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ASCOLTO…ASCOLTO…ASCOLTO dall’alto al basso, da pari a pari… ASCOLTO, disposizione inattivata!
Riforma dei cicli, anticipo dell’entrata alle scuole dell’infanzia ed elementari, riorganizzazione degli organi collegiali, valutazione, tagli, incertezza sul tempo orario da dedicare all’insegnamento per materie, sul tempo pieno, ecc… Quanto tempo ancora dovremo attendere per essere interpellati anche noi che la scuola la viviamo dall’interno ( non intendo per mezzo di sondaggi o raccogliendo dati da un campione di scuole!)? Quanto ancora si dovrà attendere perché i ministri che si susseguono decidano di rivolgersi a tutte le scuole, nessuna esclusa, prima di rischiare soluzioni non condivise (per lo meno da una considerevole quantità di docenti)?! Non è possibile che si creda di poter trovare una strada da percorrere senza consultare le/i compagne/i di viaggio. Oppure si vuole correre il rischio che tutto cambi, senza cambiare il cuore del problema? Quale cuore? Ma quello dei "modi" dell’insegnamento, dei saperi fondamentali, delle relazioni fra tutte le componenti, del valore che realmente si dà alla scuola (se non se ne desse, tanto varrebbe dirlo in anticipo: si risparmierebbero denaro e "sofferenze" di molte/i che la scuola l’amano!!), alle/ai cittadine/i che ci lavorano e a quelle/i che usufruiscono di tale lavoro.. Da anni non è stato possibile capire se qualche speranza di voce in capitolo le/i docenti potranno avere nel determinare l’andamento della scuola futura. Se non ci dovesse essere uno spazio, ecco che la presa di responsabilità non ci sarà. Ci sarebbe al suo posto un tiriamo a campà di alcuni e una ribellione incontrollata da parte della parte più reattiva e preparata professionalmente. Nessuna/o che abbia anima potrebbe sentirsi coinvolta/o in un meccanismo che non la/lo veda protagonista stimata/o e portatrice/portatore di esperienza, di competenza, sapere di vita scolastica di bambine/i. Nessuna/o! Come si può ancora non capirlo e ricadere nell’errore di sempre, facendo piovere le cose dall’alto?! Le scuole tutte sono il luogo principe per attivare indagini sulle disfunzioni degli organi collegiali e per proporre eventuali correttivi, sono le più indicate a far presente le motivazioni di un no o di un sì all’anticipo a due anni e mezzo e a cinque e mezzo, sono un faro sulle carenze di qualsiasi tipo: da quelle materiali a quelle umane, passando per i bisogni di chi le vive, docenti, studentesse, studenti e famiglie, incontrando e scontrandosi quotidianamente con la realtà pulsante delle problematiche. Chi si ha paura di ascoltare? Chi non si vuole ascoltare? Perché non si vuole "spender" tempo nelle consultazioni e si preferisce correre? Cosa si vuole dimostrare col voler FARE, FARE e ancora FARE senza recepire i bisbiglii dei "corridoi" o le "urla" delle piazze? Che messaggio si crede che arrivi alle persone, quelle che tirano avanti tra un problema familiare e l’altro, fra una difficoltà di relazione e l’altra (i rapporti genitori e figlie/i forse mai hanno conosciuto una conflittualità così esplicita come oggi!), forse si crede che arrivi un messaggio di solidarietà umana, di disponibilità a recepire?Ma neanche per sogno! Arriva una molteplicità di luoghi comuni su valori generici riguardanti famiglia, scuola, utenza, risorse, su chi deve avere più potere o meno negli organi collegiali, su chi deve valutare chi, sul tipo di valutazione più efficace, sulle funzioni di questa o quella componente in un sistema che si preannuncia (nuovamente) gerarchico, anche se, probabilmente, apparentemente ribaltato o semiribaltato. Niente di nuovo (e sostanziale) sul fronte della scuola che vibra, sull’umanità che ci vive. Ancora una volta un niente fatto di "scale", di "presidenti e sottoposti" che dovranno decidere cosa? COSA se la sostanza non verrà mai trattata, se il "nucleo" dell’atto educativo non verrà posto al centro dell’attenzione del mondo adulto? Nucleo che dovrebbe essere quello