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Il referendum in due parole a cura di Eugenio Donadoni Sono tornatiDomenica 15 giugno 2003, a tre anni di distanza, tornano i referendum abrogativi, quello del 7 ottobre 2001, infatti, era un referendum costituzionale o confermativo. Ancora prima di chiedersi se vinceranno i Sì oppure i No, ci si chiede se verrà raggiunto il quorum, dal momento che in tutte e tre le edizioni precedenti (1997, 1999, 2000) i referendum sono risultati nulli perché non ha partecipato al voto la maggioranza degli aventi diritto. Potrebbe essere l'esito anche di questi referendum, perché sono numerose le forze politiche e sindacali che invitano gli elettori a non presentarsi ai seggi per annullare il referendum sull'art. 18. In realtà, come verrà spiegato, è possibile astenersi da un referendum e votare per l'altro. L'iter di un referendum 1ª parte Cos'è un referendum abrogativo? In Italia le leggi le può fare solo il Parlamento, ma l'art. 75 della Costituzione consente ai cittadini di abrogarle con un referendum. Chi può chiedere un referendum? Lo possono chiedere 5 Consigli regionali oppure i cittadini. In questo caso basta che dieci cittadini si rechino presso la segreteria della Suprema Corte di Cassazione in Roma per presentare il quesito da sottoporre al referendum. In cosa consiste il quesito? Il quesito deve iniziare con la domanda "Volete che sia abrogata la legge...?", che va completata con la data, il numero e il titolo della legge. Si può chiedere di abrogare solo una parte di una legge? Certo, in questo caso bisogna indicare anche il numero dell'articolo. Se poi si vuole abrogare solo alcune parti di un articolo è necessario citare per esteso tutte le parole che si intendono abrogare. Questo rende i quesiti referendari di difficile comprensione, proprio perché sono avulsi dal contesto. Quanti quesiti si possono presentare? Non c'è nessun limite. Dopo la presentazione del quesito come si procede? Entro novanta giorni bisogna che il quesito sia sottoscritto da 500.000 cittadini italiani maggiorenni. Che fine fanno le firme così raccolte? Vanno depositate presso la Suprema Corte di Cassazione dal primo gennaio al 30 settembre di ogni anno. Tuttavia non può essere depositata richiesta di referendum nell'anno che precede le elezioni politiche e nei sei mesi successivi alle elezioni. L'iter di un referendum 2ª parte Qual è il compito della Corte di Cassazione? Deve verificare, entro il 15 dicembre dell’anno nel quale è stata depositata la richiesta, che sia stata rispettata la legge che regola il referendum: cioè che le firme siano almeno 500.000, che siano state raccolte in novanta giorni ed altro ancora. In sostanza non entra nel merito dei quesiti referendari. A questo punto interviene la Corte Costituzionale. Qual è il ruolo della Corte Costituzionale? Con un sentenza da pubblicare entro il 10 febbraio dell’anno successivo la Corte Costituzionale decide quali dei referendum che hanno passato il vaglio della Cassazione sono ammissibili e quali no. Ma non si può chiedere l'abrogazione di qualunque legge? No. La costituzione (art. 75) non ammette il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali. Per la verità, in seguito a ragioni piuttosto complesse, la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibili anche referendum che nulla hanno a che vedere con l'art. 75. Quest'anno è capitato a quattro su sei. A questo punto cosa succede? Interviene il Presidente della Repubblica che, su deliberazione del consiglio dei ministri, indice con un decreto il referendum fissandone la data. Il referendum si può svolgere in qualunque periodo dell'anno? No, il referendum abrogativo si può svolgere solo una domenica compresa fra il 15 aprile e il 15 giugno. Eppure nel 1987 i referendum si sono svolti a novembre. É vero, ma si è trattato di una contingenza eccezionale. Per votare a novembre è stata modificata temporaneamente la legge istitutiva del referendum. L'iter di un referendum 3ª parte Fissata la data di un referendum, lo si può rinviare ad altra data? Solo nel caso che ci siano elezioni politiche anticipate. In tal caso viene rinviato a 365 giorni dopo il giorno delle elezioni. Si può invece annullare un referendum già in programma? Certo. Se prima del giorno del referendum il Parlamento modifica la legge sottoposta a referendum. Ma così i promotori del referendum vengono raggirati! Lo sono stati in passato, quando bastava cambiare la vecchia legge di un virgola per evitare il referendum. Da qualche anno, invece, la Corte Costituzionale ha deciso che la nuova legge con la quale si intende evitare un referendum deve soddisfare le richieste dei promotori del referendum stesso. Altrimenti la nuova legge sarà automaticamente