Prima Pagina
Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo

Ricerca

 

RIPARTIRE DAL "BASSO"

 

Mi piace pensare che la strada per la Riforma non sia stata ancora segnata, mi piace credere che sia possibile proporre democraticamente qualcosa che nasca dall’amore, dall’esperienza di una vita e dagli studi aggiornati e sperimentati, quindi mi dico "vola alto", "vola" e poi tutto passa, e quando fra qualche anno non ci sarai più, le cose cambieranno quasi naturalmente, spinte dai giovani che lottano, dalle persone di buona volontà, da coloro che sono per una docenza che non cerca fughe di carriera, da donne e da uomini che amano ciò che fanno indipendentemente da ciò che "porteranno a casa". E così spero che siano tante/i a "sognare" dopo aver valutato quotidianamente i bisogni delle bambine e dei bambini!

Vorrei che si affermasse chiaramente che la Riforma così come è stata pensata non ci appartiene, perché non si può, nel riformare la scuola, prescindere da una analisi sociologica del Paese reale che noi tutti conosciamo molto bene! Si dice che le/i nostre/i ragazze/i dovranno essere competitive/i in Europa (per qualità e quantità d’istruzione ricevuta), ma non potranno esserlo mai (e lo si sa già), perché molte/i di loro hanno alle spalle situazioni economiche, familiari, affettive, "culturali", profondamente degradate e "degradanti". E qui sta il punto: al disagio giovanile, alla dispersione e alla mortalità scolastica si risponde "semplificando" il sistema con la divaricazione fra formazione e licei (pur con tutte le passerelle) e, se le risorse finanziarie lo consentiranno, con gli strumenti (computer, laboratori scientifici, ecc.); inoltre non si ragiona più sui Saperi irrinunciabili . "Volare alto", secondo me, invece, vorrebbe dire "scendere" (si scusi il bisticcio) ai piani "bassi", "molto bassi", in definitiva al Nido! E osservare con attenzione le dinamiche dei gruppi infantili prima di prendere qualsiasi decisione di modifica dell’attuale impianto e per trovare soluzioni atte a eliminare gli "ostacoli" che incontra chi è nata/o meno fortunata/o!

Vorrebbe dire prendere atto di una società molto malata che non rispetta assolutamente l’infanzia: prima la espone a messaggi mediali di livello infimo, la "nega" in famiglie che lottano unicamente per arrivare alla fine del mese (e la domenica o a tarda sera si rilassano, quando possono, davanti alla televisione!), poi le propina una bella ricetta istituzionale, la orienterà, la "sballotterà" tra un laboratorio e l’altro, la disorienterà con Progetti e strumenti sofisticati di cui francamente non saprà che farsene! Perché non saprà che farsene?! Semplicemente perché l’infanzia contemporanea riflette il problema principe di questa società squilibrata: il blocco delle "relazioni" interpersonali che diviene sempre e costantemente di più conflitto cognitivo!! Cosa significa? Significa ciò che qualsiasi docente, dotata/o di un minimo di sensibilità sa: si possono "regalare" tecniche, metodologie, strumenti (anche i più sofisticati) ma se la/il destinataria/o non li vuole intimamente, non li utilizzerà. E la/il destinataria/o, bambina/o o adolescente che sia, oggi, è "satura/o" e "vuota/o" insieme. Satura/o di messaggi inutili e superficiali; vuota/o di linguaggi personali, di relazioni positive interiorizzate, di esperienze altrui raccontate, di idee su se stessa/o, sul mondo, sul quotidiano! A volte, vuota/o d’affetti. Non esiste reale possibilità d’apprendere, di amare la cultura (l’altra/o, il diverso, la novità), di ricevere alcun che, se prima non ci si sente stimate/i, ascoltate/i, se prima non si riceve un minimo di bagaglio linguistico che permette di ricostruire il "mondo" circostante, di reinventarlo con le proprie personali parole (anche poche, ma pur sempre parole!).

E così vorrei una scuola che prendesse atto della società così come è, e che da questa partisse per ricominciare "insieme con tutte/i"!

Vorrei, come docente, avere le mani più libere per intervenire sul "disagio" quando compare, quindi vorrei ci fosse conferito il diritto-dovere di interpellare, richiamare, aiutare, sostenere, con le nostre professionalità, le famiglie. Vorremmo leggi che sancissero il diritto-dovere del docente, di mettersi immediatamente, senza burocrazia, senza perdere neppure un minuto, in contatto con specialisti.

Vorrei che prima di qualsiasi altra formazione, venisse richiesta alle/ai docenti di tutti gli ordini di scuola la disponibilità ad aggiornarsi sulle "strategie della relazione", altro che corsi di informatica (molto più facili e inutili alla risoluzione del conflitto cognitivo).

