Intervento del ministro Tullio De Mauro in occasione della
presentazione del documento predisposto della commissione per il riordino dei
cicli d'istruzione sui nuovi curricoli della scuola di base
- Roma, 7 febbraio 2000 -
La Commissione di esperti incaricata di studiare il piano di riordino dei
cicli scolastici e costituita da maestri, docenti di scuola, dirigenti
scolastici, professori universitari, rappresentanti delle associazioni
disciplinari, degli Enti Locali ha concluso oggi una parte molto importante del
proprio lavoro.
Nel documento denominato Piano di progressiva attuazione del riordino dei cicli,
approvato dal Parlamento con le due risoluzioni del dicembre scorso, si
fissavano pochi concetti rispetto ai contenuti delle discipline, ma venivano
date due indicazioni esplicite, desunte dalle esperienze maturate nelle aule
scolastiche e dai documenti della Commissione europea.
In questo primo documento sono stati tracciati due grandi assi dello sviluppo e
della crescita intellettuale, sociale e culturale delle bambine e dei bambini:
il primo relativo alla capacità di controllo della lingua nazionale, nel nostro
caso l'italiano, per capire e farsi capire, ascoltando, leggendo, parlando,
scrivendo; il secondo, più inedito per il nostro paese ma non per la comunità
internazionale, relativo alla capacità di controllo degli strumenti matematici,
dal semplice calcolo alla comprensione di un istogramma o di una percentuale,
alla corretta interpretazione dei dati statistici o di un sondaggio.
Entrambi gli indicatori sottintendono l'intendimento di inserire
nell'apprendimento scolastico elementi di formazione alla cittadinanza piena e
consapevole: i nuovi curricoli della scuola di base e della scuola superiore
intendono appunto concorrere allo sviluppo e al raggiungimento di questa
delicata finalità.
Vorrei ricordare il quadro generale del sistema di istruzione ed educazione
in cui si inserisce il piano di riordino dei cicli.
I nuovi curricoli valgono sia per la scuola statale che per quella paritaria:
una legge dello Stato infatti prevede già che esista un sistema nazionale
dell'istruzione e della formazione che integra le scuole a gestione statale con
quelle a gestione non statale con una serie di vincoli importanti per queste
ultime.
Un altro aspetto importante che riguarda soprattutto la scuola secondaria è
l'integrazione tra il percorso scolastico o il percorso della formazione
professionale o l'apprendistato: anche questa è ormai legge dello Stato. A
conclusione del ciclo di istruzione obbligatoria i ragazzi hanno davanti tre
strade di pari dignità: per loro esiste l'obbligo di seguirne una fino a 18
anni, e per le strutture pubbliche l'obbligo di garantire le piene opportunità
di farlo.
Abbiamo dunque disegnato un nuovo rapporto tra l'istruzione e il saper fare:
buona parte dello sforzo previsto dal riordino dei cicli sta nel bilanciare
questo rapporto, storicamente a favore del sapere rispetto al saper fare. E'
già stato tradotto in legge il progetto di affiancare le attività di lavoro e
di apprendistato al canale scolastico tradizionale, unitamente alla possibilità
di passare da un canale all'altro sulla base di crediti accertati: ora il
riordino dei cicli intende portare questo criterio di operatività all'interno
di tutta la scuola, anche della scuola di base.
Vorrei sottolineare che i criteri per la selezione dei curricoli ci vengono non
tanto dagli studiosi di scienze dell'educazione, ma dalla stessa Costituzione
della Repubblica.
L'articolo 6 stabilisce che la Repubblica italiana tutela tutte le minoranze
linguistiche senza limiti di numero o di provenienza geografica: nel 1947 la
Costituzione precorreva i tempi e guardava lontano al momento in cui nella
cultura del paese sarebbe maturata la consapevolezza che l'esistenza di 13
minoranze linguistiche, ossia di 13 gruppi di nostri connazionali che parlano
una lingua diversa dall'italiano, è parte del nostro patrimonio culturale.
La stessa Costituzione all'articolo 3 comma 2 assegna alla Repubblica il compito
di garantire il pieno sviluppo della persona e di rimuovere tutti gli ostacoli
che possano frapporsi a questo sviluppo, grazie al quale è possibile la pari
partecipazione alla vita sociale: in termine di scelte scolastiche questo
dettato costituzionale significa "non uno di meno".
La scuola che si riteneva nobile e severa perché escludeva i somari purtroppo
non onorava la Costituzione, e la scuola che ancora nel 1970 bocciava il 51%
delle bambine e dei bambini prima che arrivassero alla licenza dell'obbligo era
inadeguata alle nostre esigenze.
Infatti oggi abbiamo bisogno di una nuova scuola non solo per onorare la
Costituzione, e questo già non sarebbe poco, ma anche per venire incontro alle
nostre esigenze pratiche. Abbiamo bisogno di far salire il livello culturale del
paese: dal punto di vista delle insegnanti e degli insegnanti significa riuscire
a prendere per mano tutti, bambine e i bambini, capire dove vivono, come si
collocano in relazione al loro ambiente, cosa sanno prima di entrare a scuola e
che cosa devono imparare e portarli a livelli accertatamente alti di competenza.
