Ministero dell’istruzione, dell’università e
della ricerca
Dipartimento per lo Sviluppo dell’Istruzione
DIREZIONE GENERALE PER GLI ORDINAMENTI SCOLASTICI
Area dell’Autonomia Scolastica - Ufficio XI
Segreteria del Consiglio Nazionale P.I.
Prot. n. 7134 Roma, 11 aprile 2002
All’On.le Ministro
S E D E
Oggetto: Parere su "Disegno di legge-delega
recante norme generali sull’istruzione e sui livelli essenziali delle
prestazioni in materia di istruzione e di formazione professionale"
Adunanza dell’11 aprile 2002
IL CONSIGLIO NAZIONALE DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
Vista la nota prot. n.1399/UL B9 del 25 febbraio
2002, con la quale l’Ufficio Legislativo ha chiesto il parere del
C.N.P.I. in merito all’argomento in oggetto;
Visti gli artt. 24 e 25 del D. L.vo n. 297 del
16.4.1994;
Vista la relazione della Commissione consiliare,
appositamente costituita per l’esame istruttorio, ed incaricata di
riferire al Consiglio in ordine all’argomento in oggetto specificato;
dopo ampio ed approfondito dibattito,
ESPRIME QUANTO SEGUE :
Premessa: le ragioni di una scelta
La richiesta di parere sul Disegno di Legge di Delega
al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e
dei livelli delle prestazioni in materia di istruzione e formazione
professionale, è stata formalizzata solo in data 25 febbraio 2002
quando, il CNPI , ritenendo non più sostenibile il silenzio su una
vicenda assolutamente decisiva per il sistema educativo di istruzione
e formazione del Paese, si era già attivato per una pronuncia di
propria iniziativa. Pur apprezzando il proposito dell'Amministrazione,
il CNPI non può esimersi dal sottolineare la tardività di un
coinvolgimento che giunge al termine di una lunga fase istruttoria,
conclusasi con la predisposizione ed il varo da parte del Governo di
una specifica iniziativa legislativa, che comporta il naturale
trasferimento sia del dibattito tecnico-professionale sia di quello
politico-istituzionale esclusivamente nella sede parlamentare,
affidandone la responsabilità degli esiti al confronto tra le forze
politiche, che appare già chiaramente delineato e sedimentato, anche
per effetto delle articolate valutazioni e delle intese maturate nel
confronto tra Governo e Conferenza unificata Stato-Regioni.
Il CNPI, inoltre, facendo propri gli orientamenti, le
considerazioni e i rilievi emersi dai Comitati Orizzontali chiamati a
contribuire alla predisposizione del presente parere, ritiene di non
poter sottacere l'avvenuta riproposizione da parte
dell'Amministrazione di un percorso istruttorio che non ha saputo
prevedere adeguate forme e modalità di coinvolgimento e
partecipazione delle scuole e dei suoi operatori, la cui stragrande
maggioranza - totalmente esclusa dai circuiti delle
"consultazioni" - lamenta e denuncia un deficit informativo,
quale fonte non trascurabile delle diffuse tensioni e preoccupazioni
che si agitano nella scuola stessa, da tempo oramai scossa da annunci
riformistici che – fatta eccezione per i provvedimenti attuativi
dell’Autonomia e dell’elevamento dell’obbligo di istruzione –
non riescono a superare lo stadio dell’intenzionalità, anche
perché non sufficientemente sostenuti nella fase di realizzazione.
Per le ragioni suddette, il CNPI esprime l'avviso che
destinatari del parere, oltre che l'Amministrazione richiedente,
debbano essere il Parlamento e le scuole. Da ciò consegue la scelta
redazionale di un parere caratterizzato da profili di essenzialità e
condivisione, escludendo una conclusione standardizzata in termini di
"favorevole" o "contrario", inevitabilmente
divaricante e facilmente strumentalizzabile. Essenzialità in quanto,
rinunciando al metodo emendativo utilizzato in altre occasioni,
nell'analisi del testo del DDL di Delega si è proceduto
all'evidenziazione dei "nodi" ritenuti maggiormente
problematici. Condivisione, giacché, pur avendo i singoli Consiglieri
e le varie Delegazioni rappresentate nel Consiglio ovviamente maturato
propri convincimenti e specifiche valutazioni di merito sull'intero
provvedimento, si è optato per la registrazione dei punti di totale
convergenza, al fine di valorizzare il parere stesso, quale possibile
contributo propositivo al dibattito parlamentare e strumento di
comunicazione orientativa utilizzabile per la discussione nelle
scuole.
