Consiglio di Stato – Sentenza
8593/02
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale, Sezione Quinta ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso in appello n. 8593 del 2002 , proposto dal Comune di
Redondesco, rappresentato e difeso dagli avv.ti Alessandro Sperati e
Paolo Colombo, elettivamente domiciliato presso il primo in Roma, Piazza
Mazzini 27
contro
l’Azienda Sanitaria Locale della Provincia di Mantova, rappresentata
e difesa dagli avv. ti Orlando Sivieri e Alberto Arrigo Gianoglio,
elettivamente domiciliata presso il primo in Roma, Piazza della Libertà
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e l’Istituto Ospedaliero del Sospiro, rappresentato e difeso dagli
avv.ti Vittorio Biagetti e Giovanni Bottini, ed elettivamente
domiciliato nello studio del primo in Roma, Via Bertoloni 35
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la
Lombardia – Brescia – 16 luglio 2002, n. 1037, resa tra le parti.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della ASL di Mantova e
dell’Istituto Ospedaliero del Sospiro;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Data per letta alla pubblica udienza del 28 marzo 2003 la relazione del
consigliere Marzio Branca e uditi gli avv.ti Sperati, Biagetti e
Sivieri.
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Con la sentenza in epigrafe è stato accolto il ricorso proposto
dall’Istituto Ospedaliero del Sospiro per l’accertamento dell’obbligo,
in via principale, del Comune di Redondesco e, in via subordinata, della
ASL di Mantova, del pagamento delle rette di degenza del paziente
Aliprandi Franco, affetto da insufficienza mentale grave e degente
presso il predetto Istituto.
Il TAR ha ritenuto che l’obbligo in questione sussista a carico del
Comune di Redondesco, il quale ha fatto appello per ottenere la riforma
della decisione, sostenendo che l’onere debba essere sostenuto dalla ASL
di Mantova.
La ASL e l’Istituto del Sospiro si sono costituiti per sostenere
l’infondatezza del gravame.
Con ord. 5 novembre 2002 n. 4807 la Sezione ha accolto l’istanza di
sospensione degli effetti della sentenza appellata.
Alla pubblica udienza del 28 marzo 2003 la causa era trattenuta per la
decisione.
DIRITTO
La controversia concerne l’individuazione del soggetto pubblico,
comunale o sanitario, tenuto a sostenere l’onere della retta di degenza
per un cittadino affetto da grave insufficenza mentale, in stato
di ricovero dal 1952.
E noto che, a norma dell’art. 30 della legge 27 dicembre 1983 n. 730,
sono poste a carico del servizio sanitario nazionale gli oneri delle
attività di rilievo sanitario connesse con quelle socio assistenziali, e
che il successivo d.P.C.M. 8 agosto 1985, all’art. 1, ha definito
attività di rilievo sanitario quelle “che richiedono personale e
tipologie di intervento propri dei servizi socio-assistenziali, purché
siano diretti immediatamente e in via prevalente alla tutela della
salute del cittadino e si estrinsechino in interventi a sostegno
dell’attività sanitaria di ...cura e/o riabilitazione fisica e psichica
del medesimo”.
In termini non sostanzialmente diversi si esprime il D.P.C.M. 14
febbraio 2001, ricordato dalla difesa della ASL, allorché, all’art. 3,
propone una classificazione che pone a carico del servizio sanitario
nazionale le prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, definendole come
“prestazioni assistenziali che, erogate contestualmente ad adeguati
interventi sociali, sono finalizzate alla promozione della salute, alla
prevenzione, individuazione, rimozione e contenimento di esiti
degenerativi o invalidanti di patologie congenite o acquisite”.
Sulla base di tali definizioni il Tar ha considerato accertato
che, nella specie, il paziente, affetto da grave insufficienza mentale
stabilizzata ed irreversibile, necessitasse soltanto dei meri interventi
farmalogici destinati a contenere isolati episodi di agitazione
psico-motoria, e che tali prestazioni fossero prive di rilievo sanitario
“essendo totalmente assente la finalità riabilitativa e curativa”.
Il Collegio non condivide l’interpretazione del quadro normativo seguita
dai primi giudici.
La ricordata normativa ministeriale, sia nella formulazione del 1985 che
in quella del 2001, attribuisce rilievo sanitario agli interventi con
carattere di “cura” delle patologie in atto, ma non dispone che debbano
definirsi tali solo i trattamenti che lascino prevedere la guarigione o
la riabilitazione del paziente. A tale riguardo pare dirimente proprio
il D.P.C.M. del 2001, nella parte che considera di carattere sanitario i
trattamenti volti al contenimento di esiti degenerativi o invalidanti di
patologie congenite o acquisite.
Nella specie è stato documentato, soprattutto con la perizia del dr.
Benevelli prodotta dal Comune, cui non sono state formulate osservazioni
dalla controparte, ma anche secondo le relazioni dei medici
dell’Istituto di Sospiro, che la persona in questione è costantemente, e
non in via saltuaria e occasionale, sotto farmaco neurolettico definito
maggiore e, al bisogno, deve far ricorso ad altro farmaco, e ciò
nonostante va soggetto ad episodi di agitazione psicomotoria, che
talvolta richiedono l’impiego di contenzioni meccaniche.
In tale situazione, appare evidente che nessun rilievo può annettersi
alla circostanza, rappresentata dalla perizia prodotta dalla ASL, che
non sarebbe praticabile sul paziente alcun intervento di tipo
psichiatrico in quanto il medesimo, in base all’apposito test clinico,
risulta totalmente dipendente. Non è in discussione, infatti che, il
paziente abbia necessità di assistenza continua per l’igiene personale,
per l’alimentazione e per tutti i bisogni primari, e neppure che,
verosimilmente, il suo stato sia cronico e irreversibile.
Conta invece che le forme di assistenza di cui necessita il soggetto non
possano farsi rientrare tra le prestazioni “sociali a rilevanza
sanitaria” che il D.P.C.M. del 2001 definisce “attività del sistema
sociale che hanno l’obiettivo di supportare la persona in stato di
bisogno, con problemi di disabilità o di emarginazione condizionanti lo
stato di salute”.
Si tratta infatti, a tutti gli effetti, di vere e proprie cure, la cui
costante somministrazione può rivelarsi pericolosa per il paziente e
che, pertanto, deve essere affidata a personale sanitario,
professionalmente in grado di valutare al momento le misure da prendere
con efficacia e sicurezza.
In conclusione l’appello deve essere accolto, affermando l’obbligo della
ASL della Provincia di Mantova di provvedere al pagamento delle rette di
degenza in contestazione, e compensando le spese di entrambi i gradi di
giudizio
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta,
accoglie l’appello in epigrafe, e, per l’effetto, in riforma della
sentenza impugnata, dichiara l’obbligo della ASL di Mantova di
provvedere al pagamento delle rette di degenza in contestazione;
compensa le spese di entrambi i gradi di giudizio;
ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità
Amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28 marzo 2003 con
l'intervento dei magistrati:
Alfonso Quaranta
Presidente
Raffaele Carboni
Consigliere
Goffredo Zaccardi
Consigliere
Aldo Fera
Consigliere
Marzio Branca
Consigliere est.
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
f.to Marzio Branca
f.to Alfonso Quaranta
IL SEGRETARIO
f.to Francesco Cutrupi
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16 giugno 2003
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE
f.to Antonio Natale |