambiente e sull'uomo derivanti dalle attività produttive.
L'ENEA è presente sul territorio anche
con centri di informazione, centri di consulenza energetica e
sportelli tecnologici. In relazione al complesso quadro di competenze fin qui descritte, il ministro dell'Industria Bersani ha dato mandato al nuovo C.d.A. dell'ENEA, designato nei mesi scorsi, di valutare le capacità e le potenzialità esistenti giungendo ad un progetto di riqualificazione programmatica e gestionale che dovrà accompagnarsi alla ridefinizione delle forme e delle quantità di finanziamento. In questo processo di ridefinizione il ministro vigilante ha chiesto:
Da una prima valutazione del C.d.A. dell'Ente emergono i seguenti orientamenti sulle attività dell'ENEA. Con la privatizzazione delle imprese energetiche di proprietà pubblica, l'ENEA rimane l'unico ente pubblico nazionale a vocazione energetica che dispone di competenze importanti. Si tratta di impiegarle al meglio e di minimizzare la dispersione dello sforzo di R&S, concentrando i finanziamenti in pochi selezionati filoni. Le competenze dell'ENEA in campo ambientale sono cresciute nel tempo e hanno portato capacità operative che investono ormai tutte le principali applicazioni caratteristiche del settore. L'ENEA opererà in stretto collegamento con le politiche ambientali e dunque in relazione e in collaborazione con il Ministero dell'Ambiente, ANPA e le ARPA, oltre che con le diverse Regioni e con gli Enti locali. E' infine da segnalare che, per quanto riguarda il campo della dismissione degli impianti energetici nucleari, l'ENEA può esercitare un suo specifico ruolo nello sviluppare e promuovere tecnologie avanzate di smantellamento, in accordo ai progressi in questo campo conseguiti in ambito internazionale. L'ENEA ha campi di intervento e provata esperienza sia per l'innovazione nei settori considerati maturi sia per la ricerca e lo sviluppo in quelli emergenti che richiedono un maggiore apporto di tecnologie. Ancora una volta é importante una valutazione attenta per comprendere il ruolo da giocare direttamente ed indirettamente nella diffusione dell'innovazione e delle attività di trasferimento tecnologico. L'ENEA dovrà dunque rafforzare il rapporto con l'utenza che andrà costruito sulla base di una stretta interazione con la domanda. Nel suo rapporto con il territorio, l'ENEA non dovrà sovrapporsi ai molteplici organismi pubblici o privati di sostegno alle imprese creati a livello locale (tecnopoli, agenzie di trasferimento, centri di dimostrazione, ecc.). Ove sussistano le condizioni per una proficua collaborazione, l'ENEA potrà supportare centri locali di sviluppo industriale, ovvero promuoverli laddove non esistano od anche partecipare alle iniziative locali nei settori di competenza.
L'ENEA, inoltre, quale Ente di supporto tecnico
alle Amministrazioni ed al sistema delle imprese, potrà
svolgere un ruolo più attivo nei processi che portano alla
formazione delle decisioni comunitarie assicurando la competenza
settoriale necessaria e dunque collaborando a meglio definire
e sostenere la posizione italiana.
La ridefinizione del ruolo e della missione
dell'ENEA comporterà certamente ulteriori approfondimenti
in sede di Governo e a seguito del confronto che si aprirà
sull'assetto generale del nuovo sistema nazionale di ricerca.
PROPOSTE PER UN POSSIBILE INTERVENTO
IN ALCUNI AMBITI DELLA RICERCA NAZIONALE
La rete di stazioni sperimentali per l'Industria
Tra gli enti di ricerca nazionali sono ricomprese anche le otto Stazioni sperimentali per l'industria: - Stazione sperimentale per la cellulosa, carta e fibre tessili vegetali ed artificiali in Milano; - Stazione sperimentale per le industrie degli oli e dei grassi in Milano; - Stazione sperimentale per i combustibili in S.Donato Milanese (Milano); - Stazione sperimentale per la seta in Milano; - Stazione sperimentale per l'industria delle conserve alimentari in Parma; - Stazione sperimentale per l'industria delle pelli e delle materie concianti in Napoli; - Stazione sperimentale per l'industria delle essenze e dei derivati dagli agrumi in Reggio Calabria;
- Stazione sperimentale del vetro in Murano-Venezia.
Presso le 8 Stazioni sperimentali lavorano 376 persone di cui 37 nel ruolo statale direttamente pagati dal Ministero dell'Industria. Le risorse disponibili ammontano a circa 43 Miliardi: per contributi delle imprese 34,322 miliardi; per trasferimenti dello Stato e di altri Enti pubblici 6,903 Miliardi; per prestazioni di servizi 7,148 Miliardi. Si precisa che il Ministero dell'Industria inoltre provvede direttamente al pagamento degli stipendi del personale del ruolo statale. Le Stazioni sperimentali, enti pubblici non economici, svolgono attività di ricerca applicata soprattutto a favore delle piccole e medie imprese appartenenti ai settori industriali di riferimento. Tale funzione primaria giustifica il sistema della contribuzione obbligatoria da parte delle imprese interessate. Le Stazioni sperimentali forniscono al complesso industriale anche servizi di analisi e controlli, di certificazione ed assistenza, provvedono alla diffusione delle conoscenze tecnologiche, effettuano corsi di formazione specialistica e riqualificazione professionale. Esiste uno stretto collegamento tra le attività delle Stazioni sperimentali e le imprese, che possono beneficiare dei risultati delle ricerche e del supporto di analisi e di informazione delle Stazioni sperimentali per innovare i loro processi e prodotti ed accrescere la loro competitività. E' un rapporto nel quale si integrano le esigenze manifestate dal mondo produttivo e le proposte che, anche in via autonoma, scaturiscono dalle iniziative delle Stazioni sperimentali. Come evidenziato nel prospetto, una consistente parte delle risorse, di cui dispongono le Stazioni sperimentali, derivano dai contributi che le imprese industriali e di importazione, dei settori interessati, sono tenute a versare sulla base di criteri ed aliquote stabiliti dai Consigli di amministrazione, nei quali è prevalente la rappresentanza delle categorie imprenditoriali.
L'obiettivo di un riassetto delle Stazioni
sperimentali è quello di dotare tali Enti di ampia autonomia,
liberandoli da eccessivi controlli e responsabilizzandoli nelle
loro scelte. Le linee di un tale processo di riforma si iscrivono
nel quadro delle compatibilità complessive del sistema
ricerca, con le seguenti caratteristiche: a) possibilità di procedere, previa delegificazione, alla istituzione di nuove Stazioni sperimentali per settori produttivi per i quali se ne ravvisi la necessità o alla modifica di quelle esistenti; b) riconoscimento alle Stazioni sperimentali di una potestà statutaria, che permetta ad esse di migliorare la loro organizzazione; c) attribuzione agli organi delle Stazioni sperimentali di ampi poteri decisionali in materia di programmi, nomine e scelte operative; d) rapporto di lavoro dei dipendenti, nazionalizzato con la eliminazione del doppio ruolo oggi esistente, disciplinato dalle disposizioni del Codice Civile; e) intervento del Ministero dell'Industria, limitato alle linee di indirizzo e di controllo di stabilità degli Enti;
f) disciplina transitoria per regolare le posizioni
del personale attualmente in servizio.
