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Sentenza Corte dei Conti 28 gennaio 2005, n. 56
SEZIONE TERZA GIURISDIZIONALE CENTRALE
D’APPELLO FATTO Con l’impugnata sentenza la sezione giurisdizionale per il Veneto ha assolto i sigg.ri M.A.M. e S.A., rispettivamente, Direttore dei servizi amministrativi e Dirigente scolastico dell’Istituto Commerciale Turranio di Concordia Sagittaria, convenuti in giudizio dal Procuratore regionale della corte dei conti per sentirsi condannare in parti uguali al pagamento della somma di €. 5551, 91, oltre interessi, rivalutazione e spese di giudizio, corrispondente alla somma sottratta da ignoti nei locali dell’Istituto scolastico e destinata al pagamento di gite scolastiche: a seguito del furto, il Provveditore agli studi autorizzava la scuola a pagare i fornitori per i servizi già fruiti dagli studenti attingendo alle economie di bilancio. La somma in questione era custodita in un armadio blindato posto nella stanza della sig.ra M. ed aperto, secondo le indagini di P.G., con le chiavi custodite nell’ufficio della predetta. Secondo il requirente, da tali fatti sarebbe conseguito un danno per l’Amministrazione da imputare al comportamento gravemente colposo dei convenuti per aver lasciato imprudentemente le somme nell’armadio, anziché depositarle immediatamente presso istituiti bancari o postali. Il primo giudice, dopo aver riaffermato la giurisdizione della Corte dei conti il cui difetto era stato eccepito dal S., ha assolto entrambi i convenuti per mancanza di colpa grave. Avverso la sentenza ha proposto appello il Procuratore regionale per il Veneto osservando, per quanto riguarda il S., che il medesimo non si attivò per ristabilire un sistema legale e prudente nella gestione dei fondi a fronte di una consuetudine illegittima che durava da molto tempo e di cui egli era a conoscenza: né, ad escluderne la colpa grave è sufficiente il fatto di aver emesso meri richiami verbali al fine di far cessare la prassi illegittima, laddove avrebbe dovuto operare attraverso l’adozione di circolari o ordini di servizio ovvero l’instaurazione di procedimenti disciplinari. Riguardo alla posizione della M., il Procuratore appellante ne contesta, sostanzialmente, la grave negligenza rispetto ai doveri d’ufficio derivanti dalla sua posizione funzionale rivestita nella struttura, con particolare riferimento al fatto che le chiavi dell’armadio erano custodite in maniera tale da poter rientrare nella disponibilità di chiunque nonchè al mancato immediato versamento in banca del denaro custodito presso la scuola: a corredo delle proprie argomentazioni, il P.R. richiama alcune dichiarazioni rese dalla M. stessa, fra cui quella resa nell’ambito del procedimento disciplinare al quale fu sottoposta, non preso in considerazione, secondo il requirente, dal primo giudice; l’atto d’appello conclude, quindi, chiedendo la riforma della sentenza impugnata e la condanna del S. e della M. al pagamento in parti uguali in favore dell’Erario della somma di €. 5551,91, oltre interessi, rivalutazione e spese di giudizio ovvero l,pagamento di quella somma diversa che la Sezione dovesse accertare come dovuta. Il S. si è costituito in giudizio, rappresentato e difeso dagli avv.ti Massimo Carlin e Luigi Manzi, con memoria depositata il 21 ottobre 2004, osservando: a) la prassi “illegittima” era stata introdotta prima del proprio insediamento dalla sig.ra M. che aveva autonomamente organizzato l’attività di raccolta dei fondi per la partecipazione alle gite; b) le direttive da lui impartite, sia pure verbalmente, erano nel senso esattamente contrario alla suddetta prassi ed in ordine alla loro applicazione aveva ricevuto precise assicurazioni dallo stesso Direttore dei Servizi ; c) non vi era motivo di adottare cautele ulteriori poiché nell’istituto non si erano mai verificati casi di furto ed in ogni caso la custodia delle somme nell’armadio blindato appariva misura adeguata e sufficiente; d) nessun procedimento disciplinare è