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Stati generali Roma 19 dicembre 2001 Introduzione del Presidente del gruppo Ristretto di Lavoro Giuseppe Bertagna
Il 18 luglio scorso sono stato nominato dal
Ministro Presidente del Gruppo Ristretto di Lavoro
incaricato «di fornire concreti riscontri per un nuovo piano
di attuazione della riforma degli ordinamenti scolastici, ovvero per
le eventuali modifiche da apportare alla legge 30 del 10 febbraio 2000».
Il Ministro ci aveva assegnato quattro mesi di tempo per concretizzare
questo compito. Tenendo conto delle ferie costituzionalmente garantite
abbiamo ottemperato all’impegno: 18 luglio-18 dicembre. Come richiesto dal Ministro, per sollecitare
una discussione nella scuola, nell’opinione pubblica, tra le parti
sociali, nel mondo associativo dei docenti e dei genitori, nelle altre
istituzioni della Repubblica (regioni, province, città metropolitane,
comuni) prima degli Stati generali, ho personalmente consegnato in
data 26 novembre l’Introduzione firmata dall’intero Gruppo
e la Parte I redatta a cura del sottoscritto del Rapporto di
documentazione ora edito a tempo di record sul numero speciale di
Annali della P.I. che vi è stato distribuito. Questa Parte è stata
messa in rete, nel sito www.istruzione.it, il mattino del 28 novembre.
In data 3 dicembre, ho consegnato al Ministro
anche la Parte II del Rapporto di documentazione,
redatta a cura dei vari membri del Grl, parte che trovate sempre nel
numero di Annali in cartella. Questa Parte è stata messa in rete per
arricchire il dibattito nell’apposito Forum sulla riforma, il
mattino del 5 dicembre. Il Rapporto di sintesi dei lavori del
Grl, con le annesse Raccomandazioni per l’attuazione della
riforma, redatte anche tenendo conto del dibattito nel frattempo
intervenuto e dei risultati dell’indagine Istat, resi noti il 12
dicembre, è stato, infine, da noi trasmesso al Ministro il 14
dicembre sera. L’impianto strutturale dell’ipotesi di
progetto di riforma è condiviso da tutto il Grl. Ciascuno di noi,
tuttavia, ha la propria firma, la propria storia e le proprie
sensibilità. Nessuno di noi vive in un esilio cosmico. Per questo
conviene sempre sottolineare più quanto unisce che quanto
differenzia. Del resto, meglio dire sempre tutto, anche i particolari,
con esplicitezza e trasparenza, piuttosto che sfumarli nella reticenza
e nell’equivoco. Da questo punto di vista, mi pare allora
importante sottolineare, sebbene in sintesi, rimandando gli
approfondimenti alla copiosa documentazione scritta che mi auguro
tutti abbiano già letto o intendano leggere, alcuni aspetti utili per
impostare un dibattito produttivo. Primo aspetto:
gruppo di servizio Il nostro è stato un
Gruppo tecnico di servizio. Non avevamo mandati politici. Per questo
abbiamo lavorato in prospettiva prepolitica, cercando solo di mettere
a disposizione degli organi della Repubblica (stato, regioni,
province, città metropolitane, comuni)
elementi e materiali per le decisioni riformatrici che vorranno
prendere. Né avevamo mandati
pedagogici di nessun genere. In questo senso, non abbiamo voluto, né
avremmo potuto, immaginarci depositari di qualsiasi ipotesi o proposta
da socializzare e sulla quale cercare o creare noi consenso. In questa
prospettiva, per esempio, non siamo nemmeno intervenuti a correggere
evidenti distorsioni delle nostre proposte: essendo state pubblicate
dal 28 novembre, bastava andare a leggerle per accorgersi che erano
molto diverse da come spesso sono state presentate. Il nostro è stato, al
contrario, un lavoro, ci auguriamo attendibile, di recensione critica
delle esigenze e delle opinioni di riforma del «sistema educativo di
istruzione e di formazione» (art. 1, c. 1 della legge 30/2000)
presenti nella società civile del nostro Paese; in secondo luogo,
sulla base delle Raccomandazioni del Ministro e delle esigenze e delle
opinioni di riforma incontrate, il nostro è stato un primo tentativo
di mettere insieme proposte di riforma non solo e non tanto
maggiormente condivise, ma anche e soprattutto compatibili tra loro. Tutti sappiamo,
infatti, che difficilmente, prese a una a una, per sé, esistono
ipotesi di riforma del sistema educativo di istruzione e di
formazione che non siano portatrici di preoccupazioni condivisibili.
