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Anticipo infanzia e generalizzazione?
Sperimentazione finita e generalizzazione realizzata!

di Massimo Nutini

 

1) La storia della “riforma” Moratti

Bisognerà pur iniziare a scrivere la storia della “riforma della scuola” voluta dal centro destra, nella vigente legislatura. È una storia alla quale rimangono coerenti la grande maggioranza degli atti adottati, fino alle più minute note ministeriali (compresa la n. 1622 del 3 agosto 2005 sull’anticipo e la generalizzazione, sulla quale ci soffermeremo più avanti) ed è una storia che si sviluppa principalmente su tre livelli: il livello mediatico, il livello della produzione normativa ed il livello della prassi amministrativa.

Al livello mediatico si è operato per “informare” il paese che è stato evitato il disastro che sarebbe derivato dalla precedente riforma, voluta dal centro sinistra (che aveva già prodotto “il dilagare del marxismo dogmatico nella scuola italiana”) e che la scuola è cambiata, permettendo l’anticipazione dell’avvio dei percorsi d’istruzione, offrendo più tempo pieno, personalizzando i piani di educazione ed istruzione, dotando ogni alunno del portfolio delle competenze acquisite, realizzando un sistema di valutazione di livello europeo, etc.

Si è trattato un’operazione a doppia valenza: da un lato si è voluta portare, virtualmente, una bandierina sulla cima della montagna, per poterla mostrare come una delle tappe raggiunte tra quelle promesse nel “contratto con gli italiani” e, dall’altro, si è voluto dare alla scuola reale (a chi nella scuola vive, opera e lavora, verificando l’inconsistenza degli interventi annunciati e la consistenza dei tagli di risorse effettuati) il messaggio della totale restaurazione di un sistema che ha chiuso di fatto ogni rapporto con i protagonisti veri dei processi formativi, relegandoli in un ruolo gregario e marginale, con l’obiettivo di produrre sfiducia, disimpegno, ritorno ai “vecchi metodi”.

Visto che di “storia” stiamo parlando rimangono emblematici il periodo del primo rapporto del prof. Giuseppe Bertagna secondo il quale “Il sistema educativo di istruzione e di formazione, sebbene desideri interpretare il ruolo di Davide, è, nel complesso, perdente davanti al gigante Golia dell’emarginazione sociale” e l’articolo dell’Ispettore Raffaele Iosa il quale, all’indomani dell’uscita del rapporto, affermava che “La natura vera del documento non è, infatti, nell’architettura degli anni di scuola, né nei disegnini che i giornali hanno abbondantemente diffuso. Il documento nasconde una ben diversa mission: è il primo esplicito manifesto pedagogico di una nuova destra reazionaria, rimasta carsica e rancorosa dagli anni 60 in poi, che riemerge approfittando di un ‘ritocco’ ad una legge, verso un nuovo modello pedagogico, oggi assente nel paese: la scuola come nuova e più raffinata selezione sociale”.

            Al livello della produzione normativa si è assistito ad una copiosa emanazione di norme senza la dovuta copertura finanziaria. Non è un caso se la legislazione di riforma scolastica è stata citata ad esempio dal Procuratore generale della Corte dei Conti, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2004, per denunciare l’insorgere di “formule di copertura nuove e inconsistenti fondate su quantificazioni ‘manifesto’ e sul mero rinvio a successive decisioni di bilancio”.

            Al livello della prassi amministrativa l’elemento che maggiormente ha caratterizzato l’operato dell’attuale gestione del Ministero è stato il continuo tentativo di anticipare l’attuazione di provvedimenti in itinere, con l’invenzione di “sperimentazioni” inesistenti, nella realtà mai progettate, definite negli obiettivi, verificate. Ed è proprio al livello di tale prassi (le numerosissime circolari, note, lettere, etc., quotidianamente diffuse dal Ministero) che maggiormente si è potuta misurare la mancanza di un progetto vero, di un programma, di risorse, di un minimo di coerenza tra tali atti e le finalità generali indicate nella legge.

2) Il capitolo della scuola dell’infanzia

Dopo le opportune premesse e le analisi politiche e metodologiche, il primo capitolo di un ipotetica storia di questa vicenda  dovrebbe essere dedicato alla scuola dell’infanzia.

In coerenza con le politiche europee e con la Carta di Lisbona, la legge 53/03 (in modo analogo, ma non identico, all’abrogata legge 30/2000) afferma il principio della generalizzazione di tale ordine di scuola ed introduce la possibilità per gli alunni di iniziare in anticipo il percorso nel sistema d’istruzione.

La generalizzazione quindi, come anche l’anticipo (nelle intenzioni stesse del legislatore) non dovrebbe rappresentare solo la risposta ad una domanda sociale ma anche un investimento dello Stato per favorire una crescita della comunità. Inutile dire che, di conseguenza, dovrebbe essere accompagnata da azioni per la qualificazione di questo ordine di scuola (cosa della quale, come noto, si é da tempo persa ogni traccia).