Questioni fondamentali: aspetti di metodo
Il CNPI. condivide la necessità di una iniziativa
parlamentare finalizzata alla riconsiderazione complessiva del sistema
di istruzione e formazione tenendo conto del ridisegno delle
competenze dello Stato e delle Regioni operato dalla recente legge di
modifica del Titolo V della parte seconda della Costituzione.
Il CNPI ritiene però che la Legge Delega non sia lo
strumento adeguato per affrontare tale riforma.
Una riforma di tale rilevanza dalla quale dipende il
futuro culturale, sociale ed economico del paese deve essere il frutto
del confronto più ampio possibile con il coinvolgimento del mondo
della cultura, delle forze sociali ed economiche, delle organizzazioni
ed associazioni professionali, della scuola e soprattutto del
Parlamento, sede della sovranità popolare dove pluralismo politico,
culturale, religioso e specificità territoriali trovano compiuta
sintesi.
La Legge Delega, infatti, attribuisce al solo Governo,
previo parere delle competenti Commissioni Parlamentari e sentita la
Conferenza Unificata Stato Regioni, la facoltà di emanare uno o più
Decreti Legislativi che riguardano, tra l’altro:
- le norme sulla valutazione degli apprendimenti e
della qualità del sistema educativo di istruzione e formazione;
- l’individuazione del nucleo essenziale dei piani
nazionali di studio relativamente agli obiettivi specifici di
apprendimento, alle discipline e alle attività obbligatorie e ai
limiti di flessibilità interni all’organizzazione scolastica;
- la determinazione delle modalità di valutazione
dei crediti scolastici.
L'iter legislativo previsto vanifica, dunque, il
diritto delle rappresentanze della scuola ad esprimere le proprie
indicazioni in materia di riforma degli ordinamenti e non riconosce al
CNPI la potestà di formulare il parere in ordine ai piani di studio,
agli standard di apprendimento, alla valutazione dei risultati, al
quadro orario degli insegnamenti obbligatori, ed a quant'altro la
normativa vigente contempla. Ne consegue il rischio di vedere la
scuola costretta a subire una riforma che dovrebbe invece ottenere
quel consenso indispensabile in vista di una sua piena realizzazione e
del suo radicamento nel tessuto sociale.
Tutte le volte che il CNPI ha espresso pareri o si è
pronunciato su provvedimenti di innovazione metodologico-didattica o
su iniziative di riforma ordinamentale in materia scolastica, ha
costantemente evidenziato il ruolo decisivo e ineludibile delle scuole
e dei suoi operatori. Il CNPI è profondamente convinto che obiettivo
prioritario e irrinunciabile di qualsiasi processo riformatore debba
consistere nell'effettivo e verificabile innalzamento della qualità
dell'offerta formativa per rendere generalizzato e concretamente
esigibile il diritto costituzionalmente garantito all'istruzione ed
alla formazione. II perseguimento di questi obiettivi è sicuramente
legato alla predisposizione di tutte le necessarie condizioni di
fattibilità, ma è altrettanto subordinato al livello di
coinvolgimento, corresponsabilizzazione e condivisione di tutte le
componenti che danno vita alla comunità scolastica, a partire dal
personale docente. Protagonisti veri di qualsiasi riforma sono
sostanzialmente coloro che hanno il compito di realizzarla.
A tal proposito è il caso di ricordare che, proprio i
docenti e le scuole, in più di una circostanza, hanno anticipato e
promosso processi innovativi, successivamente generalizzati e
ricondotti ad ordinamento per tutto il territorio nazionale.
