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Rilettura dell’educazione nella nostra
Costituzione
di Margherita Marzario
Absract: L’Autrice svela le diverse facce
dell’educazione così come emergono nella nostra Costituzione.
L’obiettivo (o la “mission”, mutuando un termine
inglese usato per dire “mission aziendale” per indicare lo scopo ultimo
di un’impresa, la giustificazione stessa della sua esistenza e ciò che
la contraddistingue dalle altre) dell’educazione è la formazione della
persona. Il testo legislativo più personalistico da cui trarre
indicazioni per il percorso educativo è la Costituzione, testo
che l’educatore don Lorenzo Milani citava spesso ai “suoi”
ragazzi. Vari sono gli articoli in cui si parla espressamente di
educazione, gli articoli 27 “rieducazione del condannato”, 30 “dovere e
diritto dei genitori di educare”, 33 “istituti di educazione”, 35
“formazione e elevazione professionale” e 38 “educazione e avviamento
professionale”. E’ paradigmatico che nell’art. 27 si parli di “umanità”
e “rieducazione” per rimarcare che l’educazione è un percorso che si
rinnova sempre per acquisire e riconquistare la propria essenza,
l’umanità (e questo vale non solo per il condannato). E’ indicativa la
sequenza del processo educativo negli artt. 30, 33 e 35, dalla famiglia
alla scuola al lavoro. La famiglia e la scuola non sono tanto agenzie
educative (non forniscono servizi) quanto soggetti educativi (intessono
relazioni) e, in sinergia col mondo del lavoro, devono operare non tra
deleghe, ostilità, compartimenti o collegamenti artefatti, ma in un
sistema di “com-petenze” e “com-potenze”. Alla famiglia, “società
naturale” (art. 29 comma 1 Cost.) spetta l’essenziale compito educativo
(art. 31 comma 1 Cost. “adempimento dei compiti della famiglia”) di
fornire la natura della persona ed essendo l’educazione “passaggio dalla
natura alla cultura” (Jacques Maritain) alla scuola spetta, poi,
mediante il “libero insegnamento” (art. 33 comma 1 Cost.) provvedere
all’educazione disciplinare (avente come mezzo e obiettivo le
discipline). Nel lavoro, “attività o funzione che concorre al progresso
materiale o spirituale della società” (art. 4 comma 2 Cost.) si
raggiunge e si esprime la professionalità (dal latino “profiteor”, dire
pubblicamente, insegnare, esercitare), intesa come trasmissione e
produzione di cultura, da quella rurale a quella tecnologica.
Parafrasando l’art. 2, “Funzione docente”, del D.P.R. 31 maggio 1974 n.
417 (uno dei Decreti delegati della scuola) si può dire che il lavoro è
esplicazione essenziale dell’attività di trasmissione della cultura, di
contributo all’elaborazione di essa e di impulso alla partecipazione
delle nuove generazioni a tale processo e alla formazione umana e
critica della loro personalità soprattutto con l’esempio dell’impegno e
del rispetto delle regole. In tal modo si realizza il circolo virtuoso
della comunità educante. Oltre ai suddetti articoli è interessante leggere e
abbozzare un’interpretazione
sistematica degli articoli in cui si parla di “persona” e del suo
aggettivo “personale”. Il primo articolo in cui vi è il riferimento alla
persona è l’art. 3 che, nel primo comma, non ammette distinzione di
“condizioni personali”. Le condizioni personali costituiscono l’identità
di ognuno, quell’identità che etimologicamente ha la stessa origine di
identico (da “idem”). Identità che ha diverse sfaccettature, da quella
individuale a quella collettiva, è
oggi una dimensione ancor più importante a causa della
depersonalizzazione tipica della nostra società. L’educazione è,
pertanto, educazione all’identità e all’uguaglianza. Nel secondo comma
vi è la locuzione “persona umana” doppiamente qualificante. Parafrasando
l’intero secondo comma, si può
asserire che l’educazione ha il compito di rimuovere gli ostacoli anche
di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e
l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona
umana e l’effettiva partecipazione di tutti all’organizzazione politica,
economica e sociale del Paese. Rimuovere gli ostacoli fa venire in mente
quelle “relazioni d’aiuto” che stanno proliferando quali orientamento,
counseling e reflecting. Inoltre la parola “ostacoli” (in inglese
“handicap”, termine usato per indicare le menomazioni) evoca vari
profili dell’educazione: educazione interculturale, educazione alla
diversità, educazione alla vulnerabilità, educazione della paura, nel
senso di correggere sia la mancanza sia l’eventuale eccesso di paura in
cui ci fa ricadere questa società[1].
