Tribunale
Amministrativo Regionale della Calabria
Reggio Calabria
Sentenza 27 giugno 2005, n. 988
FATTO
Espone in fatto l'odierna
ricorrente che in data 19 ottobre 1996 veniva emanato dal Provveditorato
agli Studi di Reggio Calabria un provvedimento avente ad oggetto
"Cattedre, posti e spezzoni orario residuati dopo le operazioni di
utilizzazione del personale titolare" con invito ai Presidi di
interpellare i docenti titolari che potevano prestare servizio fino ad
un numero di sei ore eccedenti l'orario d'obbligo prima di provvedere
alla stipula dei contratti di lavoro a termine, con competenza del
Preside della Scuola Media "F. Sorace Maresca" di Locri ad assegnare 4
ore di lingua francese nel corso per lavoratori. Veniva però omessa la
consultazione della ricorrente che, sin dall'inizio dell'anno
scolastico, aveva dato la propria disponibilità ad operare oltre le 18
ore dell'orario d'obbligo fino ad un massimo di 6 ore settimanali; con
provvedimento di nomina n. 2802 del 4 novembre 1996 veniva assunta la
sig.ra Stillitano con stipula di contratto di lavoro individuale a tempo
determinato
L'Avvocatura Distrettuale dello Stato si è costituita eccependo l'irricevibilità,
l'inammissibilità e l'infondatezza del ricorso.
Alla pubblica udienza dell'8 giugno 2005 la causa è stata chiamata e
trattenuta per la decisione come da verbale.
DIRITTO
1. Con il ricorso in esame la
ricorrente lamenta la violazione degli artt. 41 e 70 del c.c.n.l. del 4
agosto 1995, nonché degli artt. 1 e 21 dell'o.m. p.i. n. 371 del 29
dicembre 1994, oltre all'eccesso di potere e alla nullità ex art. 1418 e
2126 del contratto di lavoro quale stipulato.
1.1. L'Avvocatura Distrettuale dello Stato si è costituita con una
memoria di forma ed ha depositato documentazione peraltro già allegata
al ricorso introduttivo.
2. Il Collegio ritiene di dover preliminarmente osservare che con la
legge n. 205/2000 si è esteso il potere del giudice amministrativo fino
a disporre "l'eventuale risarcimento del danno" sempre "nell'ambito
della sua giurisdizione", così generalizzando la regola per cui
l'interesse legittimo è tutelato in sede giurisdizionale non solo con
l'annullamento, ma anche con lo "strumento di tutela ulteriore" del
risarcimento (Corte cost., 6 luglio 2004, n. 204). Tesi assolutamente
prevalente è quella secondo cui il legislatore del 2000 ha voluto
spogliare il giudice ordinario del potere di risarcire il danno,
attribuendolo a quello amministrativo: il risarcimento del danno sarebbe
condizionato dal principio della necessaria pregiudizialità, per cui la
responsabilità dell'Amministrazione potrebbe sorgere solamente a
condizione che il provvedimento lesivo sia stato previamente impugnato
ed annullato.
2.1 L'ordinamento consente dunque al giudice amministrativo di
verificare se l'accoglimento della domanda principale di annullamento
dell'atto impugnato comporti una tutela pienamente soddisfacente e se
sia il caso di disporre, anche in alternativa, la condanna ad un
risarcimento qualora il ricorrente non possa conseguire
dall'annullamento una piena tutela in ragione della irreversibile
esecuzione dell'atto, ovvero una effettiva tutela per un ostacolo
derivante dal diritto pubblico quale l'impossibilità giuridica di
emanare un ulteriore provvedimento o la consolidazione della posizione
di un terzo.
3. La conferma di come il tema del risarcimento dei danni per lesione di
interessi legittimi coinvolga prospettive ampie e controverse, come ad
esempio quella della relazione giuridica tra il privato e il soggetto
pubblico che esercita un potere, si ricava tra l'altro da pronunce (Cons.