stato avviato nei suoi confronti; pertanto, l’appellato conclude, in via principale, per il rigetto dell’appello e, in via assolutamente subordinata ed eventuale, per una condanna in misura minima o, comunque, inferiore a quella richiesta dalla Procura con esercizio, in ogni caso, del potere riduttivo. La M. si è costituita in giudizio, rappresentata e difesa dall’ Avv. Leonello Azzarini, con memoria depositata il 23 novembre 2004 osservando: a) le chiavi non erano conservate in un cassetto aperto, ma in uno schedario, e quindi non nella disponibilità di chiunque, il che, anche se non integra una misura di massima sicurezza, certo non configura neppure una particolare leggerezza ed incuria; b) l’unico soggetto che poteva essere a conoscenza dell’effettivo ammontare del denaro giacente presso la scuola il venerdì precedente il furto era un applicato di segreteria cui veniva consegnato dai singoli docenti: di qui l’esclusione di qualsiasi ipotesi di comportamento gravemente colpevole connesso al mancato versamento in banca del denaro il venerdì stesso ; c) nel fine settimana in cui si verificò il furto, la vigilanza della scuola era affidata ai bidelli in servizio, per cui l’insufficiente sorveglianza va vista almeno come concausa del verificarsi del danno; d) non risultano agli atti formali disposizioni di servizio impartite dal Dirigente il quale, peraltro, mai impartì alcuna disposizione di massima, anche oralmente, in merito alla gestione del denaro e sul quale gravano istituzionalmente maggiori responsabilità in ordine alla gestione delle risorse scolastiche: il che deve in ogni caso comportare una diversa graduazione delle responsabilità contestate; e) in ordine al procedimento disciplinare intentato dal S. nei confronti della M. pende attualmente ricorso innanzi alla Sezione Lavoro del Tribunale di Venezia; l’appellata conclude, quindi, per il rigetto dell’appello e, in subordine, per una diversa graduazione della responsabilità attribuita ad entrambi i soggetti. All’odierna pubblica udienza sia il P.M. che gli avv.ti Di Mattia ed Azzarini hanno concluso confermando, con ulteriori argomentate considerazioni, il contenuto degli atti scritti: i due legali, in particolare, hanno prospettato in subordine l’opportunità di sospendere eventualmente il presente giudizio in attesa della conclusione del procedimento disciplinare instaurato a carico della M.. Considerato in DIRITTO Il Collegio è chiamato a stabilire se il danno di €. 5551,91 subito dall’Amministrazione scolastica per il furto ad opera di ignoti del denaro versato dai genitori degli alunni per l’effettuazione di gite scolastiche e custodito in un armadio blindato sito nei locali dell’Istituto scolastico “Turranio“ di Concordia Sagittaria, sia imputabile o meno agli odierni appellati, convenuti ed assolti in primo grado con sentenza ora impugnata dal Procuratore regionale per il Veneto. Il primo giudice, affermata l’esistenza del danno e riconosciuta l’esistenza del nesso causale fra l’evento dannoso e la condotta della M. e del S., li ha assolti avendo ritenuto il loro comportamento caratterizzato da colpa lieve e non da colpa grave. L’appello proposto dal P. R. contesta tale pronuncia ritenendo, al contrario, che lo svolgimento dei fatti denota chiaramente la natura gravemente colposa dei suddetti funzionari, i quali, quindi, debbono essere condannati a risarcire l’Erario del suindicato danno. Delimitato quindi l’ambito del presente giudizio d’appello all’accertamento dell’esistenza o meno della colpa grave, il Collegio ricorda sul piano generale che quest’ultima presuppone un comportamento caratterizzato da mancanza di diligenza, violazione delle disposizioni di legge, sprezzante trascuratezza dei propri doveri, che si traduce, in estrema sintesi, in una situazione di macroscopica contraddizione tra la condotta tenuta nello specifico dal pubblico dipendente ed il minimum di diligenza imposto dal rapporto di servizio, in relazione alle mansioni, agli obblighi ed