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N.
3733/02 REG. DEC. ANNO 2001 REPUBBLICA ITALIANA IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO Il
Consiglio di
Stato in
sede giurisdizionale,
Quinta Sezione
ha pronunciato la seguente decisione sul
ricorso in appello n. 6808/2001
proposto dalla Alma C.I.S.
S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentata e difesa dall’Avv.
Claudio R. Caffè ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv.
G. Magrone in Roma, Via del Banco di Santo Spirito n. 42; CONTRO Il
Comune di S. Giovanni Teatino, in persona del Sindaco pro tempore,
rappresentato e difeso dall’Avv. Enrico Follieri
ed elettivamente
domiciliato presso lo studio dell’Avv. Lupis
in
Roma, Viale Mazzini n. 6; E
NEI CONFRONTI DI Mineco
S.p.a., rappresentata e difesa dall’Avv. Massimo Boni ed
elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. S. Casanova
in Roma, Via Pompeo Trogo n. 21; per
la riforma della
sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo,
Sez. di Pescara, n. 467 in data 10.5.01/15.5.01; Visto
l’atto di appello con i relativi allegati; Visti
gli atti di costituzione del Comune di S. Giovanni Teatino e della
Mineco S.p.a.; Viste
le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese; Visti
gli atti tutti della causa; Alla
pubblica udienza del 29 gennaio 2002, relatore il consigliere Carlo
Deodato, uditi i procuratori delle parti Avv.to C. R. CAFFE’ e
Avv. LO FOCO su delega dell’Avv. E. FOLLIERI; Visto
il dispositivo di sentenza n. 65/02 del 04/02/02; Ritenuto
in fatto e considerato in diritto quanto segue: FATTO Con
la sentenza appellata veniva respinto il ricorso, proposto dalla
Alma C.I.S. S.r.l., inteso ad ottenere l’annullamento dell’aggiudicazione
alla Mineco S.p.a. dell’appalto relativo alla realizzazione di un
impianto di depurazione a servizio della frazione Fontechiara del
Comune appellato. Avverso
la predetta decisione proponeva rituale appello la Alma C.I.S.
S.r.l. deducendo la stessa, unica, censura formulata in primo grado
e disattesa con la sentenza impugnata, della quale domandava l’annullamento. Resistevano
il Comune di S. Giovanni Teatino e la Mineco S.p.a., contestando la
fondatezza dell’impugnazione e domandandone la reiezione. Alla
pubblica udienza del 29 gennaio 2002 il ricorso veniva trattenuto in
decisione. DIRITTO 1.- Le
parti controvertono sulla legittimità degli atti con i quali il
Comune di S. Giovanni Teatino ha disposto l’aggiudicazione in
favore della società controinteressata dell’appalto di lavori de
quo agitur. La ricorrente assume, in proposito, l’illegittimità
dei provvedimenti impugnati per violazione dell’art. 17 L. 12
marzo 1999 n. 68, sostenendo che, di contro a quanto ritenuto dal
T.A.R., la presentazione della dichiarazione richiesta dalla
predetta disposizione costituisce requisito di partecipazione alla
gara e che, quindi, l’omesso, tempestivo, adempimento della
relativa prescrizione obbliga l’Amministrazione ad escludere dalla
procedura selettiva l’impresa inadempiente. Le controparti
difendono il convincimento espresso dal T.A.R. circa la
configurabilità della prescrizione controversa nei soli riguardi
dell’impresa vincitrice della gara e non anche nei confronti di
tutte le partecipanti. Premesso, in fatto, che la certificazione di
cui alla disposizione citata era stata, nella specie, presentata
unitamente alla domanda di partecipazione dalla sola ricorrente e
che, invece, l’aggiudicataria l’aveva trasmessa solo all’esito
della gara, la controversia si risolve nella qualificazione dell’adempimento
in contestazione e nella conseguente individuazione della fase del
procedimento nella quale, a pena d’esclusione, dev’essere
documentato il rispetto della normativa dettata in tema di diritto
al lavoro dei disabili. 2.- La
disposizione oggetto dell’indagine ermeneutica sopra illustrata
prescrive che “le imprese, sia pubbliche sia private, qualora