Il problema nasce quando si mettono insieme e si cerca di costruire
un’architettura di sistema. In questo caso, capita spesso che alcune
proposte singolarmente condivisibili siano, messe insieme, tra loro
confliggenti e costringano, perciò, per elementari ragioni di
coerenza, a fare qualche opzione. Quindi anche a vedere abbassare il
livello di consenso. In questa situazione,
tuttavia, o ci si arrende e si lasciano andare le cose come stanno, o
si decide di imboccare una strada precisa. Noi abbiamo scelto, dopo
adeguate discussioni interne ed esterne, unitariamente, una strada
precisa, quella riassunta nella slide n. 1, del tutto
consapevoli, però, che non solo tale strada è e deve essere
discutibile, ed in effetti è stata criticata in più punti di cui
abbiamo cercato di dare conto nel Rapporto di sintesi, ma che
può benissimo anche essere abbandonata a vantaggio di altre vie
alternative o integrative che poi ciascuno deciderà se percorrere più
o meno integralmente. Può anche darsi, d’altra parte, che la strada
da noi scelta adesso, quella del 5+3+4, possa sfociare tra qualche
anno in altre, tipo il 6+6 o 4+4+4, oppure si corregga anche subito
con altre geometrie variabili. Secondo aspetto: i cardini della nostra ipotesi di lavoro Abbiamo considerato cardini della nostra strada i seguenti: - innalzamento della
qualità e del livello complessivo del sistema scolastico da
realizzarsi attraverso l’obbligo di istruzione e/o formazione per
almeno 12 anni (o, comunque, nell’ipotesi minima, fino
all’ottenimento di una Qualifica di formazione secondaria entro i 18
anni); andando in questa direzione, il nostro Paese si colloca
all’avanguardia nell’Ue (slide n. 2); - esclusione di
qualsiasi scelta, per i ragazzi, ancorché reversibile, tra il
percorso dell’istruzione e della formazione secondaria prima dei 14
anni; esclusa la scelta tra diverse tipologie di Licei ipotizzata
dalla legge 30/2000 a tredici anni, docenti e genitori interpellati
dall’Istat, d’altra parte, si sono trovati in gran parte
d’accordo (63,9% i primi e 65,9% i secondi) nell’offrire ai
ragazzi che concludono la scuola media la responsabilità di optare
tra questi due percorsi; più imbarazzati sono gli studenti: il 45,2%
di loro non si esprime; il 44,8%, però, è favorevole, solo 10% è
contrario; - articolazione del
ciclo dell’obbligo di istruzione in una scuola primaria, che resta
ordinamentalmente quinquennale, e in una scuola secondaria di I grado,
che rimane triennale, fortemente collegate tra loro piano in un
percorso, continuo e progressivo, articolato in cicli biennali; la
riscoperta del segmento secondario di I grado, del resto, è un tratto
molto europeizzante, visto che quasi tutti i Paesi europei ne sono
provvisti (slide n. 3). - potenziamento
educativo, culturale e, in senso aggiornato ed innovativo,
professionale del percorso della formazione secondaria, sia essa a
tempo pieno o in alternanza; - interconnessione tra
il sistema dell’istruzione e della formazione, nella consapevolezza
che è sempre più difficile separare la dimensione propriamente
operativa del sapere, che fa riferimento al “mostrare” più che al
“dire”, da quella più specificamente riflessiva, astratta e
critica; - istituzione, accanto
al sistema universitario, di un sistema di formazione superiore, che
generalizzi gli attuali IFTS, ancora agli inizi, e li faccia evolvere
verso assetti istituzionali meglio definiti e più stabili, e preveda
itinerari differenziati per durata e terminalità (da 1 a 6 semestri a
tempo pieno o da 1 a 8/9 se posti in alternanza scuola-lavoro); da
notare che l’82,8% dei docenti, il 64,4% dei genitori ed il 54,3%
degli studenti risulta favorevole a questo cardine; - organizzazione della
didattica in cicli di sviluppo biennali, sia per favorire una maggiore
flessibilità, sia per
assumere, nei confronti dei cosiddetti debiti formativi, un
atteggiamento che permetta di combinare e contemperare, in modo
coerente, rispetto delle differenze dei diversi ritmi di apprendimento
e rigore; - piena attuazione
dell’art.6, c.1, del D.M. 509/99 che obbliga l’università a
verificare la preparazione iniziale necessaria per frequentare il
corso di laurea prescelto. Nell’ipotesi del Grl, questo obbligo si
estende anche ai corsi di formazione superiore, che debbono verificare
l’effettivo possesso, da parte di chi desidera l’accesso, delle
conoscenze, delle abilità e
delle competenze stabilite. All’uno e all’altro canale,
università e formazione superiore, si può accedere indifferentemente
sia dal percorso dell’istruzione secondaria (Licei), sia da quello
della formazione secondaria.