Ma come saranno attuate la generalizzazione e l’anticipo? “Compatibilmente con i limiti della finanza pubblica”, “mediante finanziamenti da iscrivere annualmente nella legge finanziaria”, “compatibilmente con la disponibilità dei posti”, “nel rispetto dei limiti dei posti alla finanza comunale dal patto di stabilità”, “secondo criteri di gradualità ed in forma di sperimentazione”, “anche in rapporto all’introduzione di nuove professionalità e modalità organizzative”.

Insomma…. uno sbarramento invalicabile a livello normativo per cui altro non rimane che agire sul livello mediatico e su quello della prassi amministrativa. A livello mediatico il messaggio è: “La norma lo prevede, il risultato è raggiunto. Permangono alcune difficoltà attuative causate dalle resistenze dei sindacati e dai Comuni”.

A livello di prassi amministrativa abbiamo una “perla” proprio di questi giorni, rappresentata dalla nota ministeriale 3 agosto 2005, n.1662: la solita noterella di ordinaria amministrazione con la quale si da avvio ad un’indagine volta a conoscere lo stato attuativo della generalizzazione e dell’anticipo nella scuola dell’infanzia nei tre anni previsti per la sperimentazione.

3) L’indagine in corso e il significato della “generalizzazione”

A seguito della nota 1622/05, i Csa di tutta Italia stanno raccogliendo i dati presso le istituzioni scolastiche, tramite la somministrazione un modulo nel quale è richiesto di dichiarare il numero degli alunni anticipatari che hanno frequentato negli anni scolastici 2003/2004 e 2004/2005 e quelli che potranno essere accolti nell’anno 2005/2006 (tre caselle) ed il numero degli alunni rimasti nelle liste d’attesa nelle scuole statali “esclusi i frequentanti le altre scuole” nonché il “numero dei posti occorrenti per eliminare le liste d’attesa” (due caselle).

La generalizzazione della scuola dell’infanzia diventa, in questa nota ministeriale, l’accoglimento dei pochi rimasti nelle liste d’attesa delle scuole statali alla data del 31 agosto.

Si ritrova in questa interpretazione la negazione totale dell’obiettivo di offrire l’inserimento in un percorso scolastico a tutte le bambine e i bambini di età compresa fra i tre e i cinque anni (compresi quelli che vivono in quei territori dove la domanda non c’è, semplicemente perché non c’è l’offerta del servizio!) ma anche un’operazione che è ben difficile ritenere operata in buona fede.

Che senso ha, infatti, conteggiare i rimasti in lista d’attesa nelle scuole statali alla data del 31 agosto? Decine di migliaia di famiglie, quando apprendono (nei mesi immediatamente successivi all’iscrizione di gennaio) che non ci sarà posto nelle scuole dove non si paga una retta per l’iscrizione e la frequenza (scuole statali e comunali) si rivolgono altrove per garantirsi comunque un posto per i loro figli. Sono questi i cittadini che si vogliono cancellare dalle liste d’attesa con l’esclusione dei “frequentanti le altre scuole” espressamente richiesta dalla nota ministeriale?

Più volte, negli incontri con il Miur sul piano programmatico finanziario previsto dall’art. 1, comma 3 della legge 53/03 e mai definito, abbiamo richiesto di stimare seriamente il fabbisogno in termini di organici, di strutture, di servizi di supporto, di formazione e di investimenti per la qualificazione, necessario per attuare gli obiettivi della generalizzazione e dell’anticipo. L’indagine intrapresa con la nota 1622/05 fornirà i dati per rispondere a tali richieste? O il Miur si sta proponendo un altro obiettivo…. diciamo… di fine legislatura?

Non si deve, infatti, trascurare la prevalenza del livello mediatico nel percorso di “riforma” della scuola di questo governo. Sono implicite, nella nota ministeriale che stiamo commentando, due affermazioni: 1) il periodo della gradualità e della sperimentazione previsto dalla legge per l’anticipo (aa.ss. 03/04, 04/05 e 05/06) è terminato e adesso si tirano le somme “allo scopo di verificare quali esiti abbia sortito”; 2) in questo stesso periodo si sono assegnati “contingenti di organico”  per attuare la generalizzazione e si stanno tirando le somme per rilevare la “consistenza delle liste di attesa” nonché “il presumibile numero di posti occorrente per eliminarle totalmente”.

L’apparato ministeriale  non può non essere consapevole che “sperimentazione” non significa: “un pochino ci abbiamo provato” e “generalizzazione” non significa: “qualche posto di organico in più è stato assegnato”. Non rimane altro che concludere che il senso della nota è semplicemente “preelettorale”. Evidentemente al Miur si prepara la “mostra della riforma” da esporre nei prossimi mesi, ad uso della campagna elettorale. Solo a ciò potranno servire i risultati dell’indagine in corso in quanto, come abbiamo visto, non potranno fornire alcuna informazione reale e seria né sulle poche esperienze di anticipo che sono state fatte né, tanto meno, sui numeri della domanda potenziale di una scuola dell’infanzia, se offerta davvero a tutte le bambine ed i bambini dai tre ai cinque anni presenti sul territorio nazionale.

