Lanno di formazione
di Mariella Spinosi
Il docente neo nominato si trova per la prima volta nelle condizioni di mettere alla prova ciò che ha precedentemente appreso nella fase di studio, di tirocinio, di preparazione al concorso, e le sue caratteristiche vocazionali. Si inserisce in un 'contesto' in cui deve trovare le risorse necessarie per acquisire le abilità e le competenze professionali. Ha bisogno, quindi, di essere accompagnato con azioni mirate, di avere informazioni ed assistenza.
Ma, alla luce dell'innovazione del sistema formativo, ha senso parlare ancora di anno di formazione? Cosa sta cambiando? Sono ancora valide le indicazioni della circolare 267/91, che cosa si potrebbe modificare per migliorare l'offerta?
Le caratteristiche dellofferta
La circolare 267 del 10 settembre 1991, ha ordinato in un unico testo abbastanza lineare ed articolato, tutte le disposizioni relative all'anno di formazione dei docenti, sparse in molte altre indicazioni, a partire dal 1982 (1).
Qui, l'anno di formazione viene rappresentato come momento integrante della procedura concorsuale e del periodo di prova ai fini della conferma in ruolo; esso ha come scopo prioritario "l'affinamento delle competenze professionali".
Due sono le tipologie di attività: quelle di istituto e quelle, propriamente dette, "formative". Le prime "hanno l'obiettivo di offrire ai docenti neo nominati le condizioni per fornire adeguati strumenti informativi ed operativi a sostegno dell'attività di insegnamento e di partecipazione alla vita della scuola". Le seconde, ovvero le iniziative di formazione che si svolgeranno attraverso incontri seminariali, sono invece finalizzate a "stimolare una riflessione" che orienti nei diversi ambiti della professionalità docente.
"Queste due tipologie di intervento ( ) costituiranno due aspetti di un unico progetto formativo, in quanto dovranno sostenere in modo organico e sistematico il processo di formazione e rappresentare un effettivo supporto alla loro azione didattica e professionale".
I neo insegnanti, inoltre dovranno "elaborare una relazione sulle proprie esperienze di formazione e di insegnamento" che dovrà essere discussa all'interno del comitato di valutazione.
Seguendo, quindi, le indicazioni della circolare 267, l'anno di formazione dovrebbe assumere identità da tre momenti significativi: l'esperienza, la riflessione sull'esperienza, la rappresentazione dell'esperienza. Il primo è supportato dalle attività d'istituto, il secondo da quelle seminariali, il terzo dall'impegno personale nell'oggettivare il percorso professionale attuato.
Questi tre aspetti attribuiscono qualità e forza alla proposta, soprattutto perché sono strettamente interconnessi, perché di essi sono stati esplicitati i significati, perché ai soggetti coinvolti sono stati affidati compiti specifici.
I livelli di coinvolgimento
Tre sono i livelli in cui i diversi soggetti sono coinvolti dal punto di vista organizzativo, amministrativo o pedagogico-didattico.
La scuola - Il capo d'istituto (vedi scheda n. 1) rappresenta colui che di fatto ha maggiori compiti e responsabilità. Deve fornire la documentazione ai neo nominati, dare consulenza, orientarli, deve coordinare le attività dei tutors e del comitato di valutazione, deve collegarsi con il direttore dei corsi, nonché adempiere alle formali procedure di rito.
I tutors (vedi scheda 1b/1) hanno il compito di aiutare i docenti in prova soprattutto nelle questioni metodologiche didattiche, facilitarli nel reperimento della documentazione e nei rapporti interni ed esterni all'istituzione.
Il comitato di valutazione (vedi scheda 1b/2), dovrebbe condividere il progetto delle attività di formazione, collegarsi funzionalmente con il capo d'istituto, discutere la relazione finale ed esprimere un parere.
Il provveditorato - A livello provinciale, il provveditore (vedi scheda n. 2) dovrà predisporre "un piano d'intervento con l'individuazione dei destinatari suddivisi per gradi ed ordini di scuola, il numero dei corsi da attivare, i programmi dei corsi e le metodologie di svolgimento, le strutture idonee ad ospitare gli incontri in relazione all'ubicazione, alla disponibilità dei locali".
