|
|
METE
SOCIO/POLITICHE, FINALITA’ FORMATIVE,
MODELLI EDUCATIVI E
IDENTITA’ PEDAGOGICHE (saggio indirizzato,in particolare,all’attenzione del Prof.Giuseppe Bertagna; con lo spirito tutoriale che anche a me indirizzò fecondamente, nella cornice di Passo della Mendola, il compianto padre “personalista” della Pedagogia della Speranza e della Creatività: il caro Prof. Mario Mencarelli) di Gianfranco Purpi
1:1: Cercheremo di riconfigurare e ricomporre i significati fondamentali delle “carte giuridiche” di Programma della scuola elementare e della scuola materna dalle cui normative si possono ricavare i lineamenti di filosofia dell’educazione,di politica scolastica ,di pedagogia istituzionale,di assetto giuridico/normativo e di organizzazione didattica di tali scuole;e,quindi, un profilo delle correlate finalità formative e degli obiettivi educativi fondamentali.
Prenderemo in esame,dunque, i lineamenti giuridico/ordinamentali,le
finalità formative,i principi pedagogici,i profili di
funzione docente, le strategie generative di razionalizzazione
curricolare, i modelli d’insegnamento/apprendimento
e le prospettive di gestione
didattica delle odierne scuola elementare e scuola materna dell’autonomia
così come si possono rinvenire
negli Orientamenti di scuola materna del
91;nei Programmi di scuola elementare dell’85; nella
L.n.30/2000 (ancorché nel correlato Decreto Interministeriale 21
maggio 2001 intitolato:”””
Regolamento, recante norme in materia di curricoli della scuola di
base, ai sensi dell’articolo 8 del Decreto del Presidente della
Repubblica 8 marzo 1999, n.275”””) ;
e nel Programma quinquennale di attuazione della Riforma dei cicli
approvato dalla Camera e dal Senato
nel dicembre duemila (Legge,Programma
E Regolamento,questi ultimi,che,seppur non promananti effetti
giuridici a partire dall’a.s.2001/2002 ; e nemmeno in atto in vigore
ed esecutivi; restano pur sempre normativa vigente non esecutiva e non
foriera di effetti giuridici in attesa di “integrazioni e correzioni”,secondo
le ultime disposizioni ministeriali di questo luglio 2001; e,comunque,
si pongono quali significative autorevoli fonti normative e di cultura
pedagogica grazie a cui poter
ipotizzare gli scenari di riforma della scuola che andranno a
connotare,nel prossimo futuro,la fisionomia della scuola dell’infanzia
e della scuola elementare di domani).
1:2:
Cercheremo innanzitutto di tracciare il profilo ordinamentale
di scuola dell’autonomia ed i conseguenti scenari di
razionalizzazione e di regolamentazione gestionale che la
Legge
10 febbraio 2000, n. 30 (Legge
Quadro in materia di Riordino dei Cicli dell'Istruzione)
ed il correlato
Decreto Interministeriale di regolamentazione 21 maggio 2001,sono
venuti a tracciare
ed a preporre a base strutturale generativa di qualsiasi futura
legislazione autonomistica e di riforma del
nostro “domani” più vicino
(legislazione,quest’ultima, che il Ministro attuale ha già
preannunciato,in questo luglio 2001, successiva ad una riflessione
coinvolgente gli “stati generali dell’educazione” e
che,comunque,dovrebbe porsi di eventuale integrazione e correzione
alla stessa previgente normativa
in materia ; non già,comunque,ad abrogazione di essa).
In questo senso,verremo a ricomporre qui di seguito quei
prospetti normativi in questione risultanti,a nostro
avviso,maggiormente pregnanti che
oggettivamente si pongono quali punti fermi istituzionali in raffronto
alle eventuali ipotizzabili “discontinuità” di politica
scolastica futura in tema di autonomia scolastica;
e che,quindi, risulteranno di sostanziale verosimile
riproposizione governativa (pur
nel contesto di una prevedibile globale
integrazione/correzione/modifica/revisione
delle attuali normative sulla Riforma della scuola e dei
Cicli emanate nel corso della precedente legislatura).
-§:
Ricordiamo,innanzitutto, che l’art.8 del Regolamento dell’autonomia
(D.P.R.n.275/99),sempre vigente ed esecutivo,viene così testualmente
a recitare: “””…(…)…1.
Il Ministro della Pubblica Istruzione, previo parere delle competenti
commissioni parlamentari sulle linee e sugli indirizzi generali,
definisce a norma dell'articolo 205 del decreto legislativo 16 aprile
1994, n. 297, sentito il Consiglio Nazionale della Pubblica
Istruzione, per i diversi tipi e indirizzi di studio: a) gli
obiettivi generali del processo formativo;
Risulta,dunque,evidente che nel presente periodo: a)
“””Gli obiettivi generali del processo formativo”””
continuano ad essere definiti
ed indirizzati alle istituzioni scolastiche ed alle competenze della
funzione docente in ragione del dettato dei Programmi Scolastici
Elementari (D.P.R.n.105/85) -comunque
sempre in vigore nella loro integralità-;
nonché sempre alla luce dell’articolato vigente ed
applicabile del D.L.vo
n.297/94 (Testo Unico delle Leggi della scuola); dunque anche in
riferimento al dettato della L.n.148/90 e della successiva normativa
che è venuta ad integrare e modificare quest’ultima Legge di
Riforma; nonché in ragione dei Programmi Scolastici per la scuola
media del 1979; e degli Nuovi Orientamenti
del 1991 per quanto riguarda la scuola materna.
Ciò, atteso che il suddetto “ritiro”
del Decreto
Interministeriale 7 maggio 2001 recante norme in materia di
curricoli della scuola di base, ai sensi dell'articolo 8 del Decreto
del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999 n.275,è venuto a
determinare -nello
stesso tempo e per lo stesso motivo-
anche la predetta sospensione dell’attuazione della
L.n.30/2000 (la legge della Riforma dei Cicli).
Purnondimeno,crediamo che gli obiettivi educativi fondamentali
e generali individuati e formulati da quest’ultima Legge e dallo
stesso Decreto Interministeriale 7 maggio 2001,continuino a
porsi,anche se non già istituzionalmente vigenti,quali autorevoli ed
imprescindibili traguardi finalistici strutturali dell’offerta
formativa e della teleologia istituzionale di fondo della scuola dell’autonomia
(che,per questo,abbiamo ragione di ipotizzare quali prospetti
normativi che risulteranno riproposti anche nelle successive modifiche
di legislazione).
Per questo,riteniamo fondamentale considerare che,stanti alla
L.30/2000 (oltrechè alle norme strutturali di regolamentazione dello
stesso Decreto
Interministeriale ultimo citato), i principi di sistema, i fini
istituzionali,le finalità formative e gli obiettivi educativi
generali dovrebbero continuare a risultare quelli riconducibili alle
seguenti proposizioni di cultura pedagogica e di premessa giuridica
istituzionale/ordinamentale: -§:PROPOSIZIONI RICAVABILI DAL
TESTO DELLA L.N.30/2000:
a)
“””Il sistema educativo di istruzione e di formazione è
finalizzato alla crescita e alla valorizzazione della persona umana,
nel rispetto dei ritmi dell'età evolutiva, delle differenze e
dell'identità di ciascuno, nel quadro della cooperazione tra scuola e
genitori, in coerenza con le disposizioni in materia di autonomia
delle istituzioni scolastiche e secondo i principi sanciti dalla
Costituzione e dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo.
La Repubblica assicura a tutti pari opportunità di raggiungere
elevati livelli culturali e di sviluppare le conoscenze, le capacità
e le competenze, generali e di settore, coerenti con le attitudini e
le scelte personali, adeguate all'inserimento nella vita sociale e nel
mondo del lavoro anche con riguardo alle specifiche realtà
territoriali. b)
“””
Il sistema educativo di istruzione si articola nella scuola
dell'infanzia, nel ciclo primario, che assume la denominazione di
scuola di base, e nel ciclo secondario, che assume la denominazione di
scuola secondaria”””, c)
“””Il
sistema educativo di formazione si realizza secondo le modalità
previste dalla legge 24 giugno 1997 n. 196 e dalla legge 17 maggio
1999 n.144”””. d)
“”” L'obbligo
scolastico inizia al sesto anno e termina al quindicesimo anno di età”””. e)
“”” L'obbligo di
frequenza di attività formative fino al compimento del diciottesimo
anno di età si realizza secondo le disposizioni di cui all'articolo
68 della legge 17 maggio 1999, n. 144”””. f)
“”” Nel sistema
educativo di istruzione e di formazione si realizza l'integrazione
delle persone in situazione di handicap a norma della legge 5 febbraio
1992, n. 104, e successive modificazioni”””. g)
“”” La scuola
dell'infanzia, di durata triennale, concorre alla educazione e allo
sviluppo affettivo, cognitivo e sociale dei bambini e delle bambine di
età compresa tra i tre e i sei anni, promuovendone le potenzialità
di autonomia, creatività, apprendimento e operando per assicurare una
effettiva eguaglianza delle opportunità educative nel rispetto
dell'orientamento educativo dei genitori, concorre alla formazione
integrale dei bambini e delle bambine”””. h)
“”” La Repubblica
assicura la generalizzazione dell'offerta formativa …(…)…e
garantisce a tutti i bambini e le bambine, in età compresa tra i tre
e i sei anni, la possibilità di frequentare la scuola dell'infanzia”””. i)
“”” La scuola
dell'infanzia nella sua autonomia e unitarietà didattica e pedagogica
realizza i necessari collegamenti da un lato con il complesso dei
servizi all'infanzia, dall'altro con la scuola di base”””. j)
“””
La scuola di base …(…)…è caratterizzata da un percorso
educativo unitario e articolato in rapporto alle esigenze di sviluppo
degli alunni; si raccorda da un lato alla scuola dell'infanzia e
dall'altro alla scuola secondaria””” ; a prescindere della sua
durata complessiva e dal fatto che sia composta da un unico grado
(come veniva a legiferare la stesura originaria della L.n.30/2000 in
questione) di istruzione;
ovvero risulti articolata da due differenti gradi scolastici
(la scuola elementare e la scuola media rapportate da un nesso di
continuità/distintizione ordinamentale). k)
“”” La scuola di base,
attraverso un progressivo sviluppo del curricolo mediante il graduale
passaggio dagli ambiti disciplinari alle singole discipline, persegue
le seguenti finalità …(ovvero,obiettivi
educativi generali,che dir si voglia,come previsto nella definizione
testuale dell’art.8 del D.P.R. sull’autonomia n.275/99)…: -acquisizione
e sviluppo delle conoscenze e delle abilità di base; l)
“””Le articolazioni
interne dalla scuola di base sono definite a norma del regolamento
emanato con decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999 n.275”””. m)
“”” La scuola di base
si conclude con un esame di Stato dal quale deve emergere anche una
indicazione orientativa non vincolante per la successiva scelta
dell'area e dell'indirizzo”””. n)
La
“”” La scuola secondaria ha la durata di cinque anni e si
articola nelle aree : aree classico-umanistica, scientifica, tecnica e
tecnologica, artistica e musicale. Essa ha la finalità di
consolidare, riorganizzare ed accrescere le capacità e le competenze
acquisite nel ciclo primario, di sostenere e incoraggiare le
attitudini e le vocazioni degli studenti, di arricchire la formazione
culturale, umana e civile degli studenti, sostenendoli nella
progressiva assunzione di responsabilità e di offrire loro conoscenze
e capacità adeguate all'accesso all'istruzione superiore
universitaria e non universitaria ovvero all'inserimento nel mondo del
lavoro. o)
“””La scuola
secondaria si realizza negli attuali istituti di istruzione
secondaria di secondo grado che assumono la denominazione di
"licei" “””.
a)
“””La riforma del sistema scolastico italiano è volta a
migliorare l’offerta di formazione e a innalzare il livello
culturale del Paese. Essa si correla al dettato della Costituzione.
Obbedisce quindi anzitutto alle norme più specificamente dedicate
alla scuola: l’obbligo di dettare leggi generali sull’istruzione e
di istituire scuole dello Stato, ammettendo scuole non di Stato
e, tra queste, quelle che, in base alla legge 62 del 2000, chiedano e
ottengano la parità ed entrino così nel sistema pubblico (art.33);
la gratuità dell’istruzione obbligatoria; la promozione del diritto
a studiare e apprendere (art.34)”””. b)
“””La riforma si ispira anche ai “principi fondamentali”
della Costituzione:
valorizza, e ciò era evidente già nella legge 30/2000, il lavoro e l’operosità
(art.1), la solidarietà e il senso dei doveri inderogabili che la
solidarietà comporta (art.2), il pieno sviluppo della persona umana e
il superamento degli ostacoli che lo limitano (art.3), il diritto e il
dovere e,dunque, la capacità del lavoro (art.4), l’autonomia delle
singole istituzioni scolastiche e il loro stretto rapporto con le
autonomie locali (art.5), la tutela delle lingue minoritarie (art.6),
il rispetto di quanto comportano i Patti lateranensi (art.7), la
libertà e presenza di tutte le confessioni religiose (art.8), la
promozione dello sviluppo della cultura tecnica e scientifica e del
rapporto con l’ambiente e con il patrimonio storico e artistico
della Nazione (art.9),l’accoglienza degli stranieri (art.10), l’educazione
alla pace tra i popoli (art.11)”””. c)
“””Ispirarsi deliberatamente, consapevolmente, perfino
puntigliosamente nel far vivere nelle scuole i “principi
fondamentali” della Costituzione
repubblicana, significa per le scuole tutte assumere come
obiettivo ultimo,come “sovrascopo” di ogni apprendimento e
insegnamento, la formazione di personalità mature, responsabili,
solidali, informate, critiche. La formazione alla cittadinanza non è
un’aggiunta posticcia: è il cuore del sistema educativo.
Non solo in Italia, ma in tutti i Paesi europei e in molti
Paesi occidentali assume una crescente rilevanza quella che viene
definita “educazione alla cittadinanza”, vale a dire una
educazione che consenta di acquisire gli strumenti
relativi all’assunzione di responsabilità nella vita sociale e
civica.
Questa attenzione continua e sviluppa le indicazioni didattiche
già presenti negli Orientamenti per la scuola dell’infanzia, e in
particolare nel campo di esperienza “Il sé e l’altro”, nel
paragrafo “Educazione alla convivenza democratica” dei Programmi
didattici per la scuola primaria del 1985, e nel paragrafo “Scuola
della formazione dell’uomo e del cittadino” dei Programmi della
scuola media del 1979.
È, quindi, compito della scuola, per educare alla
cittadinanza, almeno a un primo livello di consapevolezza e di
consenso libero, porre le basi di conoscenza, di abilità , di
atteggiamento e di capacità operativa necessarie alla progressiva
acquisizione di competenze sociali nell’orizzonte della libertà ,
della criticità , della partecipazione democratica, della
responsabilità civico-sociale e della solidarietà a tutti i livelli
della vita organizzata (locale,nazionale,
europea, mondiale) nella prospettiva di uno sviluppo sostenibile.
Si tratta di un aiuto
educativo che abiliti ad atteggiamenti e a comportamenti
democratici, a partire da quelli interni alla scuola; che favorisca
l’apprendimento di idee, valori, strumenti interpretativi, tecniche
conoscitive e di ricerca, modelli di comportamento per una formazione
culturale congruente; che promuova lo sviluppo di una mentalità e di
una prima consapevolezza critica congiunta alla scoperta di orizzonti
di valori e di prospettive di partecipazione e impegno solidale.
Questa prospettiva va considerata in primo luogo secondo ciò
che la psicopedagogia chiama una logica implicita e contestuale. Il
modo stesso di proporsi e di organizzarsi della scuola conduce gli
alunni a saper vivere insieme nella diversità della classe e dei
gruppi di apprendimento; a maturare progressivamente abitudini di
rispetto reciproco e di partecipazione alla vita e all’apprendimento
scolastico, secondo le potenzialità , le attitudini e le propensioni
di ciascuno; a operare insieme per l’attuazione di obiettivi e di finalità
condivisi e progettati insieme e a saper discutere di comportamenti,
di idee, di bisogni, di diritti e di valori, a mano a mano che
emergono nel corso della vita e dell’apprendimento scolastico.
In secondo luogo, in termini di progettazione esplicita e
intenzionale,spetta alle scuole promuovere in alunne e alunni la
conquista stabile di alcuni specifici
obiettivi formativi che, al termine del ciclo di base,
possono così definirsi: §
essere
sensibili alle esigenze della vita sociale comunitaria, così come
sono sancite dalla Costituzione,
che potrà utilmente leggersi già
entro il termine del ciclo; §
acquisire
la consapevolezza della pari dignità sociale e della eguaglianza di
tutti i cittadini; §
iniziarsi
a comportamenti mentali e pratici di autonomia di giudizio, di
responsabilità e di decisione; §
acquisire
consapevolezza e competenza pratica nel campo della solidarietà; §
affinare
la sensibilità alle diversità e alle differenze; §
acquisire
e consolidare atteggiamenti di confronto costruttivo con persone,
popoli e altre culture; §
essere
sensibili ai problemi della salute, della prevenzione,dell’igiene
personale, del rispetto dell’ambiente naturale, del corretto atteggiamento
verso gli esseri viventi, della conservazione di strutture e servizi
di pubblica utilità.
Questi obiettivi raggiunti all’uscita del ciclo di base si
integreranno poi al termine della scuola secondaria con altri
obiettivi: un più ampio orizzonte culturale e sociale per essere
capaci di introdursi nella realtà culturale e sociale più vasta in
uno spirito di comprensione e di cooperazione internazionale, in
particolare nell’ambito dell’Europa e dell’incontro con altre
culture; la comprensione critica del contributo delle religioni, e
anzitutto di quella più tradizionalmente presente nel Paese, e delle
visioni della vita ai fini dello sviluppo di valori personali e dell’allargamento
degli orizzonti culturali individuali e sociali.
Dunque le scuole dovranno: -
inserire specifici obiettivi di apprendimento rivolti allo sviluppo
del senso della cittadinanza nei diversi curricoli; -
indicare, tra gli obiettivi trasversali relativi alle articolazioni
curricolari,quelli relativi ai saperi e ai comportamenti di
cittadinanza; -
prevedere nell’ambito dei loro Piani dell’offerta formativa una
quota oraria annuale, esplicitamente rivolta alla realizzazione di
percorsi -interdisciplinari di formazione alla cittadinanza”””. d)
“””Per tradurre in realtà questa ispirazione, le leggi
di riforma hanno posto in essere un nuovo e integrato sistema sia di
istruzione sia di formazione alle professioni e al lavoro. Tale
sistema è pubblico, cioè sia statale sia paritario.Attraverso esso
si snodano i percorsi di studio e formazione dall’infanzia ai 18
anni. I percorsi si prolungano poi sia nell’università sia nei
nuovi corsi di formazione tecnica superiore e nei centri territoriali
di educazione degli adulti, dove possano realizzarsi ulteriori
apprendimenti durante l’intera vita. Di tale
sistema è stata disegnata l’architettura di insieme, a partire
dalle tradizioni e strutture già esistenti, opportunamente integrate.
A un ciclo di base, che muove dalla scuola dell’infanzia in via di
generalizzarsi …(e che,dopo gli anni della scuola dell’infanzia,è
ancora da ridefinirsi in quanto a durata; ed in quanto ad
articolazione di unitario grado scolastico ovvero,diversamente,in
quanto a sussistenza della scuola elementare distinta dalla scuola
media:n.d.r.)… succede un quinquennio secondario con alcune nuove
caratteristiche. I primi due anni sono obbligatori e con essi ha
termine l’obbligo scolastico. A questo succede l’obbligo
formativo: esso si assolve nei
tre anni successivi o nel ciclo scolastico secondario fino all’esame
di Stato conclusivo o nel sistema della formazione professionale
regionale o nell’esercizio dell’apprendistato.
I
percorsi scolastici quinquennali (i primi due anni obbligatori e i tre
seguenti) sono raggruppati in quattro grandi aree: classico-umanistica,
scientifica, tecnica e tecnologica, artistica e musicale.
Un adeguato sistema di certificazione delle conoscenze e
competenze acquisite consente ai giovani passaggi e ritorni da un’area
a un’altra o dai percorsi scolastici ai percorsi di formazione
professionale e apprendistato”””. e)
“””In accordo con soluzioni legislative e normative anche
non recenti (scuola media unificata e obbligatoria dal 1962, norme per
l’inserimento dei portatori di handicap del 1977, Programmi della
scuola media del 1979,Programmi per la scuola elementare del 1985,
circolare Mattarella sull’accoglienza di extracomunitari,
Orientamenti per la scuola dell’infanzia del 1991, eliminazione
degli esami di riparazione nel 1994, istituzione degli “istituti
comprensivi” del 1994, riordino dell’esame di Stato conclusivo del
1997), la riforma ha raccolto e portato a norma i risultati migliori
delle esperienze e delle sperimentazioni attuate in questi ultimi anni
e per più aspetti
addirittura negli ultimi decenni”””. f)
“””Tutto il sistema educativo di istruzione e formazione
è finalizzato alla crescita e alla valorizzazione della persona che
entra nelle scuole, cresce e apprende, dalla scuola dell’infanzia al
ciclo secondario. Il
principio educativo della scuola è, dunque, la centralità del
soggetto che apprende, con la sua individualità e con la rete di
relazioni che lo legano alla famiglia e ai diversi ambienti sociali,
regionali ed etnici. E’ la persona che apprende, la persona nella
sua identità , con i suoi ritmi e le sue peculiarità , ciò cui la
scuola deve sempre guardare per farsi capace di portarla il più
vicino possibile alla acquisizione piena delle competenze di uscita
dal ciclo di base e dal ciclo secondario. Occorre garantire l’acquisizione
di cognizioni e far comprendere la loro importanza. Le cognizioni sono
esse stesse durevoli e durevoli ne sono gli effetti in quanto siano
proposte in modo che chi apprende ne sia coinvolto, ne percepisca la
rilevanza per i successivi studi e per le scelte successive, per
costruire il suo progetto di esistenza e,insomma, per poter tornare ad
esse e riutilizzarle durante tutta la vita. Sono dunque importanti in
quanto sappiano essere strumentali rispetto all’imparare durevolmente
ad apprendere, alla maturazione della identità personale,all’educazione
a diventare liberi cittadini e cittadine di una Nazione antica e
rinnovata quale è l’Italia della Repubblica, il nostro Paese.
È un compito complesso, di alta e specifica professionalità
quello cui la riforma chiama le scuole. È un compito cui una società
efficiente e democratica non può rinunziare. Esso chiede anche a
studentesse e studenti una rinnovata responsabilità e investe aspetti
di comportamento e condotta. Opportunamente lo Statuto
delle studentesse e degli studenti vigente dal 1998 non
solo definisce diritti e doveri di chi studia, ma affida ai docenti e
alle singole scuole il compito di dare a se stesse e a chi vi studia
un Regolamento che definisca i comportamenti e che sanzioni quelli non accettabili”””. g)
“””Perché il diritto ad apprendere si realizzi
effettivamente, durante il cammino dei discenti e al termine dei cicli
le competenze e il loro raggiungimento devono essere accertabili e
accertate analiticamente e debbono sostenere le valutazioni dei
docenti e delle scuole”””. h)
“””Come già si è detto, il percorso che la scuola deve
far compiere alla persona che apprende parte dalla scuola dell’infanzia,
si snoda senza fratture nella scuola di base …(che potrà sussistere
in quanto scuola di grado unitario; ovvero in quanto articolarsi di
scuola elementare e media di distinto grado scolastico,anche se
raccordate sul piano della continuità pedagogica e
didattico/organizzativa/curricolare:n.d.r.)…, si completa
obbligatoriamente nella scuola secondaria (primi due anni) e prosegue
o nei tre anni della scuola secondaria o nel sistema di formazione
professionale o nell’apprendistato (tre anni) fino a 18 anni.
A ogni passo del percorso, obiettivo prioritario è quello di
offrire strumenti di conoscenza e occasioni di esperienza anche
applicativa, pratica,operativa che consentano a ciascuno di apprendere
e continuare ad apprendere, a scuola e oltre la scuola, e a interagire
e a operare nella società e nel mondo produttivo. È dunque e perciò
centrale garantire nella scuola la maturazione di competenze durature
che consentano sia la prosecuzione negli studi superiori universitari
e tecnici superiori sia rientri formativi per l’apprendimento
durante tutta la vita. Gli
strumenti di conoscenza e le occasioni di esperienza devono consentire
a chi si viene formando la possibilità di orientarsi nelle scelte
successive: le scelte dei quindici anni, relative ai diversi percorsi
dopo l’obbligo
scolastico, e le scelte dei diciotto anni, relative alla immediata
prosecuzione degli studi o all’ingresso nel mondo del lavoro e delle
professioni”””. i)
“”” L’orientamento non è un momento giustapposto
collocato solo al termine di un ciclo di studi, ma costituisce una
dimensione dell’intera azione didattica e assume pertanto un ruolo
centrale nel nuovo sistema di istruzione e formazione. L’orientamento
è infatti decisivo sia per le sorti individuali sia per la migliore
utilizzazione sociale di tutte le giovani energie di cui disponiamo.
Anche in funzione dell’orientamento le scuole devono sapersi
coordinare all’ambiente esterno alla scuola, alle realtà sociali e
produttive locali. E anche in vista di ciò è importante che a ogni
livello di età il discente sperimenti occasioni strutturate,
laboratoriali, di verifica e autoverifica
di ciò che sta apprendendo sì da maturare al meglio i propri
personali orientamenti. La nuova scuola punta a costruire il successo
formativo di tutte le alunne e di tutti gli alunni tenendo conto delle
differenze antiche e nuove che li caratterizzano. Per gli insegnanti
è, come già detto, un compito di alta e specifica professionalità ,
che viene affiancato dall’attività degli Istituti regionali di
ricerca educativa, gli IRRSAE, dalla messa in rete delle risorse
documentali dell’Istituto nazionale di ricerca educativa (la ex BDP)
e dal sostegno dei servizi predisposti dalle Direzioni generali
regionali, d’intesa con le autonomie regionali e locali. Il compito
richiede agli insegnanti e ai dirigenti una professionalità capace di
cogliere e interpretare le diverse situazioni individuali e ambientali
e di utilizzare flessibilmente le risorse disponibili e le presenti
indicazioni curricolari per definire percorsi educativi, anche
individualizzati (ci dice la legge ormai vigente), e attività capaci
di accendere interesse e passione in ogni bambina e bambino, in ogni
giovane persona che
apprende e si forma. È decisivo perciò che, come già detto nel
Programma quinquennale approvato dal Parlamento, l’insegnante sappia
dare a ogni singolo discente il senso di quanto sono importanti, di
quanto sono serie per la sua vita le tappe di studio che viene a mano
a mano raggiungendo”””. l)
Riguardo il curricolo,si
consideri che: -“””Il
curricolo è elaborato dai docenti e non centralmente dal ministero;
non è unico dappertutto e per sempre, ma è commisurato dai docenti
alle realtà degli allievi e delle singole realtà scolastiche e
ambientali; è composto di una quota oraria nazionale, che assume le
indicazioni curricolari specificate in questi Indirizzi,
e di una quota obbligatoria del 20 %
…(o altra percentuale di quota,come potrebbe essere
ridefinita a seguito della revisione ministeriale della normativa che
ci si attende nel prossimo futuro:n.d.r.)…circa,riservata alle
scuole che rafforza e/o integra la quota nazionale.
L’elaborazione del curricolo è dunque il terreno su cui si
misurano più specificamente la capacità progettuale e la nuova
professionalità dei docenti e dei dirigenti delle singole istituzioni
scolastiche. Il
curricolo si attua nella concretezza di un clima sociale in cui
variamente si esplicitano i nodi del vivere e del conoscere. È l’azione
didattica che risolve il curricolo in un processo di
insegnamento/apprendimento teso a una formazione non solo solidamente
compiuta, ma anche umanamente coinvolgente. In tal senso, esso è al
centro della nuova scuola: ne interpreta le finalità e le traduce nei
contesti delle pratiche educative.Il curricolo rende riconosciuta e
riconoscibile - nei suoi termini culturali,sociali e istituzionali - l’identità
della singola scuola. Nel sistema delle autonomie l’istituzione
scolastica diviene allora il campo in cui tutte le implicazioni del
curricolo si riassumono e si integrano, sollecitando al tempo stesso
la crescita della professionalità dei docenti attraverso una costante
pratica di riflessione e di approfondimento.
È evidente la differenza tra il programma e il curricolo. Il
programma indica un insieme di contenuti definiti centralmente: a essi
il docente doveva riferirsi per il suo insegnamento. In tale contesto
sono state senz’altro chiare le tappe e le scansioni del processo di
insegnamento; meno chiari sono stati, invece, gli esiti effettivi dell’apprendimento.
E, come sappiamo, i tradizionali giudizi o voti, preziosi nell’interazione
didattica immediata, non bastano a dare certezza sugli effettivi
livelli raggiunti in aree e zone diverse, in
istituti scolastici diversi, con insegnanti diversi.
Il curricolo parte anch’esso naturalmente dai contenuti, ma
delinea l’articolato
e complesso processo delle tappe e delle scansioni dell’apprendimento.
I contenuti stessi divengono così non tanto la guida dell’insegnante,
quanto la via per far conseguire alle allieve e agli allievi
conoscenze solidamente assimilate e durature nel tempo. È qui che la
professionalità del docente trova tutto il suo spazio poiché può
esplicarsi nel nuovo quadro di libertà culturale e progettuale, di
flessibilità organizzativa e didattica garantito dall’autonomia”””. -”””Il
rinnovato progetto di istruzione pubblica vuole promuovere un
articolato diritto all’apprendimento
che consolidi il già affermato diritto allo studio. L’obiettivo
è quello di favorire un reale successo formativo che consenta a
ciascuno - secondo le sue vocazioni e le sue possibilità effettive -
di conseguire non solo e non tanto un titolo di studio, quanto e
soprattutto un’adeguata capacità di padroneggiare i contenuti dell
’apprendimento.
A tal fine è indispensabile che le conoscenze trasmesse dalla
scuola siano compiutamente assimilate, si risolvano cioè in una loro
acquisizione e in un loro uso criticamente strutturati e in una
duttile disponibilità a trasferirle in ambiti, tempi e contesti
diversi.
Il concetto di competenza sembra appunto poter riassumere in se
stesso tutte queste istanze.
Le competenze vanno dunque intese come la capacità di
utilizzare le conoscenze acquisite dalla persona che sta apprendendo.
Esse sono le tappe e i traguardi di un itinerario di istruzione che ha
quale propria finalità istituzionale il successo formativo di ciascun
allieva e allievo”””. -”””Un
curricolo articolato attraverso “obiettivi specifici di
apprendimento relativi alle competenze degli alunni”
…(come previsti dall’art.8 del Regolamento dell’autonomia
D.P.R.n.275/99:n.d.r.)…appare in grado di favorire sia un processo
di insegnamento/apprendimento motivato, consapevole e caratterizzato
dalla reciproca responsabilità di chi insegna e di chi impara, sia
una valutazione fondata su un equilibrato rapporto tra le articolate
dinamiche del processo formativo e l’accertamento dei suoi esiti.
L’effettiva accertata e accertabile acquisizione di
conoscenze e competenze si riflette su tutto il curricolo, che deve
essere esso stesso formulato in modo da risultare accertabile in tutte
le fasi del percorso.