La ricerca nell'ambito biomedico
e sanitario La delega al Governo per il riordino del sistema della ricerca è un'occasione importante per riordinare e rilanciare nel nostro Paese la ricerca biomedica e sanitaria, fondamentale per la tutela della salute, ma anche fattore di investimento sociale e formidabile strumento di crescita economica. La ricerca biomedica e sanitaria é orientata dalle finalità della programmazione sanitaria del Paese oltre che dalla rilevazione della situazione epidemiologica ed ha connessioni con molteplici settori della vita economica e produttiva: basterà ricordare l'ambito della produzione alimentare o quello della bioingegneria e delle conseguenti ricadute nel campo della progettazione e della innovazione tecnologica. Tuttavia la ricerca al servizio della salute, non ha conosciuto sinora risposte unitarie nemmeno in termini di coordinamento strategico. Ciò anzitutto per la complessità delle tematiche e dei compiti cui tale ricerca provvede, ma anche per sedimentazioni nel tempo alquanto eterogenee dei molti enti e interventi pubblici, soprattutto divisi tra le facoltà di medicina, le attività assistenziali territoriali, le strutture di intervento prevalentemente strumentali. Il riordino della ricerca biomedica e sanitaria va anche visto come un obiettivo strumentale al riordino più generale del welfare. Esso si rende sempre più necessario alla luce della molteplicità e varietà dei soggetti che operano nel settore e al fine di una migliore competizione sul piano internazionale. La ricerca clinica ospedaliera va valorizzata attraverso una migliore integrazione con quella che si svolge in ambito universitario o in altri enti di ricerca. La mancata integrazione tra ricerca biomedica universitaria e ricerca clinica ospedaliera non consente nemmeno di vigilare e monitorare adeguatamente il campo delle sperimentazioni che le grandi e medie imprese farmaceutiche affidano a singoli ospedali o cliniche. E anche all'interno della ricerca biomedica cosiddetta "corrente" che, con selezione annuale, viene finanziata dal Ministero della Sanità e affidata agli IRCCS, è emersa la difficoltà di affidarsi ai soli criteri dell'impact factor della ricerca biologica di base. Senza contare che adeguato sostegno andrà fornito a tutte quelle ricerche di base che, utilizzando appropriati modelli sperimentali, sono finalizzate a identificare i fattori responsabili di condizioni patologiche definite o i fattori indispensabili per diffuse azioni preventive. Prima di ogni intervento settoriale si impone quindi la necessità di un coordinamento di tutta la ricerca biomedica e sanitaria che, anche alla luce delle esperienze degli altri Paesi europei, sia risolutivo sia sul piano delle scelte generali e degli obiettivi che su quello delle strutture. Il coordinamento, a partire da obiettivi di programmazione scorrevole poliennale, riguarderà i programmi di ricerca delle facoltà mediche, del CNR e di altri Enti di ricerca da un lato, quelli degli Istituti di ricerca e di sperimentazione anche clinici e strumentali dipendenti dal Ministero della Sanità, dall'altro. Senza dimenticare, almeno a livello di monitoraggio, i programmi di ricerca di altre strutture private, fondazioni, associazioni, ecc. In assenza di un sistematico coordinamento della ricerca pubblica di rilevanza strategica e interministeriale, notevoli sono state fino ad oggi le difficoltà da superare per far convergere in programmi e moduli comuni, enti facenti capo a diversi ministeri. Sembrerebbe opportuno, quindi, progettare una soluzione che tenga conto sia della particolare complessità dell'ambito tematico in esame sia anche delle necessità selettive e cooperative che ormai si impongono alla razionalità e alla coscienza degli operatori più lungimiranti.
La messa a regime di tale coordinamento sarà
decisa dalle nuove sedi politiche di coordinamento strategico
della ricerca e dell'innovazione. Si tratta di accompagnare anche
l'azione già intrapresa con successo dal Ministero della
Sanità per meglio assolvere al proprio ruolo. E' infatti
imminente l'avvio della nuova Commissione per la Ricerca del Ministero
della Sanità, i cui compiti saranno di offrire indirizzi
e linee per un progetto organico; é in corso una ridefinizione
dell'Istituto Superiore di Sanità che dovrà accentuare
le sue funzioni di sanità pubblica e riorganizzare la rete
di rilevazione epidemiologica; si sta procedendo infine ad una
riorganizzazione degli IRCCS, come già previsto dal disegno
di legge attualmente in Parlamento.
La ricerca sul sistema agricolo italiano
Per quanto attiene la normativa specifica riguardante gli Istituti di ricerca vigilati dal Ministero per le politiche agricole, il Decreto legislativo 143/97, all'art. 3 prevede la loro soppressione a decorrere dalla data di entrata in vigore dei Decreti legislativi che sono da emanare ai sensi della legge 59/97. L'obiettivo fondamentale da cogliere con la riforma della ricerca sul sistema agricolo nazionale è quello di creare un Organismo unico nazionale che, al pari di quello di altri Paesi ad agricoltura progredita (ad esempio l'INRA francese), consenta di corrispondere alla domanda di innovazione avanzata dal mondo produttivo. Il nuovo Organismo - un Ente unico vigilato dal MIPA - dovrà consentire quindi il conseguimento degli obiettivi posti dalla politica della ricerca prevista dai programmi di ricerca sul sistema agricolo nazionale ed in quelli dell'Unione europea. Nel merito di quest'ultimo punto è previsto infatti che ciascun Paese membro debba disporre di un proprio efficace sistema di ricerca, in modo da consentire al più vasto sistema comunitario di ricerca di raggiungere una massa critica tale da renderla, nel suo complesso, competitiva a livello mondiale. Il futuro sistema di ricerca deve integrarsi con quello privato ed essere aperto a tutte le collaborazioni interne, sovranazionali e internazionali. L'Ente unico dovrà coinvolgere nelle proprie attività di ricerca gli Organismi che privatizzati, o in via di privatizzazione, conservano un patrimonio materiale ed immateriale utile al conseguimento di obiettivi di sistema. Esso dovrà rispondere a esigenze di competitività, ma anche a quelle di sicurezza sociale e individuale (ambientale, alimentare, di tutela del consumatore). Il concetto di prevenzione del danno (ad esempio: patologia umana e veterinaria, impatto ambientale) deve prevalere su quello del rimedio al danno (in genere tardivo e più costoso). Il futuro organismo di ricerca deve svolgere compiti di consulenza economica, programmatica e scientifica per il Ministero agricolo e per altre Amministrazioni statali e delle Regioni e Province autonome. Esso deve avere, oltre che finalità di ricerca e sperimentazione, anche quelle di elaborazione, trasferimento e diffusione delle nuove conoscenze specialistiche, finalizzate a promuovere lo sviluppo del sistema agricolo, agroindustriale e forestale nazionale, del comparto della pesca e dell'acquacoltura, nonché della conservazione del territorio rurale, del miglioramento della qualità dei prodotti e della tutela del consumatore. Opererà in un quadro di programmazione pluriennale delle attività scientifiche, in modo da adottare decisioni coordinate con il più ampio sistema nazionale di ricerca, anche al fine di partecipare alla ripartizione delle risorse finanziarie aggiuntive previste per grandi progetti di rilevanza strategica per il Paese.
Nell'ambito dei criteri generali adottati per
favorire l'autonomia gestionale e regolamentare dei singoli Enti
di ricerca e nel rispetto di principi di economicità e
funzionalità, l'Ente sarà organizzato tenendo conto
delle esigenze di decentramento alle Regioni di taluni compiti,
specie in materia di sperimentazione per lo sviluppo, di divulgazione
e di trasferimento dei risultati. Dovrà in ogni caso prevedere
la separazione fra le sedi e le funzioni di responsabilità
gestionale rispetto a quelle di carattere scientifico. Esso sarà
titolare del patrimonio e del personale già appartenente
ai singoli Istituti soppressi e incorporati nell'Ente, andrà
regolamentato e gestito con criteri di responsabilità manageriale,
valorizzando le capacità dei singoli individui, agevolando
e incentivando la mobilità dei ricercatori sia interna
che internazionale. Considerato tuttavia il fatto che negli ultimi
anni si sono verificate significative riduzioni del personale
sia a causa di tagli che fisiologiche, si ha il dovere di sottolineare
che l'organico complessivo di cui le Istituzioni esistenti dispongono
è allo stato attuale insufficiente e che quindi dovrà
almeno essere sostenuto da forme di reclutamento a termine di
personale qualificato indispensabile per il raggiungimento di
particolari obiettivi e per il mantenimento delle competenze scientifiche
e professionali dell'intera realtà di settore.
