Sentenza n. 226 - Anno 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Cesare RUPERTO Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO Giudice

- Massimo VARI "

- Riccardo CHIEPPA "

- Gustavo ZAGREBELSKY "

- Valerio ONIDA "

- Carlo MEZZANOTTE "

- Fernanda CONTRI "

- Guido NEPPI  MODONA "

- Piero Alberto CAPOTOSTI "

- Annibale MARINI "

- Franco BILE "

- Giovanni Maria FLICK "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1, lett. c), della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge–quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), e dell’art. 110, comma 2, del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado), promosso con ordinanza emessa il 10 dicembre 1998 dal Tribunale amministrativo regionale per la Toscana sul ricorso proposto da Stiaffini Luca contro il Preside della Scuola Media Statale «Via dei Pensieri» di Livorno ed altri, iscritta al n. 344 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell’anno 2000.

Visti l’atto di costituzione di Stiaffini Luca nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 20 febbraio 2001 il Giudice relatore Fernanda Contri;

uditi l’avvocato Fausto Buccellato per Stiaffini Luca e l’avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. – Il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, con ordinanza emessa il 10 dicembre 1998, ha sollevato, in riferimento agli artt. 34 e 38 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1, lettera c), della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge–quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), e dell’art. 110, comma 2, del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado), nella parte in cui precludono la frequenza della scuola dell’obbligo per otto anni ove l’alunno handicappato abbia raggiunto il diciottesimo anno di età.
Il Tribunale rimettente – dopo aver esposto in fatto che il giudizio pendente innanzi a sé ha ad oggetto l’impugnazione del provvedimento con il quale il Preside di una scuola media statale ha respinto la domanda di iscrizione alla classe seconda, per l’anno scolastico 1998/99, di un alunno portatore di handicap, in quanto il medesimo aveva già compiuto il diciottesimo anno di età – afferma che le norme che stabiliscono limiti di età all’assolvimento dell’obbligo scolastico presuppongono comunque che l’alunno abbia frequentato per almeno otto anni. In particolare, la disposizione di cui all’art. 14, lettera c), della legge n. 104 del 1992, riprodotta nell’art. 112 (rectius: art. 110, comma 2) del decreto legislativo n. 297 del 1994, prevede la possibilità per la persona handicappata di realizzare il completamento della scuola dell’obbligo anche sino al compimento del diciottesimo anno di età;l’art. 110 del detto decreto stabilisce al primo comma che sono soggetti all’obbligo scolastico i fanciulli dal sesto al quattordicesimo anno di età, mentre il successivo art. 112 dispone che è prosciolto da tale obbligo chi non abbia conseguito il diploma di licenza della scuola media se, al compimento del quindicesimo anno di età, dimostri di aver osservato per almeno otto anni le norme sull’obbligo scolastico.
La disciplina relativa all’obbligo scolastico – prosegue il rimettente – trova fondamento nel precetto dell’art. 34 della Costituzione, che garantisce per almeno otto anni l’obbligatorietà dell’istruzione inferiore, senza porre limiti temporali al suo svolgimento; tale precetto si estende agli inabili e minorati, in forza del disposto di cui all’art. 38 della Costituzione.
Osserva il giudice a quo che nella specie il ricorrente ha frequentato la scuola dell’obbligo per complessivi sette anni e che la frequenza per un ulteriore anno sarebbe al medesimo preclusa a causa del raggiungimento del diciottesimo anno di età.
Ad avviso del Tribunale rimettente, le norme che non consentono all’alunno handicappato di assolvere l’obbligo scolastico oltre il diciottesimo anno di età, si porrebbero in conflitto con gli artt. 34 e 38 della Costituzione, i quali non indicano limiti temporali all’assolvimento di tale obbligo e garantiscono comunque che l’istruzione inferiore obbligatoria sia impartita per almeno otto anni.

2. – Si è costituito nel giudizio innanzi alla Corte il ricorrente del giudizio a quo, concludendo per la declaratoria di illegittimità costituzionale delle norme impugnate, con riserva di ulteriori difese.