Al tempo stesso il curricolo, così inteso, supera sia la
tradizionale separatezza tra gli studi orientati al “sapere” e
quelli orientati al “saper fare”, sia l’idea che di competenza
si possa parlare solo a proposito di una dimensione strettamente
operativa e/o professionale.
Gli obiettivi del curricolo sono contraddistinti dai caratteri
di essenzialità e di progressività.
Se tali non fossero, sarebbe necessario un adeguamento continuo
e una conseguente dilatazione dei contenuti e degli insegnamenti per
tenere il passo con l’evoluzione qualitativa e quantitativa dei
saperi e delle tecnologie.
Un curricolo essenziale (ed essenziale non significa certo
minimale) si basa sulla convinzione che quell’adeguamento si possa
invece perseguire attraverso percorsi scolastici caratterizzati non
dallo studio estensivo di molti contenuti, ma da quello intensivo e
criticamente approfondito.
Un curricolo essenziale deve selezionare i contenuti
individuando gli elementa,
i nuclei costitutivi delle discipline su cui innestare approfondimenti
e sviluppi, tesi a consolidare negli allievi un patrimonio di
conoscenze/competenze stabile nel tempo e dunque tale da permettere
sempre ulteriori approfondimenti e sviluppi.
Il curricolo prefigura un percorso di apprendimento che,
definendo le tappe relative allo sviluppo formativo, accompagna l’allievo
dalla scuola dell’infanzia alla conclusione dell’intero ciclo
scolastico evitando ripetizioni o ridondanze non funzionali.
Beninteso, i diversi aspetti (oggetto, linguaggio, metodologia
di ricerca) da cui viene caratterizzato lo statuto di una disciplina
sono in realtà già tutti presenti
fin dalle prime fasi del percorso formativo e presenti devono restare
sempre. La matematica è la matematica, la lingua italiana è la
lingua italiana sia quando vi si accosti un giovane liceale sia quando
vi si accosti una bambina di tre anni.
Lo statuto di una disciplina non cambia perché mutano, con l’età
degli allievi, tappe e scansioni del processo di apprendimento. Se lo
statuto disciplinare resta fermo, assai diversa invece è la distanza
del soggetto che impara dall’oggetto da imparare: da un legame forte
con la contestualità della esperienza diretta degli allievi nella
scuola dell’infanzia si passa via via a forme più
pronunciate di decontestualizzazione e di astrazione.
E tuttavia -con modalità diverse e dosaggi adeguati-
contestualità e astrazione rimangono esigenze da rispettare
durante tutto il
percorso di istruzione. La
contestualità è più fortemente accentuata all’inizio e sempre
più criticamente e conoscitivamente mediata col trascorrere degli
anni. L’astrazione
(la capacità di astrazione e decontestualizzazione)
costituisce anch’essa una dimensione permanente e
irrinunciabile dell’intero processo
di apprendimento e dello sviluppo della mente: dal suo primo apparire
fino al suo sempre più pieno dispiegarsi negli apprendimenti
disciplinari più complessi.
Un curricolo progressivo prefigura insomma un percorso di
istruzione che, definendo le tappe relative allo sviluppo formativo,
accompagni l’allievo dalla scuola dell’infanzia alla conclusione
dell’intero ciclo scolastico”””. -
“””Il curricolo si costruisce a partire dalle indicazioni per la
quota nazionale, che questo testo offre, e dall’analisi dei bisogni
degli alunni e delle specifiche esigenze del territorio e dell’ambiente.
In tal senso il curricolo si presenta come l’integrazione tra la
quota oraria obbligatoria di discipline e attività stabilite
nazionalmente e la quota ugualmente obbligatoria di discipline e
attività scelte dalle singole istituzioni scolastiche.
Le varie forme di flessibilità organizzativa e didattica e la
libertà progettuale di ogni scuola facilitano un’azione formativa
più efficace e più rispondente alle esigenze del territorio e delle
singole classi.
Il docente nel costruire il curricolo deve tenere presenti:
1. i soggetti dell’apprendimento: le loro motivazioni, i loro
atteggiamenti, la loro
affettività , le fasi del loro sviluppo, le abilità e conoscenze che
hanno già acquisito nelle precedenti esperienze scolastiche, nella
vita familiare e sociale; 3.
gli
obiettivi generali e le indicazioni curricolari nazionali …(gli
indirizzi in questione:n.d.r.)…per l’individuazione e la
definizione dei traguardi previsti per un certo ciclo o una fase
intermedia di un certo ciclo; 4.
la
scansione dei percorsi di istruzione tale da permettere, in relazione
alla situazione di partenza degli alunni e in un tempo definito, l’acquisizione
delle competenze conclusive; 5.
i
contenuti relativi alla quota nazionale obbligatoria e i contenuti, da
determinare in base alle esigenze degli alunni e dell’ambiente,
relativi alla quota riservata alle scuole, parimenti obbligatoria; 5.
le verifiche intermedie e finali in vista della valutazione degli
esiti.
Tali
operazioni, che richiamano le fasi principali della programmazione
già patrimonio professionale acquisito dalla scuola, non esauriscono
l’attività progettuale in dimensione curricolare. Occorre altresì
definire quali situazioni formative, quali attività, quali approcci
metodologici e quali risorse strumentali e professionali possono
essere utili tra quelle disponibili nella scuola e nell’extrascuola.
La costruzione del curricolo è quindi un processo complesso:
esso richiede un’attività di ricerca che fa leva sulla
professionalità dei docenti, ma anche sulla collaborazione attiva
delle famiglie. La partecipazione dei genitori e dell’extrascuola
nella definizione dei percorsi e delle opportunità formative fa del
curricolo lo strumento più significativo dell’azione educativa
finalizzata alla
crescita e alla valorizzazione della persona in tutte le sue
dimensioni: attraverso
il curricolo si realizza concretamente il contratto formativo in tutta
la sua valenza pedagogica e sociale”””. m)
“””Ogni bambino e bambina viene a scuola con una propria
cultura che è fatta da intrecci affettivi, emotivi e cognitivi di
esperienze, di storie e di relazioni. Entra in un nuovo contesto in
cui incontra nuovi compagni e nuovi adulti con i quali intesse una
rete sempre più ampia di scambi. Riconosce parte di sé negli altri e
sperimenta concretamente la presenza delle diversità di genere,
anzitutto, di temperamento, di carattere e, alle volte, anche di
provenienza da culture caratteristiche sia di altre regioni del nostro
Paese sia di
altri Paesi. La classe è una comunità "colorata". E ciò
vale naturalmente e per taluni aspetti anche di più nel seguito del
percorso formativo, per i ragazzi e le ragazze più grandi. Questo
dato deve diventare progetto di ricerca, di scoperta di differenti
culture, di conoscenza e reciproca comprensione, di positivo e
arricchente incontro. Nella
categoria delle diversità e delle differenze è da collocare anche la
situazione di handicap nella quale si trovano alcuni alunni e alunne.
In maniera del tutto speciale, in questo caso, la scuola è
chiamata ad attivare relazioni di aiuto che esigono specifiche
competenze professionali in una logica di interazione fra scuola e
servizi del territorio.
In questo modo la scuola diventa anche risorsa formativa del
territorio per far crescere la cultura dell'inclusione.
Ma occorre anche cogliere e affinare le peculiari doti che i
disabili, partendo dalla loro condizione, sanno sviluppare: la
sensibilità tattile, uditiva e musicale di chi non vede; l’ambidestrismo
dei dislessici; la acuta discriminazione visiva dei moti altrui e
propri di chi non sente, fino all’acquisizione e allo sviluppo delle
complesse grammatiche del linguaggio dei segni; la generosa capacità
collaborativa dei bambini e ragazzi down ecc. .
L’integrazione esige qualità , e non il contrario: l’integrazione
è in difficoltà quando il livello di qualità si abbassa. Vi è chi
pensa che la facilità sia un elemento indispensabile per una scuola
inclusiva, oppure che gli apprendimenti a forte connotazione
concettuale siano un ostacolo agli handicappati, che avrebbero bisogno
di percorsi realizzabili con operazioni concrete.
Ma la qualità della scuola, in relazione all’integrazione di
soggetti in situazione di handicap, ha poco a che vedere con questi
criteri, che segnalano caso mai pregiudizi, forse anche dettati da
generosità , ma anche da scarsa conoscenza, proprio nei confronti di
questi soggetti. È
facile, quando si tratta delle situazioni di handicap, che ciascuno
riduca la pluralità dei soggetti ad uno stereotipo.
Invece è proprio una pluralità .
È evidente che la cecità è altra cosa rispetto all’insufficienza
mentale.
Ma esistono stereotipi riferiti anche alle varie tipologie. La
pluralità dei soggetti è ben più di questo. Significa non
accontentarsi di dire “insufficienza mentale”: in questa
categoria, in realtà , le differenze individuali si aprono a
ventaglio e in chi insegna e osserva producono continue sorprese. E
anche un presunto ordine di quantità (minore o maggiore insufficienza
mentale) nella realtà ha poco
senso. Gli individui presentano differenze caratteriali, anamnestiche,socio-culturali,
di genere e così via, tali da rendere impossibile la loro
sintonizzazione in base alla tipologia. A volte un soggetto in
situazione di handicap è in maggior sintonia con un soggetto
normodotato che con uno in situazione analoga.
Ma la grande esperienza nazionale dell’inserimento scolastico
dei disabili, se ha liberato questi, ha giovato forse ancor più ai
“normodotati” che traggono non poco vantaggio dalla individuazione
e valorizzazione di loro specifiche capacità.
È vero che l’integrazione in una scuola inclusiva è un
processo irreversibile, ma non meccanico.
Implica delle volontà che si rinnovino, ed è tutt’altro che
realizzata una volta per tutte. Una buona parte delle azioni che la
compongono hanno caratteristiche di ricorsività;
bisogna tornare a farle. La scuola, in generale, è composta da una
parte consistente di azioni ricorsive;
tutti i giorni è necessario fare certi gesti, realizzare certi
rituali, rispettare certi aspetti organizzativi. E questo è tanto
più evidente nel processo di integrazione.
L’insegnamento e l’apprendimento sono l’intreccio
di una linea progressiva, costituita dallo sviluppo degli
apprendimenti; e di attività
ricorsive, costituite dalle cure dei materiali (strumenti,
libri, quaderni, e così via), da quelle dell’ambiente,dall’organizzazione
del ritmo quotidiano,settimanale, stagionale.
Le attività ricorsive sono spesso ritenute implicite e,
quindi, poco considerate nel progetto scolastico.
A volte, poi, sono confuse con la ripetitività , che provoca
noia, disinteresse. Tuttavia,
la disattenzione o la sottovautazione della dimensione ricorsiva è
alla base della scarsa capacità di organizzazione della memoria, di
strutturazione del tempo, di sopportazione della fatica e dei ritmi.
Essa conseguentemente determina la presenza di disordine,
scarso controllo, incapacità di organizzare il proprio tempo. Tutte
queste caratteristiche, quando vengono scoperte in ragazze e ragazzi,
sono a volte riassunte in formule del tipo “non sa studiare”,
magari ritenendo che i giovani siano profondamente cambiati rispetto
al passato anche
recente. Sicuramente
c’è del vero: i giovani sono cambiati e cambieranno ancora, come
(è ovvio, ma non sempre ricordato) cambiano e cambieranno gli adulti.
Ma è anche bene prendere in considerazione il fatto che le attività
ricorsive sono date per scontate, e quindi di fatto trascurate un po’
da tutti,educatori, familiari e insegnanti. La conseguenza ricade su
quelle abitudini quotidiane che si assumono con le attività ricorsive.
Nelle situazioni di handicap, le difficoltà di un soggetto
nell’organizzare le proprie autonomie possono essere prese in
considerazione affidando magari le attività ricorsive a un insegnante
che chiamiamo “di sostegno”. Il rischio
che corre la scuola è quello di dividere i percorsi (la linea
progressiva e le attività ricorsive), immaginando che l’attenzione
alle persone handicappate debba concentrarsi su quelle che abbiamo
chiamato attività ricorsive: l’ordine della persona, la sua igiene,
la conquista di piccole autonomie, ecc., mentre gli altri bambini e le
altre bambine debbono seguire dei percorsi progressivi. La nuova
scuola deve fare uno sforzo per integrare queste due dimensioni. Lo
può fare meglio, perché la possibilità di una scansione di ciclo
diversa dal passato contiene elementi che possono essere interpretati
in questo senso. L’organizzazione del tempo e dello spazio, con una
maggiore possibilità data da programmazioni di maggiore respiro
permette proprio questo. Non
a caso nella scuola riformata si parla di curricoli e non di programmi
. E la diversità non è solo terminologica: i curricoli non sono
tracce su cui mettere i nostri stessi passi, percorsi che riproducono
quanto è stato stabilito o già fatto da altri.
I curricoli devono realizzare le indicazioni relative agli
obiettivi da raggiungere, tenendo conto dei diversi contesti e delle
concrete possibilità in maniera del tutto originale.
Il suggerimento che ne esce è proprio quello di intrecciare la
dimensione progressiva e quella ricorsiva per tutti gli allievi. Di
allievi disordinati,
e non certo da oggi, ce ne sono molti, incapaci di avere e darsi una
propria organizzazione, una propria disciplina. È quindi evidente che
il bisogno formativo sulla dimensione ricorsiva non è circoscritto a
una certa categoria, quella dei disabili, ma si estende a tutti coloro
che crescono e che hanno bisogno di organizzare il proprio
apprendimento. L’organizzazione materiale dell’apprendimento è
altrettanto importante di quella mentale: tra queste due dimensioni
esiste una forte correlazione. Nella
scuola della cittadinanza e dell’inclusione una parola
importante,una parola chiave è responsabilità.
La riorganizzazione dei cicli si collega all’autonomia: autonomia di
scuole, di docenti, dirigenti e personale, di studentesse e studenti.
Anche in relazione all’autonomia dell’individuo, in particolare l’individuo
con bisogni speciali, l’autonomia non è equivalente di autarchia.
Non è bastare a se stesso, ma è saper rivolgersi agli altri
intelligentemente, saggiamente, sapientemente, fare riferimento alle
competenze che altri hanno e che il soggetto potrebbe non avere. Per
certi versi l’autonomia più alta è quella di colui o di colei che,
avendo scoperto e conosciuto le proprie debolezze e i propri limiti,
si avvale in maniera consapevole delle competenze degli altri. L’autonomia
esige una collaborazione e una capacità di offrire anche le proprie
competenze, in un rapporto che non è di scambio commerciale ma di
intreccio sociale: è la dimensione
sociale dell’apprendimento. Questo aspetto dell’autonomia si
trasporta dall’individuo a un gruppo, a un’istituzione. La scuola
dell’autonomia offre e cerca competenze. Quindi, deve avere anche
delle proprie competenze e, soprattutto, deve assumersi delle
responsabilità . La responsabilità
deve diventare una linea di coerenza che percorre tutta l’organizzazione
scolastica, quindi coinvolge anche bambini e bambine,ragazzi e
ragazze. Ciascuno
dei protagonisti o co-protagonisti della scuola può assumere delle
proprie responsabilità in rapporto agli altri. La responsabilità
può svolgersi non solo per l’apprendimento lineare progressivo ma
anche per le attività
ricorsive: l’organizzazione dell’ambiente e dei tempi, dei ritmi.
Ed è importante proporsi come traguardo dello sviluppo della nuova
scuola la possibilità che i progetti di integrazione siano condivisi
dalle responsabilità che ciascuno può assumersi, ciascuno al suo
livello, naturalmente, quindi anche bambini e bambine. Ma, per farlo,
bisogna conoscere i progetti, quindi bisogna imparare a parlare delle
persone handicappate in loro presenza e dei bisogni che le persone
handicappate hanno, in modo tale che gli stessi protagonisti,
cioè le persone handicappate, siano capaci di misurare i propri
limiti ma anche misurare le proprie possibilità.
La scuola italiana, fin dagli anni settanta, ha mostrato di
sapere raccogliere questa alta e difficile sfida. Poi, dagli anni
ottanta, ha imparato ad attrezzarsi sempre meglio dinanzi ai bambini e
alle bambine, ai ragazzi e alle ragazze che venivano da altri mondi
culturali. Le scuole dell’autonomia hanno i necessari strumenti
aggiuntivi per conseguire vittoriosamente l’obiettivo etico,
religioso, civile di non perdere nessuno lungo il percorso, di non
dimenticarsi di nessuno”””. n)
“””La valutazione ha pieno senso se gli elementi
informativi raccolti sono utilizzati per apportare alle attività
didattiche e al sistema le modifiche necessarie a compensare le
difficoltà incontrate da chi apprende nel suo percorso. In altre
parole, la valutazione assume rilevanza didattica se persegue l’intento
di incrementare la qualità dell’istruzione. In funzione di tale
intento debbono essere considerati i diversi livelli in cui si
articola l’attività valutativa: quella del singolo docente, quella
di classe e di scuola, quella territoriale, nazionale e, infine e
ormai, quella internazionale. Un
curricolo che nelle scuole autonome sia articolato in “obiettivi
specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni”
implica un nuovo modo di considerare la valutazione. Essa ha un
duplice aspetto: c’è la valutazione didattica, affidata ai docenti
e agli abituali modi di giudizi e voti, e c’è la valutazione di
sistema, che va affidata insieme alle scuole e all’Istituto
nazionale per la valutazione del sistema dell’istruzione (ex CEDE).
Alle scuole, autonome per ciò che riguarda le scelte
organizzative,culturali e didattiche, compete la determinazione delle
pratiche valutative più direttamente e immediatamente collegate al
processo di apprendimento.
Queste sono le valutazioni dette “formative” e “sommative”,
che devono naturalmente tener conto del progredire degli apprendimenti
di tutti gli alunni e le alunne; la valutazione deve tenere in debito
conto anche gli elementi di conoscenze e competenze più
specificamente proposte per gli alunni disabili.
E’ interesse di tutti che tutte le valutazioni si realizzino
col massimo di snellezza possibile, col minimo di apparati
burocratici. Attualmente,
le valutazioni previste sono, nella maggior parte dei casi,due per
anno scolastico, delle quali soltanto la prima può giovare in corso d’anno
alla riflessione sulle scelte effettuate e sulle soluzioni che
potrebbero essere adottate per superare i limiti riscontrati. Una
scansione delle attività valutative funzionale alle fasi di
attuazione del curricolo, decisa in autonomia dalle singole scuole,
potrebbe favorire sia gli effetti di autoregolazione, sia il
coinvolgimento delle famiglie nell’attività scolastica dei figli.
Le valutazioni,non solo prodotte ma anche espresse nella forma più
snella, e dunque nella forma più immediatamente comprensibile, sono
utili e riguardino sia lo stato ossia il livello effettivamente
raggiunto in un certo momento da ciascun allievo in un’area
determinata d’apprendimento, sia la tendenza che l’allievo mostra
in relazione alla medesima area. Per quanto riguarda l’impostazione
dell’attività valutativa interna alle scuole, è opportuno che le
scuole valutino positivamente la possibilità di incrementarne
progressivamente la frequenza.
Superare la meccanica e rigida associazione tra espressione
formale dei giudizi e conseguenze sul percorso scolastico restituisce
credibilità agli accertamenti
e alla valutazione e consente di impostare nel seguito dello studio e
dell’apprendimento le opportune e specifiche attività di recupero
individualizzate. Ne deriva la possibilità di un uso più flessibile
del tempo scolastico ed insieme un migliore sviluppo dei percorsi
formativi degli allievi. Spetterà
alle scuole stabilire quale sia lo stato degli alunni in relazione
agli intenti perseguiti, in generale e per i singoli tratti (non
necessariamente corrispondenti all’anno scolastico), in cui le
scuole stesse hanno deciso di articolare il percorso. Ciò non vuol
dire assicurare a tutti un avanzamento indifferenziato nel percorso di
studi. Se un allievo consegue una valutazione negativa (che può
intervenire in vari momenti dell’anno) in riferimento a un
determinato segmento di una disciplina, la compensazione del ritardo
dovrà avvenire prima di affrontare il segmento successivo. Solo
quando i ritardi da compensare sono eccessivi e investono molti ambiti
o discipline potrà esservi la necessità, entro il termine del ciclo,
di un prolungamento del tempo scolastico”””. o)
“””Nell’attuazione della riforma dei cicli, oltre a
risolvere gradualmente i problemi posti dal rinnovamento dell’architettura
del sistema scolastico, si devono progressivamente trovare soluzioni
capaci di contenere le differenze dei risultati formativi entro una
variabilità tollerabile. In altre parole, è astratto porre un
obiettivo di completa uniformità dei risultati per tutti gli allievi;
epperò,rispetto alla attuale situazione di forti difformità ,
ci si propone di tendere verso una certa omogeneità della
distribuzione dei risultati tra aree geografiche e verso
una differenziazione contenuta anche all’interno delle singole aree.
L’esigenza di omogeneità nei risultati di apprendimento è
spesso confusa col perseguimento di intenti livellatori, che
impedirebbero alle differenze individuali di manifestarsi.
È vero esattamente il contrario: si può avere un’effettiva
e accertata manifestazione delle capacità di ciascuno se alcune
condizioni di base sono generalmente possedute o se alcune competenze
sono sviluppate e valorizzate più di altre, e ciò vale più in
particolare nel caso di alunne o alunni disabili. Le diverse
competenze emergono e si valorizzano nella loro specificità anche
individuale tanto più quanto
meglio sono individuati e misurati i diversi livelli”””. p)
“””Ai
fini della valutazione di sistema occorre considerare il quadro
socioeconomico da cui muovono gli allievi e in cui le scuole operano,
le condizioni strutturali e organizzative
interne, la disponibilità e la capacità d’uso delle risorse umane
e finanziarie e ogni altro aspetto che possa esercitare una funzione
propulsiva o frenante nel raggiungimento degli intenti educativi.
In altre parole, la valutazione di sistema deve investire l’intero
comparto dell’educazione scolastica e non limitarsi a coglierne
alcuni aspetti, per quanto
significativi. Naturalmente
anche nella valutazione di sistema la responsabilità valutativa
compete in primo luogo alle scuole, ma tale valutazione non può
essere svolta correttamente senza il sostegno di repertori informativi
relativi al quadro territoriale e a quello nazionale.
Né è più possibile ormai ignorare le tendenze e i fenomeni
che caratterizzano la scuola a livello internazionale, per
le interazioni sempre più estese che collegano le varie realtà
nazionali: in Italia occorre prestare attenzione in primo luogo a
quanto avviene nell’Unione Europea, ma occorre anche cogliere i
segni di trasformazioni più vaste, che interessano sia i paesi
industrializzati, sia quelli in via di sviluppo.
È compito dell’Istituto nazionale per la valutazione del
sistema dell’istruzione fornire tali repertori informativi. Occorre
delineare e porre in essere una strategia per la rilevazione dei dati
sulle attività e per l’apprezzamento dei risultati che sia coerente
da un lato con le nuove condizioni di autonomia delle scuole, dall’altro
con l’esigenza del pubblico di essere garantito circa la qualità
complessiva del servizio. L’impianto
centralistico tradizionale della scuola italiana rispondeva all’esigenza
di assicurare l’uniformità del servizio sul territorio nazionale.
Ed è indubbio che tale intento sia stato in parte conseguito
per quelle minoranze delle
leve giovani che arrivavano alla licenza elementare e ancora meglio
per le minoranze ancor più esigue che conquistavano i titoli
ulteriori. Il
sistema ha retto fin quando i tassi di scolarizzazione della
popolazione (soprattutto al livello secondario) sono rimasti
contenuti. Si ricorderà che ancora nel 1951 il 60% della popolazione
risultava espulso dalle elementari prima di arrivare alla
licenza e che ancora vent’anni dopo metà delle leve giovani veniva
espulso dalla scuola di base prima di arrivare alla licenza media
inferiore.
Oggi il problema si presenta rovesciato. Rilevazioni
campionarie di istituti di ricerca, dello stesso Ministero e, a
partire dal 1999, dello stesso CEDE rendono evidente che il sistema
centralistico, in condizione di scolarizzazione ampia, non appare in
grado di garantire una qualità sufficientemente omogenea dell’educazione
scolastica. L’autonomia è sorta come risposta a tale constatazione
e la risposta però vale a condizione che le diverse scelte locali
avvengano nella consapevolezza della consistenza che i singoli
fenomeni hanno a livelli territoriali più estesi, fino a quello
nazionale. Occorre
anche prestare attenzione alle comparazioni internazionali, per le
implicazioni che possono assumere dal punto di vista economico. E’
il caso delle comparazioni effettuate dall’Organizzazione per la
Cooperazione e lo Sviluppo Economico Ocse, cui l’Italia ora
partecipa attivamente. Per
quanto concerne la valutazione della qualità del sistema occorre
limitare ad alcune variabili fondamentali l’accertamento, prendendo
come riferimento gli aspetti sui quali è maggiore l’attenzione
delle organizzazioni internazionali per la valutazione comparativa dei
sistemi scolastici dei diversi paesi.
Tra le variabili fondamentali devono rientrare, ad ogni livello del
percorso scolastico, quelle relative alle competenze linguistiche e matematiche,
che, secondo anche una valutazione dell’Unione Europea,rappresentano
indicatori della qualità complessiva del sistema di istruzione.
La valutazione, naturalmente, non si esaurisce con l’esame di
queste due variabili. Altri indicatori potranno essere individuati in
relazione alle età degli allievi e alle esigenze specifiche del
sistema. Anche la
valutazione di sistema coinvolgerà le scuole. Esse la svolgeranno
giovandosi, per le variabili già dette, di un repertorio di strumenti
definito a livello nazionale. Le scuole, ormai tutte in rete, faranno
affluire all’Istituto nazionale della valutazione i dati che poi,
debitamente elaborati,ritorneranno alle scuole”””. p)
“””Il riordino dei cicli, in quanto realizzazione di una
nuova qualità della scuola basata sui principi dell’autonomia e del
curricolo formativo, porta con sé una radicale revisione di vecchie
contrapposizioni negative.
Una prima considerazione: sul piano istituzionale generale, le
indicazioni curricolari nazionali non vanno intese come imposizioni
autoritarie. Non
sono e non vogliono essere tali, ma, al contrario, intendono
valorizzare la dimensione e le attribuzioni della elaborazione dei
diversi curricoli delle singole scuole. Esse vogliono sostenere e, per
dir così, autenticare le scelte e le proposte nascenti dalle scuole.
Le indicazioni curricolari nazionali danno forza alle scelte autonome
delle scuole anzitutto dinanzi alla cultura nazionale,
che avverte un bisogno di identità e di eliminazione dei rischi di
frantumazione, ma anche nei confronti dell’opinione pubblica, che
vuole hiarezza nei comuni traguardi e impegni delle scuole.
fatto che le scuole assumano nei loro curricoli le indicazioni
nazionali rassicura anche gli studenti, le famiglie, lo stesso
personale della scuola, che ne percepisce la fattibilità e ne trae
nuovo impulso allo sviluppo professionale.
In questo senso, esse rappresentano la garanzia di una visione
equilibrata delle scelte autonome
delle scuole. All’interazione
centro-periferia si associa, poi, il rapporto fra la scuola come
sistema formale e i mondi non scolastici della formazione, dalle
agenzie non scolastiche intenzionalmente educative alle offerte
educativo-formative provenienti dalla cultura diffusa.
La nuova scuola dell’autonomia e dei curricoli valorizza in
modo istituzionale gli apporti delle altre agenzie e della
cultura diffusa e li colloca in una visione unitaria integrata.
È poi importante ricordare il nesso che si viene a stabilire,
per quanto attiene
al diritto allo studio e alla qualità dell’istruzione, fra i
momenti del pre –obbligo (scuola dell’infanzia), dell’obbligo
(scuola di base e primi due anni della secondaria) e del post-obbligo
(ultimi tre anni della scuola secondaria).
L’introduzione di cicli scolastici lunghi e non frammentati,
infatti, consente ad allievi e insegnanti di lavorare su percorsi
temporalmente distesi, che sono una condizione irrinunciabile per una
formazione di elevata qualità.
Appare
inoltre come un retaggio del passato la contrapposizione tra fautori
dell’”istruzione” e fautori dell’“educazione”. Già la
legge stessa, ormai, parla
di un sistema educativo pubblico dell’istruzione e della formazione
e stabilisce quindi un nesso tra educazione e istruzione.
E, d'altronde, appare ormai pienamente acquisita la
consapevolezza che l’effetto formativo unitario e complessivo che
risulta dall’esperienza di scuola nasce dal contemperare in modo
coerente l’istruzione e l’educazione, il “curricolo evidente”
o esplicito degli
ambiti e delle discipline e il “curricolo nascosto” o implicito,
dato dai contesti e dagli stili di vita e di studio. La
riforma concilia il contrasto fra insegnamento ed apprendimento.
In passato hanno prevalso due tendenze. Una prima assimila l’apprendimento
all’insegnamento: non ci sarebbe nessuna possibilità di
apprendimento fuori di un contenitore strutturato di insegnamento.
Una seconda tendenza ritiene che insegnamento e apprendimento
siano due modalità di esperienza reciprocamente
incompatibili. Di
fronte a queste ricorrenti e diffuse alterazioni di prospettiva, nella
scuola autonoma e riformata insegnamento ed apprendimento si
propongono come un unico processo, nel quale alle condizioni di forza
culturale ed efficacia didattica che rendono l’insegnamento valido
devono corrispondere quel coinvolgimento personale,anche emotivo e
affettivo, e quella ricchezza delle occasioni che fanno dell’apprendimento
un cammino di cui la persona che apprende possa sperimentare
quotidianamente l’utilità ed il piacere.
L’impianto nuovo consente di superare anche il contrasto tra
competenze e conoscenze.
Il curricolo permette di prevedere le trasformazioni del
soggetto che apprende sia nel progredire delle conoscenze sia nell’ampliarsi
della capacità di applicare le conoscenze a contesti diversi. Col
progredire delle conoscenze, il soggetto acquisisce la padronanza
metodologica e operativa che lo trasforma in soggetto “competente”
in quanto in grado di mettere a frutto la conoscenza e di spenderla
per sé e per gli altri (nello studio, nel lavoro, nella vita di
relazione e sociale). Gli allievi acquisiscono i contenuti delle
discipline e i loro linguaggi attraverso l’uso sociale delle
conoscenze, costruiscono una propria forma
mentis riflettendo su di essi e stabiliscono interrelazioni
tra i saperi. Inoltre,
attraverso la pratica delle diverse strategie metodologiche e delle
procedure proprie delle varie discipline, essi acquisiscono la
capacità di controllo di conoscenze, di procedure e di metodi
differenti imparando a servirsene nei diversi contesti.
Acquisizione di conoscenze e maturazione di competenze si
integrano. Strettamente
connesso a questo è il tema del rapporto tra aspetti disciplinari e
interdisciplinari nel curricolo. La trasversalità formativa (ciò che
si è chiamato anche approccio ecosistemico all’istruzione) non è
certo antagonistica alla specificità cognitiva e strutturale dei
singoli settori di conoscenza.
L’edificio interdisciplinare e trasversale del curricolo deve
necessariamente essere costruito con i mattoni delle singole
discipline. E però
queste, perché siano disponibili all’interazione costruttiva, non
vanno trasmesse e consegnate come mere e rigide sequenze di contenuti
e procedure. Occorre che chi insegna insegni anche a sperimentarle e
apprenderle non come gabbie separate ma come terreni da cui
osservare,capire ed interpretare la cultura, come dispositivi di
ricerca e di metodo e come fonti della capacità di mettere in
discussione, reimpostare e perfino trasgredire gli abituali corredi
teorici e metodologici. Va
infine ricordato che la scuola, nei suoi versanti della didattica
così come in quelli della organizzazione e gestione, è comunque un
impianto funzionale complesso.