partecipino a bandi per appalti pubblici o intrattengano rapporti
convenzionali o di concessione con pubbliche amministrazioni, sono
tenute a presentare preventivamente alle stesse la
dichiarazione del legale rappresentante che attesti di essere in
regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei
disabili, nonché apposita certificazione rilasciata dagli uffici
competenti dalla quale risulti l’ottemperanza alle norme della
presente legge, pena l’esclusione”. Una corretta esegesi della
norma citata esige, prima di procedere alla lettura del (peraltro
univoco) dato testuale, la preliminare individuazione della sua
ratio e degli interessi da quella protetti al fine di attribuire
alla stessa il significato e la portata precettiva maggiormente
conformi alla sua finalità. Va, al riguardo, osservato che lo scopo
della disposizione non è solo quello, ritenuto come esclusivo dal
T.A.R., di garantire all’Amministrazione la conclusione del
contratto con un'impresa che osservi la normativa sul diritto al
lavoro dei disabili ma anche, se non prevalentemente, quello di
assicurare e di perseguire il più ampio rispetto di quest’ultima.
Non v’è dubbio, in proposito, che la finalità appena illustrata
risulta conseguita con maggiore efficacia ove la disposizione venga
letta nel senso, prospettato dall’appellante, che il rispetto
della normativa a tutela dei disabili dev’essere attestato al
momento della presentazione della domanda di partecipazione alla
gara. Mentre, infatti, quest’ultima interpretazione favorisce in
maniera significativa, condizionando la stessa possibilità di
partecipare alla procedura selettiva, l’osservanza della normativa
in parola, l’opzione ermeneutica seguita dal T.A.R., condizionando
la sola conclusione del contratto con l’impresa vincitrice della
gara, garantisce con minore efficacia la tutela dei disabili, posto
che, in quest’ultimo caso, il carattere eventuale e futuro della
sanzione dell’esclusione potrebbe indurre le imprese partecipanti
a rinviare ad un momento successivo la regolarizzazione, sotto il
profilo considerato, della propria organizzazione. Tanto osservato
circa la ratio dell’art.17 L. n. 68/99, va ribadito che l’esegesi
della predetta disposizione maggiormente conforme alla sua finalità
è senz’altro quella che qualifica l’adempimento in parola come
requisito di partecipazione alla gara, e non come condizione dell’aggiudicazione,
e che impone, conseguentemente, la produzione della relativa
certificazione al momento della presentazione della domanda, e non,
come erroneamente ritenuto dal T.A.R., all’esito della gara e
prima dell’aggiudicazione definitiva. Si rileva, infine, che l’interpretazione
appena illustrata risulta significativamente avvalorata e
corroborata dal dato letterale della disposizione esaminata. L’univoco
testo della norma, infatti, là dove prescrive alle imprese che “partecipino
a bandi” di “presentare preventivamente” la dichiarazione e la
certificazione ivi descritte, individua chiaramente nella
presentazione della domanda di partecipazione la fase procedimentale
nella quale va adempiuta quella prescrizione, escludendo, al
contempo, la riferibilità dell’avverbio “preventivamente”,
per come inteso dal T.A.R., all’aggiudicazione definitiva della
gara. Il contestuale utilizzo delle dizioni “partecipazione a
bandi per appalti pubblici” e “presentazione preventiva” e l’evidente
connessione logica tra le stesse impongono, in definitiva, la
lettura della disposizione sopra preferita ed impediscono, di
contro, come già osservato, di accedere alla diversa esegesi, in
quanto contraria al palese significato letterale delle espressioni
usate, che circoscrive l’adempimento in parola alla sola fase
finale della procedura e che lo qualifica come mera condizione dell’aggiudicazione
definitiva o, addirittura, della stipulazione del contratto. Le