Vorrei che fosse reso noto, a voce alta e forte, che la dispersione e la mortalità scolastica non dipendono primariamente dall’attuale "scatola" dell’organizzazione scolastica, ma dal modo in cui sono formate le classi; dai "tagli" continui del corpo docente e dalle ristrettezze dei fondi d’istituto; dall’insensatezza delle continue proposte di progetti; dalle continue misurazioni della qualità; dall’impossibilità di aiutare le/gli alunne/i con problemi, a rischio (che si perdono nel numero impressionante di alunne/i distribuite/i in ogni classe).

Vorrei si ragionasse sul fatto che la Riforma annunciata forse, sfornerebbe (ma anche su questo ho seri dubbi) operai specializzati, manodopera preparata tecnologicamente, ma probabilmente non formerebbe cittadine/i, pronte/i ad imparare in modo ricorrente e permanente, con una cultura di base solida.

Come non mi stancherò mai di dire e di sperare, vorrei una scuola di base più lunga, più "lenta" nel pretendere conquiste, più disposta ad ascoltare ogni singola/o alunna/o, più pronta ad aiutare e sostenere.

Quindi essenziale sarebbe un numero di alunne/i di molto inferiore a quello attuale (la qualità della scuola sarà la qualità delle relazioni che potremo instaurare, senza dimenticare le strategie e i contenuti ovviamente!). Tutte/i dovremmo chiedere con forza tempo per leggere, raccontare, far muovere, "teatrare" far discutere, affinchè le/i ragazze/i si misurino con le/i pari, affinchè apprendano la lingua madre, la matematica delle cose, la storia, la geografia e via dicendo…Non dovremmo chiedere macchine (che abbondantemente abbiamo ovunque!), non dovremmo contribuire a creare "macchine umane". Noi dovremmo chiedere tempo, spazi e spazio. Per realizzare ciò occorre denaro, ma se non ce n’è , onestamente si dica che non ce n’è e che la scuola attuale va già troppo bene così come è!

Altrimenti si "voli alto" e si ammetta che il "male" non è soltanto nei docenti impreparati (anche se sicuramente ce ne sono e sempre ce ne saranno).

A proposito di questo, vorrei si facesse presente che se nell’utenza si instilla giorno per giorno la convinzione che le/i docenti a cui, attualmente, si affidano i figli, non sono al passo con i tempi, non sono preparati alle sfide del secolo, ecc….le famiglie, a propria volta, instilleranno nei giovani la sensazione che ciò che essi fanno è inutile, senza sbocchi …o peggio … dannoso! Quale rapporto si potrà poi instaurare fra docente e alunna/o? Quale senso avranno per le/i ragazze/i le attività che quotidianamente dovranno affrontare e condividere a scuola?

Anche un bambino sa che senza fiducia nulla si insegna e nulla si impara!

Comunque fa proprio sorridere l’idea che i ministri che si susseguono, i loro collaboratori, gli accademici pensino veramente di risolvere, con decreti, consultazioni affrettate, "tagli", i problemi reali delle scuole, delle/dei docenti, delle/degli alunne/i e delle loro famiglie!

 

ESEMPIO PER CAPIRE
(storia di una bambina/o (attuale) a "rischio" (e moltiplicatela) nella scuola della riforma annunciata (futura)):

 

Provate a immaginare una/un ipotetica/o bambina/o reale, una/o delle/dei tante/i, figlia/o di una coppia qualsiasi che tutto il giorno lavora e non ha tempo neanche per accorgersi che vive. Provate! Provate a pensare ad una famiglia che ha su di sé tutto il carico, dall’assistenza agli anziani fino ad affrontare separazioni, divorzi, difficoltà, insomma, di ogni tipo!

"Lei/Lui"(se non ha avuto la possibilità di frequentare il Nido) è stata/o per i primi due anni e mezzo affidata/o a qualcuno che le/gli parla poco o niente, nel migliore dei casi ha udito qualche musichetta, oppure, nel peggiore dei casi, ha avuto un rapporto totalizzante con la televisione baby sitter o è stata/o custodita/o da una/un sorella/fratello maggiore annoiata/o e infastidita/o che magari l’ha fatta/o partecipe dei propri turbamenti esistenziali.

Poi mandatela/o a due anni e mezzo (presto presto!) alla scuola dell’infanzia, dove comincia a scontrarsi con i pari, un’individualità contro l’altra, dentro un’aula con 25, 26, 27, 28 compagne/i.

