Che fare?
Informare e comunicare per battere il grande comunicatore sul "nostro"
terreno
di
Claudia Fanti
Carissime/i,
sono così contenta di
leggere in rete e sui quotidiani tutto ciò che si va dicendo ora…finita
la luna di miele tra popolo e potere, finita.
Si respira un’aria
nuova. Si vede proprio in diretta che quei giovani che la scuola ha
formato non sono bamboccioni, non sono bamboccini…e, soprattutto, hanno
la forza delle idee, a cui molte di noi hanno dato la vita lavorativa.
Sono felice di notare che la gente C’E’. E sono stracontenta che i
padroni del vapore abbiano una grande paura dei sondaggi di oggi. Bene,
qualcosa si è mosso eccome: cominciano ad affiorare dalla palude le
persone vere che sono interessate ai valori più che agli interessi. I
salotti televisivi, le parole dei soliti noti e famosi sono state
sommerse dalla creatività. Ormai fa ridere ascoltare le consuete frasi
fatte di personaggi in voga nei teatrini tv. Sanno di stantio, di
ammuffito. E sono contenta che molte di noi, abbiano bandito la
“timidezza” da esposizione, abbiano abbandonato i fornelli e gli stracci
della polvere, per viaggiare in paesi e paesini allo scopo di INFORMARE
altre donne, altri figli, altri babbi, altre mamme, su cosa li attende.
Siamo maestre, mamme, nonne, bisnonne, invisibili, ma con una testa e
uno spirito antichi: quelli di chi difende la prole e il futuro.
Ora, dopo la
trasformazione del decreto in legge dello Stato, siamo preoccupate di
cosa accadrà e non sappiamo bene quale direzione prendere, ma la storia
non si ferma, la gente non si ferma e dimostra al mondo della politica
tutta che si deve cambiare approccio con il territorio, che bisogna
farsi presenza attiva, che bisogna schiodarsi dalle sedie, che non
bastano più i comizi, le riunioni di partito, i congressi. E soprattutto
dimostra che ne ha francamente abbastanza dei litigi all’interno dei
partiti e delle coalizioni politiche mentre tutto va a rotoli!
Abbiamo tenuto in mano
fiaccole, abbiamo fatto maratone, abbiamo ballato e cantato, fatto
lezioni all’aperto, dormito nelle scuole, raccolto migliaia di firme…ora
dobbiamo informare informare informare ancora su cosa accadrà nella
quotidianità…come si potrebbe fare? E’ la scuola che raccoglie in sé il
territorio tutto, tutte le generazioni, tutte le tipologie di attività
lavorative, è la scuola il nostro bene, il nostro futuro e quello dei
cuccioli, quindi è lì davanti che dobbiamo muoverci, fisicamente
davanti…si può pensare a un gazebo permanente in cui a turno si fa
informazione su economia, valutazione, modalità modificate di fare
scuola con gli alunni, diminuzione del tempo, diminuzione del sapere e
via dicendo…credo che si dovrebbe cominciare dal territorio e il
territorio è il mondo vivo intorno alla scuola...
Da lì poi sicuramente
nascerebbero proposte per fronteggiare, nei collegi e nei consigli di
circolo, il piano di attuazione della legge e la legge stessa. Cosa ne
dite? Abbiamo avuto sportelli per tutto, perché non fare uno “sportello”
di attiva e “serena informazione” costante?
Un’ ultima nota. Avrete
letto sicuramente l’articolo che qui sotto incollo. Il Cavaliere cerca
di fermare l’onda dopo che ha invaso le piazze. Riflettiamo sul
significato che può avere tale “pausa di riflessione” governativa.
Intanto la scuola dei “piccoli” ha già la sua bella legge! Permettetemi
di dire “le donne, le maestre e le mamme, ancora una volta, soprattutto
le donne, hanno la loro bella legge che non le rispetta e spetta ancora
una volta a loro contribuire al risanamento economico (circa 8 miliardi
di euro) delle tasche altrui! Che Paese!
Repubblica: Università, rinviata la riforma
02-11-2008
In
molte città scattano le prime denunce delle questure contro gli
studenti. Domani riparte la mobilitazione nelle scuole
ROMA - Il governo rinvia la riforma dell´università. Il piano
annunciato dal ministro Gelmini è stato bloccato dal premier
Berlusconi, che teme l´accentuarsi delle proteste negli atenei e una
perdita di consensi per l´esecutivo. Nelle città, intanto, parte
l´offensiva delle questure che stanno inviando alle procure le
informative sui cortei e le occupazioni dei giorni scorsi. E domani,
nelle scuole di tutta Italia, riparte la mobilitazione.
