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Dalla parte della scuola
tra bipartisan e spoil-system

di Beatrice Mezzina

Si era abituati, nelle decisioni importanti di politica scolastica, a discussioni bipartisan. Nelle varie commissioni ministeriali dominava il manuale Cencelli con rappresentanti dell’associazionismo laico e cattolico, dei sindacati confederali e autonomi, dei genitori, delle varie categorie di diverso orientamento. Discussioni e mediazioni, forse eccessive come sempre nelle commissioni, ma di indubbio arricchimento e considerazione reciproca. Così fino alle commissioni Berlinguer e De Mauro che vedevano in primo piano anche tanti legati all’opposizione, G. Bertagna, tanto per fare un nome, l’autore della riforma Moratti.

Con il maggioritario e la vittoria del Polo, è cambiato lo stile. Commissioni leggere e omogenee, poco spazio agli organismi intermedi di rappresentanza del mondo della scuola, spoils-system nell’amministrazione col pericolo che anche le scuole e le persone vengano valutate più per i loro orientamenti che per la loro correttezza istituzionale. Non è semplice pertanto parlare di scuola in un clima arroventato dalle polemiche in un momento di delegittimazione reciproca dei due schieramenti per cui il Polo ha avviato gli Stati Generali della Scuola con un "Punto e a capo" rifiutando in blocco tutta l’elaborazione dell’Ulivo e gli schieramenti si coprono con scudi di incomprensioni e conflittualità permanente.

L’impressione è che nelle dispute, il lavoro quotidiano di molti nella scuola reale si faccia marginale quasi non appartenesse alle esperienze stesse del sistema. Sciolte dalle pratiche dirette di chi vive nella scuola le analisi e le proposte sembrano risultare astratte e suscitare un’adesione o opposizione emotiva, non di effettivo confronto con la realtà. Per altro è strisciante la remora ad esprimersi secondo quel che si pensa realmente e secondo le proprie esperienze in un clima di schieramenti netti, che non conduce a discussioni serene, esplicite e soprattutto propositive per i rischi di etichettature e di perdita di posizioni.

Il clima è questo e non fa bene alla scuola che si confronta ogni giorno non con i massimi sistemi ma con i cambiamenti e il confronto con la realtà.

E’ utile quindi tornare a discutere fortemente dalla parte della scuola, dalla parte di quel "partito della scuola" a cui appartengono tanti che lavorano con attenzione critica nella scuola di tutti i giorni, che hanno spesso ben chiaro il polso della situazione e che altrettanto spesso sono associati in quegli organismi di rappresentanza e intermedi che sono necessari alla democrazia al posto di una folla di io che possono dare il consenso e toglierlo in una progressiva restringimento dello spazio di riflessione.

Non si richiede il bipartisan per compromessi al ribasso, ma una discussione che non sia solo sul terreno dello scontro o della vittoria politica. Tutti dovrebbero fare un passo indietro se si vuole fare il bene della scuola con posizioni coraggiose che nascano senz’altro dal terreno ideale di riferimento, senza tuttavia chiusure nette reciproche, cercando se possibile, alcuni punti di convergenza soprattutto sul terrena della scuola reale.

In questi giorni ragionano gli insegnanti, i dirigenti nelle scuole e nei loro luoghi di rappresentanza associativa e chiedono soprattutto maggiore coinvolgimento e possibilità di ascolto e proposizione.

Ma c’è possibilità di ascolto?

- Emblematico il caso della sperimentazione nella scuola dell’Infanzia ed Elementare, veloce, affannata, come per altro molte proposte della sinistra alla fine della scorsa legislatura.

Non è in discussione il diritto del Ministero di proporre sperimentazioni, di costituire un laboratorio di verifica delle proposte. Del resto la scuola italiana si è movimentata con le sperimentazioni, dalla materna alle superiori, anzi la sperimentazione è stata la strada per una riforma dall’interno delle scuole in attesa di un Godot di una riforma complessiva mai arrivata.