sottoposta a referendum. Chi decide se le richieste dei promotori del referendum sono soddisfatte? Non i promotori del referendum, ovviamente, ma la Corte di Cassazione. Chi può votare per il referendum? I cittadini che abbiano compiuto i 18 anni di età entro la domenica del referendum (il 15 giugno quest'anno), ma non quelli che li compiranno il lunedì, anche se quest'anno si vota pure di lunedì. Il numero dei votanti influisce sull'esito del referendum? Influisce in modo decisivo. Perché un referendum sia valido è necessario che vada a votare la metà più uno degli aventi diritto. Le schede bianche o nulle influiscono sull'esito del referendum? Vengono conteggiate insieme alle schede valide per calcolare il numero dei votanti che è decisivo al fine della validità del referendum. Ma per stabilire chi ha vinto e chi ha perso si contano solo i Sì e i No. Quando si intende approvato un referendum? Quando i Sì prevalgono sui No. Anche per un voto solo. Il referendum non approvato può essere riproposto? É possibile, ma solo dopo che siano trascorsi almeno cinque anni. Questi referendum non si faranno La Corte Costituzionale ha sentenziato che quattro dei sei referendum che avevano passato il vaglio della Corte di Cassazione non sono ammissibili. Chi volesse conoscere le ragioni dei sì e dei no della Corte le può trovare sul sito http://www.giurcost.org/decisioni/index.html, sentenze n. 41, 42, 43, 44, 45, 46 del 2003. Qui mi limito a riproporre in breve quello che volevano ottenere i promotori dei referendum dichiarati inammissibili. ARTICOLO 35 DELLO STATUTO DEI LAVORATORI: L'art. 35 dello Statuto dei lavoratori limita alle imprese con più di 15 dipendenti i diritti sindacali previsti dal titolo III dello stesso Statuto dei lavoratori. Abrogando l'art. 35 tali diritti sarebbero stati automaticamente estesi a tutte le imprese, anche a quelle fino a 15 dipendenti. SICUREZZA ALIMENTARE: I promotori del referendum chiedevano ai cittadini di esprimersi circa l'eliminazione dell'uso di quelle sostanze tossiche utilizzate in agricoltura per il trattamento delle materie alimentari e l'eliminazione della norma che consente al Ministro della Sanità di stabilire limiti che tollerano la presenza dei residui tossici negli alimenti. INCENERITORI: Il referendum intendeva abrogare le norme che consentono di incentivare con premi in denaro la costruzione di inceneritori. SCUOLE PARITARIE: I promotori del referendum si proponevano di espellere le scuole paritarie dal sistema nazionale d'istruzione e di privarle di qualunque finanziamento da parte dello stato. SÌ o NO? Il referendum consiste in una domanda con la quale si chiede all'elettore se è favorevole o contrario all'abrogazione della legge tal dei tali. Alla domanda si deve rispondere con un Sì o con un No. Non è fuori luogo sottolineare il significato delle due risposte. Risponde Sì non chi è favorevole al mantenimento della legge, ma chi ne vuole l'abrogazione. Risponde No, non chi è contrario alla legge, bensì chi è contrario alla sua abrogazione. Scegli la scheda Numerose forze politiche e sindacali sia di centro-destra sia di centro-sinistra hanno invitato i loro simpatizzanti ad astenersi dal voto referendario al fine di invalidare il referendum n. 1, quello sull'art. 18 dello Statuto dei lavoratori. Tuttavia i referendum sono due ed è possibile che chi vuole invalidare il referendum n. 1, voglia invece votare per il n. 2. É possibile? É certamente possibile. Coloro che sono di questo avviso possono presentarsi al seggio elettorale, ma al momento di ricevere le due schede referendarie dovranno dichiarare al presidente di seggio che intendono rifiutare la scheda del referendum n. 1 e accettare solo quella del referendum n. 2. Tipi di referendum Il referendum più conosciuto è quello abrogativo, previsto dall'articolo 75 della Costituzione. Tuttavia la Costituzione prevede altri due tipi di referendum. Uno è quello contemplato dall'articolo 132 che dà la facoltà alle popolazioni interessate di fondere due o più Regioni in una macroregione oppure di crearne di nuove. Sempre lo stesso articolo dà facoltà alle Province e ai Comuni che ne facciano richiesta di essere staccati da una Regione ed essere aggregati ad un'altra. L'altro referendum è quello previsto dall'articolo 138 e riguarda il processo di modifica della Costituzione stessa. Il discorso relativo a questo referendum è abbastanza complesso. Per semplificare si può dire che a certe condizioni viene offerta ai cittadini la possibilità di decidere se accettare o no le modifiche della Costituzione già approvate dal Parlamento. Questo tipo di referendum si è svolto per la prima volta il 7 ottobre 2001. Si vota domenica 15 giugno dalle 8 alle 22 e lunedì 16 giugno dalle 7 alle 15.