La ricerca per la Protezione Civile e
i Servizi Tecnici Nazionali Fra le esigenze prioritarie della Seconda Rete di Ricerca vi è quella della riorganizzazione e potenziamento degli Enti che operano nel settore della prevenzione e previsione dei rischi naturali e che risultano strategici per l'attività di Protezione Civile, alla quale peraltro collaborano da anni sulla base di apposite convenzioni stipulate ai sensi della Legge 225/92. Un sistema moderno ed efficiente di protezione civile, come è anche chiaramente emerso nella Conferenza Nazionale di Castelnuovo di Porto del giugno 1997, deve in effetti poter contare su una comunità scientifica nazionale ad alto livello di competenza ed efficienza. E ciò in considerazione del fatto che oltre il 60% degli italiani vive in aree a rischio (sismico, vulcanico, idrogeologico, ecc.) e che è necessario disporre sia di sistemi affidabili ed efficienti per il preannuncio degli eventi pericolosi, sia di dati conoscitivi in continuo aggiornamento sui rischi, sulle loro cause e sulle tecniche per la loro riduzione. Occorre pertanto riorganizzare le strutture esistenti con l'obiettivo di evitare dispersioni, assicurare il raggiungimento ed il mantenimento di una elevata competenza scientifica e tecnologica, unita ad una forte autonomia gestionale che permetta di fornire, 24 ore su 24, nei tempi strettissimi necessari, il supporto scientifico indispensabile per decisioni operative corrette e tempestive. Una risposta a queste esigenze non può peraltro prescindere da un riesame della situazione in cui versano i Servizi Tecnici Nazionali, ai quali spetterebbero per legge molte delle competenze coinvolte nelle attività di Protezione Civile e ai quali potranno essere affidati ulteriori compiti di servizio nel quadro di una nuova configurazione dell'Amministrazione Centrale dello Stato. Presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri sono infatti collocate, secondo il disposto della Legge 183/89 (Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo) alcune strutture di servizio, di storia ed origini molto diverse, riunite a costituire un apposito Dipartimento. Si tratta del Servizio Idrografico e Mareografico Nazionale, del Servizio Geologico Nazionale, del Servizio Sismico Nazionale, del Servizio Nazionale Dighe. Le carenze - organizzative più che economiche - di questi Servizi Tecnici, e la necessità di un loro deciso potenziamento e riordino, sono state ripetutamente messe in evidenza negli ultimi decenni, soprattutto in occasione dei dibattiti che hanno accompagnato i maggiori eventi luttuosi naturali che hanno punteggiato la storia del Paese. La nuova collocazione presso la Presidenza del Consiglio e la nuova (peraltro troppo complessa) struttura organizzativa prevista dalla Legge 183/89, tradottasi ben presto anche nella riunione fisica dei quattro Servizi in un unico edificio sede del Dipartimento a Roma, hanno apportato sufficienti miglioramenti alla situazione. I Servizi, pur potenziati rispetto alla situazione precedente, hanno continuato a funzionare secondo meccanismi burocratici inadeguati e paralizzanti, e continua ad essere evidente la discrepanza tra le funzioni assegnate ai Servizi dalle leggi istitutive e la possibilità materiale di adempierle. Inoltre, negli anni precedenti, si sono stratificate operazioni di supplenza, imposte soprattutto dalle esigenze talora drammatiche di protezione civile, che hanno portato nei fatti a duplicazioni e interventi impropri. Si è assistito ad esempio ad un forte potenziamento dell'Istituto Nazionale di Geofisica, con l'assegnazione all'Ente, sia praticamente che con apposita normativa, quasi delle stesse funzioni che sulla carta aveva il Servizio Sismico. Sono stati costituiti per decreto presso il CNR tre Gruppi Nazionali che avevano (e tuttora hanno) il duplice obiettivo di mantenere ed accrescere le competenze scientifiche di settore e di svolgere attività di consulenza per la Pubblica Amministrazione (in particolare per la Protezione Civile) nei tre settori del rischio vulcanico, sismico e idrogeologico, sovrapponendosi in buona parte a competenze che normalmente nei Paesi civili sono proprie dei servizi nazionali Prima quindi di pensare a come raccordare l'attività dei Servizi Tecnici a quella delle altre strutture esistenti, sarà bene riflettere sul fatto che il vero problema dei nostri Servizi (in particolare il Servizio Geologico ed il Servizio Sismico, ma il discorso è generale) è in effetti quello di liberarsi da una struttura di impianto anche amministrativo di tipo ministeriale, di recuperare autonomia funzionale e gestionale e di porsi al servizio del Paese come strutture miste di ricerca e servizio, come avviene in tutto il mondo. I Servizi Tecnici Nazionali potrebbero quindi rinunciare alla loro collocazione presso la Presidenza del Consiglio e assumere la configurazione di Enti a larga autonomia, con obiettivi e compiti ben definiti, tra i quali andrà potenziato anche lo svolgimento delle funzioni di servizio per i quali sono stati a suo tempo istituiti e per i quali posseggono consolidate esperienze e competenze, tra le quali da valorizzare è certamente quella di essere una formidabile base informativa territoriale. A questo punto verrebbero a rappresentare delle realtà efficaci e riconosciute, da considerare assieme alle altre in un discorso di riordino dell'intero settore della riqualificazione del territorio, della Protezione Civile e degli altri campi di ricerca e di servizio. Limitando il discorso ai tre principali rischi naturali, lo scenario che si presenta è piuttosto variegato. Per il rischio vulcanico la situazione appare abbastanza semplice e già ben coordinata. Nel settore operano l'Osservatorio Vesuviano (afferente al MURST) e due Istituti CNR, l'Istituto Internazionale di Vulcanologia di Catania e l'Istituto di Geochimica dei Fluidi di Palermo. Il coordinamento con le iniziative universitarie e la conduzione delle attività di maggiore interesse per la Protezione Civile sono compito del Gruppo Nazionale di Vulcanologia, operante presso il CNR. Un'operazione di semplice razionalizzazione delle attività potrebbe comportare la sperimentazione, da subito, di un coordinamento funzionale tra i diversi soggetti. Per il rischio sismico la situazione è meno lineare e richiede molta attenzione. Le strutture di riferimento sono: l'Istituto Nazionale di Geofisica (Roma), sul quale hanno pesato nell'ultimo decennio compiti gravosi di sorveglianza sismica, e che comunque è da considerare oggi la struttura di maggior rilievo; l'Istituto per la Riduzione del Rischio Sismico del CNR (Milano), che ha una tradizione riconosciuta nel settore fin dai tempi del Progetto Finalizzato Geodinamica, quando ancora era denominato Istituto per la Geofisica della Litosfera; il Gruppo Nazionale CNR per la Difesa dai Terremoti; il Servizio Sismico Nazionale, che negli ultimi anni è stato potenziato e riorganizzato, anche se in misura ben lontana dalle esigenze richieste dai suoi compiti istituzionali; unità minori all'interno di altri Enti, quali l'Osservatorio Geofisico Sperimentale di Trieste. Ricondurre ad unità queste realtà, tentare un vero coordinamento tra loro e con il mondo universitario, evitare o ridurre le duplicazioni, è un compito che è stato tentato nell'ultimo decennio dal Gruppo Nazionale per la Difesa dai Terremoti, che pure ha assolto gravosi compiti in occasione di eventi luttuosi per il Paese. L'importanza del problema non consente che permanga una situazione così poco chiara. Ancora più difficile è operare efficamente per ricercare maggiore compattezza ed efficienza nel settore del rischio idrogeologico. Si tratta in effetti di raggiungere un coordinamento funzionale che veda coinvolti non solo i vari Istituti del settore operanti presso il CNR (la rete degli IRPI, Istituti di Ricerca per la Protezione Idrogeologica) e le varie iniziative scientifiche coordinate dal Gruppo Nazionale CNR per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche, ma anche il Ministero dei Lavori Pubblici, il Magistrato alle Acque, il Magistrato del Po', le Regioni, le Comunità Montane, le Autorità di Bacino, il Ministero dell'Ambiente, in poche parole tutte le autorità centrali o locali in qualche modo deputate o interessate alla difesa del territorio.
La vastità della tematica e l'intreccio
degli interessi e delle competenze sono tali da richiedere ulteriori
approfondimenti per rafforzare le funzioni di coordinamento sia
scientifico che operativo tra i diversi soggetti. E' opportuno
che intanto si rafforzi il collegamento funzionale in ambito CNR,
in quanto la rete degli IRPI è un patrimonio prezioso per
tutto il Paese.