convergenti indicazioni ricavate dall’esegesi logica e da quella
letterale della disposizione inducono, in definitiva, ad affermare
con chiarezza che l’attestazione, nelle forme indicate dalla
norma, del rispetto della normativa a tutela dei disabili va
presentata, a pena d’esclusione, contestualmente alla domanda di
partecipazione alla gara. Né vale, di contro, osservare, quanto
alla vicenda in esame, che la società aggiudicataria era esonerata
dall’adempimento considerato in quanto non soggetta, per le
dimensioni della propria impresa, alla disciplina imperativa dettata
in tema di diritto al lavoro dei disabili. La disposizione in esame,
infatti, per la formulazione in termini generali della prescrizione
ivi imposta, non pare consentire deroghe nell’osservanza dei
relativi obblighi con la conseguenza che le concorrenti non tenute
all’osservanza della normativa a tutela dei disabili, lungi dall’essere
esonerate dal comunicare alle amministrazione la propria posizione
nei riguardi della disciplina in parola, dovranno, comunque,
trasmettere, nei termini sopra chiariti ed a pena di esclusione, una
dichiarazione, o certificazione, che attesti l’inapplicabilità
alla loro impresa della normativa citata. Non può, da ultimo,
condividersi l’assunto relativo all’osservanza della
prescrizione in esame per mezzo della dichiarazione, richiesta dal
bando, “di non trovarsi nelle condizioni di incapacità di
contrarre con la pubblica amministrazione”. E’ sufficiente, in
proposito, osservare che la genericità di siffatta dichiarazione
impedisce di riconoscere alla stessa un valore equivalente a quella
imposta dall’art. 17 l. cit. che, per la sua natura imperativa,
esige, come disposizione automaticamente inserita nel regolamento di
gara, una puntuale indicazione del contenuto ivi prescritto. Ne
consegue che, nel caso di specie, la Mineco S.p.a. doveva essere
esclusa dalla procedura controversa per aver omesso l’osservanza
della prescrizione considerata e che, quindi, in accoglimento dell’appello,
l’aggiudicazione impugnata va giudicata illegittima, e pertanto
annullata, per violazione della disposizione di legge menzionata. 3.- La
domanda risarcitoria formulata dalla ricorrente va, infine, dichiara
inammissibile in quanto genericamente proposta. Nel rilevato difetto
di qualsiasi indicazione che consenta al Giudice la stessa
individuazione del pregiudizio patrimoniale del quale viene chiesto
il ristoro per equivalente o degli elementi necessari sui quali
fondare l’invocata reintegrazione in forma specifica, va, infatti,
pronunciata l’inammissibilità della domanda per omessa specifica
allegazione dei fatti costitutivi, sotto il profilo del petitum,
della relativa pretesa creditoria. 4.- La
novità della questione controversa giustifica la compensazione tra
le parti delle spese processuali. P.
Q. M. Il Consiglio
di Stato in sede giurisdizionale, Sezione
Quinta, in parziale accoglimento del ricorso indicato in
epigrafe ed in riforma della sentenza appellata, così provvede: 1)
annulla gli atti impugnati con il ricorso in primo grado; 2)
dichiara inammissibile la domanda di risarcimento dei danni proposta
in primo grado dall’odierna appellante; 3)
dichiara compensate le spese processuali di entrambi i gradi di
giudizio; 4)
ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità
amministrativa. Così
deciso in Roma nella camera di consiglio del 29 gennaio 2002
, con l'intervento dei
signori: Agostino
Elefante
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Presidente Corrado
Allegretta
- Consigliere Goffredo
Zaccardi
- Consigliere Francesco
D’Ottavi
- Consigliere Carlo
Deodato
- Consigliere -
estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE IL
SEGRETARIO
DEPOSITATA
IN SEGRETERIA il...........06/07/2002............................ (Art.
55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE |
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