Viene altresì proposta l’attivazione di un servizio di
attività formative propedeutiche, da un mese ad un anno, svolte in
collaborazione con istituti della scuola superiore di II grado, da
docenti di quest’ultima appositamente selezionati dai diversi corsi
di laurea, che provveda ad “allineare”
la preparazione dello studente ai livelli qualitativi richiesti
per l’accesso; - affidamento al
Servizio Nazionale per la Qualità del Sistema Educativo di Istruzione
e di Formazione, all’inizio della 1°, 3° e 5° primaria, della 2°
media, della 1° e della 3° secondaria, nonché alla fine della 3°
media e dell’ultimo anno della
secondaria, del compito di predisporre verifiche sistematiche
sulle conoscenze e sulle abilità degli allievi, richieste dai piani
di studio nazionali; - riorganizzazione
dell’attività didattica per ridurre il numero delle discipline,
mantenendolo entro una soglia che sia compatibile con la reale
possibilità, da parte dello studente, di assimilare il linguaggio, la
trama concettuale, i contenuti essenziali e lo statuto epistemologico
di ciascuna di esse e di assicurare, nel contempo, l’attivazione di
uno spazio di lavoro interdisciplinare che permetta l’acquisizione
concreta di tutte quelle conoscenze, abilità e competenze che non
rientrano nei confini delle discipline prescelte e sono, tuttavia, da
considerarsi irrinunciabili ai fini di una formazione completa degli
studenti; - articolazione
unitaria delle ore annuali di lezione in due sottoinsiemi: uno di 25
ore settimanali (825 annuali), a loro volta distinte in 20 ore
settimanali (660 annuali) a quota nazionale e 5 settimanali (165
annuali) a quota locale, pensate non tanto come aggiuntive,
bensì come intensive rispetto alle precedenti; e il secondo di
300 ore annuali; - istituzione dei
Laboratori di Informatica, Attività motorie e sportive, Attività
espressive, Lingue, Attività di progettazione e, soprattutto, di
Recupero e sviluppo degli apprendimenti (Larsa), la cui funzione
risulta strategica alla scopo non solo di concretizzare il diritto,
appunto, al recupero o allo sviluppo in discipline e attività
previste nei rispettivi piani di studi, ma anche alla transizione
reciproca tra il sistema educativo di formazione e quello di
istruzione e viceversa; - una formazione
iniziale dei docenti di pari dignità e durata per tutti gli ordini e
gradi di scuola, fra l’altro portando maggiormente il nostro Paese
nella media europea e
consentendo nei prossimi dieci anni una forte riqualificazione del
personale docente in servizio. Terzo aspetto:
opportunità da non
perdere Accanto a questi
cardini, abbiamo considerato opportunità a nostro avviso da non
perdere, senza per questo attribuire ad esse lo stesso valore
strategico dei cardini su cui si regge il modello proposto, le
seguenti scelte: - riqualificazione e
generalizzazione della scuola dell’infanzia che, pur rimanendo,
secondo la propria tradizione ed identità pedagogica, non
obbligatoria e unitariamente triennale nell’articolazione delle
attività educative, entrerebbe a far parte a pieno titolo, grazie al credito
formativo di un anno cui darebbe diritto l’iscrizione ad essa
per la sua intera durata e con effettiva frequenza, del complessivo
sistema educativo di istruzione e di formazione, predisposto dalla
Repubblica, e del percorso di 12 anni valido ai fini della
soddisfazione del diritto/dovere di istruzione e/o formazione; - identificazione in
ogni gruppo docente di un docente coordinatore che, fatto salvo
il ruolo insostituibile dell’équipe pedagogica nei compiti di
insegnamento, assuma una funzione di garanzia dell’unità degli
interventi didattici e di tutoraggio per allievi e famiglie; nel I
biennio dell’istruzione primaria proponiamo che il coordinatore
svolga 21 ore di insegnamento frontale settimanale in un solo gruppo
classe che può giungere a 34,2 ore, e ne svolga 15 nel II biennio
dell’istruzione primaria; - articolazione del
percorso dei Licei in otto indirizzi: Classico, Linguistico,
