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Di LEP e di OSA e di PECUP L’ultimo intervento del prof. Bertagna su “Scuola e Didattica” del 15 aprile 2006 “Personalizzazione degli apprendimenti: livelli essenziali di prestazione o prestazioni minime di apprendimento dei ragazzi?” ribadisce in maniera chiara e definitiva (stavo per dire piuttosto “ultimativa”, visto lo scenario prossimo futuro che ci aspetta) l’equivoco tra LEP e OSA che si ritrova nelle Indicazioni nazionali, opera, si sa, del gruppo facente capo proprio al prof. Bertagna. Queste infatti recitano nel frontespizio per i vari gradi di istruzione: alla fine dell’anno o del biennio “la Scuola ha organizzato, per lo studente, attività educative e didattiche unitarie che hanno avuto lo scopo di aiutarlo a trasformare in competenze personali le seguenti conoscenze e abilità disciplinari” . A parere di Bertagna non si tratta di obiettivi cognitivi, riferiti alle discipline, o di obiettivi affettivi-relazionali, riferiti alla convivenza civile (le varie educazioni), che l’alunno deve conseguire, bensì di “materiali” o, come metaforicamente li chiama altrove, di “ingredienti” da utilizzare per progettare i percorsi formativi “al servizio del massimo sviluppo possibile degli alunni”. Ritornerò successivamente su come deve intendersi “il massimo sviluppo possibile” e sulle possibile conseguenze che ne derivano sul piano della valutazione.
GLI OSA DEVONO ESSERE APPRESI DAGLI ALLIEVI Intanto che le conoscenze e le abilità non siano le mete ultime dello sviluppo della personalità dell’alunno siamo d’accordo: questa semmai si manifesta attraverso le “competenze” o per usare il lessico più appropriato di Bertagna, “la competenza”, di cui si parlerà dopo. Ma le competenze si raggiungono proprio attraverso le conoscenze e le abilità e il processo di istruzione è in questo senso la via attraverso la quale si realizza la formazione. Lo schema più volte riportato negli scritti di Bertagna o di Puricelli per cui dalle capacità (natura) si arriva alle competenze (vita) attraverso le conoscenze e le abilità che costituiscono i materiali delle UA insieme agli OF (cultura) testimonia che senza conoscenze a abilità non si costruiscono le UA e non si arriva alle competenze; ne deriva che gli OSA dovranno essere non solo utilizzate dai docenti ma dovranno essere “apprese” dai discenti. Che significa infatti che i docenti “usano” (pag. 9) … le abilità? Le abilità non si usano, si apprendono e quindi non ha senso dire che “gli OSA non indicano ciò che l’alunno deve sapere e saper fare”. Gli obiettivi specifici di apprendimento di cui parla l’art. 8 del DPR 275 non sono altro che le conoscenze e le abilità che gli alunni dovrebbero possedere: essi certamente non restano a sé stanti e quindi non esauriscono lo scopo della formazione, come si è già detto, tanto è vero che già nella norma si parla di “obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze”, che dovrebbero costituire il fine ultimo dell’istruzione e della formazione. Proprio il richiamo alla CM 84 e alla definizione di competenza ivi enunciata avrebbe dovuto chiarire questo concetto. La competenza, vi si dice, “è l’agire personale di ciascuno, basato sulle conoscenze e abilità acquisite” dall’alunno e, io aggiungo, non semplicemente “usate” dal docente. “La competenza è … un insieme integrato di conoscenze e di abilità che si sono personalizzate ed armonizzate .. dentro di noi” (pag. 13) In sostanza gli OSA devono essere appresi e non possono essere semplicemente gli ingredienti “usati” dal docente. Sempre nel modello di “scheda” inserito nella C-M. 84 si parla di “apprendimenti attesi”. E’ vero che tali modelli sono contestati dal gruppo dell’Università di Bergamo, in particolare Puricelli, ma è pur sempre indubitabile che la Scuola non può non valutare le conoscenze e le abilità, cioè gli OSA, che “ci si attende” vengano acquisti dagli alunni, seppure a vari livelli . Gli OSA pertanto non possono essere dei LEP e l’aver scambiato gli uni con gli altri è alla base di tutti i fraintendimenti che ne sono derivati anche sul piano della valutazione. Che gli OSA di cui all’art. 8 vogliano significare i “curricoli” appare evidente da quanto espresso nell’art. 13 del DPR 275 laddove si afferma “Fino alla definizione dei curricoli di cui all'articolo 8….”
