Articolo 18, i pro e i contro
di Eugenio Donadoni
Collegio Vescovile S. Alessandro - Bergamo
Statuto dei lavoratori
Il 14 maggio 1970 la Camera approvava la legge n.
300 conosciuta più comunemente come "Statuto dei diritti dei
lavoratori". Erano presenti 352 deputati su 630, 217 votarono a
favore, 135 si astennero, non ci fu nessun voto contrario. Si tratta
del più importante testo normativo, dopo la Costituzione, sui
diritti dei lavoratori e veniva approvato dopo un lungo periodo di
lotte sindacali culminate col rinnovo dei contrattivi collettivi
nazionali dell'autunno del 1969. Lo Statuto tutela in particolare il
diritto dei lavoratori, nelle aziende con più di 15 dipendenti, di
darsi dei rappresentanti sindacali. L'articolo 18 impone l'obbligo
della riassunzione per il lavoratore licenziato ingiustamente.
Due appunti sul referendum del 2000
Il governo sostiene che le modifiche all'art. 18
porteranno più occupazione, mentre i sindacati parlano di un
attacco ai diritti fondamentali dei lavoratori. Per fare chiarezza
sul dibattito può forse essere di utilità fare un paio
considerazioni in margine al referendum del 2000 con il quale i
Radicali si proponevano di eliminare (non di modificare) l'art. 18,
con l'intento di favorire una maggiore occupazione. La Corte
Costituzionale, chiamata a decidere sull'ammissibilità di quel
referendum, ne sentenziò la liceità. Risulta quindi poco fondata
la tesi di coloro che parlano dell'articolo 18 come di un diritto
fondamentale. Si sa poi come è andata a finire. Il referendum è
stato invalidato perché non ha partecipato al voto la maggioranza
degli aventi diritto (solo il 32,5%). È però sintomatico che la
maggioranza dei votanti (66,6%) ha detto no alla cancellazione
dell'art. 18. E questo la dice lunga su come la pensano (o la
pensavano) gli italiani sull'argomento, nonostante la buona volontà
di Radicali e governo in tema di piena occupazione.
Quando il Governo può fare le leggi
Il governo ha chiesto al parlamento una delega
per la modifica dell'art. 18 dello Statuto dei lavoratori.
Cos'è una delega?
È una legge con la quale il parlamento delega
cioè trasferisce al governo il potere legislativo.
Ma il potere legislativo non spetta solo al
Parlamento?
Sì, infatti la delega è solo temporanea (in
questo caso un anno), limitata ad uno specifico campo di
applicazione (l'art. 18 dello Statuto dei lavoratori), e subordinata
al rispetto di criteri direttivi (vedi "Le modifiche proposte
dal governo").
Ottenuta la delega al governo cosa resta da fare?
Deve attuare la delega emanando dei decreti
legislativi che hanno il valore di una legge approvata dal
parlamento.
Il governo non ha più obblighi nei confronti del
parlamento?
Ha l'obbligo di presentare alle competenti
commissioni parlamentari uno schema dei decreti legislativi perché
venga verificato il rispetto dei criteri direttivi stabiliti dalla
legge delega.
Quando il governo ricorre alla legge delega?
Di solito quando si tratta di legiferare su una
materia particolarmente tecnica, come è avvenuto per le recenti
modifiche apportate al codice della strada. Oppure...
Oppure?
Oppure, come nel caso dell'art. 18, quando vuole
procedere in modo più spedito e mettersi al riparo da eventuali
infortuni parlamentari.
Quando si può licenziare un lavoratore
Un lavoratore può essere licenziato?
Sì, ma solo per una giusta causa o per un
giustificato motivo.
Qual è una giusta causa?
Sono, ad esempio, le violenze o le minacce nei
confronti dei colleghi o dei superiori, il furto, il danneggiamento
doloso degli impianti aziendali.
Qual è un giustificato motivo?
Possono essere i ritardi sistematici nel
presentarsi al lavoro oppure la violazione del segreto d'ufficio.
Cosa può fare un lavoratore se ritiene di essere
stato licenziato ingiustamente?
Può ricorre al giudice del lavoro il quale,
verificato che il licenziamento è ingiustificato, impone al datore di
lavoro di riassumerlo, pagandogli inoltre una risarcimento finanziario
(partendo da un minimo di 5 mensilità). Sempre che lavori in una
ditta con più di 15 dipendenti. Questo prevede l'art. 18 dello
Statuto dei lavoratori.