La ricerca di interesse del Ministero della
Difesa L'Amministrazione della Difesa, nell'ambito del "Comitato Difesa Industria e relativa Commissione Tecnica" ha avviato fin dall'ottobre 1996, le iniziative volte ad aggiornare e coordinare l'attività di ricerca nel settore militare/duale. Ciò, allo scopo di ottemperare ad obiettivi generali di ottimizzazione dell'impiego delle risorse e di integrazione delle attività di interesse nazionale con quella derivante dagli impegni di cooperazione assunti a livello europeo nel settore della ricerca (UE/Programma quadro di ricerca e sviluppo, WEAG/programma Euclid, OCCAR).
In concreto detta attività - perseguendo
l'obiettivo di partecipare, in modo coordinato, alle iniziative
in corso in ambiato europeo per definire una base tecnologico-industriale
nel settore difesa - é volta ad armonizzare le terminologie
di riferimento, a individuare i prodotti dell'industria e il livello
di presenza delle aziende nazionali, per poter successivamente
individuare le tecnologie necessarie per realizzare tali prodotti
secondo una graduatoria di priorità. Per rendere operativi
questi intendimenti, lo Stato Maggiore della Difesa ha già
iniziato, in stretta collaborazione con gli SM di F.A. e USG,
un'opera di revisione delle direttive di Ricerca e Sviluppo a
suo tempo emanate. In particolare, è stato dato l'avvio
alla rielaborazione della pubblicazione SMD-L-004 "Linee
di tendenza ed Aree di interesse tecnologico della Difesa",
emanata nel 1993, incentrata sui seguenti punti:
Le predette tecnologie di interesse della
Difesa, una volta definite, dovrebbero confluire nel "Programma
Quadro Nazionale" elaborato e proposti dal MURST, per eventuali
misure di intervento coordinato che tengano conto della dimensione
nazionale ed internazionale della ricerca italiana e che consentano
agli organismi decisionali deputati di mantenere un quadro coerente
di programmazione strategica.
La ricerca astronomica e astrofisica Un esempio di come si potrà e dovrà procedere, anche nell'ambito del Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica, che presenta la maggior ricchezza ed eterogeneità di istituti vigilati, è l'accorpamento, assieme al Centro per la gestione del Telescopio Nazionale Galileo degli Osservatori Astronomici e Astrofisici, con la conseguente costituzione di un Istituto Nazionale per le Scienze del Cosmo. Si tratta di un tipico caso di settore scientifico "maturo", che ha sviluppato autonomamente un alto grado di consapevolezza e di consenso intorno ad una soluzione specifica di riordino e dove da molto tempo è sentita l'esigenza di una maggiore funzionalità. Dal punto di vista delle afferenze istituzionali la ricerca astronomica italiana è articolata in tre parti: osservatori astronomici e astrofisici, istituti e centri del CNR, strutture universitarie. Gli osservatori in numero di dodici, sono enti autonomi di ricerca afferenti al Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica. Le loro sedi, Torino, Milano, Trieste, Padova, Bologna, Firenze, Teramo, Roma, Napoli, Cagliari, Catania e Palermo, formano una rete per la ricerca astronomica ben distribuita sul territorio nazionale. La somma delle dotazioni organiche coinvolge circa 850 unità di personale, di cui 270 distribuite nelle tre fasce di ricercatori astronomi, astronomi associati e ordinari. Gli appartenenti a queste due ultime fasce per legge possono essere chiamati a ricoprire ruoli corrispondenti della docenza universitaria, e viceversa. Il coordinamento degli OO.AA. è svolto dal Consiglio per le Ricerche Astronomiche(CRA), organo di consulenza del Ministro, istituito con il DPR 163/82 in una situazione organizzativa e gestionale degli OO.AA. radicalmente diversa da quella presente. Esso è stato elemento fondamentale non solo per la crescita della ricerca scientifica condotta negli osservatori, ma più in generale per lo sviluppo della ricerca astronomica nazionale con riferimento al lancio di due grandi progetti strumentali, il Telescopio Nazionale Galileo e la partecipazione all'impresa internazionale nota come Large Binocular Telescope. Nel 1996 gli OO.AA. hanno costituito un Consorzio Nazionale per l'Astronomia e l'Astrofisica (CNAAA) allo scopo di gestire i fondi messi a disposizione dal DL 323/96 (8 Mdi/anno per cinque anni) per la realizzazione e utilizzazione di strumenti e impianti di ricerca astronomica e astrofisica. Gran parte di questi fondi sono ora impegnati per la gestione del Telescopio Nazionale Galileo (TNG), il cui utilizzo è esteso a tutta la comunità astronomica nazionale, università e CNR compresi. Il CNR possiede sette istituti, Torino, Milano, Bologna 2, Frascati 2, Palermo, e un centro ad Arcetri (Fi), specificamente dedicati alla ricerca astrofisica. Il personale coinvolto è complessivamente di circa 320 unità, di cui circa 180 appartenenti al personale di ricerca. La docenza in discipline astronomiche (presente in 23 università) coinvolge 120 docenti e circa 40 ricercatori, cui occorre aggiungere circa 30 docenti e ricercatori afferenti a discipline affini. Sono attivi 5 dottorati di ricerca e 2 corsi di laurea in astronomia. Il finanziamento ordinario degli OO.AA. è, per il 1997, di 73 miliardi. Quello delle strutture del CNR, più difficile da quantificare, è di circa 35 miliardi/anno. Ancora più difficile appare una valutazione globale dei finanziamenti universitari, che trascurando gli stipendi del personale docente, ma includendo quelli dei ricercatori, ammonta a circa 10 miliardi/anno. A questi bisogna aggiungere 8 miliardi/anno per il Consorzio, 135 miliardi per le attività internazionali e 30 miliardi/anno di finanziamenti ASI per il settore della Scienza dell'Universo. La ricerca astronomica appartiene al gruppo delle "big sciences" in quanto si fonda sull'utilizzo di potenti e costosi apparati strumentali da terra e dallo spazio, sullo sviluppo delle tecnologie più avanzate per la rivelazione dei segnali, sull'impiego delle tecniche informatiche più sofisticate per l'acquisizione e analisi dei dati, sull'uso di reti adeguate per la trasmissione di grandi moli di dati, nonché sul calcolo ad alte prestazioni per lo studio di sistemi fisici di grande complessità. L'alto livello della competizione internazionale richiede che si ponga mano con urgenza ad un riassetto organizzativo.