Scientifico, Tecnologico, Economico, Umanistico, Musicale, Artistico,
con ogni istituzione
scolastica che può prevedere anche la coesistenza di più Licei; - articolazione dei
percorsi della formazione secondaria in percorsi
triennali mirati che portano al
conseguimento di una Qualifica professionale; percorsi triennali
polivalenti, che portano al conseguimento di una Qualifica
professionale a banda più larga; percorsi annuali di
specializzazione postqualifica che permettono di conseguire il
titolo di specialista nel settore già approfondito con la Qualifica e
che hanno lo stesso valore del Diploma di formazione secondaria; percorsi
quadriennali di tecnico polivalente (2 anni +2), che
portano al conseguimento del Diploma secondario di formazione; con
questo Diploma è possibile, oltre che l’uscita nel mondo del
lavoro, proseguire nei percorsi corrispondenti (con una banda più
larga) della formazione
superiore; l’accentuata polivalenza di questo percorso rende
tuttavia fortemente consigliabili momenti ulteriori di
professionalizzazione per il completamento, in uno, due o tre anni,
della preparazione; -
istituzione, a partire dai 15 anni, dei percorsi, per adesso di formazione secondaria e
superiore, in prospettiva anche di istruzione secondaria e superiore,
in alternanza scuola-lavoro, prolungando di un anno il tempo
necessario per l’ottenimento delle Qualifiche e dei Diplomi
secondari e superiori; - messa a regime
del “Portfolio delle competenze”, dai 3 ai 18 anni, che
comprende la scheda di valutazione e la scheda di orientamento.
La scheda per l’orientamento assume un particolare
significato nei due anni terminali della scuola media e in quelli
dell’istruzione/formazione secondarie. Quarto aspetto:
una scelta molto simbolica che fa discutere L’ipotesi della
riduzione a 4 anni del percorso della scuola secondaria di II grado
non è, per noi, né un cardine del modello proposto, né una
un’opportunità che sarebbe a nostro avviso controproducente
perdere. È, invece, una
soluzione che scaturisce automaticamente dalla combinazione di due
delle Raccomandazioni avanzate dal Ministro: quella di fissare a 12
anni la durata del percorso di istruzione/formazione obbligatorio per
tutti i giovani e quella di riportare da 7 a 8 anni il percorso che
precede il ciclo dell’istruzione e della formazione secondarie. Due Raccomandazioni
peraltro fortemente condivise anche dagli interpellati dell’indagine
Istat. Riguardo alla prima, infatti, ben il 71,3% dei docenti ritiene
che gli studi secondari di istruzione e di formazione debbano
concludersi a diciotto anni; solo il 16,6%, appartenenti più ai ruoli
delle scuole dell’infanzia ed elementari che a quelli della
secondaria, sceglie i 13 anni di studio per giungere al Diploma a 19
anni. Riguardo alla seconda, basti
menzionare che solo il 18,7% dei docenti, il 18,3% degli studenti ed
il 20,5% dei genitori condivide la scelta della legge 30/2000 di
istituire un unico ciclo di base di 7 anni. È il combinato
disposto delle preferenze sull’articolazione del ciclo
primarie-medie e dell’età finale del
Diploma, dunque, che porta a ipotizzare come obbligata l’idea
di una secondaria di secondo grado di durata quadriennale. Dal momento però che
si tratta, com’è del tutto evidente, di una scelta particolarmente
delicata, che ha un rilevante significato simbolico e politico per la
nostra tradizione, il Grl pensa di limitarsi a sottoporla, senza
imbastirvi sopra una questione di principi, alle istituzioni della
Repubblica, al mondo della scuola, alla cultura, alle forze politiche
e sociali. A queste stesse forze,
tuttavia, il Grl ritiene di dover sottoporre anche alcuni dati
empirici. - Non va trascurata la
circostanza che l’ipotesi di articolare l’istruzione e la
formazione secondarie in due bienni con un ultimo anno cogestito con
l’università e la formazione superiore è preferita dal 55% dei
docenti intervistati dall’Istat, mentre solo il 39,6% opta per
l’ipotesi di una secondaria organizzata tradizionalmente su un