Si parla comunemente del referendum n. 1 del 2003 come del referendum sull'art. 18 dello Statuto dei lavoratori (legge n. 300 del 1970), in realtà il referendum coinvolge altre due leggi, la n. 604 del 1966 e la n. 108 del 1990. Per semplificare molto il problema si può dire che il referendum si propone di estendere la normativa dell'art. 18 dello Statuto dei lavoratori, in vigore presso le imprese con più di 15 dipendenti, a tutte le imprese, anche a quelle da 15 a 1 dipendente. Quindi, se passa il referendum, di fronte ad un licenziamento ingiustificato il giudice, in ogni caso, imporrà al datore di lavoro l'obbligo al reintegro del lavoratore. Salvo il diritto per il lavoratore di optare per un risarcimento finanziario pari a 15 mensilità. Un referendum che viene da lontano Forse non tutti se lo ricordano, ma questo è il terzo referendum sullo Statuto dei lavoratori. Provo a ricostruirne brevemente la storia. Una legge del 1966 stabiliva che in caso di licenziamento ingiustificato al datore di lavoro veniva data la possibilità di riassumere il lavoratore o di risarcirlo. Tuttavia questa norma si applicava solo alle imprese con più di 35 dipendenti. Nel 1970 veniva approvato lo Statuto dei lavoratori che, in caso di licenziamento ingiustificato, impone al datore di lavoro l'obbligo di reintegrare il lavoratore, ma solo nelle imprese con più di 15 dipendenti. Nel 1990 la Corte Costituzionale dava il via libero ad un referendum di Rifondazione Comunista, analogo a quello di quest'anno, con il quale si tentava di estendere l'obbligo della reintegrazione a tutte le imprese, anche a quelle con meno di 16 dipendenti. Per impedire il referendum venne approvata una legge, con il benestare di Cgil-Cisl-Uil, che modificava la legge del 1966: di fronte ad un licenziamento ingiustificato nelle imprese fino a 15 dipendenti viene data al datore di lavoro la possibilità di scegliere fra la riassunzione e il risarcimento finanziario. Nel 2000 si è celebrato un referendum, promosso dai radicali, che chiedeva invece la possibilità per i datori di lavoro, anche di imprese con più di 15 dipendenti di scegliere, in caso di licenziamento ingiustificato, fra la riassunzione e il risarcimento finanziario, anziché sottostare all'obbligo del reintegro. Il referendum, nel quale hanno prevalso i No sui Sì non ha però raggiunto il quorum e quindi è risultato nullo. Incipit del referendum n. 1 Il titolo per esteso del referendum n. 1 recita: "Reintegrazione dei lavoratori illegittimamente licenziati. Abrogazione delle norme che stabiliscono limiti numerici ed esenzioni per l'applicazione dell'art. 18 dello Statuto dei lavoratori". Poi comincia il testo del referendum: Volete voi l'abrogazione dell'art. 18, comma primo, della legge 20 maggio 1970, n. 300, titolata "Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento", come modificato dall'art. 1 della legge 11 maggio 1990, n. 108, limitatamente alle sole parole "che in ciascuna sede, stabilimento..." e procede così per 760 parole e circa 5.000 battute. Imprese con oltre 15 dipendenti In quali imprese si applica lo Statuto dei lavoratori? Nelle imprese con più di 15 dipendenti, con più di 5 nelle imprese agricole. In queste imprese si può licenziare un lavoratore? Sì, ma solo per una giusta causa o per un giustificato motivo, come prevede l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Qual è una giusta causa? Sono, ad esempio, le violenze o le minacce nei confronti dei colleghi o dei superiori, il furto, il danneggiamento doloso degli impianti aziendali. Qual è un giustificato motivo? Possono essere i ritardi sistematici nel presentarsi al lavoro oppure la violazione del segreto d'ufficio. Cosa può fare un lavoratore se ritiene di essere stato licenziato ingiustamente? Può ricorrere al giudice del lavoro il quale, verificato che il licenziamento è ingiustificato, impone al datore di lavoro di reintegrarlo nel posto di lavoro. Ma tra il licenziamento e la sentenza il lavoratore non percepisce più lo stipendio! Dal momento che il licenziamento non è valido, il datore di lavoro è obbligato dal giudice a corrispondere al lavoratore tutti gli stipendi dal giorno del licenziamento