dell’interiorità, del dar voce, del tempo per fermarsi (proprio quando tutto corre), quando i "grandi" blaterano di chi e cosa deve contare di più negli "uffici", negli "organi", i quali, scuola con la S maiuscola, non diventeranno ancora una volta, perché saranno come sempre "stretti" nelle maglie della burocrazia, della gerarchia e del "tu di qua" (docenti), "tu di là" (genitori e studentesse/i), lei/lui "al centro" o "sopra" (dirigenti e amministrativi) o viceversa. La posizione delle parti in gioco non mi interessa, perché mi sembra un gioco al massacro di ciò che la scuola potrebbe essere, ma non riesce mai a essere, a causa di un sistema (riproposto) fasullo e antiquato di gestione dei rapporti (altro che autonomia!). Ogni giorno si parla di "amore" per l’"utenza", di sudditanza delle/dei lavoratori e delle lavoratrici al servizio dell’utenza, di dirigenti che devono rendere un "tot" (addirittura con il rischio del licenziamento), di valutazione; il tutto "spronato da una competizione positiva"…E ogni giorno, invece, aumenta la malinconia negli occhi di tutte/i per come si vive, per i rapporti falsati, per la diffidenza verso l’altra/o da sé, per il lavoro in classe che viene sminuito da politici e ministri, magari sulle testate di importanti quotidiani. E ogni giorno cala lo stimolo in molte/i ad aprirsi con fiducia al prossimo che viene visto come "giudicante"(altro che valutazione formativa!). E chi può, brava/o o meno, va in pensione! Dall’esterno (scelte ministeriali) viene inoculata nel corpo docente, a dosi sempre più massicce, la perdita di senso e di dignità professionale (v.esempio dei proposti nuovi organi collegiali, ma non solo). Un tempo si dicevano troppi "grazie" e "prego", a chi lavorava nella scuola, a volte o spesso "insiceri"; ora si è passati all’eccesso opposto: recriminazioni, "insulti"(v. esternazioni di "qualche" personaggio di rilievo sui quotidiani) gratuiti, diffidenza, sfiducia a priori, spesso non un sorriso illumina un’intera giornata di rapporti fra adulti; un "grazie" per il lavoro altrui non si sa nemmeno cosa sia (ciò in ogni settore della vita lavorativa), ma ciò nuoce profondamente non solo alle/ai docenti, bensì, in definitiva, al "luogo" in cui esse/i dovrebbero operare serenamente, nuoce all’istituzione scuola, che, invece, dovrebbe essere la colonna portante, rispettata e "amata" dall’intera società. Criticata sì, ma con misura, con prudenza nella scelta delle parole, le quali, nella bocca di accademici, ministri di turno, politici…dovrebbero sempre essere (per non diventare macigni!) pronunciate con il rispetto che si dovrebbe sia all’istituzione, la quale accoglie le/i figlie/i di tutti, sia a tutte/i quelle e quei docenti che hanno reso possibile in cinquant’anni di storia un’ alfabetizzazione di massa di tutto riguardo senza alcuna risorsa che non fosse la voce, la forza, la pazienza, la tenacia, la passione di molte/i lavoratrici e lavoratori sconosciute/i. A fronte di tanti fallimenti pubblicizzati, quanti sono stati i successi, sia individuali (con quella o quello studente), sia collettivi, resi pubblici e sostenuti davanti all’opinione pubblica?! Nei sistemi politici e sociali che, a turno, imperano, è tutto "un viva questo e abbasso quelli", un gridare all’altrui incapacità senza vedere la propria. E’ tutto un criticare tutti senza criticare se stessi. E’ tutto un enumerare i propri successi e le proprie virtù senza accorgersi delle piccole api operaie che brulicano in ogni settore lavorativo (e nel privato delle famiglie) e costruiscono nel silenzio ponti che non si sa più quanto potranno durare! Che spettacolo triste vedere politici e ministri accapigliarsi e pretendere che anche le istituzioni (la scuola nel nostro caso, ma non solo) facciano altrettanto nel loro"piccolo" e soffrano della malattia del rampantismo, del perdere la memoria della storia, del gerarchizzare e quantificare ogni cosa, del solito vender fumo e non sostanza!
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