UNA ESEMPLIFICAZIONE DEI L.E.P. I LEP sono piuttosto quelli che le Indicazioni chiamano “Vincoli e risorse” : organico, orario ed altro. Vi farei rientrare tutte le “norme generali” che nel corso degli anni hanno riguardato il calendario scolastico nazionale, il numero minimo di giorni, le regole per la formazione delle classi e la assegnazione dei docenti alle classi, il sostegno agli alunni, le dotazioni minime informatiche, le biblioteche e i laboratori ed altre norme “vincolanti” (perché oggi in effetti non lo sono) riguardanti la formazione dei docenti, i progetti di educazione alla salute, la continuità e l’orientamento ecc. Ecco cosa sono i LEP,a mio parere, ma non solo mio. Così come nella sanità, dove tuttavia esistono “protocolli” o degli indicatori che vanno tenuti presenti al fine di giudicare se l’azione di un Ospedale è più o meno adeguata, ma non esistono “impegni” per il malato, salvo il dovere di non contrastare l’azione del medico con comportamenti difformi. Nulla a che vedere con la Scuola, dove l’alunno è non solo oggetto ma anche soggetto della sua formazione integrale che deve dimostrare di aver raggiunto e su cui dovrà essere valutato. Tralascio di avventurarmi nella disamina degli elenchi degli OSA, giudicati dallo stesso Bertagna in maniera non entusiasmante, ma non posso non rilevare che le “conoscenze” in qualche modo resuscitano i programmi che pure si volevano abolire, mentre per le “abilità” penso non fosse il caso di essere così analitici. Abbiamo alle spalle montagne di documenti in cui vengono enunciate le “abilità” disciplinari o come vengono piuttosto chiamati i “sillabus”.
OSA E “PROFILO IN USCITA” A me sembra, anche se sono certo che il Prof. Bertagna non approverà, che i veri OSA si ritrovino nel Profilo educativo, culturale e professionale (PECUP) [1] che, sempre a mio parere, potrebbe essere integrato con il Documento dei Saggi del 1997/98. Mentre quest’ultimo puntava più sui “contenuti” e sui “saperi”, il PECUP di Bertagna, bisogna riconoscerlo, ha una curvatura maggiormente attenta alla formazione. Non vedrei male un lavoro di riscrittura a “due” mani e non a una sola, come è purtroppo avvenuto in questi anni del Profilo. Mi chiedo che valore dare al Profilo se non intenderlo come l’enunciazione delle mete formative da raggiungere alla fine di un ciclo, mete che comprendono aspetti affettivi, relazionali e cognitivi. Sotto questo aspetto il “Profilo” è senz’altro uno dei documenti più importanti tra tutti i documenti della Riforma, ma su cui ci si è poco soffermati. Discutibile, ma fondamentale. Personalmente avrei visto un paragrafo espressamente dedicato anche agli aspetti “metacognitivi”, che comunque sono presenti implicitamente in più parti. E’ qui nel PECUP che compare in maniera chiara il concetto di competenza, di cui Bertagna parla diffusamente nelle “Raccomandazioni” ; salvo che qui mi permetto di notare come la “competenza” va declinata nelle sue varie accezioni, per cui parlerei piuttosto di “competenze”, cosa che fra l’altro è richiesto sia dal più volte citato art. 8 del DPR sia dai numerosi documenti emanati in questi ultimi anni a partire dal nuovo Esame di Stato. Se si esamina la parte del PECUP riferita agli “strumenti culturali” possiamo scorgere quelli che io definirei gli “obiettivi specifici di apprendimento” riferiti questa volta alle discipline o agli ambiti culturali, da cui si possono ricavare le macrocompetenze. E’ ciò che a livello europeo vengono definite la literacy o la numeracy o in altri modi. Purtroppo mancano a livello internazionale esempi di competenze emotive e relazionali,su cui invece il PECUP si sofferma adeguatamente nella prima parte. Naturalmente il Profilo non va visto come qualcosa che si realizza semplicemente alla fine di un percorso; esso va articolato e sviluppato ai vari livelli e possibilmente per “periodi didattici”. Questo compito può essere lasciato alle Scuole e ai team di docenti. In questo modo si recupera anche il “curricolo” che invece si vorrebbe abolire. Certo che il curricolo e ciò che concettualmente è legato al curricolo (nuclei fondanti, epistemologia delle discipline) va integrato con gli “obiettivi formativi” utilizzando le “valenze formative” delle discipline senza inventarsi degli OSA appositi, come avviene nelle Indicazioni con le “educazioni”, ma adattando davvero le Unità didattiche o i “moduli” ai principi delle “unità di apprendimento” . Sempre tornando all’art. 13 del DPR 275 è importante quanto è detto: “Fino alla definizione dei curricoli di cui all'articolo 8 si applicano gli attuali ordinamenti degli studi e relative sperimentazioni, nel cui ambito le istituzioni scolastiche possono contribuire a definire gli obiettivi specifici di apprendimento di cui all'articolo 8 riorganizzando i propri percorsi didattici secondo modalità fondate su obiettivi formativi e competenze.”