La storia e l'esperienza pregressa ci insegnano,
infatti, che le riforme più autentiche e durature sono state proprio
quelle partite dalle scuole o che nelle scuole hanno trovato sostegno
e validazione. Eludere o sottovalutare questo passaggio, come sta
avvenendo nel caso in esame, rischia quindi di delegittimare qualsiasi
percorso riformatore esponendolo, quanto meno, a serie probabilità di
insuccesso.
Il CNPI ribadisce, pertanto, la richiesta al governo e
al Parlamento di recuperare un fattivo coinvolgimento delle scuole.
L’ordinamento tuttora vigente, anche per effetto
della recente proroga legislativamente disposta, affida al CNPI - tra
l’altro – l’importante e delicata funzione di esprimere "…
anche di propria iniziativa, pareri su proposte o disegni di legge e
in genere in materia legislativa e normativa attinente alla pubblica
istruzione" (D.L.vo 297/94, art. 25, comma 1, lett. c).
Addirittura, "nei casi di questioni generali in materia di
programmazione dello sviluppo della scuola e di contenuti culturali e
didattici, nonché di riforma di struttura di uno degli ordini
scolastici, il parere è obbligatorio"
(ibidem, comma 2).
Tale prerogativa, in particolare, è stata anche
esplicitamente richiamata dall’art. 8 del D.P.R. 275/99, allorché
declinando le competenze del Ministro in materia di definizione dei
curricoli, ne ha subordinato l’esercizio al previo parere delle
competenti commissioni parlamentari, "sentito il CNPI…".
Il CNPI in tutta la sua storia ha costantemente
esercitato questa funzione – e talvolta ha dovuto rivendicarla –
non soltanto nella sua veste di organo di consulenza
tecnico-scientifica del Ministro/Presidente, ma anche e soprattutto
come massimo organo collegiale democratico di rappresentanza del
personale della scuola.
Il CNPI esprime, quindi, preoccupazione e dissenso per
l’assoluta mancanza, nell’articolato e nella Relazione
illustrativa del DDL di delega, di richiami al ruolo del CNPI nella
procedura di definizione dei Decreti Legislativi di attuazione e
gestione della Delega da parte del Governo; omissione ritenuta
gravissima e inaccettabile - in particolare – in relazione ai
previsti Regolamenti sulle materie elencate alle lettere a), b) e c)
dell’art. 7, comma 1, la cui procedura attuativa chiama in causa
esclusivamente le Commissioni parlamentari e la Conferenza unificata
Stato-Regioni.
Accanto alla denuncia della suddetta omissione, il
CNPI rivendica il diritto - dovere ad esprimere il proprio contributo
tecnico- professionale, nella definizione dei provvedimenti attuativi
della riforma, una volta licenziata dal Parlamento.
Questioni fondamentali: aspetti di merito
Lo Stato, a norma del dettato di cui all'art. 3, lett.
n, della L. 3/2001, ha legislazione esclusiva in materia di
"norme generali sull'istruzione". A parere del CNPI ne
consegue che spettano allo Stato: la definizione degli obiettivi e
degli standard formativi; la valutazione della qualità dell'offerta
formativa; la regolamentazione dell'autonomia scolastica; la
disciplina dello stato giuridico dei docenti; la tutela della libertà
di insegnamento e di apprendimento e dei diritti degli studenti e
delle famiglie. Sempre a parere del CNPI spettano, invece, alle
Regioni, alle Province ed ai Comuni, a norma del Decreto l.vo 112/98 e
della L. 3/2001 competenze in materia di programmazione dell’offerta
formativa sul territorio. E’ legittimo, pertanto, ritenere che ogni
sovrapposizione di compiti e di potestà non risponde allo spirito ed
al dettato del nuovo Testo costituzionale, che tiene ferma la
distinzione sussistente tra la funzione istituzionale della scuola,
affidata allo Stato e le nuove competenze delle Regioni e degli Enti
territoriali e locali in materia di istruzione e formazione
professionale.