Possono anche promuovere autonome intese con gli IRRSAE e l'università e, a conclusione delle iniziative, devono inviare alle direzioni generali una sintetica relazione con le schede compilate dai singoli direttori dei corsi, unitamente alla valutazione degli ispettori tecnici.
A questi ultimi, infatti, è affidata "la consulenza tecnico-scientifica e il coordinamento delle iniziative".
Ai direttori delle attività seminariali "spetterà il compito di vigilare sul regolare andamento dei corsi, di attestare le presenze da notificare alle scuole di appartenenza dei docenti in formazione". Agli esperti e ai docenti relatori si richiedono accertate competenze.
La sovrintendenza scolastica - C'è anche un livello regionale, i cui compiti ben definiti dalla circolare 267/91, sono stati alleggeriti dalla successiva circolare n. 73 del '97 avendo essa assegnato ai provveditori il ruolo di coordinamento (che prima era riservato ai sovrintendenti) e avendo predisposto la standardizzazione delle schede di rilevazione. (2)
Quello che si evince dalle disposizioni, considerando anche i tempi di realizzazione indicati (l'intero anno scolastico), è l'unitarietà del processo, che dovrebbe realizzarsi attraverso i collegamenti funzionali tra i soggetti implicati e grazie alle interconnessioni delle operazioni.
I problemi
L'unitarietà del processo, però, pur rappresentando l'obiettivo prevalente, essendo le variabili in gioco numerose e il campo di azione troppo esteso, è diventata, nella migliore delle ipotesi, solo una indicazione di direzione.
Nel corso degli anni i problemi si sono evidenziati in termini sempre più chiari, tanto che in alcuni casi l'anno di formazione si è trasformato in un rituale, con significati altri rispetto agli intenti, spesso oneroso in quanto ad energie e risorse personali richieste, ripetitivo in quanto a procedure e contenuti proposti, non troppo diversi dalle passate esperienze concorsuali degli insegnanti, poco gratificante o soddisfacente in quanto ad esiti.
Gli stessi elementi di forza ben evidenziati nella proposta/91 si sono rivelati elementi di particolare problematicità.
Una considerazione ed alcune domande
Il docente neo nominato si trova per la prima volta, nella maggior parte dei casi, a contatto con una classe, o con un gruppo di alunni, o anche con un solo alunno (caso dell'handicap), è posto nelle condizioni di mettere alla prova ci' che ha precedentemente appreso nella fase di studio, di tirocinio, di preparazione al concorso, e le sue caratteristiche vocazionali.
Si inserisce in un 'contesto' caratterizzato dalle specifiche individualità degli alunni, dalla classe in generale, dai colleghi, dal capo d'istituto, dalle famiglie, dalle abitudini e consuetudini della scuola, dai differenti rapporti costruiti nel tempo, dalle atmosfere che si vivono o si percepiscono. In questa situazione comunque 'qualcosa accade'. E ciò che accade spesso è di tipo personale, in quanto è sintesi di processi non controllati secondo criteri, non supportati da legami intersoggettivi, non sottoposti a verifiche esterne.
Perché, quindi, investire risorse per questo primo momento di costruzione di professionalità? Innanzitutto ad evitare che 'ciò che accade' resti patrimonio esperenziale e soggettivo, interessante pure, ma sottratto al quel processo di oggettivazione che lo trasformi in 'valore culturale' e, nello specifico, in 'patrimonio professionale'. In secondo luogo perché 'il senso' dell'accadere professionale sia percepito dal docente attraverso atti di consapevolezza che inducano a far cogliere limiti e risorse, a far individuare risposte ai problemi, a far percepire che i limiti possono essere superati e le risorse potenziate.
Se si parte da questo convincimento dobbiamo porci alcuni interrogativi non solo in relazione allo stato delle cose con i problemi sopra elencati, ma anche alle stesse modalità impostative dell'anno di formazione finora utilizzate.
Idee per alcune proposte
È abbastanza arduo immaginare di riscrivere l'anno di formazione in una fase ancora incerta in cui i regolamenti sull'autonomia didattica ed organizzativa non sono stati ancora approvati, la riforma del sistema formativo è ancora in discussione, il problema della parità divide nuovamente le opinioni degli italiani e le stesse risposte relative alla formazione di base universitaria sembrano molto distanti rispetto alle previsioni. Ma, resta il fatto che reiterare ancora i comportamenti amministrativi ed organizzativi così come da molti anni si ripetono senza controllo e revisioni, non è certamente la scelta più apprezzabile.