Le
manifestazioni di questa settimana, insomma, un effetto l´hanno
avuto. E il Cavaliere non vuole correre rischi. Non ha alcuna
intenzione di incendiare la piazza. Soprattutto in una fase in cui
le proteste di studenti e professori sembrano sempre più
intersecarsi con le difficoltà della crisi economica. «Ora - è
quindi la scelta del presidente del Consiglio - andiamo avanti con
un po´ di calma».
Il secondo passo studiato dal governo per ristrutturare l´Istruzione
pubblica, dunque, verrà rallentato. Il provvedimento - stavano
esaminando pure l´opzione di un nuovo decreto - era previsto per la
prossima settimana, ma i tempi si allungheranno. Di un bel po´.
Eppure solo quattro giorni fa l´intervento era stato annunciato con
tutti i crismi dell´ufficialità dallo stesso ministro
dell´Istruzione. «Entro una settimana presenterò il piano
sull´università», aveva scandito dopo il sì del Senato alla sua
riforma scolastica. Del resto, pure il Cavaliere fino a qualche
giorno fa sfidava tutti gli scettici, compresi quelli del
centrodestra, ripetendo: «E ora tocca all´università».
Qualcosa, però, negli ultimi giorni è cambiato. Le proteste degli
studenti. Le manifestazioni dei docenti. La stagnazione
dell´economia. Il clima nei confronti dell´esecutivo non è più lo
stesso. Sul tavolo del premier i sondaggi lo confermano. Già una
settimana fa i dati avevano impensierito l´inquilino di Palazzo
Chigi, e adesso ha avuto una controprova. La riforma Gelmini non è
«popolare», soprattutto è stata percepita in senso negativo dalle
famiglie. «Non si può insistere subito sullo stesso punto», ha
allora fatto sapere il Cavaliere. Bisogna che si calmino le acque
per non trasformare la protesta in un rogo in cui si saldano
studenti medi, studenti universitari e professori. Come va ripetendo
Umberto Bossi «è inutile far unire anche gli universitari alla
protesta della scuola». Il premier, insomma, ha dovuto prendere atto
anche delle resistenze all´interno della maggioranza. «Occorre
trovare i finanziamenti adatti - ha avvertito ieri il ministro delle
Riforme - perché l´università è una cosa importante».
E in effetti il piano, che è già pronto nel cassetto del ministro
dell´Istruzione, si metterebbe nella scia della manovra economica
approvata a luglio scorso. Il decreto di Tremonti, cioè, che ha
sforbiciato gli stanziamenti per gli atenei nei prossimi tre anni.
Nel 2009 il Fondo per il finanziamento ordinario dell´università è
stato ridotto di oltre 700 milioni, gli importi per l´istruzione
universitaria di 1600 milioni, i soldi per il "diritto allo studio"
ridotti del 60% e persino le risorse per le facoltà "non statali" -
tanto care a Berlusconi - decrescerà di 60 milioni. Per il
presidente del consiglio, quindi, «al momento è meglio evitare di
andare subito anche sulla riforma dell´università». Un suggerimento
su cui giovedì scorso ha battuto con insistenza pure il presidente
della Camera, Gianfranco Fini. Il quale durante una colazione di
lavoro, ha sottolineato i rischi di uno scontro che coinvolga i
docenti e i giovani universitari. Gli esperti di An poi sono usciti
allo scoperto chiedendo un confronto con tutte le parti in causa e
bocciando preventivamente la strada del decreto e della fiducia.
«Servirebbe - ammette anche Stefano Caldoro, socialista eletto
dentro Forza Italia, impegnato a luglio come relatore della manovra
Tremonti - un patto con il mondo dell´università. Un patto di
stabilità condiviso». Anche perché la seconda puntata del pacchetto
Gelmini prende spunto proprio dai "tagli" stabiliti dal ministro
dell´Economia. Secondo alcune indiscrezioni, il progetto punterebbe
a bloccare la «proliferazione» dei corsi, a cancellare le sedi
distaccate considerate in eccesso e a trasformare gli istituti in
Fondazioni di diritto privato (il decreto 112 già contemplava la
"possibilità" per i singoli di atenei di compiere questa scelta che
diventerebbe invece obbligatoria). Non solo. Il piano verrebbe
accompagnato dalla "sospensione" dei concorsi per i professori -
quelli già banditi nel 2007 e nel 2008 - al fine di rendere
effettivo il blocco del turn over. Ai piani alti del ministero si
sventola una ricerca in cui si evidenza come i docenti italiani
assunti a tempo indeterminato siano circa 65 mila e in Germania
"solo" 40 mila. Per Berlusconi, però, non è più il tempo di forzare
la mano.
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