ai doveri di servizio (Sez. I^ 4 agosto 1999 n. 246 e Sez. III^ 14 luglio 1999 n. 162). In tale contesto, allora, ai fini dell’individuazione della colpa grave, il giudice contabile non può e non deve valutare il rapporto in contestazione alla stregua di immutabili norme prefissate, non rinvenibili, peraltro, in alcuna normazione al riguardo (Sez. III^, 21 dicembre 1999 n. 315): egli deve, invece, prefigurare nel concreto l’insieme dei doveri connessi all’esercizio delle funzioni cui l’agente è preposto, attraverso un’indagine che deve tener conto dell’organizzazione amministrativa nel suo complesso e delle finalità da perseguire, alla luce di parametri di riferimento da porsi come limite negativo di tollerabilità, dovendosi ritenere realizzata un’ipotesi di colpa grave ove la condotta posta in essere se ne discosti notevolmente (Sez. III^, 19 maggio 1997 n. 154 e 10 novembre 2004 n. 601). Orbene, è proprio alla luce degli esposti principi, che il Collegio, valutati i fatti di causa quali emergono dagli atti processuali, ritiene il comportamento della M. e del S. gravemente colposo in considerazione delle funzioni e dei compiti ad essi riferibili in relazione alle proprie qualifiche (rispettivamente, Direttore dei servizi amministrativi e Dirigente scolastico). A tal fine è opportuno ricordare, sia pure sinteticamente, che il Dirigente scolastico, nel quadro del profilo delineato dall’art. 25 del D. Lvo 30 marzo 2001 n. 165, assicura il funzionamento generale dell’unità scolastica nella sua autonomia funzionale, ha la rappresentanza legale della scuola e, per quanto qui interessa, è responsabile della gestione delle risorse finanziarie e strumentali e, nell’ambito delle funzioni attribuite alle istituzioni scolastiche, è tenuto ad adottare i provvedimenti di gestione delle risorse e del personale, in un contesto volto a realizzarne il più corretto e produttivo utilizzo: siffatta valorizzazione della figura del Capo d’Istituto, che si inserisce nel più ampio quadro della valorizzazione del ruolo della dirigenza pubblica fondata sulla separazione tra i compiti di direzione politica e quella di direzione amministrativa, è coerente ai principi informatori dell’autonomia scolastica, per cui ad una specifica e peculiare area di inquadramento e di contrattazione del dirigente non può che corrispondere una maggiore responsabilità dello stesso in ordine ai risultati della rispettiva istituzione scolastica, non solo sotto il profilo didattico e formativo, ma anche sotto quello organizzativo, amministrativo e gestionale. Ciò comporta, sul piano processuale giuscontabilistico, l’assoggettamento del dirigente scolastico al principio, già ripetutamente affermato per gli altri dirigenti pubblici, secondo il quale, nelle ipotesi in cui il giudice della responsabilità è chiamato a sindacare il comportamento di un dirigente, i vari aspetti della sua condotta vanno valutati su un piano di maggior rigore, atteso che ad esso è richiesto un impegno di tipo manageriale, da valutarsi sia con riferimento alla legittimità dell’azione amministrativa che all’efficacia ed all’efficienza dell’azione stessa ( Sez. II^ 11 aprile 2000 n. 129, Sez. giur. Reg. Siciliana 10 dicembre 2003 n. 2740 e Sez. III^ 23 giugno 2004 n. 348). Riguardo alla posizione del Direttore dei servizi generali e amministrativi, i compiti e le funzioni a lui spettanti nel contesto del nuovo ordinamento scolastico, emergono in particolare dal CCNL del 1999 che, premessa la rilevanza esterna della sua attività, stabilisce, fra l’altro, che il medesimo: a) sovrintende con autonomia operativa ai servizi generali amministrativo – contabili e ne cura l’organizzazione; b) svolge funzioni di coordinamento, promozione delle attività e verifica dei risultati…; c) ha autonomia operativa e responsabilità diretta nella definizione e nell’esecuzione degli atti a carattere amministrativo – contabile, di ragioneria e di economato; d) assicura l’unitarietà della gestione dei servizi amministrativi e