Sul versante della didattica, essa valorizza simultaneamente la
classe e il laboratorio come luoghi in cui si promuovono i processi di
alfabetizzazione e di socializzazione.
Entrambi costituiscono, infatti, luoghi formativi della
relazione e della conoscenza, da collocare in un quadro di scuola
aperta sia verso l’esterno, attraverso le interazioni e l’
integrazione con l’ambiente, sia al proprio interno,attraverso la
flessibile alternanza delle attività e dell’impiego degli spazi.
Nella gestione e organizzazione, tanto più con l’introduzione
dell’autonomia, la scuola, in quanto comunità organizzata per la
comunicazione culturale formativa, partecipa tanto di elementi di tipo
comunitario quanto di quelli di tipo organizzativo: essa va vista e
gestita come luogo di lavoro (organizzazione) e insieme come luogo di
relazioni umane (comunità ), cioè come realtà la cui efficienza
funzionale e la cui efficacia operativa sono la condizione basilare
per la circolazione dei contenuti e dei significati della cultura e
dell’educazione. Così
anche questa contrapposizione tra comunità e organizzazione si
dissolve alla luce della scuola dell’autonomia e del curricolo”””. -§:
Correlatamente a quanto presupposto sopra,sembra peraltro il
caso di ricordare nell’economia di quadro della nostra disamina che
“””gli obiettivi specifici
di apprendimento relativi alle competenze degli alunni”””
si debbono continuare a ricavare,nelle loro formulazioni
strutturali,dai Programmi,dagli Orientamenti e dalla contestuale
legislazione ordinamentale di cui al precedente punto a)-;
pur sempre vigenti e precedenti all’emanazione della Legge
sulla riforma dei cicli (L.n.30/2000).
Ovviamente,tali stessi
“””obiettivi specifici di apprendimento”””,nelle
loro articolazioni curricolari di “breve termine” e di unità
didattica d’insegnamento/apprendimento, continuano ad essere
enunciati e formulati in ragione del contesto
territoriale,socio/culturale d’ambiente e delle diverse variabili
inerenti i bisogni formativi degli alunni; attraverso la definizione
delle diverse progettazioni e programmazioni didattiche di competenza
dei singoli “gruppi docenti” modulari e che risultano intrinseche
al Piano dell’Offerta Formativa.
Ciò,che viene legittimato,tra l’altro,dal succitato art.13
del Regolamento dell’autonomia che,come si diceva,prevede che
“””…(…)…fino
alla definizione dei curricoli di cui all'articolo 8
si applicano gli attuali
ordinamenti degli studi e relative sperimentazioni, nel cui
ambito le istituzioni scolastiche possono contribuire a definire gli obiettivi
specifici di apprendimento di cui all'articolo 8
riorganizzando i propri percorsi didattici secondo modalità fondate
su obiettivi formativi e competenze…(…)…”””
(Art.
13-D.P.R.n.275/99). Inoltre,si
consideri che
“””le discipline e le attività costituenti la quota nazionale
dei curricoli e il relativo monte ore annuale””” ;
“””l'orario obbligatorio annuale complessivo dei
curricoli comprensivo della quota nazionale obbligatoria e della quota
obbligatoria riservata alle istituzioni scolastiche”””;
e “””
i limiti di flessibilità temporale per realizzare compensazioni tra
discipline e attività della quota nazionale del curricolo”””;
continuano sostanzialmente a ricalcare le relative enunciazioni
e formulazioni normative evincibili dai
vigenti ordinamenti scolastici così come configuratisi
precedentemente l’emanazione della Legge sulla Riforma dei Cicli
(L.n.30/2000). Ciò,
fermi restando gli spazi ed i poteri di gestione autonomistica e
didattico/organizzativa già predefiniti prospetticamente dal più
volte citato (sempre in vigore,dal 1° settembre 2000) Regolamento
dell’autonomia (D.P.R.n.275/99); così come compendiato,integrato e
declinato,in materia di definizione dei curricoli,dalle
normative di regolamentazione del sempre vigente D.I.
26 giugno 2000, n. 234
(Decreto di regolamentazione che doveva integrare il
Regolamento dell’autonomia soltanto per l’anno scolastico
2001/2000; ma che il Ministro Moratti
ha riesumato in vigore fintantoché non saranno ridefiniti i
contenuti ordinamentali e curricolari della nuova Riforma dei cicli
“in cantiere” ;…sulle ceneri della Riforma che era stata
legiferata dalla L.n.30/2000 e che era stata regolamentata dai
successivi correlati provvedimenti ministeriali ritirati dallo stesso
Ministro;come preannunciato in detta nota ministeriale del 5 luglio
2001). In
questo senso,si ricorda che quest’ultima nota ministeriale è venuta
,tra l’altro,a far presente che “””…(…)…in conseguenza
di quanto sopra …(…)… i provvedimenti menzionati…(cioè, tra l’altro,i
regolamenti ministeriali sopra riportati e correlati alla
L.n.30/2000:n.d.r.)…, in quanto privi del requisito
dell'efficacia in mancanza di registrazione , non possono produrre
effetti, restando in materia confermata la normativa vigente , ed in
particolare, per ciò che attiene gli aspetti curricolari, le
disposizioni contenute nel D.I.
26 giugno 2000, n. 234…(…)…”””.
Anche riguardo
“””gli standard relativi alla qualità del servizio”””;
riguardo “””gli
indirizzi generali circa la valutazione degli alunni, il
riconoscimento dei crediti e dei debiti formativi”””; e riguardo
“”” i criteri generali per l'organizzazione dei percorsi
formativi finalizzati all'educazione permanente degli adulti, anche a
distanza, da attuare nel sistema integrato di istruzione, formazione,
lavoro, sentita la Conferenza unificata Stato-regioni-città ed
autonomie locali”””;
valgano le normative di riferimento sussistenti applicabili ed
eventualmente “adeguabili” (e,comunque,
“evincibili” dai vigenti ordinamenti scolastici così come
configuratisi precedentemente l’emanazione della Legge sulla Riforma
dei Cicli n.30/2000). Le
differenze tra i "vecchi" Programmi didattici di scuola
materna,elementare e media, ed i Nuovi
Curricoli (Indirizzi per l’attuazione del curricolo) non
sono rilevanti ; e
sostanzialmente ricalcano lo stesso itinerario
epistemologico di ricerca pedagogica e di razionalizzazione
curricolare. Molti
hanno sempre evidenziato la fondamentale
attualità e l’apprezzabile stesura didattico/pedagogica
degli Orientamenti 91 (di scuola materna), dei Programmi dell’85 (di
scuola elementare) e dei Programmi del
79 (di scuola media); i quali ultimi peraltro venivano
riproposti anche dal testo dei Nuovi
Curricoli (Indirizzi per l’attuazione del curricolo integrati al
“””Decreto
Interministeriale 7 maggio 2001, recante norme in materia di
curricoli della scuola di base, ai sensi dell'articolo 8 del Decreto
del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999 n.275”””). Ora
come ieri, i docenti debbono esplicare le cifre e le dimensioni della
loro professionalità attraverso un approccio di “individuazione”,“formulazione”,”enunciazone”
e “traduzione“ degli
“””obiettivi
specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni”””
dal
testo dei Programmi Scolastici e degli Orientamenti anzidetti;
ovviamente non ignorando il testo dei Nuovi
Curricoli (Indirizzi per l’attuazione del curricolo) ultimi
citati che,seppur “ritirati” dal Ministro in quanto testo
normativo giuridico e quindi non
entrati in vigore, si pongono pur sempre quale fonte di cultura
pedagogica da tesoreggiare (peraltro
quale fonte di cultura
pedagogica che rivela la fisionomia di una tra le più attuali
ricerche in materia di
razionalizzazione curricolare e di discorso didattico/pedagogico da
poter riferire agli istituti scolari della nostra stagione storica).
Alla
luce di quanto sopra premesso,ribadiamo dunque che,nel presente,l’autonomia
scolastica introdotta dalla L.n.59/97 viene regolamentata
fondamentalmente dal D.P.R.n.275 dell’8 marzo 1999 e dal correlato
integrativo D.P.R. n.234 del 26 giugno 2000; fermo restando che
continua a fondare la sua fisionomia,altresì,sui presupposti
ordinamentali sempre
vigenti del D.L.vo n.297/94 e
sulle affermazioni di principio dei Contratti di lavoro in atto
applicabili. 1:3:
Cerchiamo,ora,di prospettare in modo organico i lineamenti di
politica scolastica e di pedagogia istituzionale (che crediamo abbiano
a risultare,comunque sia,presupposto generativo e funzionale per la
scuola dell’infanzia e la scuola elementare di oggi e del prossimo
futuro) così come è possibile ricavarli
dal “””Programma quinquennale di attuazione della Riforma
dei cicli””” approvato
dalla Camera e dal Senato
nel dicembre duemila.
Questi lineamenti si pongono quali proposizioni prospettiche
di un “programma” non
esecutivo ed
in atto “deprivato” di effetti giuridici; ma che
crediamo possano validamente porsi anche nel presente quale
significativa fonte di progettualità normativa e di cultura
pedagogica grazie a cui ipotizzare
gli scenari di riforma della scuola che andranno a connotare,nel
prossimo futuro,la fisionomia della scuola dell’infanzia e della
scuola elementare di domani.
Procediamo nella disamina attraverso i seguenti punti di
analisi descrittiva: I
- Le finalità, le ragioni, le condizioni e i soggetti
dell’ istituzione scolastica che si proiettano nella prospettiva
pedagogica della nuova scuola dell’autonomia prefigurata dalla
riforma dei cicli: Le
finalità:
ogni scuola considera preliminarmente,a presupposto delle sue
attività didattiche ed educative,che
“””la Costituzione stabilisce che la Repubblica è tenuta
a garantire “il pieno sviluppo della persona umana” e a “rimuovere
gli ostacoli” che impediscano la partecipazione alla vita del Paese;
che tutti i cittadini hanno “pari dignità sociale” e che “la
scuola è aperta a tutti”. La
scuola deve considerare che l’attuale
momento storico richiede soluzioni capaci di coinvolgere le nuove
generazioni in scelte personali e collettive che filtrino la
complessità della domanda sociale e rispondano ai bisogni reali.
Aiutare le giovani e i giovani a collocarsi in un mondo in rapida
trasformazione, rendendoli consapevoli dei processi oggettivi e
soggettivi già avvenuti e fornendoli degli strumenti per governare
quelli aperti: sarà questo il compito della nuova scuola. È un
compito che richiederà, almeno all’inizio di ogni ciclo e di ogni
anno, e, naturalmente, in corso d’opera, l’accurata e approfondita
conoscenza di ciò che ogni singolo alunno e ogni singola alunna sa, e
ha appreso, nonché l’attenzione ai suoi ritmi peculiari, delle sue
inclinazioni, perché sia possibile ai docenti costruire e seguire le
metodologie più adatte alla crescita
umana e intellettuale di ciascuna persona che studia. Fra i generali
processi sociali che più incidono sulla esperienza esistenziale, sui
comportamenti e sulle scelte di vita, sulla qualità dell’etica
civile, c’è una nuova consapevolezza dei ruoli sessuali e delle
identità di genere. In questo contesto e con queste finalità la
riforma del sistema di istruzione e di formazione, venendo a misurarsi
con inediti problemi educativi, contribuisce a realizzare i diritti
fondamentali della persona. L’offerta
di formazione va coordinata alle nuove esigenze del mondo
contemporaneo e, anche in funzione di queste, occorre garantire che i
risultati raggiunti non si disperdano una volta conclusi i vari
percorsi di apprendimento. Si tratta, cioè, di rinnovare l’identità
delle istituzioni scolastiche, le quali - nel contesto della
moltiplicazione tendenziale delle occasioni e delle opportunità
formative - sono tanto più chiamate ad affermare la specificità del
proprio ruolo sul piano della sistemazione critica dei saperi e della
qualità dell’insegnamento. Il
corpus delle
conoscenze, infatti, cresce e si modifica con ritmo incalzante, mentre
i fenomeni sociali ed economici sono caratterizzati da una
variabilità sino a oggi sconosciuta. Inoltre, lo straordinario
sviluppo tecnologico segna ormai le condizioni della vita nei suoi
molteplici aspetti individuali e collettivi. Al
tempo medesimo il rinsaldarsi e l’intensificarsi dei nostri legami
con le nazioni dell’Unione Europea rendono sempre più necessario
assicurare agli studenti e alle studentesse della scuola italiana la
possibilità di sostenere adeguatamente il confronto internazionale.
Nella società del Duemila i beni avranno sempre di più i caratteri
della cultura e dell’informazione e proprio tali beni costituiranno
un momento rilevante della complessiva attività civile di ogni paese.
Se la prospettiva è questa, la formazione dei giovani diventa allora
un obiettivo imprescindibile, che non ha più solo un connotato
intellettuale, etico e sociale, ma ha anche un’evidente valenza
nazionale con forti riflessi sul terreno politico ed economico. Ai
fini di una piena democrazia e di una pacifica articolazione delle
relazioni tra i popoli non è quindi indifferente che cultura e
capacità di controllo critico dell’informazione siano, come
avveniva in passato, il privilegio di poche élites
tecnocratiche ovvero siano la dote della grande maggioranza dei
cittadini. Certamente una società europea, in cui cultura e
informazione siano patrimonio comune, non potrà prescindere dall’antica
eredità di tante e illustri peculiarità nazionali. L’identità
dell’Europa potrà trovare il suo compimento proprio attraverso la
felice contaminazione non solo di consuetudini, di costumi e di
tradizioni, ma anche di un patrimonio artistico e letterario,
scientifico e tecnico, etico e giuridico, che, specialmente in Italia,
affonda le sue radici nel mondo della classicità e nella secolare
stratificazione, evidente nell’ambiente stesso, di peculiari
esperienze storiche delle popolazioni. Sarà proprio questa dialettica
a costituire la caratteristica di un’entità sovranazionale dotata
di un privilegio del tutto singolare: quello, appunto, di potersi oggi
affacciare in modo inedito sulla scena mondiale, ma recando con sé lo
straordinario portato di una storia ricchissima e articolata di popoli
tra loro così differenti eppure così vicini. Si
tratta di un’eredità che la scuola è chiamata a trasmettere e a
cui la scuola non può non dar voce, specie se, come è comune
convinzione ed è già pratica corrente, le scuole si aprono
conoscitivamente al loro ambiente circostante, così ricco in Italia,
come si è detto, di sedimentazioni della storia e delle tradizioni.
Proprio grazie a tale eredità la scuola di domani potrà continuare a
essere il luogo elettivo in cui la prassi del confronto spassionato e
la libera apertura verso la diversità dovranno essere in grado di
fondersi sia con un senso forte della memoria, sia con il coerente
impegno verso la ricerca e la diffusione di grandi valori condivisi,
sia infine con gli obiettivi di una formazione umanamente ricca,
ancorata alla storia peculiare di un paese come il nostro. Una
formazione, cioè, disinteressata nella sua fondamentale struttura
cognitiva, ma non per questo avulsa da quelli che sono il destino e l’aspirazione
di ogni giovane: maturare criticamente la propria giovinezza per
inserirsi poi a pieno titolo nel mondo degli adulti, nella multiforme
realtà delle professioni e dei lavori. Solo così, del resto, è
immaginabile un rapporto tra la scuola e la società che non sia né
strumentalmente conformistico, né ideologicamente impositivo, ma
realmente fruttuoso per entrambe. Le
ragioni: Se
comune appare a livello internazionale l’urgenza dell’adeguamento
dei sistemi formativi, ciascun paese e quindi anche la
scuola tuttavia non possono non muovere nel proprio sforzo di
innovazione dalla peculiarità della propria storia e quindi anche
dalla specificità della propria organizzazione scolastica. Il
sistema formativo italiano, proprio quando negli anni ‘60 ha
cominciato a mettere concretamente in discussione la sua tradizionale
vocazione elitaria, ha finito per smarrire quella che pure era la sua
sostanziale coerenza. Ha finito, cioè, per diventare un impianto
caratterizzato da una evidente discontinuità, sicché oggi le scuole
materna, elementare, media e superiore non sono collegate tra di loro;
gli indirizzi della scuola superiore rimangono profondamente
divaricati; il sistema dell’istruzione nel suo complesso non si
raccorda compiutamente all’università, alla formazione
professionale e al mondo del lavoro. Tale
situazione si è in un certo senso accentuata anche a seguito degli
interventi parziali e non coordinati con i quali, nell’ultimo mezzo
secolo, si è cercato di adeguare la scuola ai valori e alle istanze
della Costituzione repubblicana e ai processi di trasformazione della
società italiana. Tutto ciò non significa evidentemente negare il
fatto che, proprio grazie alla scuola, l’Italia abbia potuto negli
ultimi decenni correggere via via la sua eredità storica di bassa
scolarità, né misconoscere il valore di alcune riforme e gli esiti
anche positivi da esse determinate in questo o quel segmento
formativo. E
tuttavia è altrettanto difficile non riconoscere - come ad esempio
segnala il rapporto OCSE
1998 - che il quadro complessivo del nostro sistema resta ancora
segnato “da un accumulo straordinario di questioni e problemi
rimasti senza risposta”. La discontinuità tra le diverse parti del
sistema di istruzione e la parzialità degli interventi di riforma si
sono infatti combinate con la difficoltà nell’affrontare i nodi
dell’insuccesso scolastico e della dispersione, con i ritardi sul
terreno dell’obbligo formativo, con le carenze delle strutture, con
le modalità del reclutamento, della formazione e della condizione
professionale dei docenti. Inoltre,
le rigidità di un modello centralizzato e autoreferenziale di
gestione della scuola, caratterizzato più da funzioni di
regolamentazione che da funzioni di indirizzo e di valutazione, a loro
volta non hanno contribuito a innalzare la qualità dell’insegnamento
e dell’apprendimento. Tutto
ciò ha concorso non poco a determinare carenze nei livelli formativi
delle giovani generazioni, specie al termine delle scuole superiori,
sia rispetto alla crescita complessiva dell’Italia, sia rispetto
alla sua collocazione nel contesto europeo e mondiale. È una
debolezza al tempo stesso quantitativa e qualitativa: essa si misura
non solo nei tassi tuttora inaccettabili - rispetto ai paesi europei
ed extraeuropei - di ripetenze e di abbandoni, ma si rivela anche nel
tipo di istruzione che la scuola è riuscita a dare negli ultimi
decenni. Di là dei titoli di studio conseguiti, questa istruzione si
va rivelando via via sempre meno adeguata: quote significative della
popolazione adulta, pur scolarizzata, tendono a essere sospinte ai
margini della fruizione culturale indispensabile per vivere e lavorare
in una società complessa. Ogni
strategia di funzionamento di una data istituzione scolastica è
consapevole del fatto che rispondere a problemi di tale natura implica
avviare un’impegnativa azione di riordinamento del sistema di
istruzione e di formazione, a partire da un accertato e accertabile
innalzamento qualitativo del livello degli studi. È un compito tanto
più difficile e delicato perché oggi ci si trova a riformare scuola
e università in un contesto generale in cui, mentre non si dispone di
un modello riconosciuto di società, occorre affrontare anche le
emergenze legate ai processi di crescente immigrazione, di nuove
marginalità e, conseguentemente, alla necessità di nuova
alfabetizzazione. E tuttavia è questo il compito irrinunciabile che
costituisce la motivazione profonda dei processi di riforma sia del
sistema scolastico nazionale che,conseguentemente,di ogni istituzione
scolastica. Le
condizioni: La
scuola intende appunto ricomporre unitariamente tutte le esigenze di
ordine educativo e sociale che postulano una formazione in grado di
realizzare pienamente la persona umana e di preparare con un più alto
spessore culturale e critico il futuro cittadino e il futuro
lavoratore: un nesso inscindibile secondo i Principi Fondamentali
della Costituzione. Per soddisfare tali esigenze occorre però
rispettare alcune condizioni fondamentali: -riconoscere
valore e dignità alle diverse tradizioni di cultura - si pensi solo
alle grandi eredità della classicità e del cristianesimo - che si
intrecciano e compongono il tessuto peculiare della nazione italiana.
Ma si pensi anche alla eccezionale presenza del patrimonio artistico e
archeologico (due terzi del patrimonio mondiale) e alla altrettanto
straordinaria e variegata presenza di beni culturali immateriali, dai
dialetti ancora in uso alle lingue di minoranza, al patrimonio
folklorico, etnomusicologico e religioso; -affermare
a ogni livello della scuola la centralità delle persone che
apprendono e riconoscere e tenere quindi in conto, in ogni momento
della vita scolastica, come le persone siano diverse per genere, età,
ritmi e modalità di sviluppo, classi sociali, religioni, culture,
paesi d’origine ed esperienze di vita. L’apprendimento è un
processo dinamico e relazionale in cui - anche per consentire il
ritrovamento di un significato personale nel comune progetto educativo
- va favorita la partecipazione consapevole alle varie esperienze
formative e l’atteggiamento di ricerca attiva nella acquisizione
della conoscenza; -sostenere
la rinnovata professionalità dei docenti quali professionisti
promotori delle dinamiche di apprendimento e valutatori dei loro
esiti. In questo quadro, è importante che i docenti, a tutti i
livelli di scolarità, aiutino gli alunni e le alunne a farsi
consapevoli del significato vitale, decisivo per il loro esistere, di
ciò che imparano; -garantire
un nuovo rapporto con il mondo del lavoro sia attraverso raccordi al
tempo stesso istituzionali e flessibili tra sistema dell’istruzione
e canali della formazione e dell’apprendistato, sia attraverso il
riconoscimento - all’interno di tutti i curricoli - delle dimensioni
della operatività e della cultura del lavoro;
ciò,ovviamente,attraverso spessori e strategie dimensionali d’intervento
e di funzione docente che si pongano peculiari della scuola di base e
che,quindi,si configurino sul piano dei prerequisiti alle funzioni di
orientamento da indirizzare in modo compiuto nella scuola dell’adolescenza. -potenziare
la capacità di autonoma gestione di
ogni scuola (così come per ogni altra scuola)
nel concorrere alla realizzazione delle finalità del sistema
educativo pubblico (statale e paritario) di istruzione e formazione,
anche in rapporto al costituirsi dei centri territoriali di educazione
degli adulti. I
soggetti: I
soggetti istituzionali chiamati in causa per realizzare la nuova
scuola di base riformata dell’autonomia sono in primo luogo i
docenti, i dirigenti scolastici, gli studenti e i genitori. Una
istituzione scolastica autenticamente pedagogica ed efficace non può
non riconoscere la diversità dei loro rispettivi ruoli e, nello
stesso tempo, la loro complementarità. La
scuola italiana ha ormai trovato, al di là delle differenze ideali e
culturali, un comune denominatore nella affermazione dell’importanza
dell’apprendimento e dunque della centralità degli alunni e delle
alunne. Lo
“Statuto delle studentesse e degli studenti” (D.P.R. del 26.
6.1998, n. 249) è stato un passo significativo nella direzione del
riconoscimento di tale centralità.
Ogni va oggi ribadita con forza. Proprio essa, anzitutto, esige
una rinnovata qualità dell’insegnamento e, dunque, un ruolo
peculiare dei docenti e dei dirigenti scolastici, per i quali vanno
previsti il potenziamento della formazione e la corrispondente
valorizzazione sociale ed economica. L’art.
1 della Legge di Riordino dei cicli introduce altresì, nel definire i
rapporti tra la scuola e i genitori, il termine pregnante di
"cooperazione", legandone il concreto dispiegamento alle
nuove opportunità offerte dal decollo dell’autonomia delle
istituzioni scolastiche. In questo quadro va ulteriormente rafforzata
la funzione delle famiglie e delle loro forme associative. Un
ruolo altrettanto importante è quello che tocca alle autonomie
locali. A
legislazione vigente, esse risultano sempre di più coinvolte nell’assolvimento
di funzioni decisive per la vita delle istituzioni scolastiche.
Proprio per questo sarà
necessario favorire lo sviluppo di un equilibrato rapporto tra
autonomia delle singole istituzioni scolastiche, poteri di indirizzo e
di controllo dell’amministrazione centrale e competenze attribuite a
regioni e enti locali. In sostanza, l’attuazione della riforma di
ogni scuola,dovrà garantire il carattere unitario del sistema
di istruzione e valorizzare insieme il pluralismo culturale e
territoriale. Da
una parte, ciò farà naturalmente crescere la consapevolezza che
ogni istituzione scolastica, nella sua specifica autonomia
funzionale, è chiamata a rispondere prioritariamente alle esigenze
formative di quanti vivono nel territorio. Dall’altra, gli enti
locali saranno sollecitati ad andare oltre il ruolo tradizionale di
meri erogatori di beni per assumere quello di una cura delle scuole
che favorisca la crescente qualità del loro servizio. II
– La
scuola nella prospettiva del riordino dei cicli e nel quadro
complessivo delle riforme approvate: L’iniziativa
riformatrice dei governi della precedente
legislatura ha delineato, con l’autonomia, un modello teso a
ridurre le cause strutturali dell’insuccesso scolastico e aperto all’innovazione
didattica e organizzativa. Tale modello si dispiegherà pienamente
nella misura in cui si giungerà a mettere a punto un sistema
integrato tra istruzione, formazione e lavoro in grado di ridefinire
la funzione stessa della scuola di fronte alle nuove esigenze dello
sviluppo. In
questo senso la legge 30/2000,anche se in attesa di essere integrata e
corretta (a seguito delle ultime determinazioni ministeriali di
politica scolastica di questo luglio 2001), ha rappresentato l’ultimo
tassello in ordine di tempo di una complessiva politica riformatrice.
Essa si è collegata alle politiche di bilancio, alla riforma della
P.A., alle innovazioni introdotte nell’ordinamento istituzionale,
alle politiche sociali e del territorio. L’impulso
del Governo e l’iniziativa riformatrice delle Camere hanno fatto sì
che oggi ci si trovi in presenza di un organico complesso di norme: l’autonomia,
il nuovo esame di Stato, l’elevamento dell’obbligo scolastico, l’obbligo
formativo, la parità, l’istruzione e la formazione tecnica
superiore e infine il riordino dei cicli. Nel corso della presente
legislatura tale corpus
potrà e dovrà essere riordinato fino a giungere all’ormai
imprescindibile modifica delle disposizioni contenute nel Testo Unico
del 1994. Non
può sfuggire la connessione fra i diversi aspetti dell’iniziativa
di riforma. L’intervento si è indirizzato a garantire ed estendere
il diritto all’istruzione e, contemporaneamente, a creare le
condizioni perché esso sia finalizzato al successo negli studi. L’incremento
graduale ma consistente, anche in questi ultimi anni, del numero dei
giovani diplomati in rapporto alle corrispondenti leve anagrafiche è
un risultato certamente soddisfacente e significativo,anche se
limitato in raffronto a certe medie più elevate di molti
stati europei.
Accanto a ciò, con il riconoscimento, anche in questo caso
graduale, dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, si è voluto
dare alle scuole, e alla loro capacità di definire un rapporto
positivo con il territorio, gli strumenti istituzionali e la giusta
sollecitazione culturale e politica per costruire percorsi autonomi,
di valore formativo adeguato, incentrati sulle esigenze degli alunni e
delle alunne e quanto più possibile legati anche alle esigenze del
territorio. Si è voluto in tal modo attuare un concreto principio di
sussidiarietà. Lo stretto rapporto che si stabilisce tra le scuole
autonome e le altre autonomie previste dal nostro ordinamento è
difatti finalizzato a garantire nel territorio - in un rapporto di
mutua sussidiarietà e nel contesto di un diffuso pluralismo culturale
- l’effettivo diritto all’istruzione e alla formazione. Oltre
ai grandi obiettivi che si sono realizzati nelle leggi che hanno
elevato l’obbligo scolastico, istituito l’obbligo formativo,
riordinati i cicli di istruzione, riformato l’esame di stato e
introdotta l’autonomia delle scuole, la passata legislatura ha dato
vita con la legge 62/2000 a un unico sistema nazionale di istruzione
comprensivo di scuole statali e paritarie che, definendo criteri e
indirizzi a cui tutte le istituzioni scolastiche devono uniformarsi,
assicura quell’equipollenza di trattamento per tutti gli alunni
prevista dal 4° comma dell’art. 33 della Costituzione. Tali
riforme hanno rappresentato un intervento specifico nell’ambito
delle politiche dell’istruzione, ma si è posta, contemporaneamente,
l’esigenza di una integrazione con le politiche della formazione e
del lavoro. Questa
esigenza, che si è concretizzata soprattutto nella legge 144/99,
deriva dall’analisi dei fattori di cambiamento che si sono venuti a
determinare nella realtà mondiale ed europea in particolare. Nell’organizzazione
della produzione e del lavoro si sono determinate trasformazioni che
hanno fatto sì che il fattore umano sia venuto ad assumere
progressivamente un ruolo ed un peso sempre più importanti nel
meccanismo produttivo. Ciò comporta l’esigenza di una maggiore
formazione complessiva anche a scapito della specifica formazione
tecnica e tecnologica che può essere sempre perfezionata in seguito. Serve
più cultura intesa in senso generale, serve una padronanza più alta
dell’insieme dei processi. La conoscenza rappresenta, oggi, la
risorsa fondamentale per lo sviluppo civile, democratico ed economico
ed è, nel contempo, la principale garanzia e il principale strumento
per ottenere e riconquistare il lavoro
(oltre a rappresentare sempre il presupposto fondante per la
formazione al pensiero critico ed alla ragione etica indirizzati alla
ricerca dei valori,delle culturi
e delle cittadinanze il più possibile
condivisi -universalizzanti
“erga omnes”). Il
compito di oggi della scuola
è quello di misurarsi in positivo sulle scelte strategiche che
possano favorire sia l’innovazione di sistema, sia la
predisposizione di reali opportunità e risorse educative per gli
alunni. Lo
strumento principale, individuato per realizzare un tale raccordo, è
stato l’integrazione fra istruzione, formazione e lavoro che,
appunto, si trova al centro di tutti gli accordi stipulati tra Governo
e parti sociali in questi anni. Tale integrazione trova anche una
sanzione formale nell’art. 88 del D.Lvo. 300/99 che disciplina la
riforma dei Ministeri. Lo
stretto rapporto fra le diverse istituzioni eleva la qualità globale
del territorio ed è quindi, non a caso, uno dei punti di maggior
rilievo della riforma. Attuarla presuppone allora l’esigenza di
individuare preliminarmente le coerenti azioni di progettazione
strategica e il contesto cui ciascuna di esse deve essere riferita. Questo
comporta il passaggio da una concezione della funzionalità che
riflette il punto di vista del centro a una visione in cui emergano
come prioritari i bisogni dei singoli sistemi territoriali. L’obiettivo
è in ultima analisi quello di realizzare un modello nel quale le
offerte educative e le attività pedagogiche (e,dunque,le politiche
scolastiche e le attività socio/formative di società civile e
politica) si integrino in
modo strutturato e complementare per evitare di disperdere e sprecare
le competenze, le capacità e le conoscenze accumulate nel corpo
sociale. III
- criteri generali per la
riorganizzazione dei curricoli della scuola dell’infanzia e della
scuola elementare,nella prospettiva delle esigenze e connotazioni
della futura nuova scuola di base prevista dalla riforma dei cicli : I
riferimenti normativi: Ogni
scuola,nella definizioni delle diverse programmazioni e progettazioni
d’istituto,viene a riferirsi al principio pedagogico/teleologico
riportato all’art. 1 della L.30/2000,laddove viene affermato
che “Il
sistema educativo di istruzione e di formazione è finalizzato alla
crescita e alla valorizzazione della persona umana, nel rispetto dei
ritmi dell’età evolutiva, delle differenze e delle identità di
ciascuno, nel quadro della cooperazione tra scuola e genitori”. Questa
indicazione implica una rinnovata attenzione alla centralità delle
persone che apprendono e si colloca all’interno di una precisa
finalità indicata nel periodo successivo: “La Repubblica assicura a
tutti pari opportunità di raggiungere elevati livelli culturali e di
sviluppare le conoscenze, le capacità e le competenze, generali e di
settore, coerenti con le attitudini e le scelte personali”.