E' maturo il tempo perché si
possa procedere quindi all'accorpamento in un unico Istituto
Nazionale delle strutture che operano nel settore dell'Astronomia
e dell'Astrofisica [Istituto Nazionale di Scienze Cosmiche
(INSCO)] Con la realizzazione di tale Istituto nazionale, si potranno
conseguire i seguenti obiettivi principali:
I parchi scientifici e tecnologici Nello sviluppo delle linee programmatiche finora seguite per l'attuazione di una politica di ricerca coerente con le necessità e le potenzialità del Paese, particolare rilevanza è stata attribuita alla promozione e realizzazione di Parchi Scientifici e Tecnologici nel settore della ricerca. I Parchi Scientifici e Tecnologici sono concepiti come strumenti stategici impegnati ad accentuare la velocità creativa di sinergie che si si possono impiantare nel circuito ricerca-innovazione-sviluppo competitivo. L'esperienza positiva dei Parchi scientifici e Tecnologici nasce negli Stati Uniti negli anni '60-'70, (Silicon Valley e Route 128). Le determinanti del successo di queste attività sono fortemente correlate alle scelte strategiche, di quel periodo storico, di specializzazione dell'economia americana nei settori high-tech: domanda di lavoratori altamente specializzati, forte tasso di crescita, alta intensità tecnologica, mercato mondiale dei prodotti. Negli anni ë80 lo scenario economico e tecnologico muta radicalmente. Si assiste all'erosione del vantaggio competitivo nei settori high-tech. La percezione di questo fenomeno erosivo e le correzioni dirette della politica industriale hanno influito sulla evoluzione del carattere dei Parchi Scientifici USA degli anni ë80 con uno spostamento netto degli interessi verso le applicazioni delle tecnologie. Il boom dei PST degli anni ë80 in Gran Bretagna, in Germania, ed in Francia e la correzione di rotta delle iniziative avviate nel decennio precedente, riflettono la turbolenza dei nuovi scenari tecno-economici e la centralità assunta dall'innovazione quale processo di cambiamento del contesto economico, produttivo e sociale. Lo sviluppo di un'area territoriale esige un'accelerazione dei processi di diffusione di innovazione e la ricerca di modalità di organizzazione dei canali per la mobilità della conoscenza e delle tecnologie nel territorio. Il Parco Scientifico e Tecnologico può rappresentare un'efficace soluzione potenziale al problema, se si caratterizza come istema di cooperazione organizzata fra una pluralità eterogenea di soggetti per promuovere e diffondere nuove attività e nuove imprese sul territorio, ovvero come referente di mercato nell'accesso/utilizzo di tecnologia e di servizi di tutti gli altri attori/soggetti coinvolti nel processo innovativo, quali: università, organismi di ricerca, imprese. istituzioni di governo, istituti finanziari, contesto territoriale La 'missione' del Parco si sostanzia così nelle capacità di organizzare tutte le determinanti e valorizzare l'effetto-sistema del processo innovativo nelle sue componenti economiche, tecnologiche, sociologiche, istituzionali, fornendo valore aggiunto nei termini di nuovi servizi. Nell'ambito di questa attività la funzione strategica dei Parchi è stata quella di promuovere lo sviluppo regionale puntando, attraverso il coinvolgimento organico di imprese ed enti pubblici, sulla ricerca scientifica e tecnologica e sulla diffusione dei risultati nel tessuto socio-economico, così da essere di stimolo all'innovazione e di innalzamento qualitativo di tutte le attività produttive e amministrative. A seguito del Decreto Legislativo n. 96/93, che ha trasferito al MURST tutte le competenze e le risorse finanziarie del Ministero per gli Inteventi Straordinari nel Mezzogiorno in materia di attuazione delle iniziative di ricerca da promuovere nelle aree depresse, il Ministero ha riconosciuto 13 Parchi, selezionati con D.M. 25 marzo 1994: TECNOPOLIS CSATA NOVUS ORTUS - Valenzano (BA), PASTIS-CNRSM - Mesagne (BR), ELBA - Marciana (LI), SARDEGNA - Cagliari, SALERNO e delle AREE INTERNE della CAMPANIA - Salerno, MARCHE ( TECNOMARCHE) - Ascoli Piceno, LAZIO MERIDIONALE (PA.LMER) - Latina, CALABRIA (CALPARK) - Rende (CS), ABRUZZO - L'Aquila, AREA METROPOLITANA DI NAPOLI (TECHNAPOLI) - Napoli, SICILIA - Palermo, BASILICATA (BASENTECH) - Pisticci Scalo (MT), MOLISE - Campobasso. Allo stato attuale, in questa fase di start-up, occupano un totale di circa 500 unità lavorative. Il programma approvato dal Comitato Tecnico Scientifico del MURST prevede una spesa di circa 359 miliardi per i progetti di innovazione e di circa 35 miliardi per i progetti di formazione degli "Operatori di progetto". Alla data ordierna, per i progetti di innovazione, a fronte di contratti già stipulati o in stipula l'importo impegnato ammonta a circa 184.miliardi (circa il 51,23%) mentre l'erogato, relativamente agli anticipi contrattuali compresi i progetti che hanno stipulato i contratti per il solo studio di fattibilità per un importo pari al 3% del valore del progetto approvato, ammonta a circa 33.miliardi (circa il 9,42%). Analizzando i dati e le attività degli stessi ci si rende conto, tuttavia, di aver ereditato più che una realtà strutturata un'utile e costosa invenzione. Il termine "Parco" è efficace, ricorda un grande laboratorio ma non lo è, perché l'idea di laboratorio è legata alla Big Science; è un luogo aperto, ma non è l'unione imprenditoriale, né la fabbrica, né la banca, né la fiera. Il Parco richiama la capacità di incontrarsi, è un luogo per persone note, i soci del Parco, ma anche per persone ignote, che vengono per vedere, progettare, contrattare. Allo stato attuale, la situazione dei Parchi riconosciuti dal Ministero è molto eterogenea e, tra i progetti presentati, sono stati prescelti quelli che dovranno coinvolgere qualche centinaia di piccole imprese, consentiranno di valorizzare strutture e centri di ricerca consortili, concorreranno a sviluppare e a favorire la cooperazione e l'associazionismo d'impresa. Va superato l'approccio convenzionale che vede nel parco un sistema autonomo, sostanzialmente chiuso in sè stesso e troppo spesso replicante altre istituzioni di ricerca. Un parco moderno deve essere in grado di rispondere alla domanda reale, e, ancor più a quella non compiutamente espressa, di innovazione del sistema territoriale sul quale opera, senza sostituirsi ad esso ma anzi favorendone lo sviluppo, in una logica di graduale emancipazione dall'intervento assistito. Del resto, nel territorio nazionale non rientrante nelle "aree depresse", stanno funzionando e decollando senza riconoscimento né finanziamento pubblico altri 20 parchi, col contributo delle associazioni imprenditoriali e delle autonomie locali, nella logica di un intervento di mercato. L'assenza di un approccio strategico per sostenerli e innalzarne il livello tecnologico e la capacità di innovazione costituisce un indubbio elemento di vulnerabilità: nel nuovo scenario competitivo internazionale non pochi distretti industriali italiani del Nord stanno infatti entrando in crisi.
Un Parco Scientifico Tecnologico veramente
efficiente dovrà investire nei servizi alle imprese più
che nelle strutture fisiche e nelle attività dai costi
fissi, praticando tutte le possibili sinergie offerte dal territorio
in cui opera e ricorrendo il più possibile a forme avanzate
di outsourcing e di coivolgimento temporaneo di personale altamente
qualificato.
Il ruolo di servizio e di promozione del
Ministero degli Esteri Il Ministero degli Esteri è certamente una delle amministrazioni più coinvolte a vario titolo nella politica per la ricerca nazionale. Nel campo della cooperazione economica scientifica e tecnologica internazionale si pone come soggetto catalizzatore di servizio e di sostegno della proiezione all'estero del "Sistema Italia" nel suo complesso, per questo avvalendosi della rete diplomatico-consolare, degli Uffici degli Addetti scientifici, degli Istituti di Cultura. Concorre sul piano interno, a definire le strategie ed i programmi di azione nei singoli Paesi, nell'ambito regionale e nel quadro multilaterale, tenendo conto dello stretto legame intercorrente tra ricerca scientifica, innovazione tecnologica e sviluppo del sistema produttivo. In questo contesto è fondamentale la collaborazione con il Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica, con il Consiglio Nazionale delle Ricerche e le strutture della ricerca di base ed applicata e con le Università, dato che la cooperazione interuniversitaria e gli scambi di studiosi e ricercatori costituiscono componenti essenziali dell'azione italiana, mentre si fa forte l'esigenza di migliorare la sinergia tra la rete diplomatico-consolare e le reti universitarie e di ricerca transnazionali. Nel quadro dei numerosi accordi di programma tra il MAE e gli Enti di ricerca e le Università, in particolari settori quali l'energia, l'ambiente, la sicurezza nucleare, le tecnologie delle comunicazioni, lo spazio e i trasporti, il Ministero potrebbe configurarsi come soggetto dotato di una limitata e autonoma capacità di spesa. E' indispensabile che il Ministero degli Esteri sia messo in grado di svolgere il ruolo di volano e di punto di raccordo, al servizio del Sistema Italia, delle diverse iniziative assunte dai soggetti attivi di cooperazione internazionale, in modo da accrescere la complementarietà, evitare duplicazioni e competizioni e ottimizzare in definitiva i risultati conseguibili con le limitate risorse a disposizione. Il momento formale della strategia nel campo della cooperazione scientifica e tecnologica internazionale è costituito dalla negoziazione degli accordi bilaterali, la cui finalità è di inserire in un quadro coordinato le iniziative assunte dai diversi soggetti interni secondo le rispettive. Occorre soprattutto che le iniziative sul piano bilaterale siano coerenti con l'azione che l'Italia svolge sul piano multilaterale, così da trarre il massimo beneficio dalla reciproca integrazione. Occorre adeguare inoltre le risorse finanziarie alla più complessa articolazione degli accordi che oggi abbracciano l'intera gamma dei rapporti fra gli istituti scientifici e le università, attraverso lo scambio di ricercatori e la realizzazione di programmi congiunti di ricerca e danno maggiore spazio all'organizzazione di convegni, seminari e mostre aperti alla partecipazione del mondo produttivo.Un adeguamento delle risorse finanziarie è necessario anche per fare fronte alla crescente richiesta di formazione e di specializzazione dei quadri tecnici che proviene dai paesi di quattro aree di interesse prioritario per l'Italia: i paesi dell'Europa centro-orientale, nei quali l'Italia è impegnata a sostenere il critico passaggio dall'economia centralizzata all'economia di mercato, i paesi del Mediterraneo, area in cui l'Italia è ancor più fortemente impegnata a sostenere uno sviluppo progressivo ed incisivo del partenariato euro-mediterraneo, l'America Latina e l'Asia.
