Imparare a saltare creativamente gli ostacoli


Mi inserisco in questa interessante discussione per sostenere che a mio avviso la via regale per fare entrare la creatività in classe è data dall'intenzione dell'insegnante di scommettere su una visione costruttivista dell'insegnamento.

In altri termini si tratta di vedere ogni ragazzo come un soggetto attivo capace di trovare delle proprie modalità personali di risposta (anche per tentativi ed errori) per rispondere a una situazione di sfida cognitiva mediante la quale l'insegnante lo provoca a risolvere un problema (reale o simulato, ma non fittizio) verso il quale il ragazzo si sente fortemente motivato. Un problema, intendo, che richieda delle congetture e delle strategie cognitive.

In questo quadro, programmare significa sapere predisporre delle situazioni fortemente interessanti e coinvolgenti capaci di mettere in crisi i ragazzi, di spingerli all'avventura della conoscenza, di incoraggiarli e incentivarli a mettere in moto il meglio delle proprie risorse individualmente o in situazione di interazione con i compagni per esplorare/progettare/ inventare/scoprire soluzioni.

Questo modo di organizzare il lavoro è orientato all'incremento della creatività sia degli allievi sia degli insegnanti (il che non guasta!). Ma siamo tutti disposti a giocare questa scommessa? Nei confronti degli incauti che rispondessero positivamente, non mi assumo alcuna responsabilità circa le ricadute istituzionali.

MARTINO BELTRANI - LOCARNO (CH)


Idealmente sono dispostissima a giocare questa scommessa, ma mi rendo perfettamente conto delle enormi difficoltà in gioco!

Difficoltà che non sono solo sul piano istituzionale, ma coinvolgono fortemente anche il personale ed il relazionale.

Proviamo a rileggere alcuni dei  "deterrenti" del pensiero creativo identificati da Simberg e propostici dal gruppo della SMS Ranzoni:

la paura di fare una brutta figura o di sbagliare
la ricerca del successo facile
il bisogno eccessivo di sicurezza e di protezione
la paura del giudizio dei superiori o le critiche dei compagni
la mancanza di motivazione

Sono ostacoli in cui inciampiamo ogni piè sospinto e "saltarli" non è certo facile, anche perchè siamo cresciuti insieme a loro!

La scuola e la società si basano in gran parte su di loro, poichè essi sono garanzia di stabilità. E' giusto, vero, saggio, utile, improrogabile porsi
nell'ottica del cambiamento, però CHE FATICA!

Come madre e come insegnante mi trovo molto spesso in difficoltà, poichè accettare il disagio procurato dal tentativo di non appiattire  i propri figli, i propri allievi e sè stessi nel convenzionale non è facile da sopportare.

Il fatto di trovarmi a condividere disagi e speranze con i partecipanti alla discussione mi incoraggia!

Offro a tutti, me compresa, uno spunto di riflessione tratto da GEA di G.Martirani, Edizioni Gruppo Abele

OTTICA DELLO SPAVENTO PREGIUDIZIO/ottica dell'aspettativa-speranza
IL POVERO SI ARRANGIA/conosce l'arte del fai da te
E' IMPRECISO/ha elasticità e tolleranza
E' PERDITEMPO/sa "sprecarsi" nei rapporti
E' CONFUSIONARIO/ sa celebrare la festa
SI MISCHIA NEGLI AFFARI ALTRUI/è solidale
E' SFATICATO/ non collabora con interessi e profitti altrui
VIVE SENZA PROGRAMMA/ sa accogliere l'imprevisto nel quotidiano
E' SERVILE/ è accogliente del diverso
E' RIVOLUZIONARIO/ è un non violento, è uno che vuole cambiare le cose

Quanto ci viene spontaneo "rifugiarci" nelle certezze della colonna di sinistra?
Quanto ci mette in discussione l'ottica della colonna di destra?
Credo che la verità non stia completamente nè nell'una nè nell'altra. Però mi rendo conto che, nel momento in cui riesco a filtrare ciò che accade attraverso le lenti dell'ottica dell'aspettativa/speranza il mio atteggiamento cambia in positivo e riesco ad essere meglio disposta nei confronti di
pensieri/atteggiamenti divergenti!

Cristina Pasquali (ICSMEM di Cannobio)


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