La scuola è servizio alla persona e come tale va
garantita nell'esercizio della sua funzione istituzionale, ovvero
nell'azione volta ad assicurare a tutti gli studenti, al cittadino,
pari opportunità formative; in tal senso, trova piena legittimazione
la unitarietà del sistema formativo, e trova significato e senso
l'obbligo fatto allo Stato di garantire i livelli essenziali delle
prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale. Ogni
altra interpretazione, volta a consentire la devoluzione alle Regioni
di poteri e compiti spettanti allo Stato, è in netto contrasto
peraltro con quanto previsto dal riformulato art. 117, commi 3 e 6
della nostra Costituzione, e non tiene in giusta considerazione la
complementarità tra gli insegnamenti impartiti ed il valore legale
del titolo di studio e la sua spendibilità in ambito comunitario.
Il CNPI non condivide la previsione di riservare alle
Regioni una quota orario dei piani di studio in quanto ciò
comprometterebbe l’autonomia didattica ed organizzativa delle
istituzioni scolastiche, da garantire a norma dell'art. 21 della L.
59/97 e del DPR 275/99. Questo anche a sottolineare la necessità di
dover assicurare l'unitarietà dell'offerta formativa su scala
nazionale, ferma restante l'esigenza di fornire modalità di
integrazione tra scuola e territorio, nella prospettiva della piena
realizzazione della persona, in quanto cittadino e lavoratore.
Il DDL di delega contiene l’affermazione che i
decreti legislativi di attuazione della riforma debbono risultare
coerenti con il "principio" di autonomia delle istituzioni
scolastiche, le cui competenze vanno rispettate unitamente a quelle
conferite ai diversi soggetti istituzionali.
Il CNPI condivide la necessità di questo riferimento,
ma lo considera insufficiente, giacché il principio dell’autonomia
è stato già assunto nel nostro ordinamento, riconosciuto a rango
costituzionale dalla legge 3/2001 ed attuato nelle scuole dove, sulla
base delle specifiche responsabilità dei docenti, ha dato vita a
nuovi modelli organizzativi e funzionali incentrati sulla
progettazione curricolare, alla quale vanno forniti ulteriori supporti
in linea di continuità con il generalizzato e condiviso processo
riformatore.
Sempre il linea di continuità con i processi in atto,
il CNPI esprime l’avviso che debbano essere assicurate maggiori
opportunità per l’esercizio generalizzato del diritto alla
formazione lungo tutto l’arco della vita favorendo lo sviluppo dell’educazione
permanente.
Il CNPI ritiene che la valutazione del sistema dell’istruzione
e della formazione non possa essere affidata esclusivamente al sistema
nazionale di valutazione e riconosce alla scuola dell’autonomia,
sulla scorta di positive esperienze già validate nell’ambito di
iniziative nazionali, la prerogativa dell’autovalutazione, anche
perché elemento costitutivo dell’attività progettuale. Ne consegue
che il monitoraggio dei risultati e dei processi e la loro valutazione
su scala nazionale debbano trovare una giusta loro collocazione all’interno
della progettualità mirata al miglioramento della qualità dell’offerta
formativa.
Il CNPI non condivide la scelta, a regime, dell’anticipo
a due anni e mezzo per la frequenza della scuola dell’infanzia e a
cinque anni e mezzo per la frequenza della scuola elementare sia
perché la scelta adottata nell’articolato non tiene conto della
storia, della cultura e dell’esperienza della scuola dai tre ai sei
anni, sia perché lascia trasparire un’idea di scuola come servizio,
in cui prevale il carattere assistenziale su quello educativo. Il CNPI
sottolinea, inoltre, la significativa rilevanza che assume la
previsione dell’anticipo della frequenza scolastica e,
conseguentemente dell’obbligo, su tutte le istituzioni ricomprese
nell’intero sistema pubblico di istruzione e formazione. Se si
considera, infine, che la possibilità d’ingresso anticipato nel
sistema scolastico, oltre che all’opzione delle famiglie viene
subordinata anche ai "limiti posti alla finanza comunale dal
patto di stabilità" (art. 7, comma 4 del DDL di Delega) - limiti
che notoriamente risultano diversificati nelle varie aree del Paese e,
talvolta, all’interno delle stesse, ne consegue un ulteriore
elemento di discriminazione e di casualità che, a giudizio del CNPI,
incide sull’attendibilità istituzionale e sociale dell’obiettivo
che si intenderebbe perseguire (l’uscita anticipata dal sistema).
Sul piano dei principi, il CNPI ritiene che l’obbligo
scolastico di cui alla Legge 9/99 e l’obbligo formativo di cui all’articolo
68 della Legge 144/99 rappresentino norme complementari finalizzate a
garantire pari opportunità formative a tutti gli studenti. Il CNPI
ritiene, infatti, che secondo le leggi vigenti sopra citate, non c’è
contrapposizione tra obbligo scolastico e obbligo formativo che si
configurano come momenti in successione ed interagenti all’interno
di un percorso di istruzione e formazione unitario, anche rispetto
agli sbocchi successivi nel sistema d’istruzione superiore, sia
quello integrato non universitario (IFTS), sia quello universitario.
Sul piano del metodo, il CNPI rileva come la nuova
disciplina di questa materia proposta dal d.d.l. di delega susciti
profonde perplessità. Al riguardo rileva che, a fronte dell’ammissione
esplicita di una necessaria "gradualità" nell’attuazione
delle nuove disposizioni sull’obbligo scolastico e formativo,
connessa alle disponibilità finanziarie, non vi è alcun riferimento
alla disciplina transitoria. Infatti, in vista dell’attuazione a
regime del nuovo ordinamento, sarebbe necessario prevederne sia i
termini di attuazione, sia la decorrenza degli effetti abrogativi
delle norme sopra richiamate, attualmente in vigore, di cui verrebbe
sancito il "superamento".
Sul piano del merito, il CNPI esprime l’avviso
che l’affermazione condivisibile, ma estremamente generica, della
"pari dignità" dei vari percorsi di fruizione del suddetto
diritto-dovere per almeno 12 anni o, comunque, fino al conseguimento
di una qualifica, ancorché dichiarato quale " dovere
legislativamente sanzionato", non fornisce adeguate garanzie
circa l’effettiva uguaglianza delle opportunità formative che i
diversi percorsi dovrebbero, invece, assicurare.
Infatti , né nell’articolato né nella relazione
illustrativa appare esplicitata la necessità di una preliminare
definizione delle conoscenze e delle competenze, in grado di garantire
indistintamente a tutti i giovani quei "diritti di
cittadinanza" necessari ed indispensabili per affrontare
positivamente o la prosecuzione degli studi o l’inserimento nel
mondo del lavoro. Ciò è motivo di grave preoccupazione.
Il CNPI è convinto, infatti, che in assenza di tali
garanzie la possibile diversificazione delle scelte di percorso, ancor
più se precocemente consentite o indotte dall’ordinamento, anche e
non solo per effetto degli anticipi richiamati, comporti la
precostituzione di una irreversibile condizione di selezione, una
selezione socialmente intollerabile.
Conclusivamente, il CNPI ritiene che l’obbligo
fatto allo Stato - a norma dell’art. 34 della Costituzione - di
garantire tutte le condizioni indispensabili perché la scuola
promuova e favorisca il riscatto sociale di quanti si trovano in
situazione di povertà culturale ed economica e, nel contempo,
assicuri percorsi di eccellenza a coloro che hanno capacità e
competenze per compierli, deve, quindi, trovare fondamento nell’innalzamento
generalizzato e unitario dei livelli di istruzione.
Per quanto riguarda la formazione dei docenti,
prevista dell’art. 5, del d.d.l. di delega, il CNPI condivide il
principio di una formazione iniziale universitaria, di pari dignità e
durata per tutti i gradi dell’istruzione, ma ritiene che detta
formazione sia anche affidata ad istituzioni di grado universitario.
Valuta, invece, negativamente l’affidamento esclusivo all’Università
della formazione in servizio rispetto a figure di docenti (ibidem,
lettera g), peraltro prive di una precisa configurazione giuridica e
di un ben definito status professionale.
Pur ritenendo necessaria la presenza di funzioni di
supporto all’attività didattico-organizzativa nella scuola dell’autonomia,
mal si comprende come la formazione di queste competenze possa essere
affidata esclusivamente all’Università prescindendo dai possibili
apporti che possono derivare dalle qualificate esperienze maturate all’interno
delle istituzioni scolastiche, dell’associazionismo professionale,
di enti di ricerca e formazione e degli IRRE.