Il senso della riforma sta tutto qui: vogliamo portare tutti a livelli di
accertate competenze. Quando cerchiamo di conoscere quanta matematica, quanta
storia e geografia sanno, troviamo grandi ostacoli.
Vogliamo alti e reali livelli di competenze per tutti e vogliamo che il paese
quando paga una certa quota di tasse per la scuola e l'istruzione sappia con
certezza qual è il ritorno che ottiene.
La Commissione per ora ha prodotto dei documentiseparati per ogni ambito
disciplinare. Questo lavoro è la base per arrivare a ciò che prescrive
l'articolo 8 del Regolamento sull'autonomia: un documento che contenga
"indicazioni curricolari" per le scuole di base , che nel prossimo
settembre 2001 devono partire con il nuovo ciclo di sette anni. Il ministro non
fissa più i programmi o curricoli prescrittivi per le scuole, ma dà solo delle
indicazioni disciplinari. Saranno le singole scuole a capire da che ambiente
vengono gli alunni, cosa hanno bisogno di imparare, cosa chiede e suggerisce il
territorio e ad integrare questi elementi con le indicazioni curricolari del
ministro e con le strutture e i mezzi che ogni istituto ha a disposizione. Con
questi tre elementi ogni scuola costruirà il proprio curricolo.
Gentile aveva fissato programmi uguali per tutti. Noi diamo delle indicazioni
che ogni scuola utilizza in funzione dei suoi obiettivi localmente perseguiti.
Un'altra novità da tenere presente è che ogni tre anni il Ministro dovrà
presentare una relazione al Parlamento sullo stato di attuazione del riordino:
il Parlamento dovrà pronunciarsi con una risoluzione, che potrà contenere
indicazioni correttive.
I documenti dei gruppi di lavoro servono al ministro per estrarne le indicazioni
curricolari che potranno essere riviste dal Parlamento ogni tre anni e che
soprattutto serviranno alle scuole come uno degli elementi utili alla
costruzione dei curricoli.
Le indicazioni riguardano la quota nazionale dell'orario, ossia una percentuale
che va dall'80 al 75% del monte ore complessivo, mentre le scuole possono
"giocarsi" la quota restante in funzione della costruzione del loro
curricolo, per introdurre materie specifiche o per rafforzare le materie
d'insegnamento già comprese nella quota nazionale.
Il curricolo della scuola dell'infanzia è assunto come parte del curricolo
complessivo di una scuola che va dai 3 ai 18 anni. Le indicazioni curricolari
del documento che presentiamo oggi sono dunque tarate per la scuola
dell'infanzia e per il settennio della scuola di base. Si è scelto che per i
primi due anni i bambini non si confrontino con discipline distinte - storia,
geografia, italiano - , ma con ambiti, che nel passaggio agli anni successivi si
articoleranno maggiormente, fino alle discipline che siamo abituati a conoscere.
Ampio spazio viene accordato all'attività motoria e alle sue finalità
formative di ampia valenza e alla musica, prevedendo lo specifico addestramento
alla ricezione e alla produzione di suoni.
Il documento prevede inoltre l'insegnamento di due lingue straniere: una prima
lingua a partire dal primo anno della scuola di base e la seconda a partire dal
penultimo anno, per proseguire entrambe nella scuola secondaria.
Un altro elemento portante di questo riordino è la capacità di fare esperienze
tecnico-scientifiche e di dare ordine alle esperienze e all'osservazione
scientifica. Anche in questo campo la scuola italiana mostra evidenti mancanze:
non è più realistico insegnare le scienze come discipline indipendenti dalla
vita quotidiana.
Nelle prossime settimane cercheremo di tradurre queste proposte in indicazioni curricolari, sulla cui base - tengo a ripeterlo - le scuole costruiranno autonomamente i loro curricoli e che saranno rivisitate ogni tre anni dal Parlamento. Accanto alle indicazioni curricolari ci accingiamo a definire obiettivi e standard nazionali a cui le scuole dovranno dirigere il loro lavoro. Contemporaneamente avvieremo una prima fase di contatto con le scuole e con gli istituti comprensivi che stanno già sperimentando la progettazione unitaria dell'insegnamento del ciclo di base. Il documento sarà sottoposto ai sindacati, alle associazioni rappresentative delle famiglie, alle consulte provinciali degli studenti, oltre a tutte le categorie sociali già presenti con loro membri autorevoli all'interno della Commissione. Ci sarà dunque un'ampia fase di consultazione delle cui indicazioni terremo conto quando tra qualche settimana redigeremo la stesura finale del documento da sottoporre al Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione e al Consiglio di Stato, fino ad arrivare al decreto che adotterà ufficialmente i nuovi curricoli per il ciclo della scuola di base.