3. – E’ intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o comunque infondata.
Nella memoria depositata in prossimità dell’udienza, la difesa erariale afferma anzitutto che la questione, così come prospettata dal giudice rimettente, non sarebbe rilevante, poiché, in base agli elementi di fatto indicati nell’ordinanza, risulta che il ricorrente avrebbe compiuto il periodo di istruzione di otto anni, essendo stato ammesso alla seconda elementare dopo un anno di apprendimento da privatista.
L’Avvocatura sostiene poi che, a seguito della emanazione della legge 20 gennaio 1999, n. 9, con la quale è stato elevato l’obbligo di istruzione, dovrebbe disporsi la restituzione degli atti al tribunale rimettente per una nuova valutazione della rilevanza della questione.
La difesa erariale sottolinea come il sistema dettato dalle norme in questione sia coerente e rispettoso dei principi costituzionali. In particolare, in base al dettato costituzionale, deve ritenersi garantito un certo percorso di istruzione, individuato temporalmente in almeno otto anni, ma non può invece considerarsi garantito il risultato scolastico, sì che appaiono pienamente legittime le disposizioni relative all’adempimento dell’obbligo scolastico e al proscioglimento da esso.
Osserva poi l’Avvocatura come i soggetti che abbiano superato l’età dell’obbligo scolastico, senza aver conseguito il diploma, siano titolari non già di un diritto-dovere alla frequenza, bensì di un semplice interesse ad accedere alle strutture scolastiche, cui corrisponde un potere discrezionale di ammissione.
Per gli alunni handicappati, il legislatore ha previsto un sistema più articolato e complesso, nel quale il periodo minimo di istruzione obbligatoria non assume di per sé rilievo ai fini del proscioglimento dall’obbligo scolastico, risultando elevata l’età entro la quale si deve ritenere concluso il periodo di istruzione.
In tal modo, per un verso appaiono soddisfatte le esigenze di apprendimento e di socializzazione, che si realizzano con la frequenza scolastica svincolata dall’obbligo; per altro verso l’apprendimento e l’integrazione scolastica risulterebbero finalizzate all’inserimento dell’handicappato nella società e nel mondo del lavoro.

Considerato in diritto

1. – Il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana dubita della legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1, lettera c), della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge–quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), e dell’art. 110, comma 2, del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado), nella parte in cui precludono ai portatori di handicap l’assolvimento dell’obbligo scolastico oltre il diciottesimo anno di età.
Ad avviso del Tribunale rimettente, le indicate norme si porrebbero in contrasto con gli artt. 34 e 38 della Costituzione, che garantiscono l’obbligatorietà dell’istruzione per almeno otto anni, senza porre alcun limite temporale all’assolvimento dell’obbligo scolastico.

2. – Preliminarmente devono esaminarsi le eccezioni svolte dall’Avvocatura dello Stato, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità della questione per difetto di rilevanza ovvero disporsi la restituzione degli atti al giudice a quo per una nuova valutazione della rilevanza della questione.
L’Avvocatura sostiene anzitutto che la questione sarebbe priva di rilevanza, in quanto il ricorrente avrebbe compiuto il periodo di istruzione di otto anni, nel quale deve computarsi anche l’anno di apprendimento in ambito privato.
La tesi non può condividersi, poiché trascura di considerare che le finalità perseguite dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104 consistono nel promuovere la piena integrazione della persona handicappata in ogni ambito nel quale si svolge la sua personalità, da quello familiare a quello scolastico, lavorativo e sociale, attraverso la rimozione delle condizioni invalidanti che impediscono lo sviluppo della persona umana e la partecipazione della persona handicappata alla vita della collettività (art. 1, lettere a e b). La concreta attuazione di tali finalità comporta la necessità che l’istruzione delle persone handicappate si compia attraverso la frequenza nelle classi comuni delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado; la frequenza costituisce infatti lo strumento fondamentale per il raggiungimento dell’obiettivo consistente nello sviluppo delle potenzialità della persona handicappata all’apprendimento, alla comunicazione, alle relazioni e alla socializzazione, come indicato dall’art. 12, comma 3, della legge in esame.
E’ allora evidente che l’apprendimento in ambito privato o familiare, pur consentendo in via generale l’ammissione ad esami di idoneità per l’accesso alle classi successive, ex artt. 147 e 178 del d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297, non può tuttavia ritenersi equivalente alla istruzione ricevuta con la frequenza delle classi scolastiche, poiché il diritto all’istruzione delle persone handicappate deve intendersi in senso estensivo, essendo finalizzato al raggiungimento degli obiettivi propri di ciascun ordine e grado di scuola ma nell’ambito di quelli perseguiti attraverso la integrazione scolastica.
Con la seconda eccezione, l’Avvocatura dello Stato ha sollecitato un provvedimento di restituzione degli atti al giudice a quo, perché sia nuovamente valutata la rilevanza della questione a seguito della emanazione della legge 20 gennaio 1999, n. 9 (Disposizioni urgenti per l’elevamento dell’obbligo di istruzione), che ha elevato da otto a dieci anni l’obbligo di istruzione a decorrere dall’anno scolastico 1999–2000.
Deve anzitutto rilevarsi che gli effetti della norma in questione decorrono dall’anno scolastico successivo a quello per il quale risulta proposta la domanda nel giudizio a quo, con la conseguenza che la nuova disposizione non può trovare applicazione in tale giudizio; in ogni caso, l’elevamento dell’obbligo scolastico è inidoneo a determinare effetti sulla rilevanza della questione, essendo rimasto invariato il termine entro il quale è consentito il completamento della scuola dell’obbligo agli alunni portatori di handicap.

