Corte di Cassazione
Sezioni unite
civili
Ordinanza 24 giugno
2005, n. 13548
Ritenuto
che con ricorso del 1° dicembre 2000 al tribunale di Melfi P.M. esponeva
di essere affetta da un adenocarcinoma con metastasi e di essere stata
curata secondo il "protocollo Di Bella", che comportava una spesa
superiore alle proprie capacità economiche, onde aveva ottenuto in via
d'urgenza un ordine giudiziale, indirizzato all'Azienda sanitaria locale
n. 1 di Venosa, di fornitura gratuita dei farmaci;
che pertanto ella, avendo anticipato una somma per la cura, chiedeva che
il Tribunale confermasse il provvedimento d'urgenza e condannasse la
detta Azienda sanitaria al rimborso di quanto già speso; che la
convenuta, costituitasi, eccepiva il difetto della giurisdizione
ordinaria; che la M. chiedeva il regolamento di giurisdizione ai sensi
dell'art. 41 c.p.c.; che l'Azienda controricorreva; che il P.M. chiedeva
dichiararsi la giurisdizione del giudice ordinario; che la causa veniva
rinviata a nuovo ruolo prima con ordinanza dell'8 novembre 2002 al fine
di acquisire dall'Ufficio del massimario una relazione sulla controversa
interpretazione dell'art. 33 d.lgs. 80/1998 e poi con ordinanza dell'11
settembre 2003 in attesa che sulla legittimità costituzionale della
stessa disposizione si pronunciasse la Corte costituzionale, già
investita della questione.
Considerato che con unico motivo la ricorrente, rilevando trattarsi di
diritto soggettivo perfetto, quale il diritto alla salute, sostiene
appartenere la lite alla giurisdizione ordinaria; che il motivo è
fondato; che la situazione soggettiva dedotta in giudizio dev'essere
qualificata come diritto soggettivo, e non come interesse legittimo,
alla stregua della costante giurisprudenza di queste Sezioni unite,
secondo cui la P.A. è titolare di un potere autorizzativo discrezionale
nel valutare sia le esigenza sanitarie di chi chieda una prestazione del
servizio nazionale sia le proprie disponibilità finanziarie, sì che il
richiedente deduca una situazione di urgenza, superabile soltanto con
cure tempestive e non ottenibili dal servizio pubblico, trattandosi in
tal caso del fondamentale diritto alla salute;
che pertanto in tal caso, riscontrabile nella concreta fattispecie, la
pretesa dev'essere fatta valere davanti al giudice ordinario ai sensi
degli artt. 2 e 4 l. 2248/1865 all. E (Cassazione, Sezioni unite,
5297/1997, 837/1999, 194/2001, 10965/2001 e 10964/2001);
che tale giurisprudenza trova riscontro anche in pronunce della Corte
costituzionale (sentenze 267/1998, 992/1998);
che a questa soluzione dell'attuale questione non osta il citato art. 33
d.lgs. 80/1998, modificato dall'art. 7, lett. a), l. 205/2000, che
devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le
controversie in materia di pubblici servizi, ed in particolare quelle
riguardanti le prestazioni, anche patrimoniali, nell'ambito del Servizio
Sanitario Nazionale;
che infatti con sentenza 204/2004 la Corte costituzionale ha dichiarato
in parte illegittimi gli artt. 33 e 7 ora detti, con la conseguenza che
sono rimaste devolute al giudice amministrativo in sede esclusiva
solamente le controversie "relative a concessioni di pubblici servizi,
escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi,
ovvero relative a provvedimenti adottati dalla Pubblica Amministrazione
o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento disciplinato
dalla l. 241/1990, ovvero ancora relative all'affidamento di un pubblico
servizio ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore";
che l'attuale controversia non rientra in alcuna di queste previsioni di
giurisdizione esclusiva né - trattandosi, come s'è detto, di diritto
soggettivo perfetto - nella giurisdizione amministrativa di legittimità
(cfr. Cassazione, 23645/2004, 598/2005);
che le
spese di questo giudizio di cassazione possono essere compensate poiché
la giurisdizione è stata regolata sulla base della giurisprudenza
costituzionale sopravvenuta.
P.Q.M.
La Corte
dichiara la giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria e compensa
le spese. |