I
contenuti della legge e il richiamo esplicito al regolamento dell’autonomia
consentono di individuare importanti criteri per definire i curricoli
delle diverse progettazioni e le conseguenti programmazioni
didattico/organizzative,didattico/gestionali,didattico/educative e di
aggiornamento/formazione. Gli
interventi mirati allo sviluppo della persona umana, per essere
finalizzati al successo formativo e al miglioramento della qualità
della funzione docente (dunque,del contestuale sistema di istruzione),
devono essere “adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle
famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti” e
devono essere coerenti “con le finalità e gli obiettivi generali
del sistema di istruzione” (cfr. art. 1, comma 2 del Regolamento
sull’autonomia). Dalle
indicazioni richiamate e dai contributi della più recente normativa
giuridica e della odierna ricerca pedagogica sulla didattica della
scuola, emerge la necessità di
un curricolo definito in modo diverso da quanto finora avvenuto. Esso
non è più un dato a priori a cui ciascun docente ed ogni realtà
scolastica di plesso sono tenuti ad uniformarsi, ma il risultato della
capacità progettuale diversificata/differenziata e
complessa/articolata di tutto il contesto di funzione docente di ogni
istituzione scolastica; e,per ciò stesso,sintesi unitaria di esigenze
diverse. In
questo senso,i curricoli d’insegnamento/apprendimento definiti e
realizzati nelle istituzioni delle scuole elementare e materna debbono
(in coerenza con l’ art. 8, commi 3 e 4 del Regolamento dell’autonomia): -garantire
il carattere unitario del sistema di istruzione nazionale
e valorizzare il pluralismo culturale e territoriale; -tenere
conto dei bisogni formativi degli alunni, concretamente rilevati,
delle esigenze e delle attese dalle famiglie; -tenere
conto delle domande e delle attese espresse dagli enti locali, dai
contesti sociali, culturali ed economici del territorio. I
caratteri essenziali ed i criteri generativi dei curricoli: Il
passaggio da un sistema di istruzione centralistico alla scuola dell’autonomia,
l’articolazione dei percorsi di apprendimento all’interno di cicli
più lunghi e unitari, nonché le finalità generali più volte
richiamate, richiedono che si individuino e si cerchino di indirizzare
alle progettualità ed alle programmazioni
didattico/educative e gestionali/organizzative di ogni istituzione
scolastica , già nella scuola dell’infanzia e nella scuola
primaria, dei criteri generali di riorganizzazione dei curricoli
coerenti con tali prospettive finalistiche. Ogni
istituzione scolastica deve tener
conto del fatto che già nel documento del marzo 1998,
elaborato dalla Commissione dei cosiddetti saggi, si sottolinea come
la scuola non possa più “inseguire l’accumulazione delle
conoscenze” e come occorra “predisporsi a un diverso modo di
articolare i programmi che parta da argomenti essenziali intorno ai
quali costruire i curricoli”. In
continuità con queste affermazioni cercheremo,dunque,di individuare e
formulare tali
fondamentali criteri per la riorganizzazione dei curricoli dei
progetti e delle programmazioni di scuola elementare e materna. Tra
questi criteri vanno innanzitutto rinvenuti
l’essenzialità, la storicità e la problematicità dei
diversi contenuti esperenziali,di campo cognitivo,di ambito
disciplinare e di specifica materia da introdurre nella enunciazione e
nella processualità curricolare delle unità d’insegnamento/apprendimento. Ciò
comporta una forte attenzione alla prospettiva critica e alla
dimensione problematica dei percorsi della ricerca che hanno portato
alla sistemazione attuale delle conoscenze. In
questo senso,i criteri di costruzione dei curricoli devono fare
riferimento a quelle finalità del sistema che, a partire dall’attenzione
alla crescita e alla valorizzazione della persona umana, si propongono
di formare menti aperte e critiche, in grado di leggere e interpretare
la realtà, di comprenderne i cambiamenti, di orientarsi in essa
secondo ragione. Dovranno essere allora criteri congrui con le
finalità generali del sistema, significativi nelle scelte di
contenuto, eticamente connotati dalla esigenza di intrecciare sapere e
valori condivisi. Questi
primi criteri richiamano quelli della
progressività e della gradualità del curricolo,
indispensabili per evitare il ripetersi e il sovrapporsi, senza
organico collegamento, degli stessi contenuti a scapito della
motivazione all’apprendimento e quindi dello stesso esito formativo.
La
progressività e la gradualità del curricolo possono, invece,
assicurare l’unitarietà della formazione dai tre ai diciotto anni,
pur nelle distinzioni richieste dai ritmi dell’età evolutiva, delle
differenze e delle identità di ogni alunno,rafforzando peraltro la
valenza orientativa dell’apprendimento.
Questa
va infatti intesa come consolidamento della capacità di ogni soggetto
di sviluppare il senso di sé e, per questa via, una propria autonoma
capacità di scelta. L’attenzione al soggetto, con i suoi tempi
personali e differenziati di apprendimento, con le sue diversità di
storia, identità e cultura, suggerisce inoltre di costruire curricoli
flessibili, che possano essere ampliati o articolati, ma anche rivisti
e modificati nel tempo. I
curricoli così organizzati mirano a raggiungere, durante e a
conclusione di ogni ciclo e di ogni grado scolastico, la durevole
acquisizione di competenze intese
quali capacità di
padroneggiare e di
utilizzare le conoscenze in un contesto dato. Sarà
perciò necessario che i curricoli di ogni istituzione
scolastica,abbiano una organicità di impianto, vale a dire una
corrispondenza tra obiettivi generali, obiettivi specifici, discipline
e attività d’insegnamento/apprendimento,e
che siano effettivamente perseguibili e realizzabili da parte
di docenti e discenti (ancorché,ovviamente,
comprensibili anche per utenza ed ogni altro soggetto storico che
partecipa o si relaziona con i diversi settori istituzionali della
vita scolastica). La
definizione dei curricoli andrà, poi, opportunamente sostenuta da un’attenta
riflessione sulla mappa dei saperi contemporanei, sugli statuti
epistemologici e formativi delle discipline, sull’importanza della
dimensione operativa delle stesse. Indicazioni fondamentali e
strutturali si rinvengono,in questo senso,nei Programmi
scolastici del 79 e dell’85; e negli Orientamenti del 91.
Come si è visto,la legge 30/2000 colloca comunque la scuola di
base come snodo all’interno del sistema,a prescindere che la stessa
legge (dopo l’attesa sua revisione/integrazione e correzione
governativa preannunciata dal Ministro Moratti in questo luglio 2001)
articoli la stessa scuola di base in distinte scuola elementare
e scuola media,ovvero se la configuri sul piano ordinamentale in
ragione di un’unica scuola di grado unitario.
Lo "stare in mezzo" di un "ciclo lungo" tra
la scuola dell’infanzia e quella secondaria diviene una scelta
strategica che trova le sue linee orientanti nell’idea guida di un
curricolo progressivo e da formulare sempre all’insegna della
continuità di tutti gli itinerari d’insegnamento/apprendimento e di
organizzazione strategica delle pianificazioni didattiche della
funzione docente (comunque
sia,nell’idea guida di un curricolo non più conclusivo dell’obbligo
scolastico).
Tale curricolo si caratterizza per la padronanza di competenze
di base che si aprono a un successivo sviluppo.
In tale contesto occorre allora costruire comunque una virtuosa
continuità con la memoria e il patrimonio delle due attuali scuole -
elementare e media - per ridefinire una nuova identità. L’unitarietà
e la continuità della scuola elementare con la scuola media
(che,comunque,si pongono in quanto scuole correlate da un rapporto di
nesso/distinzione e che rinvengono nel concetto di scuola di base il
comune denominatore delle loro cifre istituzionali e
pedagogico/didattiche) deve porsi quale fondamentale criterio dell’articolazione
dei curricoli di studio e delle aggregazioni dinamiche/sistemiche tra
ambiti e discipline. Il passaggio dagli ambiti più generali del
sapere e dell’esperienza alle discipline più formalizzate e
definite è un passaggio necessario e
-proprio perché sia recepito da ciascuno in modo significativo
e valoriale- non può essere lineare o meccanico. Tale passaggio si
costruisce infatti non per accumulo successivo quanto piuttosto per
successive specificazioni e si declina all’interno di una unità
della cultura capace di favorire l’integrale formazione della
persona.
Nell’intero curricolo della scuola elementare (in
quanto,comunque sia,grado scolastico in rapporto sistemico con la
scuola media) vengono a intrecciarsi l’esperienza personale dei
discenti con l’utilizzazione graduale dei saperi formalizzati: le
discipline scolastiche divengono allora per gli alunni e le alunne
strumenti conoscitivi con cui interpretare, in modo ricco di senso, i
vari campi del reale. La continuità con la scuola dell’infanzia, in
termini curricolari, si esprime nel proseguire una riflessione che
muove da un legame forte con le esperienze, passando via via a forme
più pronunciate di astrazione; la continuità con la scuola
secondaria si realizza mediante la ulteriore formalizzazione dei
saperi in campi disciplinari saldandosi con il completamento dell’obbligo
scolastico collocato nel ciclo secondario.
Articolazione di scuola elementare e media in rapporto di
nesso/distinzione e,comunque sia, di pervasivo raccordo
didattico/pedagogico ed gestionale/organizzativo di continuità
istituzionale,quindi, non può significare frammentazione, ma
piuttosto individuazione di snodi, né unitarietà può essere
tradotta in appiattita uniformità.
Gli approcci didattico/educativi e didattico/organizzativi
della continuità,oggi, della scuola elementare
con la scuola media,debbono anche esplorare tutte le ipotesi
che assicurino e garantiscano queste prerogative di fondo. La
valutazione: Nella
scuola elementare inquadrata già nell’ottica strategica e
pedagogica della scuola di base, la valutazione acquista una rilevanza
particolare, anche considerando che la legge di riordino dei cicli
n.30/2000 prevede,per il futuro, a conclusione del ciclo un esame di
Stato con esplicita valenza orientativa per l’ingresso nella scuola
secondaria. Una
chiara definizione dei profili di uscita, costruiti secondo la logica
di progressività di scuola elementare e scuola media, diviene allora
la condizione di una corretta prassi valutativa. Le
comparazioni internazionali: L’elemento
innovativo di fondo determinato dalle strategie riformatrici in corso
(destinato a cambiare profondamente il concetto di sistema educativo e
di scuola) consiste nel
fatto che la necessità di formazione per tutto l’arco della vita
riformula e riprospetta anche più funzionali termini del rapporto tra
istruzione e formazione extrascolastica,parascolastica e
postscolastica. Nell’ottica
della educazione permanente e ricorrente, i curricoli della scuola
elementare e materna, pur tenendo conto della specificità delle fasi
del processo evolutivo, dovranno mirare alla permanenza, nella persona
dell’educando, di alcuni repertori di competenze necessari per ogni
successivo apprendimento. Perciò,
si dovrà rivolgere particolare attenzione nel costruire i curricoli
alle competenze essenziali di base per una cittadinanza consapevole. Tra
queste spiccano certamente quelle linguistiche e matematiche. Il
controllo degli strumenti linguistici, della lingua nazionale e degli
strumenti matematici è la chiave d’accesso a ogni sapere posseduto
in modo sistematico e critico. In
questo senso, i modelli internazionali forniscono indicazioni
importanti, anche se tali indicazioni devono essere naturalmente
interpretate ed accolte valorizzando la tradizione culturale italiana. La
valorizzazione dello studio delle lingue e l’impiego delle
tecnologie didattiche:
Deve rinvenirsi negli obiettivi a lungo termine di politica
scolastica e nelle prospettive pedagogiche essenziali di ogni
istituzione scolastica,il voler formare alunni che,in quanto
cittadini della società del futuro,siano in grado di acquisire sempre
più il possesso di competenze linguistiche e informatiche che
consentano di estendere e ampliare le conoscenze già in possesso di
ciascuno. La
legge di riordino dei cicli e la nuova prospettiva didattica della
scuola dell’autonomia, richiedono che ogni data istituzione
scolastica, nel costruire i suoi curricoli, ponga particolare
attenzione a questi ambiti, soprattutto in considerazione del fatto
che tali competenze costituiscono validi strumenti per migliorare l’apprendimento
in ogni campo del sapere.
In questo senso,si è ben consapevoli che occorre perciò porsi
in primo luogo anche il problema di costruire i curricoli di queste
discipline (le lingue, l’informatica).
Occorre purnondimeno evitare di dare alle stesse mero carattere
strumentale e quindi viene a necessitare
il mantenere sempre l’equilibrio
necessario tra valenza conoscitiva e dimensione operativa strumentale
degli impegni apprenditivi/formativi
e delle
conseguente competenze
acquisite. Nel
costruire i
curricoli delle progettazioni e delle programmazioni
didattiche, occorre
creare occasioni concrete e continue di rapporto significativo ed
umanisticamente funzionale tra l’apprendimento della lingua
straniera e dell’informatica e quello delle altre discipline. Le
tecnologie dell’informazione e della comunicazione e la capacità d’uso
di una lingua straniera
devono diventare strumenti essenziali per la maturazione di tutte le
competenze e per l’introduzione di nuovi modelli di apprendimento e
di organizzazione della didattica. La
dimensione temporale dei curricoli: L’articolo
8 del regolamento dell’autonomia prevede che il Ministro della
pubblica istruzione, rispettando precise procedure, definisca per i
diversi tipi e indirizzi di studio, oltre agli obiettivi generali del
processo formativo e agli obiettivi specifici di apprendimento
relativi alle competenze degli alunni, anche: §:le
discipline e le attività costituenti la quota nazionale dei curricoli
e il relativo monte ore annuale; §:l'orario
obbligatorio annuale complessivo dei curricoli comprensivo della quota
nazionale obbligatoria e della quota obbligatoria riservata alle
istituzioni scolastiche; §:i
limiti di flessibilità temporale per realizzare compensazioni tra
discipline e attività della quota nazionale del curricolo. Per
coerenza con le indicazioni della legge e del regolamento sull’autonomia,
nella quota obbligatoria di competenza delle scuole, si dovranno
considerare le esigenze del contesto culturale, sociale ed economico
della realtà locale; della programmazione territoriale dell’offerta
formativa; della domanda delle famiglie e delle caratteristiche
storico/personali dei soggetti coinvolti. In
particolare la personalizzazione dei percorsi formativi dovrà essere
razionalizzata proprio
sulla base delle esigenze degli alunni, dei loro interessi e dei loro
ritmi di apprendimento. Il
rispetto di questa istanza porta a dire che non necessariamente tutta
la quota di competenza delle scuole debba essere riservata a
discipline o attività tradizionalmente intese: una parte potrà
essere destinata ai percorsi individualizzati (di accoglienza, di
orientamento, di riorientamento, di recupero, di approfondimento, di
valorizzazione dei livelli di eccellenza) non sempre riconducibili ad
attività e insegnamenti disciplinari (cfr. art. 4 del regolamento
sull’autonomia). Per
quanto concerne invece "i limiti di flessibilità temporale per
realizzare compensazioni tra discipline e attività della quota
nazionale del curricolo" previsti dall’art. 8 del regolamento
dell’autonomia, sembra ovvio ritenere
che il ricorso a questa forma di flessibilità debba in ogni
caso rispettare la peculiare fisionomia della quota nazionale dei
diversi curricoli. 1:4:
NATURA
E FINALITA’ DELLA
SCUOLA MATERNA: CARATTERIZZAZIONI
PEDAGOGICO/ISTITUZIONALI,STRATEGICO/GESTIONALI,
DIDATTICO/ORGANIZZATIVE E DIDATTICO/EDUCATIVE
: I°
- Premessa :
La scuola materna di ogni istituzione ha finalità d’educazione,di
sviluppo della personalità e di preparazione alla scuola di base dell’obbligo
integrando l’opera della famiglia. I
principali fattori che configurano la scuola materna statale in quanto
istituzione,sono i seguenti: -alunni:
accolti dai tre ai sei anni; -sezioni:
dieci di cui quattro a turno normale e sei a turno ridotto; -orario
giornaliero di attività educative:-cinque ore giornaliere (da lunedì
a venerdì,escluso il sabato),per quanto riguarda le sezioni a turno
ridotto; e -otto ore
giornaliere (da lunedì al venerdì,escluso il sabato),per quanto
riguarda le sezioni a turno normale; -docenti; -organi
collegiali; -POF,progetti,programmi
(i vigenti Orientamenti 91) e programmazioni; -calendario
scolastico; -edilizia,arredi,sussidi
e materiale didattico; -servizi
assistenziali di supporto richiesto all’Ente Locale. L’autonomia
istituzionale comporta il libero esercizio della professionalità e
della progettualità,nell’ambito di una didattica condivisa e
razionalizzata,nonché l’esigenza di tenere conto anche dell’esperienza
dei bambini.
L’autonomia didattica,organizzativa ed educativa devono
risultare sinergici ed in continuità con gli altri segmenti del
sistema scolastico di base.
Ogni istituzione,partendo dalla consapevolezza che il bambino
è un soggetto di diritti tutelati dalla Costituzione e dai Documenti
Internazionali sui diritti dell’infanzia,deve ribadire lo spessore
sociale e pedagogico che la scuola materna assume nella società
odierna,individuando la funzione fondamentale di quest’ultima nel
suo porsi quale scuola di grado preparatorio e nel suo connotarsi come
istituzione che deve operare mantenendo una visione unitaria dell’alunno,dell’ambiente
che lo circonda e delle relazioni che lo qualificano.
Così,ogni attività didattico/progettuale e
didattico/educativa della scuola materna deve considerare
preliminarmente l’esperienza vissuta da ogni bambino,i
condizionamenti socio/culturali e familiari che ne derivano, e le
diverse caratteristiche psico/evolutive dell’infanzia scolarizzata.
Il progetto di scuola
materna delle sezioni si
costruisce attorno ai seguenti significativi aspetti strutturali:
-Le finalità educative assegnate alla scuola materna,che si
fondano sulla centralità del bambino che,così,viene rappresentato
nella sua diversità e come soggetto attivo,impegnato in una continua
interazione con la famiglia,i pari,gli adulti,l’ambiente,le diverse
fonti di cultura,i mass/media e le strumentazioni informatiche;
-le dimensioni e le fasi dello sviluppo psicofisico del
bambino; anche in relazione al vissuto ed alle diversità del bambino;
-il riferimento ai sistemi simbolico/culturali; che coinvolgono
il bambino in un continuum pervasivo di interazioni e di relazioni
umane,interpersonali e comunicazionali; e che si configurano quale
tessuto strutturale di ogni forma di educazione,acculturazione e
socializzazione dell’infanzia;
-le specifiche prospettive pedagogico/istituzionali e le
peculiari connotazioni didattico/metodologiche della funzione docente;
da pianificare,organizzare e gestire progettualmente e curricolarmente
in stretto raccordo di continuità con la scuola di base;
-il riferimento alla multiculturalità,che si pone quale
fondamento della convivenza democratica e della valorizzazione del
potenziale umano/educativo di ciascuno; del rispetto della dignità
della persona, e della valorizzazione,quindi, della diversità e delle
differenze individuali;
-la valorizzazione del gioco,attraverso il quale il bambino
vive,realizza ogni sua esperienza e svolge tutte le sue dimensioni
relazionali emotivo/affettive ed etico/intellettivo/cognitive;
-la valorizzazione dell’esplorazione e della
ricerca,attraverso cui il bambino può acquisire ogni
risorsa/opportunità per confrontare situazioni,porre
problemi,costruire ipotesi e,quindi,esercitare i diversi suoi approcci
intellettivo/cognitivi rivolti alle prime forme di concettualizzazione
e di rappresentazione simbolica di vissuti ed esperienze,di realtà d’ambiente
e di stati emotivo/affettivi,di sentimenti socio/etici e di percezione
motoria;
-la pedagogica osservazione e considerazione valutativa delle
diverse dimensioni e dei diversi aspetti costitutivi della
personalità del bambino;
-gli approcci progettuali e di programmazione che
connotano la razionalizzazione didattica delle diverse esperienze
educative e che si configurano in ragione di pianificazioni
curricolari delle sequenze formative d’insegnamento/apprendimento;
ciò,realizzandosi questo impianto didattico/strategico e progettuale/curricolare
attraverso la definizione sempre dinamica di “campi d’esperienza”
(campi d’esperienza che,evitando nozionismi e precocismi,si
configurano quali percorsi metodologici strutturati in modo tale da
consentire una programmazione didattico/educativa il più possibile
scientifica e,nello stesso tempo, correlata con i bisogni formativi e
con le condizioni dell’apprendimento del bambino);
-la necessità di poter contare su docenti la cui preparazione
culturale e la cui formazione professionale si pongano quale valido
presupposto di un profilo di competenze e padronanze di ruolo degli
stessi insegnanti congruo per le
aspettative di funzione docente della scuola materna d’oggi. II:
FINALITA’ FORMATIVE : La
scuola materna concorre,nell’ambito del sistema scolastico,a
promuovere la formazione integrale della personalità dei bambini dai
tre ai sei anni di età,nella prospettiva della formazione di soggetti
liberi,responsabili ed attivamente partecipi
alla vita della comunità locale,nazionale ed internazionale.
Essa persegue sia l’acquisizione di capacità e di competenze
di tipo comunicativo,espressivo,logico ed operativo,sia un’equilibrata
maturazione ed organizzazione delle componenti
cognitive,affettive,sociali e morali della personalità apportando con
questo il suo specifico contributo alla realizzazione dell’uguaglianza
delle opportunità educative.
La determinazione delle finalità della scuola dell’infanzia
deriva dalla visione del bambino come soggetto attivo,impegnato in un
processo di continua interazione con i pari,con gli adulti,l’ambiente
e la cultura.
In questo quadro,la scuola materna deve consentire ai bambini
ed alle bambine che la frequentano di raggiungere avvertibili
traguardi di sviluppo in ordine all’identità,all’autonomia ed
alla competenza. a)
Le finalità formative della scuola materna di ogni
istituzione,si fondano sui seguenti presupposti:
-§:I bambini è un soggetto portatore di diritti inviolabili
riconosciuti dalla Costituzione e dalle Dichiarazioni internazionali;
-§:Al modello di scuola materna come luogo di vita è
subentrato quello di scuola come agenzia di educazione pedagogica il
cui specifico è la progettazione e la realizzazione di processi d’insegnamento/apprendimento
e di formazione metaculturali e metanaturali,in ragione di una visione
unitaria del bambino ed in riferimento alla formazione integrale della
sua personalità;
-§:Profonde e complesse trasformazioni in rapide evoluzioni
dei contesti socio/culturali,politico/economici e
geografico/paesaggistiche; ciò,dunque,in riferimento ai seguenti
fenomeni:il diffondersi di una pluralità di modelli antropologici e
di comportamento;le nuove forme d’informazione;la proliferazione di
luoghi di produzione e di consumo;l’insicurezza sui valori educativi
ed umani;-il diffondersi dei linguaggi multimediali;-l’irruzione dei
mezzi telematici ed informatici;-l’espandersi di situazioni umane
scolastiche e sociali di multiculturalità e di gruppi etnici plurimi;-l’intolleranza
ed il razzismo. -§:La
scuola dell’infanzia deve favorire lo sviluppo armonico ed integrale
della personalità ed il riconoscimento di esigenze di ordine
materiale e non materiale in un intenso clima di affettività positiva
e di ludico atteggiamento relazionale. -§:la
scuola dell’infanzia deve favorire l’acquisizione di capacità e
di competenze di tipo comunicativo,espressivo,logico ed operativo;
nonché una integrale armonica maturazione ed organizzazione delle
componenti cognitivo/intellettive,emotivo/affettive,etico/sociali ed
empatico/relazionali, concorrendo in questo modo alla realizzazione
della uguaglianza delle opportunità educative.
b)La scuola dell’infanzia si prefigge di raggiungere le
seguenti finalità formative di fondo:-maturazione dell’identità;
-conquista dell’autonomia e –sviluppo delle competenze.
Le mete educative di queste finalità sono le seguenti: §:Per
la maturazione dell’identità: -Rafforzare
l’identità sotto il profilo corporeo,intellettuale e psicodinamico,facendo
acquisire atteggiamenti di sicurezza,stima di sé,fiducia nelle
proprie capacità,motivazione alla curiosità; -fare
riconoscere ed apprezzare l’identità connessa alla differenza dei
sessi; -fare
cogliere la propria identità culturale ed i valori specifici della
comunità di appartenenza non in forma etnocentrica,ma in vista della
comprensione di comunità e culture diverse dalla propria; §:Per
la conquista dell’autonomia: -Sviluppare
le capacità di orientarsi e di compiere scelte autonome; -fare
scoprire,interiorizzare e rispettare nella prassi di ogni
linguaggio/comportamento
i valori
universalmente condivisibili di persona e di bene comune;di libertà e
di rispetto di sé,degli altri e dell’ambiente;di solidarietà
e giustizia ;
di impegno ad agire per il bene comune; §:Per
lo sviluppo della competenza: -consolidare
le abilità sensoriali/motorie e le capacità
percettivo/rappresentative; le competenze cognitivo/intellettive e
linguistico/comportamentali; le padronanze emotivo/affettive e le
relazionalità socio/etiche conviviali gradualmente affrancate dall’egocentrismo
genetico; -avviare
alla riorganizzazione dell’esperienza in termini di rappresentazione
percettiva e di astrazione concettuale sia pur legate alla rigidità
dell’universo fenomenico e di ogni vissuto esperenziale;
-
avviare conseguentemente alla esplorazione ed alla ricostruzione della
realtà di tali vissuti esperenziali e del contestuale universo di
relazioni dirette ed indirette;vale a dire promuovere la
ristrutturazione delle valenze,delle variabili e degli elementi/dati
storico/fenomenologici dell’ambiente percettivo e rappresentativo; -stimolare
e sollecitare alla produzione ed interpretazione di messaggi e
testi,mediante l’utilizzazione di vari strumenti linguistici,di
codici di comunicazione,di alfabeti concettuali generativi dei diversi
sistemi simbolico/culturali; e,dunque,delle nozioni strutturali che
sottende ciascun campo d’esperienza; -valorizzare
l’intuizione,l’intelligenza cognitiva,socio/etica ed
estetico/espressiva; ed i diversi linguaggi di relazione
interpersonale verbale e di comunicazione grafico/pittorica/simbolica; -promuovere,conseguentemente,la
comprensione,la rielaborazione e la comunicazione di conoscenze
relative ad ogni specifico campo d’esperienza; -sollecitare
l’intuizione correlata all’intelligenza creativa del pensiero
divergente; e la capacità di procedere alle prime elementari forme di
pensiero logico/concreto per ipotesi,induzioni e deduzioni che avviino
alle genetiche connotazioni della reversibilità cognitiva e dell’invarianza
delle nozioni intellettive organizzatrici/strutturali.
