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Cinque in condotta di Francesco Butturini Riporto per intero il comma 3 dell’art. 1 del D.P.R. 21 novembre 2007 n. 235 “Statuto delle studentesse e dello studente”: “La responsabilità disciplinare è personale. Nessuno può essere sottoposto a sanzioni disciplinari senza essere stato prima invitato ad esporre le proprie ragioni. Nessuna infrazione disciplinare connessa al comportamento può influire sulla valutazione del profitto.” Vorrei sottolineare e porre alla vostra attenzione l’ultimo periodo:”Nessuna infrazione disciplinare connessa al comportamento può influire sulla valutazione del profitto.” Alla vostra attenzione vorrei porre anche il comma 9bis dello stesso art. 1: ”Con riferimento alle fattispecie di cui al comma 9, nei casi di recidiva, di atti di violenza grave, o comunque connotati da una particolare gravità tale da ingenerare un elevato allarme sociale, ove non siano esperibili interventi per un reinserimento responsabile e tempestivo dello studente nella comunità durante l'anno scolastico, la sanzione è costituita dall'allontanamento dalla comunità scolastica con l'esclusione dallo scrutinio finale o la non ammissione all'esame di Stato conclusivo del corso di studi o, nei casi meno gravi, dal solo allontanamento fino al termine dell'anno scolastico.” Come vedete c’è chiara contraddizione che deriva dalle modifiche apportate al precedente D.P.R. 24 giugno 1998 n.249 che non aveva contraddizioni e prevedeva inoltre tutta una serie di salvaguardie di tipo giudiziale a mio avviso esagerate: ancora in clima di buonismo, per dir così, visto che ora saremmo in clima di cattivismo: due climi errati allo stesso modo, perché non prevedono il clima di buon senso educativo che affonda le sue radici in Rousseau, Pestalozzi, e poi Nicola Mazza, Giovanni Bosco, Maria Montessori e via fino all’ultimo Postmann. Poi prendo in mano il testo dello Schema di Regolamento per la valutazione degli alunni, all’art. 6 commi 5 e 6 che, per comodità riporto per intero: comma 5 “La valutazione del comportamento degli alunni è effettuata mediante l’attribuzione di un voto numerico espresso in decimi ai sensi dell’art. 2 della legge 30 ottobre 2008 n. 169 di conversione con modificazioni del decreto legge 1 settembre 2008 n. 137. La votazione sul comportamento, attribuita collegialmente dal consiglio di classe, concorre alla valutazione complessiva dello studente e determina, se inferiore a sei decimi, la non ammissione al successivo anno di corso o all’esame conclusivo del ciclo.” Comma 6:”Il voto sul comportamento concorre, come il voto delle discipline di insegnamento, alla determinazione dei crediti scolastici di cui alla tabella A dell’art. 11, comma 2 del decreto del presidente della repubblica 23 luglio 1998 n. 323 e successive modificazioni (…) da tale votazione è escluso l’insegnamento della religione cattolica…”. Non credo sia debba essere dei raffinati causidici per verificare le contraddizioni che rendono reciprocamente inefficaci i commi e gli articoli di riferimento, senza averli abrogati. Infatti il DPR 21 novembre 2007 n. 235 non è stato abrogato e nemmeno è stata annullata la nota 31 luglio 2008 (punto 2 del paragrafo Contenuto dei regolamenti di istituto e l’apertura del paragrafo Principi generali dove c’è scritto “occorre tener presente che il nuovo testo normativo tende a sottolineare la funzione educativa della sanzione disciplinare, rafforzando la possibilità di recupero dello studente attraverso attività di natura sociale, culturale ed in generale a vantaggio della comunità scolastica”. Comprendo che siano stati il clima di incertezza, di confusione, la evidente necessità di cambiare rotta per recuperare prestigio e autorevolezza alle istituzioni. Tutti motivi seri che devono essere fatti propri da ogni educatore. Però il risultato è imbarazzante per la sua intrinseca inefficacia. Mi chiedo: ma non sono le nostre facoltà universitarie riccamente fornite di pedagogisti, psicopedagogisti, psicologi, sociologi e psicosociologi. sociopedagogisti e via intrigando nelle terminologie? Dove sono oggi, cosa fanno, perché non si sono messi insieme – ieri, l’altro ieri e l’atro ieri ancora – per mettere nelle mani di questo ministro, del precedente e del precedente ancora e giù fino alla nascita della Repubblica , un testo semplice, comprensibile anche alla casalinga di Voghera (amava dire un giornalista da tutti amato), di patto educativo di corresponsabilità valido per dirigenti scolastici, docenti, studenti, genitori? La bibliografia sull’argomento è sconfinata e in continua espansione, ma sembra che nulla tocchi veramente le problematiche delle scuole, quelle di tutti i giorni. A volte ho la sensazione che per le università il tema sia simile al desiderio di uno studente di vedere estrarre il DNA dalla cipolla: lo si fa in tutti i laboratori scolastici, da anni, senza che per questo i nostri studenti abbiamo capito che cosa sia veramente il DNA. Così, dopo tanti (decine di migliaia) di libri sul comportamento giovanile, non vedo nulla di efficace all’orizzonte della Scuola. E tanto meno in questo coacervo contraddittorio di disposizioni destinate a peggiorare la situazione. Un solo esempio: se il voto di condotta concorre alla determinazione dei crediti scolastici, significa che il 10 in condotta regalerà qualcosa anche a chi di sapienza, di competenza, di abilità ne ha pochino. Meglio esser buonini (che vuol dire silenziosi e non necessariamente partecipi) che troppo intelligenti ( e quindi tendenzialmente vivaci a un po’ troppo partecipi). E poi: quanti consigli di classe concorderanno sui criteri attributivi per il voto in condotta? Intelligente partecipazione o silenziosa partecipazione? E i timidi? Quelli che partecipano solo col pensiero e l’intelligenza, senza troppe parole? Peggio per loro. In un mondo dove la sfrontatezza vince, è giusto che la timidezza perda. O no? Mi auguro che finalmente, vista la gravità della situazione e lo stato di salute educativa della nostra società (tutta, dalla prima infanzia alla vecchiaia), tutti coloro che hanno le carte in regola per parlare di educazione all’educazione si mettano insieme e, finalmente, ci diano un testo utile, percorribile, efficace e nuovo, perché i ritorni non portano mai nulla di buono, per il semplice dato naturale: sono ritorni e ritornando non si trova mai il passato perché il passato (per fortuna) non esiste più. O meglio: sta sotto di noi, ci serve da supporto, non da prospettiva, da orizzonte. |
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