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Di questo passo anche la scuola diventerà superflua? di
Cinzia Mion
Scrive Aldo Tropea, rilanciando la riflessione
sulla leadership della dirigenza scolastica,
che forse è il caso di mettersi
d’accordo su che cosa intendiamo per “leadership educativa”, stimolando
la partecipazione degli associati ANDIS. Aggiunge poi Stefanel che forse il dirigente
scolastico, nel modo in cui viene reclutato e formato, diventa
superfluo… Sentendomi chiamata in causa provo a riprendere
alcune argomentazioni apparse nel mio intervento precedente, cercando
però di disambiguarle da qualche equivoco che mi accorgo possano avere
indotto. Non intendevo sicuramente “la diretta concreta
capacità di influenzamento del personale docente per quanto riguarda le
scelte metodologiche –didattiche e il loro coordinamento tecnico”.
Riterrei però particolarmente grave che un dirigente non padroneggiasse
i fondamenti essenziali di una Istituzione educativa, centrata sul
processo di insegnamento-apprendimento com’è la scuola, per cui non
riuscisse a riconoscere i bisogni formativi dei docenti affidati alla
propria gestione, giustificandosi con il fatto che in compenso è esperto
di teoria dell’organizzazione. Questi fondamentali consistono in :
-
una conoscenza storico-culturale del contesto in cui oggi le scuole
operano, derive
sociali comprese, insieme ad uno sguardo
globale ai problemi educativi nell’era in
cui, come si esprime benissimo
M.Recalcati, siamo in presenza “dell’evaporazione del padre” e del
principio di autorità;
-
fondamentale è inoltre che la scuola offra la
capacità di comprendere che i ragazzini e gli adolescenti sono presi non
solo dal problema di apprendere ma di capire il “senso” di ciò che
vogliamo che apprendano e che, contemporaneamente, sono anche assorbiti
dal lavoro impegnativo di imparare a crescere,
per
cui diventa centrale la competenza “relazionale “degli adulti e, nel
nostro caso, in particolare dei docenti impegnati in questa relazione di
aiuto;
-
fondamentale è la conoscenza delle teorie
dell’apprendimento e la padronanza di tutte quelle abilità di creare in
classe “contesti sociali” adeguati a realizzare
ambienti per l’apprendimento,
secondo
l’approccio co-costruttivo interattivo socioculturale,
teoria che le ricerche segnalano essere oggi il più adeguato ed
efficace;
-
fondamentale risulta l’attivazione di gruppi,
anche provenienti da vari ordini di scuola -
come avviene o dovrebbe avvenire oggi
negli Istituti Comprensivi -
per realizzare autentiche comunità di
pratica professionale;
-
fondamentale risulta padroneggiare conoscenze sulle teorie che stanno
oggi alla base della” motivazione” per sollecitare i docenti a saperla
attivare convenientemente prima su se stessi e poi sugli alunni;
-
fondamentale risulta saper far confrontare il collegio sulla
condivisione di valori in primis “l’idea di scuola”;
-
fondamentale risulta la conoscenza dei pilastri della ricerca e la
sperimentazione;
-
fondamentale risulta sapere la differenza tra valutazione sommativa e
formativa e di conseguenza saper far attivare l’ autovalutazione da
parte dei docenti con conseguente aggiustamento metodologico-didattico
in presenza di difficoltà di apprendimento.
Con queste affermazioni ho solo circoscritto le
competenze fondamentali che stanno alla base della leadership educativa
o “trasformazionale” che dir si voglia ( se si desidera porre l’accento
sulla forza innovativa e trainante) che fra l’altro costituiscono
l’oggetto dell’area 4 dei test nella prossima preselezione del concorso
per dirigenti scolastici ( peccato che siano state incapsulate in test
nella maggior parte sterili e mnemonici). Non ho toccato la didattica se non nell’ultimo
punto, essenziale per attivare la responsabilità docente nel caso di un
mancato successo formativo. Va chiarito comunque che non esiste una
didattica neutra, ognuna è strategicamente consequenziale all’idea di
scuola e alla teoria dell’apprendimento adottata. Chi afferma che la
didattica non interessa o che bastano i saperi disciplinari sposa
automaticamente una didattica trasmissiva. Che ne sia consapevole o
meno.
Nulla da eccepire? Io avrei personalmente
qualcosa da eccepire ma non è questa la sede. Basti sapere che questa
corrisponde ad una teoria dell’apprendimento superata e non
funzionale “all’educare al
comprendere”, come direbbe Gardner, e tanto meno ad una idea di scuola
inclusiva. Nell’arco del presente contributo ho soltanto
affrontato tematiche specifiche della psicologia dell’apprendimento
scolastico, un tempo definite tematiche psicopedagogiche. Significa in
fondo parlare delle conoscenze essenziali che stanno alla base della
competenza specifica professionale. Non mi si obietti che queste sono le competenze
del docente e che il compito del dirigente non è essere “il maestro dei
maestri”. Lo so benissimo, ma come si fa a prendere o far prendere
decisioni , quindi delegare, se non si sa di cosa si va cianciando?
Il
dirigente scolastico - finchè la dirigenza scolastica atipica o
specifica scaturisce
dalla
competenza iniziale docente, su cui si innesteranno successive
acquisizioni organizzativo-giuridiche, così bene descritte da Tropea nel
suo intervento -
in
fondo ha bisogno della “stella polare” che io individuo appunto nelle
competenze fin qui descritte. Lavorare per il miglioramento e la qualità della
scuola significa sapere dove si vuole andare e soprattutto affermare la
centralità dei processi di “creazione di senso”, come direbbe Weick, uno
dei più noti teorici dell’organizzazione.
Ed infatti si dice
che
il senso nella scuola stia racchiuso qui : formare le future generazioni
attraverso l’acquisizione di svariate competenze di cittadinanza, uomini
e donne che sappiano leggere il mondo e gli eventi orientandosi
criticamente in essi, prepararandoli consapevolmente al loro futuro
progetto di vita, esistenziale e lavorativo. Un compito che fa tremare le vene ai polsi.
Sottovalutare la portata dell’apporto
specifico professionale del dirigente scolastico,
negandone il “valore aggiunto”, come fa
il governo che a lungo ha tergiversato prima di bandire il nuovo
concorso, attraverso quindi l’assegnazione di plurime reggenze,
attraverso prefigurazioni di Istituti
dalle dimensioni ingestibili - dove la gestione chiaramente non è solo
quella organizzativa – significa non solo danneggiare la scuola e i
giovani, ma danneggiare il futuro del Paese. Oppure diteci che il dirigente scolastico è
superfluo, come fa con una bella provocazione Stefanel , e mettiamo nero
su bianco che fra un po’ anche la scuola lo diventerà. Più per forza di cose, e di tagli, che per
intento “descolarizzante”. C’è ancora qualcuno che si interessa delle sue
sorti ? Batta un colpo! |
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