Proposta minimale - Essa potrebbe, per esempio, consistere in una rilettura e una più attenta realizzazione dei principi già espressi nell'attuale normativa: far funzionare ci' che ancora risulta valido, modificare, pur all'interno del modello provinciale, alcune modalità di conduzione e di organizzazione delle attività seminariali, attuare delle forme di raccordo funzionale tra i diversi soggetti coinvolti. In altre parole si potrebbe:
Proposta innovativa Una seconda proposta più innovativa, potrebbe collocare tutte le azioni sullistituto e/o sul territorio anziché sulla provincia
Proposta mista Essa dovrebbe dare la possibilità di conservare la struttura provinciale delle attività seminariali, dove necessario o dove si è rivelata efficace e, diversamente, di spostare tutte le operazioni (o in parte) sull'istituto e/o sul territorio. Ci possono essere, infatti, delle situazioni metropolitane dove il modello nazionale esistente potrebbe risultare ancora funzionale, oppure dove alcune esperienze, particolarmente felici, possono porsi come linee guida, se da esse sono ricavabili gli indicatori di qualità. Dove ciò non è possibile, sarebbe necessario, invece, permettere l'attivazione di altre azioni sulla stregua di quelle sopra indicate.
Resta comunque importante che l'anno di formazione per i docenti neonominati non si limiti ad un'appendice a sé stante, ma diventi una delle tante azioni, all'interno di un sistema formativo integrato sui servizi professionali, di cui poter usufruire anche indipendentemente dalla cogenza normativa.
Dalle circolari nn. 267/91 e 73/97
Scheda n. 1 Il capo distituto |
Scheda n. 1/a
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Scheda n. 1/b Come 1 Fornire documentazione ai neo nominati Attivare, cioè, tutte le operazioni atte ad offrire una buona accoglienza ai neo nominati, utilizzando risorse materiali, umane e professionali della scuola; informare sulle dotazioni esistenti, sulle opportunità operative, sulle attività pregresse dare suggerimenti |
Scheda n. 1/b1 4 Coordinare le attività dei tutors Tutor non si nasce si diventa. E per diventarlo non basta un semplice atto dinvestitura, anche perché manca in Italia una tradizione in tal senso. La circolare 267 prevede che i tutors dovranno:
Ciò rappresenta unoperazione strettamente connessa alla vita della scuola. Il tutor è colui che non solo sa interpretare le scelte collegiali e le proposte formative dellistituto, ma che sa trovare delle modalità facilitanti di comunicazione utili a docenti che non hanno ancora acquisito le competenze necessarie per unimmediata e personale lettura, per una mediazione didattica conseguente. Ma, per rispondere a queste richieste anche i tutors dovrebbero avere una loro formazione, o comunque dovrebbero essere sollecitati, guidati, coordinati. Si può immaginare che ciò venga fatto dallo stesso capo distituto, ma anche che il capo distituto predisponga le condizioni necessarie perché ciò avvenga (figure di sistema, di progetto, esperti dellorganizzativa della scuola - differenziazione di ruoli e competenze). |
Scheda n. 1/b2 5 Coordinare le attività del comitato di valutazione Il comitato di valutazione si trova alla fine dellanno, nella maggior parte dei casi, a prendere coscienza del compito senza conoscere gli insegnati da valutare, senza avere nulla a disposizione in corso danno, senza essere stati posti prima nelle condizioni di collaborare o di compartecipare al progetto formativo. La circolare presuppone che il comitato di valutazione non risolva il proprio compito in attività rituali solitamente di fine danno, ma che abbia dei momenti operativi, di informazione, di studio, che legittimano il giudizio di merito intorno alle questioni sulle quali sono chiamati ad intervenire. Già nel 1991 (lanno della circolare 267), la burocratizzazione del comitato di valutazione era già a livello avanzato, non erano più rinvenibili quei tentativi (numerosi e coraggiosi subito dopo lemanazione dei Decreti Delegati) di rendere razionale ed efficace il compito. Diventa pressoché arduo ricordare, attualmente, al dirigente la funzione di coordinamento delle attività, restano operative appena le procedure di rito. Oggi tutto dovrà essere ricalibrato alla luce dei regolamenti sullautonomia didattica ed organizzativa, del nuovo contratto di lavoro, nonché di quanto verrà regolato dalle disposizioni sugli organismi collegiali. |