La dimensione della rete (23 posti in 20 paesi)
degli Addetti scientifici è palesemente inferiore a quella
di altri Paesi che hanno potenzialità di ricerca e di innovazione
tecnologica simili alle nostre. E' auspicabile che la rete, risorsa
preziosa di collegamento anche per il Ministero della Ricerca,
venga ricomposta, riqualificata, anche nei meccanismi di selezione,
e possibilmente potenziata non appena la situazione finanziaria
lo consentirà. Il ruolo dell'Addetto scientifico è
oggi divenuto di grande significato per la valorizzazione dei
settori di eccellenza della ricerca scientifica e l'affermazione
delle capacità di innovazione dell'industria italiana.
Sul piano delle risorse umane occorre studiare misure che consentano
a giovani laureati di prestare servizio civile presso gli Uffici
nonché di effettuare stage di formazione, finanziati da
università, enti, autonomie locali o programmi nazionali
e internazionali di mobilità nelle nostre Rappresentanze
all'Estero.
LA RICERCA PRIVATA E I MECCANISMI
PUBBLICI DI SOSTEGNO La capacità delle imprese di creare valore aggiunto è uno dei fattori chiave del livello di competitività e di benessere di un Paese: tale capacità è strettamente correlata al grado di applicazione delle innovazioni scientifiche e delle nuove tecnologie. E' indispensabile quindi assicurare un più stretto legame tra ricerca ed industria, in modo da tradurre i risultati scientifici e tecnologici in applicazioni concrete. Nel 1994 la spesa per la Ricerca e Sviluppo nelle imprese italiane è stata di Lire 10.700 miliardi, pari rispettivamente al 56% del totale nazionale della spesa in Ricerca (cfr. Tabelle e Grafici 2, 6-10). Le piccole e medie aziende (con meno di 250 addetti) hanno contribuito a tale spesa solo per il 13% pur producendo il 60% del PIL. E salvo alcune eccezioni, esse si collocano in settori a tecnologia medio bassa, per cui, con una così esigua attività in Ricerca, è sempre più problematico prevedere una loro evoluzione tecnologica. Nel sistema economico italiano,conformemente allo spirito degli articoli 130 F e 130 G del Trattato di Maastricht che riguardano la ricerca e lo sviluppo tecnologico è evidente la necessità di intensificare i rapporti tra Ricerca pubblica e Ricerca privata, anche al fine di intensificare gli sforzi per una ricerca di alta qualità e a forte ricaduta applicativa. A fronte dell'impegno diretto dello Stato per la ricerca industriale - comunque da sostenere - proprio le Università e gli Enti pubblici di ricerca devono essere spinti, anche con particolari facilitazioni, a orientare la loro ricerca più qualificata verso aree che, a medio-lungo termine, abbiano sbocchi applicativi e comunque a ricercare formule di collaborazione con le imprese, traendone benefici diretti e quindi scambiando risorse umane e finanziarie da reinvestire. L'art. 14 della nuova legge 196/97 sull'occupazione intende appunto sperimentare a vantaggio delle PMI nuove forme temporanee di "prestito gratuito" di ricercatori e tecnologi degli Enti pubblici di Ricerca. Le imprese sopratutto quelle medio piccole, con questi nuovi strumenti di supporto per la R&S, possono attivare iniziative di innovazione di processo e di prodotto con il supporto ed il know how altamente qualificato di ricercatori pubblici, senza averne l'onere dei costi ma soprattutto senza impegni di prosecuzione del rapporto professionale. Quello che l'industria deve dimostrare, però, è una reale capacità di conoscenza del mercato e della sua evoluzione, e di conseguenza una capacità di pianificazione dell' innovazione strategica. Il rischio dell' innovazione, soprattutto per le PMI deve essere abbattuto ricorrendo, come è prassi nei maggiori paesi occidentali a forme di cooperazione per aziende omogenee. Un ruolo importantissimo nel supporto alla Ricerca e Innovazione nel settore imprenditoriale del Paese deve essere dato dalle banche e dalle fondazioni. Oggi una delle principali ragioni per le quali il sistema bancario italiano è poco sensibile al finanziamento della ricerca è legata alla mancanza di capacità da parte delle stesse di valutarne i rischi. Favorire la costituzione di centri altamente qualificati di valutazione dei progetti di sviluppo tecnologico potrebbe agevolare la possibilità di reperire sul mercato capitale di rischio. questi centri potrebbero nascere con la partecipazione delle banche e delle imprese e trovare una loro stabile collocazione sul mercato.
La conoscenza del rischio è, per le
banche, fondazioni e venture capital, sicuramente il requisito
principale ma non l' unico per entrare attivamente nel
mercato della ricerca. Occorre che il contesto diventi 'attraente'
promuovendo un sistema armonico di incentivi.
I criteri e le forme del sostegno pubblico
Ogni paese industrializzato necessita di una ricca gamma di strumenti per interventi di politica scientifica e tecnologica volti a favorire l' innovazione del sistema industriale. Anche l'Italia deve poter disporre di alcuni degli strumenti usati con successo negli altri paesi. Anche nella prospettiva di superare quelli di tipo tradizionale - incentivi attivi a fondo perduto o in conto interessi, e finanziamenti per progetti prevalutati rispetto ai quali può porsi il problema delle norme sulla concorrenza delle grandi imprese, occorre sviluppare al più presto forme di sostegno negoziato per particolari settori e aree o forme di sostegno automatico che utilizzino soprattutto la leva fiscale. Con modalità diverse per i diversi livelli di attività richiesti dal mondo imprenditoriale e dei servizi, tutti gli strumenti devono favorire almeno una delle seguenti attività:
Nel rivedere tutti gli strumenti esistenti e nel programmarne altri si deve comunque tener conto di due requisiti prioritari: la rapidità di funzionamento e il supporto integrato. Per il primo requisito, sia che si tratti di azioni dall' alto che di proposte dal basso, non può essere credibile un meccanismo la cui attuazione richieda tempi lunghi (anni) per un settore in cui la rapidità di risposta risulta un fattore di successo in un sistema ad alta competitività come quello industriale. Per il secondo requisito si deve considerare che, in una struttura imprenditoriale moderna, un efficace sostegno alla Ricerca non può fondarsi sul fattore di sovvenzione, ma richiede soprattutto l'accessibilità ad una amministrazione più efficiente, la disponibilità sul territorio di un efficiente sistema di Ricerca pubblico e di meccanismi diretti di trasferimento tecnologico che promuovano anche lo scambio di ricercatori tra la struttura pubblica e quella privata. In questa direzione si sta procedendo, da parte del Governo - in particolare i ministeri dell'Industria e della Ricerca scientifica e tecnologica - ad una revisione generale di tutte le azioni di finanziamento catalogando in poche tipologie fondamentali le varie incentivazioni così da ottenere che tutte le amministrazioni riformulino concordemente le proprie procedure. Con un recente decreto, previsto dall' art. 18, comma 2, della legge 59/97, il Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica ha apportato tutte le semplificazioni possibili a legislazione vigente sia nella applicazione della legge 46/82, che della legge 104/95. In particolare sono stati ridotti a sei mesi i tempi massimi dell'intero iter procedurale delle domande; è stato adottato il criterio dell'autocertificazione per i soggetti richiedenti; sono state ridotte a minimo le garanzie. Ciò fa seguito all'opera, iniziata già nell'agosto scorso, di snellimento delle procedure CIPE per quel che riguarda l'attuazione della legge 488/92.