generali della scuola…- Da quanto sopra, emerge la decisiva rilevanza che la figura del Direttore dei servizi generali assume nella gestione dell’istituzione scolastica con particolare riguardo ai profili gestionali e contabili in un ben delineato rapporto di complementarietà con il Dirigente, in relazione alle specifiche funzioni di ciascuno di essi: rapporto che, in definitiva, si esteriorizza soprattutto attraverso l’adozione, da parte del Dirigente, delle direttive che indichino gli obiettivi da conseguire e la scelta, da parte del Direttore, degli strumenti e delle modalità organizzative e procedurali in un contesto collaborativo che escluda qualsiasi palleggiamento di responsabilità tra i due organi . Ciò posto sul piano generale, e passando ad esaminare la fattispecie portata al suo esame, il Collegio non può che evidenziare l’insufficiente e, per alcuni aspetti, contraddittoria motivazione posta a base della sentenza impugnata, che emerge valutando la vicenda di causa nella sua materialità proprio alla luce degli esposti profili ordinamentali e dei criteri di individuazione della colpa grave ripetutamente affermati dalla giurisprudenza e da cui questo giudice non ha motivo di discostarsi. Osserva il Collegio, con particolare riferimento agli specifici profili di fatto sui quali risulta articolata la sentenza, quanto segue: a) un’ evidente contraddizione emerge dalla lettura della stessa laddove, da un lato, si afferma che le chiavi erano state subito rinvenute dai ladri “senza troppo rovistare”, dall’altro, che i convenuti credevano che le chiavi così nascoste costituissero un “ margine adeguato di sicurezza”: si tratta di concetti logicamente inconciliabili, perché il fatto del facile rinvenimento della chiave denota l’assoluta mancanza di quelle adeguate misure di sicurezza che, invece, il giudicante ha ritenuto adottate dai convenuti, per inferirne la non riferibilità ad essi dell’evento dannoso; b) è assolutamente irrilevante (per quanto si dirà più ampiamente in seguito) il richiamo alla prassi ventennale del deposito provvisorio nell’armadio, richiamo effettuato come mero dato di fatto privo di qualsiasi contenuto motivazionale; c) altresì irrilevante appare il riferimento sia al fatto che la M. non raccoglieva personalmente il denaro sia alla ritenuta assenza della medesima dal servizio nei giorni precedenti il furto, trattandosi di circostanze riportate come mero fatto storico senza alcun supporto probatorio salvo, nel primo caso, un generico richiamo ad altro dipendente della scuola nel contesto di una “fiducia reciproca” sulla cui base il “personale dell’ufficio” gestiva l’uso delle chiavi; d) per quanto riguarda il S., lo stesso giudicante riconosce che il medesimo ha “tollerato la prassi del deposito provvisorio… limitandosi a qualche sollecito verbale nei confronti della M.”, ma poi non ne trae le dovute conseguenze in termini di riconoscimento di colpa grave la cui affermazione sarebbe stata facilmente sostenibile sol che si fossero tenuti presenti i compiti e le mansioni proprie del Dirigente scolastico come in precedenza delineate. In realtà, il primo giudice si è limitato ad escludere la colpa grave, con riferimento ad entrambi i convenuti, sulla base di un generico riferimento alle discrasie del sistema ed alla necessità di assicurare l’ordinaria funzionalità degli uffici, come se il rispetto delle procedure relative alla raccolta ed alla custodia dei fondi costituissero un quid di diversa e minor valenza rispetto alle normali attività gestionali della struttura. A fronte di sì generica e, per alcuni versi, contraddittoria motivazione, si pone al contrario, il puntuale atto d’appello del Procuratore regionale il quale ricostruisce, sulla base di dati certi ed oggettivi, la vicenda in tutti i suoi profili con argomentazioni, già ricordate in narrativa, che il Collegio non può che condividere ed accogliere: In particolare, per quanto riguarda la M., viene sottolineata la sua posizione funzionale con