Le sue maestre, le "migliori in Europa"(sono quasi magiche!), si prodigano per recuperare il tempo e il disagio che lei/lui già porta con sé. La/o seguono, la/o stimolano, ma lei/ lui è irrequieta/o, è egocentrica/o, vuole tutto per sé (finalmente!). E invece esse devono dividersi fra tutte/i e tante/i, che come lei/lui, non aspettano: pretendono quell’attenzione che l’infanzia "vuole e chiama" a gran voce! Immaginate poi le sue maestre spiegare allo psichiatra dell’unità sanitaria i problemi della/del bambina/o, la sua aggressività, la sua incapacità a spiegarsi con le parole. Ora pensate alle risposte di uno psichiatra (uno per un numero imprecisato di bambini!): "E’ un bambino intelligente, ma ha sofferto; il padre è assente, la madre è ansiosa, apprensiva e si sente in colpa. Il bambino è il risultato dell’ambiente in cui vive, quindi voi insegnanti dovrete approntare un piano educativo individualizzato. Quale? Io ho fatto la diagnosi, ora tocca a voi". "Sì, ma gli altri 10 su 28 che hanno un problema?" "Io non posso darvi un sostegno, non c’è nessun handicap".

Le maestre, le migliori in Europa, s’ingegnano come possono:la/ il bambina/o cresce e frequenterà le elementari.

A questo punto il mondo della/del nostra/o bambina/o va in crisi, perché qui dovrà "per forza" apprendere, misurarsi con se stessa/o e con le/gli altre/i, ma lei/ lui non ha "armi" cognitive, perché è già "fregata/o" e continua ad esserlo.

Qui, le maestre (ai primi posti nel mondo) hanno i programmi, le verifiche sulla qualità, gli obiettivi da raggiungere, poco tempo per ascoltarla/o; altri 24 alunni da ascoltare. Sì, ma sono tre insegnanti, si dirà! Sono tre, sì’, è vero, ma ognuna deve ascoltarne 25 + 25 (vedi moduli numerosi) tra cui parecchie/i presentano disturbi del carattere e della relazione. Fortuna che sono in tre (dico io): tre professionalità "agguerritissime", ma non miracolose!

Inoltre la/il bambina/o dovrà imparare ad esprimersi nella lingua madre, per iscritto e oralmente, con proprietà, senza errori, con consapevolezza e lo dovrà fare affrontando anche una lingua straniera, magari due(nelle scuole più all’avanguardia!).

La/il bambina/o vorrebbe raccontare qualcosa di sé, ma non c’è più tempo:le scuole medie avranno già altri gravosi compiti(v. orientamento)!

Immaginiamo poi il computer "risolutore".

Ecco la/il bambino davanti allo schermo: guarda, studia lo schermo, lo analizza, ma come, se non ha ancora avuto tempo per parlare? Oh…Oh… sono volati 5 anni di scuola elementare, ecco il triennio che la/lo renderà consapevole delle sue abilità e capacità, delle sue scelte future. Ma la/il bambina/o non sa cosa pensare, perché non ha le "parole" per pensare. Ma va avanti, perché avanti si va! Ci mancherebbe altro! Che colpa ne ha lei/lui se non ha imparato, spinto alla scuola dell’infanzia e alle elementari che quasi era in fasce (v. anticipo), in aule stracolme di altri esseri privi di spazio vitale, a convivere con le/i proprie/i simili, a comunicare verbalmente (senza calci, pugni, insulti) con le/i compagne/i e le/i docenti?

Allora avanti! La/il bambina/o è pronta/o ad affrontare un altro grado di scuola!

Lo "assaggerà" e andrà avanti! Ora inizierà il periodo scolastico fondamentale per la sua vita lavorativa futura. La/il nostra/o bambina/o ormai è intontita/o, è una/un ragazza/o che non vede l’ora di "uscire" dagli insuccessi accumulati che l’hanno stordita/o. Non sa chi è, ma sa di sicuro (gliel’hanno fatto credere in tutti i modi!) che ormai ha 18 anni e quindi (al passo con le/gli Europee/i) andrà a lavorare (dove?! come?!).

Sa scrivere il suo nome e cognome; ancora, per esprimersi usa "il linguaggio del corpo", ma sa usare qualche apparecchio, sa il valore del denaro, sa che desidera dei gingilli moderni e sofisticati. Sa usare il telefonino e il computer. Cosa vuole di più una/un ragazza/o?

Le/i sue/suoi compagne/i, quelle/i che hanno proseguito negli studi, sono quelle/i che da piccole/i avevano la mamma a disposizione, magari la baby sitter bilingue, il papà che si faceva accompagnare durante i viaggi di lavoro e parlava con loro, la nonna laureata, il nonno imprenditore! Ma quelli non avevano bisogno della scuola pubblica per trovare un posto nella società!

 

FO, 10 Marzo 2002

Claudia Fanti (maestra elementare)


La pagina
- Educazione&Scuola©