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DISPERSIONE E RECUPERO: MEGLIO PRIMA CHE DOPO!
I primi dati sulle bocciature alle Superiori, specie nel Biennio degli istituti Tecnici e professionali, dove si supera addirittura il 20% con punte del 35%, ripropongono l’annoso problema della "dispersione scolastica" e delle politiche portate avanti negli anni scorsi per aumentare la "produttività" del sistema scolastico italiano ed abbassare il tasso di insuccessi sempre nelle Superiori. Una piccola digressione storica: all’inizio degli anni novanta si crearono, a livello nazionale e provinciale i cosiddetti "Osservatori contro la dispersione", furono investite ingenti risorse finanziarie ed umane, si parlò di sinergie tra educazione alla salute, lotta alla dispersione, e nuove forme di orientamento; furono stanziate notevoli somme per le "attività pomeridiane" degli studenti (la famosa Direttiva 133 del 1996 che divenne poi il DPR 567 nell’autunno dello stesso anno, su cui tornerò alla fine) volta sia a dare spazio alla creatività studentesca sia a prevenire forme di disagio e di abbandono. Poi venne l’abolizione degli esami di riparazione nelle superiori (grazie al governo di centro-destra del 1994, ministro D’Onofrio!) e si emanò il Decreto 253/96 (convertito nella L. 352/96) che introdusse i "corsi di recupero". Quest’ultima misura, criticata ora dai più, allora suscitò un appassionato e ricco dibattito sulle modalità del "recupero" nella secondaria superiore, non necessariamente legato ai corsi tradizionali, sul modo come innovare nella stessa didattica quotidiana in modo che il "recupero" si innestasse proprio nell’agire normale della Scuola e si diffusero esperienze innovative interessanti, raccolte a livello centrale e socializzate nelle Scuole più attente (le quali scuole più "attente", sia detto tra parentesi, non avevano atteso l’abolizione degli esami di riparazione per avviare un nuovo modo di combattere la dispersione e l’insuccesso). Poi però venne … il concorsone, gli "stipendi da fame" di De Mauro, la battaglia sui "cicli" : le problematiche politiche e sindacali presero il sopravvento. Della qualità della Scuola si continuò a parlare in termini di efficientismo e di organizzazione manageriale. Chi ha frequentato i corsi per Dirigenti se ne è fatta una scorpacciata, e non è finita! Il CEDE, oggi INVALSI, venne impegnato su altri fronti e della "Dispersione" finirono per occuparsi (poco e male) qualche "distaccato" , per lo più isolato, presso i Provveditorati in via di estinzione (?) e ……. i docenti soprannumerari nella speranza di salvare il posto con qualche Progetto contro la dispersione. La stessa questione delle "zone a rischio" divenne oggetto di defatiganti querelles sindacali su criteri e modi di assegnare i fondi: dove, a chi? Peccato che si sia fatta poca attenzione al perché e ai risultati. Veniamo all’oggi. Il sottoscritto è ancora convinto che la dispersione vada combattuta non aumentando semplicemente il numero dei promossi, come qualcuno tenderebbe a interpretare lo spirito delle disposizioni in materia, ma innalzando il livello reale di formazione che non si misura con i numeri dei bocciati, bensì con indagini più accurate. Siamo ormai tutti avvertiti che esiste una dispersione ancora più pericolosa, la cosiddetta "dispersione occulta", che si ha quando alla promozione amministrativa non corrisponde assolutamente un avanzamento reale delle conoscenze e delle competenze di base (e le statistiche internazionali stanno lì a dimostrare che in Italia le cose stanno proprio in questi termini!). D’altronde sono proprio le competenze di base di tipo cognitivo le maggiori responsabili degli insuccessi alle Superiori; certo esistono altri aspetti di cui non possiamo non tener conto: i problemi motivazionali, il clima della Scuola o della classe, le difficoltà socio-ambientali, i comportamenti e gli atteggiamenti dei docenti, specie nelle Scuole tecniche e professionali (con buona pace dei progetti 92 tanto declamati!), non proprio in linea con i principi enunciati nei tanti documenti contro la dispersione. Ma se le competenze di base sono carenti, e in questi anni non sembra si siano fatti progressi notevoli, nonostante, come si diceva, il profluvio di risorse e di progetti contro la dispersione, occorre chiedersi: a cosa serve investire tanti miliardi (circa 250 all’anno, mi risulta, con i cosiddetti IDEI, interventi didattici educativi integrativi) nelle Scuole superiori per avere i risultati che poi abbiamo? E’ vero, o è una grande malignità, dire che quelle risorse servono a ripagare i docenti delle Superiori per i mancati introiti delle lezioni private, una volta eliminati gli esami di settembre? Il sospetto diventa purtroppo fondato una volta considerato che tali fondi (900.000 moltiplicato per il numero dei docenti in organico), da qualche anno sono confluiti nello stesso capitolo del Fondo di Istituto e possono essere utilizzati per entrambi gli scopi. Qui si aprirebbe un delicato capitolo che riguarda il diverso trattamento dei docenti della Scuola di base, ai quali si chiede di attuare il recupero entro l’orario di servizio (le famose 160 ore ormai scomparse) e quindi senza alcun compenso aggiuntivo e i docenti delle superiori che si vedono gratificati per un lavoro, spesso (ma non sempre per fortuna) infruttuoso, e che molti docenti addirittura rifiutano (tanto i fondi non si perdono comunque!). Si arriva talvolta all’assurdo di qualche docente che assegna il debito formativo per poter giustificare poi i corsi di recupero! Io credo che si debba ripartire con una considerazione di fondo: il "recupero" può avvenire quanto più è precoce. E allora è soprattutto nella Scuola di base che bisogna investire! E’ assurdo che quei 250 miliardi della L. 532 siano riservati solo alle Scuole superiori. Non è solo una questione di equità, ma di efficacia degli interventi. E’ altresì vero che una cultura del "recupero" nelle Superiori è ancora poco diffusa: nei Licei ad esempio si tende a "indirizzare" i più deboli verso altri tipi di scuola, mentre il destino dei bocciati nei tecnici e nelle professionali è per lo più la formazione regionale o l’abbandono. E’ una situazione nota a tutti; eppure non se ne vuole prendere atto. Visto che ci siamo, dirò che la stessa Direttiva 133/96 del Ministro Lombardi, tradotta in DPR 567 del 10 ottobre 1996 dal ministro Berlinguer, prevedeva interventi a favore delle "istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado". Non si sa come, con una Circolare successiva C.M. 17/10/1996 n. 654 il Ministero attribuiva la somma di 40 miliardi stanziati nella L. 352 (quella per i corsi di recupero), solo alle Scuole secondarie superiori. E da allora in tutte le Direttive sull’autonomia tali somme sono state destinate alle Scuole superiori, contraddicendo la Direttiva 133 e il DPR 567. Su questo punto credo occorra fare finalmente chiarezza e l’ANDIS a parere del sottoscritto dovrebbe appurare la vera destinazione dei fondi della Direttiva 133/96
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