i connessi doveri d’ufficio, nonché le documentate dichiarazioni dalla stessa rese dalle quali emerge, in particolare, la consapevolezza di aver trascurato le attività connesse alla gestione dei fondi raccolti per le gite scolastiche, per aver riservato “i normali principi di cautela e di attenzione” al “servizio quotidiano”; riguardo al S., invece, l’appellante evidenzia soprattutto la circostanza di non aver avviato alcuna iniziativa per porre fine ad uno stato di illegittimità che si protraeva da ormai lungo tempo e di cui era ben consapevole. Alla luce di contestazioni così precise e circostanziate, appaiono del tutto infondate ed irrilevanti le deduzioni svolte dagli appellati quali riportate in narrativa. Riguardo alla M., assolutamente insostenibile appare il tentativo di escludere la colpa grave sulla base di mere supposizioni, fondate su calcoli probabilistici, ancorate, da un lato, al fatto che per ventiquattro anni non si erano mai verificati furti nell’Istituto, dall’altro a quello della mancata conoscenza, da parte della medesima, della quantità di contante esistente presso l’ufficio il venerdì precedente il furto. Orbene, richiamate sul primo punto le pregnanti osservazioni svolte dal Procuratore regionale che inducono il Collegio a ritenere l’addotta circostanza un’aggravante della posizione della M. e non certo un’esimente atteso che, una volta assunta, anche di fatto, “nell’interesse dell’Istituto”, la funzione di deposito, questa avrebbe dovuto essere esercitata usando l’ordinaria diligenza ex art. 1768 c.c., per quanto attiene al secondo punto, non si vede chi, se non il Direttore dei servizi amministrativi, avrebbe dovuto essere a conoscenza del denaro esistente in cassa: e ciò alla luce della mansioni ad esso spettante in base ai principi dianzi richiamati. Altrettanto irrilevante, poi, il richiamo al fatto che nei giorni in cui si è verificato il furto l’istituto, aperto al pubblico per una mostra, era affidato alla sorveglianza ordinaria da parte dei bidelli: ciò, infatti, prova troppo, in quanto proprio tale circostanza avrebbe dovuto indurre ad una maggiore vigilanza nei locali scolastici e, quindi, anche, e soprattutto, in quelli in cui era custodito l’armadio blindato. Né.per altro verso, ad escludere la colpa grave della M. è sufficiente il rilievo, in un contesto processuale di palleggiamento di responsabilità, in ordine alla mancata adozione di direttive formali da parte del Dirigente scolastico, stante la ricordata espressa previsione normativa di specifici e peculiari compiti attribuiti al Direttore in materia gestionale. Il S., dal canto suo, tenta di scaricare ogni responsabilità sulla M., adducendo il fatto di aver “costantemente” raccomandato alla stessa di versare presso la Banca o l’ Ufficio postale le somme giacenti: il che non risulta assolutamente in atti (anzi è smentito integralmente dalla M. che, nella memoria di costituzione, esclude recisamente di aver mai ricevuto disposizioni anche solo verbali dal Dirigente in merito alla gestione del denaro), tanto che lo stesso Dirigente assume a conforto della propria posizione la dichiarazione resa dalla dipendente F. che, per la sua genericità ( non specifica le modalità delle disposizioni cui fa riferimento), non può assumere alcuna valenza probatoria ai fini propostisi dall’appellato. Del resto, lo stesso S., nella memoria conclusiva, parla di direttive “sia pure verbali”, non seguite da alcun provvedimento formale perché “nell’Istituto de quo non si erano mai verificati fatti analoghi”: ancora una volta, il Collegio, sul punto specifico, non può che sottolineare come tale circostanza costituisca un’aggravante del comportamento del Dirigente il quale, pur pienamente consapevole della situazione d’illegittimità protrattasi per lungo tempo, nulla ha fatto per porvi rimedio, non potendo considerarsi certo utili a tal fine le asserite direttive verbali ( la cui esistenza, peraltro, è stata negata, come si è visto, dalla M. ). Sul punto, è