Ma se il datore di lavoro non lo vuole più in
azienda?
Può anche lasciarlo a casa, ma deve comunque
corrispondergli lo stipendio.
E se fosse il lavoratore a non voler più tornare
in azienda?
In questo caso può pattuire con il datore di
lavoro un risarcimento finanziario fino a un massimo di 15 mensilità.
Se il lavoratore licenziato ingiustamente è
impiegato in un'azienda che non ha più di 15 dipendenti?
In questo caso il giudice, verificato che il
licenziamento è ingiustificato, non può obbligare il datore di
lavoro a riassumerlo, ma lo può condannare a corrispondergli un
risarcimento finanziario fino a un massimo di 6 mensilità.
Le modifiche proposte dal Governo
É vero che il governo vuole abolire l'art. 18?
No. Vuole solo modificarlo in parte.
Le modifiche riguardano i lavoratori attualmente in
servizio?
No. Riguardano solo alcune categorie di lavoratori
che verranno assunti in futuro.
Le modifiche saranno definitive?
No. Avranno la durata di quattro anni e verranno
prorogate solo se avranno avuto degli influssi benefici
sull'occupazione.
In che modo la modifica dell'art. 18 può favorire
l'occupazione?
Ci sono ditte con 14 o 15 dipendenti che avrebbero
bisogno di assumere nuovi lavoratori, ma non lo fanno perché
superando la soglia dei 15 dipendenti sarebbero sottoposte all'art.
18. Vale a dire che tutti i dipendenti potrebbero essere licenziati
solo per giusta causa o giustificato motivo. Oppure aggirano
l'ostacolo assumendo dei lavoratori in nero. Per facilitare le
assunzioni da parte di queste imprese e per indurle a mettere a libro
paga i lavoratori in nero, il governo propone che le piccole ditte che
assumono nuovi dipendenti anche se superano il numero 15 non saranno
sottoposte all'art. 18.
In sostanza come può essere riassunta la filosofia
del governo?
In sostanza il governo sembra fare questo
ragionamento: meglio un posto di lavoro anche se meno garantito
piuttosto che la garanzia di restare disoccupati.
I lavoratori così assunti resterebbero senza
alcuna tutela?
No. Perché resterebbe sempre in vigore un'altra
norma che punisce il datore che licenzia ingiustamente condannandolo
ad un risarcimento finanziario da corrispondere al lavoratore
licenziato.
A favore dell'articolo 18
Sull’art. 18 si è aperto nel nostro paese una
durissima diatriba che sta portando tutti quanti verso uno scontro
inaudito e sicuramente sproporzionato. Ribadire le ragioni del
sindacato può essere utile a comprendere meglio quanto accade. Il
mercato del lavoro è attraversato da profondi cambiamenti, tra i
quali anche un forte aumento della flessibilità. Non vediamo la
ragione di un ulteriore precarizzazione.
Anche se la proposta del Governo prevede un
periodo sperimentale, non da meno si pensa di sospendere ciò che i
lavoratori considerano un diritto intangibile in quanto difende il
valore della persona, prima ancora che un contratto. La stessa UE ha
sancito, nel 2000 a Nizza, il diritto alla tutela contro ogni
licenziamento ingiustificato.
Eliminare un diritto non aiuterà né l’emersione
del lavoro nero (emergere per essere licenziati?) né la crescita
delle aziende più piccole che hanno, nella ridotta dimensione, la
loro specificità. Come l’occupazione non cresce senza
investimenti e sviluppo, così la disoccupazione al Sud non si
ridurrà con la restrizione dei diritti sindacali.
Colmare questi ritardi, creare una rete di
protezione per i giovani in flessibilità e per i lavoratori che
sono espulsi dal sistema produttivo è compito del sindacato e per
questo abbiamo accettato di trattare con il governo sul libro bianco
nell’autunno del 2001. Libro che non conteneva l’eliminazione
dell’art. 18.
Da qui può riprendere una trattativa utile per
il paese cui il sindacato non si sottrarrà di certo.
