Qualche conclusione


Il mio personalissimo bilancio ad uso privato di questa discussione allo stato attuale è che lo sviluppo della creatività richiede l'intervento di tre fattori: a. la capacità di combinare modelli diversi (cfr. la teoria di Vigotsky);b. la rimozione di insicurezze, paure, proiezioni ed emozioni negative che inibiscono la naturale manifestazione del naturale potenziale creativo di cui ogni individuo normale dovrebbe disporre (cfr. la visione delle psicologie umanistiche di Maslow, Rogers, ecc.);c. la capacità di accettare la sfida cognitiva posta da situazioni-problemi centrate su compiti delimitati, posto che sono gli ostacoli e le difficoltà l'elemento scatenante del "pensiero produttivo" (cfr. concezioni neopiagetiane). In questa prospettiva alcuni semiologi cognitivisti stanno mettendo a punto degli eccellenti strumenti di lavoro. Nell'ambito dell'educazione linguistica, Dario Corno, per esempio, ha riportato in questi anni in onore l'antico sistema degli esercizi di trasformazione testuale e di riscrittura che stava alla base dell'insegnamento nell'età classica: la cria. Un esempio tra i mille possibili: riscrivere "Il corvo e la volpe" senza usare la lettera "o". O riscrivere un dato testo "alla maniera di...".Da noi, nel cantone Ticino un certo numero di insegnanti di italiano stanno cominciando a lavorare su questa traccia e abbiamo anche prodotto alcuni test idi proposte didattiche. Si tratta di "esercizi di scrittura" da intraprendere con spirito ludico(fattore b.) su un compito delimitato che propone una sfida intellettuale(fattore c.) e destinati a creare dei repertori di strategie testuali da attivare in forme sempre più complesse e progressivamente combinabili (fattore a).Ma anche un progetto o una ricerca ben fatti possono in diversa misura rispondere a questi requisiti. In questa chiave credo possa essere affrontato il problema della valutazione, in termini sia formativi che sommativi. Si tratterà, dopo un percorso didattico orientato su questi criteri di giudicare come l'allievo abbia raggiunto:- la capacità di crearsi un proprio repertorio di modelli testuali e di strategie comunicative cui fare ricorso in contesti differenti;- la capacità e il gusto di rischiare, di sperimentare. di cimentarsi in giochi linguistici diversi;- la capacità di venire a capo degli ostacoli proposti nelle situazioni-problema che affronta. Scusate la lunghezza. Ma non ho la creatività necessaria di essere più sintetico di così senza diventare del tutto inintelligibile.

Martino Beltrani (Locarno - CH)


Sulla base della scaletta di partenza vorremmo tirare le nostre conclusioni su quanto pensato e letto in questi giorni.

1. Condividiamo le affermazioni di "itcpacleomegna" anche se ci sembra doveroso mettere in risalto che il pensiero razionale-logico, secondo noi, è anche creativo: certo non ripetitivo.....
La creatività non è l'obiettivo dell'insegnamento ma uno dei mezzi per raggiungerlo.

2. Condividiamo anche le opinioni del collega svizzero circa gli strumenti di lavoro prodotti recentemente da semiologi cognitivisti. Abbiamo provato ad utilizzare, per quanto riguarda l'educazione Linguistica, alcuni esercizi proposti da Dario Corno (già citati dal collega)e li abbiamo trovati particolarmente interessanti e stimolanti per la creatività in quanto propongono l'uso di strategie testuali precise che lasciano però libero l'alunno nella scelta delle combinazioni e anche dei repertori.

3. Forse la creatività consiste da parte dell'insegnante nel saper rispondere agli input dei ragazzi orientandoli verso l'obiettivo cognitivo: creatività nell'insegnamento dunque come realizzazione duttile ed interattiva di un percorso che non perda di vista gli obiettivi.

4. Siamo disponibili ad accettare la creatività....quando la sappiamo gestire...
Metariflessione finale: può essere che un "creativo" non sia capito perchè invia messaggi o utilizza linguaggi che la realtà che li riceve non sa recepire (...questa potrebbe essere una riflessione autoconsolatoria....)

Gruppo di lavoro SMS Quasimodo - Verbania


Dal momento che penso che insegnare è un mestiere non proprio facile, e che occorre in tutti i modi esercitarlo con gratificazione, ho sempre praticato una forma costante di riflessione sul cosa voler ottenere e come. E così, anche se temo di non aggiungere niente di significativo a un dibattito animato e interessante, mi sembra quasi un dovere aggiungere anche la mia riflessione. Mi pare che molti degli interventi concordino sull'affermazione che intanto, diciamo a un primo livello, creatività si possa intendere come un uso consapevole e autonomo , da parte degli studenti, di strumenti rigorosi, di cui sono diventati padroni. Insomma il primo momento della creatività si può considerare la capacità di operare autonomamente, magari entro la "norma", ma con un'appropriazione profonda delle competenze che già non è più un ripetere. Il passare dalla norma alla trasgressione consapevole prevede poi un altro tratto di percorso realizzabile senza eccessiva difficoltà soprattutto da chi ha dalla sua la possibilità di lavorare sul testo letterario, attraverso passaggi di manipolazione, ricalchi, invenzioni, e coinvolgimenti di vario tipo. Il fatto è però che parlando e scrivendo di questi argomenti li esponiamo con una sequenzialità che nel lavoro didattico secondo me sarebbe esiziale. Penso proprio che i prima e i poi (appropriazione delle competenze/uso autonomo; norma/trasgressione…..) non possano che formare una mappa di punti strettamente collegati , in cui la navigazione è regolata dal modo quotidiano di lavorare in classe e dalla strategie per l'apprendimento predisposte; e mi pare di poter condensare così la mia esperienza militante e le mie riflessioni che non si possa insegnare se non per nodi e mappe, in cui il prima e il poi abbiano un significato diverso, e che comunque il momento metacognitivo non possa essere mai troppo rimandato che una didattica trasmissiva non possa in nessun modo favorire l'acquisizione di competenze e tanto meno la creatività che una didattica collaborativa e negoziata permette anche uno scambio "emotivo" certo, non è facile per l'insegnante attuare nella pratica quotidiana una didattica di questo tipo, perché richiede una preparazione accurata dei percorsi su cui lavorare in classe, e anche la capacità di cambiare percorso e "sceneggiatura" accogliendo i suggerimenti espliciti e impliciti degli alunni; c'è da combattere contro la propria pigrizia, contro le proprie incrostazioni mentali, e anche contro la pigrizia degli alunni, che a volte preferirebbero una sana scuola trasmissiva, che li lascia molto in pace, e non li fa lavorare durante le ore di lezione in classe. Ci sono però anche degli aiuti: la collaborazione con gli altri insegnanti, le nuove tecnologie…..probabilmente è proprio delle soluzioni didattiche concrete che dovremo parlare insieme, scambiandoci le esperienze. Scusate se sono stata un po' lunga, mi accorgo che servito soprattutto a me, come sempre, per chiarirmi le idee.

Nella Lucia Zini (Liceo scientifico F.Buonarroti-Pisa Zini@cibernet.it)


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