Data la fondamentale importanza riconosciuta alla
formazione - iniziale e in servizio - il CNPI segnala di aver già
avviato - nell’ambito di una commissione appositamente costituita -
una più approfondita riflessione sulla materia, che si riserva di
formalizzare quanto prima in una pronuncia di propria iniziativa.
Il d.d.l. di delega: questioni specifiche.
Scuola dell'infanzia
Il CNPI, mentre evidenzia con soddisfazione il
riconoscimento del ruolo d'istituzione scolastica a pieno titolo
esercitato dalla scuola dell'infanzia, esprime contrarietà alla
flessibilità proposta, a regime, in materia di anticipo della
frequenza ai due anni e mezzo di età dei bambini.
Va, in primo luogo, precisato che, rivolgersi a tale
fascia d'età, presuppone la necessità di adeguate strutture e
assetti organizzativi , a partire da un rapporto numerico
insegnante/bambino ricalcato sui parametri dell'istituzione specifica
per bambini di quest'età.
La previsione di anticipo non trova riscontro in
esperienze attuate e consolidate nella scuola dell'infanzia del nostro
Paese, anzi stravolge un modello educativo tra i più apprezzati
all'estero, e rende difficilmente perseguibili finalità ed obiettivi
degli Orientamenti del 1991, imponendo faticose e non positive
dissociazioni tra le professionalità educative che sarebbero
ulteriormente appesantite dall’introduzione di nuove figure per il
lavoro di cura dei bambini e il conseguente adeguamento della
professionalità docente.
Sempre per quanto riguarda la proposta di anticipare
ai cinque anni e mezzo del bambino l'apprendimento di insegnamenti
formali nella scuola elementare, essa non trova il necessario sostegno
né nella nostra apprezzata letteratura psicopedagogica né in
esperienze didattiche attuali e pregresse, che hanno anzi dimostrato i
limiti delle forzature in materia di prestazioni troppo precoci.
In conclusione, il CNPI ritiene che la possibilità
riservata alle famiglie per l'iscrizione anticipata dei figli, ricalca
una concezione non condivisibile dell'educazione, che non appare
rispettosa dei peculiari ritmi di sviluppo dei bambini di tale
delicata fascia d'età.
Scuola elementare
Il CNPI esprime contrarietà ad una rigidità di
articolazione del percorso della scuola elementare; di conseguenza l’articolazione
prevista all’art. 2, lettera f) del d.d.l. di delega, deve essere
intesa come indicativa, lasciando alle istituzioni scolastiche, nell’ambito
dell’autonomia didattica e organizzativa, la possibilità di
soluzioni diverse.
Si rileva che, a fronte del ripristino della
distinzione ordinamentale tra scuola elementare e scuola media, non
viene previsto alcun raccordo strutturale e curricolare di continuità
tra i due ordini di scuola, comprese le istituzioni scolastiche
comprensive.
Inoltre, nella definizione dei compiti e degli
obiettivi della scuola elementare, emerge un progetto educativo
estremamente limitato sul piano pedagogico e didattico, nel quale la
scuola elementare sembra costretta ad operare solo nell’ambito delle
strumentalità di base e nel campo pre-disciplinare. Si determina
così un arretramento rispetto ai Programmi del 1985 per la scuola
primaria e alle indicazioni della riforma degli ordinamenti introdotta
dalla legge n. 148/90.
Il CNPI esprime netta contrarietà alla previsione di
un ingresso anticipato alla scuola elementare.
Nel quadro del disegno di legge-delega, infatti, dopo
un percorso formativo nella scuola dell’infanzia, modificato
rispetto a quanto indicato negli Orientamenti del 1991, l’anticipazione
non trova alcuna motivazione sul piano educativo e determina gravi
alterazioni nel percorso formativo della scuola elementare, con
notevoli difficoltà per uno sviluppo equilibrato dei tempi di
apprendimento e di sviluppo delle autonomie dei bambini.
Si confermano così le preoccupazioni circa il rischio
di un abbassamento della qualità dell’offerta formativa nella
scuola primaria, tale da incidere negativamente anche sul percorso
successivo.