III: Considerazione delle
diverse dimensioni dello sviluppo,degli apprendimenti formativi e
delle aree maturazionali della personalità del bambino:
La scuola materna di ogni istituzione deve progettare ogni
attività educativa ed ogni programmazione didattica in ragione delle
seguenti necessità pedagogico/educative richiamate dalle diverse
dimensioni di sviluppo di ciascun “diverso” bambino: -
Considerazione di ogni alunno in ragione della sua storia
personale e del complesso patrimonio di atteggiamenti,capacità ed
orientamenti che ha acquisito nell’ambiente familiare e
socio/culturale di provenienza; nonché sulla base del suo corredo
genetico; -
Considerazione che nel profilo psico/sociale e
storico/esistenziale di ogni alunno sussiste,comunque sia,un soggetto
attivo,curioso,interessato a conoscere ed a capire,capace di
interagire con gli altri e di servirsi della loro mediazione per
conoscere e modificare la realtà; -Considerazione
che lo sviluppo delle competenze e dei diversi aspetti maturazionali
della personalità di ogni bambino,viene a riguardare cambiamenti
considerevoli che interessano sia lo sviluppo
percettivo/motorio,comunicativo,logico e relazionale,sia le dinamiche
affettivo/emotive,sia la costruzione dei rapporti e l’acquisizione
delle norme sociali; -Considerazione
che lo sviluppo cognitivo,partendo da una base percettiva,motoria e
manipolativa,si articola progressivamente in direzioni sempre più
simbolico/concettuali; -Considerazione
che l’interazione affettiva rimane il principale contesto entro il
quale il bambino costruisce e sviluppa le sue relazioni sociali ed i
suoi schemi conoscitivi,servendosi della mediazione interpersonale per
strutturare i significati e per interpretare la realtà; -Considerazione
che la concettualizzazione si sviluppa a partire da una
rappresentazione globale degli eventi abituali propri del vissuto
familiare e sociale,caratterizzati da uno scopo e
definiti da sequenze spazio temporali in cui oggetti ed attori
hanno una parte e sono casualmente connessi; -Considerazione
che la ricostruzione di eventi complessi e l’ordinamento di concetti
avvengono attraverso relazioni di significato che rimandano
innanzitutto al vissuto individuale e soltanto successivamente
pervengono a connessioni di carattere generale; -Considerazione
che,ferma restando l’importanza del gioco in tutte le sue forme ed
espressioni,il gioco di finzione,di immaginazione e di identificazione
rappresenta l’ambito privilegiato in cui si sviluppa la capacità di
trasformazione simbolica; -Considerazione
che l’evoluzione maturazionale e lo sviluppo della personalità
viene a riguardare,altresì,la capacità e la competenza del bambino
ad elaborare ed a trascendere sul piano della consapevolezza cognitiva
e della graduale sempre più condivisa razionalizzazione socio/etica,
i diversi sentimenti,emozioni,bisogni,desideri,stati empatici,approcci
transferiali di finzione/immaginazione/identificazione,nonché
motivazioni intrinseche/estrinseche; e,così,anche le
norme/regole etiche e la loro progressiva interiorizzazione/transferialità
oltre il piano strettamente cognitivo/intellettivo,fino ad espandersi
nel contesto di ogni diverso vissuto esperenziale/interpersonale,
sulla base dei sentimenti di empatia che tali norme/regole
presuppongono relazionalmente
(con ciò,sollecitandosi una sempre più matura formazione
emotivo/affettiva ed etico/sociale); -Considerazione
che lo sviluppo non va visto come un fatto esclusivamente
funzionale,ma va interpretato sempre in relazione ai contesti di
socializzazione e di educazione nei quali si svolge; -Considerazione
che ogni approccio valutativo delle diverse dimensioni di sviluppo e
delle aree di formazione della personalità del bambino,deve
privilegiare le rappresentazioni e le osservazioni che inquadrino i
contesti dei linguaggi/comportamenti più dei criteri quantistici
indirizzati a rigide classificazioni di griglia/misurazione; -Considerazione
che questa prospettiva didattico/pedagogica
e di analisi delle dimensioni dello sviluppo del
bambino,richiede il continuo olistico riconoscimento delle difficoltà
cognitive,delle esigenze emotive e delle richieste affettive di
ciascuno; nonché la precisa consapevolezza che il modo in cui ogni
bambino percepisce se stesso nella sua situazione sociale ed educativa
costituisce una condizione essenziale per la sua ulteriore crescita
personale; IV:
Sui rapporti tra sistemi simbolico/culturali di ambiente e di
vissuto esperenziale extrascolastico; di funzione docente della scuola
materna; e di relazionalità fenomenologica nel vivo del rapporto con
i pari e le figure parentali:
L’attività educativa della scuola materna di ogni
istituzione scolastica,viene a sollecitare,a promuovere ed a
rappresentare sul piano didattico/pedagogico dei
rapporti tra sistemi simbolico/culturali e soggettività dei
bambini che si possono riassumere
attraverso i seguenti costrutti di sintesi: -le
basi della simbolizzazione si
sviluppano nell’età della scuola materna fino alla capacità e
competenza del bambino di avvalersi ,sia in termini di fruizione che
di produzione,di sistemi di rappresentazione riferibili a diversi tipi
di codice; -i
sistemi simbolico/culturali che entrano nell’universo di relazione e
di interazione con ciascun bambino,raccolgono ed ordinano complessi di
significati culturalmente e storicamente determinati che trasmettono
informazioni diverse in funzione dei soggetti comunicanti,dei mezzi di
comunicazione e di espressione loro proprie,e permettono di costruire
rappresentazioni e descrizioni in grado di restituire all’acquisizione
simbolico/rappresentativa dell’alunno fruitore degli aspetti
significativi della realtà storico/naturale/esistenziale e di ogni
vissuto di relazione interpersonale/intrapersonale; -i
sistemi simbolico/culturale consentono di mediare il rapporto con il
mondo attraverso un attivo scambio di significati e di transazioni fra
le diverse prospettive personali,grazie all’impiego dei linguaggi
verbali e non verbali nelle forme e nei codici/alfabeti definiti dalla
cultura d’origine/appartenenza
ed alla possibilità concessa a ciascun soggetto di poter
strutturare ed esternare il proprio individuale modo di pensare,di
sapere/conoscere,di comunicare,di saper fare e di saper essere; -i
sistemi simbolico/culturali si pongono quali forme di organizzazione
della conoscenza,del sapere e della cultura degli adulti, ed,in
particolare,dei professionisti della funzione docente scolare (oltrechè
delle agenzie extrascolastiche); -i
sistemi simbolico/culturali si pongono quali fonti culturali di
conoscenza e di alfabetizzazione concettuale attraverso cui
predisporre e rappresentare i diversi significati ed i quadri di
competenza/abilità/padronanza sulla cui base comunicazionale avviare
ad attività didattico/educativa ed
ad impegno apprenditivo gli alunni; -i
sistemi simbolico/culturali offrono al bambino gli strumenti
cognitivo/intellettivi per
raggiungere sempre più elevate forme di sviluppo,di maturazione e di
apprendimento, in ragione di una pluralità di forme di intelligenza e
di una integralità di funzioni della personalità; -i
sistemi simbolico/culturali si configurano sempre,pur nella loro
diversità,entro una continua connessione esistente tra il
conoscere,il sapere,il saper fare,il saper essere,il capire,l’intuire,il
comprendere,il sentire,l’agire ed il fare; in raffronto alla
pluralità di intelligenze costitutive del dinamismo e del dispositivo
strutturale delle funzioni cognitivo/intellettive.
V°
Sulla continuità educativa tra scuola materna e le altre
scuole; e tra l’ambiente scolastico e le agenzie di
formazione/socializzazione extrascolastiche
(sui significati di continuità orizzontale e di continuità
verticale nella prospettiva dell’offerta formativa scolarizzata):
L’attività didattica ed educativa della scuola materna deve
perseguire,progettare e realizzare itinerari di continuità
didattico/educativa e pedagogico/istituzionale,”verticale” ed “orizzontale”
riassumibili nei seguenti prospetti descrittivi: -l’identità
culturale del bambino,da cui l’attività didattico/educativa della
scuola dell’infanzia ed ogni progettualità prendono le mosse,si
pone quale sintesi e struttura di relazioni tra variabili
storiche,esistenziali ed ambientali che costituiscono un intreccio di
influenze psicosociali sulla formazione del bambino; -la
continuità tra l’attività didattico/educativa e progettuale della
scuola materne con le altre scuole,realizza quella compensazione di
interventi psicopedagogici in raffronto a talune forme di non
corrispondenza funzionale tra età anagrafica dell’alunno e grado di
scuola frequentata; -ogni
attività didattico/educativa ed ogni momento/aspetto di
scolarizzazione debbono
sempre porsi in continuità e complementarietà/integrazione con le
esperienze storiche,esistenziali,fenomenologiche ed extrascolastiche
del bambino,attraverso una continua mediazione pedagogica verso comuni
finalità di sviluppo educativo dei suoi vissuti di relazione
interpersonale; e di ogni influenza formativa descolarizzata che
esercitano sullo stesso educando l’ambiente,i mass/media,le figure
parentali,i pari ed ogni altra figura di
socializzazione/acculturazione; -la
scuola materna deve essere titolare e promotrice di un sistema di
rapporti interattivi,policentrici ed interfunzionali con le altre
agenzie educative del territorio (famiglia compresa);in cui la stessa
scuola materna si
configuri quale contesto educativo e di apprendimento
raccordato/integrato con tutte le risorse,le opportunità,le
esperienze e le influenze formative del bambino risultanti
collaterali,parallele,precedenti o susseguenti alla sua azione
istituzionale; dunque,risorse/opportunità del territorio,dell’ente
locale,della famiglia,di ogni altra agenzia di socializzazione e di
educazione extrascolastica;e peraltro provenienti dall’universo dei
mass/media e dell’informazione computerizzata; -la
continuità si pone anche verticale,attraverso pianificazioni
curricolari,progettazioni didattico/educative e programmazioni
istituzionali dell’attività
didattico/organizzativa,didattico/educativa
e dei processi d’insegnamento/apprendimento,che raccordino
ogni esperienza pedagogica ed ogni risultato di valutazione in
prospettive istituzionali di gradualità di funzione docente e di
funzione discente,in riferimento ai diversi gradi/livelli di
scolarizzazione degli alunni; -la
continuità verticale ed orizzontale sarà,così,perseguita attraverso
apposite programmazioni didattiche ed educative,e quindi attraverso
progettazioni e pianificazioni curricolari, che realizzino in concreti
itinerari operativi le prospettive d’intervento sopra profilate. -risultano
condizioni essenziali (per assicurare la suddette forme di continuità
didattico/educativa e pedagogico/progettuale) l’attenzione da
riservare,in collaborazione con le famiglie di provenienza, all’accoglienza
dei bambini,all’osservazione sistematica del comportamento,all’equilibrata
formazione delle sezioni,alla flessibilità dei tempi,alla
predisposizione degli spazi ed alla scansione delle attività; -la
continuità viene a prevedere momenti e fasi d’interazione con gli
operatori scolastici degli asili nido finalizzati a predisporre
occasioni di incontro e comuni modalità di osservazione del
comportamento dei bambini; -la
continuità verticale trova i suoi aspetti e fasi
pregnanti,comunque,allorché viene a congiungere in concordata e
raccordata continua attività educativa e didattica la scuola materna
e la scuola elementare; laddove
ogni raccordo e concertazione in questo senso si pongono sempre
finalizzati al coordinamento dei curricoli degli anni ponte,alla
comunicazione di informazioni utili sull’anamnesi,sulla
scolarizzazione contestuale ed,in particolare, sui risultati
educativi/formativi dei bambini frequentanti; alla continua ricerca di
percorsi d’insegnamento e di funzione docente comuni o comunque in
stretta correlazione di gradualità,sulla base di una produttiva
connessione tra i rispettivi impianti didattico/metodologici e
didattico/organizzativo/gestionali; -uno
strumento essenziale per realizzare queste prospettive di
continuità,è la progettazione/programmazione coordinata di
obiettivi,itinerari didattico/metodologici e curricolari,sequenze
minime d’insegnamento/apprendimento,strumenti di
rilevazione/osservazione/verifica e valutazioni sincronizzate
interfunzionali; sia in riferimento alle suddette attività educative
con gli alunni che per quanto concerne iniziative condivise di comune
formazione/aggiornamento di docenti di scuola materna e scuola
elementare. VI°:
Diversità individuali e
valorizzazione dell’identità personale
di ogni alunno: La
scuola materna di ogni istituzione deve porsi quale spazio pedagogico
metanaturale/metaculturale di educazione
pedagogica che presuppone l’accoglienza formativa delle
diversità degli alunni ed
ogni conseguente integrazione
di scolarizzazione,nella prospettiva della massima
valorizzazione possibile (attraverso le prestazioni didattiche e le
funzioni docenti) del potenziale umano di ciascuno.
I criteri pedagogico/educativi e
strategico/didattici che vengono accolti quali nuclei
ispiratori di tutta l’attività scolastica in riferimento al
principio ultimo citato,si possono riassumere nei seguenti
punti: -la
scuola materna deve accogliere tutti i bambini,anche quelli che
presentano difficoltà di apprendimento,disadattamento,svantaggio e
deprivazione socio/culturale,stato di handicap e problematicità di
scolarizzazione; -ogni
bambino deve potersi integrare in modo pieno e compiuto in tutte le
attività didattico/educative e così deve poter riconoscersi ed
essere riconosciuto quale membro attivo della comunità
scolastica; -la
presenza nella scuola dei bambini in difficoltà è fonte di una
preziosa dinamica di rapporti e di interazioni,che è,a sua
volta,occasione di maturazione per tutti,dalla quale si impara a
considerare ed a vivere la diversità come una dimensione esistenziale
e non come una connotazione emarginante e discriminatoria; -la
scuola offre ai bambini con handicap adeguate opportunità
educative,realizzandone l’effettiva integrazione secondo un
articolato progetto educativo e didattico,che costituisce parte
integrante della programmazione didattica,sulla
base di opportune/funzionali articolazioni di piano didattico
individualizzato per ciascun alunno necessitante di approcci d’insegnamento/apprendimento
fortemente differenziati/individualizzati e personalizzati; -nella
scuola materna sono presenti anche bambini le cui difficoltà e i cui
svantaggi possono risalire a condizionamenti di natura socio/culturale
ed ambientale/familiare; -la
tempestività degli interventi educativi di integrazione costituisce
una delle forme più efficaci di prevenzione dei disagi e degli
insuccessi che ancora si verificano lungo gli itinerari scolastici ed
educativi. VII°:
Progettazioni,programmazioni e razionalizzazioni curricolari d’insegnamento/apprendimento: La
scuola materna persegue standard di qualità e conseguenti obiettivi
formativi e di apprendimento dei bambini attraverso la ricerca della
scientificità massimamente applicabile della programmazione
didattico/educativa e la
sperimentalità più compiuta della funzione docente ; e grazie quindi
alle progettazioni curricolari più rispondenti alle necessità
modulari didattico/metodologiche di
individualizzazione/differenziazione e potenziamento dei
processi di insegnamento/apprendimento.
Le caratterizzazioni più pregnanti dell’impianto curricolare
delle diverse progettazioni/programmazioni,si possono riassumere
nei seguenti
punti di sintesi: -le
linee programmatiche di un progetto curricolare e di una conseguente
pianificazione minima di unità didattiche si fondano sul
concetto e sulla realizzazione di un ambiente educativo foriero
di processi di apprendimento/insegnamento
metaculturali
(strutturati,intenzionali,programmati,anticipati,accelerati,
rinforzati,strutturati,finalizzati;individualizzati,differenziati;ecc.); -il
testo degli Orientamenti esplicita e motiva le finalità della scuola
materna,richiama le modalità e le dimensioni dello sviluppo
infantile,evidenzia gli apprendimenti congruenti con l’età e con il
contesto culturale,propone i criteri metodologici e didattici dell’attività
educativa; mentre le programmazioni a carattere curricolare ne
contestualizzano e ne concretizzano le indicazioni in riferimento alle
specifiche esigenze di educazione e di apprendimento dei bambini ed
alle domande formative delle diverse comunità; -l’integrazione
dei criteri assunti,delle procedure impiegate,delle scelte
responsabilmente effettuate,delle azioni intraprese, determinano il
curricolo,le cui caratteristiche sono pertanto costituite dalla
specificità degli obiettivi,dei contenuti e dei metodi,dalla
molteplicità delle sollecitazioni educative e dei particolari
definiti compiti di apprendimento (dunque dalla contestualità
articolata e differenziata/individualizzata delle situazioni d’insegnamento/apprendimento);
nonché dalla flessibilità didattico/organizzativa e di funzione
docente (in particolare,di “comportamento insegnante”); -gli
elementi essenziali pedagogico/educativi del progetto d’insieme
didattico/educativo della scuola materna,si vengono ad articolare,a
pianificare ed a configurarsi/strutturarsi curricolarmente sulla base
degli specifici impianti didattico/metodologici
adottati,delle finalità educative perseguite,degli standard di
apprendimento raggiungibili,degli obiettivi di
apprendimento/formazione preposti alle diverse fasi
d’insegnamento/apprendimento,delle specifiche/integrali
dimensioni dello sviluppo; e dei sistemi simbolico/culturali
prospettati in ogni relazionalità didattica comunicazionale/socializzante
d’istruzione e d’insegnamento (di contestuale funzione docente); -la
struttura curricolare si basa sulla stretta interrelazione fra queste
variabili e questi elementi costitutivi che,assunti in una coerente
concezione educativa,concorrono ad articolare una serie ordinata di
campi di esperienza educativa verso i quali vanno orientate ed
indirizzate le attività educative,di formazione e d’insegnamento/apprendimento
della scuola. VIII°:
natura pedagogica,valenze formative e prospettive didattiche dei campi
d’esperienza: I
campi d’esperienza configurabili attraverso la programmazione
curricolare e la progettazione didattica della scuola materna, sono i
diversi ambiti del fare e dell’agire del bambino e quindi i settori
specifici ed individuabili di competenza nei quali il bambino
conferisce significato alle sue molteplici attività; sviluppa il suo
apprendimento,acquisendo anche le strumentazioni/alfabetizzazioni
linguistiche e strategico/cognitive procedurali; e così persegue i
suoi obiettivi formativi attraverso la storicità di esperienze con l’ambiente
e per mezzo di vissuti di relazione,entro definite prospettive
confinanti aree di significato (che si pongono,per questo,quali prima
genesi delle aree disciplinari e,poi,delle discipline già
organicamente configurate,nella scuola di base).
I campi d’esperienza sono:-il corpo e il movimento;-i
discorsi e le parole;-lo spazio,l’ordine e la misura;-le cose,il
tempo e la natura;-messaggi,forme e media;-il sè e l’altro. IX°:
Presupposti didattico/metodologici e
strategie di gestione didattico/organizzativa: La
traduzione in didassi ed in prassi d’insegnamento/apprendimento
delle pianificazione e delle progettazioni curricolari, richiama la
costanza di principi,indirizzi e criteri
didattico/metodologici,didattico/organizzativi e pedagogico/educativi.
In questo senso,l’approccio intenzionale e programmatico alle
finalità ed allo sviluppo dei campi d’esperienza educativa propria
della scuola materna richiede un’organizzazione didattica intesa
come predisposizione di un accogliente e motivante ambiente di vita,di
relazioni e di apprendimenti che,escludendo impostazioni precocemente
disciplinaristiche e trasmissive,favorisca una pratica basata sull’articolazione
di attività,sia strutturate che libere,differenziate,progressive e
mediate.
In questo senso,la metodologia generale delle progettazioni
didattiche della scuola
materna,evidenzia le seguenti essenziali connotazioni:
a)la valorizzazione del gioco;-b)l’esplorazione e la
ricerca;-la vita di relazione;la mediazione didattica;-l’osservazione,la
progettazione e la verifica.
Riguardo la valorizzazione del gioco, si consideri che il gioco
stesso costituisce,nell’età degli alunni della scuola dell’infanzia.una
risorsa privilegiata di apprendimento e di relazioni; favorisce
rapporti attivi e creativi sul terreno sia cognitivo che relazionale;
consente al bambino di trasformare la realtà secondo le sue esigenze
interiori,di realizzare le sue potenzialità e di rivelarsi a se
stesso e agli altri in una molteplicità di aspetti,di desideri e
funzioni; si pone,attraverso le varie offerte e proposte,quale
attività grazie a cui l’insegnante può far acquisire all’alunno
messaggi e stimolazioni,e,quindi,attraverso cui l’attività
didattica può porsi nei diversi campi d’esperienza attraverso una
strutturazione ludica. Riguardo
l’esplorazione e la ricerca, le esperienze di apprendimento e di
attività educative dovranno tendere a:
- inserire l’originaria curiosità del bambino in un positivo
clima di esplorazione e di ricerca,nel quale si attivino
(confrontando situazioni,ponendo problemi,costruendo
ipotesi,elaborando e confrontando schemi di spiegazione)
adeguate strategie di pensiero;
-guidare il bambino,anche attraverso la valorizzazione degli
“errori” guidati e delle interpretazioni plurime,a prendere
coscienza di sé e delle proprie risorse;ad adattarsi creativamente
alla realtà ed a conoscerla,controllarla e modificarla per iniziare a
costruire,così,la propria storia personale all’interno del contesto
in cui vive; -sollecitare
il bambino,lungi da didatticismi e da sterili artificiosità,al fare
ed alle dirette esperienze di contatto con la natura,le cose,i
materiali e l’ambiente sociale e culturale,valorizzando le sue
proposte e le sue iniziative. Riguardo
la vita di relazione,le esperienze di apprendimento e di attività
educative dovranno: -promuovere
e suscitare il ricorso a varie modalità di relazione interpersonale e
di linguaggio comunicazionale del bambino (nella coppia,nel piccolo
gruppo,nel gruppo più allargato,con o senza l’intervento dell’insegnante); -favorire
ogni tipo di scambio comunicazionale e linguistico/interpersonale/intrapersonale;
e,dunque,ogni possibile interazione umana;attraverso cui facilitare e
sperimentare la risoluzione di situazioni problemiche,il gioco
simbolico e lo svolgimento di attività complesse
(laddove questo sollecitare
si pone quale promozione dei primi approcci,anche se rigidamente
realistici e per lo più egocentrici,di pensiero ipotetico/deduttivo); -sollecitare
alla problematizzazione dei dati esperenziali; -promuovere
il dare e ricevere spiegazioni,interpretazioni e comprensione del
vissuto di relazione e dell’universo storico/ambientale circostante; -favorire
un clima sociale positivo nel contesto della vita di gruppo e di
aggregazione; -stimolare
la ricerca di rapporti interpersonali e collettivi sempre più
condivisibili e qualitativamente apprezzabili sul piano
socio/etico,tra bambini ed adulti,tra adulti ed adulti,e tra bambini
tra di loro; -promuovere
l’attenzione costante e competente ai segnali comportamentali e
linguistici inviati dai bambini; ed all’emergere dei loro bisogni di
sicurezza,gratificazione ed autostima; -attivare
forme flessibili,interattive e circolari di comunicazione didattica; -suscitare
la dimensione affettiva quale componente emozionale di pregnante
influenza e componente essenziale dei diversi processi di relazione e
di comunicazione del bambino. Riguardo
la mediazione didattica della funzione docente e degli approcci d’insegnamento
e di attività educativa,la scuola materna deve realizzarsi e
progettarsi sulla base di queste consapevolezze
di fondo: -ogni
attività didattico/educativa e progettuale/curricolare deve avvalersi
di tutte le strategie e le strumentazioni che consentono di
orientare,sostenere e guidare proceduralmente lo sviluppo,la
maturazione e l’apprendimento del bambino nella costante prospettiva
assiologico/finalistica della formazione armonica ed integrale dei
diversi aspetti costitutivi della sua personalità; -l’attivazione
di abilità generali di assimilazione,accomodamento ed elaborazione
delle informazioni (di cui alle funzioni cognitive del
memorizzare,rappresentare,comprendere relazioni spaziali e causali) ed
il ricorso a materiali sia informali che strutturati da
manipolare,esplorare ed ordinare innescano specifici procedimenti di
natura logica ed avviano una sequenza
graduata di occasioni,suggestioni e situazioni che consentono
la conquista di una maggiore sicurezza e di una prima organizzazione
delle conoscenze. Riguardo
l’osservazione,la progettazione e la verifica,dell’insegnante,risultano
criteri e strategie di metodologia didattica : -l’osservazione
occasionale e sistematica,all’interno della funzione docente e nel
contesto dei diversi comportamenti insegnanti; appresa ed esercitata
attraverso specifici
itinerari formativi; -il
valutare le esigenze del bambino ed il riequilibrare via via le
proposte educative e le unità didattiche d’insegnamento in base
alla qualità degli apprendimento e delle risposte di
linguaggio/comportamento del bambino; dato che la progettazione
curricolare degli interventi dell’insegnante si regola e si modifica
continuamente sulla base dei modi d’essere,sui ritmi di sviluppo e
sugli stili di apprendimento di ogni alunno stesso; -una
progettazione aperta,flessibile,da costruirsi in progressione e
lontana da schematismi,risultante per questo coerente con la
plasticità ed il dinamismo dello sviluppo infantile
e,conseguentemente,capace di sollecitare sinergicamente tutte le
potenzialità,i linguaggi e le forme d’intelligenza; -la
valutazione dei livelli di sviluppo che prevede:-§un momento
iniziale,volto a delineare un quadro delle capacità e delle diverse
caratterizzazione del quadro psico/evolutivo e socio/relazionale con
cui si accede alla scuola materna;-§momenti in itinere alle varie
sequenze d’insegnamento/apprendimento,che consentono di regolare e
di adeguare continuamente le proposte educative ed i percorsi di
apprendimento nella prospettiva della sempre più efficace
individualizzazione/differenziazione degli interventi di funzione
docente;-§momenti finali per la verifica degli esiti formativi e dei
risultati educativi di apprendimento;della qualità dell’attività
didattico/educativa; e del significato contestuale della funzione
docente e dell’esperienza di scolarizzazione dell’alunno. Riguardo
la documentazione della funzione docente
e dei diversi passaggi educativi e di scolarizzazione del
bambino,si pongono di rilievo le seguenti ragioni e finalizzazioni di
approccio operativo/produttivo: -necessità
di assicurare la significatività delle diverse sequenze di
progettazione didattico/curricolare e di realizzazione educativa,per
alunni,famiglie e docenti,attraverso la produzione di rappresentazioni
rievocative,di sintesi,di analisi,di socializzazione comunicazionale e
di conseguente riprospettazione; -necessità
di assicurare,così,visibilità,trasparenza e descrittività
curricolare,attraverso un’attenta documentazione ed una
produttiva comunicazione dei dati di
osservazione e verifica delle diverse attività educative e dei
vari comportamenti docenti e discenti
(attraverso strumenti e metodi di documentazione affidati alla
più ampia gamma di linguaggi e strategie di ricognizione); -necessità
di offrire la possibilità al bambino,così come al docente,di
informarsi,di riflettere,di confrontarsi,di rendersi conto delle
proprie conquiste,delle proprie riflessioni ,dei propri
rendimenti,delle proprie performancès e di ogni altra
risultanza delle proprie prestazioni apprenditivo/formative; con
rafforzamento delle prospettive di continuità valida tra le
esperienze educative e scolastiche verticali ed orizzontali;
-necessità
di assicurare validi supporti di ricognizione,di consapevolezza,di
analisi e di verifica/valutazione ai fini di modulare in modo sempre
più rispondente ai bisogni formativi ed ai ritmi di apprendimento
degli alunni ,le diverse offerte didattiche,sulla traccia di proficue
pianificazioni curricolari di insegnamento
differenziato/individualizzato. X°:
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE DI SINTESI: Proponiamo ora i seguenti nuclei di discorso grazie a cui avviare e promuovere una discussione di sintesi: La
situazione odierna: Nel
nostro territorio la
scuola dell’infanzia si connota per un largo riconoscimento e una
diffusa adesione sociale. Pur
non essendo obbligatoria, questa scuola ha raggiunto una capillare
diffusione quantitativa sul territorio. Le
finalità della scuola materna sono le stesse finalità tracciate
dagli "Orientamenti ’91" che attribuiscono alla scuola
dell’infanzia una interazione coerente tra le valenze dell’accoglienza
e della cura e le dimensioni cognitive, affettive e relazionali della
bambina e del bambino. Il
riferimento dell’art. 1 della legge 30/2000 alla centralità della
persona, considerata nella concretezza delle sue dimensioni, quale
punto privilegiato e generativo del curricolo, fa emergere il ruolo
fondativo della scuola dell’infanzia.
È infatti al suo interno che viene avviata la prima
rielaborazione concettuale delle esperienze e dei vissuti attraverso i
quali si costruisce l’incontro con i saperi formalizzati. All’interno
di questa scuola si colloca l’opportunità di potenziare i processi
di simbolizzazione, di perseguire l’acquisizione di competenze
sociali, interpretative, creative, motorie e, infine, di favorire la
progressiva conquista dell’autonomia. L’obiettivo
della generalizzazione:
Obiettivo primario di ogni istituzione e della politica
scolastica dell’Ente Locale,è quello di assicurare la
generalizzazione dell’offerta formativa della scuola materna.
La
rilettura degli "Orientamenti": Pur
riconoscendo che gli "Orientamenti ’91" mantengono una
grande validità nella nuova stagione scolastica e che addirittura
possono costituire fonte fondamentale per l’individuazione e la
formulazione di
criteri di impianto curricolare per l’intero percorso scolastico,
non vi è dubbio che anche questo testo programmatico dovrà sempre
essere considerato alla luce dei nuovi assetti e delle nuove istanze
formative della presente stagione storica. Da
recuperare e rafforzare nel clima didattico/educativo e
pedagogico/gestionale delle sezioni di
scuola materna,risultano le seguenti
proposizioni fondamentali
di caratterizzazione pedagogico/didattica: -il
curricolo non è solo un insieme di procedure e percorsi di
apprendimento, ma un costante e totalizzante interagire fra soggetto
discente,docente,cultura pedagogica intrinseca alla realizzazione
curricolare d’insegnamento/apprendimento, e contesto scolastico e
socio/culturale ; -le
competenze non possono configurarsi e rinvenirsi in settori d’esperienza
e di ambito contenutistico separati, ma vanno invece definite in
ragione di una logica pedagogico/finalistica
di trasversalità
antropologica ed esistenziale (di campo d’esperienza e di
sistema simbolico/concettuale); -i
campi di esperienza introducono le bambine e i bambini lungo i
sentieri della conoscenza, con un forte radicamento nel loro vissuto,
da cui poi si indirizzeranno progressivamente verso le configurazioni
organistiche e disciplinari del sapere. I
raccordi con famiglia, servizi all’infanzia e scuola di base: Se
si tiene conto dei criteri di progressività e di gradualità
ispiratori del curricolo dai 3 ai 18 anni, risulta irrinunciabile la
ricerca di diffuse ed organiche forme di raccordo/continuità
organizzative,pedagogico/istituzionali e metodologico-didattiche della
scuola dell’infanzia con il ciclo della scuola primaria.
Se la scuola dell’infanzia è il primo segmento del percorso
scolastico e, quindi, è chiamata a realizzare una profonda
interazione con i successivi itinerari formativi di
scolarizzazione,ponendosi e caratterizzandosi come fondamentale “iniziazione”
degli alunni all’ ”educazione pedagogica” (come direbbe Mario
Manno) ed agli
approcci d’insegnamento/apprendimento
“metaculturali” (come
li definirebbe Bruner). Tra
i compiti della scuola materna non può non esserci allora quello
della ricerca di un significativo dialogo e di sempre feconde
modalità interattive con la famiglia,con gli asili nido e con i
servizi sociali del territorio, anche alla luce delle istanze e delle
prospettive indicate della Legge 285/97. In
questo senso,si capisce bene che la scuola dell’infanzia si
inserisce ed integra nella pienezza della sua funzionalità
didattico/pedagogica nel più ampio sistema formativo. I
tempi della scuola dell’infanzia: L’orario
obbligatorio annuale deve rispondere essenzialmente a esigenze di
ordine educativo-formativo, tenendo conto del benessere psicofisico
delle bambine e dei bambini e della qualità dell’offerta educativa
della scuola. Un
orario scolastico di 35-40 ore settimanali distribuito su 5 giornate
è un’ipotesi rispondente ai criteri sopraindicati. La
distinzione fra quota di curricolo nazionale e quota riservata alle
istituzioni scolastiche può costituire una possibilità ulteriore per
le scuole dell’infanzia di adeguare la propria specifica offerta
formativa alle necessità psico/fisiche ed alle connotazioni evolutive
di sviluppo/maturazione/apprendimento degli alunni. Nella
scuola dell’infanzia, infatti, alla definizione del curricolo
concorrono saperi espliciti e formali, ma anche situazioni educative
legate all’ordinaria vita scolastica: non è pertanto proponibile
una rigida suddivisione oraria scandita per singoli campi di
esperienza. La proposta più realistica pare quella di esplicitare il
panorama delle attività che la scuola è tenuta a curare e a
sviluppare; sollecitando
le docenti di sezione a reperire un equilibrio temporale all’interno
di in un progetto articolato ed attento
a tutte le dimensioni della personalità della bambina e del bambino. Sarebbe
auspicabile,per quanto riguarda le quote,che possa essere prevista una
quota nazionale pari al 70% del monte ore riservata alle indicazioni
di carattere nazionale - peraltro già presenti negli
"Orientamenti ’91" - garantendo a ogni istituzione
scolastica la possibilità di caratterizzare meglio le proprie
identità culturali ed educativo-didattiche, assicurando una più
forte interazione/integrazione con i contesti territoriali. La
valutazione: La
valutazione centrata sull’analisi delle prestazioni dei bambini e
non correlata alle variabili di contesto, non ricondotta alla
processualità del rapporto
potenzialità/competenze/traguardi/sviluppo, non è attendibile per la
scuola dell’infanzia. Se lo sviluppo va interpretato sempre in
relazione ai luoghi in cui si svolge, è opportuno non assumere, per
la valutazione, rigidi criteri di tipo quantitativo. I traguardi di
sviluppo vanno formulati in termini di capacità da affinare, aspetti
di crescita da promuovere e non in termini di prestazioni verificabili
mediante le abituali procedure di controllo valutativo. Ciò non esime
la scuola dell’infanzia da un dovere di verifica della qualità, ma
comporta una riflessione accurata sul peculiare tipo di valutazione e
sugli strumenti da adottare.
1:5:
Ipotesi di innovazione riguardo l’organizzazione
didattico/strategica,la razionalizzazione curricolare e la
regolamentazione istituzionale della scuola dell’infanzia:
Cerchiamo di sondare,a questo punto del discorso,quali possibili scenari futuri di organizzazione didattico/strategica,di identità ordinamentale e di regolamentazione istituzionale della scuola dell’infanzia si possano inverare nel prossimo futuro.