biennio seguito da un triennio. - Così come non va
ugualmente trascurata la circostanza segnalata nelle slide n. 4
la quale informa che
pochi Paesi entrano in università e tantomeno alla formazione
superiore a 19 anni: solo Finlandia, Norvegia, Svezia, Danimarca e
Polonia, ma anche perché cominciano la scuola primaria dopo di noi. - Così come, in terzo
luogo, non sembra sia opportuno tacere che, storicamente, la
secondaria quinquennale basata sulla formula biennio-triennio è una
mutuazione per espansione del modello del Ginnasio Liceo classico. - Così come, infine,
non andrebbe dimenticato che uno dei pochi punti fermi dell’attuale
legislazione sull’istruzione è la riforma universitaria del tre più
due, con le lauree specialistiche quinquennali. Va valutato se è
possibile chiedere ai giovani di poter acquisire una laurea
specialistica a 24 anni invece che a 23. Al di là di
queste osservazioni empiriche, tuttavia, il Grl riconosce che la
scelta della secondaria sul modello due più due più anno cogestito
non è incompatibile con soluzioni anche diverse, tipo il mantenimento
di alcuni corsi della secondaria di durata ordinamentalmente
quinquennale. L’eventuale
scelta di mantenere a 5 anni la durata dei Licei, riducendo a 4 quella
degli Istituti della formazione, tuttavia, avrebbe il chiaro sapere,
che il Grl ha cercato in tutti i modi di evitare, di una gerarchia
qualitativa tra i due sottosistemi. Il rischio sarebbe cioè quello di
certificare, in modo implicito ma non per questo meno netto,
che la formazione costituisce un canale di serie B, rispetto
all’eccellenza rappresentata dalla istruzione liceale. All’eventuale
mantenimento di un percorso secondario di II grado di 5 anni (scelta
da estendere, per le ragioni appena dette, anche alla formazione) si
potrebbe arrivare, è vero, in due modi:
lasciando invariata agli attuali 13 anni la durata
dell’itinerario complessivo dell’istruzione/formazione e
posticipando al 19° anno di età l’iscrizione all’università o
alla formazione superiore, oppure anticipando al 18° anno questo
evento e, contestualmente, al 5° anno di età l’ingresso nel mondo
della scuola. Entrambe le opzioni, tuttavia, si prestano a
controindicazioni, puntualmente emerse nei Gruppi Focus, nella
consultazione dei sessanta consigli di classe e di istituto, e nel
questionario cui hanno risposto gli enti, le associazioni, i centri di
ricerca e le riviste consultati. Anche la
riduzione a 4 anni del percorso degli studi liceali
ha però scatenato una tempesta di reazioni preoccupate. Il Grl,
comunque, ha ritenuto di dover far propria l’ipotesi di questa
riduzione puntando, però, sulla riuscita di una difficile scommessa:
quella di una riorganizzazione dell’attività didattica, che ne
migliori l’efficacia attraverso le misure e gli interventi proposti,
e, contestualmente, di un innalzamento verso l’alto della scuola
primaria e della scuola secondaria di I grado, tale da compensare,
attraverso una migliore preparazione in ingresso, gli effetti negativi
della contrazione della durata. Quinto aspetto: dati empirici su cui riflettere Scuola
dell’infanzia. Nel gradimento, la scuola dell’infanzia è al
primo posto tra tutte quelle esistenti. L’Istat ci avverte che i
docenti le assegnano un voto di 7,9 decimi e i genitori un
8 tondo. Essa, a livello nazionale, è ormai frequentata da 102
residenti su 100 nati (slide n. 5). Per quanto rimanga ancora,
quindi, in qualche caso, il problema della sua generalizzazione
quantitativa, sembra prioritario quello della sua generalizzazione
qualitativa. Da qui, l’opportunità di non escluderla dal novero
delle scuole coinvolte negli almeno 12 anni di istruzione/formazione
per tutti. Non si può del resto dimenticare che alcuni Paesi hanno già
collocato parte del segmento prescolare nella formazione obbligatoria
(slide n. 6) ed altri hanno offerto alle famiglie anche
l’opportunità di collocarla, per un anno, facoltativamente nella
formazione obbligatoria (slide n. 7). Scuola primaria.
