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Anticipare il declino di Stefano Stefanel
In una
pluralità di interventi di grande valore apparsi su
educationduepuntozero, scuolaoggi e edscuola Maurizio Tiriticco e Franco
de Anna sono entrati nel problema fondamentale del nostro momento
storico: come inserire la scuola dentro una rinascita italiana capace
di anticipare il declino. Sia la visione fortemente manichea di
Tiriticco, che considera la politica Tremonti-Gelmini solo come una
“nuvola devastatrice”, sia il realismo critico di De Anna, che comunque
considera ineluttabili i tagli all’istruzione dato l’immanente pericolo
di default, sono animati da un forte entusiasmo nelle possibilità
insite nel sistema scolastico italiano. Senza tentare neppure per un
attimo di alzarmi al loro livello mi permetto di fornire alcune brevi
opinioni per alimentare il dibattito.
Valore d’uso e valore di scambio. C’è un’evidente crisi
nel sistema scolastico italiano perché il valore d’uso prodotto (la
cultura, in senso generale: Kultur e Zivilisation insieme)
è nel complesso modesto, tradizionalista, italianocentrico e poco
spendibile (anche nei quiz televisivi) e il valore di scambio in
assoluta crisi, visto che anche l’aggrapparsi italico al valore legale
del titolo di studio non ferma la disoccupazione o sottoccupazione
intellettuale e visto anche che non c’è la corsa ad assumere stabilmente
nel nostro “Sistema Italia” neppure i laureati migliori (le Università
continuano a preferire ai “geni” i “parenti”). La crisi della scuola
come soggetto di cultura e professionalizzazione che oggi produce valori
d’uso e di scambio deboli (insieme ad esperienze umane e di crescita
molto forti, pervasive ed insostituibili) dovrebbe far riflettere coloro
che sono fautori di un “conservatorismo progressista” secondo cui
per progredire meglio non bisogna cambiare (quasi) nulla.
La politica scolastica della destra. Uno degli errori più
comuni che vedo fare è quello che assegna alla destra governativa
(Tremonti-Gelmini) intenti di “taglio” e non di “progetto”. “Dio
acceca chi vuole perdere”, dice la Bibbia e la sinistra cieca ha
sempre perso. La destra governativa persegue un obiettivo molto chiaro:
diminuire la spesa per una scuola statale considerata da tutto il mondo
catastrofica e aumentare le possibilità per una scuola pubblica gestita
dai privati. Dov’è lo scandalo, visto che questo modello prospera in
buona parte del Mondo? Perché la destra non ha diritto di cambiare un
modello che nessuno ci invidia? Lecito e doveroso per la sinistra
contrastare questo modello, ma non snobbarlo, deriderlo, consideralo
insistente. Credo sia ora che anche in Italia si perda il vizio di
scambiare il concetto di “pubblico” per quello di “statale” e cominciare
a ragionare su un sistema di istruzione pubblica, che contempli
l’opzione statale (oggi l’unica in alcuni settori – scuole
dell’infanzia, molte scuole primarie, alcuni licei - di qualità) accanto
a quella privata (oggi molto modesta praticamente dappertutto).
Pier Paolo Pasolini. Il 18 ottobre 1975 sul Corriere
della sera propose di abolire la televisione pubblica e
l’obbligatorietà della scuola (Aboliamo la tv e la scuola
dell’obbligo). L’idea che descolarizzare avrebbe aiutato non è di
oggi. Diciamo che se oggi la Rai fosse in mano a un soggetto privato e
la scuola non rilasciasse titoli di studio con valore legale (con
susseguente abolizione degli Ordini) forse la nostra società sarebbe un
po’ più avanti.
Tagli orizzontali e valutazione del sistema. Penso che
poche persone di buon senso non abbiano capito che senza i tagli (alla
scuola) di Tremonti oggi staremo tra Grecia e Portogallo e non dove
stiamo. Il disastro di quei tagli non è stata la loro entità, ma la loro
linearità ingiusta, punitiva e arbitraria. Se però ci domandiamo se oggi
è possibile in Italia un taglio mirato, dobbiamo rispondere no.
Questo perché ci sono resistente al controllo reale del sistema da parte
dei sindacati e del ministero e alla valutazione del personale. Se il
Miur non riesce a valutare noi 8.000 dirigenti scolastici in servizio
come si può pensare di valutare oltre un milione di dipendenti e
diecimila scuole (44.000 plessi con complessità mai mappate)?
La politica scolastica dei tempi migliori. Mentre mi è
chiara la politica scolastica del (centro) destra, mi è molto più oscura
quella del (centro) sinistra che voto. Una volta “sbalzato” il centro
destra dal governo del Paese i primi soldi sulla scuola verranno messi
dal centro sinistra messi per
ripristinare l’organico precedente ai tagli di Tremonti o per dare alle
scuole più infrastrutture e più fondi per autonomia, ricerca e sviluppo?
Temo che da (centro) sinistra venga la solita risposta: tutte e due le
cose. Che vuol dire una sola cosa: posizionarci tra Grecia e Portogallo.
Forse le garanzie sindacali, in contratto nazionale di 400 pagine,
“articolesse” ministeriali trasformate in circolari, un centralismo
tenace e altro ancora a tutti noto non sono gli elementi più utili per
competere ed evitare il declino. |
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