Sergio Manzoni Segretario Cisl di Bergamo
Contro l'articolo 18
Confindustria considera la proposta di modifica
dell'art. 18 della L. n. 300/1970, inserita nella delega al Governo
in materia di mercato del lavoro, un tentativo apprezzabile di
ovviare ad una anomalia legislativa che caratterizza unicamente la
normativa italiana, consentendo al lavoratore, licenziato in carenza
di giusta causa o giustificato motivo, il reintegro
"forzato" in azienda.Il disegno di legge prevede una
sperimentazione quadriennale, prorogabile, limitata ad alcune
fattispecie molto particolari, ma può costituire il primo
intervento di modifica di una disposizione datata e lontana dalle
attuali esigenze di flessibilità del sistema produttivo. Il
superamento di sistemi sanzionatori oramai inadeguati alle
condizioni di mercato favorirebbe invece, secondo Confindustria, la
propensione delle aziende ad assumere personale, con effetti
benefici sull'occupazione.
Stefano MalandriniUnione Industriali di Bergamo
Sciopero generale
Contro l'intenzione del governo di modificare
l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, i sindacati confederali
Cgil Cisl e Uil hanno proclamato uno sciopero generale di otto ore
per martedì 16 aprile. Nel caso che il governo proseguisse nel suo
progetto, i sindacati hanno già annunciato che ricorreranno al
referendum. I lavoratori italiani sono 21.644.000, di questi sono
iscritti ai sindacati confederali 11.235.215: Cgil 5.402.408, Cisl
4.083.996, Uil 1.796.746.
Articolo 10 del disegno di legge delega sulla
riforma del mercato del lavoro
(CdM 14.3.2002)
Articolo 10
(Delega al Governo in materia di altre misure temporanee e
sperimentali a sostegno della occupazione regolare, nonché incentivi
alle assunzioni a tempo indeterminato)
1. Ai fini di sostegno e incentivazione della
occupazione regolare e delle assunzioni a tempo indeterminato, il
Governo è delegato ad emanare uno o più decreti legislativi per
introdurre in via sperimentale, entro il termine di un anno dalla data
di entrata in vigore della presente legge, disposizioni relative alle
conseguenze sanzionatorie a carico del datore di lavoro in caso di
licenziamento ingiustificato ai sensi della legge 15 luglio 1966, n.
604, e successive modificazioni, in deroga all'articolo 18 della legge
20 maggio 1970, n. 300, prevedendo in alternativa il risarcimento alla
reintegrazione, nel rispetto dei seguenti principi e criteri
direttivi:
a) conferma dei divieti attualmente vigenti in
materia di licenziamento discriminatorio a norma dell'articolo 15
della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni,
licenziamento della lavoratrice in concomitanza con il suo
matrimonio a norma degli articoli 1 e 2 della legge 9 gennaio 1963,
n. 7, e licenziamento in caso di malattia o maternità a norma
dell'articolo 2110 del codice civile;
b) applicazione in via sperimentale della
disciplina per la durata di quattro anni dalla data di entrata in
vigore dei decreti legislativi, fatta salva la possibilità di
proroghe in relazione agli effetti registrati sul piano
occupazionale;
c) applicazione della disciplina come strumento
di emersione dal lavoro sommerso e di contrasto al lavoro irregolare
e non dichiarato, nonché come sostegno alla crescita dimensionale
delle imprese minori, non computandosi nel numero dei dipendenti
occupati le unità lavorative assunte per il primo biennio;
d) applicazione della disciplina come strumento
di stabilizzazione dei rapporti di lavoro sulla base di
trasformazioni da tempo determinato a tempo indeterminato. Al fine
di incrementare l'occupazione, in particolar modo giovanile, nelle
regioni del Mezzogiorno, la disciplina di cui alla presente lettera
d) sarà limitata ai datori di lavoro privati ed agli enti pubblici
economici operanti nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria,
Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia;
e) previsione che decorsi ventiquattro mesi dalla
data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al presente
articolo il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
procederà ad una prima verifica, con le organizzazioni dei datori
di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul
piano nazionale, degli effetti sul mercato del lavoro e sui livelli
di occupazione nel frattempo determinatisi. Analoga verifica sarà
effettuata alla scadenza del trentaseiesimo mese, al fine di
consentire al Governo di riferirne al Parlamento allo scopo di
valutare l'opportunità della proroga di cui alla lettera b).
|