fino alla data del reintegro. Comunque la somma non può essere inferiore alle cinque mensilità. Il lavoratore può optare per un risarcimento al posto della reintegrazione? In effetti se il datore di lavoro non gradisce più di avere il lavoratore alle sue dipendenze e se il lavoratore la pensa allo stesso modo può scambiare la reintegrazione con un risarcimento finanziario pari a 15 mensilità. Imprese fino a 15 dipendenti Nelle imprese fino a 15 dipendenti (fino a cinque nelle imprese agricole) si applica lo Statuto dei lavoratori? No, in queste imprese non si applica lo Statuto dei lavoratori.. Quindi in queste imprese il datore di lavoro può licenziare a suo arbitrio? No, perché al posto dello Statuto dei lavoratori sono in vigore altre leggi le quali prevedono che il datore di lavoro possa licenziare solo per una giusta causa o per un giustificato motivo. Chi decide se il licenziamento è giustificato o no? Anche in questo caso lo decide il giudice del lavoro al quale può ricorrere il lavoratore che si ritiene ingiustamente licenziato. Ma alla fine dov'è la differenza rispetto allo Statuto dei lavoratori? Diversamente da quanto previsto dallo Statuto dei lavoratori, nel caso che il giudice riconosca che il licenziamento è ingiustificato, invece di obbligare il datore di lavoro a reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro, gli dà tre giorni di tempo per scegliere fra la riassunzione o il risarcimento. Riassunzione e reintegrazione nel posto di lavoro si equivalgono? No, perché con la riassunzione si costituisce un nuovo contratto di lavoro, quindi il dipendente perde tutti i diritti maturità con l'anzianità di servizio. Qual è invece l'ammontare dell'indennità di risarcimento? Se il datore di lavoro rifiuta di riassumere il lavoratore dovrà risarcirlo con un'indennità che va da un minimo di 2,5 mensilità fino a un massimo di 6 mensilità dell'ultimo stipendio, tenuto conto di vari fattori come l'anzianità di servizio, le dimensioni dell'impresa ed altro ancora. In particolari casi l'indennità può raggiungere anche le 10 o le 14 mensilità. Un'eccezione Potrà sembrare perfino curioso, ma i sindacati, per la verità non solo loro, sono stati esentati dall'applicazione dell'art. 18 dello Statuto dei lavoratori. Lo stabilisce la legge 108 del 1990 che più precisamente dice che "non trova applicazione nei confronti dei datori di lavoro non imprenditori che svolgono senza fini di lucro attività di natura politica, sindacale, culturale, di istruzione ovvero di religione o di culto." Ad esempio se un sindacato con più di 15 dipendenti licenzia ingiustificatamente un proprio dipendente non si vede intimare dal giudice il reintegro del lavoratore nel posto di lavoro, come prevede l'art. 18 dello Statuto dei lavoratori, ma può scegliere fra la riassunzione e il risarcimento finanziario, che è la norma prevista per le imprese fino a 15 dipendenti. Il referendum si propone di abrogare questa norma, di modo che anche per i sindacati varrebbe l'obbligo al reintegro. Le conseguenze del referendum Se al referendum parteciperà la maggioranza degli aventi diritto e se i Sì prevarranno sui No, anche per un solo voto, quale saranno le conseguenze in materia di licenziamento senza giusta causa né giustificato motivo? Per semplificare possiamo dire che in qualunque impresa, indipendentemente dal numero dei lavoratori, verrà applicato l'art. 18 dello Statuto dei lavoratori.
Referendum n. 2 Titolo del referendum: Referendum popolare n. 2: Servitù coattiva di elettrodotto. Abrogazione. Testo del quesito referendario: Volete che sia abrogata la servitù di elettrodotto stabilita dall'articolo 119 del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, il quale stabilisce: "Ogni proprietario è tenuto a dare passaggio per i suoi fondi alle condutture elettriche aeree e sotterranee che esegua chi ne abbia ottenuto permanentemente o temporaneamente l'autorizzazione dall'autorità competente"; nonché dall'articolo 1056 del codice civile: "Ogni proprietario è tenuto a dare passaggio per i suoi fondi alle condutture elettriche, in conformità delle leggi in materia?" |
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