Dispiace tuttavia la fretta di sperimentare un’ipotesi di scuola che ha trovato difficoltà nella stessa maggioranza, con riunioni di fine agosto, con autocandidature dei dirigenti da ratificare nei collegi di settembre, a costo zero, con indicazioni programmatiche di un gruppo ristrettissimo che le scuole devono metabolizzare, con il pericolo che corrano a sperimentare le scuole che hanno meno studenti e che sperano di implementatre gli iscritti con i bambini più piccoli, che i genitori corrano all’iscrizione verso la scuola in sperimentazione, in una Autonomia disarticolata più che in un sistema di Autonomie che faccia crescere la scuola tutta in una unitarietà, che se ad alcuni pare appiattimento, ha costituito in molti casi un elevamento globale della scuola.

Anche qui ansie, fibrillazioni, minore serenità per chi lavora bene e programma per tempo.

Serve sperimentare in così poche scuole per un confronto che sia scientificamente produttivo? E’ solo una operazione politica di immagine? Le scuole che hanno fatto domanda, al di là delle autocandidature e dei necessari criteri logistici, costituiscono un campione meditato, o rischiano di essere un piccolo esercito raccolto più per immagine che per scientifici processi di campionatura?

E gli Osservatori – Nazionale e Regionale – sulla sperimentazione privilegeranno processi e soggetti di effettiva validità di analisi esterna e imparziale o saranno i luoghi di soggetti di appartenenza dell’Amministrazione che dovrebbero supportare la scuola ed essere anch’essi oggetto di valutazione?

E le sperimentazioni esistenti, l’ASCANIO, il progetto ALICE e QUASI, gli istituti Comprensivi, interagiranno in una qualche misura? Con quali relazioni?

Una richiesta forte di riflessione sulle condizioni di contesto, tempi, risorse, informazioni, processi di decisione. Anche perché è inveterato il difetto di manutenzione delle sperimentazioni e di valorizzazione di quanto avviene in molte scuole.

- Un altro elemento di riflessione riguarda l’Autonomia: Si pensava che con il consolidarsi di un atteggiamento responsabile e di ricerca nelle scuole dell’Autonomia, fosse finito il tempo delle sperimentazioni a pacchetto chiuso come quelle degli anni Ottanta, le sperimentazioni assistite che un ventennio fa avevano ancora una logica. Invece ancora una volta il pacchetto chiuso, quando poteva essere offerta alle scuole una possibilità di avvicinarsi alla sperimentazione in maniera flessibile, aperta ed eventualmente anche parziale in raccordo con la propria progettualità e le proprie risorse. Non si rischia una cappa pedagogico amministrativa piuttosto che un confronto più aperto?

Si può chiedere di elaborare reti di scuole tra quelle che sperimentano e quelle che non sperimentano la nuova proposta ma che hanno una ricchezza di lavoro e di proposte che non hanno effetto mediatico? Si può vedere di non fare sempre punto e a capo come se le scuole avessero lavorato a vuoto, così come le trecento scuole, circa, che in tutta Italia avevano sperimentato l’Organico Funzionale, con proposte di modularità e flessibilità, spazzate via di colpo con l’eliminazione dell’Organico Funzionale senza rendiconto alcuno.

- Altro punto riguarda la sperimentazione nella scuola superiore, le intese con la Formazione Professionale con percorsi paralleli a quelli scolastici, firmata da regioni rette da Governatori della stessa linea politica del governo, chiara nella logica politica con l’auspicio di un impulso a una maggiore qualificazione della formazione professionale stessa. E tuttavia, tra il ricorso al TAR dello SNALS contro la sperimentazione, con i progetti che le agenzie di formazione professionale presenteranno ad anno scolastico inoltrato, con il ruolo della scuola, gli Istituti professionali soprattutto, ancora da definire, con una informazione ancora mediatica per la maggior parte degli operatori scolastici, si rischia forse di disorientare proprio gli studenti che avrebbero bisogno di un orientamento più sicuro e meno confuso, con il rischio di una minore affluenza degli studenti agli Istituti professionali, per la preoccupazione delle famiglie che diventino una scuola con un percorso non definito, come denuncia da Torino il preside Rattazzi, presidente dell’ASAPI, associazione di molte scuole del Piemonte, molto composita politicamente, ma ferma nel portare avanti le ragioni della Scuola. Limiti negli obiettivi, indeterminatezza dei sistemi di verifica, scarsa riflessione sul rapporto con le aziende, sono messe in evidenza anche da Norberto Bottani, uno degli estensori della Riforma Moratti, insieme con l’apprezzamento per lo studio di nuove modalità di formazione professionale.