Scheda n. 1/b3 6 Deve collegarsi con il direttore dei corsi Il direttore del corso ha rivestito un ruolo notarile per indicazioni della stessa circolare 267/91 che gli attribuisce compiti di vigilanza sul regolare andamento del corso, di attestazione e di notificazione delle presenze. È in questo senso, stante la circolare, che al capo distituto si può chiedere un collegamento più efficace e tempestivo, e ciò non comporta necesariamente un miglioramento dellofferta formativa. Una richiesta di coordinamento didattico tesa a collegare lesperienza che si effettua nel circolo alla riflessione sullesperienza, terreno di intervento delle attività seminariali, implicherebbe una modificazione della circolare, o nel senso di attribuzione ai direttori dei corsi di competenze di altra natura, o nel senso di modificazione stessa delle modalità di svolgimento delle stesse attività seminariali (nella stessa scuola di servizio, in seminari già esistenti a livello territoriale, attraverso reti di scuole interessate ) |
Scheda n. 1/b4 7 Adempiere alle formali procedure di rito Tra le procedure di rito la consuetudine ha incluso anche la somministrazione dei questionari (allinizio delle attività seminariali, come accertamento di bisogni, alla fine, come riscontro a caldo di gradimento), riducendo a funzione prettamente burocratica tale operazione, visto che i risultati, quasi mai, sono stati funzionalmente utilizzati. |
Scheda n. 2 Il Provveditore |
Scheda n. 2/a Che cosa a. Può promuovere autonome intese con gli IRRSAE e lUniversità b. Deve predisporre un piano di intervento degli incontri seminariali con individuazione:
c. Invia alle Direzioni generali una sintetica relazione, le schede compilate dai singoli direttori dei corsi, unitamente alle valutazioni degli ispettori |
Scheda n. 2/b Quando Allinizio dellanno scolastico i progetti di intervento elaborati per lattuazione degli incontri seminariali devono pervenire ai capi distituto e ai docenti tutors ai fini di garantire un continuum al processo formativo. Di fatto, i provveditori riescono ad elaborare i piani di intervento ad anno inoltrato (non prima di febbraio/marzo) tanto che i corsi, in alcuni casi, possono essere realizzati solo negli ultimi due mesi di scuola (è capitato qualche volta che si sono svolti anche durante lanno successivo - Cagliari/94). |
Scheda n. 2/c Problemi 1 Destinatari suddivisi per gradi ed ordini di scuola 2 Numeri dei corsi da attivare
3 Programmi dei corsi 4 Metodologie di svolgimento
5 Strutture idonee ad ospitare gli incontri
6 Oneri di spesa
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1. Lanno di formazione è istituito con gli articoli 1 e 2 della legge n. 270 del 20/5/82. Nulla è stato innovato dal d.lgs. n. 29 del 3/2/93 (art. 5) e dal CCNL del 4/8/95 (art. 18). Gli articoli 437 e 440 del d.lgs. n. 297/94 dicono che i docenti assunti per contratto a tempo indeterminato per concorso devono essere nominati in prova e ammessi ad un anno di formazione. La circolare 267 del 10/9/91 disciplina le modalità di svolgimento dellanno di formazione. La circolare n. 73 del 29/1/97 attualizza le istruzioni contenute nella circ. 267 alla luce delle innovazioni del sistema scolastico volte a rafforzare lautonomia.
2.
La circolare 267/91 prevedeva, invece, per il sovrintendente scolastico il compito di "definire le linee di intervento in un quadro coerente ed unitario a base regionale", di programmare "le modalità di rilevazione dei bisogni formativi", di individuare "gli interventi, distinti per docenti dei diversi gradi ed ordini di scuola", di predisporre "la documentazione, i materiali di lavoro e gli strumenti per la rilevazione degli esiti formativi conseguiti al termine dei corsi". Ciò attraverso apposite conferenze di servizio con i provveditori agli studi, gli ispettori tecnici e con i rappresentanti IRRSAE.