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Libertà di insegnamento, ovvero, i bamboccioni
di Enrico Maranzana
La libertà d’insegnamento , mantra del docente, trae la sua origine
dall’interpretazione dell’art. 33 della nostra costituzione: “ L'arte e
la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento”.
Si tratta di un principio posto a fondamento della vita e dell’attività
delle scuole a cui il comune sentire attribuisce il seguente contenuto:
“L’affermazione che l’arte e la scienza sono libere significa che nel
sistema costituzionale italiano non sono ammesse una cultura ed un’arte
di Stato” Avv. P. Guadagni Consulenza e
assistenza in materia di diritto civile - 2009
"La
libertà di insegnamento consiste nel garantire il docente contro ogni
costrizione o condizionamento
da parte dei pubblici poteri”
Enciclopedia del Diritto De Agostini
“Al
riconoscimento di tale libertà corrisponde l'attribuzione di un diritto
soggettivo al singolo docente, il quale, in piena autonomia e senza
condizionamenti, proprio perché libero, deve poter decidere - entro i
limiti fissati dalla legge- sia le modalità tecnico didattiche del
proprio insegnamento,
sia i valori formativi che intende trasmettere ai propri allievi”.
Federazione nazionale Gilda 2006 Impressionante la sovrapponibilità di tali
proposizioni con la concezione anarchica della politica che scaturisce
dall'idea di un ordine fondato sull'autonomia e sulla libertà degli
individui. Gli
anarchici propugnano una società priva di potere centrale e composta da
individui che si organizzano liberamente.
Essenziale indagare, riconoscere e rimuovere le cause di tale deriva:
non è ipotizzabile che tutti gli addetti della scuola, dai massimi
livelli a quelli operativi, siano portatori di filosofie anarchiche.
L’immaturità
è la prima ragione dei pensiero deviante: alle scuole, a partire dalla
fine degli anni ’60, è stata assegnata una propria, specifica “mission”
che le ha differenziate dalle università di cui, fino ad allora, erano
state sorelle minori.
“Lo
sviluppo della persona umana”
è la loro nuova responsabilità istituzionale: la
conoscenza, da fine dell’insegnamento, è diventata mezzo per far
evolvere, per stimolare
e per promuovere le qualità dei giovani.
Nelle scuole, però,
tutto si è fermato agli inizi del novecento.
I lavori di classe sono tuttora ancorati ai libri di testo i cui
capitoli ne scandiscono gli avanzamenti; i docenti si riparano,
velandosi, sotto il mantello degli accademici e degli editori, non
fronteggiano le responsabilità dell’insegnamento nel XXI secolo.
La mancanza di professionalità
è la seconda causa della degenerazione: il termine “scuola” non è stato
sostituito con “Sistema educativo di formazione e istruzione” per una
questione di acustica ma perché è stata riconosciuta la complessità del
suo compito che, come tale, deve essere affrontato. Sono stati infatti
individuati,
definiti e gerarchizzati i problemi di cui si sostanzia, e, per ognuno
di essi, è stato costituito un soggetto responsabile della relativa
soluzione.
Nei Piani dell’Offerta Formativa delle singole scuole, visibili in rete,
invece, di tale concezione non c’è alcuna traccia.
La diretta conseguenza dell’assunzione dell’ottica
sistemica da parte del legislatore riguarda il significato di
“insegnamento”. Questo è da ricercare all’interno del suo naturale campo
di definizione: la progressione formazione – educazione – istruzione -
insegnamento.
Prima sono da individuare e da specificare le
competenze generali che gli studenti devono acquisire per entrare da
protagonisti nel vortice della società contemporanea, successivamente
sono da ricercare
e da identificare
le capacità necessarie alla maturazione e
all’esercizio di detti comportamenti, in seguito sono da individuare i
saperi, le strumentazioni idonee all’ideazione di processi
d’apprendimento mirati, infine sono da coordinare, da progettare e da
realizzare gli insegnamenti.
Si può pertanto affermare che
la libertà
di insegnamento si sostanzia
nell’ideazione, nella gestione e nel controllo dell’efficacia di
“occasioni d’apprendimento”, un
MIX
finalizzato
di problemi, argomenti, metodi disciplinari e metodi didattici.
[Si veda in rete:
Usiamo i
logaritmi per “riordinare” la scuola].
Tale concetto
è l’architrave del regolamento dei licei che ha fissato, tra i “punti
fondamentali e imprescindibili
·
lo
studio delle discipline in una prospettiva sistematica, storica e
critica;
·
la
pratica dei metodi di indagine propri dei diversi ambiti disciplinari;
·
l’uso
costante del laboratorio per l’insegnamento delle discipline
scientifiche
che solo la pratica didattica è in grado di
integrare e sviluppare”.
Il successivo raffinamento del regolamento di
riordino, che ha condotto alla redazione delle indicazioni nazionali,
irresponsabilmente, non ha tenuto in alcuna considerazione tale
orientamento e ha riaffermato il primato della conoscenza
sull’apprendimento.
Tra gli obiettivi specifici, infatti, manca ogni
riferimento alla capacità di
assumere punti di vista differenti, di
modellare, di formulare ipotesi, di operare scelte, di esercitare il
controllo, di documentare, di astrarre, di generalizzare, di leggere la
realtà in ottica sistemica …
[Per
approfondire si veda in rete -
La riforma delle superiori: un buco nell’acqua].
Tale divergenza
evidenzia come gli universitari, membri della commissione ministeriale,
abbiano difeso il loro dominio sulla scuola secondaria e abbiano
prefigurato un servizio in aperto contrasto con lo spirito e con la
lettera delle norme.
Per approfondire rimando al WEB:
·
per le negligenze del ministero -
Competenze: poche idee ben confuse;
·
per le negligenze dei dirigenti scolastici -
La funzione dirigenziale: chiave di volta del servizio scolastico;
·
per le negligenze delle scuole –
All’origine del disservizio scolastico;
·
per l’organizzazione di un servizio conforme alla
legge –
Insegnare matematica dopo il riordino
–
Razionalizzare l’attività delle scuole
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