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Il codice materno
nella legge istitutiva della scuola materna statale di
Margherita Marzario
Abstract: L’Autrice
propone una lettura aggiornata della legge istitutiva della scuola
materna statale evidenziando la portata sociale del ruolo degli
educatori nella costruzione del futuro dei giovani. Nel 1968 la legge istitutiva della scuola materna
statale, L. 18 marzo 1968 n. 444 “Ordinamento della scuola materna
statale”, ha rappresentato, non senza polemiche, un importante traguardo
legislativo e sociale. Nel frattempo lo scenario legislativo e sociale è
cambiato, come è cambiata la denominazione della scuola da scuola
materna a scuola dell’infanzia (anche se nel modus operandi è e rimane
materna), ma la legge del 1968, rimasta inattuata in alcuni aspetti,
conserva ancora una grande valenza, perché offre degli spunti di
riflessione non solo sulla scuola ma anche sulla tanto discussa
genitorialità. Fondamentale è l’art. 1 che recita: “La scuola
materna statale, che accoglie i bambini […]. Detta scuola si propone
fini di educazione, di sviluppo della personalità infantile, di
assistenza e di preparazione alla frequenza della scuola dell’obbligo,
integrando l’opera della famiglia”. Alla luce dell’art. 1 la scuola
materna, pur essendo chiamata in questo modo, ha una dimensione
valoriale a sfondo materno e una dimensione valoriale a sfondo paterno.
L’accoglienza (dal latino “ad” e “colligere”, “raccogliere presso di sé)
di cui al primo comma (mentre le Indicazioni per il curricolo del 2007
si esprimono in maniera formale: “La scuola dell’infanzia […] si rivolge
a tutti i bambini”) e l’educazione di cui al secondo comma sono
atteggiamenti materni; lo sviluppo della personalità infantile è compito
sia materno sia paterno. Assistenza (dal latino “ad” e “sistere”, “stare
presso qualcuno per aiutarlo”) e preparazione, ovvero vegliare sulla
crescita fisica, emotiva e intellettuale dei figli e insegnare loro a
vivere, coniugare “auctoritas” e “securitas”, quindi far da ponte verso
l’esterno, sono funzioni più paterne. Leggendo l’art. 1 con un
linguaggio moderno si può affermare che obiettivo educativo sin dalla
prima infanzia deve essere promuovere relazione, resilienza,
responsabilità e regolamentazione. Relazione è aprirsi agli altri;
resilienza è adattarsi agli altri costruendo legami significativi,
responsabilità è rispondere di sé agli altri; regolamentazione è darsi
regole per e con gli altri. Alla luce di quest’osservazione, alla scuola
materna si addice l’immagine di “madre sufficientemente buona”, coniata
dallo psicanalista inglese Donald W. Winnicott, nel senso che si deve
avere cura dei bambini senza cadere né nell’incuria né nell’ipercura,
estremi in cui spesso s'incorre. Se è vero che la scuola materna ha in
sé tanto la dimensione materna quanto quella paterna questo vale a
maggior ragione per chi è madre, che non solo deve svolgere il proprio
ruolo ma avviare il bambino, se stessa e lo stesso padre alla paternità
e non essere di ostacolo o contrasto ad essa come sempre più spesso
accade. Non esiste la genitorialità in astratto, ma la maternità e la
paternità che incontrandosi, completandosi e coadiuvandosi costituiscono
la genitorialità. A proposito di “sviluppo della personalità infantile”,
gli insegnanti della scuola materna (o altre figure che operano in tutta
la scuola) fungono da “tutori dello sviluppo” (dallo psicanalista
francese Boris Cyrulnik, studioso della resilienza) dei bambini
soprattutto oggi che la famiglia è passata dall’essere normativa ad
essere solo affettiva o talvolta addirittura patogena. “Tutori dello
sviluppo” anche dei genitori, nel senso che gli insegnanti
contribuiscono anche ad accompagnare e sostenere i genitori spesso
smarriti, distratti o alla mercé dei capricci dei figli (“onnipotenza
infantile”) o affannati ad anticipare i loro desideri. Emblematica la
locuzione “integrando l’opera della famiglia”, in altre parole tra
scuola e famiglia non vi deve essere né sostituzione né contrapposizione
né sovrapposizione né tantomeno aversi la cosiddetta “affettivizzazione
della scuola” emulando la famiglia. Scuola e famiglia devono assolvere
la propria funzione così come fanno o dovrebbero fare madre e padre.
Ancor più significativa è l’espressione “opera della famiglia” ove
“opera” è “attività posta in essere con un preciso intento, volta a un
fine determinato o atta a produrre certi effetti” e ciò dovrebbe essere
di monito alla famiglia ricordando che è il principale ed insostituibile
soggetto educativo nella vita di ogni bambino. Quest’analisi trova
conferma anche nel Preambolo della Convenzione Internazionale dei
Diritti dell’Infanzia del 1989 dove si legge: “[…] la famiglia, quale
nucleo fondamentale della società e quale ambiente naturale per la
crescita ed il benessere di tutti i suoi membri ed in particolare dei
fanciulli debba ricevere l’assistenza e la protezione necessarie per
assumere pienamente le sue responsabilità all’interno della comunità”. Rilevante per le indicazioni che si ricavano per
gli insegnanti e per tutti gli educatori è anche l’art. 14 comma 1: “Le
insegnanti hanno la responsabilità educativa della sezione che ad esse è
affidata”. “Responsabilità educativa”: la legge n. 444 è stata una delle
prime leggi ad associare l’educazione alla responsabilità che ogni
educatore ha non solo nei confronti del bambino ma verso la comunità. La
responsabilità educativa richiama anche la responsabilità civile in
educando ex art. 2048 cod. civ.. La responsabilità richiama pure due
aspetti fondamentali in una relazione educativa: la ricettività e la
responsività, “posture relazionali” tipicamente materne. La ricettività
è la capacità di accogliere gli “appelli”, soprattutto emotivi,
provenienti dall’educando e la responsività è la capacità di dare
un’adeguata risposta a questi “appelli” e di adattarvisi. La relazione
educativa non solo deve essere basata sulla ricettività e responsività
ma educare anche a queste capacità. “Affidamento” (istituto tipico del
diritto di famiglia): i bambini non appartengono a nessuno per cui
bisogna rapportarsi con loro non in maniera possessiva o esclusiva ma
col giusto distacco. I bambini ci sono affidati per consegnarli (dal
significato letterale di affidare), poi, alla vita trasmettendo loro
fiducia (dal significato etimologico di affidare dal latino “fides”,
fede, fiducia). Questo significa
dare loro il futuro che è un loro diritto. |
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