3. – Nel merito, la questione è infondata.

3.1 – Le norme contenute negli articoli da 109 a 114 del d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297, che disciplinano l’istruzione inferiore con disposizioni comuni alla scuola elementare e media, stabiliscono in otto anni la durata dell’istruzione impartita nella scuola elementare e media, individuano nei fanciulli dal sesto al quattordicesimo anno di età coloro che sono soggetti all’obbligo scolastico, indicano le modalità di adempimento del detto obbligo e i soggetti responsabili dell’adempimento, prescrivendo particolari controlli finalizzati alla verifica dell’adempimento, cui si accompagna la previsione di sanzioni in caso di inosservanza.
Il sistema delineato dalle anzidette norme configura l’istruzione inferiore anche come un dovere, che deve essere assolto nel periodo compreso tra i sei e i quattordici anni di età e dal quale si è prosciolti se al compimento del quindicesimo anno di età non sia stato conseguito il diploma di licenza media ma siano state osservate per almeno otto anni le norme sull’obbligo scolastico. Trascorso il periodo durante il quale è obbligatoria la frequenza scolastica, l’istruzione inferiore perde l’originaria configurazione di dovere e il relativo diritto può essere esercitato mediante la frequenza di corsi per adulti, finalizzati al conseguimento della licenza elementare e della licenza media, come previsto dagli artt. 137 e 169 del decreto legislativo n. 297 del 1994.

3.2 – Agli alunni handicappati sono dedicate le norme della Sezione I, del Capo IV, del Titolo VII, della Parte II del decreto in esame, che disciplinano in modo più complesso le modalità con le quali si attua il percorso scolastico dei medesimi. L’aspetto peculiare della disciplina è rappresentato dalla duplicità del profilo che connota l’istruzione inferiore degli alunni handicappati, in quanto questa è configurata sì come un dovere ma con la garanzia di adempimento attraverso la previsione di specifici diritti che ne consentano l’effettività (articoli da 312 a 325 del decreto legislativo n. 297 del 1994).
Tra le disposizioni volte ad agevolare l’accesso degli alunni handicappati all’istruzione vi è quella che differisce il limite di età entro il quale viene completata la scuola dell’obbligo, consentendo tale completamento anche fino al compimento del diciottesimo anno di età. La scuola dell’obbligo, che ordinariamente deve essere frequentata e completata tra i sei e i quattordici anni, con il limite massimo dei quindici anni, previsto dall’art. 112, può essere quindi completata dagli alunni in situazioni di handicap anche sino al compimento del diciottesimo anno di età.
L’anzidetto prolungamento si pone in relazione alla disposizione prevista negli artt. 182, comma 2, e 316, comma 1, lettera c), del decreto in oggetto, la quale, in deroga al principio generale secondo cui una stessa classe può essere frequentata soltanto per due anni, consente agli alunni handicappati una terza "ripetenza" in singole classi.
Nel periodo successivo a quello durante il quale la frequenza scolastica è obbligatoria – quattordici anni – o nel quale comunque è consentito il completamento della scuola dell’obbligo – anche sino ai diciotto anni – (da individuarsi nell’anno scolastico susseguente a quello in cui avviene il compimento del diciottesimo anno di età), per gli alunni handicappati l’istruzione viene a configurarsi come un diritto, che potrà essere esercitato mediante la frequenza, al di fuori della scuola dell’obbligo, di corsi per adulti finalizzati al conseguimento del diploma. Naturalmente l’attuazione di tale diritto postula che vengano garantite le medesime misure di sostegno dettagliatamente previste dalla legge quadro n. 104 del 1992, anche perché la frequenza di corsi per adulti per la persona handicappata che abbia raggiunto la maggiore età assume una funzione tanto più rilevante, in quanto consente, in modo certamente più incisivo rispetto alla frequenza di classi solitamente composte da tredici–quattordicenni, il raggiungimento dell’obiettivo cardine della legge quadro sopra indicato in ambiti il più possibile omogenei. Infatti l’integrazione scolastica della persona maggiorenne affetta da handicap può dirsi realmente funzionale al successivo inserimento nella società e nel mondo del lavoro qualora avvenga in un contesto ambientale che anche sotto il profilo dell’età sia il più vicino possibile a quello nel quale detta persona sarà accolta e che certamente è il più idoneo a favorire il completamento del processo di maturazione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1, lettera c), della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge–quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), e dell’art. 110, comma 2, del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado), sollevata, in riferimento agli artt. 34 e 38 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Toscana con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 luglio 2001.

F.to:

Cesare RUPERTO, Presidente
Fernanda CONTRI, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere