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Avete sentito la trasmissione “Il Capo e la Coda” dal titolo “Il Maestro” condotta da Mussapi su Radio Rai 3, sabato 5 gennaio 2008? Io sì. Mi è sembrata molto significativa. In particolare sono stata colpita dall’espressione “La vita è una catena di magisteri”. Ha scatenato in me diverse riflessioni. La prima è: non ci sono
più Maestri. Ci sono perlopiù personaggi, famosi per prodezze che hanno
dubbio valore. Ci sono politici più o meno impegnati a difendere il
proprio operato; ci sono intellettuali che appaiono “troppo” e ripetono
proposizioni banali, scontate, ad uso di un pubblico passivo che guarda
la TV mentre cena o discute di bollette salate in famiglia. La seconda è: se per un anziano ciò non è poi tanto importante, per una persona giovane è sicuramente una grave assenza. Qualcosa di cui non vediamo ancora le conseguenze. Vero potrebbe essere che cattivi Maestri sono pericolosi, altrettanto vero potrebbe diventare il fatto che una società senza Maestri rischia di trasformarsi in un deserto delle idee e dei valori dell’umanità. La terza è: anche la
scuola non ha più Maestri. Anzi, sta già subendo il dramma di un mondo
sottomesso agli ingannatori, all’incompetenza di chi occupa i punti
chiave. Non ho paura di affermare che alla scuola sono state distrutte
le fondamenta: la capacità dell’essere propositiva, la volontà, il
pensiero divergente, la determinazione al raggiungimento di scopi
educativi e di istruzione. La quarta è: i Maestri
forse si aggirano silenziosi e segreti, così nessuno li vede? Vivono ai
margini perchè nessuno li ascolta più? Perché nessuno sa con-versare per
stabilire un dialogo proficuo? La quinta è: potremo
mai, a parte il sacrosanto diritto a difenderci dalle notizie
allarmistiche e allarmanti, da quelle rosa a quelle nere, rifondare la
scuola, rimetterla in posizione verticale? ridarle il giusto orgoglio
della formazione unitamente alla rifondazione di una società basata sul
rispetto per valori quali la perseveranza, la tensione al miglioramento,
il riconoscimento dei ruoli specifici delle professioni, il rispetto
delle regole più semplici della convivenza? La sesta è:
l’assunzione della responsabilità della parola è in disuso, si
preferisce tacere o, al massimo, far uso di metafore confuse, foriere
di ambivalenti o ambigue interpretazioni. La settima è: sarebbe bello ridare valore alle parole significative, portatrici di innovazione e riflessione, in laboratori senza le pareti: le nostre scuole sono zeppe di aule “vuote” e “piene” di ammennicoli ormai vetusti, ma il laboratorio delle idee non c’è, non è ancora stato riproposto dove già c’era o inventato dove non ha mai avuto collocazione! W la filosofia, W la con-versazione, W la scrittura di pensieri sgorgati dai banchi e dalle cattedre! “Parlare del pensato, scrivere del pensato, comunicare il pensato”: così chiamerei il “nuovo” laboratorio nella scuola del domani e lo “mostrerei” al momento della missione impossibile degli openday dei nostri istituti scolastici a decine e decine di famiglie ammutolite ed esterrefatte della incredibile novità di un laboratorio senza pareti, quello del cervello! L’ottava è: le conquiste di anni di lotte per giungere alla Costituzione e poi alla sua applicazione, di fatto non ancora completata, sono già state dimenticate e vengono ogni giorno messe in pericolo da rigurgiti di violenti attacchi alla libertà e alle diversità.
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