La futura fisionomia ordinamentale e gestionale della
scuola materna la possiamo senz’altro ricavare individuandone le
architravi attraverso la Lettera
Circolare ministeriale 21 maggio 2001 che introduceva le linee
istituzionali del “””Progetto
nazionale triennale di innovazione degli ordinamenti della scuola
dell'infanzia, ai sensi dell'art. 11 del decreto del Presidente della
Repubblica 8 marzo 1999, n. 275”””; e,quindi, attraverso
il Decreto
Ministeriale 21 maggio 2001, n. 91
riportante la definizione integrale di tale progetto.
Ciò,considerato che tale decreto,anche se possibilmente
corretto o integrato dal nuovo governo,potrebbe risultare esecutivo in
tempi non molti lontani.
Possiamo riassumere i significati più pregnanti queste linee
istituzionali di futuro progetto nei seguenti punti di descrizione
essenziale: (dal
testo dela lettera circolare ministeriale del 21/05/2001,cit.): -§:
“””Il progetto - predisposto ai sensi dell'art. 11
del D.P.R. 8 marzo 1999, n.275 - definisce un insieme di obiettivi,
strumenti e interventi per favorire un graduale e qualificato processo
di sviluppo della scuola dell'infanzia, in relazione alla prima
applicazione della legge di riordino dei cicli e nella prospettiva
della definizione dell'art. 8 del citato D.P.R. 275/99. Con esso
inoltre si intende perseguire l'obiettivo prioritario inerente
l'espansione dell'offerta formativa e la conseguente generalizzazione
della domanda di istruzione lungo tutto l'arco della vita. Il progetto ha la durata di un triennio, e in ogni
caso fino alla completa attuazione dell'articolo 8 del D.P.R. 275/99.
Gli esiti di tali iniziative costituiranno elementi di riferimento per
la definizione del già citato art. 8 e per la verifica triennale
sullo stato di attuazione della legge 10 febbraio 2000, n. 30 affidata
al Parlamento. Tale progetto costituisce un ulteriore passaggio di
quel processo di qualificazione che ha caratterizzato l'evoluzione
della scuola dell'infanzia e che ha i suoi più significativi punti di
riferimento negli Orientamenti del 1991, nell'attuazione di nuovi
modelli didattico-organizzativi scaturiti dalla sperimentazione
Ascanio, nelle pratiche riflessive promosse dal progetto di formazione
in servizio Alice. Esso rappresenta inoltre un'ulteriore tappa del
processo di integrazione del sistema formativo, culminato nella legge
10 marzo 2000, n.62 e caratterizzato in questo settore scolastico
dalla pluralità e dalla ricchezza degli apporti dei diversi soggetti
istituzionali””” (lettera circolare ministeriale 21/05/2001). -§: Riguardo
le “””finalità
del progetto e quadro di riferimento”””; si premette che
“””Il progetto è volto a sostenere l'elaborazione di
curricoli ispirati a criteri e standard di qualità, alla
flessibilità organizzativa e didattica, alla continuità del processo
educativo, attraverso un insieme articolato di percorsi di ricerca e
riflessione negoziati, condivisi, diffusi, tra soggetti che a vario
titolo sono coinvolti nella qualificazione di questa scuola. In tale
ottica, il progetto si inserisce nelle iniziative che, ai sensi
dell'art. 11 del D.P.R. 275/99, il Ministro può promuovere per
esplorare innovazioni concernenti gli ordinamenti degli studi, la loro
articolazione e durata, l'integrazione tra sistemi formativi, i
processi di continuità e di orientamento.
Il quadro di riferimento delle iniziative innovative è quello
riportato all'art.2 del decreto allegato”””
21/05/2001. -§: “””In
particolare, l'elaborazione degli standard di qualità, oggetto
dell'innovazione, si riferisce ai seguenti aspetti: -
attuazione del curricolo e relativa articolazione delle attività
costituenti la quota nazionale e locale; All'interno della progettualità di ogni scuola, gli
elementi di cui sopra vanno considerati e realizzati in una visione
integrata e unitaria del curricolo e dell'organizzazione; pertanto,
aspetti quali ad esempio il calendario scolastico, il tempo di
funzionamento, la distribuzione delle attività tra quota nazionale e
quota locale ecc., non sono da considerare isolatamente, ma vanno
interpretati in funzione della qualità del progetto educativo”””. -§: Riguardo
“””soggetti e condizioni”””
in questione, risulta chiaro che
“””possono aderire al progetto nazionale di innovazione
le istituzioni scolastiche dell'infanzia statali e paritarie del
sistema nazionale di istruzione che, muovendo dal quadro di
riferimento comune delineato sopra, concretizzano i principi sanciti
dalla L.62/2000. A tale riguardo le scuole coinvolte nel progetto
attivano un percorso teso alla costruzione condivisa di standard di
qualità, come contributo alla generalizzazione di un sistema di
garanzie educative e formative per una qualificata formazione dei
bambini e delle bambine dai tre ai sei anni”””. -§: Per
quanto concerne gli adempimenti e gli approcci di funzione che sono
correlati alla realizzazione del progetto in questione, si consideri
che “””le
istituzioni scolastiche che intendono aderire al progetto, nel
perseguire gli obiettivi generali del processo formativo indicati
dalla legge n. 30 del 10 febbraio 2000: -
adottano gli indirizzi curricolari della scuola dell'infanzia
(Orientamenti delle attività educative di cui al DM 3/6/91) alla luce
dell'art. 2 della L. 30/2000 e delle indicazioni curricolari definite
per la scuola di base; -§: Per
quanto concerne gli “””organismi
di supporto e sviluppo dell'innovazione”””,si tenga conto che
“””al fine di supportare le iniziative di innovazione e
di dare sviluppo al processo di qualificazione delle scuole
dell'infanzia, il decreto prevede, all'art. 12, l'istituzione di
appositi organismi”””
come l'Osservatorio nazionale per lo sviluppo del sistema
integrato della scuola dell'infanzia, di cui al comma 2 dell'art. 12,
in relazione ai compiti attribuiti”””. -§: “””In
particolare, nell'ambito delle risorse disponibili, alle scuole
dell'infanzia statali inserite nel progetto di innovazione si tenderà
ad assicurare un tempo medio di contemporanea presenza dei docenti di
almeno 10 ore settimanali, con un incremento per le istituzioni
scolastiche che adottano il prolungamento d'orario di cui all'art. 6,
comma 3 del decreto”””. -§: “””Per
le scuole dell'infanzia statali non partecipanti al progetto di
innovazione si rimanda a quanto previsto dall'art.1, comma 6 del
decreto e alle ulteriori disposizioni che dovessero intervenire in
applicazione della legge n.30/2000, con particolare riferimento
all'art.9 del regolamento in corso di emanazione per la definizione
dei curricula della scuola di base”””. (dal testo del Decreto
Ministeriale 21 maggio 2001, n. 91,cit.): -§: Le
iniziative del progetto di innovazione in questione
sono “””…(…)…volte
a sostenere lo sviluppo di curricoli ispirati a criteri e standard di
qualità, alla flessibilità organizzativa e didattica, alla
continuità del processo educativo, sono finalizzate all'elaborazione
di modelli per la successiva attuazione dell'art. 8 del D.P.R. 275/99
e dell'art. 2 della L. 30/2000”””. -§: “””Gli
esiti delle iniziative di innovazione, rilevati mediante le verifiche
di cui al comma 3 dell'art. 3 e all'art. 11 del presente decreto,
costituiscono elementi di riferimento per la definizione dei curricoli
della scuola dell'infanzia ai sensi dell'art. 8 del D.P.R. 275/99 e
per la verifica triennale sullo stato di attuazione della legge 10
febbraio 2000, n. 30 affidata al Parlamento”””. -§: “””Le
istituzioni scolastiche che adottano le iniziative di cui ai
precedenti commi elaborano il progetto specifico di attuazione del
presente progetto di innovazione nell'ambito del Piano dell'offerta
formativa ai sensi dell'art. 3 del D.P.R. 275/99, sulla base delle
condizioni definite nei successivi articoli del presente decreto”””. -§:
“””Le scuole dell'infanzia statali non inserite nel
progetto nazionale di cui al presente decreto, sono tenute a
rispettare gli ordinamenti vigenti, con le integrazioni di cui ai
commi 1,2,3 dell'art. 4 del Decreto ministeriale 26 giugno 2000, n.
234”””. -§: “””Il
quadro di riferimento dell'iniziativa è costituito dai seguenti
elementi desunti dall'art. 8 del Dpr 275/99 e dagli artt. 2 e 6 della
L. 30/2000 e specificati nei successivi articoli del presente decreto:
-§: “””Per
assicurare la continuità e la coerenza tra la scuola dell'infanzia e
la scuola di base, gli Orientamenti vigenti andranno riletti alla luce
delle indicazioni curricolari definite per la scuola di base”””. -§: “””
Nel triennio considerato al comma 1 dell'art. 1 viene attuato un piano
di monitoraggio dell'attuazione degli Orientamenti educativi di cui al
D.M. 3 giugno 1991, al fine di verificare la rispondenza alle
finalità educative generali del sistema nazionale di istruzione. Il
rapporto nazionale di monitoraggio si conclude con una motivata
proposta al Ministro della Pubblica Istruzione di revisione degli
Orientamenti educativi da sottoporre al parere del Consiglio Nazionale
della Pubblica Istruzione”””. -§: Per
quanto riguarda “””Quota
nazionale e quota riservata alle istituzioni scolastiche”””, si
consideri che: “””1.
La quota oraria nazionale obbligatoria del curricolo di cui all'art. 3
è pari al 70 % del monte ore annuale previsto dal successivo art. 6,
comma 2. 2. La quota oraria obbligatoria del predetto curricolo
riservata alle singole istituzioni scolastiche è costituita dal
restante 30% del monte ore annuale. Tale quota potrà essere
utilizzata per: * potenziare l'identità della scuola in relazione a
determinate dominanze culturali; * introdurre attività educative e
didattiche non previste dagli Orientamenti vigenti. 3. Le due quote,
data la specificità della scuola dell'infanzia, vanno gestite
unitariamente nel quadro di un'articolata ed armonica organizzazione
della giornata educativa e del complessivo tempo scuola”””. -§: “””Per
quanto concerne “””Continuità
educativa e raccordi con la scuola di base ed i servizi all'infanzia”””: “””1. Ogni scuola dell'infanzia si impegna ad
attivare forme di raccordo pedagogico, curricolare ed organizzativo
con la scuola di base. I progetti di continuità, che descrivono anche
le modalità di rapporto con i genitori degli alunni nonché le forme
di valorizzazione della cultura e della comunità di appartenenza dei
bambini, trovano esplicita formulazione nei piani dell'offerta
formativa dell'istituzione scolastica. Tali progetti possono prevedere
la costituzione di team integrati tra docenti dei due cicli. 2.Il raccordo con la scuola di base prevede una
esplicita definizione delle competenze e dei traguardi di sviluppo
attesi al termine della scuola dell'infanzia, tale da costituire
l'indispensabile punto di avvio dell'esperienza formativa nella scuola
di base. Tali traguardi - desumibili dagli Orientamenti educativi di
cui al D. M. 3 giugno 1991 - sono correlati alle caratteristiche di
ogni bambino ed alle condizioni (opportunità, luoghi, tempi,
strumenti, ecc.) offerte a ciascuno per sviluppare le proprie
potenzialità di apprendimento. 3.Sono altresì attivate forme di raccordo con i
servizi educativi prescolastici e, laddove sussistano le condizioni,
con l'asilo nido”””. -§: Riguardo
“””Orario scolastico
obbligatorio e calendario”””, si consideri che “””1. La scansione dei tempi nel corso dell'anno
scolastico, della settimana e della giornata deve assicurare una
equilibrata successione di opportunità formative, qualificandosi per
i caratteri di serenità e distensione, ricorsività e progressività
delle situazioni di apprendimento, con una spiccata attenzione al
benessere psicofisico ed affettivo dei bambini. 2. L'orario obbligatorio annuale comprensivo della
quota nazionale e della quota locale del curricolo dell'infanzia si
articola in un monte ore compreso tra le 1.150 e le 1.300 ore. 3. Eventuali fabbisogni di tempo scuola aggiuntivo
oltre le 1300 ore annue, previo accertamento dell'esistenza di
motivate richieste delle famiglie per un numero di bambini pari almeno
a un numero minimo per costituire una sezione, si soddisfano mediante
l'ampliamento del monte ore annuo obbligatorio. Tale ampliamento, che
oggi raggiunge anche quote consistenti, dovrà, nell'arco del
triennio, essere opportunamente monitorato al fine di verificare le
condizioni per attestare tale incremento in un monte ore annuo
aggiuntivo non superiore alle 430. L'ampliamento dell'offerta
formativa può essere realizzata anche mediante intese con gli enti
locali e avvalendosi di forme organizzative flessibili ma qualificate.
L'eventuale estensione del servizio, erogata sulla base di puntuali
ricognizioni da parte dei responsabili della gestione delle scuole
dell'infanzia, non deve, in ogni caso, comportare una contrazione
degli standard di qualità previsti in relazione alla contemporanea
presenza dei docenti. 4. La concreta articolazione del calendario annuale
delle attività educative, nell'ambito delle 1.150-1.300 ore previste
dal curricolo obbligatorio, deve interpretare con coerenza le
finalità educative della scuola dell'infanzia, dedicando uno spazio
adeguato alle attività di prima accoglienza dei bambini, che possono
essere opportunamente scaglionate e concordate con i genitori. 5. Nelle scuole dell'infanzia aderenti al progetto di
innovazione di cui al presente decreto , le attività educative,
completato il monte ore annuale obbligatorio, possono concludersi alla
stessa data fissata per gli altri cicli scolastici. Nel periodo
intercorrente tra il termine delle attività educative ed il 30
giugno, può essere previsto il funzionamento delle sole sezioni
necessarie a soddisfare, con interventi educativi specifici previsti
dal POF, le effettive esigenze di frequenza rappresentate dalle
famiglie”””. -§: Inerentemente
l’ “””Organizzazione
del tempo scuola”””,si tenga conto che: “””1. Nell'ambito dell'autonomia didattica e
organizzativa riconosciuta ad ogni istituzione scolastica, ai sensi
degli articoli 4 e 5 del decreto del Presidente della Repubblica 8
marzo 1999, n. 275, le scuole adottano soluzioni flessibili nella
definizione degli orari settimanali e giornalieri, in modo da
contemperare esigenze sociali e di qualità del servizio. 2. La scelta del modello orario più adeguato è di
competenza degli organi collegiali della scuola e viene motivata da
una specifica valutazione dell'impatto della scelta sulla qualità del
contesto educativo, delle dinamiche di insegnamento e apprendimento e
delle esigenze rappresentate dalle famiglie. 3. L'organizzazione del tempo scuola settimanale va
articolata in non meno di 5 giorni e con una media non inferiore alle
35 ore, tale da consentire comunque un'adeguata attenzione alle
diverse esigenze di accoglienza, di cura, di relazione e di
apprendimento in sintonia con le indicazioni curricolari previste
dagli Orientamenti educativi. 4. L'organizzazione della giornata educativa del
bambino nella scuola dell'infanzia, compresa di massima tra le 7 e le
8 ore giornaliere, deve assicurare un'articolazione varia ed
equilibrata di attività: libere e guidate, individuali, in piccolo e
grande gruppo, di gioco, esplorazione, ricerca, anche all'aperto e
attività ricorrenti di vita quotidiana”””. -§: Per
quanto concerne l’
“””Organizzazione
delle sezioni”””,si prevede che “””1. Nell'arco del triennio, il rapporto
numerico tra alunni e sezione non dovrà superare il tetto massimo di
25 per sezione. 2. Nel caso di presenza nella sezione di un alunno in
situazione di handicap il numero di alunni viene ridotto, fino a non
superare di norma i 20 alunni, e comunque in correlazione con la
possibilità di assicurare adeguati interventi di sostegno o
assistenza, in relazione alla tipologia di deficit”””. -§: Riguardo
l’ “””Organico
funzionale della scuola dell'infanzia”””, viene disposto che “””1. Nell'ambito delle disponibilità
complessive, l'assegnazione dell'organico degli insegnanti di scuola
dell'infanzia dovrà tener conto in via prioritaria delle esigenze
connesse alle condizioni di svolgimento delle innovazioni di cui al
presente decreto e delle eventuali operazioni di adeguamento delle
sezioni funzionanti a tempo ridotto all'orario di cui al comma 2
dell'art. 6. 2. Sono oggetto di apprezzamento in sede di
definizione dell'organico funzionale:
3. Nell'assegnazione dell'organico funzionale va
garantita la disponibilità di un tempo medio di contemporanea
presenza docente di almeno 10 ore settimanali per sezione, con un
adeguato incremento per le istituzioni scolastiche impegnate
nell'estensione del servizio secondo quanto previsto dal comma 3
dell'art. 6. 4. L'organizzazione dell'orario di servizio dei
docenti, nel rispetto delle prescrizioni definite in sede
contrattuale, è improntato ai caratteri della massima flessibilità
(turnazioni, orari differenziati, orari plurisettimanali) al fine di
migliorare la qualità del progetto educativo. 5. La determinazione degli organici dei collaboratori
scolastici dovrà considerare la specificità delle funzioni da
svolgere all'interno delle scuole dell'infanzia, tendente nell'arco
del triennio ad un rapporto numerico di una unità di personale per
ogni sezione funzionante ad orario normale”””. -§: Inerentemente
alla formazione del personale e al
coordinamento pedagogico, “””1.
Agli insegnanti e ai dirigenti coinvolti nel progetto di innovazione
vengono garantite opportunità di formazione continua, con metodologie
qualificate ed interattive, da realizzare all'interno della scuola,
anche in forma di gruppi di ricerca-azione e di miglioramento, in
collegamento con i servizi territoriali, le reti di scuole e gli
istituti di ricerca ed universitari. 2. La partecipazione ad attività di formazione deve
essere certificata e costituisce un port-folio delle competenze del
docente, da utilizzare per la valorizzazione della professionalità e
per la attribuzione di nuovi compiti e ruoli all'interno ed
all'esterno dell'unità scolastica. 3. Nell'ambito delle risorse assegnate, sono
assicurate forme di coordinamento pedagogico ed organizzativo
attraverso il conferimento di appositi incarichi a docenti esperti e
qualificati nell'ambito dell'istituzione scolastica, anche facendo
ricorso a esoneri parziali dall'attività di insegnamento. 4. Nell'ambito del progetto di innovazione le scuole
dovranno prevedere tempi adeguati per attività collegiali di
progettazione, documentazione, preparazione dei materiali, valutazione”””. -§:Per quanto riguarda la Verifica
delle innovazioni e degli standard di qualità, “””1.
Nell'arco del triennio di durata del progetto di innovazione, le
scuole elaborano, realizzano e verificano ipotesi di standards
relativi alla qualità del servizio in vista della definizione di
quelli che dovranno essere adottati ai sensi dell'art. 8, comma 1,
lett. f del D.P.R. 275/99. 2. L'attuazione e la progressiva messa a punto degli
standard di qualità del servizio rappresentano, ai diversi livelli di
responsabilità, un impegno prioritario per gli organi preposti alla
gestione delle scuole dell'infanzia. 3. Il Piano dell'offerta formativa di ogni scuola dà
conto del livello di realizzazione e di adeguamento di tali standard,
degli strumenti valutativi utilizzati per l'apprezzamento dell'offerta
e del contesto educativo, nonché delle misure intraprese e dei tempi
necessari per realizzare compiutamente gli standard identificati. 4. Nell'arco del triennio considerato, verrà condotta
un'azione di verifica a cura dell'istituto nazionale per la
valutazione del sistema di istruzione, in collaborazione con la
dirigenza tecnica ispettiva e con gli Osservatori nazionale e
regionali di cui al successivo articolo 12. 5. Saranno oggetto di indagine gli elementi che
costituiscono il quadro di riferimento di cui all'articolo 2 del
presente decreto, con particolare riferimento ai livelli di qualità
del servizio relativi ai seguenti indicatori:
6. Le modalità delle azioni di monitoraggio, anche in
riferimento a quanto indicato al comma 3, art.3 del presente decreto,
saranno concretamente definite nell'ambito della annuale Direttiva
ministeriale. 7. Gli esiti di tali iniziative costituiscono elementi
di riferimento per la definizione dell'art. 8 del D.P.R. 275/99 e per
la verifica triennale sullo stato di attuazione della legge 10
febbraio 2000, n. 30 affidata al Parlamento”””. -§: Riguardo
gli Organismi di supporto e
sviluppo dell'innovazione,si tenga conto che “””1. Al fine di supportare le iniziative di
innovazione e di dare sviluppo al processo di qualificazione delle
scuole dell'infanzia, vengono istituiti gli organismi di cui ai
successivi commi. 2. Presso il Dipartimento per lo sviluppo
dell'istruzione del MPI è istituito un Osservatorio Nazionale con il
compito di definire criteri per la progettazione, l'attuazione ed il
monitoraggio del progetto nazionale di innovazione e di acquisire
altresì elementi informativi sulla congruenza tra domanda ed offerta
formativa, sugli andamenti e fenomeni relativi alla progressiva
generalizzazione e qualificazione del servizio educativo per i bambini
dai tre ai sei anni, anche in vista della successiva definizione
dell'art. 8 del D.P.R. 275/99 e della piena attuazione della L.
30/2000. 3. Presso ogni Direzione generale regionale è
istituito un Osservatorio per lo svolgimento, a livello regionale, dei
compiti indicati al comma 2 del presente articolo…(…)…”””.
2:
NATURA E FINALITA’ DELLA
SCUOLA ELEMENTARE CHE
SI AVVIA ALLA CONFIGURAZIONE DELLA SCUOLA DI BASE: PROSPETTIVE
PEDAGOGICO/ISTITUZIONALI E DIDATTICO/EDUCATIVE
FONDAMENTALI:
2:0:
Premettiamo che tutti gli stralci virgolettati riportati in
questo sottopunto sono ricavati dal testo dei Programmi scolastici
elementari dell’85 (D.P.R.104/85).
2:1:
Prospettive pedagogico/educative,
didattico‑metodologiche e
psico/pedagogiche del modello di scuola primaria auspicabile: Il
modello di scuola che crediamo debba connotare la scuola
primaria,lo possiamo senz'altro sintetizzare nei
seguenti nuclei di discorso:
a)
possibilità di orientare in
direzione apprenditivo‑istruzionale ogni necessità di
decondizionamento e di recupero scolastico, attraverso una tensione
alla formazione integrale della personalità e sulla
base di una pluralità di linguaggi integrativi; b)
integrazione delle diverse competenze professionali e dei diversi
contenuti d'insegnamento in cui, sul piano della funzione docente, si
concretizza la definizione del rapporto pedagogico/didattico ed
educativo/relazionale; c)
necessità che le diverse progettazioni didattico‑educative
vengano determinate attraverso strategie di razionalizzazione
curricolare delle diverse sequenze d'insegnamento‑apprendimento
e delle correlate risorse‑opportunità di formazione.
I
concreti significati didattico‑metodologici di tale strategia di
progetto e le correlate istanze di presupposto
pedagogico/istituzionale che ne permettono
l'attuazione, si possono riconoscere nei seguenti punti di
indicazione normativa: a)
La determinazione
effettiva dei progetti didattico‑educativi coinvolge tutti gli
operatori scolastici preposti alla funzione docente e
sembra contrapporsi ad ogni antinomia che collochi il
rapporto teoria‑prassi in chiave di insanabile dualismo. b)
Il
processo di
razionalizzazione curricolare comporta inevitabilmente il rifiuto di
assetti istituzionali gerarchico‑centralistici e burocratico‑verticistici,
ancorché profili di ruolo dei diversi operatori scolastici
determinati sul piano dell'«esecutività» dei comportamenti
deontologico‑professionali. c)
I processi curricolari implicano, necessariamente, la più produttiva
progettazione dei diversi interventi d'insegnamento e, quindi, non
possono non ipotizzare situazioni d'apprendimento fortemente connotate
sul piano della razionalizzazione tecnologica. d)
I diversi approcci docimologici di verifica‑valutazione si
pongono quale momento‑aspetto «centrale» di ogni approccio di
funzione docente e di ogni correlata strategia didattico‑metodologica,
mentre le diverse sequenze curricolari d'insegnamento/apprendimento
rinvengono proprio nella centralità
dei dati di “feedback” gli elementi per la scientifica
confutazione o legittimazione della validità dei propri significati
pedagogico/educativi.
Il motivo conduttore strategico di questo nostro modello di
scuola viene a risultare la programmazione curricolare dei diversi
fattori e delle diverse risorse/opportunità
agenti (vale a dire di tutte le variabili)
che concorrono a progettare e realizzare la relazione
educativa scolare in quanto sistema di relazioni tra variabili.
Cerchiamo, ora, di individuare i modelli educativi a cui i
Programmi Scolastici elementari dell’85 e le criteriologie
istituzionali della scuola di base
si sono accostati nel delineare il concetto di scuola
emergente dalle diverse indicazioni normative dell’ordinamento
giuridico finora acquisito. Il
campo del dibattito pedagogico più recente riguardo i contributi in
fatto di «teoria‑della‑scuola» ha avuto modo di
evidenziare tre fondamentali orientamenti di proposta : 1)
Necessità di descolarizzare la società o di limitare sensibilmente
il ruolo e la funzione della scuola nel contesto degli istituti
formativi della Società Civile. 2)
Necessità di legittimare forme di iperscolasticismo
alla luce di una visione dell'istituto scolare che teorizza
la funzione docente in esso esplicata quale processo d'insegnamento
che provoca apprendimenti metanaturali/metaculturali
e che, di conseguenza, potenzia‑accelera ogni
forma di sviluppo/formazione/maturazione e di apprendimento personale;
con la scuola medesima,
in questo senso, che si viene a porre quale istituto fondamentale di
trasmissione alle giovani generazioni degli strumenti di crescita e di
integrazione‑partecipazione alla produzione dei « beni»
(culturali e materiali) della polis, pretendendo di informare/formare
con la sua funzione docente ogni agenzia socio‑educativa del
«pubblico» ed ogni momento‑aspetto di educazione familiare,
sul piano della scolarizzazione collettivizzante, o totalitaria,ovvero
culturalmente omologante della società civile. 3)
Necessità di considerare il sistema educativo di una società in
quanto «sistema policentrico» costituito da diverse agenzie di
formazione correlate da rapporto di «reciprocità» ed
interdipendenza; con l'istituto
scolare che, al suo interno, si viene a porre quale agenzia che (pur
rilevando la denotazione strutturale del concetto di scuola a cui si
è appena accennato, nel punto precedente) propone ai diversi ambiti
socio‑culturali della società civile e della società politica
(dunque, del contestuale « pubblico istituzionale», ecc.) i modelli
etico‑antropologici e finalistico/assiologici di formazione
pedagogica: in questo senso, la scuola si propone di indicare alle
diverse fonti dell'educazione le comuni finalità teleologiche di un
progetto pedagogico contestuale all'universo antropologico di ciascuna
persona, che viene a coinvolgere ogni ambito antropologico e
politico/culturale/formativo della società in quanto «società
educante» (che
prevede, per I'appunto, l’integrazione di tutti i «messaggi
pedagogici»;determinati alla luce delle specifiche peculiari funzioni
docenti, ovviamente, in ragione del «sottosistema» di agenzia
educativa di provenienza).
Ogni istituzione scolastica deve cercare di inverare i
lineamenti del concetto di scuola peculiare a questo ultimo
orientamento di dibattito, anche se i motivi pedagogici degli altri
due modelli non sono certo del tutto assenti dall’ attività
progettuale/formativa,didattico/educativa e gestionale/organizzativa
ricorrente.
Siamo, comunque, convinti che emerge, in ogni caso, la
necessità di una funzione docente scolare che si venga a porre quale
elemento costitutivamente «strutturale» e « generativo» dei
diversi itinerari di formazione della persona, e che si riconosca
nella funzione fondamentale di trasmissione all'educando degli
«alfabeti culturali» della conoscenza (e, dunque, della produzione
di quei simboli culturali di coesione e di crescita grazie a cui può
inverarsi il metodo democratico nel vivo del Pubblico istituzionale).
Le
specifiche finalità didattiche di funzione docente e di
progettualità pedagogico/formativa (e,quindi,l'intrinseco spessore
psico-pedagogico),a cui si finalizza l’attività scolastica e
gestionale della scuola elementare,si possono individuare
strutturalmente: -
nella acquisizione di «capacità di pensiero riflessivo e critico» e
nella «autonomia ed indipendenza di giudizio»; -
nella «prima alfabetizzazione culturale»
(alla luce di quel nesso inscindibile che lega
indissolubilmente e dimensionalmente i diversi significati dei termini
«istruzione» e «formazione» e che caratterizza inequivocabilmente
ogni aspetto/momento del processo educativo scolare); -nella
«acquisizione di tutti i fondamentali tipi di linguaggio» e, dunque,
in un «primo livello di padronanza dei quadri concettuali, delle
abilità e delle tecniche di indagine essenziali», ancorché nella «
comprensione del mondo naturale, artificiale, umano».
II
processo di «alfabetizzazione culturale» che persegue la funzione
docente della scuola ,lungi dal risultare curricolo prescrittivo di
passiva ricezione, coinvolge I'educando in una ricerca‑scoperta
dei fondamentali codici epistemologici d'indagine, e lo impegna in una
progressiva costruzione di significati della realtà, allo stesso
tempo, sempre più differenziati (sul piano della congruenza logico‑scientifica
con le diverse aree disciplinari del sapere); e,peraltro,anche
interdisciplinari (per quanto concerne il processo di
conoscenza, iniziale e finale, che non può non risultare sintesi
unificante dei diverse oggetti formali di conoscenza, ancorché
ovviamente affiorante a livelli diversi «analogici» di connotazione
logico‑epistemologica).
In questo senso,è il caso di chiarire che ogni strategia
didattica peculiare ai processi di alfabetizzazione culturale deve
risolversi in un «passaggio continuo che va da un'impostazione
predisciplinare ed integrata all'emergere di quadri disciplinari
sempre più integrate e sistematici».
È evidente, dunque, quanto risulti importante rispondere
positivamente alle istanze di «progressione naturale» dei diverse
processi d'apprendimento e quanta sensibilità metodologica occorra al
fine.di avviare il fanciullo all'acquisizione di analogici modelli di
pensiero scientifico‑sperimentale in cui la criticità di
analisi e di ricerca è lo stesso processo genetico‑generativo
di ogni approccio ipotetico‑deduttivo di pensiero.
Ogni proposta didattico‑metodologica deve promuovere, in
questo senso, I'impiego attivo del potenziale euristico‑epistemico
dell'intelligenza: la riappropriazione in direzione educativa
della funzionalità cognitiva deve sempre avvenire sulla
base di due peculiarità apprenditive: la « creatività» e
l'esplicazione del «pensiero critico».
La
funzione docente viene, soprattutto, intesa in quanto «attenzione
alle virtualità profonde ed al potenziale educativo»
che la personalità
del bambino custodisce e che «urgono di realizzarsi», mentre il
raggiungimento di forme di pensiero critico viene a coincidere con
l'esplicazione di prospetti etico‑comportamentali e
linguistico/cognitivi di identità in cui «la mediazione fra l'aver
conoscenza e l'aver consapevolezza» determina processi di «ricerca
della validità delle conoscenze» ed « autonoma valutazione della
loro utilizzazione» . I
processi di apprendimento vengono, ovviamente, riferiti a prospettive
modulari olistico‑organismiche ed olodinamiche, e, dunque, ad
orientamenti interpretativi che mutuano rilevanti motivi di
descrizione dagli indirizzi di «psicologia umanistica» e
dai filoni psicopedagogici dello strutturalisino
particolarmente vicini alle ricerche di Bruner e Piaget . In
questo senso, ci sembra che la prospettiva cognitivistica
di descrivere ed interpretare i processi di apprendimento non
debba risultare mai messa in discussione nell'ermeneutica degli
enunciati normativi e curricolari delle diverse progettualità.