[2] In sostanza si tratta di trovare una sintesi, come ho più volte sostenuto, tra programmazione curricolare e PSP, basati sulle UDA. Ma qui il discorso si allarga e ho avuto modo già in altre sedi di contestare questa presunta inconciliabilità tra UD e UA, tra OD e OF. In sostanza gli OSA, quelli delle Indicazioni o del PECUP, non possono non essere intesi come “obiettivi di apprendimento”, nel senso che gli alunni devono acquisirli e non devono essere assolutamente confusi con i LEP Che lo Stato debba indicare quali “saperi” e quali “competenze” dovranno essere acquisite dagli alunni non è affatto un attentato alla “libertà di insegnamento” e non contrasta con il principio di sussidiarietà e soprattutto non è sintomo di statalismo “sansimoniano”, come sostiene Bertagna. Certo che al centro deve esserci l’alunno e la sua formazione, ma l’istruzione non è semplicemente un diritto-dovere della persona, è anche un diritto “sociale” e “civile”, nel senso che lo Stato deve garantire che tutti possano godere di quei diritti di cittadinanza che l’istruzione è in grado di assicurare e possibilmente in maniera uniforme. Ma occorre che certi traguardi vengano raggiunti, tenendo conto certo delle caratteristiche individuali, delle capacità dei singoli, ma non accontentandosi del “massimo sviluppo possibile” degli allievi. L’acquisizione della “competenza” di cui si parlava prima presuppone l’acquisizione di “competenze” di base enunciate nel Profilo e che abbisognano del possesso, a livelli diversificati se si vuole, ma certamente del “possesso” proprio di quegli OSA che Bertagna vorrebbe invece considerare dei LEP. Il PECUP, è scritto, “rappresenta ciò che un ragazzo di 14 anni dovrebbe sapere e fare per essere l’uomo e il cittadino che è giusto attendersi da lui al termine del I ciclo” E’ vero che l’uso del condizionale e quell’”attendersi” attenuano il dovere dell’alunno, il quale al termine del ciclo, ma anche nelle fasi precedenti (proprio per quella processualità e quel gradualismo del Profilo), deve dimostrare di aver raggiunto tale competenza se si vuole che il processo educativo abbia avuto il suo “giusto” completamento. In caso contrario la stessa Legge 53 prevede il non passaggio alle classi successive o la non concessione del diploma. Non è vero quindi che la legge non preveda sanzioni, come dice Bertagna, tanto è vero che sono stati soppressi anche alcuni articoli della L. 517/77 troppo “permissivi”
DAGLI OBIETTIVI AI LIVELLI O STANDARD Il problema è piuttosto un altro, vale a dire: come si stabilisce il livello accettabile del padronanza di tali competenze? Quando ad esempio possiamo dire che mancano le competenze oppure che esse sono “elementari” e pur tuttavia presenti? Qui, a mio parere, interviene un secondo equivoco, che consiste nel confondere gli “obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze” con gli standard o i livelli accettabili di apprendimento da parte degli alunni. Dice Bertagna “Se le Indicazioni nazionali avessero avuto la pretesa di indicare standard e livelli di apprendimento per gli allievi avrebbero dovuto … precisare per ciascun obiettivo, anche gli standard e i livelli minimi o medi di padronanza attesi per tutti gli allievi”. Ora è evidente che altro sono gli “obiettivi”, altro sono gli standard minimi; questi ultimi non possono che essere stabiliti dai docenti, seppur in maniera non arbitaria, come si dirà dopo. Trovo pertanto che la cancellazione nell’ultima versione dell’art. 8 del DPR 275 della espressione “standard di prestazione degli apprendimenti degli allievi” sia stata giusta, perché in questo modo gli obiettivi si sarebbero trasformati in qualcosa d’altro e si sa che è pericoloso fissare per legge degli “standard di apprendimento” E’ evidente che, una volta stabiliti tali livelli, è possibile, anzi direi doveroso, che i docenti non promuovano un alunno che si dovesse collocare al di sotto di tale livello. E questo non ha nulla a che vedere con una specie di letto di Procuste, come argomenta Bertagna. Non si tratta di “piegare (sic!) la persona di ogni allievo al raggiungimento degli standard stabiliti” o “strutturala sul modello delle prestazioni attese dallo Stato”, ma semplicemente di “valutare” in senso positivo o non positivo un alunno. Altrimenti in cosa consisterebbe la valutazione sommativa, che non possiamo certo eliminare dalla Scuola? Il fatto che un alunno abbia raggiunto “il massimo sviluppo possibile” per lui, date le sue capacità, ci induce a ritenere che abbia conseguito le mete formative indicate dal PECUP? E se non le ha raggiunte, la Scuola ha il diritto-dovere di non certificare la competenza. Nulla da eccepire che sia la scuola, e i docenti che hanno la “responsabilità professionale di identificare i livelli accettabili di apprendimento che devono essere raggiunti dal ragazzo”. Eppure lo stesso Bertagna avverte la necessità che ci sia un confronto e quindi che si possano identificare dei livelli essenziali di prestazione. Questo confronto deve essere bidirezionale ed quello che bisogna chiedere all’INVALSI, per cui non c’è contrasto tra valutazione statistica e valutazione “professionale”, ma entrambe servono allo stesso scopo: impedire la frammentazione e la polarizzazione del nostro sistema di istruzione e nel contempo riconoscere le “differenze” che non potranno mai essere cancellate. Tutto questo discorso non mette in discussione l’esigenza di una scuola al servizio dell’alunno, che sappia “personalizzare” i percorsi, che non si fermi alle conoscenze e alle abilità e quindi agli OSA, che pure devono essere dettati dal centro, ma miri allo sviluppo integrale della persona. Una scuola che richiede docenti di ben altre caratteristiche rispetto alla maggior parte di quelli in servizio. Ma fino a quando la formazione e l’aggiornamento sono un optional ………
P.S. Ho letto un intervento di Iosa che mi ha un po’ colpito per la “supponenza” abituale dell’autore. A parte le espressioni offensive sulle cosiddette “mosche cocchiere di sinistra” che, a suo parere volevano “sinistrare” le parole della Riforma, Iosa liquida come “pedagogia del nulla” parole come tutor, portfolio, OSA. Bel segnale di dialogo e di confronto! A parte che di tutor e portfolio c’è ampio riscontro nella letteratura pedagogica di questi ultimi anni, meraviglia che Iosa non si sia letto l’art. 8 del DPR 275, che se non sbaglio ha contribuito a far scrivere! Non si annunciano tempi sereni se si ricostituisce al MIUR lo staff di Berlinguer
[1] Tra parentesi trovo convincente la risposta all’obiezione sul “professionale” data da Bertagna a chi trovava incongruo l’uso di tale termine a 14 anni. La “professionalità” in questo caso non è da intendersi come attitudine a un certo tipo di lavoro, bensì come indice di una propensione verso un’attività definita, una specie di “vocazione” dal latino “profiteor” da cui viene anche il tedesco Beruf o professione nell’accezione di Max Weber nell’”Etica protestante e lo spirito del capitalismo”
[2] Effettivamente si è discusso poco sull’art. 13 del DPR 275/99 ed è un peccato. Preliminarmente rileverei come in un testo legislativo non sempre ci si può attendere una terminologia scientificamente rigorosa da un punto di vista metodologico didattico: ho l’impressione che espressioni come “obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze” oppure modalità fondate su obiettivi formativi e competenze “ siano state inserite in maniera alquanto “leggera” da persone non propriamente versate nelle questioni scolastiche; si spiegherebbe anche l’uso del termine “curricolo” accanto agli “obiettivi formativi”. Quanto a questi ultimi ritengo che il prof. Bertagna non li abbia ricavati dalle norme, ma costituiscano una sua personale teoria della didattica in cui si intendono contrapporre “obiettivi didattici” e “obiettivi formativi” che a parere del sottoscritto dovrebbero invece integrarsi, come ho già scritto in altre occasioni (Scuola e Didattica n. 1 anno scolastico 2005/2006 del 1 settembre 2005)
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