Il Ministero dell'Industria sta inoltre
lavorando per l'attuazione della delega prevista dall'art.
4 comma 4 lett. c) della legge 59/97, preordinata a una riforma
del sistema d'intervento in favore delle imprese. L'obiettivo
che si intende perseguire è quello di pervenire, pur nella
molteplicità dei regimi d'aiuto esistenti, all'individuazione
di tre schemi procedimentali, (automatico, valutativo e negoziale),
cui i regimi stessi dovranno conformarsi in sede attuativa. La
standardizzazione dei procedimenti consentirà da un lato
una più facile interlocuzione tra imprese e pubblica amministrazione
e dall'altro, tramite una contestuale semplificazione delle
procedure, di predeterminare tempi congrui per la concessione
ed erogazione delle agevolazioni.
Gli strumenti tradizionali per il sostegno
attivo Numerose sono le leggi a sostegno della ricerca industriale sia a livello nazionale che a livello regionale. In particolare le leggi 46/82, 346/88, 104/95, 317/91, 488/92, 95/95, 808/95. La legge 17 febbraio 1982 n. 46 ha costituito in questi anni il quadro di riferimento degli interventi pubblici a sostegno delle attività di ricerca applicata volte ad assicurare, attraverso una organica e coordinata attuazione degli indirizzi determinati dal governo, la costante evoluzione delle tecnologie innovative e il conseguente adeguamento dei processi produttivi, nonché a favorire il processo di trasferimento di tecnologie verso le piccole e medie imprese. La legge risponde tuttavia a finalità esclusivamente imprenditoriali (con riferimento alle aziende nazionali o che operano nel territorio nazionale) e prevede due importanti strumenti di sostegno alla ricerca: il FONDO RICERCA APPLICATA (FRA) a disposizione del MURST e il FONDO INNOVAZIONE TECNOLOGICA (FIT) a disposizione del MICA. Il FRA è attualmente presso l'Istituto Mobiliare Italiano (IMI), cui è affidata la gestione operativa degli interventi. E' rivolto a fornire un sostegno finanziario alle imprese industriali e loro consorzi; agli enti pubblici economici che svolgono attività produttiva; alle società di ricerca costituite con i mezzi del Fondo; ai centri di ricerca industriale con personalità giuridica autonoma purchè promossi da operatori industriali; ai consorzi tra imprese industriali ed enti pubblici. Il Fondo Ricerca Applicata della legge 46 si presenta come uno strumento agile e molto articolato. A conferma di ciò, il Ministero dell'Università e della Ricerca ha adottato una procedura semplificata per le PMI, che ha avuto come effetto lo sblocco del Fondo e un aumento delle richieste che sono passate da 1325 miliardi nel 1995 a 3000 miliardi nel 1996. Il lvello di impegno del FRA per le PMI è quindi passato dal 15,9% del 1995 al 25% del 1996. E' evidente che l'avvio di meccanismi di semplificazione delle procedure e di certezza dei tempi, rispondendo a quelle che sono le reali esigenze dell' industria tendono ad innescare meccanismi ëvirtuosi' di promozione della ricerca. Il FIT, a differenza del FRA, è gestito dal Ministero dell'Industria senza il tramite di un intermediariario finanziario. Mentre il FRA è rivolto alla ricerca di nuovi prodotti, metodologie, processi, ecc., il FIT è maggiormente orientato alle applicazioni dei risultati della ricerca tramite la progettazione, sperimentazione, sviluppo e preindustrializzazione finalizzati ad apportare rilevanti avanzamenti tecnologici sia nell'ambito di nuovi prodotti e processi sia per il miglioramento di prodotti e processi esistenti. Fino al 31.12.1996 sono stati approvati 3249 programmi di cui 1961 realizzati da piccole e medie imprese, gli impegni complessivamente assunti ammontano a 8398 Miliardi e di questi 2151 Miliardi sono riferiti a programmi di piccole e medie imprese. Sono stati erogati finanziamenti per 6012 Miliardi e sono tuttora giacenti per l'istruttoria e l'approvazione oltre 800 programmi per complessivi 2400 Miliardi. Il Ministero dell'Industria ha allo studio un'organica riforma del FIT, preordinata alla riduzione a 6 mesi dei tempi istruttori, alla standardizzazione del procedimento di concessione ed erogazione delle agevolazioni, introducendo procedure semplificate per le iniziative di minore dimensione e facendo ricorso in regime di convenzione a società ed enti specializzati per lo svolgimento di attività istruttorie di natura tecnica.
In tale contesto andranno ricercati momenti
procedimentali comuni nella riconsiderazione degli scopi ora assegnati
al FIT e al FRA, nell'ambito di una sostanziale unificazione
delle modalità di azione dei due strumenti di intervento.
Gli strumenti negoziali per nuove forme
di sostegno
Se vengono
presi in esame i singoli fattori che determinano la crescita economica
e sociale di una regione, la realtà meridionale allo stato
attuale esprime alcuni aspetti contraddittori. Siamo in presenza
di un'articolazione sociale variegata nel cui interno si avvertono
le istanze di quelle forze produttive con capacità d'impresa
e saperi locali non ben valorizzati, che si sono andati diffondendo
anche grazie alle politiche d'intervento straordinario. Se gli
indicatori qualitativi presentano un quadro sociale ricco di sinergie,
i dati quantitativi segnalano, nel Mezzogiorno, tra il 94 ed il
96:
Per ridurre il divario esistente tra le regioni
del Nord e quelle del Sud e dare avvio ad un progetto di riequilibrio
territoriale che non utilizzi i tradizionali strumenti dei finanziamenti
a pioggia si è cercato di raccordare i bisogni delle forze
vive della società meridionale (lavoro, saperi e impresa)
con quelle della ricerca per realizzare una politica specifica
del trasferimento tecnologico. Tali modalità di intervento
hanno sollecitato l'interesse di operatori economici, rappresentanze
sindacali e amministratori locali e hanno altresì avviato
un processo di redistribuzione e trasferimento di compiti tra
amministrazioni centrali e amministrazioni regionali e locali
peraltro recepito dalle leggi "Bassanini" 59 e 127 del
1997, i cui effetti saranno positivi anche nel quadro di attività
quali la Ricerca, la Formazione e la Tutela dell'ambiente e del
patrimonio, da sempre sostenute dal Governo centrale, come attivitàdeputate
alla costruzione di un quadro favorevole allo sviluppo economico
e sociale. Per favorire la sinergia tra soggetti pubblici e privati
si è voluto dare avvio a nuove forme di negoziazione programmata
in modo da avviare attività coordinate su di una specifica
area e per le quali occorrono interventi diversi per competenza
e metodo che richiedono la presenza massiccia di attività
di ricerca, di formazione e di riqualificazione tecnologica.