Per ogni istituzione scolastica,la scuola si pone
essenzialmente in quanto «ambiente educativo di apprendimento»
foriero di « clima sociale positivo» , ed accoglie il principio
pedagogico di «apprendimento significativo» quale nucleo centrale di
un discorso che ricerca costantemente, nella definizione scientifica
delle variabili didattico‑metodologiche, la congruenza
psicologica e l'aderenza sociologica quali connotazioni costanti di
ogni rapporto d'insegnamento‑istruzione. La
declinazione didattico‑metodologica di tale discorso strategico
evidenzia tre motivi centrali di approccio docente: 1)
privilegiamento del problema
sul sistema: fuori da ogni
chiusura di determinismo associazionistico o di cognitivismo
passivamente recettivo, l'apprendimento scaturisce da una continua
problematizzazione dei « dati» esperenziali e si pone quale risposta
di linguaggi‑comportamenti sempre eccedenti il
contenuto della nozione‑istruzione di partenza. 2)
Dominanza del significato
sul dato: ogni apprendimento diventa significativo
allorché si pone quale sintesi di processi d'integrazione‑strutturazione
delle diverse nozioni acquisite, e di correlata differenziazione
epistemologica dei sistemi logico-rappresentativi che presiedono alle
stesse funzioni d'approccio apprenditivo con i dati esperenziali. 3)
Necessità di sistemazione logico‑formale dei contenuti di
esperienza in chiave di economicità
simbolica e di astrazione sistematico‑concettuale dei
diversi linguaggi «produttivi»: ogni processo di apprendimento deve
sempre procedere al trascendimento del dato ed alla correlata
produzione di strumenti epistemici (criteri di fondo, codici, metodi,
idee centrali, strutture cognitive ecc. di un determinato campo della
conoscenza o di una particolare area disciplinare). Ogni
spontaneismo (e casualismo) cognitivo non può essere accolto nel
contesto degli «apprendimenti significativi» e non deve trovare, di
conseguenza, posto nell’
«ambiente educativo di apprendimento» e nelle offerte formative
della scuola.
Cerchiamo,ora,di prospettare un primo profilo di valutazione
del « taglio» psicopedagogico emergente dal discorso pedagogico‑programmatico
e progettuale che viene a caratterizzare il funzionamento della
scuola elementare orientata istituzionalmente e didatticamente
nella prospettiva della nuova scuola di base.
Per comodità di esposizione sintetizziamo tale profilo nei
seguenti segmenti di enunciazione: 1)
Per quanto riguarda il rapporto tra apprendimento e sistema
scolastico, c'è da rilevare che la scuola primaria si pone quale
organismo istituzionale che promuove processi di formazione attraverso
la contestualità sistemica delle variabili che ne costituiscono la
sua stessa struttura di funzione: variabili
«formali/culturali/istituzionali», «personali/umane» e
«materiali/strumentali/tecnologiche» . 2)
Per quanto riguarda il rapporto tra apprendimento ed insegnanti, c'è
da dire che la funzione docente scolare deve sempre porsi sul piano
della intenzionalità
e della sistematicità
razionalizzante delle diverse sequenze curricolari: il
docente sollecita
e promuove apprendimento in virtù dei progetti curricolari che
predispone, dei contenuti d'istruzione che propone, dei compiti
d'apprendimento che definisce, dei modelli d'identificazione
etico/affettivi e sociologicamente di «valore» che offre, della «
qualità» relazionale che la comunicazione didattico‑informazionale
viene ad esprimere, della «significatività» didattico‑metodologica
che, in definitiva, rivela il contesto di suoi « comportamenti
d'insegnamento»: in ogni caso, attraverso una enunciazione di
obiettivi didattici che vengono correlati ad una scientifica
descrizione avalutativa delle variabili di partenza ed ad una
correlata continua verifica degli elementi processuali di tali
variabili (che si vengono a porre quale «dato» di feedback
che confuta o convalida la bontà delle progettazioni
curricolari).
Risulta evidente, dunque, come la positività di una
determinata formazione culturale‑professionale e di una
correlata competenza didattico‑metodologica da parte del docente
si pongano quale vera e propria «variabile indipendente» (e, per
ciò stesso, premessa strutturale generativa) di ogni progetto
pedagogico e di ogni produttività di un istituto scolare. 3)
Per quanto riguarda il rapporto che si stabilisce tra apprendimento e
discorso didattico‑metodologico, c'è da dire che la prospettiva
olo‑dinamica d'interpretare e progettare i processi
d'apprendimento richiede strategie rigorose fondate sulfa ricerca
e sulla soluzione
dei problemi, ancorché presupponenti il preliminare
momento‑aspetto istruzionale della funzione docente ed il
correlato approccio comunicazionale che introduce I'alunno alle
strutture epistemologiche del sapere (vale a dire, agli «alfabeti
culturali» delle diverse aree disciplinari). 4)
Per quanto riguarda il rapporto tra apprendimento e programmazione,
c'è da dire che una didattica dell'apprendimento così prefigurata
esige un approccio ai Nuovi Programmi assolutamente contestualizzato
alla luce delle diverse realtà scolastiche territoriali e
dei sempre peculiari rapporti pedagogici che ci si trova a
determinare: il contesto progettuale del piano dell’offerta
formativa,anche per quanto riguarda la scuola primaria di base, deve
porsi in chiave prescrittiva per quanto attiene il raggiungimento di
terminali educativi generali e di strutturali standard di
apprendimento riferiti alle finalità di formazione degli aspetti
costitutivi dell'Umano; mentre
gli obiettivi educativo/formativi e specifici di apprendimento
(e,dunque, le strategie didattico/metodologiche) indicati/prescritti
nelle formulazioni di Programma debbono essere intesi quali strumenti
regolativi di progettazione curricolare attraverso cui l'approccio
professionale del docente alle diverse variabili di una situazione
scolastica contingente viene a prospettare la specifica
determinazione/contestualizzazione storicistica delle sequenze
d'insegnamento‑apprendimento (unità didattiche minime)
effettivamente pianificate e realizzate progressivamente.
Sulla base dei quadri di analisi precedenti, possiamo
approfondire ulteriormente il nostro discorso espositivo relativo al
progetto educativo generale della scuola primaria di base; e,quindi,
possiamo procedere verso
un ulteriore ciclico/concentrico approccio di esplicitazione della
contestuale offerta formativa e dei conseguenti processi d’insegnamento/apprendimento
che dovrebbe assicurare tale scuola.
Sintetizziamo questa ulteriore analisi prospettando nei
seguenti punti di descrizione i significati pregnanti dei diversi
aspetti dimensionali formativi e delle necessità educative che ne
vengono a legittimare la loro configurazione di progetto di “educazione
pedagogica”: -
Si consideri la necessità che i processi cognitivi risultino
strutturali : la proposta delle nozioni organizzatrici di pensiero
deve « realizzare la prima alfabetizzazione culturale» e
caratterizzarsi, di conseguenza, per la selettività e l'essenzialità‑elementarità
dei contenuti d'istruzione offerti; -Si
consideri che «l'acquisizione
di tutti i fondamentali tipi di linguaggio» ed il «primo livello di
padronanza dei quadri concettuali, delle abilità e delle tecniche
d'indagine essenziali» può verificarsi soltanto se, di pari passo ai
momenti di ricerca e di scoperta, vengano proposte le strutture
disciplinari, ai diversi livelli di congruenza psicologica con le
caratteristiche di apprendimento e di funzionalità intellettivo‑cognitiva
presenti nelle diversi fasi evolutive; -Si
consideri che «il
passaggio continuo che va da un'impostazione predisciplinare ed
integrata all'emergere di quadri sempre più differenziati e
sistematici» può avvenire nella misura in cui vengano proposti dal
docente strumenti‑di‑ricerca (idee centrali, codici,
metodi di indagine, nozioni organizzatrici, ecc.) che permettano
all'alunno di costruire in modo personalizzato e personalizzante gli
itinerari fondamentali delle diverse discipline e di coglierne, a sua
volta, le nozioni strutturali loro costitutive. -Si
consideri la necessità che i processi cognitivi risultino integrati:
per un verso ogni forma di cognitività deve porsi quale
momento/aspetto di crescita integrale dell'alunno, mentre per altro
verso ha necessità di riferirsi continuamente alla «identità
culturale del bambino» (ancorché alla stessa «tradizione
culturale» del sapere scientifico) poiché «la scuola riconosce di
non esaurire tutte le funzioni educative».
(in questo senso, propendiamo per un'intenzionalità pedagogica
che prospetti una formazione cognitiva integrale
che possa risultare funzionale al raggiungimento di una
«formazione integrale» della personalità e, correlatamente,
riconnettersi alle seguenti finalità educative di meta: a)
«progressiva
costruzione delle capacità di pensiero riflessivo e critico»; b)
«autonomia e indipendenza del giudizio» ; c)
«adeguato equilibrio affettivo e sociale» e «positiva immagine di
sé»); -
Si consideri la necessità che i processi cognitivi risultino significativi:
la significatività degli apprendimenti deve scaturire da
una scuola che, in definitiva, si realizzi in quanto «ambiente
educativo di apprendimento» e «spazio pedagogico» che,in un «clima
sociale positivo»,tenda a «costruire un momento di riflessione
aperta» ed a far «superare i punti di vista egocentrici e
soggettivi» in modo tale da «aiutare gli alunni a divenire
consapevoli delle proprie idee e responsabili delle proprie azioni»;
in questo senso,ci sembra, a ragione, che la meta educativa
strutturale ed assiologia di ogni apprendimento significativo venga,
così, a porsi quale «progressiva conquista di un'autonomia di
giudizio». -
Si consideri la necessità che i processi cognitivi risultino deliberativi:
il succedersi delle situazioni di apprendimento‑insegnamento
e la loro consistenza curricolare viene rimessa alla decisionalità
delle competenze professionali dei docenti ed alla
correlata collegialità della loro funzione pedagogica. -
Si consideri la necessità che i processi cognitivi risultino individualizzati:
a prescindere dall'inserimento‑integrazione dei
soggetti handicappati, ogni processo educativo si viene a svolgere
all'insegna delta differenziazione‑individualizzazione delle
diverse sequenze d'insegnamento‑apprendimento e nel continuo
riferimento alle diverse variabili storico/esistenziali,socio‑culturali
e psico‑evolutive peculiari alla persona dell'alunno.
2:2:
Le
finalità di formazione e d'insegnamento della scuola primaria di base
nel Progetto Pedagogico dei Programmi scolastici elementari dell’85
: verso la definizione conseguente della funzione docente e della
funzione discente che un
piano dell’offerta formativa deve prefigurare:
I presupposti antropologici ed etici sottesi alla contestuale
progettualità didattico/educativa e formativa della scuola primaria
di base formulata dai Programmi dell’85,sono senz'altro riferibili
ai termini ideali additati dalla Carta Costituzionale e dalle
Dichiarazioni Internazionali sui diritti dell'uomo e del bambino: si
propone, in questo senso, un umanesimo totale,
integrale e onnilaterale allo stesso tempo, che rivendica
ed accoglie l'uomo nel suo valore assoluto di persona e nell'esigenza
di formazione integrale della sua personalità .
In questo contesto di proposta pedagogica, che esclude ogni
visione riduttiva o unilaterale d'intendere il potenziale umano, si
rinviene il principio fondante di persona in quanto «valore
sussistente» ed in quanto dignità assoluta: si vengono a prospettare
i lineamenti teoretici di una filosofia personalistica dell'educazione
strettamente collegata ai presupposti ideali della tradizione
cristiana e del razionalismo laico/umanistico occidentale di carattere
critico/criticistico.
Le asserzioni di fondo del personalismo critico cristiano e del
conseguente razionalismo laico/criticistico , ci sembra, si vengono a
porre quale punto di riferimento costante delle diverse prospettive
didattico‑metodologiche emergenti e dei vari obiettivi educativi
e di apprendimento enunciati: in ogni costrutto normativo si rinviene
il primato dell'autocoscienza umana e della libertà quale risultato
della consapevole,critica,etica e responsabile presenza dell'uomo
nella storia.
In questo senso, l'educazione si viene a porre quale opera
assiologica e teleologica finalizzata alla
formazione integrate delta personalità umana ed alla
piena attuazione
del suo diritto alto studio: i fini perseguiti risultano
essenzialisticamente dei valori e non tendono affatto alla
realizzazione di modelli educativi deterministicamente prefissati e
riferiti a prescrittive istanze sociologiche di potere.
Le finalità educative del progetto pedagogico di scuola
primaria di base in questione, si riconoscono, quindi, nella piena
valorizzazione delle diverse potenzialità umane e nella correlata
realizzazione di quei percorsi di formazione che si pongono in chiave
di congruenza con le istanze di valore dei concetti di persona,di
ragione etico/critica e di
bene
comune.
In questo senso,coerentemente,risalta nitido e perentorio il
principio pedagogico che «la
scuola deve costituire un momento di riflessione aperta ove
s'incontrano esperienze diverse», mentre il suo ruolo e la sua
funzione si risolvono, in primo luogo, nell'aiutare gli alunni a
divenire consapevoli delle proprie idee e responsabili delle proprie
azioni», rinviando a modelli etico‑comportamentali sempre
ispirati a « criteri di condotta chiari e coerenti, che attuino
valori riconosciuti» .
In definitiva , il modello antropologico ed etico‑filosofico
di Umano a cui tendere viene ad emergere
quale «uomo della ragione e delta libertà», prospettando e
presupponendo l'esatta dimensione assiologica del personalismo
cristiano nella laicità di un «personalismo critico» che elabora il
concetto stesso di persona in chiave deontologico‑funzionalista
e ne recupera in tutta la loro portata esistenzialistica
i motivi storici dei rapporti d'interazione con «natura»
e « cultura».
In altre parole, il nostro contestuale progetto
pedagogico/istituzionale dell’offerta formativa della scuola
primaria, accoglie i
lineamenti filosofici di un «personalismo laico» che cerca di
superare talune chiusure dogmatiche di una tradizione spiritualista‑tomista
che fondava il concetto di persona su presupposti metafisico‑ontologici
ed a cui, ovviamente, non poteva non
sfuggire il senso della vita come continuo processo sempre
problematico,rischioso e fallibile (ancorché autoverificabile ed
autorettificabile; sperimentabile continuamente ed autoriproponibile)
attraverso cui l'individuo può come non può farsi persona.
Il soggetto umano di questa filosofia conquista
progressivamente la sua dignità di persona e la sua perfezione di
«animale razionale»: come detto, l'individuo possiede in
nuce soltanto la possibilità di raggiungere tali traguardi
e non, ontologisticamente, l'«essenza innata» di una spiritualità
che si viene a porre in chiave di insanabile dualità con la
materialità del reale.
In definitiva, il concetto di Umano presupposto strutturalmente
al contesto progettuale dei Programmi dell’85 pone la centralità
del suo senso finalistico ed assiologico, ancorché di ogni deduttività
pedagogica e strategico/didattica, proprio nel realizzare
la sua consistenza ontologica attraverso un processo educativo di
formazione integrale ed in costante riferimento scientifico
ai continui rapporti d'interazione che l'individuo, sin
dalle nascita, stabilisce con gli universi socio/culturali (e, dunque,
politici, economici,storico/esistenziali; ecc.) circostanti di
relazione.
Strettamente legato al concetto di persona ed ai suoi assunti
assiologico‑teleologici di fondo (che, a nostro avviso, vengono
pienamente a riconoscersi nell'«uomo delta ragione e delta
libertà») appare, in questo senso, il principio pedagogico
dell'«educazione alla convivenza democratica».
Ci sembra che il concetto di democrazia a cui ci si richiama si
venga a porre, più che come modello di convivenza già pienamente
attuato e sperimentato, quale principio normativo ed ideale‑valore
da realizzare nella sempre consapevole, responsabile, partecipazione
dell'uomo alle vicende della polis ed all'organizzazione razionale
etico/politica del «pubblico».
Tale concetto di democrazia prefigurato finalisticamente nei
modelli educativi della scuola primaria,rinviene il fuoco delta
semantica nell'idea di metodo
di convivenza fondato
sulla mobilità socio/culturale e sulla possibilità da parte dei
membri di una comunità di poter fruire di tutti i beni culturali,
ancorché materiali, e comunque economico/produttivi e di potere
politico,della società civile.
Le finalità educative e formative del modello di scuola
primaria di base tracciato
dai Programmi dell’85,richiamano un concetto di «democrazia» che
è sempre contestualità di significati socio‑culturali ed
economico‑politici (comunque,storico/esistenziali) che eleggono
l'etica della comprensione e della solidarietà quale antropologia
fondante di ogni discorso sull'Umano; e finalizzano,così, la loro
intrinseca valenza pedagogica al raggiungimento del bene
comune garante dei valori di persona.
La scuola si deve porre, in questo senso, quale tirocinio
alla democrazia e deve connotare ogni suo vissuto di
relazione istituzionale (dal rapporto bipolare d'insegnamento‑apprendimento
alla sistemicità dei suoi significati sociologici d'interazione con
la comunità socio‑civica) sul piano della dialogicità
solidale/tollerante e dell’uso sociale della conoscenza il più
allargato/allargabile/partecipabile/trasmissibile/condivisibile tra
tutti i soggetti umani d’interazione interpersonale.
Il punto di partenza ineludibile per un progetto di educazione
alla convivenza democratica sembra, dunque, essere quella promozione
della prima alfabetizzazione culturale»
grazie a cui la scuola elementare di base viene a fornire «un
sostanziale contributo a rìmuovere gli ostacoli di ordine economico e
sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei
cittadini, impediscono il pieno sviluppo delta persona umana» .
In questo senso, il documento programmatico ordinamentale viene
ad invocare una scuola primaria che
“””ponga le premesse all'esercizio effettivo del diritto‑dovere
di partecipare alla vita sociale e di svolgere secondo le proprie
possibilità e le proprie svelte un'attività o una funzione che
concorra al progresso materiale e spirituale delta società”””.
A nostro avviso, il concetto di «convivenza democratica» da
promuovere/perseguire pedagogicamente e didatticamente, non è affatto
da intendersi soltanto come una specie di necessità esistenziale che
informi di sé tutti gli istituti delta Società Civile e della
Società Politica,ancorché della scuola ovviamente, quasi a
guisa di «contratto sociale» che si ponga il problema delle regole
di convivenza comunitaria tollerante, ma che, al contrario, venga ad
ignorare il senso dei diversi progetti esistenziali dell'uomo.
Per ogni istituzione scolastica il pluralismo democratico non
si riduce a sintesi di interessi o filosofie tra taro contrapposte che
rinvengono la loro intesa
unitaria
soltanto in relazione ad obiettivi storico-esistenziali ed
istituzionali che, in ogni caso, prescinderebbero dal senso della vita
dell'uomo e dai suoi destini antropologici: in questo caso, si
verrebbe a collocare la persona umana (ed il suo potenziale educativo)
su di un piano di mera considerazione strumentale,
ancorché preda dei miti di una razionalizzazione
tecnologica della propria esistenza a cui non potrebbe non sfuggire
ogni ideale educativo di formazione integrale dell'Umano.
Per noi,non esiste, dunque, già dato a priori un modello di
scuola che si ponga quale modello stesso di convivenza democratica
(così come non esiste a priori un modello ideale di stato democratico
o di Società Politica democratica ecc.): viene proposto dal testo dei
Programmi dell’85’ uno stile di
continua ricerca di «ipotesi» di progetto educativo, da
sperimentare-realizzare, ancorché da autoverificare-autorettificare,
che venga condiviso democraticamente
da utenti,territorio,attori scolastici,istituzioni e committenza
governativa, e che tenda finalisticamente agli ideali educativi di
formazione integrale della persona umana.
La fondazione democratica del modello di scuola proposto
sembra, in definitiva, assurgere a nuovo
fondamento e coronamento del contestuale progetto
pedagogico in questione e si viene a porre quale presupposto
finalistico strutturale sulla cui base soltanto si può ben
determinare il significato della funzione docente scolare.
La scuola primaria, in questo senso, educa alla democrazia
nella misura in cui si propone di formare nel discente gli aspetti
costitutivi del cittadino che può godere di tutte quelle libertà
civili e di tutti quei diritti personali inviolabili
(costituzionalmente riconosciuti e da affermare attraverso norme di
diritto positivo) grazie a cui potersi integrare criticamente nel
contesto socio- culturale-politico della polis.
Il principio educativo dell'uguaglianza scolastica
si viene a riferire ai diritti essenziali nell'ambito della norma
giuridica riconosciuti potenzialmente ad ogni discente, rinvenendo il
suo vero prospetto semantico nella più autentica concezione cristiana
e laico/umanistica della vita; così
«il fanciullo sarà portato a rendersi conto che tutti i
cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla
legge».
In questo senso,è necessario che il principio dell' ””uguaglianza””
, in quanto fondamentale principio di convivenza democratica, «non
venga inteso come passiva indifferenza» ma solleciti «gli alunni a
divenire consapevoli delle proprie idee e responsabili delle proprie
azioni, alla luce di criteri di condotta chiari e coerenti che attuino
valori riconosciuti».
Quest'ultimo stralcio ci sembra il vero e proprio manifesto
teleologico del progetto pedagogico in questione sul cui tracciato
soltanto può prendere profilo finalistico una scuola primaria di base
a cui, appunto, si assegna il «compito di sostenere l'alunno nella
progressiva conquista della sua autonomia di giudizio, di scelte e di
assunzione di impegni e nel suo inserimento attivo nel mondo delle
relazioni interpersonali, sulla base dell'accettazione e del rispetto
dell'altro, del dialogo, della partecipazione al bene comune».
Risulta evidente che, alla luce di queste premesse finalistiche,
l'azione educativa della scuola primaria di base non può non porsi
sempre e comunque intrinsecamente morale:
infatti,si consideri che «i
criteri di condotta» che dovrà auto-formarsi l'alunno sono
essenzialmente dei «costrutti morali» che si richiamano ad una
maturità cognitivo-intellettiva,critico/razionalistica ed
etico-sociale, tutta tracciata nel segno della continua
responsabilizzazione dell'alunno stesso e della sua progressiva
iniziazione a quei valori
riconosciuti proprio perché configurati attraverso
la razionalizzazione universalizzante che ricerca la ragione
etica dell’erga omnes attraverso
l'uso sociale della conoscenza-linguaggio personale (id
est, attraverso forme sempre più originali,dialogiche e
partecipate/allargate di convivenza democratica e di uso/gestione dei
saperi ,delle conoscenze e di ogni bene culturale/materiale).
In questo senso, i «valori riconosciuti» (sulla cui base
l'alunno verrà definendo criticamente i suoi «criteri di condotta
chiari e coerenti» vengono
determinati e ricavati nel vivo delle relazioni interpersonali e nel
correlato processo di continua partecipazione dialogica alla comunità
d'appartenenza (dal gruppo-classe … alla contestualità degli
istituti di una polis), sulla
base di un continuo rispetto della persona altrui e di una personale
tensione ad integrare i propri linguaggi-comportamenti nella comune
sintonia di un cum-scire,ma
anche di un cum/sentire,cum/agere e cum/venure,sempre
acquisiti e definiti sulla traccia dell'autoverifica-autorettifica dei
propri modelli culturali.
In
questo senso, l'alunno deve essere iniziato,
sin dai diversi momenti della sua frequenza alla scuola
primaria di base, ancorché dalle prime vitali esperienze di
socializzazione scolare della scuola materna, alla continua ricerca ed
al confronto con i consociati suoi
compagni di quei significati etico-sociali di convivenza su cui
tutti-sono-d’accordo-qui-e-ora; in relazione (e
correlatamente) a sempre più proficui tentativi di superare l’egocentrismo
relazionale e di integrare il proprio io con la cultura di gruppo
ambientale (che, appunto, scaturisce dal continuo dialogo
partecipativo alla definizione dei simboli di coesione e di crescita
che esigenzializza e sollecita la vita scolastica).
L'alunno verrà, così, sollecitato a fondare razionalmente i
cosiddetti «valori riconosciuti» ed a riferirli sempre al principio
della condivisibilità dei punti di vista altrui quale fattore di
sperimentazione continua grazie a cui soltanto poter determinare e far
valere la propria «autonomia di giudizio» e la correlata
«assunzione di impegni» .
Tali “valori riconosciuti” sono, dunque, costrutti morali
che l'alunno dovrà verificare alla luce dei concreti referenti
d'esperienza e dei significati esistenziali che richiamano, mentre la
loro validità viene sempre rimessa al senso di «bene comune» che
riescono a far filtrare allorché vengono ad indicare itinerari etici
di linguaggio e di partecipazione sociologica.
L'educazione alla convivenza democratica che prospetta la
scuola,si gioca proprio attraverso il continuo tirocinio
all'affermazione, da parte dell'alunno, dei linguaggi-comportamenti di
un'etica-della-comprensione che costruisce i suoi itinerari
di vita comunitaria sui principi della solidarierà cristiana,della
razionalità etica universalizzante, della tolleranza empatica e del
coinvolgimento dialogico partecitativo nei diversi vissuti di
relazione.
In questo senso,l'educazione alla convivenza democratica, a
nostro avviso, si deve evolvere su di una linea di laicità e di
pluralismo culturale,
e, pur rilevando a fondamento teoretico il concetto cristiano
di persona, ne deve prospettare continuamente il
senso critico e razionalistico/laicistico attraverso una
continua ricerca del suo significato deontologico e di tutte quelle
sue dimensioni inalienabili cosiddette «naturali» (attraverso, in
definitiva, la condivisibilità di “valori riconosciuti” che
prescindono, anche se non la negano, dalla radice
ontologico-metafisica della sua essenza, e che ne ripropongono i
termini in chiave di coinvolgimento critico/esistenziale e storico del
suo dover essere, ecc.).
Le pietre miliari di tali valori risultano pur sempre,secondo
noi,la solidarietà,la ragionevolezza umanistica
e la libertà della persona: gli stessi presupposti finalistici
che il cristianesimo ha proposto attraverso un costante riferimento ad
una realtà trascendente che fonda ogni altro essere e valore,
attraverso una concezione che colloca l'Essere in quanto tale (in
quanto assoluta differenza dal nulla), in posizione
assoluta rispetto a qualsiasi
dato-storico-di-riferimento-al-reale.
In quanto scuola di Stato e Pubblica,ogni istituzione non può
accedere a tali presupposti valoriali se non in chiave di approccio
culturale razionalistico e laicicistico-criticistico, ricercando, per
ciò stesso, le ragioni della legittimazione del concetto di persona
nella antropologia dei diritti naturali e nella determinazione storica
del correlato approccio deontologico della persona agli universi di
relazione dell'esistente: la proposta religiosa, in questo prospetto
interpretativo, si viene a porre quale complementare conquista
teoretica (sempre rischiosa e fallibile, ancorché autoverificabile e
autorettificabile, ecc.) di un autentico e personalizzante approccio
dell'alunno all'assunzione critica della sua stessa realtà personale
e di quella dei suoi simili in quanto testimonianza della presenza di
Dio nella storia.
In questo senso, il documento programmatico si preoccupa di
avvertire che la scuola primaria deve fare «corretto uso del suo
spazio educativo», rispettando «quello della famiglia e delle altre
possibilità di esperienze educative» .
Considerato che ogni dìffusivo momento educativo-didattico di
educazione-alla-convivenza-democratica si pone quale
pervasivo e contestuale discorso di educazione morale, peculiare ad
ogni sequenza d'insegnamento-apprendimento, ci sembra che gli assunti
pedagogici stessi correlati di tale educazione si pongano quale
principio dell'intero progetto proposto dal testo programmatico che
unifica ed offre carattere di organicità alla complessiva serie di
contenuti didattico-metodologici e disciplinari individuati e
prefigurati per la programmazione dei diversi curricoli da realizzare
sul campo.
In altre parole, ogni razionalizzazione curricolare di
«ambiente educativo di apprendimento» deve sempre riferire e
verificare la valorialità dei suoi significati didattico-pedagogici
agli ideali educativi della convivenza democratica e della persona
etico/razionale sopra considerati; ed a tutte quelle finalità di
formazione emergenti dalla tensione assiologica dei valori
conseguenti. Ci
sembra,così,che i motivi conduttori strategici di tutto l'impianto
pedagogico della scuola primaria si possano riconoscere nei seguenti
costrutti normativi: -Necessità
che tutti gli obiettivi didattico-educativi avviino l'alunno a tener
sempre conto dei diritti e delle valorialità delle persone con cui
entra in vissuto di relazione (sia a scuola che fuori di essa); -Necessità
che dal contestuale processo d'insegnamento- apprendimento l'alunno
conquisti progressivamente autonomia
di linguaggi-comportamenti e di pensiero, e, dunque,
capacità di razionalizzazione delle diverse forme di dipendenza
che connotano il sistema di relazioni antropologiche entro
cui, esistenzialmente, risulta collocato; -Necessità
che ogni momento-aspetto dei processo didattico-educativo si venga, in
definitiva, a riconoscere in quanto «formazione alla
responsabilità» ed in
quanto strutturazione del carattere eticamente rivolta all'autoconsapevolezza
di tutti gli aspetti del proprio io.
In questo senso, il contestuale progetto pedagogico/didattico
ed educativo/formativo della scuola
primaria di base, si preoccupa di sollecitare i
docenti a rivolgere un «aiuto educativo» al fine di «sostenere
l'alunno nella progressiva conquista della sua autonomia di giudizio,
di scelte, di assunzione di impegni e nel suo inserimento attivo nel
mondo delle relazioni interpersonali» , sempre tenendo conto che la
persona dello stesso discente è singolare ed originale, e che, alla
luce delle sue caratterizzazioni storico-esistenziali, «quando inizia
la sua esperienza scolastica, ha già cumulato un patrimonio di valori
e di esperienze relativi a comportamenti familiari, civici, religiosi
e morali».