Scuola media
La scelta prevista nell’articolato di due
ordinamenti distinti di cinque e tre anni rispettivamente per
elementari e medie si accompagna, in ogni caso, alla necessità di un
impianto curricolare unitario e progressivo che rivaluti il concetto
di continuità fra scuola elementare e media e di raccordo con la
scuola dell’infanzia e il biennio della scuola secondaria superiore,
nel rispetto delle tappe evolutive e del principio della centralità
del soggetto che apprende, anche in continuità con l’esperienza
innovativa degli Istituti Comprensivi.
Il CNPI ritiene più funzionale la scansione
organizzativa in periodi didattici biennali per permettere una
maggiore flessibilità organizzativa e didattica e valorizzare il
ruolo progettuale della scuola dell’autonomia. Il CNPI condivide,
altresì, le preoccupazioni di quanti rilevano i possibili effetti
negativi sullo sviluppo formativo degli alunni, qualora non dovessero
essere mantenute nel primo ciclo di istruzione all’interno del
curricolo obbligatorio tutte le discipline, compresa l’educazione
artistica, l’educazione musicale, l’educazione tecnologica e
quella fisico-motoria.
Scuola superiore
Il sistema dei licei e quello della istruzione e della
formazione professionale, per la loro diversa articolazione e durata,
potrebbero vanificare il diritto alle pari opportunità formative
degli studenti. L'asimmetria conseguente ad una configurazione dei
sistemi su base duale potrebbe disattendere, infatti, non solo la
previsione dei "passaggi" dall'istruzione professionale ai
licei, e viceversa, ma rendere i percorsi formativi tra loro
alternativi. Il che sarebbe di grave danno, anche a causa della
precocità della scelta tra i due sistemi conseguente all'anticipo
dell'obbligo scolastico. Inoltre, nella scuola superiore toccata da
tagli d’organico, come altri ordini e gradi , e dall’obbligo di
completamento dell’orario cattedra in attività di insegnamento
frontali, sarà impossibile realizzare percorsi formativi
individualizzati e apposite iniziative didattiche.
Le distinte modalità di accesso ai corsi d'istruzione
e formazione tecnica superiore, ed all'Università, come previsto
dall'art. 2, lettere h) ed i) del d.d.l. di delega, sembrano destinate
ad accentuare il carattere duale del cosiddetto "secondo
ciclo", ed evidenziano come l'auspicata integrazione tra
l'assetto teorico dell'insegnamento ed i suoi campi di applicazione
non trovi modo per essere del tutto realizzata.
L’organizzazione, la gestione e la progettazione
delle attività didattiche previste per l’accesso all’Università
da parte di quanti provengono dal canale della formazione
professionale vanno affidate alle scuole, anche a garanzia della
continuità dell’azione formativa.
L’accesso alla Formazione Tecnica Superiore va
regolamentato facendo esplicito riferimento ai prerequisiti formativi
e non certo al percorso temporale degli studi effettuati; la
previsione di cui all’art. 2, comma 1, lett. h) del d.d.l. di
delega, d’altronde, è in contraddizione con la dichiarata pari
dignità dei due sistemi formativi del secondo ciclo dell’istruzione
e della formazione professionale.
In relazione alla possibilità di assicurare la
realizzazione di corsi del secondo ciclo in alternanza scuola-lavoro,
non si possono non prevedere le difficoltà di organizzazione sul
territorio di stage di massa in aziende pubbliche o private – là
dove queste siano presenti – e non registrare situazioni
sperequative tra un’area e l’altra del Paese, con il rischio di
vanificare, nei fatti, lo strumento degli stage e dei tirocini, che,
invece, dovrebbero essere accessibili a tutti gli studenti, a
prescindere dall’indirizzo degli studi e dall’area territoriale di
appartenenza.
CONDIZIONI DI FATTIBILITA’
I tempi di attuazione della delega appaiono, da una
parte, eccessivamente dilatati rispetto alla necessità di fornire un
quadro certo a tutti i soggetti interessati; dall’altra, invece, si
stabiliscono scadenze immediate di avvio ancor prima di creare gli
opportuni contesti funzionali.