I nuovi strumenti fiscali per un sostegno
automatico Per accelerare l' innovazione industriale ed accrescere la competitività del sistema delle imprese con l' uso di strumenti in grado di operare in tempi brevi, si sono considerati di particolare interesse meccanismi automatici di natura fiscale, rispetto a quelli di natura discrezionale o programmatica, come previsti dalla legge 46/82. Lo strumento fiscale rappresenta infatti un tipo di incentivo alla R&S automatico e 'neutrale', aderente alle esigenze di rapidità, flessibilità e certezza proprie del sistema produttivo. La scelta di campo degli obiettivi è lasciata infatti liberamente al soggetto impresa ed è totalmente ëpilotata' dal mercato e dalla sua evoluzione. Proprio per queste caratteristiche, lo strumento fiscale interviene di preferenza a stimolare l'innovazione di tipo incrementale-diffusivo orientata al continuo sostegno della competitività del prodotto -spesso unico obiettivo della ricerca industriale nelle PMI - ma largamente presente e fondamentale nell' attività delle grandi imprese. L'attivazione di tale strumento consente inoltre di qualificare gli altri strumenti di tipo discrezionale, come quelli previsti dalla legge 46/82, riservandone l'utilizzazione per obiettivi scientifici tecnologici di reale portata innovativa sul piano industriale. Infine, per quanto riguarda l' impatto finanziario, è opportuno tener conto del fatto che l'intervento fiscale contiene in sè un meccanismo di ëritorno' parziale della spesa pubblica, compensando la diminuzione iniziale del gettito con l' incremento, nel medio termine, della redditività dell' impresa e, quindi, delle entrate fiscali. Nei paesi dove i meccanismi di incentivi fiscali automatici per la ricerca sono stati applicati, come in Germania o in Francia, hanno dato esito positivo. Da come si sono diffusi in varie forme nei principali paesi occidentali, gli strumenti di natura fiscale prevedono di utilizzare meccanismi di sgravio (credito d'imposta), sulla base dei consuntivi dei costi in R&S relativi all' anno precedente. I costi riconosciuti sono non solo quelli sostenuti per la ricerca di base e applicata, ma anche quelli sostenuti per lo 'sviluppo sperimentale' finalizzato a perfezionare materiali, completare processi o innovare prodotti, favorendo così una innovazione di tipo incrementale, orientata al sostegno della competitività tecnologica. E' possibile avere diversi modi attuativi per questo strumento, con graduazione diversificata per fasce d' imprese caratterizzate in base ai parametri comunitari:
L'esigenza di meccanismi di agevolazione fiscale automatici e strutturali sono un requisito irrinunciabile soprattutto per le PMI dove la libera e responsabile capacità di accesso e l'appetibilità rispetto ad altre forme di incentivo, ne fanno un forte stimolo per l'avvio di attività di ricerca e innovazione. I provvedimenti di natura fiscale potrebbero costituire un potente amplificatore dell'impegno del sistema industriale nello sviluppo tecnologico. Contribuirebbero inoltre a qualificare il ruolo del ricercatore, ad accrescerne il numero ed a stimolare l' azienda ad interagire con la ricerca pubblica: il meccanismo che premia gli incrementi di spesa in R&S, spingerebbe, quando opportunamente utilizzato, a modulare le spese di ricerca di anno in anno, in funzione delle esigenze dei programmi. Quella del credito automatico d'imposta per spese di Ricerca è tuttavia una modalità agevolativa che presenta aspetti di applicazione e soprattutto di stima dei costi alquanto complessi. Un primo passo verso l' adozione della leva fiscale come strumento a supporto della ricerca sarà sperimentato sulla base della Legge 140/1997 (art. 13). Il provvedimento dovrebbe agevolare le spese di ricerca sostenute nell'esercizio precedente la presentazione della domanda e imputate al conto economico sulla base delle norme fiscali vigenti. La misura dell'aiuto, viste le finalità della norma, sarà fissata entro limiti più contenuti rispetto a quelli previsti dall'Unione Europea. Al fine di incentivare la propensione delle imprese a investire in attività di ricerca, una parte delle agevolazioni sarà altresì commisurata all'incremento delle spese sostenute rispetto agli esercizi precedenti. La natura automatica delle agevolazioni, subordinata alla sola verifica delle risorse disponibili da parte dell'amministrazione, consentirà alle imprese di fruire dell'agevolazione in tempi sufficientemente rapidi per il pagamento delle imposte che affluiscono sul conto fiscale. A tale provvedimento ne seguiranno comunque altri e di differente natura, permanenti e strutturali, relativi ad esempio alla defiscalizzazione delle spese per l'assunzione di ricercatori o per commesse di ricerca a università ed enti. GESTIONE, VALORIZZAZIONE DEL PERSONALE, MECCANISMI DI MOBILITÀ La riforma del sistema della ricerca non può dirsi completa se non interviene anche sulle norme e sulle procedure che regolano la gestione delle risorse umane, con particolare riferimento ai ricercatori e ai tecnologi, fin dal loro primo impiego e dalla loro formazione professionale. Il lavoro di équipe rende del tutto atipica l'attività di ricerca rispetto a quella generica della P.A. e motiva la richiesta di regole e comportamenti specifici. Si deve tra l'altro notare che, se l'autonomia concessa dalla legge 168/89 offriva una soluzione soddisfacente, essa è stata attenuata dal decreto leg. 29/93 che ha ricondotto molti aspetti del lavoro del ricercatore a quelli generali della pubblica amministrazione. L'inversione di questa tendenza ed una generale semplificazione e delegificazione vanno messi tra gli obiettivi primari della riforma del sistema, soprattutto per il superamento di rigidità ordinamentali e per il raggiungimento di un'adeguata retribuzione dei soggetti, difficilmente conseguibile entro i vincoli posti alla contrattazione per il pubblico impiego. Unità del personale non può in nessun modo significare appiattimento ed uniformità. Al contrario, devono essere valorizzate le diversità di ruolo, di competenza e di professionalità per raggiungere l'unità di scopo, essenziale per il funzionamento di un sistema complesso come un ente o un'impresa di ricerca moderni. Impegni scientifici e tecnologici di rilevante complessità o di particolare novità non sarebbero possibili senza il lavoro integrato di tutto il personale della ricerca compreso il personale amministrativo, che dovrà sempre più avere competenze non soltanto nella gestione della spesa, ma anche nell'acquisizione e nell'ottimizzazione delle risorse. L'efficacia della ricerca come elemento di supporto alla competitività del sistema Paese è funzione del numero di persone, formate attraverso e non soltanto per la ricerca, le quali, operando nelle attività produttive, di servizio e amministrative, favoriscono una sempre maggiore presenza di cultura scientifico-innovativa nel tessuto della società.. La valorizzazione della professionalità dei ricercatori e dei tecnologi richiede prima di tutto il riconoscimento della loro funzione sociale da ottenersi, se possibile, anche attraverso l'adozione di uno "statuto dell'attività di ricerca", comune tra pubblico e privato, che stia a fondamento del delicato equilibrio tra garanzie legislative essenziali ed opportune flessibilità contrattuali. Un corretto funzionamento del sistema comporta d'altra parte un' equilibrata applicazione e distribuzione del principio dell'autonomia. Garantita come essa è dal dettato costituzionale, l'autonomia del singolo ricercatore e della singola struttura di ricerca non può travalicare - come spesso è stato o è ancora oggi - nell'affermazione di un inaccettabile privilegio o nell'anarchia. Nel settore pubblico, occorre pervenire ad un sistema che sulla base del principio di libertà di insegnamento e di ricerca, assicuri al Paese la possibilità di raggiungere gli obiettivi generali prefissati nei tempi previsti, valutando e se del caso, sanzionando, i risultati; ai cittadini contribuenti la trasparenza dei diritti e dei doveri del personale docente e di ricerca impiegato; a quest'ultimo la valorizzazione delle professionalità personali e la corrispondenza tra retribuzione e qualità/quantità delle prestazioni. La mobilità va concepita in primo luogo come circolazione di sapere e di risorse indispensabili per garantire l'integrazione a sistema di tutte le competenze presenti nei luoghi della ricerca e in secondo luogo come continuo flusso di persone che avendo avuto una formazione anche di ricerca si innestano con mentalità innovativa in nuove attività lavorative. Essa deve essere basata sulle "opportunità" di una migliore prospettiva personale, non necessariamente solo economica, più che sulla "protezione del posto", anche se devono essere previste alcune minime garanzie per chi accede alla mobilità dal pubblico verso il privato. La mobilità del personale di ricerca all' interno del sistema pubblico va fondata sulla mutua riconoscibilità delle diverse comunità scientifiche, che si traduce prima di ogni altra cosa nella progressiva omogeneizzazione delle procedure di reclutamento e di riconoscimento dei titoli di ricerca. Per offrire un adeguato sistema di garanzie specifiche e per individuare i canali di una mobilità che valorizzi la professionalità del ricercatore stesso è inoltre necessario individuare un nuovo equilibrio tra legislazione e contrattazione cui faccia riferimento anche il sistema imprenditoriale nel rispondere ad effettivi e certificati fabbisogni di ricerca. La mobilità temporanea di personale pubblico verso le imprese non potrà riguardare indistintamente e genericamente l'intero tessuto produttivo, ma dovrà essere finalizzata all'impiego aggiuntivo di nuove risorse umane e finanziarie là dove già esiste, almeno come volontà di programmazione e di spesa, attività di ricerca.
Linee di intervento
All'interno del quadro fin qui delineato e
alla luce di esigenze di esemplarità e di efficacia improcrastinabili,
si possono avanzare alcune ipotesi di lavoro, sia normative che
contrattuali:
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