4) Un buon motivo per ricominciare tutto daccapo

Mentre al Miur si predisponeva questa importante indagine (realizzando una perfetta corrispondenza tra obiettivi amministrativi e intenti mediatici) è accaduto un rilevante “incidente” a livello normativo: la sentenza della Corte Costituzionale 15 luglio 2005, n. 279.

L’Alta Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli articoli 12, c. 1,  e 13, c. 1,  del D.Lgs. 59/04, nelle parti in cui non prevedono che i decreti del Ministro dell'istruzione, in tema di anticipazione dell'età di accesso alla scuola dell’infanzia e primaria, siano adottati sentita la Conferenza Unificata Stato-Regioni.

La prima, immediata, conseguenza di tale dispositivo è l’illegittimità costituzionale del decreto con il quale il Ministro Moratti ha stabilito, senza consultare la Conferenza Unificata, il mese entro il quale devono essere nati gli alunni per potersi iscrivere al primo anno della scuola dell’infanzia e primaria per l’anno scolastico 2005/2006 (D.M. 29 dicembre 2004).

La seconda, immediata, conseguenza è che, in vista delle iscrizioni alla scuola che dovranno essere raccolte, con il prossimo gennaio, per l’a.s. 2006/2007, il Ministro sarà obbligato a predisporre uno schema di decreto e ad inoltrarlo, secondo i tempi e le procedure stabilite, alla Conferenza Unificata per il prescritto parere.

La terza conseguenza è che adesso si può affermare che il periodo della transitorietà e della sperimentazione (proprio quello che la nota ministeriale pare descrivere come felicemente compiuto) si è svolto fino ad oggi, per quel poco che si è svolto, nella illegittimità.

Se uniamo a tale rilievo formale la presa d’atto sostanziale che non c’è mai stata una vera sperimentazione, in quanto non si è mai visto un progetto da discutere, attivare e verificare, e che la trattativa nazionale sulle nuove professionalità e modalità organizzative, avviata tra Sindacati ed ARAN nel settembre 2004, non si è mai conclusa (l’ultimo incontro risale a novembre 2004), possiamo ben affermare che il periodo della gradualità e della sperimentazione dell’anticipo non è mai trascorso.

La conseguenza di tali constatazioni non può che essere quella della necessità di un azzeramento dei tempi previsti nella legge 53/03, per ricominciare, eventualmente, tutto daccapo. In sostanza si dovrebbe mantenere ferma (e, nel caso della primaria, riportare indietro) la data di nascita che permette la domanda d’iscrizione alle scuole e definire un progetto quadro di sperimentazione in accordo con la Conferenza Unificata, da attivarsi dopo la conclusione del tavolo sindacale sulle nuove professionalità e modalità organizzative.

Tale “progetto quadro” di sperimentazione dovrebbe, nello specifico dell’infanzia, definire gli elementi e gli standard qualitativi e metodologici, utili sia a garantire un servizio di qualità a chi vorrà e potrà avvalersi dell’anticipo sia ad una seria valutazione delle esperienze effettuate. Nell’ambito di tale “progetto quadro” si dovrebbero realizzare sul territorio sia le intese con gli enti locali sia le progettazioni di dettaglio a cura dei collegi dei docenti.

Per permettere il necessario azzeramento dei tempi sarebbe però indispensabile incidere sulla legge 53/03 direttamente, modificando il comma 4 dell’art. 7 (togliendo, per esempio l’indicazione dei tre anni scolastici -2003/2004, 2004/2005 2 2005/2006- e sostituendola con un generico “anni scolastici successivi”) o indirettamente, inserendo in qualche legge “minestrone” un articolo che sposti in avanti, per esempio di altri tre anni, i termini previsti da quello stesso articolo.

Senza un tale intervento normativo non è escluso che, in particolare per la scuola dell’infanzia, la sentenza dell’Alta Corte venga sostanzialmente disattesa e che il Miur, forte del fatto che con l’anno scolastico 2005/2006 il periodo della gradualità e della sperimentazione sarebbe terminato, acquisisca il parere della Conferenza Unificata (magari negativo) ma attui la norma dell’anticipo a regime, permettendo cioè nel prossimo gennaio 2006 l’iscrizione al primo anno della scuola dell’infanzia e primaria a tutti coloro che compiono, rispettivamente, i tre ed i sei anni entro il mese di aprile 2007.

Visto il clima preelettorale è ipotizzabile che non sarà facile ottenere le modifiche ipotizzate ma, nell’interesse della scuola e degli alunni, questa è certamente la prima richiesta sulla quale dobbiamo impegnarci. Senza questa preliminare richiesta, anche l’intesa sulle “condizioni per l’attuazione dell’anticipo” alla quale sta da tempo lavorando un  ampio cartello di organizzazioni sindacali, professionali, Anci, etc., rischia di diventare addirittura un pericoloso strumento delle operazioni mediatiche che si stanno preparando.


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