I lineamenti di funzione docente emergenti dal discorso
finalistico sopra articolato si possono senz'altro
riconoscere,allora,nei seguenti fuochi di profilo: 1)
Richiamo alla proposta ideale che
trascende sempre i termini situazionali in cui si trova integrato
l'alunno: «la scuola deve operare perché il fanciullo prenda
consapevolezza della coerenza tra l'ideale assunto e la sua
realizzazione in un impegno anche personale»; 2)
Richiamo alla vita di gruppo quale naturale contesto di relazioni
entro cui l'alunno, sia a scuola che negli universi socio-educativi
extrascolastici, realizza ogni processo di formazione e procede verso
la definizione di ogni apprendimento di «alfabetizzazione
culturale»: «la scuola deve operare perché il fanciullo abbia più
ampie occasioni di iniziative, decisioni, responsabilità ed autonomia
e possa sperimentare progressivamente forme di lavoro di gruppo e di
vicendevole aiuto e sostegno, anche per prendere chiara coscienza
della differenza tra «solidarietà attiva» con il gruppo e
«cedimento passivo» alla pressione di gruppo, tra la capacità di
conservare indipendenza di giudizio ed il conformismo, tra il chiedere
giustizia ed il farsi giustizia da sé». 3)
Richiamo al superamento critico di asserzioni stereotipate e di
pregiudizi di approccio critico verso la realtà socio-culturale che
circonda l'alunno: «la scuola deve operare perché l'alunno abbia
basilare consapevolezza delle varie forme di diversità e di
emarginazione allo scopo di prevenire e contrastare la formazione di
stereotipi e pregiudizi nei confronti di persone e culture». 4)
Richiamo alla continua ricerca di ipotesi di linguaggi-comportamenti
congrui con le necessità di relazione ecologica verso la realtà
naturale circostante: «la scuola deve operare perché il fanciullo
sia sensibile ai problemi della salute e dell'igiene personale, del
rispetto dell'ambiente naturale e del corretto atteggiamento verso gli
esseri viventi, della conservazione di strutture e servizi di pubblica
utilità,…(…)…del comportamento stradale, del risparmio
energetico». 5)
Richiamo ad ideali di cooperazione e comprensione etico-sociale che
trascendano la particolarità nazionale dei popoli e gli orizzonti
culturali provincialistici: «la scuola deve operare perché il
fanciullo sia progressivamente guidato ad ampliare l'orizzonte
culturale e sociale, oltre la realtà ambientale più prossima, per
riflettere, anche attingendo agli strumenti della comunicazione
sociale, sulla realtà culturale e sociale più vasta, in uno spirito
di comprensione e cooperazione internazionale, con particolare
riferimento alla realtà europea ed al suo processo di integrazione».
Quella che emerge dalle superiori indicazioni normative e dalle
connotazioni pedagogico/didattiche del contestuale progetto pedagogico
di una scuola primaria di base, ci sembra, in definitiva, una funzione
docente che debba cercare l'interfunzionale ed integrale comporsi dei
processi di alfabetizzazione culturale, di formazione
etico-sociale e politica, ancorché di salda maturazione
emotivo-affettiva, quale presupposto irrinunciabile di autenticità
personale dell'alunno all'approccio con il suo profilo di formazione.
In questo senso, tale profilo di formazione lo possiamo
senz'altro cogliere laddove il testo programmatico viene, in sintesi,
ad auspicare per l'alunno la strutturazione delle «basi cognitive e
socio-emotive necessarie per la partecipazione sempre più consapevole
alla cultura ed alla vita sociale, basi che si articolano oltre che
nelle conoscenze e nelle competenze prima indicate, anche nella
motivazione a capire ed a operare costruttivamente, nella progressiva
responsabilità individuale e sociale, nel rispetto delle regole di
convivenza, nella capacità di pensare il futuro per prevedere,
prevenire, progettare, cambiare, verificare».
In sintesi,svolgendo un ulteriore cerchio di sintesi e di
comprensione fondamentale astraente, si può affermare che il compito
specifico della scuola primaria di base si viene a riconoscere nella
realizzazione della «prima alfabetizzazione culturale», intesa come
«acquisizione di tutti i fondamentali tipi di linguaggio, ad un primo
livello di padronanza», mediante un «intervento intenzionale e
sistematico» che si configura come «organizzazione e arricchimento
di un ambiente per l'apprendimento» (N.P.).
Il profilo di questa identità pedagogica, ovviamente, si
presta ad una pluralità di interpretazioni, le cui posizioni vengono
a richiamare i seguenti interrogativi: 1)
interrogativo circa la possibilità che il contestuale curricolo di
studi di formazione rispecchi i caratteri unilateralmente cognitivistici,
a tutto scapito delle urgenze della persona umana alla
educazione integrale del suo potenziale costitutivo; 2)
interrogativo circa la possibilità che il principio
educativo-didattico di alfabetizzazione culturale venga a sancire un
latente primato del formalismo pedagogico e delle istanze istruzionali,
di contro alle primarie necessità di formazione integrale della
personalità dell'alunno.
Nel contesto istituzionale e pedagogico/didattico della scuola
primaria di base,emerge in modo inequivocabile un modello di scuola
istituzionale non totalizzante, non fosse altro perché essa
«riconosce di non esaurire tutte le funzioni educative» e,
dunque, ha piena consapevolezza di operare «nel corretto uso del suo
spazio educativo e nel rispetto di quello della famiglia e delle altre
possibilità di esperienza diretta ed indiretta del bambino».
In questo senso, la scuola non può non assumersi il compito
educativo fondamentale di iniziazione dell'alunno agli
strutturali-epistemici linguaggi della cultura in quanto, in
ogni caso, è nella stessa ragion d'essere di ogni istituto scolare di
porsi quale spazio di insegnamento-apprendimento intenzionale e
razionalizzato, il cui «specifico» si rinviene nella trasmissione di
tutte quelle conoscenze-istruzioni grazie a cui potrà esplicarsi in
modo metanaturale e metaculturale ogni conseguente processo di
maturazione-formazione e d’insegnamento/apprendimento.
Alla luce di quanto è stato delineato nelle precedenti pagine,
risulta evidente che ogni processo di alfabetizzazione è sempre visto
in funzione delle finalità educative della persona,della ragione
critica e del correlato modello etico-politico di convivenza
democratica.
Gli alfabeti non
sono né contenuti né nozioni a sé stanti, ma vere e proprie
strutture concettuali del sapere e della conoscenza che prospettano i
paradigmi epistemologici (criteri di fondo che definiscono oggetti
formali e materiali,idee generative,codici e linguaggi, metodi di
ricerca ed itinerari euristici correlati, ecc.) di una disciplina o,
comunque, di un'area/ambito disciplinare, ai diversi livelli analogici
(ancorché psicologici) di compiutezza scientifica. Non
a caso,in questo senso,si richiede finalisticamente alla formazione
dell’alunno nella scuola primaria di base, il raggiungimento di un
«primo livello di padronanza», di abilità e di tecniche
essenziali che l'alunno stesso verrebbe ad acquisire in quanto
strumenti di sempre ulteriore ed eccedente conoscenza-linguaggio,
sempre da verificare ed autorettificare sperimentalmente nel segno di
una progressiva acquisizione cognitiva disciplinarmente
differenziantesi.
L'apprendimento non si rivolge a costrutti disciplinari
defìniti e trasmessi nella loro determinazione logico-sistematica, ma
viene orientato verso «l'emergere di quadri disciplinari» proprio
attraverso un approccio iniziale predisciplinare riferito alla
problematicità dei momenti di ricerca-scoperta: l'acquisizione
progressiva degli itinerari logico-razionali ed euristici della
conoscenza avviene in chiave di graduale conquista cognitiva e di
correlata definizione operativa dei significati delle diverse
discipline da ri-costruire.
Ogni intervento d'insegnamento-istruzione indirizzato a tale
strategia di fondo si viene, quindi, a porre quale funzione docente
che tiene sempre nel debito conto «l'intreccio profondo che esiste
tra istruzione ed educazione», ponendosi sempre il fine didattico
strutturale della gestione,dell'organizzazione e dell'«arricchimento
di un ambiente educativo per l'apprendimento»; ed avendo sempre
chiara consapevolezza del fatto che «la scuola primaria, mentre si
pone come scuola di alfabetizzazione culturale, si pone anche come
scuola educativa».
Viene previsto,dunque, quale processo essenziale che denota il
rapporto didattico/educativo,in questa prospettiva pedagogica di
fondo, il poter suscitare «un clima sociale positivo nella vita
quotidiana della classe»; mentre i terminali educativi di tale
processo vengono chiaramente riferiti alle seguenti finalità di
formazione: -progressiva
costruzione delle capacità di pensiero riflessivo e critico»; -«potenziamento
della creatività e della divergenza»; -«autonomia
e indipendenza di giudizio».
L'assoluta interdipendenza tra momento istruzionale e momento
formativo viene testimoniata in modo inequivocabile, in ogni caso,
laddove «il tessuto di relazioni e scambi che si stabilisce
nell'ambiente scolastico» viene ritenuto condizione indispensabile
(dunque, prerequisito!) al fine di «offrire al bambino le
sollecitazioni necessarie sia ad acquisire conoscenze che a precisare
e sviluppare attegiamenti e comportamenti, interiorizzare norme di
condotta e valori».
In questo senso, il principio dell'unità
educativa dei diversi momenti-aspetti di funzione docente
va cercato nel fuoco della praxis didattico-educativa,
al di là di ogni asettica antinomia tra istanze di analiticità
cognitiva e necessità di sintesi formativa da ricercare nella stesura
di un progetto pedagogico.
La vecchia scuola elementare dei Programmi del 55’
poneva a fondamento dell'unità educativa i seguenti principi
strategici: 1) deduzione trascendentale di ogni assunto
didattico-metodologico e di ogni spessore etico-antropologico da una
determinata filosofia dell'educazione; 2) approcci d’insegnamento/istruzione
peculiari alla funzione docente assegnata a “docente unico” per
classe; 3) uniformità di caratterizzazione didattico-metodologica e
relazionale nel contesto del rapporto pedagogico.
La nuova scuola primaria di base promana da tutt'altra cultura
pedagogica e rispecchia temi e prospettive di dibattito assolutamente
diversi da quelli che hanno ispirato la scuola elementare del passato
lontano.
La mappa pedagogica della scuola,così, attinge da una
pluralità di orientamenti di filosofia dell'educazione e di correlati
indirizzi di ricerca pedagogica, ispirandosi a modelli strategici di
organizzazione della funzione docente che superano l'impostazione
bipolare del rapporto scolare didattico/educativo ed i conseguenti
connotati di isolazionismo didattico.
La programmazione e la realizzazione di ogni sequenza
d'insegnamento-apprendimento sono costantemente ascritte
all'intervento di una pluralità di docenti che si trovano sempre ad
operare nello spirito della collegialità di approccio e della
polivalenza dei modelli relazionali d’identificazione, mentre sempre
più emergenti si vengono a porre le logiche di razionalizzazione/progettualità
curricolare della prassi didattico/educativa centrata sui
principi di individualizzazione-differenziazione-personalizzazione
dei diversi compiti di apprendimento proposti e dei correlati
interventi d'insegnamento rivolti all'alunno.
Ogni discorso didattico-metodologico della scuola di
oggi,relativo alla funzione docente della modularità e delle classi
aperte,si viene ad imperniare su principi strategici che non
garantiscono a priori l’”unità
educativa” del progetto pedagogico, ma che la sollecitano quale prodotto
itinerante e conclusivo di un processo realizzato
all'insegna del continuo approccio sperimentale alle diverse variabili
educative,didattico/metodologiche ed organizzative; e del costante
momento dell'autoverifica-autorettifica quale centrale aspetto
pregnante di tutta l'opera di scolarizzazione.
In altre parole, questa “unità educativa” è sempre la
scommessa rischiosa e fallibile (ancorché autoverificabile e
autoriproponibile, ecc.) di una funzione docente che si qualifica sul
piano della continua ricerca sperimentale di etiche professionali e di
percorsi didattico-metodologici attraverso cui dar vita a
programmazioni di sequenze curricolari d'insegnamento-apprendimento
fortemente connotate in quanto ad integrazione
di intenti pedagogici e di risorse-opportunità di
formazione.
Prende corpo, in questo senso, l'impalcatura istituzionale di
un modello di scuola primaria di base che, in definitiva, elegge i
seguenti principi educativi quali caratterizzazioni fondamentali della
sua identità culturale/pedagogica ed
istituzionale: 1)
Affermazione della dignità contenutistica rivolta alla formazione
integrale e razionale della persona dell'alunno, sulla base di una
competenza epistemologica (logica e psicologica allo stesso tempo)
all'approccio dialettico con le diverse entità naturali e culturali
della realtà, ancorché con le sue evidenziali fonti della
conoscenza. 2)
Necessità di assoluta congruenza psicologica e di fedele aderenza
sociologica nella definizione-realizzazione della relazione educativa
scolare e nella preliminare sua prospettazione pedagogico-didattica. 3)
Razionalizzazione della relazione pedagogica in questione sul
piano dell'approccio strutturalistico-cognitivistico alle diverse
variabili educative.
2:3:
I principi pedagogici e di filosofia dell’educazione che
presuppongono i Programmi dell’85:
per una discussione di sintesi sulle finalità educative ed
etico-politiche della scuola primaria di base:
In definitiva,il complessivo progetto pedagogico della
scuola primaria di base,si pone
-nello stesso tempo e per lo stesso motivo-
quale contestuale e sistemica opera di educazione
etico-politica in riferimento a cui ogni obiettivo didattico indicato
trova senso e significato formativo.
A tale progetto ed al contestuale
Piano dell’offerta formativa è sotteso un concetto di Stato
che, lungi dal risultare entità astratta o metafisica (incarnazione
storica di qualche logos, ecc.),
si pone quale «una» tra le tante possibili
organizzazioni sociali e razionali del «pubblico», vale a dire
produttiva di coesione e di crescita.
Lo Stato che il progetto pedagogico della scuola primaria
presuppone ed a cui teleologicamente finalizza ogni sua attività
istituzionale,deve sempre risultare l'organizzazione etico/politica
del «pubblico» in quanto la razionalità (peculiare a tale
organizzazione) esige, nella condizioni storicamente determinate
dell'esistenza, tutte quelle garanzie e valorialità di sopravvivenza
tra i membri dello Stato stesso (cioé, tutte quelle tecniche di
convivenza e tutti quei simboli culturali di coesione e di crescita,
ecc.) che si pongano, per ciò stesso, erga
omnes (sia in senso diacronico che sincronico: a tutti i
cittadini del presente ed a tutti quelli possibili del futuro;
idealmente,a tutte le persone di una società che auspichiamo sempre
ecumenica ed a misura d’uomo;ecc.).
In questo senso,è evidente che la funzione politica di uno
Stato deve implicare,comunque sia, una correlata e complementare
funzione pedagogica: anzi, la forza razionale di una determinata
organizzazione politica del «pubblico», id
est dello Stato, viene a coincidere con la sua stessa forza
politica di risultare Stato educatore.
E’,così,che la forza politica dello Stato si risolve nella
sua forza pedagogica, vale a dire nella funzione pubblica dell' “educazione
pedagogica” che riesce ad esplicare verso tutti i cittadini,
assicurando a tutti quei processi di coesione e di crescita, di
convivenza civile/democratica e di sopravvivenza “dignitosa”,grazie
a cui inverare la loro più autentica ed universalmente
razionalizzante (id est,etica…) partecipazione democratica alla vita
della polis.
Lo Stato auspicato da questo
progetto pedagogico di scuola primaria di base, non si
identifica, quindi, con tutta la società effettualmente
determinata e composita, né con un privilegiato gruppo di potere che
esercita un controllo totalizzante sulle risorse ed i servizi del
Sociale: esso sempre implica ed esprime le due dimensioni del
«pubblico» e del «privato».
Così, nella misura in cui Pubblico e Privato sono due
prospettive dimensionali complementari e compresenti nell'individuo
(nell'individuo in quanto integralità di persona), lo Stato viene a
risultare quella istituzione sociale e politica (di governo,di
legislazione/amministrazione e di giustizia) grazie a cui ogni persona
della Società Civile e della Società Politica possa produrre e
gestire, nei termini sperimentali dell'autoverifica e
dell'autocontrollo, le tecniche della convivenza ed i progetti
universali, per ciò stesso etici: erga
omnes, della sopravvivenza materiale e culturale.
Il concetto di
convivenza democratica è, dunque, lo stesso concetto di Stato sopra
enucleato, e si risolve nella esigenza di tutti e di ciascuno di
risultare attore (partecipatore e fruitore, allo stesso tempo) di ogni
esperienza intersoggettiva e, per ciò stesso,nell'amministrazione
di ogni aspetto o istituto della vita pubblica,sia pur in
ragione della specificità del proprio profilo di ruolo
lavorativo,e,quindi,attraverso la sua identità esistenziale
socio/culturale e personalizzante).
In questo senso, risultando tutti i cittadini e
ciascuno di essi, produttori ed amministratori di criteri amministrativi
(come si ripete,a
prescindere dalla specificità e competenza dei loro diversi profili
professionali e delle conseguenti loro attività lavorative)
, la scuola primaria di base (in special modo) non
può non porsi in quanto fondamentale apparato idelogico e di
formazione culturale/professionale statuale (sia pur connotato da “espressione
di autonomia funzionale”); e, di conseguenza, non può non
evidenziarsi in quanto democratica, politica ed etico-sociale: i
presupposti educativo-formativi di organizzazione politica del
«pubblico», vale a dire del costituirsi di uno Stato in quanto tale,
ancorché del determinarsi di tutte quelle condizioni di crescita
civile del «sociale» e delle “cittadinanze”, sono strettamente
dipendenti anche dai comportamenti di partecipazione
e di impegno decisionale (id
est, di convivenza democratica) che la scuola stessa di
base saprà promuovere
nei suoi alunni.
L'attività cognitiva è sempre mezzo
per il raggiungimento di tali finalità educative di fondo:
il
fine è lo sviluppo della persona e la sua
formazione integrale grazie a cui potersi acquisire la più piena
(democratica,eticamente razionalizzante,critico/laicistica;ecc.)
effettiva partecipazione di tutti i cittadini all'organizzazione
politica, economica e sociale dello Stato.
Risulta quindi evidente come i fini della scuola primaria di
base,nel progetto pedagogico dell’offerta formativa,risultino i
medesimi di quelli del dettato costituzionale dello Stato democratico,
ovverosia del «contratto costituente» attraverso cui si viene ad
esplicare l'organizzazione razionale etico- politica del «pubblico
statuale».
Nella misura in cui si riconosce che lo Stato deve, tra gli
altri, razionalmente determinare e legiferare gli statuti
dell'amministrazione della sua scuola, si viene a legittimare il
principio che tutti gli operatori scolastici sono responsabilizzati a
configurare collegialmente/partecipativamente/dialogicamente
tale “amministrazione scolastica”
(e, dunque, ogni correlata determinazione pedagogico-didattica
ed ogni identità culturale che ne scaturisce sul piano della
funzionalità istituzionale e gestionale/organizzativa
di un dato istituto scolare). Tale
“amministrazione” dell’istituto scolare comporterà sempre,di
conseguenza, un momento istituente ed un momento
esecutivo/riproduttivo quali momenti interfunzionali,sinergici e
complementari: il primo momento viene a riguardare la stesura delle
“carte pedagogico/giuridiche”, o programmi,o curricoli di studio,
che dir si voglia; il secondo momento viene a comportare l'incontro
dialettico (ancorché compossibile ed integrativo) tra tali
“curricoli” nazionali e le variabili di una situazionalità
scolastica; e per ciò stesso si risolverà nell’attività
progettuale/programmatica della razionalizzazione di propri specifici
curricoli d’istituto (quindi, nella
didattica/didassi quotidiana sempre definita/realizzata alla
luce delle diverse identità gestionali locali,delle specifiche
condizioni territoriali,dei bisogni formativi concreti emergenti,delle
domande di educazione affioranti,delle risorse/opportunità
pedagogiche a disposizione (sia interne che esterne alla scuola);
e,peraltro,in ragione degli obiettivi educativi generali e specifici
di apprendimento patrimonio comune dell’intero sistema nazionale
dell’istruzione (della “committenza” statuale e della politica
scolastica governativa).
Alla luce di quanto sopra delineato, possiamo cercare di
cogliere ancora meglio la logica pedagogica generativa del contestuale
progetto pedagogica di scuola primaria di base,dei suoi processi
educativo/formativi e delle sue definizioni curricolari d’insegnamento/apprendimento
attraverso i seguenti punti di sintesi:
1) I fini educativi e le mete pedagogiche della scuola primaria
di base sono i medesimi di ogni istituto scolare dell'obbligo
formativo: ogni processo educativo
è finalizzato alla formazione integrale della persona
dell'alunno ed alla valenza democratica di ogni suo
comportamento di partecipazione sociale, responsabilizzante. 2)
Le finalità etico/sociali di formazione sono gli stessi valori di
generativi e di fondazione/legittimazione dello Stato sociale in
quanto Stato esso stesso di cultura,e,dunque,peculiari
ad ogni sua funzione pedagogica (che,come premesso,è la sua forza
politica razionalizzante l’organizzazione del “Pubblico” con cui
viene a coincidere ogni suo stato d’essere). 3)
I Programmi e gli indirizzi dei curricoli (gli standard di
apprendimento e gli obiettivi di formazione generali e specifici di
apprendimento) a carattere nazionale, prescrivono i traguardi
formativi essenziali e fondamentali da raggiungere. 4)
Il rapporto tra curricolo nazionale di Programma e situazionalità
scolastica (in
quanto rapporto tra l'oggettività della “carta giuridica” e la
soggettività dell'approccio deontologico/professionale
del docente) si articola in modo diverso e opposto rispetto al
passato: il curricolo programmatico fondamentale e le diverse
progettazioni e programmazioni didattico/educative di ciascuna
istituzione scolastica si pongono quali aspetti distinti in rapporto
dialettico e di “compenetrazione” didatticamente funzionale di una
stessa gestione
amministrativa,didattico/organizzativa e didattico/educativa. 4)Viene
esigenzializzato un profilo professionale del docente fortemente
connotato sul piano della capacità autoreferenziale alle operazioni
di progettualità didattico/organizzativa e didattico/educativa;
nonché connotato da formazione culturale/professionale rispecchiante
padronanza,abilità,competenza e
preparazione fondate sulla consapevolezza di tutti i più rilevanti
contributi che la ricerca delle scienze dell’educazione è andata
prospettando nel corso degli ultimi decenni.
In definitiva, nel progetto educativo dei Programmi dell’85’
emergono due modelli pedagogici di fondo così riassumibili: 1)
la scuola primaria deve offrire tutto-a-tutti,
in cui quel tutto non è mai somma più o meno cospicua di
informazioni, ma quella nozione organizzatrice o quel dato strutturale
della “nomenclatura storico/dinamica”
epistemologica di discipline ed ambiti disciplinari (dunque,di
connessioni interdisciplinari/multidisciplinari e transdisciplinari),
che si vengano a porre quale funzione generativa di apprendimento e di
transfert (vale a dire,
attività cognitiva metanaturale,metaculturale,anticipata, accelerata,
rinforzata, controllata,intenzionale,sistematica e sistematizzante,programmata
e strutturata,sempre pedagogicamente fondata,scientificamente
scriteriata e sperimentalmente condotta,… rispetto a quella
attività cognitiva che il soggetto riuscirebbe a produrre per-
natura, con suoi propri ritmi,anche in un contesto di
agenzie e spazi educativo/socializzanti non precisamente
professionalizzati nell’indirizzare quella “educazione pedagogica”
che è lo specifico dell’istituto scolare in quanto tale).
In questo progetto pedagogico, viene proposto un impianto
metodologico generale di netto stampo neo-strutturalistico, saldamente
ancorato alle sempre feconde tracce indicate dallo strumentalismo
deweyano ed al correlato orientamento cognitivistico-costruzionista
emblematicamente facente capo a Bruner e Piaget.
Lungi dalle paure di moda sulla ragione cognitiva, qui si viene
a sollecitare una corretta lettura di tale prospettiva psicopedagogica,
e la demistificazione di talune credenze che hanno alimentato per
troppo tempo nocivi equivoci laddove si veniva ad invocare quel
fanciullo «tutto intuizione, fantasia e seri- timento»
(Programmi del '55) che non è mai esistito e mai sussisterà (…se
non nella fantasia o … nella mistificazione volutamente alienante di
gente che amava la funzione docente ignaramente o che…faceva finta
di amarla “diabolicamente” …per fini che non sarebbe difficile
cogliere!).
In questo senso,contrappositivamente,i Programmi dell’85’
ed il loro contestuale progetto pedagogico presuppongono,dietro le
righe,la “verità filosofica” che il conoscere, al di là di
vecchi schemi epistemologici medioevali, non è una facoltà
dell'anima accanto ad altre facoltà (per cui si pone il problema
della gerarchia da riferire a tale serie di facoltà e della
conseguente armonia da
stabilire per evitare unilaterali concezioni della spiritualità
umana).
Il conoscere ed ogni conseguente consapevolezza esperenziale,per
l’alunno come per il docente,è la struttura costitutiva dell'Umano
in quanto funzione generatrice, ancorché intrascendibile, che produce
simboli linguistici di diverso spessore economico e di altrettanto
varia consistenza semiologia.
E’ grazie al conoscere che il soggetto risponde
ai condizionamenti del mondo (esercitando previsione e
controllo dell'esperienza, interpretazione e trasformazione dei suoi
dati di riferimento al reale, ecc.) ed esprime linguaggi-comportamenti
sempre ulteriori-eccedenti i condizionamenti di partenza stessi.
Risulta evidente, quindi, che è grazie a questa struttura
costitutiva dell'Umano che (per l’alunno come per il docente) si
possono esprimere i contenuti del sentimento
e della volontà etica proprio
in quanto tali contenuti medesimi si pongono inequivocabilmente quali
linguaggi-comportamenti che si configurano sempre sulla base di un
presupposto approccio cognitivo di simbolizzazione di un soggetto all’indirizzo
dei dati storico/culturali e naturali di riferimento al
reale (ancorché dell’interiorità umana della propria
realtà personale e di quella degli altri soggetti con cui entra in
relazione).
Soltanto sulla base di una “potente”
attività cognitiva e razionalizzante; e di un sapiente
processo di alfabetizzazione culturale (che permetta di acquisire le
strutture epistemologiche del sapere);
l'alunno potrà indirizzarsi alle finalità formative della
propria persona (cognitivo/intellettive,emotivo/affettive,etico-sociali,ancorché
politiche) proprio in quanto avrà modo di acquisire le competenze
linguistiche astraenti e logico/razionali a configurare e tradurre
nella comunicazione intersoggettiva con “gli altri” (oltrechè,nella
“comunicazione intersoggettiva” con il suo proprio io; vale a
dire,nel suo “campo” di coscienza e nella consapevolezza dei
propri prospetti d’identità; ecc.) ogni suo contenuto appartenente
alla stessa sfera etico-volitiva e, comunque, emotivo-affettiva. 2)
Gli obiettivi e le finalità che vengono proposti e riferiti a docenti
ed alunni, ancorché a tutti gli amministratori
ed attori della scuola,
non sono significati che si possano rinvenire in qualche settore
privilegiato dell'esperienza e nemmeno traguardi che si possano
raggiungere una volta per sempre (al vertice di una scala), bensì
valori e conseguenti “beni
comuni” di cultura che debbono ispirare senso e significato dei
diversi processi educativi sempre e comunque (ovviamente, a livelli e
forme diverse in relazione ai ritmi di maturazione dell'alunno,al tipo
di scolarizzazione,ai bisogni peculiari di formazione ed al curricolo
specifico di studi propostogli di anno in anno, ecc.).
Gli obiettivi e le finalità che la scuola primaria deve
perseguire, si vengono a riconoscere nello «stile» dei percorsi
didattico-metodologici programmati e realizzati, e nella specifica
valenza formativa che le correlate sequenze d'insegnamento-
apprendimento rivelano nel fuoco della relazione educativa scolare e
nel vivo della loro “educazione
pedagogica”.
In questo senso, si può dire che il progetto pedagogico
complessivo della scuola primaria viene a proporre ai docenti ed agli
alunni (a ciascuno in relazione al proprio approccio deontologico e di
funzione) il primato della «metodologia» sull' ”ontologia”; vale
a dire la «doverosità» del “metodologico” tanto nei processi di
apprendimento e di relazionalità educativo/formativa quanto nella
contestuale attività didattico-progettuale e
gestionale/organizzativa.
Il “metodo” che contestualmente rivela l’esplicazione
della funzione docente e la progettualità didattica, non si pone
quale “strumento neutro” ed indifferente, strettamente correlato a
verità già date e garantite a-priori
(nel senso che ogni metodo è buono se ci permette di
raggiungere certi risultati, il cui senso e destino ci è già noto, e
della cui riuscita non dubitiamo nemmeno, ecc.): al contrario, la
dimensione metodologica è
quell'unica realtà processuale grazie a cui ha senso ogni esperienza
esistenziale scolare (dunque docente, ancorché discente)
e,quindi,grazie a cui acquista significato autentico e dignità
razionalizzante la nostra stessa persona.
In altre parole, il “metodo” è sempre stile e dover
essere (mai dato-di-fatto o strumento manipolabile a guisa
di informe mezzo comunicazionale o semiologico, o strategico o
procedurale irrilevante nei confronti delle finalità), e coincide
costitutivamente con il «deontologico» del progetto pedagogico in
questione (apprenditivo-formativo per gli alunni e
didattico-metodologico-curricolare e gestionale/progettuale per quanto
concerne l'approccio d'insegnamento-istruzione del docente).
==========================================================
Riferimenti
bibliografici: -§:Gianfranco Purpi, Per una discussione sui lineamenti di una pedagogia finalizzata alla legalità di una Società Democratica,alla eticità della politica del Bene Comune ed al valore autentico di Persona, ”Educazione e scuola” ( dicembre 2000); pubblicato in: http://www.edscuola.com/archivio/ped/autonomia/etica.html;
-§:Gianfranco Purpi,Sui
presupposti epistemologici del discorso pedagogico: ”Educazione e scuola”
(gennaio 2001); pubblicato in: http://www.edscuola.com/archivio/ped/autonomia/prepi.html;
-§:Gianfranco Purpi,I nuovi programmi scolastici elementari nella crisi educativa del Post-Moderno,Ila Palma,Palermo 1988. -Mario Manno,La persona come metafora,La Scuola,Brescia 1998. -Id.,Nuove ricerche sul personalismo,Ibidem,1982. -Id.,La funzione pubblica della pedagogia,Ila Palma,Palermo 1982. -Id.,Per una pedagogia della scuola,Ibidem,1985. -Id.,Contributi per una riforma della scuola,Ibidem,1987. -Id.,Tre saggi sull’educazione pedagogica,Ibidem,1985. -Giancarlo Cerini (a cura di),Conoscere e sperimentare l’autonomia,Tecnodid,Napoli 2000. -Id.,Dalla scuola primaria alla scuola di base,Ibidem,2000. -A.Pajno,G.Chiosso e G.Bertagna,L’autonomia delle scuole,La Scuola,Brescia 1997. -C.Scurati,Elementare,oltre,La Scuola,Brescia 1993. -Id.,Dai Programmi alla scuola,Ibidem,1997. -C.Scurati e I.Fiorin,Pedagogia della scuola,Ibidem,1997. -N.Paparella,Progetto scuola materna,La Scuola,Brescia 1991. -Franco Frabboni e Giancarlo Cerini (a cura di),Verso i nuovi curricoli della scuola di base,Tecnodid,Napoli 2001. -Giancarlo Cerini e Italo Fiorin (a cura di),I curricoli della scuola di base,Tecnodid,Napoli 2001. -Giancarlo Cerini e Dino Cristanini (a cura di),A scuola di autonomia,Ibidem,2000.
-si vedano anche i saggi del Prof.re Giancarlo Cerini in: http://www.edscuola.com/cerini.html: pubblicati sulla rivista “Educazione e scuola”,sul sito www.edscuola.com ; e riportati,precisamente,nella rubrica: “Riforma-on-line”. -Rimandiamo anche ai saggi dell’Ispettore T.C. Prof.re Umberto Tenuta,che sono rinvenibili sul sito www.edscuola.com e,specificatamente,nella rubrica : “Metodologia e Didattica” , contrassegnata da questa sigla: http://www.edscuola.com/dida.html. |
La pagina
- Educazione&Scuola©