appena il caso di ricordare che un comportamento tenuto in base ad una prassi illegittima, non può valere ad escludere o ad attenuare la responsabilità del funzionario che ad essa si sia adeguato, ove si consideri che, al contrario, incombe sullo stresso l’obbligo di disapplicare, modificare o, comunque, interrompere tale procedura contra legem (Sez. giur. Sicilia 24 gennaio 2003 n. 309), specialmente quando il soggetto occupi posizione di rilevante significato funzionale, come è il caso del Dirigente scolastico e del Direttore dei servizi amministrativi e generali. In realtà, nella specie, né il S. né la M. sono stati in grado di offrire adeguata dimostrazione, ciascuno in relazione al proprio ruolo, di essersi attivati per regolarizzare una situazione di disordine gestionale di cui erano a conoscenza e nel cui ambito si sono creati i presupposti per il verificarsi dell’evento dannoso di cui è causa. Né, per quanto riguarda, infine, la posizione del S., può valere ad escludere la sua responsabilità il fatto di non essere stato sottoposto a procedimento disciplinare, considerata la diversa natura e la diversa finalità di questo rispetto al giudizio di responsabilità: il che comporta, altresì, il rigetto dell’istanza di sospensione del presente giudizio d’appello prospettata, in via subordinata, dagli appellati nelle more della decisione sul procedimento disciplinare intentato nei confronti della M., attualmente oggetto di ricorso dinanzi al Tribunale di Venezia. In conclusione, il Collegio in accoglimento dell’appello proposto dal Procuratore regionale per il Veneto afferma la responsabilità, in parti uguali, per colpa grave dei sigg.ri M.A.M. ( per insufficiente cautela nella conservazione della chiave dell’armadio blindato e per mancato versamento delle somme ivi custodite) e S.A. (per aver omesso di adottare un sistema legale e prudente nella gestione dei fondi) per il danno subito dall’Amministrazione di appartenenza a seguito del furto di denaro ad opera di ignoti avvenuto nel maggio 2001 ed ammontante ad €. 5.5551,91: non ritiene il Collegio di dover diversificare l’apporto causale degli appellati all’evento dannoso, attesa la medesima incidenza, chiaramente evidenziabile dagli atti di causa in relazione alle specifiche competenze e funzioni, che le loro condotte hanno esplicato sullo svolgimento della vicenda. Peraltro, in considerazione del contesto ambientale ed organizzativo nel cui ambito quest’ultima si è sviluppata e della rilevanza, che sembra emergere dagli atti di causa, di comportamenti concorrenti alla produzione del fatto tenuti da soggetti non convenuti in giudizio, il Collegio reputa equo ridurre l’ammontare della condanna ad €. 4.000,00 (quattromila) comprensivi di rivalutazione monetaria, da imputare a ciascuno degli appellati nella misura del cinquanta per cento, oltre agli interessi legali da calcolare dalla data di pubblicazione della presente sentenza fino al soddisfo. La pronuncia resa assorbe tutti gli altri profili svolti sia in sede di gravame da parte del Procuratore regionale che di costituzione in giudizio da parte degli appellati. Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M La Corte dei conti – Sezione Terza Centrale d’Appello, definitivamente pronunciando, accoglie l’appello proposto dal Procuratore regionale per il Veneto avverso la sentenza in epigrafe e, per l’effetto, condanna i sigg.ri M.A.M. e S.A., ciascuno nella misura del 50%, al pagamento in favore dell’Erario della somma totale di €.4.000,00 (Quattromila), comprensiva di rivalutazione monetaria, oltre gli interessi legali dalla pubblicazione della presente sentenza fino al soddisfo. Condanna altresì i medesimi al pagamento delle spese del presente giudizio che ammontano ad €. 601,80 (diconsi EURO seicentouno e ottanta centesimi). Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 15 dicembre 2004. Depositata nella segreteria della Sezione il giorno 28 gennaio 2005 |
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