Nell’art. 3 l’aggettivo “sociale” compare tre volte da cui si evince che
l’educazione è altresì educazione alla socialità. Nell’art. 3 comma 2 si
legge la locuzione “effettiva partecipazione”, esplicazione della
cittadinanza: può essere questo il fondamento della tanto declamata
educazione alla cittadinanza. Anzi l’educazione stessa deve essere una
“effettiva partecipazione”. Inoltre la parola “compito” con cui
esordisce il secondo comma dell’art. 3 compare anche negli artt. 30, 31
e 38 che si riferiscono pure all’educazione, per cui l’educazione è un
“compito” (secondo alcuni dal verbo latino “complere”, colmare,
completare, compiere) che spetta alla Repubblica - soprattutto mediante
la scuola -, alla famiglia e al lavoro. La scuola, la famiglia e il
lavoro sono i principali “contesti” (da “contessere”), le “formazioni
sociali” (art. 2), in cui si “compie” la persona. Nell’art. 13 si disciplina la libertà personale. A
tale proposito è indispensabile
l’educazione alla libertà da e di e nella libertà, riconducibile a
quella libertà espressamente prevista nel primo comma dell’art.
33; il motto della pedagogia dell’austriaco Rudolf Steiner (1861-1925)
era “nella libertà educare alla libertà”. Che l’educazione sia una
liberazione, un’emancipazione è insito nel suo significato etimologico
da cui trae spunto la pedagogia
maieutica dal filosofo greco Socrate al nostro
Gandhi italiano, l’educatore Danilo Dolci. L’art. 13 è strettamente correlato all’art. 23 ove
si legge l’espressione “prestazione personale”. Anche se l’educazione,
sia come diritto sia come dovere, è prevista per legge (si veda già
l’art. 30 comma 1 Cost.) non può essere intesa come prestazione
personale imposta perché è coessenziale alla natura umana distinguendo
l’uomo dagli altri esseri animali. Nell’art. 27 si parla di “responsabilità penale
personale”; togliendo l’aggettivo penale rimane comunque che la
responsabilità è personale. L’educazione è una responsabilità proprio
nel senso etimologico “che deve rispondere, che è garante per qualche
cosa o qualche persona” e educa alla responsabilità. Nell’art. 32, dedicato alla salute, compare per la
seconda e ultima volta la locuzione “persona umana”. Si deve educare
alla salute, soprattutto a quella mentale perché “non c’è salute senza
salute mentale”, messaggio consegnato alle nazioni europee dalla
Conferenza Ministeriale Europea di Helsinki del 2005 e che non è altro
che la traduzione dell’auspicio dello scrittore latino Giovenale “mens
sana in corpore sano". I soggetti deputati all’educazione sanitaria non
sono solo le scuole o altri enti, come previsto legislativamente, ma
tutta la comunità educante a cominciare dai genitori, come stabilito
nell’art. 24 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia
del 1989. L’aggettivo “umana” che qualifica la persona negli artt. 3 e
32 compare nell’art. 41 per definire la dignità, dopo aver elencato la
sicurezza e la libertà, per cui si può dedurre che l’educazione è anche
valoriale. Inoltre essendo l’art. 41 dedicato all’iniziativa privata si
può affermare che è necessaria anche l’educazione al lavoro che si
affianca alla suddetta educazione del lavoro. L’ultimo articolo in cui si usano le espressioni
“persona” e “personale” riferito a libertà è l’art. 111 sulla giustizia;
l’educazione deve, pertanto, mirare alla giustizia e alla legalità. Giustizia (in latino “iustitia”) ha la stessa
origine di diritto (in latino “ius”, dal verbo “iungo”, congiungere),
che secondo alcuni è lo stesso significato etimologico di legge (in
latino “lex”, da legare), tutti significati che convogliano in quello di
pace (dal verbo latino “paciscor”, fissare, accordarsi, pattuire), che
ha la stessa valenza di solidarietà (dall’aggettivo “solido”, intero).
Questo a riprova che nella Costituzione vi è un’intima coerenza che dà
consistenza e coerenza a qualsiasi cosa in una sorta di ermeneutica
circolare. L’educazione alla pace è stata da sempre propugnata da Maria
Montessori a Gandhi. Nell’art. 11 si legge l’espressione “la pace e la
giustizia fra le Nazioni”, obiettivo dell’educazione alla cittadinanza
mondiale. Nell’art. 2 si parla di “svolgimento della
personalità” e l’educazione tende alla formazione della personalità
cercando di tener testa al pessimo esempio della televisione che fa di
ognuno un personaggio e ricordando che ognuno ha una propria personalità
senza cadere in relazioni “incestuose” in senso lato, ossia quelle
relazioni educative, soprattutto familiari, di attaccamento morboso, di
dipendenza affettiva o peggio. Così concepita l’educazione contribuisce alla
concretizzazione dell’art. 3 Cost. come commentato da don Milani
riferendosi all’episodio di un ragazzo caduto in un fosso mentre si
recava a scuola: “La Repubblica si impegna a rimuovere gli ostacoli
economici e sociali che limitano di fatto l’eguaglianza di tutti i
cittadini … E ottiene che venga costruita una passerella sul ruscello”.
E l’educazione è certamente una passerella tra le generazioni sul
ruscello della vita.
[1] Cass R. Sunstein, “Il
diritto della paura. Oltre il principio di precauzione”, ed. Il
Mulino, Bologna, 2010.
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