Anche in questo caso, si può chiedere di non dimenticare quanto le scuole hanno svolto in questi anni da sole, accollandosi gli impegni nell’ambito dell’obbligo scolastico, in percorsi di integrazione, spesso senza alcun aiuto delle Regioni, nell’ambito della lotta alla dispersione o per le esperienze scuola lavoro? Anche qui si tratta di manutenere, di studiare, di confrontare, di informare.

- E la nuova finanziaria, con il blocco delle assunzioni, il taglio agli organici, l’innalzamento del rapporto alunni- classe, non deve prevedere un confronto sulle possibili e reali possibilità di risparmio senza ledere l’obiettivo richiamato dal presidente Ciampi di dare più peso all’istruzione di qualità per tutti?

- E gli Esami di Stato su cui non si fa un rapporto serio per analizzare le incidenze sulla tenuta della scuola della nuova formula, non richiedono forse maggiore riflessione per una modifica? Perché l’INVALSI non ha ancora pubblicato un rapporto, mentre il CIDI nazionale lavora per un esame attento di quanto è avvenuto e lo pubblicherà sul prossimo numero della rivista " Insegnare"?

- Ancora il caso ultimo della lista delle scuole a rischio dimensionamento, portato a conoscenza con uno scoop estivo di alcuni organi di stampa.

Che sia previsto in piano di ulteriore di dimensionamento per il 2003-2004 è certo. Si risparmierà sui presidi cui si è assegnata la dirigenza ( è per questo che non sono stati banditi i concorsi ed è stato prodotto ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo da parte della ANP) e sugli organici in un intento più aziendalistico che di servizio. E’ legittimo che il Ministero avvii un lavoro sui dati numerici, ma è anche incontrovertibile che i dati numerici sono tutti da discutere soprattutto nei tecnici e professionali; è utile che l’assessore regionale, dopo la riforma del titolo V della Costituzione, rivendichi il proprio ruolo nel piano di dimensionamento ma è necessario discutere i criteri espressi a mezzo stampa; rientra anche nel gioco delle parti che la stampa faccia lo scoop estivo prima che le cose si sappiano nelle scuole che poi sono le prime interessate. Ma delle scuole nessuno si preoccupa: allarme, difese, famiglie preoccupate proprio perché non avvezze ai giochi degli addetti ai lavori per cui le cose sbandierate sono forse più innocue delle decisioni striscianti e progressive, studenti immediatamente sul piede di guerra come da sempre nei mesi autunnali con i governi di destra e di sinistra.

Questo mentre comincia l’anno scolastico e le scuole dovrebbero programmare con serenità nel rispetto che sarebbe loro dovuto.

Non è forse necessario un immediato tavolo delle trattative e una discussione seria e alla luce del sole ricordando i molti errori del dimensionamento 2000, i campanilismi, gli istituti soppressi e resuscitati e soprattutto le logiche del ridurre, accorpare, lasciando intatti gli istituti con 2000 alunni. So bene che è più facile un piano dirigistico senza le faticose mediazioni e che anche le opposizioni dovranno cedere per situazioni insostenibili. Ma è uno scotto che bisogna pagare con l’ottica non aziendalistica, perché i risparmi si facciano altrove e meno nella scuola dove si deve spendere, meditatamente certo, con la finalità tuttavia di costruire le condizioni per cui ogni studente sia portato a competenze più alte anche con maggiori risorse, e questo non venga considerato un danno economico ma un investimento

- Quale poi il coinvolgimento di chi lavora nella scuola, mentre si profilano Codici Deontologici per gli Insegnanti e Organi Collegiali tutti da discutere?

Se possibile, la lotta politica necessaria perché ciascuno porti avanti i propri ideali anche nella scuola, scenda al confronto con attenzione alle questioni di contesto, alle esigenze delle scuole, di fronte alle grandi questioni dell’apprendimento e dell’innalzamento delle competenze culturali dei nostri studenti.

Credo fortemente che il Partito della scuola voglia contare e assumersi responsabilità, anche in un momento difficile come questo.

Tra lo spoils-system, con gli inevitabili appiattimenti e conformismi indotti che possono appannare la correttezza istituzionale e il bipartisan con i rischi di appiattimento compromissorio verso il basso, può trovare la scuola una terza via di ascolto per la qualità del servizio e il ruolo della formazione che gli insegnanti vogliono mantenere alto?


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