Stato, V, 6 agosto 2001, n. 4239) secondo le quali il diritto al
risarcimento del danno conseguente all'adozione di provvedimenti
illegittimi presenterebbe una fisionomia riconducibile al modello della
responsabilità precontrattuale e della responsabilità per inadempimento
di obblighi. Muovendo dalla considerazione che, per aversi
responsabilità contrattuale, non è più rilevante il contenuto
dell'obbligo ma è sufficiente l'obbligo come tale che, nell'imporre un
comportamento, pone la responsabilità come altro modo di essere di un
vincolo che già esiste, si è ritenuto di poter estendere la disciplina
della culpa in contrahendo anche a quelle ipotesi di affidamento che, a
differenza del rapporto precontrattuale, non ineriscono ad un rapporto
volto alla stipulazione di un contratto. E' pur vero che, mentre chi
propugna la responsabilità da violazione dell'affidamento considera gli
obblighi della Pubblica Amministrazione come obblighi di protezione la
cui violazione dà luogo a responsabilità a prescindere dall'affidamento
circa il conseguimento dell'utilità sperata, nella menzionata sentenza
del 2001 il Consiglio di Stato ha inteso l'obbligo della Amministrazione
come un vero e proprio obbligo di prestazione diretto all'adozione di un
atto conforme all'interesse del richiedente, finendo per riversare sulla
responsabilità contrattuale e sulla figura del diritto soggettivo quelle
identiche incertezze che hanno indotto a ricercare una soluzione al
problema della responsabilità dell'Amministrazione al di fuori della
dicotomia potere-interesse legittimo.
3.1. Nella categoria del danno ingiusto va ricompresa anche la lesione
degli interessi oppositivi, di gran parte di quelli pretensivi e non
anche dei c.d. interessi formali; è comunque sempre necessario
distinguere in tema di interessi oppositivi, come ad esempio nel caso di
annullamento del provvedimento per vizi formali o procedimentali,
allorché resta integro il potere della Pubblica Amministrazione di
adottare un nuovo provvedimento, emendato dai vizi, del pari denegativo
della pretesa al c.d. bene della vita, perché in tal caso pur in
presenza di un danno ingiusto difficilmente può configurarsi un diritto
al risarcimento perché manca proprio un danno patrimoniale.
Rispetto agli interessi pretensivi, dato che la posizione di interesse
legittimo e quello della spettanza del bene della vita non coesistono
nella sfera del privato, in maniera ancor più evidente si pone
l'individuazione dell'area risarcibile rispetto a quella propria del
danno ingiusto: qui il giudizio prognostico sul normale e prevedibile
sbocco del procedimento e quindi sulla spettanza del bene della vita
diviene necessariamente articolato in corrispondenza della gamma di
poteri utilizzabili dalla Pubblica Amministrazione.
4. Oggi tradizionalmente si ritiene (ex multis, Cons. Stato, V, 18 marzo
2002, n. 1562) che il risarcimento del danno non è una conseguenza
automatica dell'annullamento giurisdizionale, ma, pur non prescindendo
da questo, richiede la positiva verifica di tutti i presupposti previsti
dalla legge ed in particolare quelli di cui all'art. 2043 c.c. e, in
tema di liquidazione del danno, all'art. 2056 c.c.: ciò significa che,
oltre alla lesione della situazione soggettiva di interesse tutelata
dall'ordinamento (il cd. "danno ingiusto"), sono necessari altresì il
positivo accertamento della colpa dell'Amministrazione, la
dimostrabilità di un effettivo danno arrecato al patrimonio e la
sussistenza del nesso di causalità tra illecito e danno.
Indipendentemente se si abbia riguardo al pregiudizio patito a causa
dell'agire illegittimo della Pubblica Amministrazione ovvero alla
perdita di chance, è necessario che sia comunque la parte ricorrente a
dover provare il concreto pregiudizio subito, consistente nel primo caso
nella diminuzione dell'integrità patrimoniale subita, nell'altra ipotesi
nell'esistenza di una concreta probabilità dell'ottenimento del bene
della vita in caso di legittimo svolgimento della procedura
amministrativa. Tale onere di supportare con idonei elementi probatori
il danno subito è posto a carico dell'interessato atteso che la realtà
creata dall'azione amministrativa è nella disponibilità della parte, sia
sotto il profilo dell'allegazione che sotto quello dell'acquisizione
conoscitiva, ciò senza trascurare che con l'art. 35, comma 2, del d.lgs.
n. 80/1998 è stato riconosciuto al giudice il potere ordinario di
fissare i criteri di liquidazione del danno da determinarsi tra le parti
in ambito stragiudiziale anche con l'apporto del consulente che sarà
utile per vagliare la condivisibilità dei criteri di quantificazione del
danno indicati dalla parte ricorrente (Cons. Stato, VI, ord. 5 agosto
2003, n. 4460).