Rispetto alla prima preoccupazione, la previsione di
emanare decreti legislativi in attuazione della legge delega nei 24
mesi successivi alla sua approvazione, non tiene nella giusta
considerazione lo stato di incertezza e di confusione che si
registrerebbe nella scuola in assenza di un quadro legislativo certo
ed inequivocabile.
Rispetto alla seconda, mal si comprende come, essendo
già aprile inoltrato, possa essere ipotizzato l’avvio della riforma
dal 1° settembre 2002, sia pure per la scuola dell’infanzia e per
la scuola primaria, senza aver creato le adeguate condizioni di
fattibilità.
Infatti, l’attuazione dell’anticipo dell’inserimento
nella scuola dell’infanzia richiede tempi non brevi, anche in
relazione alle indispensabili intese e ai necessari raccordi con il
sistema delle Autonomie Locali, e fondi ad hoc per:
- l’aumento di organico necessario alle esigenze
dell’età della nuova utenza;
- la rielaborazione del progetto educativo, in
relazione alle caratteristiche dello sviluppo psicofisiologico dei
bambini più piccoli;
- la definizione del profilo professionale dei
docenti;
- la formazione del personale docente e non docente;
- la progettazione e la trasformazione ambientale
degli spazi;
- la predisposizione di un piano per l’adeguamento
delle infrastrutture;
- lo studio, la sperimentazione e l’attuazione di
un diverso modello organizzativo.
Tali condizioni, peraltro, con particolare riferimento
al progetto di riqualificazione del personale, ai nuovi criteri per la
formazione degli organici d’istituto, (non solo a garanzia della
stabilità del personale, ma della possibilità stessa di sviluppo e
realizzazione del progetto di riforma), se urgenti per la fase di
avvio, diventano ancor più cogenti per la piena messa a regime della
riforma stessa.
CONCLUSIONE
Il CNPI, sostiene che nessuna riforma, e tanto meno
quella della Scuola, possa essere realizzata "a costo zero"
ed è convinta che le spese previste dal Bilancio dello Stato per l’istruzione
e la formazione vanno considerate un investimento per il Paese e
capitolo strategico di supporto alle politiche attive di sviluppo.
Per queste ragioni esprime fortissime perplessità
rispetto alla scelta di subordinare il piano programmatico di
interventi finanziari per la realizzazione degli obiettivi della
riforma (art. 1, comma 3, del d.d.l. di delega) alle compatibilità e
ai vincoli di finanza pubblica e, quindi, alle disposizioni delle
annuali leggi finanziarie (ibidem art.7, comma 6) rendendo così
aleatorio, ove non addirittura improbabile, il perseguimento degli
obiettivi stessi.
Come già sottolineato, occorre garantire, fin dalla
fase di transizione, condizioni di fattibilità e, quindi, intervenire
sul piano del potenziamento e dell’adeguamento delle strutture, sul
piano dell’organizzazione dei servizi e su quello giuridico anche al
fine di raccordare l’attività di formazione con l’auspicato
protagonismo professionale del personale della scuola dell’autonomia.
Importa, altresì, a parere del CNPI, assicurare tutte
le condizioni perché, pur in presenza di un nuovo sistema di
responsabilità diffuse tra i vari soggetti istituzionali da cui, in
base al riformulato art. 114 della Costituzione "è
costituita" la Repubblica, l’autonomia scolastica possa
rispondere alle finalità di cui all’art. 21 della legge 59/97 e,
quindi, proporsi attivamente quale elemento di raccordo tra il
territorio e gli indirizzi generali di politica scolastica.
Conclusivamente, il CNPI auspica che i
suggerimenti di cui si è fatta carico attraverso il presente
pronunciamento, che può essere assunto anche come sintesi del
dibattito in corso nelle istituzioni scolastiche, siano utili per le
decisioni che, ai vari livelli , dovranno essere assunte per la
definizione di una Legge che intende riformare organicamente il
sistema scolastico e formativo, con l’obiettivo - sicuramente
condivisibile - di una più qualificata formazione dei giovani, quale
investimento certo sul futuro del nostro Paese.
IL SEGRETARIO
(M.R. Cocca) |
IL VICE PRESIDENTE
(M. Guglietti) |
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