Si è detto e scritto che nella nostra ipotesi sarebbe saltato il
tempo pieno. La slide n. 8 dimostra esattamente il contrario e
documenta come i ragazzi e le famiglie della scuola primaria possono
addirittura contare su 873 ore di lezione in più, nell’intero
quinquennio, rispetto alla situazione attuale. L’ipotesi poi che
queste ore dovessero essere a pagamento è del tutto fantasiosa e non
trova alcun riscontro nelle nostre ipotesi. Scuola secondaria
di I grado. La slide n. 9 sviluppa un discorso analogo per
la scuola media. I dati parlano da soli. Istruzione e
formazione secondarie. Non c’è il tempo per dimostrare come un
discorso analogo si riproponga per l’istruzione e la formazione
secondarie che possono contare la prima su 825 ore di lezione annue
obbligatorie più 300 obbligatorie per le scuole ma facoltative per
gli allievi e la seconda, se mai dovesse realizzarsi, su 990 ore di
lezione annue obbligatorie più 300 come le precedenti. La slide n.
10 si limita ad impostare il discorso per i Licei classici.
All’apparente contrazione dell’offerta formativa, tuttavia, fa
riscontro l’aumentata offerta oraria da considerare nell’anno di
riallineamento, nonché, negli istituti della formazione, nella
formazione superiore, dove i corsi secondari si completano con moduli
da 6 mesi a tre anni. Passaggi. La slide
n. 11 informa sulla distribuzione della popolazione scolastica
nelle scuole superiori. La successiva dà conto dei passaggi da un
istituto all’altro. Come si vede sono pochissimi e si concentrano
soprattutto al primo anno. Per questo, nella nostra ipotesi abbiamo
cercato di rendere molto permeabile il 15° anno di corso degli studi.
È utile ricordare, inoltre, che il 79% dei ragazzi interpellati
dall’Istat rifarebbe la stessa scuola; solo il 18,5% cambierebbe
tipologia di studio. Le scelte, dunque, non sono affatto state
compiute in maniera superficiale, a 14 anni. In ogni caso, per chi desidera i
passaggi, la nostra ipotesi ha consolidato le attuali più precarie
‘passerelle’ in veri e propri Larsa territoriali, che si spera
gestiti da personale molto qualificato e anche incentivato
contrattualmente. Alternanza e
apprendistato. Nella nostra ipotesi apprendistato (contratto di
lavoro) e alternanza (non contrattualizzata, ma basata su borse di
studi, tirocini formativi, incentivi aziendali ecc.) cominciano a 15
anni. Siamo in linea con l’Europa (slide n. 12). Non siamo
affatto in linea con l’Europa ed i Paesi avanzati, invece, sia per
il numero dei giovani in apprendistato, un lillipuziano 1%, sia,
soprattutto, per i percorsi formativi in alternanza: da noi non
esistono, mentre sono consistenti negli altri Paesi industrializzati. Carenze di
informazione. L’indagine Istat ci dice che solo il 30,8% dei
docenti , il 24,6% degli studenti e il 17,5% dei genitori sa che
l’obbligo scolastico si conclude attualmente a 15 anni. Una quota
non secondaria di genitori ( 24,7%) risponde che si colloca a 14 anni.
I docenti con questa disinformazione sono il 17,9% del totale. Equivoci pure
sull’obbligo formativo. Il 36,2% dei docenti, il 14,3% degli
studenti, il 21% dei genitori lo colloca a 18 anni, ma sono molto
forti le percentuali di coloro che lo fanno concludere a 15 e a 16
anni. Altissima la percentuale di coloro che non sanno rispondere
(21,3% dei docenti, 55,3% degli studenti, 43% dei genitori). Notizie inventate.
Prima ancora di decidere la struttura del sistema di istruzione e di
formazione che il Paese intende costruire, molti giornali hanno
scritto che, secondo la nostra ipotesi, scomparirebbe matematica dal
Liceo classico, latino dal Liceo
scientifico, educazione fisica, artistica, musicale perfino
lingue straniere da tutti gli ordini e gradi di scuola. Lasciamo
ovviamente a chi le ha scritte queste invenzioni. Da parte nostra
ribadiamo che i piani di studio non possono che seguire le decisioni
che voi in questi due giorni contribuirete a far maturare. Altri organi di informazione hanno poi seminato il panico tra i docenti parlando prima di 100 mila, poi di 50 mila, poi ancora di 23 mila soprannumerari. Anche in questo caso, lasciamo questa lotteria a chi la pratica. Da parte nostra, ribadiamo che contro un organico attuale costruito su 12.700 ore di lezione in 13 anni, la nostra ipotesi ne garantisce 13.500 in 12. |
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