4.1. Con riguardo alla fattispecie di cui al presente ricorso, deve
ritenersi che l'azione di ripristino del patrimonio in ragione del
pregiudizio sofferto affondi le sue radici nel principio generale del
neminem laedere di cui all'art. 2043 c.c., richiedendo gli elementi
costitutivi della condotta illecita, della colpa e del danno economico
in senso stretto. In particolare, quanto all'elemento costitutivo della
colpa nella fattispecie di responsabilità dell'Amministrazione per
attività provvedimentale illegittima, con la nota sentenza a Sezioni
Unite n. 500/1999 si è superata la teoria della culpa in re ipsa e la
contestuale definizione di indici identificativi della colpa, indicati
nell'ascrizione all'Amministrazione, intesa come apparato e non al
funzionario agente, della "violazione delle regole di imparzialità, di
correttezza e di buona amministrazione alle quali l'esercizio della
funzione amministrativa deve ispirarsi e che... si pongono come limiti
esterni alla discrezionalità". La giurisprudenza amministrativa e quella
ordinaria hanno infine condiviso l'assimilazione della responsabilità
dell'Amministrazione per attività provvedimentale (segnatamente per
lesione degli interessi c.d. pretensivi) a quella contrattuale per
violazione di diritti relativi, con le implicazioni già evidenziate in
tema di accertamento della colpa.
4.2. Quanto, poi, all'ingiustizia del danno, essa si risolve non solo
nella lesione, in assenza di una causa giustificativa, di una situazione
giuridico-soggettiva attiva meritevole di protezione per l'ordinamento,
ma anche nell'incisione di diritti della persona garantiti dalla
Costituzione sulla base della categoria dei diritti inviolabili ex art.
2 Cost. e dei principi fondamentali, come ad esempio il diritto ad
esplicare la personalità attraverso il lavoro e ad affermare la dignità
personale in sede di integrazione sociale.
5. Nel caso di specie, pare al Tribunale che la responsabilità
dell'Amministrazione per attività provvedimentale illegittima sia
integrata dall'omessa utilizzazione dei docenti di ruolo in soprannumero
ai fini del conferimento delle supplenze temporanee e comunque dalla
mancata consultazione dei docenti titolari per come previsto nella
lettera-circolare del 19 ottobre 1996 in attuazione degli artt. 41 e 70
del c.c.n.l. Il danno patrimoniale cagionato può essere rapportato alla
retribuzione delle ore di supplenza previste nell'anno scolastico
1996/1997 per il corso lavoratori, oltre interessi e rivalutazione fino
al soddisfo e i contributi previdenziali ed assicurativi come per legge.
6. Per questi motivi il Collegio ritiene che il ricorso vada accolto con
declaratoria di nullità del contratto individuale di lavoro prot. n.
2801 del 4 novembre 1996 e conseguente condanna del Provveditorato agli
Studi, ora C.S.A., di Reggio Calabria al pagamento in favore della
ricorrente dei danni subiti per mancata retribuzione delle ore di
supplenza previste nell'anno scolastico 1996/1997 per il corso
lavoratori, oltre interessi e rivalutazione fino al soddisfo e i
contributi previdenziali ed assicurativi come per legge.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo
Regionale della Calabria - Sezione Staccata di Reggio Calabria -
accoglie il ricorso come in epigrafe proposto e, per l'effetto, previa
declaratoria di nullità del contratto individuale di lavoro prot. n.
2801 del 4 novembre 1996, condanna il Provveditorato agli Studi, ora
C.S.A., di Reggio Calabria al pagamento in favore della ricorrente dei
danni subiti per mancata retribuzione delle ore di supplenza previste
nell'anno scolastico 1996/1997 per il corso lavoratori, oltre interessi
e rivalutazione fino al soddisfo e i contributi previdenziali ed
assicurativi come per legge.
Condanna il Provveditorato agli Studi, ora C.S.A., di Reggio Calabria al
pagamento delle spese di giudizio, liquidate in Euro 1000,00 oltre IVA e
CPA; spese compensate nei confronti del Ministero della Pubblica
Istruzione e del Ministero dell'Economia e delle Finanze.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità
Amministrativa. |